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Sommario del 16/08/2015
- Il Papa all’Angelus: l’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi
- Il card. Parolin a Singapore: la Chiesa sia una luce per la nazione
- Siria: liberato padre Boutros, parroco greco-cattolico
- Libia: oltre 200 civili uccisi a Sirte nell’ultima settimana
- Parlamentari domani in Sri Lanka. Priorità la riconciliazione
- India: la Chiesa celebra la Giornata della giustizia
- Don Artime: nel 200.mo di Don Bosco, rilanciamo il nostro impegno
- Dieci anni fa l'assassinio di frère Roger: una morte che ha creato unità
- Sacro Eremo e Monastero di Camaldoli: l’estate sui monti della fede
- All'Expo la "Pastorale cilentana", un film di Mario Martone
- Cina: esplosione Tianjin. Evacuazioni per presenza di cianuro
- Spagna. L’arcivescovo di Madrid: promuovere cultura dell’incontro
- Irlanda: 50 giorni al Sinodo. Mons. Martin ai fedeli: pregare per la famiglia
- I vescovi kenyani a scuole cattoliche: insegnare etica
- Barcone recuperatato: 49 vittime e oltre 300 sopravvissuti
- Brasile. Il presidente dei vescovi: Chiesa sia più presente nella società
- India. Opera Don Orione inaugura Centro per disabili mentali
- Expo di Milano: oltre 600mila visitatori al Padiglione della Santa Sede
Il Papa all’Angelus: l’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi
“Vivere in comunione concreta, reale con Gesù su questa terra ci fa già passare dalla morte alla vita”. E’ quanto ha affermato Papa Francesco all’Angelus, in piazza San Pietro, riferendosi alla liturgia odierna che presenta il Vangelo in cui Gesù ribadisce di essere il pane vivo disceso dal cielo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il discorso di Gesù sul Pane della vita, al centro del Vangelo di oggi, può portare a porsi delle domande. Cosa significa – chiede Papa Francesco - mangiare la carne e bere il sangue di Gesù? E’ solo un immagine, un simbolo o indica qualcosa di reale? Nell’Ultima Cena il pane e il vino – spiega il Santo Padre - diventano realmente il suo Corpo e il suo Sangue:
“E’ l’Eucaristia, che Gesù ci lascia con uno scopo preciso: che noi possiamo diventare una sola cosa con Lui. Infatti dice: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui’ (v. 56). Quel rimanere: Gesù in noi e noi in Gesù. La comunione è proprio una assimilazione: mangiando Lui, diventiamo come Lui. Ma questo richiede il nostro ‘sì’, la nostra adesione alla fede”.
A volte riguardo alla Santa Messa – osserva il Papa – capita di sentire questa obiezione:
“Ma a cosa serve la Messa? Io vado in chiesa quando me la sento, o prego meglio in solitudine”. Ma l’Eucaristia non è una preghiera privata o una bella esperienza spirituale”.
Non è – aggiuge il Santo Padre - “una semplice commemorazione di ciò che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena”:
“Noi diciamo, per capire bene, che l’Eucaristia è ‘memoriale’, ossia un gesto che attualizza e rende presente l’evento della morte e risurrezione di Gesù: il pane è realmente il suo Corpo donato per noi, il vino è realmente il suo Sangue versato per noi. L’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi”.
Se vissuta con fede, la comunione eucaristica – afferma il Pontefice - trasforma la nostra vita “in un dono a Dio e ai fratelli”:
“Nutrirci di quel ‘Pane ’ significa entrare in sintonia con il cuore di Cristo, assimilare le sue scelte, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. Significa entrare in un dinamismo di amore e diventare persone di pace, persone di perdono, di riconciliazione, di condivisione solidale”.
Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto un saluto speciale ai giovani del Movimento Giovanile Salesiano, radunati a Torino per celebrare il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Li ha incoraggiati “a vivere nel quotidiano la gioia del Vangelo, per generare speranza nel mondo”.
Il card. Parolin a Singapore: la Chiesa sia una luce per la nazione
Il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin è oggi a Singapore, ultima tappa del suo lungo viaggio in Asia. Come già in Indonesia e a Timor Est, il porporato ha incontrato la comunità locale con cui ha celebrato la Messa per la solennità dell’Assunta. A pranzo si è intrattenuto con i rappresentanti della Chiesa, religiosi e laici, indicando loro la strada che attende l’arcidiocesi di Singapore, un cammino di “luce per la nazione” che festeggia i 50 anni di indipendenza. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Sacerdoti, religiosi, fratelli e sorelle in Cristo: il cardinale Parolin riunisce intorno a sé oggi e domani, in nome del Pontefice, la “feconda” Chiesa di Singapore
Le sfide della Chiesa di Singapore
In duecento anni quasi di presenza qui, nel quarto più grande centro finanziario del mondo, la Chiesa - sottolinea il porporato - ha contribuito al progresso e allo sviluppo sociale anche con l’apporto di laici qualificati. Ma il lavoro - osserva - non è finito. Dopo 50 anni di indipendenza, che il Paese festeggia aspirando alla pace e alla prosperità, la Chiesa ha un cammino ancora tutto da scrivere: basandosi sul Vangelo - afferma - deve risplendere come una “luce per la nazione”.
Creatività e missionarietà contro il secolarismo aggressivo
La sfida che il porporato lancia è quella della creatività nell’annuncio del Vangelo in una società che cambia; della missionarietà particolarmente verso le “periferie”; e soprattutto della collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà nel valorizzare il ruolo della fede e della morale nella società. “Di fronte al secolarismo aggressivo”, sottolinea il cardinale Parolin,” la Chiesa ha bisogno di offrire una testimonianza razionale e paziente”, perché, citando le parole del Papa, “ quando per una ideologia si tenta di eliminare Dio dalla società, si finisce per adorare gli idoli e uomini e donne perdono dignità e diritti”.
Con Maria, servi del Signore
Dunque discernere i segni dei tempi e orientare in nome del Vangelo : è quanto il cardinale vede nel futuro della Chiesa Singapore, e lo ripete anche intrattenendosi con i suoi rappresentanti a pranzo, al termine della Messa, al Copthorne Waterfront Hotel. A loro l’augurio più bello: se “seguirà la guida di Maria”, serva docile dinanzi alla volontà di Dio, “l’arcidiocesi di Singapore, farà cose grandi per il Signore!”.
