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Sommario del 04/08/2015
- Card. Stella: Francesco vuole sacerdoti misericordiosi e vicini al popolo
- Gioia e condivisione: il Papa incontra i ministranti di tutto il mondo
- Tweet del Papa: lasciamo che l’amore di Dio si radichi in noi
- Nomina episcopale di Papa Francesco in Venezuela
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Sviluppo e ambiente: i nuovi impegni dell'Onu entro il 2030
- Obama: giù le emissioni di carbonio del 30% entro 15 anni
- Siria: Usa, sì a raid in difesa dei ribelli. Nuove azioni di al-Nusra
- Oim: nel 2015 oltre 2 mila migranti morti nel Mediterraneo
- Card. O’Malley: vendita feti negli Usa, frutto di cultura del profitto
- Ici e scuole paritarie. Agidae: incontro positivo con il governo
- Al via Festival di Locarno. Chatrian: sarà la casa delle immagini
- Soddisfazione vescovi Usa per piano anti-inquinamento Casa Bianca
- 70.mo bombardamento atomico. Vescovi Giappone: educare alla pace
- Costa Rica. Mons. Quirós: famiglia, patrimonio dell’umanità
- Congo: a Kinshasa in costruzione nuova basilica per i fedeli
- Irlanda: card. Dolan inaugura Novena alla Vergine di Knock
- Al via a La Reunion i Giochi contro tutte le frontiere
Card. Stella: Francesco vuole sacerdoti misericordiosi e vicini al popolo
Un pastore secondo il cuore di Dio. La Chiesa celebra oggi la memoria di San Giovanni Maria Vianney, patrono di tutti i parroci del mondo. Ancora oggi, a 150 anni dalla morte, il Santo Curato d’Ars è una figura di grande attualità per i sacerdoti e in molti aspetti ricorda lo stile pastorale di Papa Francesco. Alessandro Gisotti ne ha parlato con il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero:
R. – A me sembra che il Curato d'Ars sia una figura che ormai è entrata nella vita della Chiesa e soprattutto che dovrebbe incidere con la sua propria storia, con il suo insegnamento nella vita dei sacerdoti di oggi. In che senso? E’ stato un pastore estremamente vicino al gregge, nel senso che ne ha condiviso la storia, ne ha condiviso un po’ anche le povertà, che erano tipiche di quel tempo. E’ stato un grande esempio per questo gregge, soprattutto con la sua semplicità di vita, con la sua povertà personale. Semplicità e povertà sono due virtù che hanno una grande attualità, anche per il mondo di oggi. Il sacerdote che si presenta umile, povero, semplice, direi che ha una marcia in più per farsi capire!
D. – San Giovanni Maria Vianney era un parroco che viveva in mezzo al popolo di Dio. Pensiamo anche alle tante ore passate nel confessionale. Papa Francesco ricorda un po’ con il suo stile pastorale proprio la figura del Curato d’Ars…
R. – Direi che uno dei messaggi sostanziali, importanti di Papa Francesco sia il messaggio sulla misericordia. Ha esortato i preti a diventare, ad essere dei confessori con il cuore aperto all’accoglienza dei peccatori. Proprio il Curato d’Ars ci ha insegnato quest’arte di ricevere i peccatori con cuore aperto. La cosa unica è che in questo stesso ambito il Papa ci insegna a prendere anche noi, come sacerdoti, l’abitudine della Confessione. Abbiamo visto il Papa inginocchiarsi, il marzo scorso, durante la liturgia penitenziale, davanti al suo confessore, nella Basilica di San Pietro. Io penso che sia un’immagine che ci deve essere molto cara. Il Papa ha detto – e lo ripete sempre – “Io sono un peccatore". E ogni peccatore ha bisogno di essere purificato e di incontrare la misericordia del Signore. Io direi che un grande esempio che avvicina il Santo Curato d’Ars e Papa Francesco sia la predica sulla misericordia e l’esercizio della misericordia per gli altri e per se stessi.
D. – L’Anno della misericordia è vicino. Quali frutti potrà dare questo anno così speciale, in particolare ai sacerdoti nel loro ministero?
R. – I sacerdoti oggi lavorano tanto. Quindi vorrei che questo Anno della misericordia portasse ulteriore lavoro ai sacerdoti, ma non un lavoro burocratico, non un lavoro amministrativo, ma un lavoro veramente sacerdotale, un lavoro proprio nel senso profondo di ricevere i frutti di questo incontro con Dio nella vita liturgica, nel Sacramento della riconciliazione, ed anche una necessità di approfondire la fede. Confido che l’Anno giubilare porterà lavoro ai sacerdoti, però un vero lavoro sacerdotale, che li affatichi di più, nel senso di una fatica salutare. Fatica, impegno, sacrificio nel senso che Dio vuole e che il Papa desidera.
D. – Qual è la cosa che, anche considerando le conversazioni che ha potuto avere con il Santo Padre, sta più a cuore a Papa Francesco riguardo ai sacerdoti?
R. – Io ricordo un incontro con il Papa qui in Congregazione, lo scorso mese di maggio, quando il Papa disse: “Si parla tanto della riforma della Curia Romana – il Papa stava visitando i dicasteri della Curia Romana - ma la riforma della Curia è legata ad una riforma della Chiesa, ad una rinnovata riscoperta del Vangelo. E a questo rinnovamento della Chiesa, si arriva solamente attraverso il ministero dei sacerdoti”. Ecco, quindi torniamo alla questione di sempre: il peso dei sacerdoti nella vita ecclesiale. Il Papa desidera molto l’autenticità della vita. Il Papa ci dà un grande esempio di vicinanza al popolo cristiano. Il sacerdote ha in Papa Francesco un vero modello, un modello vicino. C’è nella vita di Papa Francesco, nel suo stile di essere vescovo e di essere sacerdote, un qualche cosa che accomuna e ricorda a tutti i sacerdoti della Chiesa alcune esigenze primordiali, sostanziali: vita di preghiera, disciplina personale, dedizione apostolica, amore per il gregge, stare con il proprio gregge... pastori del gregge, fedeli, umili, semplici. La gente ascolta ciò che diciamo, guarda come agiamo, le nostre azioni, ma soprattutto considera ciò che siamo!
