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Sommario del 13/08/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Mons. Auza: voce Papa Francesco sempre più ascoltata all’Onu

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Manca poco più di un mese all’attesa visita di Papa Francesco alle Nazioni Unite di New York. Un evento reso ancora più significativo dal grande impatto che l’Enciclica Laudato si’ sta avendo sulla comunità internazionale. Proprio da qui muove la riflessione dell’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro, intervistato da Alessandro Gisotti

R. – Direi subito di essere stato molto contento delle reazioni molto positive riguardo l’Enciclica: tutti ne parlavano già prima della sua pubblicazione e poi soprattutto dopo. Come diceva il diplomatico di un grande Paese durante i negoziati sullo sviluppo sostenibile: “Stiamo qui a negoziare duramente e impieghiamo così tanto tempo sul documento quadro per lo sviluppo sostenibile, eppure sembra che a pochi interessi veramente la cosa, ma tutti o quasi, invece, sanno qualcosa sull’Enciclica!”. Penso che questo riassuma un po’ l’interesse che l’Enciclica ha suscitato, anche in ambito Onu. Posso dire di essere stato molto contento, perché anche durante questi recenti negoziati intergovernativi sull’“Agenda post-2015 sullo sviluppo sostenibile” tante delegazioni hanno citato anche la Laudato si’. E quindi posso dire che, in ambito Onu, l’Enciclica è stata molto ben accolta.

D. – L’Enciclica chiede un nuovo modello di sviluppo economico, più attento ai poveri e alla difesa dell’ambiente: lega le due cose. Qualcuno ha criticato questo richiamo del Papa…

R. – Nell’ambito del mio lavoro presso l’Onu, ascoltando gli interventi ufficiali dei Paesi membri dell’organizzazione – soprattutto dei Paesi in via di sviluppo – e quelli delle grandi organizzazioni internazionali che hanno a che fare con l’economia e con il commercio, credo proprio di aver capito e recepito una crescente consapevolezza riguardo l’importanza della comprensione di un’economia più integrale, come ha detto appunto il Papa. Questo appello di allontanarci dall’ossessione di uno sviluppo economico basato solo sul Pil - questa non è un’economia che sostiene uno sviluppo sostenibile – ecco la forza di questo appello per un’economia più attenta ai poveri, più attenta all’ecologia, è proprio lo spirito che l’Onu vuole mettere al centro dell’Agenda sullo sviluppo sostenibile fino al 2030.

D. – A novembre ci sarà la Conferenza sul Clima di Parigi: pensa che la parola di Papa Francesco avrà un ruolo sulle decisioni che verranno prese in questo importante appuntamento?

R. – Direi proprio di sì. L’influsso ispiratore dell’Enciclica per me è molto evidente già nei negoziati per lo sviluppo. La Conferenza di Parigi del prossimo novembre-dicembre, sarà di certo soprattutto tecnica. Ma io penso, anche parlando con le delegazioni, che l’ispirazione e – persino direi – la filosofia, la teologia morale che spinge Stati, uomini e donne a raggiungere un accordo, il Papa li abbia già dati in questa Enciclica.

D. – Tra poco più di un mese Papa Francesco sarà alle Nazioni Unite: che attesa si respira, quali aspettative ci sono per questo grande evento?

R. – Il primo indicatore di questa grande attesa per la visita del Papa sono le migliaia di richieste di biglietti che purtroppo non possiamo dare! Direi che all’Onu ne parliamo ogni giorno e ho avuto già incontri con il Protocollo per vedere come rispondere nella maniera migliore possibile alle tante aspettative e richieste di poter vedere, anche da lontano, il Santo Padre. Noi contiamo certo di vivere questa esperienza – un grande avvenimento – anche per l’Onu.

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Tweet: Maria è rifugio sicuro nel momento della tentazione

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Papa Francesco, a due giorni dalla Solennità dell’Assunzione, ha lanciato un nuovo tweet dall’account @Pontifex: “Maria è piena di grazia. Ci offre un rifugio sicuro nel momento della tentazione”.

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Timor Est. Parolin ai seminaristi: siate di Dio "tutti i giorni"

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è da giorni in visita in Asia. Dopo aver sostato in Indonesia, il porporato è giunto a Timor Est, a Dili, dove ha celebrato la Messa nel Seminario maggiore. La sintesi della sua omelia nel servizio di Alessandro De Carolis

La parola chiave per vivere in seminario è: “Tutti i giorni”. Parola semplice, che non lascia spazio a fraintendimenti. “Tutti i giorni” vivere e prepararsi in seminario a essere due cose: “discepoli” e “missionari”.

Impegno e sincerità
"Tutti i giorni rinnovate il sentimento che tutto è gratis, il sentimento di gratuità della elezione di ognuno di voi – nessuno di noi la merita": questa espressione l’aveva usata Papa Francesco nel suo incontro con il clero ecuadoriano, l’8 luglio scorso. Il cardinale Parolin la riprende e vi impernia l’omelia della Messa al seminario maggiore di Dili. E “cosa vi è chiesto di fare ‘tutti i giorni’?”, domanda rivolgendosi ai futuri sacerdoti e ai loro formatori. “Prima e soprattutto – indica – vi viene richiesto di entrare profondamente nel percorso di formazione con impegno e sincerità. Sì, Dio vi ha chiamato e con coraggio e fede voi avete risposto. Siete venuti in seminario per vedere, per capire e discernere la validità di questa chiamata”.

Vi ha chiamati Gesù
Un cammino di verifica che, constata il cardinale Parolin, induce a porsi un’altra domanda: “È veramente il Signore che mi chiama?”. In questo caso, dice, la risposta viene dalla Bibbia, dalle parole del profeta Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato”. “In tutto il viaggio della vostra vita in seminario – è il consiglio del porporato ai futuri sacerdoti – questa profonda convinzione deve essere nei vostri cuori: è il Signore che vi chiama, è il Signore che vi ha scelto, ed è il Signore che vi sta tenendo la mano per portarvi a essere un operaio nella sua vigna”.