Siria: liberato padre Boutros, parroco greco-cattolico
Dopo alcuni mesi di sequestro, ieri in Siria è stato liberato padre Tony Boutros. Il sacerdote greco-cattolico è responsabile della parrocchia di San Filippo apostolo nella citta' siriana di Shahba. La gioia della comunità cristiana siriana è nelle parole del nunzio a Damasco mons. Mario Zenari che, al microfono di Marco Guerra, conferma la liberazione di padre Boutros:
R. – Si, la notizia me l’ha confermata, ieri pomeriggio, nel tardo pomeriggio, verso le 17.30-18, il suo vescovo: mons. Nicolas Antiba, metropolita di Bosra e Hauran. Un po’ questa notizia trapelava, da qualche giorno prima, e naturalmente è stata accolta – nel giorno dell’Assunta – come un bel regalo della Madonna, la liberazione di questo padre Boutros. I dettagli adesso non li conosco …
D. – E' in buone condizioni padre Boutros?
R. – Devo dire che non so molto perché le comunicazioni, come lei sa, qui sono anche un po’ difficili. Ma comunque credo che sia in buone condizioni. Dopo la liberazione di padre Boutros, avvenuta ieri, ci sono ancora nelle mani dei rapitori sei ecclesiastici, tra i quali due vescovi ortodossi. Dall’esperienza che ormai purtroppo ho acquisito, ciascun caso è un caso particolare, non sono tutti uguali. Vogliamo sperare di avere presto buone notizie anche per questi sei ecclesiastici, alcuni rapiti ormai da due anni e mezzo …
Libia: oltre 200 civili uccisi a Sirte nell’ultima settimana
Non si ferma l’escalation di violenza in Libia. Secondo diverse fonti, a Sirte nell’ultima settimana sono morti oltre 200 civili nella battaglia che vede contrapposte le milizie dello Stato Islamico e quelle del governo islamista di Tripoli. In questa cornice almeno 12 combattenti sono stati decapitati e crocefissi dagli uomini del califfato. Il servizio di Marco Guerra:
“Gli ospedali sono al collasso, privi di tutto, e a Sirte e dintorni nell’ultima settimana oltre 200 civili sono stati uccisi e più 500 i feriti”. E' l'allarme lanciato dal presidente dell'Associazione medici di origine straniera in Italia, Foad Aodi. Il dottore, in costante contatto con fonti mediche libiche, si rivolge direttamente al premier italiano, Mateo Renzi, affinché sia creato un corridoio sanitario e umanitario per impedire il massacro di civili. Bisogna, conclude il medico in una nota, “salvare i libici e fermare l'avanzata dell'Is” che mira, fra l'altro, “ad occupare gli ospedali per curare solo i propri feriti”. È solo di venerdì scorso infatti la strage compiuta dall’Is nell'ospedale di Sirte, in cui 22 pazienti sono stati trucidati. E ieri ha avuto luogo un nuovo capitolo di questo orrore senza fine: i jihadisti dello Stato Islamico, al culmine degli scontri per il controllo della città costiera, avrebbero decapitato e crocifisso dodici combattenti locali. Da giorni il governo filo-islamico di Tripoli ha lanciato una vasta operazione per liberare Sirte dall’Is. Testimoni riferiscono che le milizie del califfato controllano ancora la zona della moschea. Dal canto suo, il governo libico di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha chiesto ai "Paesi arabi amici" raid aerei contro le postazioni dell’Is a Sirte.
Parlamentari domani in Sri Lanka. Priorità la riconciliazione
Lo Sri Lanka si prepara alle parlamentari di domani, un voto che l’Onu ha chiesto sia trasparente e partecipativo. In cambio si è detto disponibile ad offrire un ampio pacchetto di assistenza tecnica e finanziaria, per far avanzare un processo di riconciliazione fondamentale per il Paese che dovrebbe includere anche il reinsediamento degli sfollati interni Tamil. Ma a che punto è effettivamente l’integrazione e quali le prospettive del voto? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Emilio Asti studioso di culture orientali:
R. – Dietro insistenza di tante associazioni e tanti gruppi Tamil, l’Onu ha preso a cuore la situazione dei Tamil, molti dei quali sono ancora sfollati. Alcune zone si trovano tuttora in una situazione di emergenza umanitaria. Quindi l’Onu ha continuato ad esercitare pressioni, però – purtroppo – molte iniziative che erano state anche approvate, non sono poi state attuate.
D. – Quando lei parla di diritti, ovviamente si intende anche proprio l’istituzione di spazi vitali per queste persone?
R. – Sì, dobbiamo tenere conto che durante il conflitto l’esercito ha distrutto molte proprietà dei Tamil: tanti civili, accusati di essere sostenitori della guerriglia, sono stati incarcerati ed anche uccisi…
D. – C’è anche in ballo una rappresentanza di questa minoranza negli organi di governo? Penso alle prossime elezioni parlamentari…
R. – Sì, però purtroppo in passato, il governo ha cercato di intralciare l’opera adducendo, come pretesto, il fatto che fra la popolazione si trovavano diversi combattenti delle Tigri Tamil.
D. – Qualora diventasse alle prossime elezioni premier l’ex presidente Rajapaksa, incriminato anche per violazioni di diritti umani proprio nei confronti dei Tamil, le prospettive di una riconciliazione andrebbero decisamente in frantumi…
R. – Le prospettive non sono rosee. Si tratta di insistere, da parte della comunità internazionale affinché il governo dello Sri Lanka, possa rispettare i diritti umani, ridare fiducia alla popolazione Tamil, in modo da poter dimenticare il passato. Ed un ruolo importante può svolgerlo il clero buddista. Facendo ciò, poi, il governo di Colombo potrebbe ottenere maggiori aiuti da parte della comunità internazionale, e quindi ridurre anche le spese militari. Ciò andrebbe veramente a vantaggio di tutti - non solo della popolazione Tamil, ma anche delle altre minoranze - e potrebbe creare veramente un nuovo Paese, un Paese nel quale possa regnare armonia e concordia tra tutti i gruppi etnici e religiosi.