Gioia e condivisione: il Papa incontra i ministranti di tutto il mondo
Appuntamento questo pomeriggio in Piazza San Pietro per i partecipanti all’undicesimo Pellegrinaggio internazionale dei ministranti. Sul tema delle parole del profeta Isaia: “Eccomi, manda me!”, vivranno un momento di festa, di testimonianza ma soprattutto di preghiera che culminerà con l’arrivo di Papa Francesco e la recita dei Vespri in diverse lingue. Il servizio di Alessandro Filippelli:
Saranno in migliaia questo pomeriggio a Piazza San Pietro, i ragazzi provenienti da diversi Paesi europei, che desiderano vivere una esperienza di Chiesa universale e festeggiare il loro servizio e la loro missione. I giovani vivranno momenti di festa, scambio fraterno e condivisione di esperienze di vita parrocchiale. Un’occasione per approfondire la fede e la scelta di servire la Chiesa, come fanno i ragazzi del preseminario S. Pio X in Vaticano, che ogni anno nei mesi di luglio e agosto, vivono, come “Chierichetti di San Pietro”, un’esperienza intensa e gioiosa di vita comunitaria fatta di impegno, gioco, amicizia e preghiera. Don Bruno Moneta, rettore del preseminario San Pio X:
R. – E’ un’idea che ha avuto don Giovanni Folci, direttore nel 1926 di questo preseminario: di fare, oltre al servizio in Basilica, anche una "cernita". Se uno, cioè, diventa prete sa che qui trova un ambiente in cui si prepara, studia e soprattutto cerca di capire con la preghiera se questa è la sua vocazione.
D. – I ragazzi che arrivano qui fanno questa piccola esperienza di 20 giorni, durante il periodo estivo. Con quale spirito affrontano queste giornate?
R. – Lo spirito forte è quello della Basilica, perché anche chi viene da grandi chiese, trovandosi in Basilica si perde! Non sembra, infatti, ma ci vogliono alcuni giorni. Vanno con la cartina a cercare dov’è l’altare. Noi siamo ormai "vecchi" del posto, ma la loro prima idea è proprio questa: servire le Messe, servire in Basilica, soprattutto la domenica, quando ci sono le liturgie solenni, con turibolo, incenso e canti. Nello stesso tempo c’è anche la parte per loro bella, divertente, perché sanno che oltre al servizio ci sono tutte le visite a Roma, le gite, la piscina, il calcio. Si cerca, cioè, di riempirli in questi giorni di cose belle, in modo che si ricordino anche positivamente un domani che non sono venuti qui a servire solo la Messa, ma sono venuti anche a vivere assieme.
D. – Insieme al servizio liturgico nella Basilica vaticana diventa anche un’opportunità culturale e turistica per visitare il Vaticano e la città di Roma. Quindi offre un’esperienza gioiosa di vita comunitaria, fatta però anche di impegni…
R. – Certo, perché alzarsi al mattino, alle 6.10, 6.15, per i ragazzi è un po’ dura, anche se dopo si abituano. Ci sono momenti impegnativi, anche durante la giornata, momenti di preghiera. Si cerca di creare in loro questo stile, questa armonia con il buon Dio, in modo che non siano qua solo a fare una bella esperienza divertente, culturale, ma anche spirituale.
D. – Le chiedo se è riuscito qualche volta a parlare direttamente con Papa Francesco di questa iniziativa del preseminario San Pio X…
R. – Noi lo incontriamo prima di qualche servizio, di qualche Messa, di qualche occasione in cui viene in Basilica a celebrare, se non proprio privatamente ma quasi, allora lui saluta prima tutti i chierichetti e i cerimonieri. Lo abbiamo anche invitato a venire a stare con noi ultimamente. Gli ho detto: “Venga al preseminario che mangiamo assieme una bella pizza”, perché a lui piace la pizza. Allora si è voltato e mi ha detto: “Meraviglioso”. Con altri Papi, soprattutto con Papa Wojtyla, c’era questo discorso molto familiare. Lui infatti da cardinale veniva ad abitare davanti a noi, nel Palazzo San Carlo. In varie occasioni ha detto: “Io vi conosco bene, perché sento le vostre musiche, i vostri strilli”. Questo Wojtyla un po’ di anni fa, adesso siamo quasi vicini di casa di Papa Francesco, ma per adesso non è ancora venuto. Speriamo che venga presto!
Tweet del Papa: lasciamo che l’amore di Dio si radichi in noi
“Lasciamo che l’amore di Dio si radichi in noi, cosí saremo capaci di dare noi stessi agli altri”. E’ il tweet pubblicato da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex in 9 lingue, seguito da oltre 22 milioni di follower.
Nomina episcopale di Papa Francesco in Venezuela
In Venezuela, Francesco ha nominato Vescovo di Margarita Mons. Fernando José Castro Aguayo, finora Vescovo titolare di Ampora ed Ausiliare di Caracas.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Spazio di libertà: in prima pagina, Maurizio Gronchi sull'uomo fra terra e cielo.
Un clima nuovo: Luca M. Possati illustra il piano di Obama.
Giovanni Cerro su quando governare significa servire: saggio di democrazia medievale.
Non c'è formula che tenga: Gabriele Nicolò in difesa di Agatha Christie.
Marco Beck sulle vicende del libro cristiano, in un profilo dalle origini alla fine dell'età tardoantica.
La grande fabbrica: Martin Caparros sulla maternità surrogata.
Sviluppo e ambiente: i nuovi impegni dell'Onu entro il 2030
Sarà formalmente adottata dai leader mondiali il prossimo settembre, durante l’assemblea dei capi di Stato e di governo dell’Onu, la nuova agenda per lo sviluppo sostenibile appena approvata dai 193 Paesi membri. Diciassette le nuove sfide che sostituiranno gli otto Obiettivi del Millennio in scadenza quest’anno e che dovranno essere realizzate entro il 2030. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito il nuovo piano “l’agenda della gente”: si propone di sradicare la fame, assicurare l’accesso all’acqua, contrastare le discriminazioni verso le donne, garantire scuole e cure per tutti, salvaguardare l’ambiente. Adriana Masotti ha chiesto un commento a Luca De Fraia di ActionAid Italia, organizzazione impegnata nella lotta alle cause della povertà:
R. – Si tratta certamente di una agenda molto vasta. Con questo nuovo passaggio sicuramente si compie un salto di qualità, perché si parla di sviluppo sostenibile: quindi, per certi versi, rendere più completa questa cornice di obiettivi, ampliare queste ambizioni era un passaggio necessario per mettere insieme lotta alla povertà, lotta al cambiamento climatico e lotta alle ineguaglianze.
D. – Fermiamoci sui punti dell’agenda che si occupano della lotta alla povertà estrema e della garanzia per tutti del diritto al cibo. Sono obiettivi realizzabili? In che modo?
R. – Vorrei dire che si tratta di obiettivi alla portata della nostra comunità internazionale, del nostro sistema globale. Eliminare la povertà significa ridurre al minimo possibile la quantità di persone che vivono oggi con meno di un dollaro e 25 centesimi al giorno. Ricordiamoci che, in tema di accesso al cibo, il problema non è la quantità di cibo disponibile, che supera le esigenze dell’intera popolazione globale. Quindi, per come sono definiti questi obiettivi, si può essere ragionevolmente ottimisti. Veniamo, però, da una lunga serie di impegni non realizzati; veniamo ad esempio da una Conferenza per la finanza e per lo sviluppo, che si è svolta solo qualche settimana fa ad Addis Abeba e che non ha dato delle precise indicazioni su come mobilitare le risorse necessarie. Quindi, come spesso accade in queste circostanze, il 'punto interrogativo' è legittimo e fa parte del lavoro che organizzazioni come la nostra devono fare: cercare cioè di risolvere questo quesito in termini positivi.
