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Sommario del 25/08/2015
- Papa: no cristiani attaccati ai soldi. Di Tora: radicarsi in Dio
- Perù, clima. Turkson: "Laudato si'" chiede conversione ecologica
- Expo. Papa dona 68 mila euro di offerte a profughi in Giordania
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Banca cinese taglia tassi dello 0,25%. Volano Borse europee
- Libia: nuove esecuzioni e minacce dello “Stato islamico”
- Turchia al voto. Accordo Ankara-Usa contro l'Is
- Nepal. Scontri e morti per la nuova Costituzione
- Onu: fino a tremila migranti al giorno tra Grecia e Macedonia
- Mons. Toso: "Laudato si'" è vademecum per la crisi ecologica
- Meeting Cl, il giorno di Renzi. Furlan: puntare sul lavoro
- In calo le adozioni internazionali, gli esperti a confronto
- Diocesi a Lourdes. Vallini: preghiamo per rinnovamento di Roma
- Appello vescovo ai giovani africani: "Restate per costruire"
- Usa, "Labor Day". Vescovi: lavoro dignitoso per le famiglie
Papa: no cristiani attaccati ai soldi. Di Tora: radicarsi in Dio
“Un cristiano troppo attaccato ai soldi ha sbagliato strada”. Suona così il tweet lanciato dal Papa dal suo account @Pontifex. Un richiamo, quello di Francesco, non nuovo nei suoi insegnamenti rivolti sempre con schiettezza tanto ai singoli fedeli quanto all’episcopato e al clero. Il vescovo ausiliare di Roma, mons. Guerino Di Tora, commenta il messaggio del Papa e dice: la giusta strada sta nel donarsi agli altri. L’intervista è di Alessandro De Carolis:
R. – Mi fa pensare a quello che è il rapporto di ogni cristiano con il denaro e quindi tante volte anche a noi preti, non ne siamo esenti. Cosa rappresenta il denaro? La sicurezza umana: avendo denaro, uno pensa di essere tranquillo per qualsiasi cosa. Quindi, pone la sua sicurezza in un rapporto basato su una cosa e non su una realtà di fede con Dio. Quindi, se io ho fede nel Signore o mi fido unicamente del denaro e quindi di tutte le conseguenze: le amicizie dei potenti, le altre realtà e situazioni umane, l’apparire… La mia sicurezza è Cristo, disse San Paolo, “sia che vivo, sia che muoio, è Cristo la mia forza”. Questo non significa che allora il cristiano è chiamato a vivere senza soldi, ma il denaro per me deve essere qualcosa che mi aiuta a vivere non che il fine della mia vita diventa il guadagnare, l’accumulare… E' chiaro che anche chi ne ha di più può utilizzarlo anche a beneficio degli altri. Quindi, deve essere un mezzo sia per la mia vita, sia per una relazionalità con il mio prossimo. Il Signore chiede anche a noi preti di saperlo utilizzare e averne il senso per la comunità, per il sostentamento, per quelle che sono le nostre attività sia a livello pastorale che materiale, se dobbiamo tenere cura dei beni della Chiesa che ci vengono affidati.
D. – Cosa suggerirebbe a chi, cristiano, fosse troppo sedotto dal denaro e volesse invece ritrovare la giusta strada, per stare un po’ alle parole del Papa…
R. – Prima di tutto, nessuno può abbandonare così una sicurezza. Se io fino a oggi, ad esempio, mi sono sempre fidato delle mie cose, dei materiali, del denaro, è insulso pensare di prendere e buttare tutto… Devo prima trovare una mia sicurezza maggiore. Nel momento in cui trovo una maggiore sicurezza nel Signore Gesù, nella fede, allora posso metterle veramente da parte. Per cui, cosa suggerirei? Una vita più intensa di preghiera, un ascolto della Parola di Dio, un vivere maggiormente insieme con gli altri e a servizio degli altri. Sono stato tanti anni alla Caritas di Roma: ho visto gente cambiare la propria vita unicamente stando a contatto con i disagiati. È veramente un dono di Dio il fatto che questo rapporto anche con coloro che sono nel disagio ti porti a trovare qualcosa di diverso.
D. – Chi critica la Chiesa sul modo di gestire denaro e beni, molto spesso non sa, o dimentica di ricordare, quanto la Chiesa fa ogni giorno in favore dei poveri, a cominciare dal Papa stesso fino alle strutture più periferiche della Chiesa. Come replica, come vescovo, quando si trova davanti a questo tipo di critiche?
R. – Purtroppo, ci sarà anche qualche sacerdote o qualche istituzione che non ha saputo dare buon esempio. Su questo siamo tutti peccatori, deficitari. Però, guardiamo non solo a qualcosa di negativo che può esserci: guardiamo al tanto positivo che c’è! Quanta gente si prodiga per gli altri, quante istituzioni, quante realtà! Mi sono recato in visita al centro che hanno aperto dietro alla Stazione Tiburtina. La sera, la gente veniva a portare delle cose… Un anziano mi ha commosso: era venuto con un taxi dicendo: “Non sapevo dove era e allora ho preso il taxi per portare queste due borse”. Ora, dobbiamo saper valorizzare sempre di più queste azioni. Anche se c’è chi può sbagliare, non bisogna da un esempio dedurre tutta una realtà o una struttura.
Perù, clima. Turkson: "Laudato si'" chiede conversione ecologica
Un rinnovato impegno per “una nuova educazione e spiritualità ecologica che favorisca l’alleanza tra l’uomo e l’ambiente attraverso una conversione integrale, ecologica e comunitaria”. È l’invito rivolto dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nel messaggio ai partecipanti alla seconda Settimana di impegno per il clima organizzata a Lima, dal 24 al 28 agosto, dal Ministero dell’ambiente peruviano in preparazione alla Conferenza di Parigi sul clima (Cop21), prevista dal 30 novembre all’11 dicembre prossimi. L’obiettivo dell’iniziativa - il secondo di tre appuntamenti promossi dal governo peruviano quale presidente del Cop20 ospitato lo scorso dicembre dal Paese latinoamericano - è di mettere a confronto i vari attori sociali, economici e politici impegnati nella promozione di misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
L’Enciclica “Laudato si'” protagonista della Settimana
Ad aprire i cinque giorni di incontri e dibattiti è stato, ieri, un Forum di presentazione e riflessione sull’Enciclica di Papa Francesco "Laudato si’'". Ospitato e organizzato dall’Università gesuita Ruiz de Montoya di Lima, l’incontro ha visto la partecipazione più di 250 rappresentanti delle istituzioni, della Chiesa e di altre comunità religiose, esponenti politici e del mondo accademico. Il relatore principale è stato mons. Pedro Barreto, arcivescovo di Huancayo, conosciuto per il suo impegno per il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente. Sono seguiti quattro interventi che hanno analizzato l’Enciclica da quattro prospettive: scientifica, politica economica e teologica.