India: la Chiesa celebra la Giornata della giustizia
“Rendere le persone e le istituzioni più sensibili nei confronti della società, così da rispondere meglio alle richieste di giustizia”. E’ questa la finalità della “Justice Sunday” che si celebra oggi in India. Promossa fin dal 1983 ed organizzata dalla Conferenza episcopale indiana, la ricorrenza viene celebrata ogni anno nella domenica successiva al 15 agosto, festa dell’indipendenza del Paese. Su questa Giornata, giunta alla 32.ma edizione, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore di AsiaNews, padre Bernardo Cervellera:
R. – La questione della giustizia presenta, attualmente, delle punte molto acute per quanto riguarda i diritti dei dalit, i diritti delle donne, il rispetto della dignità della donna. Poi c’è la questione della pace: l’India è un Paese nucleare e vicino ha il Pakistan, anch’esso potenza nucleare. Tra i due Paesi non si riesce mai ad appianare i rapporti.
D. - Oltre a questi, quali sono altri ambiti preoccupanti in cui la giustizia fatica ad affermarsi?
R. - La giustizia, in India, si afferma poco dal punto di vista della libertà religiosa. Ad Asia News registriamo continuamente - adesso con il governo di Modi ancora di più - violenze contro cristiani, buddisti e musulmani. Chiese bruciate, scuole devastate, pestaggio di fedeli, statue distrutte, ecc … A tutto questo la polizia non dà seguito, non trova i colpevoli. Ancora adesso per quanto riguarda tutte le vittime dei pogrom di Kandhamal, nell’Orissa del 2008, i processi attuati sono stati soltanto una decina. Nella maggior parte di questi processi, gli accusati vengono liberati.
D. - La Chiesa cerca anche di lenire le sofferenze di chi è vittima di ingiustizie legate al sistema delle caste …
R. - Questa è un’ingiustizia fortissima. Anche se con l’indipendenza dell’India e grazie al Mahatma Gandhi, il Paese ha ufficialmente eliminato la divisione delle caste per lo meno come influenza nella burocrazia e nello Stato però, di fatto, la cultura è ancora quella. E quindi i dalit sono emarginati dal punto di vista del lavoro, degli studi e dei benefici che possono trarre dalla loro situazione di indigenza. E bisogna dire che i dalit cristiani e i dalit musulmani sono ancora più emarginati: mentre i dalit indù vengono aiutati attraverso delle regole e quindi posti nelle scuole, nei lavori dell’amministrazione statale ecc, i dalit cristiani e quelli musulmani vengono soltanto emarginati. Non hanno nessun aiuto.
D. - Molte delle ingiustizie sono legate anche alle vaste sacche di povertà ancora presenti nel Paese. Solo una società più giusta potrà finalmente promuovere un equilibrato sviluppo nella più grande democrazia al mondo …
R. - È un Paese in via di sviluppo. Si sta ingrandendo e si sta potenziando, però gli squilibri tra ricchi e poveri sono veramente enormi.
Don Artime: nel 200.mo di Don Bosco, rilanciamo il nostro impegno
"Il carisma salesiano è un dono che Dio, attraverso Don Bosco, ha fatto alla Chiesa e al mondo". E' quanto ha affermato stamani il rettor maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime, in occasione della celebrazione conclusiva del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. E' stato un anno giubilare, un "anno di Grazia” - ha aggiunto don Artime - "vissuto con un senso di gratitudine al Signore", nello stile semplice che contraddistingue i Salesiani. Giacomo Zandonini lo ha intervistato:
R. – Abbiamo deciso di non fare feste, ma di avere invece momenti profondi per essere famiglia salesiana: momenti profondi con i giovani e di intervenire, di agire ed essere presenti soprattutto tra i giovani poveri. Io ho potuto essere presente quest’ann fino a oggi in 32 nazioni. Più o meno, questo è stato il nostro programma e la nostra sfida per l’anno.
D. – Come nella tradizione salesiana, questo anno si conclude con un grandissimo incontro giovanile. Migliaia di giovani del Movimento giovanile salesiano in questi giorni stanno affollando le zone dove don Bosco era vissuto. Cosa ci racconta di questi ultimi giorni di incontro?
R. – Come famiglia salesiana, non possiamo capire una celebrazione del bicentenario di don Bosco se non ci sono i giovani. Un grande incontro con i giovani del mondo: ne sono venuti 5.500 da 58 nazioni, manca solo l’Australia. E’ bella la presenza dell’Africa, bellissima anche quella dell’India e grande, senza dubbio, quella dell’Europa. Sono giorni di una grandissima emozione. Sono giorni molto profondi nella preghiera, nella riflessione, e devo dire che siamo meravigliati per la risposta di questi giovani. Non si vede un volto triste, non si vede nessuna preoccupazione. E’ veramente il modo più bello di concludere questo anno bicentenario.
D. – Sicuramente non è una conclusione, ma è – se vogliamo – un nuovo inizio per la famiglia salesiana. Cosa significa fare memoria del sogno di don Bosco in questo momento storico?
R. – Certo, noi il 16 agosto finiamo questo percorso di un anno naturale. Comincia però, di nuovo, il nostro impegno per una più grande fedeltà a don Bosco e al suo carisma. E’ stato un anno veramente di grazia. E’ stato un anno per prendere molto sul serio la nostra realtà, con le nostre debolezze come famiglia salesiana. Devo dirvi, però, che ci troviamo di fronte ad una grande sfida e a una grande speranza: crediamo che oggi possiamo offrire, a nome di don Bosco, tante cose belle ai giovani del mondo. In questo senso, iniziamo di nuovo il centenario di don Bosco, perché vogliamo andare avanti su questo cammino di fedeltà.
D. – Colpisce moltissimo, a questo proposito, la presenza dei Salesiani in alcune zone anche molto difficili del pianeta. Viene in mene la Siria…
R. – Certo che, sia in Medio Oriente con la Siria sia in Nigeria, sia in Sudan sia in Pakistan che in Sierra Leone con l’ebola, in tutti i posti in cui ci siamo a me colpisce vedere i Salesiani che dicono di voler rimanere per sempre lì con i più poveri. Come ha detto Papa Francesco a tutta la Chiesa, e anche a noi, dobbiamo veramente andare lì dove ci aspettano quelli che hanno più bisogno di noi.