D. – Pare sempre più evidente che gli obiettivi fissati dall’Onu non potranno essere raggiunti se lasciati alla responsabilità dei soli governi. Ma l’agenda riconosce l’importanza della società civile, dei movimenti popolari, fino ad arrivare al singolo cittadino?
R. – Sicuramente siamo in una fase dove – se guardiamo ai testi – sì, c’è questa importanza della società civile. Contestualmente, però, dobbiamo prendere atto che ci sono molti Paesi in cui lo spazio per la società civile, locale e internazionale, è uno spazio che viene ridotto e contestato. In questo caso si tratta di compiere un certosino lavoro di verifica. Sull’importanza attribuita al sistema multilaterale, poi, io vorrei aprire una riflessione: si vede molto spesso in questi anni, proprio sulle politiche di cooperazione e sviluppo, una ripresa della dimensione nazionale. Quindi l’attribuzione di un ruolo sempre maggiore delle Nazioni Unite poteva essere ulteriormente rafforzata in queste occasioni. Questa probabilmente è una delle eredità delle decisioni di queste settimane che dovranno essere ulteriormente approfondite.
D. – C’è chi ha commentato che la parola che sta alla base della nuova agenda mondiale è “solidarietà”: una parola molto utilizzata da Papa Francesco. Lei la ritrova?
R. - Assolutamente sì! Quello che vorrei segnalare, però, è che c’è una coesistenza di elementi. Si parla spesso di “nuovo partenariato globale per lo sviluppo sostenibile”: ma è sufficiente creare questa grande cornice, è sufficiente dire che tutti hanno un ruolo, che tutti hanno le proprie responsabilità o è necessario incominciare a precisare e verificare cosa ciascuno e cosa ogni attore deve fare? Questa idea poi che gli aiuti pubblici allo sviluppo non sono più sufficienti: le risorse necessarie per raggiungere i grandi obiettivi di sviluppo sono sicuramente grandi volumi e si parla di diversi migliaia di miliardi. L’aiuto pubblico allo sviluppo, così come lo abbiamo conosciuto, sono poche risorse… Però l’idea semplice è di attingere a risorse di altra natura: quindi il settore privato, quindi le rimesse, quindi la tassazione. Però, al di là dei buoni principi e al di là dei buoni intenti, non siamo ancora riusciti - come comunità internazionale - a capire come integrare queste risorse verso obiettivi di sviluppo sostenibile, perché non basta dire che le risorse sono disponibili, ma bisogna fare in modo che vengano indirizzate nella maniera migliore possibile.
Obama: giù le emissioni di carbonio del 30% entro 15 anni
Tagliare le emissioni di anidride carbonica del 30 per cento entro il 2030. E’ l’obiettivo del piano del presidente statunitense, Barack Obama, illustrato ieri citando l’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco. Sulla valenza del progetto, Eugenio Bonanata ha intervistato Sergio Marelli, presidente del Cisa, il Comitato italiano sovranità alimentare:
R. – Una dichiarazione, quella del presidente degli Stati Uniti, molto importante, soprattutto in considerazione del fatto che tra gli attori internazionali, cioè tra gli Stati che oggi stanno negoziando le misure da assumere per la lotta ai cambiamenti climatici, gli Stati Uniti hanno la maggiore responsabilità essendo i maggiori inquinatori - in termini quantitativi, ovviamente - dell’atmosfera. Quindi un impegno del presidente degli Stati Uniti era la mossa che da tempo ci si aspettava per avere uno dei grandi inquinatori - l’altro, ricordiamolo, è la Cina - pronto ad assumere finalmente delle misure efficaci per combattere i cambiamenti climatici.
D. – Come valutare gli obiettivi fissati da Obama, anche alla luce del passato e quindi in riferimento al rifiuto del Protocollo di Kyoto da parte degli Stati Uniti?
R. – Farei una considerazione anzitutto politica: Obama è al suo secondo mandato e notoriamente nella storia dei presidenti degli Stati Uniti, senza l’impegno pressante di un rinnovo elettorale alla carica di capo della Casa Bianca, diciamo che questi sono in grado di poter assumere delle scelte "più coraggiose". Da un punto di vista più tecnico e scientifico, non bisogna dimenticare che il 30 per cento se da un lato è una riduzione importante, che chiederà anche una grande responsabilità e degli innegabili sacrifici ai cittadini statunitensi, tuttavia non si può dimenticare che l’obiettivo fissato dalla comunità internazionale e riconosciuto da buona parte della comunità scientifica è molto più alto: occorrerebbe entro il 2030 ridurre del 30 per cento le emissioni di Co2 dei gas inquinanti, ma dai livelli del 1992 e quindi ben di più del 30 per cento di riduzione dai livelli attuali. Un passo importante, un passo significativo da tempo atteso, ma purtroppo ancora insufficiente. Sperando che sia il primo passo su una buona strada.
D. – Gli Stati Uniti e i repubblicani sono scettici: quale sarà l’impatto sull’economia americana?
R. – Il problema dell’impatto dell’economia sui cambiamenti climatici è un problema di differenza di visione tra il breve e il medio e lungo periodo. Chi pensa di risollevare l’economia nel breve periodo, anche a sacrificio dell’ambiente e del clima e quindi del futuro, non ha uno sguardo lungimirante. Condivido e sono assolutamente d’accordo con coloro i quali dicono: “oggi si impongono dei ‘sacrifici’, delle riduzioni, perché è l’unica strada per poter garantire la sostenibilità in futuro”.
D. – In sostanza qual è l’eredità che Obama lascia al prossimo presidente degli Stati Uniti?
R. – La speranza è che lasci un’eredità di un Paese pronto ad assumersi le proprie responsabilità. Non è che debbano fare solo loro: tutte le nazioni e tutti i governi hanno la necessità e l’obbligo di condividere questa grande responsabilità. Però io penso che il principio delle cosiddette responsabilità differenziate - e cioè chi più inquina, più deve impegnarsi - sia il principio giusto da applicare.
D. – Il capo della Casa Bianca ha citato il Papa. In che modo la “Laudato si’” ha ispirato Obama?
R. – Certo, è una Enciclica stravolgente, senza mezze parole, senza mezzi termini, che ha affrontato alcune questioni suppostamente dibattute nella comunità scientifica e che ha richiamato soprattutto un grande impegno nei confronti delle generazioni future per la tutela e la salvaguardia dei loro diritti. La “Laudato si’” è stata un passo importante, compiuto in un momento alquanto opportuno. E penso una ispirazione per tutti coloro i quali hanno a cuore il destino e il futuro della generazione umana.