Favorire una sempre più grande e profonda conversione ecologica
Nel suo messaggio ai partecipanti, il card. Turkson ha espresso l’auspicio che questa e tutte le altre iniziative dedicate all’emergenza ambientale possano favorire “una sempre più grande e profonda conversione ecologica capace di esprimersi nei diversi ambiti della vita umana: negli stili di vita, nell’educazione, nel dialogo tra scienza cultura e fede, nelle politiche nazionali e nei negoziati internazionali”. “Il ristabilimento di una serena armonia con il Creato - conclude il messaggio, citando le parole dell’enciclica di Papa Francesco - richiede una riflessione sul nostro stile di vita e sui nostri ideali, per contemplare il Creatore, che vive tra di noi e in ciò che ci circonda”.
Nel programma della Settimana una ventina di eventi
Nel programma della Settimana, una ventina di eventi in cui si parlerà, tra l’altro, di città sostenibili, della lotta ai cambiamenti climatici nell’ambito degli Obiettivi Onu di sviluppo sostenibile e del ruolo degli attori non statali nell’Agenda operativa Lima-Parigi, che mira a catalizzare i vari interventi in questo ambito. (L.Z.)
Expo. Papa dona 68 mila euro di offerte a profughi in Giordania
La Santa Sede è presente a Expo Milano 2015 con un proprio padiglione, che dall’inizio dell’esposizione universale ad oggi è stato visitato da quasi 690 mila persone. Solo nel mese di agosto, fanno sapere i responsabili, i visitatori sono stati oltre 200 mila. Le offerte finora raccolte, allo scopo di contribuire al sostegno della carità del Papa, hanno toccato quota 68 mila euro e per decisione del Santo Padre Papa Francesco, è stato stabilito, in collaborazione con il Pontificio Consiglio "Cor Unum", che tali offerte saranno destinati ai bisogni dei bambini e delle famiglie di profughi presenti attualmente in Giordania: queste risultano essere le fasce più deboli colpite dal conflitto in Medio Oriente.
Molto interesse anche attorno all'Enciclica "laudato si'", che ha venduto nel padiglione vaticano più di 5.000 copie in lingua italiana. Per le altre lingue, 140 copie in spagnolo, 340 in inglese e 380 in francese.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Lucetta Scaraffia su un'unica crisi: dibattito sulla Laudato si'.
Il pentagono dell'ospitalità: Giulia Galeotti a proposito di un quadro.
Attenti all'uomo (e non al lupo): Felice Accrocca su san Francesco e il dovere di aprirsi agli altri.
Il laboratorio del dottor Weigl: Cristiana Dobner racconta l'eroica e astuta lotta contro il tifo e i nazisti.
Agatha Christie in rosa: Gabriele Nicolò sul ritrovamento di dieci commedie inedite.
Il corretto uso della fede: l'intervento del cardinale Jean-Louis Tauran al meeting di Rimini.
Banca cinese taglia tassi dello 0,25%. Volano Borse europee
La Banca centrale di Pechino prova a correre ai ripari dopo il nuovo tonfo della Borsa di Shangai, iniettando nuova liquidità e abbassando i tassi dello 0,25%, ma le perdite continuano con la peggior striscia negativa dal 1966. Volano invece i listini europei, merito anche dell'inattesa crescita della fiducia delle imprese tedesche. Il servizio di Cecilia Seppia:
Continua il "rally" sui mercati europei e su Wall Street, dopo il lunedì nero che con crolli fino all'8% dall'Asia agli Stati Uniti ha eroso 2.700 miliardi di dollari di valore dalle azioni globali. I listini del Vecchio continente trattano in terreno positivo: Milano vola al 4,53%, merito dei bancari. Bene intonate anche le altre e Atene che ieri in chiusura perdeva l’11% è la migliore con 7,93%. A fare da traino è ancora la Germania, con l’indice di fiducia delle imprese che sale a 108,3% e il Pil che aumenta dello 0,4 sul trimestre precedente. Dall’altra parte, però, il tracollo dei mercati continua, con Shangai che ha chiuso con un tonfo del 7,63%. La decisione della Banca cinese è sembrata oggi dunque inevitabile: subito 30 miliardi di liquidità, l’abbassamento dei tassi dello 0,25% e del coefficiente di riserva dello 0,5, infine la vendita di titoli di Stato semestrali ai minimi dagli ultimi cinque anni, nella speranza di far girare un po’ di denaro a basso costo, buono per sostenere i corsi azionari. L’economista Pippo Ranci, docente alla Cattolica di Milano in ogni caso frena gli allarmismi, al microfono di Antonella Palermo:
"Un conto è se lei ha messo tutti i suoi capitali nelle azioni di un’impresa o nell’indice azionario di un Paese e un conto è la situazione della maggior parte dei cittadini che sono più attenti al lavoro e al reddito normale che non ai valori capitali. Allora, sul lavoro e sul reddito normale delle famiglie c’è debolezza, sapevamo che c’era, non è successo niente di drammatico fra ieri e oggi o fra settimana scorsa e questa. I problemi erano quelli che c’erano e ci sono e vanno affrontati. Ma il dramma della finanza è un'altra cosa".
Sul fronte asiatico è andata meglio per Hong Kong, che ha chiuso con un timido +0,78%. Sul versante delle materie prime poi, si registra una stabilizzazione del prezzo del petrolio, mentre l’oro non subisce sbalzi. L'euro invece consolida il netto rialzo rispetto al dollaro a 1,156.
