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Sommario del 19/08/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: lavoro a misura di famiglia, se no società si degrada

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“Il lavoro è sacro” perché dà dignità a persone e famiglie e permette alla terra di svilupparsi secondo l’ottica creatrice di Dio. Alle migliaia di persone in Aula Paolo VI per l’udienza generale, Papa Francesco ha ribadito la visione cristiana del lavoro che, ha affermato, non deve tenere in “ostaggio” le famiglie perché basato solo sulla “convenienza economica” di chi lo gestisce. Il servizio di Alessandro De Carolis

La “casa intelligente”, monumento all’efficienza, in cui si lavora tanto ma il lavoro è solo di chi ha la forza e le capacità di creare reddito. E la “casa comune”, quella in cui pure si lavora sodo ma dove il lavoro non è nemico della famiglia, dove gli anziani non sono una voce in perdita nella colonna dei profitti e i bambini non sono orfani di genitori assenti incastrati nella macchina produttiva. La prima seduce con la sua organizzazione, la seconda ha “già fin troppe crepe”, osserva Francesco, che evoca entrambe dopo aver tuttavia ben spiegato in quale delle due abitino le sue speranze, quelle per un mondo davvero a misura d’uomo.

La dignità del pane a casa
Il tema della catechesi è il rapporto tra famiglia e lavoro e per un cristiano ogni lavoro, “a partire da quello casalingo”, sottolinea, è un cooperare con Dio alla Creazione, dunque è compiere un’opera sacra:

“Il lavoro è sacro. E perciò la gestione dell’occupazione è una grande responsabilità umana e sociale, che non può essere lasciata nelle mani di pochi o scaricata su un ‘mercato’ divinizzato. Causare una perdita di posti di lavoro significa causare un grave danno sociale”.

E soggiunge, a braccio, stringendo a sé idealmente con sentimenti di solidarietà le vittime di uno dei più gravi mali contemporanei, la disoccupazione:  

“Io mi rattristo quando vedo che c’è gente senza lavoro, che non trova lavoro e non ha la dignità di portare il pane a casa. E mi rallegro tanto quando vedo che i governanti fanno tanti sforzi per trovare posti di lavoro e per cercare che tutti abbiano un lavoro. Il lavoro è sacro, il lavoro dà dignità a una famiglia. Dobbiamo pregare perché non manchi il lavoro in una famiglia”.

Il lavoro che fa bella la terra
Il discorso si sposta poi sul lavoro che rende migliore il luogo in cui si vive e, in generale, il nostro pianeta. Francesco ricorda che nella Genesi si evoca l’immagine di una terra che, appena creata, non ha erba né cespugli perché nessuno l’aveva ancora lavorata e irrigata:

“Non è romanticismo, è rivelazione di Dio; e noi abbiamo la responsabilità di comprenderla e assimilarla fino in fondo. L’Enciclica Laudato si’, che propone un’ecologia integrale, contiene anche questo messaggio: la bellezza della terra e la dignità del lavoro sono fatte per essere congiunte. Vanno insieme tutte e due: la terra diviene bella quando è lavorata dall’uomo”:

Il lavoro che corrompe l’habitat
Quando invece “il lavoro si distacca dall’alleanza di Dio con l’uomo e la donna” e diventa “ostaggio della logica del solo profitto e disprezza gli affetti della vita”, “l’avvilimento dell’anima” che ne nasce – afferma il Papa – “contamina tutto”, la “vita civile si corrompe e l’habitat si guasta”. E, al solito, a farne le spese sono “i più poveri”, le “famiglie più povere”.

“La cosiddetta ‘città intelligente’ è indubbiamente ricca di servizi e di organizzazione; però, ad esempio, è spesso ostile ai bambini e agli anziani. A volte chi progetta è interessato alla gestione di forza-lavoro individuale, da assemblare e utilizzare o scartare secondo la convenienza economica. La famiglia è un grande banco di prova. Quando l’organizzazione del lavoro la tiene in ostaggio, o addirittura ne ostacola il cammino, allora siamo sicuri che la società umana ha incominciato a lavorare contro se stessa!”.

Lavoro e vita dello spirito non sono in contrasto
Dopo aver criticato in precedenza, con le parole di San Paolo, il “falso spiritualismo” di chi, in ambito di fede, sostiene che impegno del lavoro e vita dello spirito siano in contrasto, Francesco conclude esortando le famiglie cristiane a sfruttare “con fede e scaltrezza” la congiuntura attuale, difendendo “il lavoro che – dice – rende domestica la terra e abitabile il mondo”, nonostante sembri di dover combattere come Davide contro Golia. “Ma sappiamo – osserva con una punta d’ironia – come è andata a finire quella sfida!”.

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Papa Francesco: Taizé ha cambiato relazioni tra cristiani separati

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Al termine dell'udienza generale, Papa Francesco ha ricordato che domani la comunità di Taizé compie 75 anni e che tre giorni fa è stato commemorato il 10.mo anniversario della morte del suo fondatore, frère Roger Schutz. Il servizio di Sergio Centofanti

“Buon cammino alla comunità di Taizé!", questo il saluto di Papa Francesco alla comunità ecumenica fondata da frère Roger, ucciso da una squilibrata 10 anni fa durante la preghiera vespertina. In un messaggio inviato per l’occasione all’attuale priore di Taizé, frère Alois, il Pontefice  esprime la sua gratitudine a Dio, che fa nascere “sempre nuovi testimoni fedeli fino alla fine”. Citando Benedetto XVI, definisce frère Roger "testimone instancabile del Vangelo della pace e della riconciliazione, animato dal fuoco di un ecumenismo della santità ".

“E’ stato questo fuoco – sottolinea - che lo ha portato a fondare una comunità che può essere considerata una vera ‘parabola di comunione’, che, fino ad oggi, ha svolto un ruolo importante per costruire ponti di fraternità tra i cristiani”.

“Cercando appassionatamente l'unità della Chiesa, Corpo di Cristo, frère Roger - scrive il Papa - si è aperto ai tesori custoditi nelle diverse tradizioni cristiane, senza tuttavia compiere delle rotture con la sua origine protestante. Con la perseveranza di cui ha dato testimonianza durante la sua lunga vita, ha contribuito a cambiare le relazioni tra i cristiani ancora separati, tracciando per molti un cammino di riconciliazione”.

Nutrito dalla Sacra Scrittura, frère Roger ha attinto all'insegnamento dei Padri della Chiesa, attualizzando le fonti cristiane per i giovani. Il priore di Taizé – osserva ancora Papa Francesco – “capiva le nuove generazioni; aveva fiducia in loro” facendo di Taizé “un luogo di incontro dove i giovani provenienti da tutto il mondo si sentono rispettati e accompagnati nella loro ricerca spirituale”.

“Frère Roger – ricorda ancora il Pontefice - ha amato i poveri, i diseredati, coloro che apparentemente non contano” mostrando “con la sua esistenza e con quella dei suoi fratelli che la preghiera va di pari passo con la solidarietà umana”.

Il Papa, infine, rende grazie a Dio “per la vita donata di frère Roger, fino alla sua morte violenta. Possa la Comunità di Taizé – è il suo auspicio - mantenere sempre viva la testimonianza che egli ha reso a Cristo risorto e l’appello che ha costantemente rinnovato a 'scegliere di amare'".