Siria: Usa, sì a raid in difesa dei ribelli. Nuove azioni di al-Nusra
Dopo mesi di discussioni, gli Stati Uniti hanno deciso: se i ribelli siriani - addestrati dal Pentagono a combattere contro il sedicente Stato Islamico (Is) - finiranno sotto attacco, a difenderli interverranno i caccia bombardieri americani: anche se ad attaccarli fossero le forze del regime del presidente siriano Bashar al Assad. La decisione, presa dal capo della Casa Bianca Barack Obama su sollecitazione del Dipartimento della Difesa, giunge quando altri 5 ribelli sono stati catturati dai qaedisti del Fronte al-Nusra. In questo quadro, il segretario di Stato Usa John Kerry, in trasferta in Medio Oriente e Asia, ha dichiarato che Bashar al-Assad e il suo regime hanno “perso legittimità” a causa della “brutalità” contro la popolazione e l’inadeguatezza delle loro azioni contro l’Is. Sui motivi che hanno spinto Washington ad autorizzare raid aerei in difesa di alcuni gruppi di ribelli siriani, Giada Aquilino ha intervistato Guido Olimpio, inviato del Corriere della Sera:
R. - Essenzialmente per due motivi. Il primo: questi ribelli, ancora pochi - si parla di una sessantina, più alcune centinaia già presenti – erano in difficoltà, essendo stati attaccati da altri ribelli di ispirazione qaedista. Il secondo: fa parte di un piano americano e turco – a più riprese confermato e smentito: c’è molta confusione al riguardo – per creare una zona di sicurezza al confine Nord della Siria, vicino alla Turchia. Questi raid dovrebbero creare una sorta di ombrello.
D. – Perché puntare sui ribelli siriani?
R. – Probabilmente perché questo è un tentativo di creare una realtà che possa aiutare a proteggere quell’area e impedire che l’Is si rafforzi in quel settore. Però tutto è fatto con molta indecisione. Intanto, questi ribelli sono pochi: dovevano essere diverse migliaia, ma gli americani hanno dovuto rinunciare perché non si fidavano. Quindi è una politica dei piccoli passi.
D. – La decisone di fatto aumenta il rischio di uno scontro diretto con Assad? Perché questi raid sarebbero autorizzati anche se ad attaccare fossero le forze del regime siriano…
R. - Le forze di Assad forse si asterranno dal farlo. È evidente, come risulta da commenti e dibattiti di questi giorni, che ormai la Siria viene smembrata: credo che Assad non sia in grado di difendere la parte Nord e quindi cercherà di rimanere distante, tenendo i suoi aerei lontani anche perché non avrebbero possibilità. Mosca poi ha protestato contro l’iniziativa, sostenendo che questa è una violazione, un atto di destabilizzazione. Però pare che, dietro le quinte, ci siano molti contatti in questi giorni e lo stesso Assad in un famoso discorso ha detto di non poter difendere “tutta la Siria”. Quindi, insomma, stiamo assistendo ad un lento smembramento. E la creazione di un’eventuale zona di sicurezza nel Nord della Siria è un’ulteriore conferma.
D. - A cosa servirebbe una zona cuscinetto?
R. - Questo è il punto. I turchi la pensano essenzialmente come un cuscinetto per proteggere i profughi siriani, aiutare i ribelli vicini alla Turchia, ma anche e soprattutto prevenire che i curdi si istallino in quest’area, perché questa fascia interrompe due zone che sono già sotto controllo dei curdi siriani. Quindi creare questa fascia significa spezzare tale territorio. Gli americani invece vogliono privare l’Is di uno sbocco verso la Turchia perché da qui passano i volontari e possono passare i rifornimenti. Su ciò non ci sono molti accordi: è questo il problema del progetto.
D. - Come vanno lette le dichiarazioni di Kerry, che ha preso le distanze da Assad riaffermando invece il sostegno al governo iracheno?
R. - Forse si devono a queste trattative, a questi contatti in corso tra Kerry e alleati arabi, ma anche con i russi: ha incontrato Lavrov, girano voci della ricerca di una nuova formula per la Siria. Credo che Kerry bilanci un po’: da una parte appoggia i ribelli, però abbiamo visto che gli americani hanno dato con il contagocce gli aiuti ai ribelli, preferiscono che lo facciano il Qatar, la Turchia, perché non si fidano essenzialmente né dei partner regionali né dei ribelli.
D. - E il ruolo dell’Iran del dopo accordo sul nucleare, in questo quadro, qual è?
R. - Non vuole perdere la Siria, quindi sta mandando i suoi uomini, le milizie sciite, e aiuta in maniera decisa con molto denaro il regime di Assad. Il fatto è che anche l’Iran sembra faccia parte di un negoziato sotterraneo per il dopo Assad o comunque per mantenere un ruolo. Però al tempo stesso si rende conto che la posizione di Assad e del regime è precaria. Si dice che, forse, sia stato lo stesso Iran a consigliare Assad di difendere certe zone e lasciarne perdere altre. Comunque l’idea di base è che Iran ed Hezbollah vogliano avere un punto di appoggio in Siria perché è legata al Libano, ai giochi regionali ovviamente in chiave anti saudita e anti sunnita.
Oim: nel 2015 oltre 2 mila migranti morti nel Mediterraneo
Dati preoccupanti sul fenomeno migratorio quelli diffusi stamani dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Sono più di 2 mila i migranti morti nel Mediterraneo finora nel 2015 nel tentativo di raggiungere le coste europee. Inoltre l’Oim rileva che sono 188 mila i migranti soccorsi nel Mediterraneo dall'inizio dell'anno e si potrebbe sfondare il muro dei 200 mila già questa settimana. Si tratta di un tragico record. Nello stesso periodo del 2014, le vittime in mare erano state poco più di 1.600. Per un commento su questi dati, Giancarlo La Vella ha intervistato Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana:
R. – Sono dati sconcertanti! In qualche modo confermano purtroppo le previsioni fatte da Caritas Italiana all’indomani della chiusura dell’operazione “Mare Nostrum” e del passaggio a “Triton”. Noi avevamo ben chiaro che “Mare Nostrum” era una operazione che aveva permesso – nonostante, anche in quel caso, le molte vittime - il salvataggio in mare di moltissime persone e che il passaggio a “Triton” avrebbe comportato un aumento delle vittime. E questo perché la zona di competenza di “Mare Nostrum” era molto più vasta, si spingeva fino alle coste libiche e in genere è chiaro il fatto che le morti avvengono nella prima parte della traversata: essendo più ridotta la portata dell’azione di “Triton” questo è certamente uno dei motivi che ha fatto aumentare le morti in mare e anche evidentemente l’aumentata pressione sulle coste europee da parte dei cosiddetti profughi.