D. – Lei ha conosciuto personalmente il Papa prima che salisse al soglio pontificio in Argentina. Vi siete sentiti accompagnati dal Papa in questo anno?
R. – Certo, io ho conosciuto il nostro cardinale. Avevo un rapporto normale, come con tanti altri. Ci è stato molto vicino. In questo anno la sua sensibilità ci ha colpito tanto: è un bello stimolo. Ci è stato molto vicino quest’anno, nel senso che ci ha incoraggiato, anche con la lettera che ha voluto scrivere per tutta la famiglia salesiana e con questa visita che ha voluto fare con grande generosità, a Valdocco, per pregare il Signore davanti a Maria Ausiliatrice. E’ stato veramente un abbraccio di padre. Siamo davvero molto riconoscenti al Santo Padre per tutto questo.
D. – Uno dei temi di grandissima attualità oggi è quello delle migrazioni delle società multiculturali. Qual è al riflessione dei Salesiani su questo tema?
R. – Devo dire che noi ci troviamo anche in tanti posti, in cui molte persone lasciano la loro nazione, il loro Paese per le difficoltà, per la povertà, per la guerra. A questi 5.500 giovani ho detto che devono veramente avere criteri evangelici per tutto questo. Noi non possiamo trovarci qui, celebrare don Bosco, celebrare la fede e avere poi gli stessi criteri che hanno quelli che nella nostra Europa si trovano a guidare le istituzioni e vedono tante difficoltà, per esempio, con l’immigrazione.
Dieci anni fa l'assassinio di frère Roger: una morte che ha creato unità
Dieci anni fa, il 16 agosto 2005, veniva ucciso da una squilibrata frère Roger Schutz, fondatore della Comunità ecumenica di Taizé. Un evento tragico, avvenuto durante una normale preghiera serale. Così lo ricorda frère Alois, attuale priore di Taizé, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Questa violenza contro di lui è stato uno shock, per noi, ma anche un momento di unità. Questo è molto strano: che questa morte ci ha uniti ancora di più, tutti i fratelli della comunità … E ancora oggi viviamo di questa unità che abbiamo sperimentato durante i giorni della morte di Frère Roger.
D. – Che cosa dice alla società di oggi, così piena di tensioni, il messaggio di frère Roger?
R. – Il messaggio della misericordia, della compassione di Dio che vogliamo vivere. Lui ha vissuto questo messaggio della compassione di Dio, per mostrare che questo è il cuore del Vangelo.
D. – Che cosa attira ancora oggi tanti giovani a Taizé?
R. – C’è una sete, una sete spirituale e noi vogliamo che questa sete possa trovare una risposta nella Chiesa.
Oggi la comunità di Taizé ricorda frère Roger con un incontro a cui partecipano migliaia di giovani, rappresentanti di diverse Chiese cristiane e di altre religioni. E’ presente anche François, un giovane del Ciad che ha assistito a quel tragico evento di 10 anni fa. Cécilie Corso gli ha chiesto come sia cambiata Taizé:
R. – Taizé 2005 – Taizé 2015: à part le changement du prieur …
Taizé 2005 – Taizé 2015: a parte il cambiamento del priore, che ora è frère Alois, a parte il cambiamento di alcune delle strutture di accoglienza di Taizé, non vedo differenze significative dopo la morte di frère Roger. La comunità è rimasta nella sua semplicità, con la sua fraternità, nella stessa atmosfera di pace e di gioia …
D. – Cosa ci riporta alla memoria la morte di frère Roger, oggi, dieci anni dopo?
R. – La mort de frère Roger doit rester donc comme un signe de réconciliation …
La morte di frère Roger deve rimanere un segno di riconciliazione, perché Frère Roger era un grande pacificatore: per me è una guida, un modello. Tutto quello che dobbiamo comprendere è che la morte di frère Roger ha testimoniato il suo impegno nella sequela di Cristo: la maggior parte dei grandi cristiani sono morti come lui. Pensiamo alla morte di San Pietro e di San Paolo, a come sono stati martirizzati; e così frère Roger. Era così profondamente impegnato nella sequela di Cristo, da aver trovato la morte come i suoi fratelli maggiori in Cristo.
D. – Quale il suo messaggio per noi, oggi?
R. – C’est bon de vivre dans la fraternité, c’est bon de vivre dans la paix, c’est bon de vivre dans …
E’ bene vivere nella fratellanza, nella pace, nella semplicità, nella gioia … Credo che sia questa l’eredità che abbia voluto lasciarci. Proprio per questo penso che dobbiamo portare avanti l’opera di frère Roger.
Sacro Eremo e Monastero di Camaldoli: l’estate sui monti della fede
Mille anni di storia e non sentirli. In vacanza tra natura, fede e cultura. E’ ciò che offre la comunità dei monaci benedettini di Camaldoli, nell’Appennino tosco-romagnolo, fondata da San Romualdo dieci secoli fa. La comunità monastica, immersa nella pace della foresta, vive nella ricerca di Dio nella preghiera e nel lavoro aprendosi alla condivisione con gli uomini e le donne del nostro tempo attraverso l’ospitalità. Alessandro Filippelli ha intervistato padre Giuseppe Cicchi priore del Monastero di Camaldoli:
R. – Noi siamo molto contenti di essere in questa situazione. Siamo stati collocati in questa foresta magnifica che ci circonda, ci abbraccia, per lodare il Signore e per incontrare gli uomini e le donne di oggi, ai quali offriamo la nostra testimonianza semplice di preghiera. Le persone vengono qui, noi le ospitiamo nella nostra foresteria, sia del monastero sia dell’eremo, e vengono a pregare insieme a noi, ad ascoltare un po’ le nostre meditazioni sulla parola di Dio, a cantare insieme con noi la Liturgia delle Ore.
D. – Proponete esperienze di ospitalità fatta di preghiera, “lectio divina” e silenzio. Proviamo ad analizzare questi aspetti nello specifico:
R. – La preghiera e la “lectio divina” per noi sono in una continuità molto stretta, perché la nostra preghiera sgorga dalla meditazione della Parola di Dio. Così cerchiamo di educare anche le persone che vengono qui con noi. Proprio in questi giorni c’è anche un gruppo di famiglie e cerchiamo di pensare la Parola di Dio con loro, di educarli alla “lectio divina”, perché la “lectio divina” diventa poi anche un modo non solo di interpretare la Scrittura ma anche di calarla nella vita.