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Cordoglio del Papa per le vittime dell'attentato di Bangkok

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Il grave attentato terroristico che lunedì scorso ha causato la morte di 20 persone a Bangkok, nei pressi del Santuario indù di Erawan - poi seguito da lancio di una bomba su un molo fortunatamente senza conseguenze – hanno suscitato il dolore e la vicinanza del Papa. In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, Francesco si dice consapevole dell’impegno profuso nella ricerca degli autori del crimine ed esprime al re thailandese, Bhumibol Adulyadej, la sua “sincera solidarietà per tutti coloro che – scrive – sono stati colpiti da questi atti violenza” e assicura preghiere e benedizioni per i feriti, per le famiglie delle vittime.

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Papa a Meeting Rimini: andare incontro a tutti con il Vangelo dell'amore di Dio

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“Andare incontro a tutti sostenuti dal desiderio di proporre con forza, bellezza e semplicità la buona notizia dell’amore di Dio”. E’ l’esortazione di Papa Francesco in un messaggio inviato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin in occasione del Meeting per l’’amicizia fra i popoli che si aprirà domani a Rimini sul tema: "Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto nei sei pieno?" (Mario Luzi). I cristiani – è l'invito che si legge nel messaggio – risveglino la coscienza degli uomini e delle donne in un tempo in cui le domande decisive vengono offuscate da risposte parziali. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il cuore è “inquieto”, non si accontenta mai ed “è sempre in ricerca”. Ad interrogarlo - afferma il messaggio - sono domande “sul significato della vita e della morte, sull’amore, sul lavoro, sulla giustizia e sulla felicità”. Il mondo di oggi, però, pone l’uomo davanti a “tante risposte parziali che offrono solo dei falsi infiniti”. Il dramma – si legge nel testo – consiste nel “pericolo incombente della negazione della dignità della persona umana”. Una preoccupante “colonizzazione ideologica” riduce inoltre “la percezione dei bisogni autentici del cuore per offrire risposte limitate”.

Solo Dio può colmare la misura del cuore
Ma Dio offre “la risposta che tutti attendono”, mentre gli uomini di oggi “la cercano nel successo, nel denaro, nel potere, nelle droghe di qualunque tipo, nell’affermazione dei propri desideri momentanei”. Solo Dio “può colmare la misura del cuore”. Nel messaggio si ricorda che Papa Francesco, nell’intervista rilasciata a “Civiltà Cattolica”, sottolinea come “Dio sia nella vita di ogni uomo”. “Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce – osserva il Santo Padre - c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio”.

Andare incontro a tutti
Il Meeting – si legge infine nel messaggio - può cooperare ad un compito essenziale della Chiesa: “non consentire che qualcuno si accontenti di poco” e far conoscere Gesù, “l’annuncio che risponde all’anelito di infinito che c’è in ogni cuore umano”. Il Papa augura agli organizzatori e ai volontari del Meeting di "andare incontro a tutti sostenuti dal desiderio di proporre con forza, bellezza e semplicità la buona notizia dell’amore di Dio, che anche oggi si china sulla nostra mancanza per riempirla dell'acqua di vita che scaturisce da Gesù risorto”.

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Viaggio a Cuba: non è previsto incontro tra Papa e Farc

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Nell’agenda del viaggio papale che si svolgerà a Cuba il prossimo settembre “non è previsto alcun incontro tra il Santo Padre e rappresentanti delle Farc”. E’ quanto ha affermato il vicedirettore della Sala Stampa vaticana, padre Ciro Benedettini. In questi giorni si era parlato della possibilità di un colloquio tra Papa Francesco ed esponenti delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia durante la permanenza del Pontefice nell’isola caraibica dal 19 al 22 settembre.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Un cammino possibile".

Il lavoro dà dignità: all'udienza generale il Papa parla del rapporto tra organizzazione produttiva e famiglia.

Chi riempie la nostra mancanza: nel messaggio per il Meeting di Rimini l'invito del Papa ad aspirare a cose grandi.

Macchine per abbracci: Silvia Gusmano sulla malattia e il coraggio di osare.

Balzac e l'uomo di piombo: Gabriele Nicolò sul tormentato rapporto fra lo scrittore francese e il mondo della stampa.

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Oggi in Primo Piano



Sì della Germania al terzo pacchetto di aiuti alla Grecia

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E’ arrivato il tanto atteso "sì" del parlamento tedesco sul terzo pacchetto di aiuti alla Grecia per un ammontare di 86 miliardi di euro in tre anni. L'esborso è previsto per domani. La decisione, lodata dalla Commissione europea e in attesa in serata dell'ok anche dell'Esm (Fondo Salva Stati),  non era scontata viste le polemiche tra i socialdemocratici della cancelliera Merkel. Il servizio di Gabriella Ceraso

454 si', 113 no e 18 astenuti: il Bundestag approva il terzo pacchetto di aiuti ad Atene, ma i deputati contrari crescono rispetto a luglio quando si votò per il riavvio del negoziato. La cancelliera dunque, seppur con difficoltà, è riuscita a contenere l’opposizione interna al suo partito, forse anche grazie allo "shopping" che la Germania continua a fare in Grecia. Di oggi l’acquisto di 14 aeroporti regionali, la prima delle privatizzazioni promesse, insieme con le riforme, dal governo Tsipras, e che si aggiunge ad altri acquisti tedeschi in ambiti vari, energia, turismo, armamenti. Con le casse vuote certo la scelta per lo Stato non può essere che la vendita, ma la situazione politica resta incerta e i dubbi sul successo della procedura in atto li esprime anche il ministro delle Finanze al parlamento. Schaeuble dice "sì" ai nuovi aiuti sia a tutela dell’unione monetaria europea, sia a garanzia di un nuovo inizio, della crescita per la  Grecia, ma ammette che "non vi sono garanzie che tutto funzioni". Certo, indispensabile, e lo si saprà solo ad ottobre, sarà la partecipazione del Fmi al salvataggio. Dunque, da ora si può effettivamente parlare di "un nuovo inizio" per la Grecia? Lo abbiamo chiesto alla prof.ssa Federiga Bindi, esperta di questioni europee all'Università Tor Vergata di Roma:

R. – Il problema è che se questi soldi, come è successo fino ad adesso, non vengono messi in circolazione nella società e nell’economia greca, non servono assolutamente a niente se non a salvare le banche tedesche che hanno il debito greco.

D. – Bisogna dire infatti che, in realtà, sia la Francia che la Germania stanno tenendo a galla la Grecia perché entrambe hanno molti interessi in questi soldi che stanno dando…

R. – Un motivo sì, è questo. L'altro è che hanno interesse nell’euro. Se la Grecia uscisse, la realtà è che non si sa quali sarebbero le conseguenze e siccome la Francia e la Germania hanno come moneta propria l’euro preferiscono non rischiare. Questo più che un salvataggio della Grecia lo chiamerei un salvataggio dell’euro, della zona euro.

D. – Nel frattempo oggi con gli aeroporti, ma in realtà il processo è già iniziato, c’è è una vera e propria colonizzazione da parte della Germania nell’ambito della vita greca. Le chiedo: ne vale la pena o era meglio lasciare che questo Paese  ricominciasse forse anche a partire da un fallimento?

R. – Due cose: le coincidenze non sono coincidenze. Come diceva Andreotti, "a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca". Secondo me, il sostegno del Bundestag oggi e l’acquisizione degli aeroporti non è un caso che vadano insieme. Detto questo, se la Grecia fosse uscita dall’euro, questo sicuramente non avrebbe aiutato la Grecia perché non è che tornando alla dracma avrebbe aiutato a pagare il debito pubblico. Probabilmente, l’unico modo, se non si vogliono condonare i debiti, sarebbe congelarli per un certo numero di anni in modo che i denari vadano ad aiutare l’economia reale. Il problema è che bisognerebbe avere un approccio flessibile alle regole che la Germania sostenga.