D. – Manca, sul tema immigrazione, un salto di qualità importante?
R. – Diciamo che l’agenda europea proposta in primavera dell’Unione, rispetto alla gestione dei flussi migratori, è stata l’occasione - a nostro avviso - per far uscire allo scoperto molti dei Paesi dell’Unione che nessuno mai avrebbe sospettato potessero tenere dei comportamenti così restrittivi rispetto all’immigrazione: mi riferisco alla Gran Bretagna, all’Ungheria, che oggi hanno dichiarato – di fronte a quello che sta accadendo, anche con i fatti – che rispetto a questo tema non vogliono farsene poi realmente carico. La costruzione di un muro è un segnale forte e chiaro che non c’è la volontà di consegnare all’Europa la gestione di questo fenomeno… Rimane in mano ai singoli Paesi e ognuno cerca di fare i propri interessi! Quindi l’idea che l’Italia, la Grecia e i Paesi del Mediterraneo debbano continuare da soli a portare avanti questa azione non solo di salvataggio ma anche di accoglienza è, sotto gli occhi di tutti, insostenibile! Quindi quello cui stiamo assistendo – ovvero l’arrivo sulle coste della Francia o anche al confine italo-francese, come anche in Austria di tanti profughi - dimostra come delle politiche di chiusura debbano comunque fare i conti con i progetti migratori che sono diversi da quelli che vorrebbero tanti Paesi europei oggi.
D. – La richiesta di aiuto di Parigi e Londra all’Europa stride con tutta la situazione che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo nel Mediterraneo, quando era l’Italia e gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo a chiedere un intervento più importante di Bruxelles?
R. – Quanto meno è curiosa e arriva abbastanza in ritardo questa richiesta di aiuto, perché quando siamo stati noi a formularla – come altri Paesi – siamo stati un po’ etichettati come degli apprendisti rispetto al tema. Invece di fronte ad alcune centinaia – perché di questo si tratta – di persone che cercano di entrare in Gran Bretagna si fa subito richiesta all’Europa di intervenire. Per cui questo dimostra che evidentemente c’è bisogno di una Europa formata dalla volontà di tanti Paesi che oggi si dimostrano poco solidali e si muovono in ordine sparso. Quindi finché non ci sarà una volontà seria di metterci intorno a un tavolo per implementare una strategia comune, credo che grandi soluzioni non le troveremo.
Card. O’Malley: vendita feti negli Usa, frutto di cultura del profitto
Polemiche accese sulle aberranti pratiche di vendita - vietate ma di fatto diffuse negli Stati Uniti - di feti abortiti. Il dibattito, che ha varcato i confini degli Usa, continua e si approfondisce dopo la diffusione in luglio di quattro video realizzati dal Center for medical Progress (CMP), al fine di documentare il traffico di tessuti ed organi da parte della potente organizzazione americana Planned Parenthood, che opera per la salute riproduttiva e l'educazione sessuale e fa azione di lobby a favore della legislazione abortista, anche contrastando l'obiezione di coscienza di medici e operatori sanitari. Il servizio di Roberta Gisotti:
Sono pratiche che “negano il rispetto dovuto all’umanità e alla dignità della vita umana”, dichiara il cardinale Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston e presidente del Comitato pro vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Sono “il prodotto di una mentalità del profitto, di una cultura dell’usa e getta”, che “hanno schiavizzato i cuori e le menti di tante persone”, condanna il porporato la pratica “ormai standard” di ottenere tessuti e organi fetali tramite l’aborto.
Lo scandalo ha investito la Planned Parenthood, sorta nel 1942, basata a New York e Washington, con 59 Uffici affiliati negli Usa e Centri partner in 13 Paesi dell’America Latina e dell’Africa. Chiuso il suo account su Twitter. Rimossa dal sito Internet la lista delle 41 aziende sponsor dopo la dissociazione di alcune tra le più importanti: Coca Cola, Ford Motor, Xerox e American Express. Oltre 10 Stati e il Congresso hanno dato il via ad indagini. I governatori di Virginia, Kansas, Missouri e Texas hanno già chiesto di sospendere i fondi alle cliniche collegate con Planned Parenthood, che - come ha ricordato la deputata repubblicana, Black - riceve dallo Stato, attraverso le tasse, intorno a 500 milioni di dollari l’anno “per pagare circa 327 mila interruzioni di gravidanza”. Da qui la sua proposta, e quella analoga del collega di partito al Senato, Lankford, di fermare i finanziamenti federali fino a inchieste concluse sul caso. Ma la Casa Bianca ha invece, - attraverso il portavoce Eastern - lodato Planned Parenthood, per avere “raggiunto i più elevati standard etici” e attaccato il Center for Medical Progress per avere realizzato in modo fraudolento i video, dove non vi sarebbe “evidenza” di illeciti. Tanto che il Dipartimento di Giustizia di Washington sta indagando in merito. Lo stesso Obama ha annunciato che proibirà con il veto presidenziale il taglio dei fondi pubblici a Planned Parenthood, che - è bene ricordare - ha finanziato la sua ultima campagna elettorale. Nei video i dirigenti della Planned Parenthood trattano il prezzo - fra 35 e i 100 dollari – di organi di bambini abortiti. I più richiesti, di questo turpe mercato, sono fegato, cuore e polmoni.
Ici e scuole paritarie. Agidae: incontro positivo con il governo
Questa mattina a Palazzo Chigi si è tenuto un incontro tra il sotto-segretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, con le associazioni delle scuole paritarie, tra cui la Fidae, la Federazione Istituti Attività Educative, e l’Agidae, l’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica. Tra le questioni affrontate lo spinoso problema dell'Ici-Imu. Su questo confronto, Marina Tomarro ha raccolto il commento di padre Francesco Ciccimarra presidente nazionale dell’Agidae:
R. – Secondo me, l’incontro è stato più che positivo. Intanto perché erano presenti tutte le parti in causa, non c’erano molte richieste da fare ma c’era soltanto da capire come si potesse evolvere in senso positivo o negativo la situazione Imu per le scuole paritarie. Direi che la discussione al tavolo si può dividere in due parti: quello che è successo dal 2012 in poi, sì è fatto chiarezza su tale questione in linea con la normativa europea. Per quanto riguarda, invece, la riflessione sulla sentenza della Cassazione dei tempi recenti, ci si è soffermati ad analizzare il contesto normativo nel quale la Cassazione è intervenuta. Abbiamo colto nella volontà delle parti istituzionali – quindi, della presidenza del Consiglio dei ministri e dei due ministeri di riferimento – una buona disponibilità a cercare di chiudere il problema Ici-Imu all’interno di un quadro organico e armonico con il sistema legislativo italiano.