Per l'economista Luigi Paganetto, docente di Economia internazionale all'Università romana di Tor Vergata, l'Europa sta reagendo alla bolla esplosa sul mercato asiatico, ma servono politiche economiche mirate dei singoli stati per fronteggiare il rallentamento. Cecilia Seppia lo ha intervistato:
R. – I motori della crescita mondiale sono stati da un lato, fino a ieri, l’economia cinese e i Paesi emergenti. Hanno rallentato i Paesi emergenti, a cominciare dal Brasile, per continuare con la Turchia e con il Sudest asiatico e questa riduzione del ritmo di crescita della Cina, che non significa una crisi dell’economia internazionale, ma significa un possibile rallentamento che deve farci riflettere sulla necessità che si continui a lavorare per creare le condizioni di crescita dentro l’Europa, non aspettandoci a questo punto una crescita indotta dall’esterno.
D. – Un dato positivo a questo proposito è proprio l’inattesa crescita della fiducia delle imprese tedesche. Ancora una volta è la Germania la locomotiva d’Europa…
R. – Questo è certamente importante, ma è anche vero che la stessa Germania non sta crescendo a un ritmo particolarmente sostenuto. L’economia che sta camminando molto è quella degli Stati Uniti, tanto è vero che se confrontiamo gli Stati Uniti con l’intera Europa ci accorgiamo che c’è un differenziale molto forte. Ancora una volta, bisogna che in Europa riprendano gli investimenti e questo naturalmente risente di questa vicenda cinese, nel senso che gli investimenti sono anche il frutto della fiducia che si ha nel futuro. Naturalmente, quando si ha un rallentamento anche la propensione ad investire diminuisce.
D. – Invece, dal punto di vista della Banca centrale europea c’è qualche misura in più che l’Eurotower deve prendere per contrastare questo momento di rallentamento?
R. – L’Eurotower ha fatto il proprio mestiere. Semmai, c’è il problema della Riserva federale degli Stati Uniti che si apprestava fino a ieri a mutare i tassi di interesse ritenendo chiuso il periodo in cui ha immesso una forte liquidità, proponendosi di ridurre questa spinta della liquidità che poi da sola non fa la crescita.
D. – E’ bene fare una differenza tra la finanza e l’economia reale: quali sono i risvolti di questa crisi sull’economia reale, quindi sul lavoro, sulle famiglie?
R. – Questo è proprio il punto, perché noi non dobbiamo mai dimenticarci che l’Europa in particolare ha ancora un tasso di disoccupazione elevato, c’è un aumento dell’indice di povertà e questo tocca la maggior parte dell’economia. Da questo punto di vista, sarebbe importante che il prossimo G20 che si tiene in Turchia, a novembre, cercasse di dare risposte a questo problema di squilibri internazionali che si determina perché un’Europa che non cammina non aiuta la crescita.
D. – C’è chi, forse peccando un po’ di allarmismo, ha associato quello che sta accadendo con la bolla finanziaria esplosa sul mercato cinese e il crack di Lehman Brothers: è plausibile un paragone del genere?
R. – Direi che anche se accadesse una crisi finanziaria in Cina non avrebbe ripercussioni automatiche nel resto del mondo, come invece è avvenuto nel caso di Lehman Brothers. La Cina ha un sistema finanziario che è gestito strettamente dalla politica economica cinese: lo yuan, la moneta cinese, non è liberamente convertibile, i tassi di cambio vengono di volta in volta, come abbiamo visto, modificati con interventi della Banca centrale cinese. Questo ci dice che se fosse un problema finanziario, cosa possibile, all’interno della crescita cinese, visto che è stata tumultuosa, questo produrrebbe l’effetto che già stiamo vedendo di un rallentamento ma non necessariamente un effetto a cascata sul resto del mondo. Io credo che un rallentamento e degli effetti sui motori della crescita dell’economia internazionale sono da considerarsi come possibili e evidentemente presenti, ma non più di questo.
Libia: nuove esecuzioni e minacce dello “Stato islamico”
In Libia, miliziani del sedicente Stato islamico hanno ucciso, a Sirte, almeno 4 persone. Il cadavere di una delle vittime è stato legato a una croce ed esposto come monito. Nella città libica, diventata la roccaforte dei guerriglieri jihadisti nel Paese nordafricano, è stato creato un vero e proprio emirato sul modello di quelli già stabiliti a Raqqa, in Siria, e a Mossul, in Iraq. Su Internet si registrano, inoltre, nuove minacce contro l’Italia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Sirte, città natale di Mu'ammar Gheddafi, e in passato centro di smistamento delle carovane dirette nelle regioni dell'Africa centrale, è sotto il controllo delle milizie del sedicente Stato islamico. Questi sono giorni cruciali per il futuro della città. Il generale Khalifa Haftar, comandante dell’esercito legato al governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha reso noto che i suoi soldati si stanno preparando per un’importante operazione militare. A Sirte, intanto, i combattenti jihadisti hanno stabilito un vero e proprio emirato riscuotendo tasse, imponendo nuovi programmi scolastici e creando tribunali islamici. E su Internet hanno lanciato nuove minacce contro l’Occidente, ribadendo che la Libia è la porta per arrivare fino a Roma. Ma Sirte può davvero rappresentare il punto di partenza di un eventuale attacco dei miliziani del cosiddetto Stato islamico contro l’Italia? Risponde Francesco Tosato, analista del Centro studi internazionali:
R. – È importante tenere presenti le esigenze di propaganda dei miliziani jihadisti. Questo tipo di messaggi dirompenti fa parte di una strategia per avvalorare le presenza di una minaccia che, di per sé, è al momento più che altro circoscritta alla situazione libica. Può invece generare fenomeni di emulazione da parte di lupi solitari rispetto allo scenario europeo. Quindi, non la possibilità di un attacco diretto, da Sirte, nei confronti dell’Italia.