D. – Perché la Germania con il ministro Schaeuble ha ribadito la necessità, anzi l’indispensabilità che il Fondo monetario internazionale partecipi al salvataggio?

R.  – Secondo me, perché viene venduto meglio dal punto di vista domestico: è una questione di condivisione del rischio.

D. – Quindi, un modo per tranquillizzare anche il popolo tedesco?

R. – Esatto.

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Chiesa di Terra Santa: Muro di Cremisan, “un insulto alla pace”

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Il 17 agosto scorso nella Valle di Cremisan, vicino Betlemme, sono ripresi i lavori del Muro di separazione tra Israele e i Territori palestinesi. L’area accoglie la parrocchia di Beit Jala, i terreni di 58 famiglie cristiane e anche un monastero e un convento dei salesiani, con annessa scuola elementare. In una nota, il patriarcato latino di Gerusalemme ha definito il Muro nella Valle di Cremisan “un insulto alla pace”. Marco Guerra ha raccolto la testimonianza di padre Mario Cornioli, sacerdote del patriarcato latino attivo presso la parrocchia di Beit Jala, che in questi giorni ha preso parte alle preghiere di protesta per la costruzione del Muro: 

R. – Giorni fa sono ripresi i lavori, così all’improvviso dopo la sentenza che aveva ribaltato la precedente sentenza di aprile, quando la Corte aveva detto no al muro. Infatti, dopo gli accordi tra Santa Sede e Palestina la Corte ha ribaltato la sentenza e ha detto "sì" al muro. Quindi, di fronte a un nuovo appello della società Saint Yves e del Patriarcato latino che hanno chiesto spiegazioni, soprattutto su quale fosse il nuovo tracciato, sono partiti i lavori e quindi c’è stata una mobilitazione della comunità cristiana di Beit Jala. Siamo andati due giorni dove hanno già iniziato a sradicare gli ulivi secolari di Bir Onah all’inizio della valle del Cremisan per protestare in maniera pacifica. Ieri, abbiamo fatto la preghiera con dei preti ortodossi e stamattina era la volta dei latini e siamo andati a celebrare Messa. All’inizio, l’esercito ci ha impedito di celebrare, poi invece siamo riusciti a pregare lì, anche perché è una delle poche cose che puoi fare. Poi, ci sono stati anche momenti di tensione. Uno dei ragazzi, che voleva piantare un piccolo ulivo, è stato portato via con la forza, con molta violenza. Ci sono stati un paio di arresti in maniera veramente gratuita e violenta. Noi eravamo lì per pregare. Io ho parlato chiedendo spiegazioni ai soldati che hanno detto che avevano attaccato l’esercito quando non era assolutamente vero! Questo è un po’ il clima che c’è, totale ingiustizia e totale malafede.

D.  – Puoi ricordarci qual è la situazione, il monastero e il convento dei Salesiani rimarrebbero nella parte palestinese…

R.  – Non è un problema di convento di qua o convento di là… Il problema è che si stanno rubando un’intera valle e due montagne, questo non è accettabile. E’ inutile che il monastero rimanga di qua e tutti gli ulivi della gente rimangano di là, questo non è accettabile, è totalmente ingiusto… è inutile salvare un monastero se poi il muro porterà via un’intera valle e due montagne piene di ulivi e terra di 58 famiglie cristiane. Come Chiesa non possiamo accettare questo, non possiamo rimanere in silenzio. Questa è una vergogna, è una totale ingiustizia, non c’è nessun motivo di sicurezza, quindi è solo veramente una violenza gratuita. Questo è triste. E’ una giornata molto molto triste, abbiamo pregato con tanta tristezza nel cuore.

D. – L’Alta Corte israeliana prima aveva proibito, poi ha autorizzato la costruzione del muro: c’è ancora qualche speranza che si possa tornare indietro?

R.  – Il Patriarcato latino ha fatto un ulteriore appello alla Corte per capire anche come mai c’è stato questo ritorno indietro. Tra l’altro è successo subito dopo l’accordo tra Vaticano e Palestina. Prima ancora di avere una risposta dalla Corte sono iniziati i lavori. Quindi, la paura è proprio quella che intanto facciano i lavori, facciano quello che vogliono, e poi dopo la Corte dica: ormai i lavori ci sono e lasciamo stare. Questo è successo da tante altre parti e succederà anche qui. Però, non è questa la strada. Io lo dicevo anche oggi ai militari e alcuni non avevano il coraggio di guardarmi negli occhi, erano veramente anche loro in totale difficoltà.

D. – Il Muro va in questa valle dove ci sono le attività della Casa dei Salesiani che sono sempre state segno di pace e riconciliazione…

R. – Io non sono molto interessato a queste attività di pace, perché le vigne hanno significato perché appartengono alle famiglie cristiane. Io ripeto questo: non siamo qui per difendere l’attività e la cantina dei frati, siamo qui per dire che non è giusto rubare la terra a 58 famiglie cristiane quando non c’è nessun motivo di sicurezza. Il monastero tra l’altro sembra resterà dalla parte dove è sempre stato, la parte palestinese.

D. – Quindi, i cristiani di Terra Santa sono messi sempre più all’angolo ed è in pericolo anche la sopravvivenza stessa delle comunità cristiane di Terra Santa…

R. – Sì, questo è un modo per strangolare la comunità cristiana e poi il futuro non esisterà e se continuerà questa politica nello Stato di Israele sicuramente per i cristiani non sarà semplice restare. E purtroppo il mondo tace, tutti stanno silenzio e ci sentiamo veramente soli. Il clima è davvero pesante e questo non aiuterà certo a mantenere la presenza cristiana in questa terra. Se il mondo tace in questo modo - anche i cristiani di tutto il mondo - i cristiani non rimarranno in Terra Santa.

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Siria. Is decapita il responsabile del sito di Palmira

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I jihadisti dell’Is, il sedicente Stato islamico, continuano a destabilizzare il Medio Oriente: a Palmira, in Siria, è stato ucciso il responsabile degli archeologi, mentre l’Egitto è in stato di massima allerta lungo il confine con la Libia. Qui, oltre duemila famiglie hanno lasciato Sirte rifugiandosi nella città di el Marj. Massimiliano Menichetti: 