D. – Secondo lei, lo Stato in che modo dovrebbe fare di più per le scuole paritarie?
R. – Lo Stato, per fare di più, dovrebbe – dal mio punto di vista – garantire la continuità dei finanziamenti, di ciò che condivide con le singole scuole paritarie al momento in cui stipula la convenzione, perché se oggi le scuole stanno soffrendo è per i ritardi, a volte non più sostenibili, con cui le erogazioni ministeriali arrivano a destinazione. Questo comporta anche un rallentamento dei pagamenti degli stipendi … cioè, un rallentamento della macchina scolastica che spesso causa grave disagio un po’ a tutti gli interlocutori. Quindi se lo Stato facesse questo già nei tempi prestabiliti, sarebbe un grande vantaggio, un grande aiuto a costo zero per la scuola paritaria.
D. – Una norma, potrebbe servire in questo caso?
R. – Di norme ne possiamo scrivere quante ne vogliamo; è inutile dire o scrivere una norma dicendo: entro il 31 dicembre di ogni anno devono essere saldati i debiti con le scuole. Se poi i soldi non ci sono, quella norma resta lì. Più che aumentare la normativa bisogna fare in modo che la macchina burocratico-amministrativa funzioni nel modo migliore: quello sì!
Al via Festival di Locarno. Chatrian: sarà la casa delle immagini
Si aprirà domani sera con l’ultimo film di Jonathan Demme “Ricki and the Flash” proiettato nella suggestiva Piazza Grande, il 68mo Festival del Film di Locarno, in programma fino al 15 agosto con una serie interessantissima di proposte attente soprattutto al cinema del presente, ai territori poco conosciuti e ai giovani. Il servizio di Luca Pellegrini:
La Piazza Grande di Locarno accoglie ancora una volta il grande appuntamento con il cinema: la cittadina svizzera distesa sulle rive del Lago Maggiore per dieci giorni si anima di appassionati, ospiti, film, incontri e proposte, che da sempre le riconoscono, con il suo Festival, un ruolo di primo piano, preziosa vetrina di idee e di tendenze. Numerose sezioni, ritorni importanti come quelli di Hong Sangsoo, Zulawski e Iosseliani e una retrospettiva dedicata a Sam Peckinpah. Carlo Chatrian, direttore artistico, ha coniato quest’anno un’immagine suggestiva per descrivere il Festival 2015: la casa delle immagini. Gli abbiamo chiesto le ragioni:
“Penso che oggi la figura della casa ritorni in modo forte. I film, che facciamo vedere a Locarno, me l’hanno suscitata. La casa al cinema è stata rappresentata in tanti modi: all’epoca del Neorealismo, per esempio, è stata il luogo in cui si scopriva un’Italia diversa, in cui il cinema entrava in modo molto forte anche nell’intimità delle case: all’epoca della Nouvelle Vague era il luogo da cui si scappava. Oggi mi sembra che la figura della casa ritorni riempita di un valore affettivo. Mi vengono in mente tutte quelle persone, che non hanno più una casa, che la devono abbandonare o che semplicemente hanno dei timori per il futuro. Ecco, il cinema è specchio del mondo e ci racconta le correnti di fondo che agitano il mondo, anche quando poi i film nel contenuto non sono direttamente politici”.
Una delle sezioni storiche del Festival è quella dedicata ai Cineasti del presente, fucina del cinema del futuro.
“’Cineasti del presente’ è una sezione rivolta ad opere prime e seconde. Quindi, l’idea del presente si declina anche proprio con uno sguardo verso quei giovani registi che iniziano la loro carriera cinematografica. Il taglio, quindi, non è direttamente tematico, ma è proprio di tipo generazionale. I registi giovani, che quest’anno arriveranno a Locarno, ci raccontano il mondo in tutte le sue declinazioni: ci sono film dal carattere più direttamente esistenziale; ci sono dei documentari che parlano delle tante tragedie che toccano il mondo; ci sono film che guardano al passato per farci capire il presente”.
Focus importante ed estremamente attuale è quello che avete organizzato per presentare e raccontare il cinema del Maghreb.
“La sezione si chiama ‘Open Doors’ ed è una sezione che esiste – anche questa – da una quindicina d’anni. In realtà la sezione ha una finalità: aiutare dei film a farsi. E’ un laboratorio di coproduzioni. Ogni anno questa sezione si concentra su una regione del mondo e quest’anno è appunto il Maghreb. Progetti, quindi, di film che arrivano dalla Tunisia, dal Marocco, dalla Libia e dall’Algeria. Ne abbiamo selezionati dodici. I registi e i produttori saranno a Locarno per incontrare altri registi e per far sì che i loro progetti di film vedano la luce. A fianco di questi 12 progetti di film, abbiamo una vetrina che presenta la produzione più recente dei film di questi Paesi. Ci sarà modo, quindi, di parlare anche delle cosiddette ‘primavere arabe’ che hanno sconvolto la realtà sociale e politica di questi Paesi, ma che hanno avuto anche nel cinema un potente catalizzatore di emozioni e di racconti. Sarà, penso, dunque, una bella occasione per esplorare questa regione, che è così vicina a noi e anche magari così poco conosciuta”.
Soddisfazione vescovi Usa per piano anti-inquinamento Casa Bianca
“Un importante passo avanti per proteggere la salute delle persone, specialmente di bambini, anziani, poveri e comunità vulnerabili, dall’inquinamento nocivo e dagli effetti dei cambiamenti climatici”: così, mons. Thomas Wenski, presidente del Comitato per la giustizia e lo sviluppo umano della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, commenta il piano per ridurre l’inquinamento presentato ieri dal capo della Casa Bianca, Barack Obama.
Assumersi la responsabilità della salvaguardia del Creato
Punto centrale del progetto è raggiungere, entro il 2030, il taglio del 32 percento, rispetto al 2005, delle emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche, fonte di un terzo dell'inquinamento da monossido negli Usa. “I vescovi apprezzano questa importante decisione per mitigare il cambiamento climatico e salvaguardare la salute pubblica, in quanto essa rappresenta un modo significativo per assumerci le nostre responsabilità nella cura della creazione di Dio”.
Un richiamo alla Laudato si’ di Papa Francesco
Da ricordare che già nel mese di giugno mons. Wenski, con una lettera aperta al Congresso degli Stati Uniti, aveva chiesto di non ostacolare i nuovi standard di emissioni di anidride carbonica, richiamando l’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, in cui il Pontefice esorta “tutti a prendersi cura del Creato e della nostra casa comune, per il bene delle generazioni presenti e future”. (I.P.)