D. – Padre, cosa pensa delle forme di vita monastica a "tempo"?
R. – Questa, per noi, è una prospettiva diversa da quella che ognuno di noi ha abbracciato, finora, nella nostra comunità. Capisco che oggi, quando questo “per sempre” spaventa, noi non la contempliamo nel nostro ordinamento; però, potrebbe essere anche una provocazione… Uno nella propria vita potrebbe anche trascorrere un tempo di vita più impegnata o più dedicata alla ricerca di Dio e alla preghiera.
D. – I giovani sono ancora attratti dalla vita monastica camaldolese?
R. – Io direi di sì! Noi vediamo diversi di giovani. Alcuni, poi, intraprendono anche la nostra vita. La sperimentano … Noi abbiamo un legame stretto con gli studenti universitari cattolici, con la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), e siamo rimasti colpiti anche noi stessi della loro serietà, della loro attenzione, della loro intensità di preghiera e anche di riflessione culturale che portano avanti.
D. – Nella vita della regola eremitica, più volte, tornano i verbi “custodire” e “coltivare” che Papa Francesco rimarca nell’Enciclica “Laudato si’” …
R. – Noi ci ritroviamo benissimo e ringraziamo anche il Papa per aver dato questa Enciclica alla Chiesa: noi ci ritroviamo appunto abbracciati dal Creato e cerchiamo, anche nelle nostre piccole scelte quotidiane, di rispettare il Creato. Noi, per tanti secoli, abbiamo custodito questa foresta che ancora oggi ci aiuta a vivere nello Spirito, perché ci sia un’armonia non solo nel cuore, ma anche nel Creato. Il monaco ha bisogno di questo: quello che coltiva nel cuore sia coltivato anche all’esterno. Credo che l’Enciclica di Papa Francesco ci aiuti molto a stabilire questa corrispondenza tra interiore ed esteriore.
All'Expo la "Pastorale cilentana", un film di Mario Martone
Su un enorme schermo che accoglie i visitatori del Padiglione Zero all'Esposizione universale di Milano viene proiettato ogni giorno un breve film di Mario Martone - visto anche la Festival di Locarno - dal titolo "Pastorale cilentana", un omaggio che il regista di "Noi credevamo" e de "Il giovane favoloso" dedicato a Leopardi, fa alla natura incontaminata e al lavoro dei campi. Dall'Expo di Milano, il servizio di Luca Pellegrini:
Lavoro, famiglia, greggi e cibo sul finire del XIV secolo. Per l'Esposizione universale di Milano che ha come tema "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita", Mario Martone s'immagina, nella sua breve "Pastorale cilentana", la giornata di un pastore negli incontaminati spazi montuosi del Cilento, in Campania. Migliaia di visitatori la possono vedere proiettata sull'enorme schermo - 45 metri - che li accoglie all'interno del Padiglione Zero. Il regista napoletano ci spiega come è nato questo progetto:
“Lo stimolo era quello di comporre, nel Padiglione Zero, immagini in movimento, un film, che avessero come tema – appunto – il rapporto con l’alimentazione e con la terra nel Medioevo, cioè quando si forma un rapporto più evoluto, ma ancora controllato, tra uomo e territorio. Poi, questo mi ha dato la possibilità – grazie all’idea che ha avuto Ippolita di Majo di realizzare questo film in Cilento – di andare a fare cinema in un luogo che mi è molto caro. E quindi è venuto fuori questo piccolo film di 20 minuti, gemmato da questo lungo percorso, prima "Noi credevamo” e anche "Il giovane favoloso": c’è anche l’ascolto dei ritmi della natura, del suo silenzio e del suo fluire, che certo Leopardi insegna come nessun altro”.
Il Cilento: una terra arcaica per cultura e agricoltura, la cui forza si esprime nelle immagini cercate e studiate dalla sceneggiatrice Ippolita di Majo. Che ha scritto in fondo un film sui valori della civiltà contadina, ormai scomparsa, come lei stessa racconta:
“Per riproporre una forma di organicità, di armonia nella relazione tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e l’alimentazione e la terra e il modo di usare la terra, però in una reciprocità di rapporto con la terra e con gli animali. Non in una logica di sfruttamento selvaggio, come accade oggi. Ci sembrava che riandare all’arcaicità di quel paesaggio, di quei luoghi, di quei tempi e di quei rapporti consentisse, in qualche modo, di ritrovare uno sguardo che è lo sguardo del bambino, il nostro protagonista. Uno sguardo puro, in un rapporto di utilizzo: mangiano, si cibano di carne, lavorano la terra, ma è ancora un rapporto di scambio”.
Nel film si ascoltano soltanto i suoni universali della natura. Martone ne spiega le ragioni:
“Tutti possono vedere questo film al Padiglione Zero, che è un padiglione attraverso il quale entrano gli spettatori di tutto il mondo. Quindi, naturalmente, non c’era una lingua che dovesse orientare una nazionalità. Ma questo è diventato molto importante per me sul piano espressivo: il fatto che comunque, in questo modo, fosse possibile lasciare spazio all’ascolto. Mi sembrava che, invece, lo spazio che si apriva davanti agli occhi, il tempo che veniva determinato da queste inquadrature con i campi lunghi e così via, dovessero lasciar fluire anche il suono: la natura suona, si esprime, parla attraverso il vento, attraverso i versi degli animali, i ronzii, la pioggia... Mi sembrava che non ci fosse dimensione migliore …”.
Cina: esplosione Tianjin. Evacuazioni per presenza di cianuro
È salito a 112 morti e oltre 700 feriti il bilancio delle vittime dell'esplosione di un deposito di sostanze chimiche nella città portuale di Tianjin, in Cina, avvenuta nella notte tra mercoledì e giovedì scorso. I dispersi sono 95, almeno 85 dei quali pompieri che erano impegnati nelle operazioni di spegnimento dell’incendio. Ingenti i danni a circa 17 mila famiglie e 1.700 imprese. Intanto è allarme per la presenza nei depositi andati in fiamme di “diverse centinaia” tonnellate di cianuro di sodio, sostanza che è stata rilevata in almeno due punti dell’area colpita dallo scoppio. Si temono contaminazioni e le autorità cinesi hanno ordinato l'immediata evacuazione di altre zone residenziali entro 3 km dall'esplosione.