Non si ferma la violenza in Iraq: oggi almeno 20 soldati sono morti per un attentato kamikaze a Beiji, città della provincia settentrionale di Salaheddin, dove ha sede la più importante raffineria del Paese. Sul fronte politico, mentre si combatte contro l’Is, l'ex primo ministro Nuri al-Maliki ha respinto i risultati dell'inchiesta parlamentare, che ha chiesto la sua incriminazione per aver creato le condizioni che hanno portato alla caduta di Mosul nella mani del sedicente Stato Islamico. Incandescente anche il fronte siriano dove la lotta contro i terroristi islamici prosegue con i bombardamenti a guida statunitense, nel contesto della guerra civile contro il regime. Migliaia i profughi interni ed esterni, nei campi allestiti nei pressi di Damasco vengono denunciati casi di tifo, mentre fa il giro del mondo la notizia della decapitazione dell'archeologo siriano Khaled Asaad, capo delle antichità della storica città di Palmira. Il corpo dell’uomo è stato appeso ad una colonna, aveva 82 anni, negli ultimi 50 era stato responsabile del sito patrimonio dell’umanità, conquistato dall'Is il 21 maggio scorso dopo il ritiro dell'esercito di Bashar al-Assad. Intanto, sul fronte libico si moltiplicano gli episodi criminali perpetrati dai jihadisti a Sirte e l’Egitto ha decretato lo stato di massima allerta lungo il confine con il Paese, mentre centinaia di famiglie stanno scappando dalla città portuale libica cercando rifugio a el Marj, nella Cirenaica (Libia nord-orientale). "L'Is sta attuando strategie diverse", sottolinea Massimo Campanini, professore di Islamistica e Storia dei Paesi islamici all'Università di Trento, il quale precisa che l’Is mira soprattutto a consolidarsi all’interno dei Paesi arabi, per poi eventualmente, in una fase successiva, proiettarsi in avanti verso l’Europa e l’Occidente. "L’Is - aggiunge Campanini - va nella direzione della negazione della potenziale capacità islamica di essere colloquiale, tollerante e di rispettare i diritti: quindi un tradimento di un Islam che, fatti i conti con la modernità, è in grado di avanzare una sua proposta di rinnovamento, anche politico, della concezione islamica".

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Sri Lanka. Chiusa l'era Rajapaksa, pronto il nuovo premier

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“Quelle del 17 agosto sono state elezioni trasparenti e libere, ora dobbiamo lavorare insieme per portare il Paese in una nuova epoca, creando più opportunità per tutti”. Sono queste le parole del neo-premier dello Sri Lanka, Ranil Wickremasinghe, che sarà insediato domani. La sua formazione, il Partito nazionale unito, ha ottenuto il 45% dei consensi, staccando di tre punti l’Alleanza per la Libertà e l’Unità del Popolo di Mahinda Rajapaksa, già presidente negli anni più bui della guerra civile, sconfitto nelle elezioni presidenziali del gennaio 2015. Per formare un governo sarà però necessario allearsi con partiti minoritari. Giacomo Zandonini ha raccolto la testimonianza del salesiano, padre Gabriele Garniga, da trent’anni nello Sri Lanka: 

R. – Le elezioni sono state fatte lunedì e certamente la gente si aspettava che l’Unp vincesse, però non ha vinto con una grande maggioranza e dovrà ricorrere ad aiuti dall’esterno, da altri partiti, per poter fare un governo stabile, che prenda in mano lo sviluppo, e anche per fare giustizia per tutti gli abusi fatti durante il regime precedente. Per fortuna, in queste elezioni ci sono state meno tragedie durante la campagna elettorale e anche meno spese, perché hanno limitato la possibilità di tabelloni e hanno anche limitato il numero di persone che si potevano raggruppare per fare propaganda elettorale, al massimo 25.

D. – Possiamo dire che lo Sri Lanka si sia lasciato alle spalle gli anni durissimi della guerra civile o ancora i diritti umani sono un problema per questo piccolo Paese asiatico?

R.  – La situazione dei diritti umani è che, per poche rupie, persone che avevano fatto opposizione al presidente di prima sparivano. Già con questi 100 giorni del governo precedente queste e molte altre cose sono state, se non chiarite, almeno portate in evidenza e speriamo che la giustizia faccia il suo corso. Ci sono casi anche di giornalisti che sono spariti dalla circolazione e da anni non se ne sa niente. Il governo non ha mai voluto fare chiarezza. Adesso il governo che sarà formato cercherà di fare giustizia anche degli abusi effettuati alla fine della guerra. Alla fine della guerra, ci sono state proprio situazioni orrende... Il governo precedente non ha mai permesso alle Nazioni Unite di venire a verificare, hanno eliminato tutti i segni di quello che era capitato. Però, la gente ancora adesso soffre per quello che è successo.

D. – Rajapaksa era stato sconfitto alle elezioni presidenziali dello scorso 8 gennaio. Cosa è successo da quell’epoca, cosa ha fatto questo governo dei cosiddetti 100 giorni che è stato nominato a livello temporaneo?

R.  – Rajapaksa voleva estendere il suo mandato anche al terzo e questo è contro la Costituzione, perciò ha anticipato le elezioni convinto di poter vincere. Invece, il ministro della Salute che era proprio nel suo gabinetto è stata la persona che ha attratto i voti dei partiti e della gente per un cambio.

D. – Lo Sri Lanka è un partito multietnico, multireligioso, come moltissime comunità: è possibile una vera convivenza e quanto la politica può fare per ottenere una convivenza fra queste comunità?

R. – La Costituzione attuale è basata ancora sulla religione. Per esempio, il presidente deve essere buddista, il primo ministro preferibilmente buddista, anche se il partito proprio dei monaci non ha più nessun seggio in parlamento però ci sono ancora tensioni in parecchie parti dello Sri Lanka, perché le chiese sono state distrutte, i musulmani e i buddisti sono un poo' "a frizione"... Perciò non è che ci sia l’armonia che c’era 30 anni fa. Speriamo che adesso il nuovo governo dia più libertà e cerchi di risolvere il problema del gruppo Tamil. Se questo problema non viene sciolto politicamente, ci saranno anche altri problemi, se non di guerra aperta, almeno di grandi ostilità.

D.  – Il tema dello sviluppo economico è centrale. C’è veramente una possibilità che questo nuovo governo sblocchi qualcosa per il Paese?

R.  – Il governo precedente si era affidato quasi esclusivamente alla Cina, perciò la Cina faceva alto e basso come voleva anche contro le direttive delle istituzioni finanziarie internazionali. Adesso, il governo nuovo ha riagganciato con l’Europa e cerca di portare avanti il discorso anche con l’America. Infatti, per la prima volta dopo dieci anni la comunità europea è stata invitata per controllare le elezioni. La Wolkswagen ha già investito in macchine qui nello Sri Lanka e attratti da questo nuovo clima può darsi che anche altri vengano per sfruttare la possibilità della riduzione dei costi per quanto riguarda la manodopera.

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Mons. Gristina: i migranti sono il "nostro prossimo" speciale

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Per affrontare il fenomeno immigrazione occorrono intelligenza, umanità nell’accoglienza e fermezza per combattere i trafficanti. E’ il cuore del messaggio inviato dal presidente italiano, Sergio Mattarella, al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, alla vigilia della sua apertura. E mentre ancora rimbalzano le cifre fornite ieri da Frontex, l’agenzia Ue per il controllo delle frontiere – che ha segnalato che per la prima volta il numero di migranti registrati ai confini dei Paesi Ue, nel luglio di quest'anno, ha superato la soglia delle 100 mila unità in un singolo mese, arrivando a 107.500 – nel Canale di Sicilia continuano i soccorsi: oltre 400 le persone tratte in salvo stamattina. A Catania intanto iniziano oggi i primi accertamenti sulle salme dei 49 migranti morti nella stiva di un barcone il giorno di Ferragosto. A loro e agli altri sbarcati, l’arcivescovo metropolita della città etnea, mons.Salvatore Gristina, aveva dedicato due giorni fa, in occasione della festività di Sant’Agata, un passo dell’omelia in cui aveva definito i migranti “nostro prossimo” speciale. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: 

R. – Bisogna dirlo, bisogna affermarlo, e questo per ragioni di umanità, per coerenza con quello che noi cerchiamo sempre di sottolineare.