70.mo bombardamento atomico. Vescovi Giappone: educare alla pace
Hiroshima, Giappone, ore 8.15 del 6 agosto 1945: gli Stati Uniti sganciano il primo ordigno atomico ad uso bellico della storia ("Little Boy") sulla città. 80mila i morti e quasi 40mila i feriti, cui si aggiungono oltre 13mila dispersi e, negli anni a venire, ulteriori lutti a causa gli effetti delle radiazioni, per un totale di 250mila vittime. Tre giorni dopo, il 9 agosto, è la volta di "Fat Man", la seconda bomba lanciata su Nagasaki, responsabile di 70mila vittime entro la fine del 1945, più altrettante negli anni successivi. Questo, dunque, il quadro drammatico che il Giappone si appresta a ricordare, a settant’anni di distanza.
Contribuire alla pace, ma non con le armi
Per l’occasione, il vescovo di Niigata e presidente di Caritas Asia, mons. Tarcisius Isao Kikuchi, ha diffuso un messaggio in cui sottolinea che il Giappone può contribuire alla pace “non con nuove armi, ma con le sue attività di nobile e lunga storia nella crescita mondiale, in modo particolare nelle cosiddette nazioni in via di sviluppo”. “Credo – scrive il presule, citato da Asianews - che questo contributo allo sviluppo, che porta al pieno rispetto e alla realizzazione della dignità umana, sarebbe molto apprezzato e rispettato dalla comunità internazionale”.
Dal 6 al 15 agosto, l’iniziativa “Dieci giorni di preghiera per la pace”
“L’estate, e in particolare il mese di agosto, è il periodo per contemplare e agire in favore della pace in Giappone”, continua mons. Kikuchi, ricordando che, dopo l’appello pronunciato a Hiroshima da Giovanni Paolo II il 25 febbraio 1981, la Chiesa cattolica giapponese decise di indire un periodo di dieci giorni, dal 6 al 15 agosto, da dedicare alla preghiera per la pace. “Quest’anno - spiega il presule - commemoriamo il 70.mo anniversario della fine della guerra: tutti i vescovi cattolici e tutti i vescovi anglicani si riuniranno insieme il 5 agosto per pregare nella cattedrale cattolica di Hiroshima”.
Educare alla pace, sin da bambini
Ma ogni diocesi organizza le proprie attività per la pace, sulla base delle varie condizioni esistenti. La Chiesa di Niigata, ad esempio, ha deciso di invitare una coppia non cristiana che ha lanciato un programma di sostegno all’istruzione dei bambini dell’India orientale. “Nella nostra città - continua mons. Kikuchi - hanno aperto un’organizzazione non governativa, che coopera con una Ong locale: sostengono in maniera attiva l’educazione dei minori e hanno aperto una scuola per i bambini di strada”.
No alla riforma dell’articolo 9 della Costituzione
Il vescovo di Niigata si sofferma, poi, sulla scelta del governo giapponese, guidato dal primo ministro Shinzo Abe, di introdurre delle modifiche alle politiche di sicurezza nazionale, soprattutto all’articolo 9 della Costituzione, punto-cardine dell’impronta pacifista del Paese, in cui “il diritto di belligeranza dello Stato non è riconosciuto”, il nuovo articolo 9 permetterebbe, invece, alle forze armate nipponiche di entrare in azione anche senza la presenza di una minaccia diretta contro i propri confini nazionali ed in difesa di alleati sotto attacco. Il che implicherebbe la presenza di forze di autodifesa come strumento minimo per la sicurezza nazionale.
La pace non è un argomento politico, ma un fatto umano
Contraria a questa scelta dell’esecutivo, già in passato la Conferenza episcopale si era espressa sull’argomento: a marzo, ad esempio, nel messaggio per il 70.mo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, i presuli avevano ribadito di “avere, in quanto pastori, una speciale vocazione in favore della pace. Tale vocazione non è basata su alcuna ideologia politica. Noi continuiamo ad invocare la pace non come argomento politico, ma come fatto umano”. (I.P.)
Costa Rica. Mons. Quirós: famiglia, patrimonio dell’umanità
Un appello alla difesa della famiglia ed un invito alla collaborazione tra tutti i settori della società per sconfiggere la crisi sono stati al centro della Festa di Nostra Signora degli Angeli, Patrona del Costa Rica. Migliaia di fedeli e di pellegrini di tutto il Paese hanno partecipato, nei giorni scorsi, alla celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo di San Josè, mons. José Rafael Quirós, nella Basilica dedicata alla Madonna a Cartago, piccola cittadina a pochi chilometri della capitale. Come tradizione, alla Messa hanno partecipato anche il presidente della Repubblica, Luis Guillermo Solís, alcuni ministri del governo e i responsabili dei diversi organismi dello Stato.
La famiglia, patrimonio dell’umanità
Durante l’omelia, mons. Quirós ha espresso la preoccupazione della Chiesa per gli innumerevoli tentativi di legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso, nonostante l’energica opposizione da parte di diversi gruppi politici e religiosi. L’arcivescovo ha ricordato che la famiglia “ideale” è quella costituita da un padre, una madre e dei figli, sul modello della Sacra Famiglia. “La famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna - ha detto - è patrimonio dell’umanità, istituzione sociale fondamentale, cellula e pilastro della società, e questo interessa credenti e non credenti”. Il presule ha poi ribadito che la difesa della famiglia e della vita è un tema che merita attenzione da parte di ogni Stato perché “il futuro della umanità si plasma nella famiglia”.
Non legare gli aiuti economici alle politiche sulla salute riproduttiva
Inoltre, mons. Quirós ha proclamato “la difesa senza sosta della vita” e ha criticato le “pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo, le quali condizionano gli aiuti economici alle politiche sulla salute riproduttiva”. Il presule ha invitato, poi, a pregare per i coniugi che non possono avere figli, alludendo anche ai progetti per regolarizzare la fecondazione in vitro che, secondo la Corte Interamericana dei Diritti Umani, deve essere legalizzata.
Disoccupazione e deficit fiscale: grandi sfide
Tra le grande sfide che affronta oggi il Costa Rica, mons. Quirós ha segnalato la disoccupazione, la violenza e la povertà che richiedono la solidarietà e il dialogo tra tutti i settori sociali. In particolare, il presule ha esortato il governo a intraprendere politiche destinate a creare nuovi posti di lavoro, “senza ulteriori ritardi”. “Le cause della disoccupazione sono di natura strutturale e richiedono uno sforzo patriottico ed etico da parte di tutti i settori”, ha detto l’arcivescovo, ricordando che “il lavoro è una necessità che fa parte del senso della vita e del cammino di maturazione, di sviluppo e di realizzazione personale”.