Polemiche e indagini sull’accaduto
Il cianuro di sodio è un prodotto chimico altamente tossico che può formare un gas infiammabile a contatto con l'acqua. In precedenza, i media statali hanno detto che il magazzino esploso stoccava 700 tonnellate di questa sostanza. La gigantesca esplosione è infatti avvenuta dopo 40 minuti dalla segnalazione di un incendio nel deposito e dopo che numerosi pompieri erano accorsi sul posto e presumibilmente avevano gettato acqua sulle fiamme. Ieri famigliari dei pompieri dispersi si sono presentati ad una conferenza stampa delle autorità, chiedendo informazioni sui loro cari, mentre si sta sollevando una polemica circa la risposta iniziale all’incendio e l’esposizione dei vigili del fuoco al materiale pericoloso senza le adeguate informazioni. Al momento, è al lavoro un team di 217 esperti per fare luce sull’accaduto e 3000 soldati sono stati inviati nella zona del disastro per pulire eventuali fuoriuscite di materiali pericolosi. Nel frattempo Pechino ha oscurato decine di siti web con critiche alla gestione dell'emergenza e sull'assistenza alle vittime. (M.G.)
Spagna. L’arcivescovo di Madrid: promuovere cultura dell’incontro
È necessario “promuovere la cultura dell’incontro”: questo il monito lanciato dall’arcivescovo di Madrid, mons. Carlos Osoro Sierra, intervenuto recentemente ad una conferenza sul tema “Antropologia e valori nella costruzione della democrazia”, organizzata dall’Università internazionale Menéndez Pelayo, con sede a Santander. Nel suo lungo discorso, il presule ha toccato numerosi temi d’attualità, in primo luogo quello della corruzione, definendola “un peccato che grida al cielo” da sradicare con “pazienza, trasparenza e lealtà”, vivendo “un’etica reale”.
Democrazia senza valori diventa totalitarismo
Riprendendo, poi, alcuni spunti dell’Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, l’arcivescovo di Madrid ha ribadito che oggi “la questione sociale si è trasformata in una questione antropologica” e che pertanto “la democrazia che si costruisce dipende dallo spazio e dai valori che diamo all’essere umano”, da “l’importanza che poniamo alla sua dignità, senza trascurare coloro che vengono emarginati dalla società”. “Una democrazia senza valori – ha ribadito mons. Osoro – si trasforma facilmente in totalitarismo. Al contrario, il sistema democratico deve essere rispettoso dei diritti e dei doveri delle persone, così come del credo religioso in generale, poiché la dimensione religiosa è costituiva dell’essere umano”.
Persona umana, fondamento e fine della politica
Di qui, l’auspicio del presule affinché, pur nel rispetto della distinzione tra Stato e Chiesa, “le società democratiche non ostacolino le manifestazioni pubbliche della fede, poiché ciò metterebbe in pericolo i fondamenti della civiltà”. Mons. Osoro ha poi sottolineato il contributo del cristianesimo alla costruzione della democrazia, evidenziando come “la Chiesa tuteli la dimensione trascendente della persona umana” e come quest’ultima debba rappresentare “il fondamento ed il fine della politica”. “La Chiesa – ha aggiunto il presule spagnolo – afferma la dignità dell’essere umano, dà dignità ai poveri, agli esclusi, ai più bisognosi”.
Le società rispettino le differenze
Essenziale, inoltre, l’apporto che la Chiesa dà alla società nel salvaguardare “l’unità sostanziale dell’essere umano”: in questo senso, l’arcivescovo di Madrid ha affermato che “è triste vedere un’Europa unita solo dall’aspetto economico e non dalla bellezze di altre dimensioni”, come quella “relazionale” tra membri di società in cui “si rispettino le differenze”. Guardando, poi, al Giubileo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco per il periodo 8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016, il presule ha esortato ad applicare, anche in politica, quattro principi fondamentali: “Non condannare, perdonare, non giudicare e dare”. Soprattutto il perdono, ha concluso mons. Osoro, “è un imperativo dal quale i cristiani non possono prescindere”. (I.P.)
Irlanda: 50 giorni al Sinodo. Mons. Martin ai fedeli: pregare per la famiglia
Mancano cinquanta giorni all’inizio del 14.mo Sinodo generale ordinario sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre. In vista di questo importante avvenimento, mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e Primate di tutta l’Irlanda, ha invitato i fedeli a recitare un’Ave Maria al giorno, dedicandola alla famiglia. “Vi chiedo di pregare – ha detto il presule – affinché il Sinodo possa offrire, alla Chiesa ed al mondo, iniziative pastorali che incoraggino nuovi sforzi nella condivisione della gioia del Vangelo nella vita quotidiana”.
“Fede e famiglia”, tema della Novena alla Vergine di Knock
L’esortazione di mons. Martin è arrivata ieri, 15 agosto, durante la Messa per la Solennità dell’Assunzione, celebrata nella Basilica mariana di Co Mayo, in occasione dell’annuale Novena alla Vergine di Knock, Regina d’Irlanda. Quest’anno, infatti, l’evento ha per tema “Fede e famiglia” ed è stato pensato proprio in linea con il prossimo Sinodo dei vescovi.
Maria, modello di bellezza e dignità dell’essere umano
Nella sua omelia, il Primate d’Irlanda si è soffermato anche sulla figura della Vergine Maria, indicandola come modello di affidamento totale a Dio, come Colei che “ci ricorda la bellezza, la dignità ed il vero potenziale di ogni essere umano”, soprattutto nell’epoca contemporanea, in cui “la cultura, i valori e gli atteggiamenti circostanti sembrano sopraffarci”. Citata anche nella Laudato si’, l’Enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune, Maria Assunta in cielo – ha detto il presule – simboleggia “la vittoria della dignità umana sull’avidità, sul peccato e sulla corruzione”, poiché la Vergine dimostra che consacrarsi a Dio significa trovare in Lui “qualcosa di prezioso, una vita di pienezza e di gioia”.