D. – “Il prossimo” sono le persone che sbarcano e che scappano dalle guerre e dalla persecuzione. Eppure, sta diventando sempre più difficile, in Italia e in Europa, accettare e credere che siano il nostro “prossimo”…

R. – Bisogna affermare con chiarezza che siamo tutti personalmente coinvolti, ma che questo problema è di tale vastità che a risolverlo dev’essere tutta l’Europa, dev’essere tutta l’umanità. Tutti dobbiamo essere coinvolti, non erigendo barriere ma creando ponti. L’accoglienza deve essere talmente di qualità, talmente umana, da riuscire efficace, il che significa accogliere bene le persone, dare loro non soltanto un’accoglienza generica, ma un’accoglienza che comporti anche la possibilità, per coloro che arrivano, di comprendere che debbono inserirsi, rispettando anche le caratteristiche dell’ambiente dove arrivano. Ritengo che questa debba essere la risposta che possiamo dare a questa problematica, che diviene sempre più una sfida che ci coinvolge, che richiede lungimiranza, discernimento, intelligenza, cuore grande, generosità. Mi pare che nel nostro Paese questo ci sia. Certamente, ci sono anche manifestazioni ed esternazioni che devono anche essere messe nei loro contesti e certamente grava anche su di noi, comunità di Sicilia, di vigilare affinché questa tragedia umana non sia sfigurata, profanata, svilita da ombre o fatti di corruzione. Occorre una particolare vigilanza, che fughi qualsiasi ombra possa esserci nel comportamento di noi singole istituzioni che accogliamo.

D. – La Chiesa, che tiene alti i valori cristiani dell’accoglienza, si trova in questo momento molto criticata per questa sua vocazione, propria del Vangelo…

R. – Parto da Catania, dove esercito il mio ministero di vescovo: assolutamente non ci sono questi atteggiamenti, queste frasi polemiche, anzi ci sono tante forme di collaborazione. Certamente, possono esserci in determinati contesti, punti di vista, opzioni, anche politiche o quello che vogliamo, che possono indurre a valutazioni diverse, che possono fare impressione per il tono di polemica che possono assumere. Non dico che si debbano sottovalutare o non prendere in considerazione, però credo che si debba tener conto anche della comprensione, della risposta della gente. E’ ovvio, è pericoloso e quindi ognuno dev’essere attento, soprattutto persone di ruolo, persone che svolgono responsabilità, devono avere una particolare attenzione e vigilanza nelle proprie espressioni e questo vale per tutti. Dobbiamo tener tutti conto anche delle ricadute delle nostre affermazioni. Non credo che la maggioranza degli italiani si senta bene interpretata da quelle espressioni. Credo che le persone, proprio per la loro umanità, possano riflettere. Per questo, mi permetterei di dire che quella parola di Gesù, “ama il prossimo tuo come te stesso”, debba essere ripetuta, proposta come criterio. Certamente, la parola del Signore è efficace e questa efficacia può germogliare anche nel contesto della nostra umanità.

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Expo, Giornata umanitaria Onu. Ginevra, premiato Nzapalainga

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Caritas Internationalis celebra oggi a Expo Milano 2015 il ‘World Humanitarian Day’, promosso dall’Onu. In mattinata una delegazione delle Nazioni Unite ha visitato l’Edicola Caritas presente a Expo. In contemporanea, a Ginevra, il presidente della Caritas della Repubblica del Centroafricana, il vescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, ha ricevuto il premio “Sergio Vieira de Mello” 2015. Il premio è stato diviso con altri due leader religiosi, impegnati con il vescovo di Bangui nel dialogo: l’imam Oumar Kobine Layam e il pastore protestante, Nicolas Guérékoyaméné-Gbangou. Luca Collodi ha chiesto a Filippo Magni, coordinatore dell’ufficio Comunicazione Chiesa in Expo Milano 2015, perché la scelta del 19 agosto come data per la celebrazione del World Humanitarian Day: 

R. - Fondamentalmente, la data del 19 agosto è stata scelta per il “World Humanitarian Day” perché nel 2003, in questo giorno, nel quartier generale delle Nazioni Unite a Baghdad morirono 22 persone in un attacco. Tra queste persone c’era un funzionario, che era Sergio Vieira De Mello, e in suo nome ogni anno in questo giorno viene fatta una premiazione ufficiale. Quest’anno, la persona premiata sarà il vescovo di Bangui nella Repubblica Centrafricana, Dieudonné Nzapalainga. Non sarà premiato da solo, perché sarà una premiazione interreligiosa. Con lui saranno premiati, infatti, anche l’imam Oumar Kobine Layama e il pastore protestante Nicolas Guérékoyaméné-Gbangou.. Il premio è stato condiviso tra i tre leader religiosi della Repubblica Centrafricana per i loro sforzi nel mantenere il dialogo interreligioso, in una nazione che si trova in un conflitto terribile.

D. – Il significato del “World Humanitarian Day”?

R. – E’ una giornata istituita dalle Nazioni Unite che ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico sull’assistenza umanitaria nel mondo, sostanzialmente. Viene celebrato in tutto il mondo e anche in Expo. In particolare, coinvolge l’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, il Programma alimentare mondiale, i governi di Italia e Svizzera e le organizzazioni della società civile che sono presenti a Expo Milano 2015. Una delle organizzazioni della società civile che ha un messaggio fondamentale in Expo 2015 è la Caritas Internationalis, che è presente con una sua particolare edicola, una sorta di piccolo padiglione. Gli incaricati dell’Onu visiteranno nell’ambito delle celebrazioni, negli appuntamenti della Giornata, anche l’edicola di Caritas.

D. – La visita della delegazione Onu a Caritas richiama il tema della povertà e della migrazione dei popoli…

R. – Certo, in particolare l’edicola Caritas ha un titolo evocativo ed esplicito, che è “Dividere per moltiplicare”. Il tema è quello della ingiusta distribuzione delle risorse nel mondo e viene espresso all’interno dell’edicola Caritas in diversi modi: quindi, delle povertà del mondo e di chi da queste povertà vuole emanciparsi o è costretto a fuggire.

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15 anni fa 2 milioni di giovani alla Gmg di Tor Vergata

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Quindici anni fa la Chiesa a Roma viveva un momento indimenticabile. La notte del 19 e la mattina del 20 agosto dell’Anno santo del Duemila nella spianata di Tor Vergata oltre due milioni di giovani provenienti da  tutto il mondo partecipavano alla 15.ma Giornata Mondiale della Gioventù, convocata all'alba del terzo millennio da San Giovanni Paolo II. Ripercorriamo quel memorabile evento nel servizio di Paolo Ondarza

Campeggia ancora sulla spianata di Tor Vergata la grande croce della Veglia della Gmg del Duemila. Un ricordo visibile di quella festa della fede convocata da Giovanni Paolo II e partecipata da oltre due milioni di giovani. Sono le “sentinelle del mattino”, così ribattezzate dal Papa Santo dei nostri giorni: oggi trentenni o quarantenni conservano e vivono l’attualità dell’invito rivolto loro in quell’occasione a volare alto e a scorgere nell’innato desiderio di verità, bellezza e gioia, racchiuso nel cuore di ogni uomo, il volto di Cristo:

“In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità. E' Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.

Fu un vero e proprio dialogo: ai cori dei giovani rispondevano le parole di Giovanni Paolo II che metteva in guardia da vecchie e nuove ideologie, indicando mete alte, l’esempio dei santi e dei martiri:

“Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì. Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno. Penso, per esempio, ai fidanzati, alla loro difficoltà di vivere nel mondo di oggi e vivere la purezza nell'attesa del matrimonio; penso alle giovani coppie ed alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà; penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro".