Uomini di intelletto e anima
Una chiamata che si comprende tutti i giorni un po’ nella misura in cui, spiega il segretario di Stato, la quotidianità in seminario viene vissuta per crescere, con l’aiuto del direttore spirituale, tanto sul piano “umano”, per sviluppare soprattutto la “capacità di interazione con la gente”, quanto sul piano “intellettuale”, per “sviluppare la capacità di abbracciare la conoscenza” – in particolare  “di comprendere e risolvere le sfide” – e su quello “spirituale”, nello sviluppare il rapporto con Dio, approfondendo “il vostro dialogo con Lui, parlargli e ascoltarlo”. Questo rapporto, prosegue il cardinale Parolin citando ancora Francesco, porta a un’ulteriore scoperta, quella di Gesù “volto della misericordia del Padre". È questo “senso di misericordia – dice ai seminaristi – che ci forma e ci plasma a diventare discepoli di misericordia. È necessario che ‘tutti i giorni’ – sostiene – ci sentiamo nel profondo del cuore che siamo stati toccati da Dio” per essere pronti come suoi discepoli a dare quell'amore e quella misericordia agli altri.

Da quelli che non contano
Altri che, secondo il più genuino insegnamento del Papa, sono gli “emarginati”,  i “dimenticati”. Questo, mette in chiaro il cardinale Parolin, “è l'obiettivo primario del nostro ministero e dell’attività sacerdotale: andare alle periferie, a coloro che vivono in periferia ‘fisicamente, socialmente, psicologicamente e spiritualmente’, in altre parole, a chi “è costretto a vivere separato dagli altri” per “reintegrarlo nella famiglia di Dio e nella società cui appartiene”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Memoria, speranza e testimonianza: il cardinale arcivescovo di Seoul a un anno dalla visita del Papa in Corea.

Un senso oltre i sensi: in prima pagina, Maurizio Gronchi sulla corporeità nella luce dell’Assunta.

Oggi il cielo dei cieli la professa sorella: Manuel Nin sulla dormizione di Maria nell’iconografia siro-orientale. 

Il momento è propizio per ascoltare: il 15 agosto 1965 l’ultimo Angelus di Paolo VI prima della chiusura del concilio Vaticano II.

Quel sospeso faccia a faccia: Fabrizio Bisconti sulla figura di Maria tra arte, architettura e topografia.

Eyal Press sulla scelta di Leyla: perdere il lavoro pur di non vendere titoli tossici.

Gabriele Nicolò su una primizia di Thomas Stearns Eliot.

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Oggi in Primo Piano



Iraq, l'Is rivendica l'attentato al mercato di Baghdad

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Il sedicente Stato islamico rivendica via web l'attentato di questa mattina in Iraq che ha provocato 76 morti e oltre 200 feriti. Ennesima strage nel Paese stretto nella morsa del terrorismo jihadista e interessato da un difficile momento politico. il servizio di Elvira Ragosta

Erano le 6 e 10 di questa mattina quando il camion bomba è esploso nell’affollatissimo mercato di Jamila, a Sadr City, quartiere sciita della capitale irachena. L’obiettivo dei miliziani jihadisti, nella rivendicazione pubblicata sul web, erano l’esercito iracheno e le milizie sciite. Dure le proteste dei parenti delle vittime, che accusano il governo di non aver adeguatamente protetto la zona affollatissima di civili. Dal fronte terroristico a quello politico, Baghdad risponde al malcontento popolare per l’estrema corruzione che affligge il Paese: il parlamento ha approvato un piano di riforme che promette anche tagli agli sprechi della politica e il primo ministro, Al Abadi, ha sollevato il segretario generale del Consiglio dei ministri, Ahmed, considerato un fedelissimo dell’ex premier al Maliki, senza fornire una motivazione ufficiale all’allontanamento.

Sull’argomento abbiamo raccolto l’analisi del prof. Fabrizio Battistelli, presidente dell’Istituto di ricerche “Archivio Disarmo”: 

R. – Ancora una volta siamo di fronte a questa tragedia, che coincide peraltro con le strategie delle forze che destabilizzano l’Iraq dal 2003, dalla infelice invasione del Paese da parte degli americani. Non si è mai fermata, ma probabilmente con l’affermazione dell’Is ha raggiunto dei livelli inauditi di forza, di violenza e di crudeltà.

D. – Questi attentati arrivano in un momento molto delicato per la politica irachena: cresce il malcontento della popolazione per l’alto tasso di corruzione, per gli estremi costi della politica. Il parlamento ha approvato una serie di riforme e il premier ha sollevato il segretario generale del Consiglio dei ministri, considerato un fedelissimo dell’ex premier Al-Maliki. Che tipo di relazione ci può essere tra i due avvenimenti?

R. – Paradossalmente, può darsi proprio che si possa interpretare come una strategia vincente da parte del nuovo premier Al-Abadi che ha toccato, e sta toccando, alcuni punti nevralgici del potere in Iraq. Prendendo le distanze da Al-Maliki che, tra l’altro, perde anche il ruolo di vicepresidente, in una situazione che non consentiva alternative, perché la prosecuzione della politica dissennata di contrapposizioni tra confessioni religiose - fra l’altro tutte interne all’Islam - perseguita da Al-Maliki in una visione ultra-sciita, non era più appoggiata neanche dai religiosi sciiti.

D. – In un contesto di contrapposizione clanica, secondo lei queste iniziative potranno a breve portare a dei risultati positivi?

R. – Tutto dipende dal quadro generale. È possibile che degli effetti positivi si facciano sentire con il nuovo ruolo dell’Iran, ormai definitivamente sdoganato come potenza regionale, e unico possibile protagonista di una vera e propria resistenza sia politica che militare nei confronti dell’Is. Solo attraverso una convergenza con l’Iran, gli Stati Uniti riescono, anche a distanza – attraverso dei bombardamenti aerei – ma solo con forze di terra a guida iraniana, sono in grado di fermare l’offensiva dell’Is. Quindi, l’Iran riuscirà in qualche modo a stabilizzare il Paese? Ci riuscirà se avrà una politica moderata di accettazione delle differenze e quindi di rispetto dei sunniti e dei curdi. Se farà invece una politica pan-sciita estremista, a sua volta acuirà le differenze e quindi i problemi. Tutto però, come sempre accade in queste crisi militari, può trovare una soluzione in un processo politico di ricomposizione degli interessi legittimi almeno che sono nell’area. Sul piano strettamente militare, poi, ci vogliono forze di terra: su questo non si sfugge! E queste forze le può fornire, anche solo guidandole – non a caso è un generale iraniano che in questo momento ha la supervisione delle operazioni – guidandole da parte dell’Iran. Quindi, un grande spazio all’Iran. A livello locale può essere un elemento di stabilizzazione… Che cosa succederà nel Medio Oriente allargato? Tutto questo susciterà la reazione negativa dell’Arabia Saudita che è custode dell’ortodossia sunnita e quindi è anti-sciita: un ulteriore elemento di complessità. Un lievissimo ottimismo – se di ottimismo si può parlare sullo scenario del contenimento dell’Is – ma problemi destinati a durare a livello sistemico in tutto il Medio Oriente.