D. – Desta molta preoccupazione la situazione in Libia, dove miliziani del sedicente Stato islamico hanno creato un vero e proprio emirato sul modello di quelli già stabiliti a Raqqa, in Siria, e a Mossul, in Iraq…
R. – La situazione libica va assolutamente risolta in qualche modo. La comunità internazionale sta cercando in tutti i modi di arrivare a una composizione del difficile quadro etnico e delle componenti di quello che è lo scenario sociale libico. Ma queste componenti non riescono a mettersi d’accordo rispetto alla formazione di un governo di unità nazionale. Ora, onde evitare gli errori del 2011 e della precedente operazione internazionale in Libia, è evidente che qualunque tipo di soluzione per la crisi libica non può prescindere dai libici. Di conseguenza, è fondamentale che prima che la comunità internazionale possa avere una presenza anche più diretta nello scenario libico, si abbia una piattaforma politica almeno con un quadro di possibile stabilità iniziale condivisa dai libici. Una piattaforma che consenta, sostanzialmente, di non vedere l’intervento della comunità internazionale come qualcosa di assolutamente estraneo alla realtà locale. Il problema di fondo è quello di trovare un modo di ricomporre la frattura tra il governo internazionalmente riconosciuto, quello di Tobruk, rispetto alle entità di Tripoli. Fino a quando non si riuscirà ad aver una minima base di cooperazione tra queste due entità, non si potrà giungere a una soluzione che possa essere condivisa e che possa riportare la Libia a un quadro di maggiore stabilità. Questa è la frattura che comunque cercano di sfruttare i combattenti jihadisti e, in particolare, coloro che fanno riferimento allo Stato islamico.
Turchia al voto. Accordo Ankara-Usa contro l'Is
La Turchia torna alle urne. Oggi, il premier uscente, Ahmet Davutoglu, è stato incaricato dal presidente, Recep Tayyip Erdogan, di formare un governo "ad interim". Ieri, il capo di Stato, attraverso una nota di presidenza, ha indetto ufficialmente elezioni anticipate. La decisione dopo la scadenza dei termini per la formazione dell’esecutivo, in seguito al voto del 7 giugno scorso. La data delle nuove consultazioni non è stata ufficializzata, ma lo stesso Erdogan ha ipotizzato il primo novembre. Intanto, in nuovi raid compiuti dall'aviazione turca nel nord Iraq sono stati uccisi 34 sospetti membri del Pkk curdo ed è stato siglato oggi un accordo tra Ankara e gli Usa, finalizzato a una cooperazione militare contro il sedicente Stato islamico in Siria e Iraq. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Raffaele Marchetti, docente di relazioni internazionali all’Università Luiss di Roma:
R. – La situazione è molto complessa, frammentata e instabile. Erdogan sta tentando di rafforzare la sua posizione dopo la débâcle delle ultime elezioni di giugno. Un obiettivo ambizioso e difficile da raggiungere, per problemi interni ed esterni che sono collegati. Internamente, c’è stata la grande ascesa del Partito curdo, esternamente la situazione in Siria si fa sempre più complessa.
D. – E’ notizia di oggi la firma tra Stati Uniti e Turchia di un accordo tecnico per le operazioni congiunte contro i jihadisti del sedicente Stato islamico…
R. – Il governo turco è stato accusato varie volte di fare un doppio gioco, per quanto riguarda la partita siriana: quello che è chiaro è che la Turchia oggi ha deciso di avere una maggiore presenza, sia contro l’Is ma sia anche, naturalmente, contro il Pkk. La creazione di una “buffer zone” permetterà al governo turco di avere una presenza militare significativa attraverso la concessione delle basi aeree in Siria e quindi di mettere dei freni a una crescita della presenza dei curdi siriani e del Pkk che nel Nord della Siria stanno crescendo.
D. – Guardando a quella che viene definita “la questione curda”, possiamo dire che l’entrata in scena della Turchia nei confronti del conflitto siriano sia strettamente legata a strategie di politica interna, dove per la prima volta, nelle ultime elezioni, il partito dei curdi ha tolto la maggioranza assoluta al partito di Erdogan, l’Akp?
R. – La manovra è una classica manovra di criminalizzazione: è l’idea di dire che i curdi politici del Pkk sono dei terroristi e quindi riconfermare quello che è sempre stato il bollino di “criminale” affibbiato a questa organizzazione e – per risonanza – suggerire anche che i partiti curdi in Turchia – cioè l’Akp – abbia una legittimità dubbia perché fa parte dello stesso campo politico. E’ chiara la strategia comunicativa del governo: quella di avvicinare il Pkk all’Akp e così facendo delegittimare quest’ultimo e quindi fargli perdere consenso elettorale.
D. – La Turchia sta affrontando un momento difficile anche per quanto riguarda il profilo economico: un po’ come tutti i Paesi dell’area…
R. – E’ chiaro che la crisi economica ha avuto delle ripercussioni significative anche in Turchia e questo è uno dei motivi del calo del consenso di Erdogan. Erdogan ha avuto decenni di dominio incontrastato in Turchia, che ha coinciso con un decennio di grandissima crescita economica. Oggi, momento nel quale l’economia turca è entrata in sofferenza, anche il maggior partito turco soffre.
D. – Quali previsioni si possono fare rispetto alle prossime consultazioni elettorali?
R. – E’ possibile immaginare che il partito di Erdogan, l’Akp, riguadagni un relativo margine elettorale e che questo permetta al partito di Erdogan di formare una coalizione, ma in termini molto più favorevoli al suo partito.
D. – Ma quindi, secondo lei, la maggioranza assoluta è definitivamente persa?
R. – A me sembra difficile che possa arrivare alla maggioranza assoluta. Però ci si può avvicinare, e più ci si avvicina, più facile sarà creare un governo di coalizione con partiti della minoranza.