Il messaggio sempre giovane del Vangelo è il filo che lega in modo così stretto il Papa ai giovani:

"C'è un proverbio polacco: (parole in polacco), vuol dire: Se tu vivi con i giovani, dovrai diventare giovane anche tu! (applausi) Così ritorno ringiovanito! (applausi)".

Quelle parole, quei canti, quel “chiasso” risuonano ancora oggi in tutta la loro attualità:

"Questo chiasso l'ha sentito tutta Roma e non lo dimenticherà mai! (applausi)".

E come dimenticare? Ester e Giovanni quel giorno a Tor Vergata c’erano, avevano 18 e 13 anni:  

R. – Ricordo soprattutto il fermento che abbiamo vissuto come ragazzi nell’accoglienza dei pellegrini che venivano da tutto il mondo, andando anche a pulire i posti dove avrebbero dormito: le scuole, le parrocchie… Insomma, c’era un grande spirito di accoglienza e fraternità. Del Papa ricordo questa grande dignità nel portare la malattia. Questo mi colpì molto assieme alle parole di coraggio che ci ha dato. Ci ha spinto a non rimanere legati alle nostre paure, ma ad appoggiarci totalmente a Gesù Cristo.

R. – Ricordo questo grande fiume di giovani che in modo ordinato, ma con tanto entusiasmo, manifestavano la contentezza di essere lì. Ricordo questa frase del Papa che disse: “Non siete la somma delle vostre debolezze”. Io sentii questa frase, mi rimase nel cuore, e oggi mi aiuta nei momenti di scoramento, di difficoltà.

D. – Ed è un’eredità da conservare, da tramandare?

R. – Nei momenti più difficili, mi sono sempre ricordata di queste parole, di prendere il largo, di non avere paura. Mi ha dato anche il coraggio per sposarmi, di avere figli. Gesù Cristo ci ha aiutato.

R. – E’ una verità da conservare, da tramandare e da valorizzare giorno per giorno nella vita: la Gmg è un dono prezioso che è stato fatto alla Chiesa, un' intuizione dallo Spirito Santo.

E ora lo sguardo vola a Cracovia, nella terra di San Giovanni Paolo II, dove il prossimo anno i giovani di ieri e quelli di domani vivranno con Francesco la gioia della prossima Giornata mondiale della gioventù.

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Nella Chiesa e nel mondo



Mons. Galantino: la politica non sia harem di cooptati e furbi

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“Senza politica si muore. Le società si disgregherebbero e la prepotenza umana dilagherebbe. Nessuno ha inventato ancora un sostituto delle istituzioni politiche, del diritto, della democrazia. Le società hanno bisogno di essere governate; da cristiani e da cittadini consapevoli, dobbiamo aggiungere che dovrebbero essere governate prima di tutto secondo giustizia”. Lo afferma il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, nella “Lectio degasperiana” che avrebbe dovuto leggere ieri sera a Pieve Tesino, e che invece ha scelto di affidare al presidente della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, Giuseppe Tognon, preferendo non presenziare “al fine di evitare, con la mia sola presenza – ha scritto - di contribuire a rafforzare polemiche o anche semplicemente di allontanare il momento del rasserenamento di un clima invano esasperato”.

La Chiesa nel dopoguerra godeva di una “benevolenza popolare” 
“L’esperienza degasperiana della ricostruzione italiana - annota Galantino - è un’esperienza popolare che va oltre le vicende politiche nazionali: è una forma alta di partecipazione e insieme una dimostrazione di ciò che si può realizzare quando la si assume davvero come una missione di servizio”. Galantino ricorda la “benevolenza popolare” di cui la Chiesa godeva nel dopoguerra - “una fiducia antica che come Chiesa dobbiamo sempre nuovamente meritare” - grazie alla quale “ha potuto chiamare alla politica un’intera generazione di giovani, la generazione di Moro e di Fanfani, e tenere unito il mondo cattolico”. Una “nuova leva di deputati e senatori” e un’“unità politica che abbracciava sindacati, associazionismo, organizzazioni religiose, e che qualcuno nella Chiesa pensava di poter manovrare a piacimento”, che “non avrebbero avuto il loro successo” senza De Gasperi. Così nel 1954, “con la fine politica di De Gasperi si chiuse davvero un’epoca che ritorna attuale oggi”, allorquando “siamo in pieno nel passaggio verso una nuova intelligenza civile”.

La politica oggi: puzzle di ambizioni personali in un piccolo harem di cooptati e di furbi
“De Gasperi - ha rimarcato - aveva ben chiaro che una crisi come quella del secondo dopoguerra non poteva essere vinta con la leva dei soli strumenti economici: era necessario che una rigorosa politica di bilancio fosse inserita in una visione politica internazionale ed europea e venisse sostenuta - vorrei dire incarnata - da una ferrea tempra morale”. Guardando alla situazione attuale, Galantino ha aggiunto: “La politica non è forse quella che siamo stati abituati a vedere oggi, vale a dire un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi. La politica è ben altro, ma per comprenderlo è inutile prodursi in interminabili analisi sociologiche o in lamentazioni, quando è possibile guardare a esempi come quello degasperiano. I veri politici segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non è mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dell’umanità”.

Il ruolo dei cristiani in politica
“Pensiamo spesso – afferma mons. Glantino - che il buon cattolico sia un uomo a metà, una via di mezzo tra gli ambiziosi e i disperati e non è vero. Pensiamo che un cattolico sia un uomo con il freno a mano, che non possa godere del successo della scienza o dei frutti della ricchezza, ma sono bestemmie perché non c’è nessun motivo che ci spinga a rinunciare ad offrire al Signore il meglio dell’intelligenza e dello sviluppo economico e tecnologico. Il cristiano è solamente colui che, anche in questi campi, mette tutto se stesso al servizio degli altri e nelle mani del Signore”.

La politica come ordine supremo della carità
​“Nessun politico dovrebbe mai cercare voti sulla pelle degli altri e nessun problema sociale di mancanza di lavoro e di paura per il futuro può far venir meno la pietà, la carità e la pazienza”. “La politica come ordine supremo della carità: questa io credo dovrebbe essere la grande avventura per chi ne sente la missione”, rimarca Galantino nel testo, ribadendo che “è questo che mi ha spinto a essere fin troppo chiaro (qualcuno ha scritto ‘rude’) negli interventi di questi ultimi giorni - almeno quelli non inventati - sui drammi dei profughi e dei rifugiati”.

Uno sguardo all’Europa 
“L’Europa che De Gasperi ha contribuito a fondare era più generosa di quella di oggi e i suoi capi politici farebbero bene a ricordarsi da dove gli europei sono venuti e dopo quali terribili prove. L’Europa non può diventare una maledizione; è un progetto politico indispensabile per il mondo, a cui la Chiesa guarda con trepidazione, come un esempio, un dono del Signore.” (R.P.)

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Vescovi Scozia. Abusi sui minori: mantenere alti standard di tutela

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“Gli abusi sui minori sono un crimine orribile”, soprattutto se perpetrati all’interno della Chiesa, e per questo è necessario mantenere standard elevati per la tutela dei bambini. È quanto scrive, in una nota, l’arcivescovo Philip Tartaglia, presidente della Conferenza episcopale scozzese (Bcos), in seguito alla pubblicazione del Rapporto della Commissione McLellan. Voluta dagli stessi presuli cattolici scozzesi nel novembre 2013, tale Commissione è guidata dal rev. Andrew McLellan, già moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa presbiteriana di Scozia. Compito dell’organismo, nel corso degli ultimi due anni, è stato quello di valutare i protocolli e le procedure messe in atto dalla Chiesa cattolica per la salvaguardia dei minori.