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Myanmar: giunta militare rimuove leader del partito di governo

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Il leader del partito di governo in Birmania, Shwe Mann, è stato rimosso dall’incarico insieme al segretario del partito. Al loro posto uomini di fiducia del presidente Thein Sein, esponente forte della giunta militare al potere. La decisione arriva a tre mesi delle elezioni parlamentari, le prime dalla fine della dittatura nel 2011. Il Paese vive quindi un momento di transizione, in cui l’influenza dei militari è ancora decisiva, come spiega al microfono di Michele Raviart, Cecilia Brighi, segretario generale di “Italia-Birmania insieme”: 

R. – E’ partito lo scontro per le elezioni dell’8 novembre: è uno scontro interno al partito di governo formato prevalentemente da ex-militari e dall’organizzazione paramilitare che gestiva il Paese durante la dittatura. Devo dire, è un fatto molto grave e che dà il segno di come in fondo questo Paese sia cambiato molto poco. La sede del partito è stata circondata dalle forze di polizia e le forze di polizia sono andate anche a casa di Shwe Mann che era presidente del partito ma è anche il portavoce del Parlamento.

D. – Shwe Mann vuole candidarsi alle presidenziali che ci saranno dopo le parlamentari di novembre. Anche lui è un militare come il presidente Thein Sein. Che rapporti ci sono tra i due?

R. – Thein Sein, che è il presidente della Repubblica, e Shwe Mann sono entrambi ex-generali che hanno avuto ruoli importanti durante la dittatura militare. Shwe Mann ha portato il partito di governo a votare a favore dei cambiamenti costituzionali che avrebbero in qualche modo facilitato una maggiore democratizzazione del Paese, una riduzione del ruolo dei militari all’interno del Parlamento. Questa scelta è stata condannata duramente dai militari tant’è che nella circoscrizione in cui Shwe Mann era stato eletto al parlamento c’è stata una petizione contro di lui perché non aveva informato l'elettorato di questa posizione di volontà di ridurre il ruolo dei militari.

D. – In questo contesto, che spazio c’è per il Premio Nobel Aung San Suu Kyi?

R. – Aung San Suu Ky e il partito Lnd vinceranno sicuramente le elezioni: questo il partito di governo lo sa benissimo. Ma io penso che non sarà una vittoria così eclatante, perché anche i partiti degli Stati etnici si stanno organizzando. Sicuramente si andrà a un governo di coalizione.

D. – Come si possono valutare le prossime elezioni nel quadro di una democratizzazione del Paese?

R. – Sono un passaggio importante rispetto a questioni quali la trasparenza, l’inclusività e la correttezza del processo elettorale. E’ anche vero che nei giorni scorsi il Parlamento ha approvato la sospensione della Carta transitoria che permetterebbe a coloro che non hanno una vera cittadinanza di poter partecipare alle elezioni: a oltre 400 mila persone è già stata ritirata; soprattutto nello Stato Arakan, dove c’è la famosa etnìa Rohingya, questi non potranno partecipare alle elezioni. Quindi sicuramente non sarà un passaggio definitivo alla democrazia, perché ancora oggi i militari hanno il 25% dei seggi parlamentari. La richiesta di federalismo è ancora tutta sulla carta e gli Stati federali e le regioni hanno i primi ministri che vengono decisi a Naypyidaw, la capitale. Sicuramente, questi elementi – dopo le elezioni – rimarranno uguali.

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Grecia: iniziati i trasferimenti di migranti da Kos

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Non si arresta il flusso di migranti che dalle coste turche raggiungono le isole greche del Dodecaneso. Particolare emergenza si registra ancora nell’isola di Kos, dove anche stamane sono avvenuti nuovi sbarchi. Ma dopo le tensioni dei giorni scorsi, sono state velocizzate le operazioni di rilascio dei permessi e sono iniziati i trasferimenti dei migranti verso strutture di accoglienza ad Atene Il servizio di Marco Guerra: 

Il bilancio odierno vede lo sbarco di 200 persone, perlopiù curdi siriani provenienti dalla città di Kobane arrivati a bordo di sei gommoni. Un altro gruppo è stato soccorso in mare da una lancia della Guardia costiera. Intanto, sull’isola di Kos i funzionari di polizia addetti al rilascio dei permessi hanno lavorato a pieno ritmo per evitare le tensioni dei giorni scorsi, quando oltre 7.000 migranti, in attesa di essere registrati, sono stati ammassati in condizioni igieniche precarie nello stadio di Kos Town. Mentre circa 1.100 richiedenti asilo sono già stati trasferiti ad Atene e per far fronte all’emergenza arriverà domani la nave greca "Eleftherios Venizelos", in grado di accogliere a bordo 2.500 persone. Ma per una testimonianza della situazione sull’isola greca abbiamo raggiunto telefonicamente Paolo Corsi, turista italiano a Kos:

R. – La situazione a Kos Town non è facile, perché la presenza di migranti soprattutto nella zona del porto è forte. Tutti i parchi pubblici, tutte le zone verdi, ma anche tutto il lungomare attorno al castello sono completamente ricoperti da persone che bivaccano, che dormono… Sono centinaia. Superati i 50 metri, dove cominciano le strade del turismo, dove ci sono i piccoli negozi per lo shopping, non c’è alcuna presenza di migranti. Insomma, chi è lì per divertirsi vede gente che soffre. Non dico che li hanno ghettizzati ma li hanno rinchiusi in una zona, anche se ampia. Questo porta malumori perché anche in zone centrali i pochi turisti che passano sono – come è successo a noi – in difficoltà nell’assistere al dolore degli altri.