Vita consacrata, un’alternativa alla cultura dell’usa-e-getta
Di qui, il richiamo che mons. Martin ha fatto all’Anno della vita consacrata, indetto da Papa Francesco ed in corso fino al 2 febbraio 2016: ringraziando tutti i consacrati ed i religiosi d’Irlanda, il presule ne ha lodato “l’immenso contributo” non solo al Paese, ma anche a tutto il mondo, nel campo dell’educazione, della salute, delle cappellanie carcerarie, della missione con gli emarginati ed i dimenticati dalla società, con gli anziani e con i disabili. “In voi – ha detto il vescovo irlandese, rivolgendosi direttamente ai consacrati – vediamo riflessa in modo particolare la presenza di Maria, poiché Ella è il perfetto modello della vita consacrata”, “vita della gioia”. “Si tratta di una vocazione – ha aggiunto il presule – che può fare la differenza di fronte alla cultura della morte, dell’usa-e-getta che oggi, troppo spesso, offre false promesse ai giovani”.
L’importanza della trasmissione della fede in famiglia
Infine, mons. Martin ha concluso la sua omelia con una preghiera alla Madonna, invocando la sua guida affinché ciascuno trovi la propria vocazione nella vita. In programma dal 14 al 22 agosto, l’annuale Novena alla Vergine di Knock prevede non solo momenti di preghiera, ma anche seminari ed incontri di approfondimento. In particolare, si rifletterà sulla trasmissione della fede in famiglia, sul matrimonio e sulla famiglia come comunità di fede solidale in cui ciascuno di prende cura dell’altro.
Il Santuario di Knock visitato da Giovanni Paolo II nel 1979
Particolarmente caro ai fedeli irlandesi, il santuario mariano di Knock è stato costruito nel XX secolo sul luogo in cui, nel 1879, la Vergine Maria apparve ai fedeli. Il luogo di culto è stato visitato da San Giovanni Paolo II nel 1979, mentre il 15 agosto di due anni fa ha ospitato la solenne consacrazione dell’Irlanda al Cuore Immacolato di Maria, evento inserito nell’Anno della fede, indetto dall’allora Papa Benedetto XVI per commemorare i 50 anni del Concilio Vaticano II. Dal 26 al 27 settembre lo stesso Santuario di Knock ospiterà il Congresso eucaristico nazionale irlandese dedicato al tema ”Cristo, nostra speranza” ispirato a quello scelto per il 51.mo Congresso eucaristico internazionale che si terrà nel gennaio del 2016 a Cebu, nelle Filippine. (I.P.)
I vescovi kenyani a scuole cattoliche: insegnare etica
“Salvare i giovani da comportamenti distruttivi: una responsabilità delle scuole cattoliche”: su questo tema si è tenuto, nei giorni scorsi, presso l’Università cattolica dell’Africa Orientale di Nairobi, un incontro dei presidi delle scuole secondarie del Paese. Ad aprire i lavori è stato mons. Maurice Muhatia, presidente della Commissione per l’educazione laica e religiosa della Conferenza episcopale del Kenya. Nel suo intervento, il presule ha incoraggiato il personale docente a promuovere un maggior dialogo con gli studenti.
Necessari programmi di educazione integrale
In particolare, mons. Muhatia ha esortato all’attuazione di programmi che guardino all’educazione integrale della persona e tutelino i membri più vulnerabili della comunità scolastica, favorendo l’azione sociale. “Le scuole cattoliche – ha ribadito il presule – sono chiamate ad accompagnare i giovani verso la luce di Cristo Risorto: gli studenti, infatti, cercano una guida che li incoraggi, che indichi loro il cammino e che condivida i valori umani e religiosi fondamentali, affinché possano essere imitati”.
Insegnare ai giovani uno stile di vita virtuoso
Quindi, il vescovo del Kenya ha incoraggiato i dirigenti scolastici cattolici ad instillare negli studenti “le virtù della castità e dell’umiltà”, in quanto “il vero successo della missione delle scuole cattoliche consiste nell’insegnare ai giovani uno stile di vita virtuoso”. “I ragazzi, infatti – ha aggiunto il presule – hanno bisogno di acquisire e di padroneggiare molte virtù per navigare bene nelle pericolose acque della vita contemporanea”. Di qui, l’esortazione conclusiva di mons. Muhatia affinché “si ponga Cristo al centro di ogni operazione scolastica” per “infondere negli studenti la giusta etica e guidarli verso la salvezza”.
Verità, servizio, preghiera: le qualità delle scuole cattoliche
Sulla stessa linea si è posto mons. Anthony Muheria, vescovo di Kitui, anch’egli presente all’incontro: esortando i presidi a comprendere fino in fondo lo spirito dell’educazione cattolica, il presule ha ribadito l’importanza di “forgiare l’identità cattolica degli studenti offrendo loro il buon esempio, instillando in essi le virtù della verità, del servizio, della diligenza, del decoro ed incoraggiandoli alla preghiera”. (I.P.)
Barcone recuperatato: 49 vittime e oltre 300 sopravvissuti
Sale a quota 49 il numero delle vittime morte su un barcone soccorso sabato a 21 miglia dalla costa libica dalla nave della Marina Militare Cigala Fulgosi. Intanto, nella notte, è terminato il trasbordo di sopravvissuti e salme dall’imbarcazione della marina italiana alla nave norvegese Siem Pilot al servizio di Frontex. In tutto sono 312 migranti, tra cui 45 donne e 3 minori, sopravvissuti all'ennesima tragedia del mare avvenuta ieri al largo della Libia. I cadaveri erano nella stiva: molto probabilmente persone che non potevano permettersi un passaggio sul ponte, morte intossicate dalle esalazioni del combustibile. Sulla norvegese Siem Pilot sono stati trasbordati - ha riferito ieri sera la Guardia Costiera - anche 103 persone soccorse dalla nave militare tedesca Werra mentre viaggiavano a bordo di un gommone in difficoltà. Solo nella giornata di ieri sono stati tratti in salvo 719 i migranti in tre diverse operazioni che hanno riguardato due barconi e un gommone.
Evacuazione dei siriani da Kos
Intanto anche sulle isole greche, l’atro fronte dell’emergenza immigrazione europea, non si ferma il flusso dei migranti provenienti dalle coste turche. A Kos 2500 profughi siriani hanno iniziato a salire a bordo della nave Eleftherios Venizelos dalle prime ore di stamane. Sulla nave avranno alloggio, mentre un'area verrà dedicata alla loro identificazione e registrazione.