Nepal. Scontri e morti per la nuova Costituzione
Violenti scontri ieri in Nepal tra popolazione e polizia, nella cittadina di Tikapur ai piedi dell’Himalaya, hanno riacceso i fari della stampa internazionale su questo Paese asiatico, colpito solo quattro mesi fa da un devastante terremoto che ha mietuto circa novemila vittime. All’origine delle proteste – nove i morti e decine i feriti – è la bozza di nuova Costituzione, che prevede un nuovo assetto federale, contestato in questo caso dell’etnia "tharu". Perché queste contestazioni? Roberta Gisotti lo ha chiesto a Francesco Brunello Zanitti, direttore scientifico dell’Istituto di Alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie (IsAG):
R. – Le problematiche che contraddistinguono il Nepal in questi giorni rappresentano un tratto comune dell’Asia meridionale. Il Nepal è caratterizzato da più di 100 gruppi etnici e caste e i tharu ritengono di non essere rappresentati in maniera sufficiente nel nuovo sistema proposto dalla bozza di Costituzione, presentata domenica scorsa in parlamento. Oltre i tharu, ci sono anche altri gruppi come i madhesi che denunciano questa situazione. Quindi, è una questione di rappresentanza politica. I tharu sono un gruppo etnico minoritario, che fino al 2008 era ai margini del sistema sociale. Con l’introduzione di una Repubblica federale democratica, e l’idea di portare avanti una nuova Costituzione da parte dei diversi gruppi politici nepalesi, c’è il tentativo di favorire una maggiore democratizzazione del Paese. Il problema è che la situazione è complessa e fin dal 2008 le diverse Assemblee costituenti hanno fallito nel portare a termine la presentazione di una nuovo testo costituzionale per il Paese.
D. – A che punto è la ripresa del Nepal dopo il terremoto del 25 aprile, durato diversi giorni? Che ruolo stanno giocando India e Cina?
R. – La situazione è ancora difficile, perché il terremoto è stato devastante e a queste situazioni di divisioni etniche del Paese si è aggiunta anche questa difficile problematica. Il Nepal si trova in una posizione geografica particolare, è uno Stato cuscinetto a livello geopolitico tra Cina e India e naturalmente i due Paesi stanno tentando di mantenere una certa influenza sul Paese. Storicamente, ci sono sempre stati tentativi di avere una influenza prima sul Regno himalayano e poi sulla Repubblica del Nepal. L’India ha portato avanti una politica di aiuti nei confronti del Paese attraverso l’"Operation Maitri", ma al tempo stesso anche la Cina sta offrendo un sostegno economico per favorire la ripresa del Paese.
D. – Ma il governo del Nepal sta mostrando equilibrio nella gestione di questi aiuti?
R. – Il Nepal è un piccolo Paese che si trova in una posizione delicata e quindi come in altri casi dell’Asia meridionale – pensiamo al Bhutan o al Bangladesh – sta cercando di mantenere degli equilibri difficili tra questi due Stati. C’è ancora una propensione maggiore verso l’India per motivi di tipo culturale, perché il Nepal è una Repubblica a maggioranza induista, ma anche la Cina sta espandendo la propria influenza verso questo territorio, quindi non sottovaluterei una possibile competizione dei due giganti asiatici anche in questo settore.
Onu: fino a tremila migranti al giorno tra Grecia e Macedonia
Sono 100 mila i migranti e i profughi in viaggio lungo la "rotta balcanica", che finora hanno attraversato la Serbia, diretti verso i Paesi del nord Europa, e in 4 mila, secondo il governo di Belgrado, avrebbero intenzione di chiedere asilo. Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, fino a tremila rifugiati e migranti al giorno potrebbero attraversare la frontiera tra Grecia e Macedonia nei prossimi giorni, mentre la situazione diventa incandescente al confine tra Bulgaria e Macedonia, dove Sofia ha disposto l’invito di blindati per bloccare i flussi. L’Oim intanto avverte che dall’inizio dell’anno, nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare, sono morte oltre 2.300 persone. E mentre l’Unione Europea definisce troppo piccolo il numero di 40 mila profughi da ridistribuire su territorio europeo, Berlino sospende il regolamento di Dublino per i siriani. A chiedere lo stop a Dublino da sempre è il Cir, Centro italiano rifugiati. Il direttore Chistopher Hein al microfono di Francesca Sabatinelli:
R. – E’ evidente da tempo che questo sistema non funziona, lo vediamo con i numeri in Italia. Da gennaio a oggi, sono arrivate via mare più di 110 mila persone, ma solo poco più di 30 mila hanno fatto richiesta d’asilo in Italia. Vuol dire che più di due terzi sono andati, nonostante il sistema-Dublino, in maniera irregolare in altri Paesi d’ Europa. E la stessa situazione si presenta, appunto, anche per la Grecia. Quindi, non c’è stata una politica di distribuzione dei richiedenti asilo in tutto il territorio dell’Unione, che riguarda anche tanti Stati membri che hanno un numero estremamente scarso di rifugiati e di richiedenti asilo. Una vera risposta europea deve includere tutti i 28 Stati membri più gli Stati associati, come la Svizzera e la Norvegia.
D. – Quindi, sicuramente come prima cosa sospendere Dublino. Poi, quali altre misure dovrebbe prendere l’Europa?
R. – Certamente, aumentare in modo significativo il numero di persone che devono essere trasferite dai Paesi di primo approdo, Grecia in testa, verso gli altri Stati dell’Unione, considerando comunque i legami familiari che i richiedenti asilo hanno con l’uno o con l’altro Paese. Questa è una misura che non si può più rinviare e che non si può lasciare al numero così basso di 32 mila tra Italia e Grecia, che è stato deciso a luglio dal Consiglio dei ministri degli Interni e della Giustizia. E poi ancora: aprire canali innanzitutto per siriani ma anche per altre nazionalità, specie dal Corno d’Africa, per un arrivo regolare e protetto, organizzato e pianificato, nel territorio dell’Unione e, come punto che si può realizzare con grande velocità, arrivare alla figura del “rifugiato europeo”, questo significa che una persona riconosciuta come avente diritto d’asilo, per esempio in Italia, ha poi il diritto di andare in un altro Stato dell’Unione per poter lavorare, per insediarsi, e non solo per una visita, come è attualmente, per tre mesi al massimo. I responsabili politici della Germania, della Francia ma anche della Gran Bretagna, come certamente anche dell’Italia, dovrebbero veramente aprire la mente ed essere consapevoli che siamo di fronte a un dramma di persone, nel quale vengono messi in questione anche i valori fondamentali dell’Unione Europea, della solidarietà con altri popoli.