D. – Secondo i dati dell'Unhcr, nei primi sette mesi di quest'anno sono sbarcati in Grecia 124 mila immigrati. Solo nel luglio scorso se ne sono registrati 50 mila, più di quelli arrivati in territorio ellenico nel corso di tutto il 2014. Un’escalation percepibile in tutta la sua drammaticità nell’isola di Kos:

R. – Penso che le isole qui intorno, ma Kos in primis, non si aspettavano un flusso così grande. So che nella zona dello stadio avevano organizzato un centro di accoglienza, ma non è sufficiente per contenere il grandissimo flusso di migranti che arriva. Al porto c’erano due grandi navi militari: una della Guardia di finanza italiana e un’altra nave militare greca e intorno una trentina di gommoni. Dire gommoni è un’esagerazion:; dell’imbarcazione restavano solo i due tubolari e il telo centrale, il minimo indispensabile per fare una breve traversata.

D. – C’è qualche scena che ti è rimasta impressa, qualcosa che ti ha colpito che può scuotere un turista che si reca a Kos?

R. – Tanti bambini. Da quello che ho potuto vedere, almeno la metà sono bambini che non raggiungono i 10 anni e questo sicuramente colpisce perché anche se si fa la percentuale tra genitori e bambini si capisce che molti di quei bambini probabilmente sono qui senza i genitori. Le donne sono completamente velate, quindi direi che provengono dal Medio Oriente anche per caratteristiche somatiche.

D. – Immagino tu abbia visto volti provati, uomini, donne famiglie… Questa è l’umanità che compone questo flusso…

R. – Sicuramente sì. Famiglie provate, ma la cosa che più colpisce sono i bambini che indossano al massimo uno slip nella zona del porto che cercano di buttarsi nelle acque per trovare un po’ di refrigerio. Ci sono gruppi di perone molto stanchi e in difficoltà.

D. – Sappiamo che ci sono stati momenti di tensione. Tu hai potuto vedere se ci sono servizi a loro disposizione, se sono aiutati, se c’era un soccorso a loro disposizione?

R. – Qui a Kos Town sembrano abbandonati a loro stessi. Non so se il piccolo Comune ha la possibilità di poter accogliere una grande percentuale di migranti, perché poi il problema è sempre quello: 10 mila persone a Roma sono una piccola percentuale, 10 mila persone a Kos sono più della popolazione locale. Non ho visto stazioni di servizio, né di Croce rossa o altre organizzazioni umanitarie per gestire l’emergenza.

D. – Non ci sono quindi contatti con la popolazione locale. Come sta vivendo?

R. – Bisogna considerare che nel panorama della difficoltà della Grecia le isole non hanno risentito della crisi quasi per niente. Quindi, la popolazione che lavora nel turismo locale si trova in difficoltà. Queste piccole isole vivono solamente di turismo, non hanno altri sbocchi. Quindi, per la gente del posto è un momento di difficoltà. Tuttavia, da ciò che ho visto non mi è sembrato di veder risentimento eccessivo verso i migranti nella popolazione greca.

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Nubifragio in Calabria. Mons. Satriano: grande solidarietà tra la gente

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In Calabria, dopo il violento nubifragio di ieri, Rossano si è svegliata stamani con il  sole. Per tutta la notte sono andate avanti le operazioni di sistemazione dell'argine del torrente Citrea, che è esondato causando ingenti danni materiali. Danni anche a Corigliano e Tropea, dove le piogge sono state particolarmente intense. L'esercito si è unito ai cittadini per ripulire le strade. Si contano alcune centinaia di sfollati. La furia del fango ha trascinato numerose automobili verso il mare e ha spazzato via diversi campeggi e villaggi turistici. Per un commento sulla situazione, Eugenio Bonanata ha intervistato mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Rossano-Cariati: 

R. – Devo dire che l’amministrazione si è subito mossa insieme alle forze dell’ordine e a gruppi di volontariato che stanno agendo per arginare i danni e per venire incontro a delle popolazioni che sono state sommerse dall’acqua: perché ci sono stati dei gravi danni a causa dello smottamento del terreno, delle frane e della caduta di fango... Quindi si sono dati da fare per soccorrere coloro che si trovavano sia dentro che fuori il centro abitato. La situazione ancora è sotto osservazione, per cui si sta ancora agendo. Diverse chiese sono allagate e sono state colpite dalla forza della pioggia e del fango che si è mosso, a Rossano scalo in maniera particolare, e anche a Corigliano.

D. – Come sta reagendo la popolazione?

R. – La popolazione sta dando segni intanto di solidarietà e di vicinanza. C’è oggettivamente costernazione, perché nessuno si immaginava in così poco tempo una reazione della natura di queste proporzioni. È chiaro anche che ognuno conta i propri danni, perché i danni sono presenti quasi per tutti. Però da parte della popolazione c’è molta solidarietà e vicinanza gli uni agli altri.

D. – Qual è il messaggio che si sente di rivolgere ai cittadini?

R. – Intanto noi dobbiamo veramente dire “grazie a Dio” perché fino ad oggi, fino a questo momento, non ci sono notizie di feriti gravi e di morti. Io ho già inoltrato un comunicato stampa esprimendo gratitudine a tutti coloro che si stanno muovendo per soccorrere gli altri: soprattutto le forze dell’ordine e quanti fin dall’alba si sono adoperati. Ho voluto, attraverso questo comunicato, anche far giungere la vicinanza di tutta la Chiesa di Rossano alle amministrazioni interessate dall’emergenza, e sto invitando tutti – credenti e uomini di buona volontà – a coltivare quella sana solidarietà e quella vicinanza che oggettivamente dobbiamo nei confronti di coloro che sono stati colpiti e sono nel bisogno. Siamo pronti a dare quella mano che ci viene chiesta per poter uscire fuori da questa emergenza.

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Il Comune di Roma si prepara al Giubileo della Misericordia

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Roma si prepara al Giubileo della Misericordia che a partire dal prossimo 8 dicembre vedrà l’afflusso di milioni di pellegrini da tutto il mondo. La capitale vuole dire addio alle buche sulle strade e punta alla riqualificazione delle aree attorno alle Basiliche principali e al miglioramento dei trasporti.  Il piano è stato presentato ieri in Campidoglio. Luca Collodi ne ha parlato con l'assessore ai Lavori Pubblici di Roma, Maurizio Pucci

D. – Assessore Pucci, un Giubileo della Misericordia che si annuncia all’insegna del treno, della metropolitana e del tram …

R. – All’insegna del ferro, ovvero della possibilità di arrivare a San Pietro e alle altre Basiliche attraverso uno di questi mezzi o, meglio ancora, tramite questi mezzi attraverso i percorsi pedonali giubilari che sono percorsi di fede.