Brasile. Il presidente dei vescovi: Chiesa sia più presente nella società
Dialogo, comunione e missione sono linee-guida dell’azione evangelizzatrice della Chiesa brasiliana, per il quadriennio 2015-2019: lo afferma il presidente della Conferenza episcopale locale (Cnbb) ed arcivescovo di Brasilia, mons. Sergio da Rocha, in un’intervista diffusa sul sito web ufficiale dei vescovi brasiliani. Cinque, in particolare, le “urgenze” indicate dal presule per animare l’evangelizzazione nel Paese: “Missione permanente, iniziazione cristiana, animazione biblica, comunità e servizio alla vita”.
Essere Chiesa missionaria, solidale e capace di ascoltare
“Desidero una Chiesa missionaria, solidale e che sappia ascoltare – sottolinea l’arcivescovo di Brasilia – Per questo, voglio dare risalto sia all’ecclesiologia presente nei documenti del Concilio Vaticano II, di cui stiamo celebrando i cinquant’anni dalla chiusura, sia agli insegnamenti che Papa Francesco ci trasmette con le sue parole ed i suoi gesti di grande significato ecclesiologico”. Di qui, l’esortazione di mons. da Rocha ad enfatizzare alcune caratteristiche della Chiesa, quali “la missione, la solidarietà, la misericordia, il dialogo e l’accoglienza”. “Non si tratta di aspetti nuovi – sottolinea il presule – perché sono sempre presenti nel magistero della Chiesa; tuttavia, devono essere vissuti con nuovo ardore ed impegno, ricevendo un’attenzione speciale all’interno della vita comunitaria e della pastorale”.
Dialogo, comunione e missione i principi-guida dell’evangelizzazione
Guardando, poi, all’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, il presidente dei vescovi brasiliani sottolinea l’auspicio che la Chiesa locale possa essere “madre misericordiosa ed accogliente, una Chiesa con le porte aperte, in uscita, che vada incontro a tutti, specialmente ai più poveri e sofferenti, per condividere la gioia del Vangelo”. Tre, dunque, i principi che guideranno la Conferenza episcopale del Brasile fino al 2019: dialogo, comunione e missione, affinché essa sia sempre più “uno strumento di dialogo all’interno della Chiesa e con la società; di comunione ecclesiale a vari livelli; di animazione della missione evangelizzatrice”.
Spazio all’impegno dei laici in politica, nell’economia e nella cultura
“La Chiesa vuole essere una casa per tutti – aggiunge l’arcivescovo di Brasilia – una comunità che condivide gioie e speranze, tristezze e dolori”. Di qui, il richiamo ad essere “sempre più una Chiesa solidale ed a servizio della vita, della giustizia e della pace”, dando anche spazio alla “partecipazione dei laici nella società, affinché siano sale della terra e luce del mondo, secondo gli insegnamenti di Gesù”. Infine, il presidente della Cnbb rimarca l’importanza del “servizio alla carità, alla giustizia ed alla pace”, così come “della Pastorale sociale e dei movimenti ecclesiali dedicati all’evangelizzazione della politica, dell’economia e della cultura”, inclusa “la difesa incondizionata della vita”. (I.P.)
India. Opera Don Orione inaugura Centro per disabili mentali
Si trova nella zona rurale di Gawribidanur, a 90 km da Bangalore, in India, il nuovo Centro diurno per disabili mentali inaugurato in questi giorni da mons. Jayanathan, vicario generale di Bangalore, insieme al delegato per l’India dell’Opera Don Orione, don Oreste Ferrari. L’opera si è resa possibile proprio grazie all'aiuto della Fondazione Don Orione e di altri benefattori italiani.
Ospitati 12 ragazzi, ma il numero è destinato a crescere
“Per il momento – informa una nota – il Centro ospita 12 ragazzi, ma il loro numero è destinato a crescere. Al mattino, un pulmino va a prendere i giovani nelle loro abitazioni e nel tardo pomeriggio li riaccompagna, dopo che hanno svolto varie attività educative e terapeutiche”. “I nostri confratelli di Bangalore – spiega don Ferrari - già da quasi 10 anni si recano ogni fine settimana nella zona di Gawribidanur in un terreno agricolo che si trova vicino ad una decina di piccoli villaggi”. Si tratta di una zona “interamente induista, eccetto alcune presenze musulmane. Non vi sono cristiani”.
Attenzione anche alle donne, spesso vittime di violenza domestica
Ed è proprio qui, aggiunge don Ferrari, che “si conducono ormai da anni incontri di animazione e di istruzione per i bambini delle scuole locali, in cui si registrano livelli di istruzione bassissima e numerosi casi di abbandono scolastico”. “I nostri religiosi – conclude il sacerdote - svolgono anche incontri per le donne, spesso vittime di violenze domestiche o costrette a matrimoni in età adolescenziale o lasciate a vivere nella povertà”. L’Opera di Don Orione dà ampio spazio anche alla cura della salute, con l’organizzazione di campi medici a cadenza bimestrale, e particolare attenzione alla tutela dei minori, spesso rapiti a scopo di lucro. (I.P.)
Expo di Milano: oltre 600mila visitatori al Padiglione della Santa Sede
Ha superato i 600mila visitatori il Padiglione della Santa Sede presso l’Expo di Milano: lo rende noto un comunicato della diocesi ambrosiana, specificando che la cifra si riferisce al periodo che va dal primo maggio, data di inizio dell’esposizione, al 15 agosto. In particolare, nell’ultima settimana, la media è stata di 10mila visitatori al giorno, con una forte presenza – soprattutto nella Solennità dell’Assunta – delle famiglie.
Grande interesse per l’Enciclica Laudato si’
Inoltre, continua la nota, presso il Padiglione “sono state vendute più di 2mila copie in italiano dell’Enciclica Laudato si' di Papa Francesco, 100 in spagnolo, 250 in inglese e 200 in francese”. Particolare attenzione suscita poi “la campagna sui social network che collega citazioni dell’Enciclica alle fotografie in mostra nel Padiglione”. Infine, una curiosità: all'Edicola Caritas, situata all'ingresso del Decumano, è alto l'afflusso di visitatori cinesi, anche grazie alla presenza di una guida volontaria che li accompagna nella visita parlando nella loro lingua. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 228