Mons. Toso: "Laudato si'" è vademecum per la crisi ecologica
“Laudato sì… sulla cura della casa comune. Custodire la terra coltivare l’umano” è il tema della tre giorni di Convegno, promosso dalla Cooperativa Frate Jacopa a Bellamonte in Val di Fiemme, da oggi al 27 agosto. Ad aprire il Convegno, che vedrà la partecipazione di esperti e momenti di incontro con la realtà locale, civile ed ecclesiale, sarà il vescovo di Faenza-Modigliana, mons. Mario Toso, per lungo tempo segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, che offrirà una presentazione dell’Enciclica “Laudato si’”. Maria Caterina Bombarda lo ha intervistato:
R. – Credo che nel presentare l’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco sia fondamentale far comprendere come essa rappresenti un vademecum importante per aiutare i credenti e i non credenti a dare un apporto efficace nella soluzione della crisi ecologica. E e lo è perché aiuta a leggere una questione complessa mediante l’apporto di più saperi. Una delle ragioni per cui non si riesce a uscire dalla crisi ecologica è proprio il fatto che spesso la si approccia attenendosi a una visione riduttiva e settoriale, come quella rappresentata dalla tecnica o da uno schema prettamente economico. In vista della cura della "casa comune", insegna Papa Francesco, è fondamentale anche l’apporto delle convinzioni di fede. Un elemento importante illustrato da Papa Francesco è senz’altro il concetto di ecologia integrale, comprensiva di più dimensioni. Questo concetto rappresenta per la questione ecologica quasi un primo principio morale, che deve guidare il discernimento sia nella fase di analisi della situazione sia nella fase dell’offerta di orientamenti pratici, in vista della soluzione della crisi ecologica.
D. – Quanto pensa abbiano sentita vicina l’Enciclica “Laudato sì” le comunità trentine e quanto è importante per una comunità locale la cura del territorio?
R. – Per la comunità trentina, che vive stretti legami di destino con il creato circostante, la cura di quest’ultimo è fondamentale per la sua stessa identità ambientale, economica e culturale. Credo che l’Enciclica di Papa Francesco rappresenti sia la conferma delle buone pratiche, già poste in atto in quella stupenda regione, sia una specie di carta “magna” per il futuro.
D. – Cosa significa nella quotidianità ispirarsi ai principi della “Laudato sì”? Si può scorgere in essi un nuovo stile di vita?
R. – Significa anzitutto abituarsi ad avere nei confronti del creato, e dei rapporti tra umanità ed ambiente, uno sguardo più profondo, non superficiale, che consenta di cogliere – come hanno insegnato Cristo stesso e San Francesco d’Assisi – dei messaggi d’amore da parte di Dio. Significa, in secondo luogo, sentirsi uniti da legami invisibili, come esseri che pur nella differenza ontologica formano una sorta di famiglia universale. Inoltre, significa comprendere che il creato ci è dato non solo per noi stessi, ma anche per le generazioni future. Lo scopo finale delle creature, questo dobbiamo mettercelo bene in testa, non siamo noi, bensì Dio.
D. – E per quanto riguarda i giovani, quanto è importante la custodia del creato?
R. – Le nuove generazioni paiono particolarmente sensibili alla custodia del creato. Esse, rispetto al prevalere delle mentalità consumistiche e tecnocratiche, sembrano più disponibili per cercare un nuovo inizio, mediante la crescita in una cittadinanza ecologica, anche attraverso tutta una serie di piccole azioni quotidiane che fanno il bene messe tutte insieme. Tuttavia, anche le nuove generazioni hanno bisogno di crescere in una coscienza critica, rispetto ai modelli di sviluppo oggi prevalenti e basati su una ragione di tipo strumentale, che rischia di travolgere anche le persone più entusiaste. In particolare, le nuove generazioni sono chiamate a comprendere che non basta essere buoni singolarmente, ma che occorre rispondere ai problemi sociali ed ecologici, costituendo delle reti comunitarie anche attraverso una conversione comunitaria.
Meeting Cl, il giorno di Renzi. Furlan: puntare sul lavoro
Al Meeting Cl di Rimini è giunto per il suo atteso intervento il premier, Matteo Renzi. Ieri, durante un dibattito sui corpi intermedi, il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan , ha detto che il Paese va rilanciato prima di tutto puntando sul lavoro e facendo calare le tasse. Il valore del sindacato, delle associazioni è stato difeso dall’economista Giulio Sapelli. Il servizio dell'inviato, Alessandro Guarasci:
L’Italia cresce ancora troppo poco, e soprattutto quello che stenta a ripartire è il lavoro. La disoccupazione infatti veleggia ancora oltre il 12%. Per il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan, bisogna dare una spinta al Paese già con la prossima Legge di stabilità che il governo sta mettendo a punto:
“Quindi meno tasse sulle imprese che assumono, che investono in formazione, innovazione e ricerca, e meno tasse sulle buste paga dei lavoratori, delle lavoratrici, ma anche sulle pensioni. Questo serve non solo a garantire una migliore qualità della vita alle persone, ma a far ripartire i consumi”.
Una grande occasione per l’Italia potrà essere il Giubileo. Ma attenzione agli scioperi, soprattutto nei trasporti pubblici, come avvenuto nelle settimane scorse, che potrebbero rovinare l’immagine dell’Italia. Per questo, da più parti si chiede una moratoria proprio durante il Giubileo. Ancora Furlan:
“Il Giubileo è una grandissima occasione innanzitutto spirituale, ma anche per far conoscere il nostro Paese. Dobbiamo puntare sul lavoro e dobbiamo puntare sul valore sociale del lavoro. E’ questo il messaggio che offre a tutti Papa Francesco, valorizzando il lavoro e la dignità del lavoro, e che tutti insieme, con il Giubileo, dobbiamo offrire al mondo”.