D. – La stazione ferroviaria di San Pietro e la stazione ferroviaria Ostiense diventano stazioni per i pellegrini?

R. – Anche quelle sono stazioni per i pellegrini. Vorrei però precisare che abbiamo un’altra stazione, che è la stazione Tiburtina, che fino all’anno 2000 – ma anche fino a qualche mese fa – non era fruibile; invece, avendo aperto il piazzale est, abbiamo la possibilità di parcheggiare lì molti pullman turistici che attraverso la Tiburtina arrivano direttamente alla stazione di San Pietro.

D. – I pellegrini possono arrivare in autobus e possono arrivare in treno. Per chi arriva in autobus, che cosa succede?

R. – Stabiliremo, insieme alle autorità vaticane, un metodo che è quello – sostanzialmente – di un numero chiuso, molto limitato di autobus che possono arrivare verso il centro cittadino; perché la gran parte dovrà attestarsi presso le stazioni dei treni o delle metropolitane.

D. – Dunque, si arriva in San Pietro a piedi o con le metropolitane o i tram…

R. – Esattamente così. Perché mi pare che l’impostazione del Giubileo della Misericordia di Papa Francesco sia proprio un momento di riflessione e di arrivo alla Porta Santa che, appunto, veda momenti in cui con la Confessione, con la riflessione ma anche con la riappropriazione dei luoghi di culto, si arrivi con il cuore pieno di fede.

D. – Il Comune di Roma ha i primi 50 milioni di euro da spendere per il Giubileo e già a settembre potrebbero aprirsi dei cantieri …

R. – A settembre si apriranno i cantieri: all’inizio di settembre quelli intorno alla stazione Termini e nella seconda metà di settembre si apriranno una quarantina – anche di più! – di cantieri: sarà una prima fase di interventi che ci permetterà di ammodernare questa città e di renderla più bella.

D. – Cantieri che andranno a ripristinare strade e marciapiedi…

R. – No. Cantieri che andranno a ripristinare strade e marciapiedi, ma anche cantieri per il verde, per la ristrutturazione … sono tutti interventi di risanamento, di riqualificazione che interverranno sulle strade e sui marciapiedi, ma anche per il verde e per le linee tramviarie.

D. – Due ultime novità: una nuova linea tramviaria da Ostiense a Trastevere e poi la possibilità di fare arrivare i treni a Vigna Clara …

R. – Mentre da Trastevere fino a Ostiense la cosa sarà fatta entro 30 giorni dal momento in cui avremo la disponibilità, per quanto riguarda l’altro lavoro – ovviamente più lungo – noi pensiamo – perché siamo in accordo con le Ferrovie dello Stato – che questo avverrà per la primavera del prossimo anno.

D. – Voi aspettate un gran numero di pellegrini che arriveranno a Roma?

R. – Direi proprio di sì: direi proprio un grande numero di pellegrini. Dobbiamo attrezzarci, perché i pellegrini e la città convivano nella pace, nella serenità e nella concordia.

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Diocesi di Milano: colletta per il Refettorio "anti-spreco"

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Per la prima volta una diocesi sceglie un innovativo strumento di finanziamento per iniziative di solidarietà. Si tratta della campagna di "crowdfunding", ovvero una raccolta fondi, solitamente promossa tramite internet, per il Refettorio ambrosiano di Milano. Sul sito noprofit.upeurope.com si può fare un’offerta e sostenere il progetto di solidarietà promosso dalla Caritas ambrosiana. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Purtroppo nella nostra epoca non mancano poteri e forze che finiscono per produrre una cultura dello scarto. Prendendo ispirazione da queste parole di Papa Francesco è nato lo scorso mese di giugno a Milano, in un ex teatro ristrutturato e impreziosito da opere d’arte, il Refettorio ambrosiano. Tra le finalità di questa realtà, di cui ha parlato anche il quotidiano americano “New York Times”, la trasformazione degli scarti in eccellenza e la promozione di iniziative di solidarietà. Fino ad oggi, sono state recuperate oltre 4,5 tonnellate di eccedenze alimentari provenienti dai padiglioni dell’Expo. Lo scorso 9 agosto è stata organizzata una cena di beneficenza preparata da quattro grandi chef sudamericani. Ora il progetto di solidarietà e anti-spreco del Refettorio, realizzato dalla Caritas ambrosiana e ideato dallo chef Massimo Bottura e dal regista Davide Rampello, approda su internet. Perché questa scelta? Risponde Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas ambrosiana:

R. – Per dare la possibilità al più ampio numero di persone, anche all’estero, di poter contribuire e partecipare a questa avventura. In fondo, il Refettorio ambrosiano è la vera novità; permette di cucinare le eccedenze trasformando queste eccedenze in cibo buono in un luogo bello.

D. – Il Refettorio ambrosiano è una realtà giovanissima, nata lo scorso mese di giugno, ma già molto attiva …

R. – Il Refettorio ambrosiano è stato inaugurato il 4 giugno. Da allora, lo teniamo aperto alla popolazione locale. Siamo partiti con gli anziani soli del quartiere e poi abbiamo aperto anche ad altre realtà del quartiere. Avremo tutta una programmazione – finito l’Expo – per presentare anche la valenza culturale di questo Refettorio. Vorremmo che questo luogo sia visto come un luogo dei milanesi, un luogo da visitare anche per le opere d’arte che ci sono, oltre che da condividere per la sua attività istituzionale: le cene e i pranzi soprattutto per le persone in difficoltà. Mi preme sottolineare che noi lo portiamo avanti, con personale assunto dalla cooperativa della Caritas “Farsi prossimo”. Ma è uno spazio condiviso perché sono arrivate più di 100 persone che volevano fare volontariato: 85 le abbiamo selezionate e sono quelle che, di fatto, ci garantiscono l’agibilità, la possibilità di realizzare tutte queste cene, tutte queste iniziative.