La società pensi al bene comune
Anche il grave deficit fiscale è stato ricordato durante l’omelia dell’arcivescovo di San Josè, che ha chiamato i diversi settori della società a pensare al bene comune, per trovare insieme una soluzione. “Davanti all’attuale situazione fiscale è ora di iniziare un dialogo ampio, perché le polarizzazioni non arrivano mai a buon fine”, ha detto il presule, che ha ricordato le parole del suo predecessore, mons. Romàn Arrieta: “O ci uniamo, o affondiamo”. In questo modo, mons. Quirós ha risposto alle parole del presidente Solìs che nel suo messaggio, durante la Messa, aveva chiesto di pregare affinché le misure intraprese dal governo in materia economica fossero le più giuste. Infatti, una settimana fa, il presidente ha affermato che l’economia nazionale non resisterà ancora un anno senza nuove tasse e ha annunciato l’aumento dell’Iva e l’istituzione di altre imposte.
La Chiesa ha il diritto di esprimere la sua opinione
Infine, mons. Quirós ha difeso il diritto della Chiesa a esprimere la sua opinione sugli sviluppi della società, perché “essa ha l’obbligo, sempre e in ogni luogo, di proclamare i principi morali e di dare un suo giudizio su qualunque argomento che coinvolga la persona umana”. Con la celebrazione eucaristica nella Festa della Madonna degli Angeli, si sono conclusi i festeggiamenti iniziati il 23 luglio scorso, che hanno portato più di due milioni di pellegrini al Santuario “La Negrita”, come viene affettuosamente chiamata la Patrona del Costa Rica. (A.T.)
Congo: a Kinshasa in costruzione nuova basilica per i fedeli
Con la posa simbolica della prima pietra, hanno preso il via in questi giorni i lavori per la costruzione della Basilica di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. La nuova chiesa – riporta l’agenzia Apic - sorgerà nel quartiere Funa, su un terreno appartenente alla Chiesa che ne ha ripreso possesso dopo aver vinto una causa legale.
I fedeli partecipano con le collette alla costruzione della Basilica
A benedire la prima pietra è stato il vescovo ausiliare della capitale, mons. Timothée Bodika, che ha esortato i fedeli, in particolare i giovani, a usare sin da ora il terreno per attività religiose e culturali. Lo scorso aprile l’arcivescovo di Kinshasa, cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, aveva esortato tutte le parrocchie dell’arcidiocesi a promuovere una seconda colletta per cominciare i lavori di costruzione della Basilica. Il porporato aveva inoltre fatto appello alla generosità tutti gli uomini e le donne di buona volontà per sostenere il costo dell’opera, stimato intorno ai 350mila dollari. (L.Z.)
Irlanda: card. Dolan inaugura Novena alla Vergine di Knock
Sarà incentrata sulla famiglia la prossima Novena annuale alla Vergine di Knock, Regina d’Irlanda, in programma dal 14 al 22 agosto nella Basilica mariana di Co Mayo. Il titolo di questa edizione è, infatti, “Fede e famiglia” ed è stato pensato in linea con il tema del prossimo Sinodo generale ordinario dei vescovi di ottobre che affronterà “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo".
Nel programma preghiere e riflessioni sul rapporto tra fede e famiglia
Il programma dell’evento prevede non solo momenti di preghiera, ma anche seminari e momenti di riflessione. A inaugurare la Novena, venerdì 14 agosto, sarà il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e già presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che illustrerà il tema centrale di questa edizione. Il 15 agosto l’arcivescovo di Armagh e Primate di tutta l’Irlanda, mons. Eamon Martin, celebrerà la Messa per la Solennità dell’Assunzione. Il giorno successivo, mons. Kevin Doran, vescovo di Elphin, parlerà del dono della famiglia, mentre il 18 agosto Kate Liffey, direttrice del Consiglio per la catechesi della Conferenza episcopale irlandese, rifletterà su cosa la vita di famiglia ci insegna sulla fede. Il rapporto tra fede e famiglia sarà analizzato nelle sue varie declinazioni anche in diversi seminari in cui si rifletterà sulla trasmissione della fede nella famiglia, sul matrimonio, e sulla famiglia come comunità di fede solidale in cui ciascuno si prende cura dell’altro.
Dal 26 al 27 agosto a Knock il Congresso Eucaristico Nazionale
Particolarmente caro ai fedeli irlandesi, il santuario mariano di Knock è stato costruito nel XX secolo sul luogo in cui nel 1879 la Vergine Maria apparve ai fedeli, assieme a san Giuseppe e a san Giovanni Evangelista anche da Papa ed è stato visitato da San Giovanni Paolo II nel 1979. Il 15 agosto di due anni fa la Basilica ha ospitato la solenne consacrazione dell’Irlanda al Cuore Immacolato di Maria, evento inserito nell’Anno della fede, indetto dall’allora Papa Benedetto XVI per commemorare i 50 anni del Concilio Vaticano II. Dal 26 al 27 settembre lo stesso Santuario di Knock ospiterà il Congresso Eucaristico Nazionale irlandese dedicato al tema ”Cristo, nostra speranza” ispirato a quello scelto per il 51.mo Congresso Eucaristico internazionale che si terrà nel gennaio del 2016 a Cebu, nelle Filippine. (L.Z.)
Al via a La Reunion i Giochi contro tutte le frontiere
Un’occasione per abbattere le frontiere tra Paesi e avvicinare le persone: questa la definizione che mons. Gilbert Aubry, vescovo di Saint-Denis de La Reunion, dà della nona edizione dei “Giochi delle Isole”. In corso dall’1 al 9 agosto proprio a La Reunion, la competizione sportiva è a carattere amichevole e coinvolge i giovani delle maggiori isole dell’Oceano Indiano. “I rapporti tra le nostre isole – afferma mons. Aubry – sono regolati, naturalmente, dalle politiche proprie a ciascun Paese o dai partenariati commerciali. Tuttavia, essi non rappresentano un principio fondamentale: che si abbattano le frontiere e si riavvicinino gli uomini, le famiglie, gli sportivi”.
Formare un unico insieme, pur nel rispetto delle diversità di ciascuno
“A suo modo, ciascuno di noi è uno sportivo – continua il presule – respirare, camminare, correre, fare squadra, superare i propri limiti e gareggiare con gli altri” fa parte della vita, “anche quando perdiamo”. Ciò che si vince, però, “è l’orgoglio collettivo di aver vissuto, tutti insieme, un momento unico che simboleggia lo sforzo quotidiano di accostarci gli uni agli altri, tra noi popoli, tra noi isole, in un unico insieme, pur nel rispetto delle diversità di ciascuno”.
Tutti i popoli siano fratelli
Per l’occasione, su richiesta del Comitato organizzatore dei Giochi, mons. Aubry ha composto anche un apposito inno intitolato “Primavera nelle nostre Isole”, che richiama l’entusiasmo dei giovani e l’auspicio che “le isole si tengano per mano, al di là dei confini”, affinché “sulle spiagge, sotto il cielo indiano, tutti i popoli siano fratelli”. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 216