Il dibattito di ieri sera ha affrontato anche il tema del valore dei corpi intermedi, ovvero quanto sindacati, associazioni, organizzazioni di settore sono importanti per una nazione. E spesso la politica non riconosce questo valore. L’economista Giulio Sapelli:
“Senza corpi intermedi avresti una società di atomi. Sono la riproduzione nella società dell’elemento della comunità, cioè dell’associazionismo, quello che Tocqueville aveva ritrovato come fonte essenziale per lo sviluppo americano. Quindi, non c’è nulla di nuovo. Nei classici c’è scritto tutto”.
In calo le adozioni internazionali, gli esperti a confronto
Interrogarsi sulla crisi del sistema delle adozioni internazionali, per far sì che uno degli strumenti più importanti di protezione per i minori non venga a scomparire: è questo il cuore del convegno “Adozione internazionale in cerca di futuro. La scelta politica dell’accoglienza”, in programma a Gabicce Mare, in provincia di Pesaro Urbino, domani e dopodomani. L’evento, organizzato dall’associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi), vuole essere occasione di confronto e dialogo fra i rappresentanti di enti, istituzioni e associazioni familiari. Maria Caterina Bombarda ha intervistato la giornalista e scrittrice, Paola Severini Melograni, da anni impegnata su tematiche sociali nel nostro Paese:
R. – Questo incontro vuole essere il modo per accendere i riflettori su una situazione che sta diventando molto complicata: quella del calo esponenziale delle adozioni internazionali nel nostro Paese. Ai.Bi. ha pensato di invitare inoltre i rappresentanti delle istituzioni - soprattutto di Francia e Spagna, ma anche italiane - insieme con altre associazioni.
D. – Quali sono le ragioni del calo delle adozioni internazionali?
R. – Nel 2010, eravamo il secondo Paese nel mondo con il più alto numero di adozioni internazionali: queste erano 4.130. Questa caduta, assolutamente verticale, è certamente dovuta alla crisi, perché adottare costa, costa in modo spaventoso. Nonostante si possano dedurre il 50% delle spese riconosciute dalla dichiarazione dei redditi, si arriva a 40 mila. Poi, il numero degli enti: quelli riconosciuti in Italia sono 62. Ed è una cosa senza senso, perché si mettono vicino enti importanti – con una storia e un rapporto consolidato con tanti Paesi – ed enti che magari fanno una, due adozioni… E poi ci sono dei casi molto, molto sgradevoli che ancora non sono stati chiariti. Pensiamo al caso del Congo: in realtà, sembrava che fosse tutto a posto e invece ci sono ancora più di 100 bambini che aspettano.
D. – Quali conseguenze ha per la famiglia lo scoraggiamento delle adozioni?
R. – Il problema è che se si scoraggia l’adozione, evidentemente per i genitori le strade si riducono ad altri tipi di genitorialità: percorsi che probabilmente, in partenza, loro non volevano intraprendere. Allora, a questo punto, bisogna capire cosa vogliamo, oltre a riconoscere l’eroismo di questi genitori, perché l’iter è spaventoso e la parte economica – forse – è quella meno importante… Ci sono le truffe, i bambini venduti... Si crede di andare a prendere un certo bambino e te ne fanno trovare un altro, bambini in condizioni molto, molto complicate di salute… Il discorso delle adozioni internazionali segnala quindi il livello di civiltà di un Paese.
D. – Come superare, quindi, l’attuale crisi del settore?
R. – Tornando agli enti riconosciuti. Bisognerebbe diminuirli drasticamente: da 62 possono essere tranquillamente ridotti a una ventina, non soltanto perché bisogna riconoscere la qualità, ma perché gli si darebbe più forza.
D. – Che cosa vi attendete da questo incontro?
R. – Da questi due giorni mi aspetto un confronto con il governo e una risposta a tutte queste domande. Perché gli italiani hanno voglia di adottare e hanno voglia di famiglia: la famiglia è la cosa più importante per il nostro Paese. È compito del governo e dello Stato facilitare questa voglia di famiglia, e questa è un’occasione.
Diocesi a Lourdes. Vallini: preghiamo per rinnovamento di Roma
"Andiamo a chiedere al Signore un rinnovamento per Roma e per la nostra Chiesa" e pregheremo per il Papa e il prossimo Giubileo. Con queste parole, poco prima della partenza da Fiumicino, il cardinale vicario, Agostino Vallini, ha sintetizzato lo spirito della tradizionale visita a Lourdes della diocesi di Roma. Fino a sabato prossimo, i mille partecipanti al pellegrinaggio rifletteranno sul tema "la gioia della missione". Fra loro, anche un centinaio di universitari romani, accompagnati dal vescovo ausiliare, Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale Universitaria diocesana. Marina Tomarro lo ha intervistato:
R. – Il pellegrinaggio in quanto tale indica un cammino ed oggi è molto atteso dai giovani per poter offrire occasione di riflessione, di motivazioni, ma soprattutto di incontro con il Signore. Ecco, Lourdes rappresenta un luogo ideale dove i giovani possono riscoprire ma soprattutto rinnovare la propria esperienza di fede, perché Lourdes interpella personalmente il credente e lo spinge verso quell’impegno missionario di cui oggi c’è tanto bisogno soprattutto nel mondo della cultura e dell’università.
D. – Il tema di questo pellegrinaggio è la gioia della missione. Secondo lei, qual è il mandato di questi ragazzi?
R. – Il tema si addice bene allo spirito con il quale è stato proposto il pellegrinaggio: aiutare gli universitari a prendere la consapevolezza che annunciare il Vangelo nel mondo universitario non solo è un dovere, ma è anche un’esperienza di profonda sintonia con il Signore e dunque di profonda gioia.
D. – Tanti sono i momenti di preghiera che questi ragazzi vivranno a Lourdes. Qual è, secondo lei, quello che si trova particolarmente nel cuore di questi giovani?
R. – Credo che la celebrazione eucaristica nella Grotta di Lourdes insieme con gli ammalati sia un luogo privilegiato dove Maria ha fatto sentire la sua voce. È in qualche modo un richiamo all’esperienza quotidiana che i cristiani sono chiamati a sperimentare nella propria vita, ovvero questo dialogo reale e personale di Gesù con ciascuno di loro.