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Cinema. Locarno, calcio e morte nel Brasile del Mondiale fallito

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Mentre si avvia alla conclusione il Festival del Film di Locarno, i cui vincitori saranno annunciati sabato prossimo, passano nelle varie sezioni alcuni film in cui l'incombere e l'incontro con la morte sono raccontati con stili e sensibilità assai diversi. Dal nostro inviato a Locarno Luca Pellegrini

La morte come appare, come impone un tempo alla vita, come è subita o combattuta, cercata o rifiutata. Ci sono stati a Locarno alcuni film che non hanno avuto paura di condividerne l'umore e la presenza: una malattia che non si arresta, come quella di una madre in "James White" di Josh Mond, o di sfida a Dio e a un sistema,  come avviene all'interno di una comunità ultraortodossa ebraica, raccontata in modo cupo e durissimo in "Tikkun" di Avishai Sivan. Oppure un anziano vedovo che programma la propria eutanasia in "La Vanité" di Lionel Baier, ma esecutori e testimoni della triste messinscena in una squallida camera di un motel scatenano una serie di dubbi e reazioni che evitano i farmaci letali ma non l'arresto di un cuore. E poi c'è il caso di un piccolo film girato dal brasiliano Sergio Oksman, "O Futebol - Il calcio",  che è il diario dell'ultimo mese di vita di un padre, ma girato con una grazia rara. Non è un film autobiografico né terapeutico. L'intuizione di partenza è notevole: Sergio non vedeva il padre Simão da oltre vent'anni. Poi accade che decidano di incontrarsi un anno prima dei Mondiali di calcio in Brasile nel 2014 e di sfruttare questo evento sportivo per girare un film con loro stessi attori e interpreti. Lo stesso regista ricorda il film e i fatti accaduti.        

R. - No es una pelicula sobre un encuentro…
Non è un film su un incontro, ma nasce da un incontro, da quello avvenuto nel 2013 tra un padre e un figlio, che trascorrono un giorno insieme a parlano di calcio. Da lì nasce la possibilità di ritrovarsi un anno dopo e la decisione di girare il film di questo ritrovarsi la seconda volta, quando padre e figlio trascorrono un mese insieme guardando le partite di calcio nella loro città. Il Mondiale di calcio si svolge esattamente nella città del padre. Il soggetto di questo piccolo film è proprio che padre e figlio, che non si vedevano da tanto tempo, hanno l'occasione di trascorrere del tempo insieme, perdere del tempo insieme, guardando il calcio. 

D. - Papa Simão come ha reagito?

R. – Que sí, dice que sí y se convierte…
Ha detto di sì ed è diventato in qualche modo nostro complice. Simão era d'accordo con tutto quello che abbiamo fatto, è stato quasi come un coautore del film: ha deciso le inquadrature, dove girare ed era cosciente di tutto ciò che stavamo facendo.

Poi l’arrivo inatteso della morte. Simão se ne va proprio mentre giravate insieme il film. Non se ne sente il dolore, la separazione tra padre e figlio non è tragica, ma serena. Lo sceneggiatore Carlos Carlos Muguiro lo conferma.

“Esa es la intención
Questa era l'intenzione. La morte non come qualcosa di spettacolare. La morte ci segue tutti i giorni, alle nostre spalle e nel film. Soprattutto nel film, quando guardavamo le immagini che avevamo girato, ci siamo accorti che qualcosa stava succedendo intorno ai personaggi. Parlavano molto della morte. L'orologio si ferma, una cinepresa sta dietro di loro nella macchina come aspettando. La morte non appare subito, ma sta aspettando, seguendoli... La morte ha tempo e appare quando vuole. Non volevamo fare un film sulla malattia, ma su come è avvenuta la morte di Simão”.

Lo spettacolo non è dunque la morte, ma sono i Campionati mondiali di calcio. Però anche questi – dice Oksman – stanno dietro un sipario, sono vissuti in lontananza.

R. – Exacto. El único futbol…
Esatto. L'unico calcio al quale sono invitati il padre e il figlio è quello del passato. I giocatori sono quasi tutti morti, perché per loro il campionato attuale rimane lontano.

C'è anche una diversa elaborazione del lutto nel film: la sconfitta del Brasile con quel 7 a 1 subito nella partita contro la Germania.

“No queremos que una cosa…
Non volevano che una cosa influenzasse l'altra, nonostante siano accadute allo stesso tempo. Noi tentavamo di spiegare la morte di Simão partendo dal 7 a 1”.

Un fatto che per lo sceneggiatore Muguiro trasforma anche gli ambienti.

“Es verdad que el paisaje…
E' vero che il paesaggio della città si trasforma con il 7 a 1, diventa un paesaggio con la pioggia... Il paesaggio dipende dagli occhi di chi lo vede e in questo caso si capisce che il lutto è anche per Simão. Non c'è una relazione ovviamente di causa-effetto, ma lì succede qualcosa che mette i due fatti in relazione”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Usa. Mons. Chaput: commercio feti umani è sistema barbarico

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Tutelare “il diritto alla vita, diritto umano fondamentale alla base di tutti gli altri”: scrive così l’arcivescovo di Filadelfia, mons. Charles Chaput, in un editoriale pubblicato sul sito Catholic Philly, organo di stampa ufficiale della Chiesa locale. Nella sua riflessione, il presule fa riferimento al caso di Planned Parenthood, la catena di cliniche abortiste statunitensi: l’ente è al centro di un’aspra polemica dopo la denuncia di una Associazione nazionale che, attraverso un video, ha svelato le pratiche abortive illegali e il commercio di parti di feti umani in uso all’interno di tali cliniche.

L’uccisione deliberata di una vita innocente è ingiustificabile
“L’uccisione deliberata di un vita innocente – scrive mons. Chaput – è un atto particolarmente malvagio”, che non può essere giustificato in alcun modo. Quindi, il presule ricorda la Lettera pastorale scritta dai vescovi degli Stati Uniti nel 1998 ed intitolata “Vivere il Vangelo della vita”: in essa, i presuli sottolineano che “non tutelare o difendere la vita nella sue fasi più vulnerabili rende sospetto ogni appello alla giustizia in altri settori, riguardanti i più poveri ed i più emarginati” dalla società. “Ogni attacco diretto alla vita umana innocente, come l’aborto e l’eutanasia – si legge ancora nella Lettera pastorale – rappresenta una violazione diretta ed immediata del più fondamentale dei diritti umani, il diritto alla vita”.

Traffico di tessuti fetali è un sistema “ripugnante e barbarico”
Definendo, poi, “nient’altro che ripugnante” il video riguardante la Planned Parenthood, ed “orribile e barbarico” il suo sistema di “traffico di feti”, l’arcivescovo di Filadelfia esorta tutti i cristiani a “non risparmiarsi nel dovere di promuovere la giustizia e la carità nel Paese”.