Le raccomandazioni della Commissione McLellan
Nel Rapporto ora pubblicato, il rev. McLellan esprime, in primo luogo, apprezzamento per “la fiducia ecumenica” dimostrata dai presuli cattolici nei confronti della Chiesa di Scozia; quindi, suggerisce alcune raccomandazioni alla Chiesa cattolica: chiedere pubblicamente scusa alle vittime di abusi; avviare procedure di controllo indipendenti sulle pratiche di salvaguardia dei minori; avere approcci coerenti, sul tema della tutela dell’infanzia, nelle diverse zone della Scozia e delle diocesi locali; fare giustizia e dimostrare di averla fatta, sia per le vittime che per i colpevoli del crimine di abuso; dare priorità ad una formazione continua e di alto livello per tutti coloro che lavorano nel settore; stabilire una “teologia della salvaguardia che sia coerente e convincente”.

Le scuse dei vescovi per abusi intollerabili, commessi da membri della Chiesa
Tali raccomandazioni, risponde l’arcivescovo Tartaglia, vengono accolte pienamente dalla Chiesa cattolica scozzese. Per questo, il presule offre innanzitutto “profonde scuse a tutti coloro che sono stati feriti ed hanno sofferto a causa di azioni commesse da qualcuno all’interno della Chiesa cattolica”. Ribadendo, quindi, “l’orrore” rappresentato dai crimini sui minori, tanto più se perpetrati da sacerdoti e religiosi, mons. Tartaglia sottolinea che essi sono “imperdonabili ed intollerabili”, perché il danno commesso dai colpevoli colpisce non solo le vittime dirette, ma si estende anche “ai loro familiari, ai loro amici, alla Chiesa ed all’intera società”. “Vorrei assicurare a voi, vittime degli abusi, – afferma mons. Tartaglia – che noi, vescovi cattolici di Scozia proviamo vergogna e dolore per le sofferenze che avete patito. Siamo dispiaciuti e chiediamo perdono” anche a “tutti coloro che hanno trovato, da parte della Chiesa, una risposta lenta, insensibile o indifferente”.

L’importanza della formazione continua per sacerdoti e laici
Sulla stessa linea anche mons. Joseph Toal, responsabile, per la Bcos, della tutela dei minori: “Accettando pienamente le raccomandazioni del Rapporto della Commissione, la Chiesa cattolica in Scozia rinnova il suo impegno a proteggere e tutelare tutti, nelle sue comunità parrocchiali”. Centrale il richiamo del presule all’importanza della “formazione professionale continua” di sacerdoti e laici, “una priorità per tutti coloro che sono impegnati nella difesa dei minori, ad ogni livello”. Uguale impegno nell’accogliere le raccomandazioni e nel mantenere elevati gli standard della tutela minorile viene espresso da Tina Campbell, coordinatrice dell’Ufficio nazionale della Chiesa per la salvaguardia dei minori, la quale esprime un particolare ringraziamento anche a tutti i volontari che “offrono il loro enorme impegno nell’assicurare la salute ed il benessere di tutti nella Chiesa”.

100mila opuscoli informativi in tutte le parrocchie della Scozia
​Da notare, inoltre, che nel pomeriggio di ieri, presiedendo la Santa Messa nella cattedrale di Glasgow, mons. Tartaglia ha ricordato l’impegno della Bcos nella tutela dei minori, portato avanti sin dal 2007 “in spirito di apertura e trasparenza”. Garantendo la volontà di “raddoppiare gli sforzi nella salvaguardia” di bambini ed adolescenti, secondo “gli standard più elevati”, mons. Tartaglia ha annunciato che sabato 22 e domenica 23 agosto, in tutte le cinquecento parrocchie cattoliche della Scozia, verranno distribuiti 100mila opuscoli informativi, riportanti le raccomandazioni della Commissione McLellan, insieme alle scuse ufficiali dei vescovi scozzesi. “Riconosciamo il trauma ed il dolore provati dalle vittime di abusi – ha concluso il presule – e siamo impegnati ad offrire loro giustizia e guarigione”. (A cura di Isabella Piro)

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Vescovi Africa australe: appello per la pace in Lesotho

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“Il Lesotho non è solo, i vescovi e la comunità cattolica è con voi nel momento del bisogno” afferma Stephen Brislin arcivescovo di Città del Capo e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Africa australe (Sacbc) - che riunisce i vescovi di Sudafrica, Botswana e Swaziland - in un messaggio pubblicato al termine della riunione della Sacbc tenutasi a Mariannhill, in Sudafrica.

La preoccupazione per le uccisioni ed i disordini nel Paese africano
“Abbiamo seguito gli eventi nel vostro Paese dallo scoppio delle violenze nell’ agosto 2014 con shock e sgomento; in particolare la recente uccisione del comandante del Lesotho Defence Force, Maaparankoe Mahao il 25 giugno 2015” afferma il comunicato ripreso dall’agenzia Fides. “Siamo scioccati che un atto così orrendo sia stato perpetrato da alcuni membri delle forze armate del Lesotho. Questo crimine riflette la difficile situazione in cui molte persone si ritrovano; il non essere al sicuro nel proprio Paese. Provoca paura e minaccia i fondamenti dei diritti umani, in particolare il diritto alla vita, e rovescia i principi democratici su cui si fondano molte Costituzioni”.

Appello ai leader dell'Africa australe per la pace in Lesotho
​“Siamo ben consapevoli del fatto che anche l'anno scorso alcuni disordini hanno avuto luogo nel Lesotho. Facciamo appello ai leader del Lesotho a incontrarsi per cercare una soluzione duratura ai problemi del loro Paese. Come leader, noi condanniamo qualsiasi attacco contro qualsiasi persona”.
I vescovi rivolgono infine un appello ai politici dell’Africa australe per risolvere la situazione nel Lesotho perché “l’instabilità di un solo Paese dell’Africa meridionale si riverbera su tutti i suoi vicini”. (L.M.)

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Sinodo. Card. Souraphiel: soluzioni nel contesto delle Chiese locali

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L’apertura ad una maggiore “flessibilità” nell’applicazione degli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia nei diversi contesti culturali, politici ed economici. E’ questa la strada che potrebbe indicare il prossimo Sinodo ordinario dei vescovi sulla famiglia a ottobre. Ad affermarlo all’agenzia Cns è il cardinale etiopico Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba.

La Chiesa è universale, ma i contesti e i problemi sono diversi
Il porporato parte da una constatazione: “La Chiesa cattolica è un’istituzione universale, umana e divina, non è né europea, né canadese, né statunitense; è una realtà  diversificata, perché i problemi che devono affrontare le famiglie sono diversi da Paese a Paese”. Se per l’Europa e il Nord America il problema è quello di trovare risposte pastorali alla legalizzazione delle unioni omosessuali e alla questione dei fedeli divorziati e risposati, in altri Paesi le famiglie devono affrontare le difficoltà derivanti dalla globalizzazione e dalla rapida urbanizzazione. “In Etiopia, ad esempio, il vero grande problema è la povertà: se manca la sicurezza economica avrai un marito che lavora da una parte e la moglie che lavora dall’altra: la famiglia si separa e chi ne soffre sono i figli”. La sfida per la Chiesa locale sarà quindi di contribuire ad alleviare la povertà.