D. – Cosa si portano a casa questi i giovani dopo il pellegrinaggio?
R. – I giovani portano a casa innanzi tutto la certezza che Dio continua a parlare ancora oggi della quotidianità. Pensiamo a Santa Bernardette, una vita umile, semplice... E poi anche l’esperienza con l’incontro la sofferenza, un’esperienza umana che tante volte è dimenticata e che ci impedisce di comprendere fino in fondo l’esperienza che appartiene alla condizione umana e verso la quale ogni uomo e ogni donna è chiamato a rivolgersi per poter capire il senso profondo della propria esistenza.
Appello vescovo ai giovani africani: "Restate per costruire"
“Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America”. È l’appello lanciato da mons. Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (Cenco), all’apertura dell’incontro panafricano dei responsabili dei movimenti di Azione Cattolica dei giovani e dei bambini, che si conclude oggi a Kinhhasa dopo quattro giorni di lavori. Tema dell’incontro, organizzato dal Simposio delle Conferenza Episcopali di Africa e Madagascar (Secam/Sceam), è “In cammino verso l’Anno Africano della Riconciliazione e le Giornate della Gioventù africana: educazione alla cultura della pace e della riconciliazione”. Tra i suoi obiettivi principali, vi sono appunto il coinvolgimento della gioventù africana nelle celebrazioni dell’Anno Africano della Riconciliazione, indetto dal Secam dal 29 luglio 2015 al 29 luglio 2016, la creazione di un’organizzazione panafricana dei movimenti d’Azione Cattolica dei giovani e dei bambini e l’eventuale organizzazione di una Giornata della Gioventù Africana.
I giovani tesoro dell’Africa
Al centro dell’intervento di apertura di mons. Djomo, l’invito ai giovani del continente “a guardarsi dagli inganni delle nuove forme di distruzione della cultura di vita, dei valori morali e spirituali” e a non cercare soluzioni ai loro problemi al di fuori del proprio Paese, ma a lottare invece per costruire una società migliore: “Utilizzate i vostri talenti e le altre risorse a vostra disposizione per rinnovare e trasformare il nostro continente e per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione durature in Africa”, ha detto. “Voi siete il tesoro dell’Africa. La Chiesa conta su di voi, il vostro continente ha bisogno di voi”, ha aggiunto il presidente della Cenco.
Le responsabilità dei giovani per il futuro dell’Africa
E la necessità di una presa di coscienza dei giovani africani delle loro responsabilità per il futuro del continente è stata sottolineata anche negli interventi introduttivi di mons. Jean-Pierre Kwambamba, vescovo ausiliare di Kinshasa, e di Benedicte Assorow, direttore della comunicazione del Secam, che ha trasmesso un messaggio del segretario generale dell’organismo, padre Joseph Komakoma. Il messaggio ricorda in particolare che “i giovani sono la parte più importante della popolazione africana sulla quale la Chiesa conta in modo prioritario per l’evangelizzazione e la promozione della pace, della giustizia, della riconciliazione e dello sviluppo del nostro continente”.
Delegati da molti Paesi
Alla riunione di Kinshasa partecipano 120 delegati provenienti da Gabon, Zimbabwe, Ghana, Sudafrica, Botswana, Swaziland, Egitto, Congo, Kenya, Uganda, Camerun. Tra gli argomenti affrontati durante i lavori, la Dottrina sociale della Chiesa nell’attuale contesto africano, le opportunità per i giovani nella società e nella Chiesa, la politica economica e il contesto socioculturale dell’Africa oggi.
Usa, "Labor Day". Vescovi: lavoro dignitoso per le famiglie
La nostra fede cattolica ci chiama a “costruire sistemi e strutture” sociali ed economiche capaci di creare posti di lavoro dignitosi con salari adeguati e di promuovere “la formazione e la stabilità delle famiglie”. E’ quanto scrive mons. Thomas Gerard Wenski, arcivescovo di Miami e presidente della Commissione episcopale per la giustizia nazionale e lo sviluppo umano, nel messaggio per il "Labor Day" che si celebrerà negli Stati Uniti il 7 settembre.
L’importanza centrale del lavoro per la famiglia
Il documento prende ampio spunto dall’Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì” per sottolineare l’importanza centrale del lavoro per la famiglia quale “cellula primaria della società”. Un lavoro, che anche quando c’è, è oggi sempre più precario e mal retribuito. Nonostante qualche segnale di ripresa dell’economia, infatti, “per molte famiglie americane la situazione non è sostanzialmente migliorata”. A causa della disoccupazione o della sottoccupazione – rileva mons. Wenski – sempre meno giovani negli Stati Uniti rinviano il matrimonio, mentre milioni di bambini nel Paese vivono appena sopra la soglia di povertà. “Il lavoro è fatto per la famiglia”, eppure tante coppie devono barcamenarsi tra lavoro e famiglia per sbarcare il lunario. “Non possiamo rassegnarci – afferma l’arcivescovo di Miami – a questa ‘nuova normalità di un’economia che non garantisce un’occupazione stabile e un salario adeguato a troppi uomini e donne”.
Necessaria una profonda conversione dei cuori ad ogni livello
Dopo avere ricordato lo stretto collegamento evidenziato da Papa Francesco tra lavoro umano “al quale siamo chiamati sin dalla nostra creazione”, la salvaguardia del Creato e i problemi della società, nell'ottica dell'ecologia integrale proposta dall’Enciclica, il messaggio invita i fedeli a “una profonda conversione dei cuori ad ogni livello”. La violazione della dignità umana che “si riscontra nello sfruttamento dei lavoratori, nel traffico di donne e bambini e in un sistema migratorio incapace di garantire un lavoro decente e una vita migliore a persone e famiglie disperate” dipende, infatti, anche dalle nostre scelte di vita: dai vestiti che decidiamo di mettere, dal cibo che mangiamo e dai prodotti che compriamo.
Una società rinnovata si costruisce sulla solidarietà
“La strada per una società rinnovata – afferma in conclusione il documento – si costruisce sulla solidarietà ed è radicata nella fede. Rifiuta l’individualismo e il materialismo che ci rende indifferenti alla sofferenza e chiusi all’incontro”. (L.Z.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 237