Essere uomini significa proteggere i bambini
Infine, il presule cita le parole di Ruben Navarette, storico attivista statunitense “pro-choice”, il quale, in un articolo recente, ha citato le parole di sua moglie, esponente “pro-life”: “Si tratta di bambini che vengono uccisi. Milioni di bambini. E bisogna proteggerli. Questo è quello che fa un uomo: protegge i bambini, i suoi e quelli degli altri. Questo significa essere un uomo”. (A cura di Isabella Piro)

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Terra Santa: nuova petizione cattolica contro muro israeliano a Cremisan

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La Società Saint Yves, Centro cattolico per i diritti umani, ha presentato alla Corte Suprema israeliana una petizione in cui chiede che il Ministero della Difesa israeliano presenti il tracciato esatto e completo del muro di separazione tra Israele e Palestina nella Valle di Cremisan, a Beit Jala. Ne dà notizia il portale del Patriarcato latino di Gerusalemme.

Corte Suprema israeliana autorizza costruzione muro ribaltando precedente decisione
L’istanza è stata inoltrata dopo che l’Alta Corte il 6 luglio ha autorizzato la costruzione del muro contraddicendo la decisione presa all’inizio di aprile a favore dei proprietari cristiani della Valle. La sentenza di aprile aveva giudicato il muro “dannoso per la popolazione locale e ai monasteri della valle” sottolineando che “il tracciato del muro, come suggerito dal Ministero della Difesa, non è l’unica possibilità che permetta di garantire la sicurezza nuocendo il meno possibile, conforme alla Legge Amministrativa Israeliana”. Con la decisione del 6 luglio, invece, la Corte ha limitato l’applicazione delle sue decisioni – rallentare la costruzione del muro nella valle Cremisan – alle due comunità salesiane e alla loro terra, ossia il monastero del diciannovesimo secolo abitato da monaci e il convento con una scuola elementare gestita da suore.

A rischio le proprietà di 58 famiglie palestinesi
L’esercito, dunque, dovrebbe iniziare la costruzione del muro di separazione risparmiando le comunità religiose ma intervenendo sulle terre che appartengono a 58 famiglie di Beit Jala. Il monastero e il convento salesiani rimarrebbero dunque nella parte palestinese, ma alcuni palestinesi di Beit Jala vedrebbero le loro terre e proprietà incluse nella parte israeliana, al di là del muro. Per la Società St. Yves costruire il muro senza rivelare in anticipo il tracciato potrebbe portare a situazioni illegali sul terreno e dannose per gli abitanti della Valle, per questo è stato chiesto che l’esercito israeliano riveli l’intero percorso del muro, e si astenga, nel frattempo, da qualsiasi costruzione. (T.C.)

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Elezioni Sri Lanka. Vescovi: scelta sia per candidati onesti

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Urne aperte, il 17 agosto, in Sri Lanka, per le elezioni generali. Il Paese si avvicina al voto in un clima pacifico e le prospettive di uno scrutinio libero e giusto sembrano buone. Dal suo canto, la Chiesa locale non manca di far sentire la propria voce, affinché si arrivi alla scelta dei candidati giusti per guidare la nazione. A tal proposito, padre Reid Shelton Fernando, sacerdote, teologo e attivista per i diritti umani, ha lanciato un appello ai fedeli perché si lascino guidare dalla Dottrina sociale della Chiesa e dalla preghiera per discernere chi merita di formare il nuovo parlamento e ricoprire la carica di primo ministro.

Vedere, giudicare, agire: il metodo giusto per scegliere i candidati
In particolare – riferisce l’agenzia Asianews – padre Fernando esorta i cristiani ad utilizzare il metodo del “vedere, giudicare, agire”, teorizzato da sacerdote belga, Joseph-Léon Cardjin, e ripreso poi in modo più ampio da Giovanni XXIII nell’Enciclica "Mater et Magistra". Soprattutto per “giudicare”, afferma padre Fernando, bisogna “cercare la volontà di Dio, attraverso la sua Parola, nelle Sacre Scritture e nei documenti della Chiesa”. Tra questi, in particolare, il sacerdote cita un passaggio della Lettera apostolica "Octogesima Adveniens", del Beato Paolo VI: “Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro Paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa”.

Integrità e onestà, criteri fondamentali del voto
L’appello di padre Fernando si aggiunge a quello lanciato, il mese scorso, dall’intera Conferenza episcopale dello Sri Lanka: “La Chiesa cattolica – si legge nella nota firmata dal card. Malcolm Ranjith, presidente dei vescovi locali ed arcivescovo di Colombo, e dal segretario generale mons. Valence Mendis, vescovo di Chilaw – ha sempre sostenuto l'importanza di eleggere come rappresentanti del popolo candidati meritevoli”. “Formazione, cultura generale, integrità e onestà, rispetto per la legge e l'ordine – sottolineano i presuli – sono le qualità che dovrebbero caratterizzare, coloro che aspirano alla leadership politica”.

Promuovere lo sviluppo e la pace nel Paese
Di qui, l’auspicio che vengano eletti “coloro che sono realmente interessati allo sviluppo del Paese e alla promozione della pace, della riconciliazione e dell'unità nazionale”, anche in un’ottica di responsabilità nei confronti delle generazioni future. (I.P.)

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Cuba: logo governativo per il viaggio di Papa Francesco

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Il nuovo sito proposto dal governo cubano per la prossima visita di Papa Francesco presenta come logo una grafica centrata sul messaggio di fratellanza e amore frutto della Misericordia divina. Un cuore rosso, una mano gialla che regge una croce blu, i simboli della visita apostolica di Papa Francesco a Cuba offrono un messaggio molto chiaro di questo evento, insieme alla foto del Papa. "L'identità visuale parte del concetto e dalla immagine religiosa di Gesù Divina Misericordia, che è parte del programma liturgico e del messaggio che Papa Francesco porterà a Cuba", così l'introduzione al nuovo sito web, fatto dal governo cubano, con motivo della visita del Pontefici a questo Paese dal 19 al 22 settembre 2015.