Fare in modo che il Vangelo sia inculturato in una determinata società
In questo senso il ruolo delle Conferenze episcopali, secondo il card. Souraphiel, dovrebbe essere quello di aiutare i singoli vescovi ad adattare le indicazioni emerse dal Sinodo alla realtà dei loro rispettivi Paesi e regioni: “Il compito delle conferenze episcopali non è di cambiare gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo o la dottrina della Chiesa, ma di fare in modo che il Vangelo sia inculturato in una determinata società”. L’arcivescovo di Addis Abeba richiama in proposito gli insegnamenti del Concilio sulla sussidiarietà, il principio per cui la responsabilità di risolvere un problema non riposa in capo all’autorità centrale suprema, ma alle persone che lo devono affrontare:  “La decisione presa da una famiglia a un determinato livello – ad esempio quanti figli avere - dovrebbe essere rispettata e questo dovrebbe valere anche per un singolo vescovo”.

La Chiesa africana farà sentire la sua voce al Sinodo
Quanto al ruolo dei vescovi africani al Sinodo, il card. Souraphiel afferma che essi faranno sentire la loro voce in difesa della vita e della famiglia:  “Molte cose cambieranno e stanno già cambiando. Ma ci devono anche essere dei valori che restano: l’amore tra marito e moglie, il rispetto tra figli e genitori  e il rispetto per gli anziani. La grande domanda – conclude - è che cosa dovrebbe essere cambiato e cosa dovrebbe restare”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Chiesa Canada: cattolici facciano sentire la propria voce

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Non “un programma politico”, ma piuttosto “una lente attraverso la quale analizzare e valutare i politici ed i loro programmi” elettorali: è questo il senso della “Guida alle elezioni federali 2015”, diffusa ieri dalla Commissione episcopale Giustizia e pace del Canada. Il documento è stato pubblicato in occasione dell’apertura della campagna elettorale per le votazioni del prossimo 19 ottobre.

La politica sia al servizio del bene comune della società
Intitolata “Far sentire la propria voce”, la Guida episcopale ricorda la Chiesa incoraggia e promuove “la libertà politica e la responsabilità dei cittadini” i quali, “esercitando il diritto di voto, compiono il loro dovere di scegliere il governo”. Allo stesso tempo, ai candidati ed ai partiti politici i presuli canadesi ricordano “la responsabilità” di lavorare “per il benessere della popolazione e per il bene comune della società”. Di qui, l’indicazione, da parte della Chiesa canadese, di alcuni criteri con cui valutare i programmi dei candidati in lizza.

Primo criterio: rispetto della vita dal concepimento fino alla morte naturale
Al primo posto, i vescovi pongono “il rispetto della vita e della dignità della persona dal concepimento e fino alla morte naturale”, ribadendo la necessità di tutelare l’embrione, aiutare le donne incinte in difficoltà, rispettare la dignità dei malati in fin di vita accompagnandoli fino alla morte naturale e favorendo il loro accesso alle cure palliative. Per questo, la Chiesa canadese esorta a  “protestare apertamente” contro il suicidio assistito, l’eutanasia, la pena di morte che “annientano il valore intrinseco della vita umana” ed a proteggere “le persone più vulnerabili”, ovvero “disabili, anziani, malati, poveri o sofferenti”.

Secondo criterio: costruzione di una società giusta e solidale
Il secondo criterio analitico indicato dalla Commissione Giustizia e pace riguarda “la costruzione di una società più giusta”, in cui siano garantiti “il rispetto della libertà di coscienza e di religione sia in pubblico che in privato”, “la solidarietà ed il dialogo con le comunità autoctone” il cui sviluppo va adeguatamente promosso, l’introduzione di misure fiscali eque insieme alla fine degli eccessi nella spesa pubblica, la lotta alla povertà infantile e l’aiuto alle famiglie disagiate.

Terzo criterio: promozione integrale della famiglia
Riguardo, invece, alla vita familiare nel suo insieme, come terzo punto i presuli canadesi indicano “la sua promozione integrale” che comporti “un equilibrio” con la vita lavorativa, l’equità salariale tra uomini e donne, l’accesso per tutti a cure sanitarie di qualità, il sostegno ai ricongiungimenti familiari dei migranti, la lotta contro la tratta di esseri umani, la riabilitazione dei detenuti insieme al sostegno per le vittime di crimini, ed il contrasto alla tossicodipendenza ed alla ludopatia.

Quarto criterio: lavorare per la pace
La giustizia e la pace sono ancora un’altra “lente” con la quale, scrive la Chiesa di Ottawa, è utile valutare i candidati alle elezioni. “Credere nella giustizia e nella pace, infatti – si legge nella Guida – significa promuovere sforzi contro la povertà e la fame e favorire l’istruzione e le cure mediche nei Paesi in via di sviluppo”. E significa anche lavorare all’eliminazione degli armamenti nucleari, incoraggiando al contempo “un controllo severo sulla vendita delle armi leggere”, rispettando i Trattati sul diritto internazionale, tutelando la dignità umana di migranti e rifugiati, lottando contro quelle pratiche commerciali ed industriali che violano la dignità dei lavoratori.

Quinto criterio: tutelare l’ambiente
Come ultimo criterio, ma non meno importante, la Conferenza episcopale canadese indica quello ambientale, richiamando la necessità di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, l’uso di combustibili fossili, l’inquinamento urbano ed incoraggiando le imprese a fare uso di energie rinnovabili ed a considerare l’acqua come “una risorsa essenziale da tutelare”.

Cittadini e istituzioni dialoghino su grandi sfide sociali
​La Guida si conclude ricordando che “la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti”. Di qui il richiamo ai canadesi affinché siano “cittadini informati e responsabili”, capaci di “impegnarsi nel dialogo con i leader politici sulle grandi sfide sociali”. (A cura di Isabella Piro)

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Gmg Cracovia 2016: iscritti già oltre 200mila pellegrini

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Meno di un mese dopo l’apertura della procedura on line, sono oltre 200mila i giovani che si sono iscritti alla Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia 2016. A fornire un primo bilancio è padre Andrew Wolpiuk, coordinatore della sezione di registrazione: “Siamo molto lieti che il sistema funziona in modo stabile, senza problemi, e finora abbiamo registrato un numero molto alto di prenotazioni, anche dal più lontano angolo del mondo, come le isole dei Caraibi e la Polinesia francese”. 

Registrazioni da tutto il mondo
Centomila i pellegrini polacchi che hanno completato la registrazione. A “prenotare” la propria presenza - riferisce l'agenzia Sir - anche 23mila italiani, mentre sono già 6mila i giovani registrati dalla Spagna, dalla Germania, dall’Austria, dal Brasile, dall’Argentina e dal Canada. “Abbiamo registrato un numero alto di prenotazioni anche dalle regioni esotiche e dal Medio Oriente - prosegue padre Andrew -. C’è una grande attrazione verso il tema della Divina Misericordia e verso santa Faustina Kowalska. Le prenotazioni sono in crescita ogni giorno di più”. Molte le prenotazioni dall’Africa, in particolare da Gabon, Nigeria e Ciad. Un nutrito gruppo raggiungerà Cracovia da Indonesia, Malesia, Giordania, mentre crescono gli iscritti dal Centro America, in particolare da Honduras, Haiti e Guatemala. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 231

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.