Gli elementi simbolici della mano, il cuore e la croce, insieme ai colori -  si legge nella spiegazione del logo - identificano la misericordia e l'amore: “Il gesto della mano è associato al saluto e a gesti rituali propri della religione cattolica. Trasmettono anche umanesimo e fratellanza. La croce identifica il carattere religioso. Sono presenti i colori della nostra bandiera insieme alla stella solitaria che indica il carattere nazionale".

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Angola. Appello di mons. Kamuenho contro le sette

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Lo sconforto e l’ansia di trovare facili soddisfazioni sono tra le cause principali che inducono molti ad aderire alle sette religiose. Lo ha detto in questi a Sumbe, in Angola, mons. Zacarias Kamuenho, arcivescovo emerito di Lubango, parlando con alcuni giornalisti del complesso fenomeno delle sette nel Paese africano dove se ne registrano di nuove. Per il presule, riferisce Angola Press, esse turbano la pace spirituale della società e, a discapito della Parola di Dio, cercano di screditare la fede dei credenti e l’azione sociale in genere.

L’appello di mons. Kamuenho
Mons. Kamuenho, che è intervenuto alle celebrazioni per il 40.mo anniversario della nascita della diocesi di Sumbe, ha anche lanciato un appello ai cristiani e alla società civile, affinché non aderiscano alle sette e ha sottolineato che le Chiese in Angola dovrebbero lavorare unicamente per la pace e per i progetti a carattere sociale. Sono le difficoltà di oggi e l’esigenza di provvedere ai bisogni primari a rendere l’uomo più vulnerabile ad accettare ogni tipo di dottrina, ha aggiunto il presule, specificando che il disorientamento in ambito sociale e nella fede provoca anche problemi d’identità.

Necessaria sinergia per combattere la proliferazione delle sette
È necessario che i governanti conoscano i fenomeni religiosi, le sette e la loro proliferazione per un intervento appropriato”, ha detto il presule, per il quale urge anche un coinvolgimento di tutte le comunità nel recupero integrale dei valori per la costruzione di una società che abbia una forte consapevolezza della propria identità. (T.C.)

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Etiopia. Card. Souraphiel: praticare la carità su orme di Maria

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Un’esortazione a praticare la carità e la gentilezza nei confronti del prossimo, seguendo l’esempio della Vergine Maria: a lanciarla è il cardinale Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo metropolita di Addis Abeba, in Etiopia, nonché presidente della Conferenza episcopale locale. Secondo il calendario liturgico etiope, dal 7 al 21 agosto, in occasione della Solennità dell’Assunzione, si praticano il digiuno e la preghiera. “Si tratta di un momento importante per il rinnovamento spirituale di tutta la nazione”, spiega il porporato, invitando poi i fedeli ad agire come la Madonna, “prendendosi cura di chi ha bisogno del nostro aiuto”.

Maria, modello di carità e gentilezza nei confronti del prossimo
“La carità e il dare amore ai bisognosi ed ai vulnerabili – aggiunge il cardinale Souraphiel – dovrebbero essere le nostre responsabilità religiose e questo periodo di digiuno è un momento opportuno per praticare la carità e renderla parte integrante della nostra vita”. Ricordando, poi, l’attenzione della Vergine Maria per la cugina Elisabetta o per gli invitati alle nozze di Cana, il porporato esorta i fedeli a guardare a Lei come a “un modello di carità e di gentilezza verso gli altri”.

Rispetto e dialogo tra le religioni. Appello contro la tratta
Poi, l’arcivescovo di Addis Abeba chiede a tutti i cristiani di amarsi gli uni con gli altri e di amare e rispettare anche i seguaci di altre religioni: “Per tutti i cristiani – spiega – questo è il momento di rinnovare e rafforzare la loro spiritualità, lottando anche per la pace e la convivenza reciproca con i fratelli e le sorelle di fedi diverse”. Quindi, il porporato lancia un appello ai giovani, affinché siano uniti contro l’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani: “Facciamo si’ che questo periodo ci porti a impegnarci in vari settori lavorativi del nostro Paese. Per questo – afferma – chiedo ai giovani di partecipare agli sforzi per lo sviluppo della nazione, contribuendo alla crescita integrale” della società. Infine, il card. Souraphiel invita i fedeli a pregare per la pioggia affinché il Signore mandi l’acqua necessaria per la semina del raccolto. (I.P.)

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Brasile. I vescovi: il servizio dei diaconi centrale per la Chiesa

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Apprezzamento ai diaconi per il loro prezioso servizio alla Chiesa in Brasile e un sentito ringraziamento alle loro famiglie che collaborano a questo particolare ministero: è quanto espresso da mons. Jaime Spengler, arcivescovo di Porto Alegre e presidente della Commissione per la pastorale dei ministeri ordinati e la vita consacrata della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), nel messaggio per la Festa di San Lorenzo, patrono dei diaconi, celebrata il 10 agosto.

La vocazione al diaconato dono di Dio
Il messaggio sottolinea l’importanza centrale del ministero diaconale nella Chiesa, ricordando come il servizio dei diaconi sia documentato sin dai tempi apostolici. In questo senso – afferma - la restaurazione del Diaconato Permanente deciso dal Concilio Vaticano II è “un fatto importante per la vita delle varie comunità che costituiscono le Chiese Particolari”. Mons. Spengler ricorda inoltre come la vocazione al diaconato sia un dono di Dio e come  tale debba “essere accolta, apprezzata e promossa”. Il ministero che svolge il diacono, in comunione con i vescovi, scrive, “è una risposta generosa a questo dono a favore della Chiesa”.

Il diacono testimone della presenza viva della Carità di tutta la Chiesa
L’arcivescovo di Porto Alegre focalizza quindi l’attenzione sulla speciale testimonianza che i diaconi sono chiamati a dare alla società ed il contributo che quelli sposati offrono alla vita familiare, in virtù della duplice dimensione sacramentale che caratterizza il loro ministero. “Il diacono – afferma, richiamando le Direttive sul Diaconato permanente per la Chiesa brasiliana - testimonia la presenza viva della carità di tutta la Chiesa e contribuisce all’edificazione del Corpo di Cristo, raccogliendo ad unità gli uomini ancora dispersi, promuovendo il senso comunitario e lo spirito della famiglia”. La sua missione – conclude mons. Spengler - è di andare “incontro alle persone di tutte le religioni, razze, classi o condizioni sociali, facendosi servo di tutti come Gesù”. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 225

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.