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Sommario del 28/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: stare al fianco dei poveri è Vangelo non comunismo

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Terra, casa, lavoro. Sono i tre punti fondamentali attorno ai quali è ruotato il lungo discorso di Papa Francesco ai partecipanti all'Incontro mondiale dei Movimenti Popolari, ricevuti nell’Aula Vecchia del Sinodo in Vaticano. Il Papa ha sottolineato che bisogna rivitalizzare le democrazie, sconfiggere la fame e la guerra, garantire a tutti la dignità, soprattutto ai più poveri e marginalizzati. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Un intervento appassionato, di speranza e di denuncia al tempo stesso. Un discorso che, per ampiezza e profondità, ha il valore di una piccola enciclica di Dottrina Sociale. Del resto, che Papa Francesco sarebbe stato particolarmente sollecitato dall’incontro con i Movimenti Popolari era naturale. In Argentina, infatti, da vescovo e poi cardinale Bergoglio era sempre stato vicino alle comunità popolari come "cartoneros" e "campesinos". In questa udienza ha dunque ripreso il filo di un impegno infondo mai interrotto. Francesco ha subito evidenziato che la solidarietà, di cui sono incarnazione i Movimenti Popolari, si trovano ad “affrontare gli effetti distruttivi dell’impero del denaro”. E ha annotato che non si vince “lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che solamente convertono i poveri in esseri domestici e inoffensivi”. Chi riduce i poveri alla “passività”, ha detto, Gesù “li chiamerebbe ipocriti”. Quindi, si è soffermato su tre punti chiave:

“Tierra, techo, y trabajo…”

“Terra, tetto, lavoro. E’ strano – ha detto – ma quando parlo di queste cose per qualcuno sembra che il Papa sia comunista. Non si capisce che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo”. Dunque, ha soggiunto, terra, casa e lavoro sono “diritti sacri”, “è la Dottrina sociale della Chiesa”. Francesco, rivolgendosi ai "campesinos", ha detto che lo preoccupa il loro sradicamento a causa “di guerre e disastri naturali”. E ha aggiunto che è un crimine che milioni di persone soffrano la fame, mentre la “speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti, trattandoli come qualsiasi altra merce”. Di qui, l’esortazione a continuare “la lotta per la dignità della famiglia rurale”. Quindi, ha rivolto il pensiero a quanti sono costretti a vivere senza una casa, come aveva sperimentato anche Gesù, costretto a fuggire con la sua famiglia in Egitto. Oggi, ha osservato, viviamo in “città immense che si mostrano moderne, orgogliose e vanitose”. Città che offrono “numerosi luoghi” per una minoranza felice e però “negano la casa a migliaia di nostri vicini, compresi i bambini”. E ha rilevato con amarezza che “nel mondo delle ingiustizie, abbondano gli eufemismi per cui una persona che soffre la miseria si definisce semplicemente 'senza fissa dimora'". E ha denunciato che spesso "dietro un eufemismo c'è un delitto". Viviamo in città che costruiscono centri commerciali e abbandonano “una parte di sé ai margini, nelle periferie”. Ha così elogiato quelle città dove si “segue una linea di integrazione urbana”, dove “si favorisce il riconoscimento dell’altro”. E’ stata dunque la volta del lavoro:

“No existe peor pobreza material….”

“Non esiste – ha sottolineato con urgenza – una povertà materiale peggiore di quella che non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità del lavoro”. Francesco ha citato in particolare il caso dei giovani disoccupati e ha sottolineato che tale situazione non è inevitabile, ma è il risultato “di un’opzione sociale, di un sistema economico che pone i benefici prima dell’uomo”, di una cultura che scarta l’essere umano come “un bene di consumo”. Parlando a braccio, il Pontefice ha ripreso la "Evangelii Gaudium" per denunciare ancora una volta che a essere scartati sono bambini e anziani. E ora, ha detto ancora, c’è lo scarto dei giovani con milioni di disoccupati. Una disoccupazione giovanile, ha constatato, che in alcuni Paesi supera perfino il 50%. Tutti, ha così ribadito, hanno diritto a “una remunerazione degna e alla sicurezza sociale”. Qui, ha detto, ci sono "cartoneros", venditori ambulanti, minatori, "campesinos" a cui sono impediti i diritti del lavoro, “a cui si nega la possibilità di sindacalizzarsi”. “Oggi – ha affermato – desidero unire la mia voce alla vostra e accompagnarvi nella vostra lotta”. Francesco ha quindi offerto la sua riflessione sul binomio ecologia-pace, affermando che sono questioni che devono riguardare tutti, “non si possono lasciare solo nelle mani dei politici”. Ancora, Francesco ha ribadito che stiamo vivendo la “Terza Guerra Mondiale” a pezzi, denunciando che “ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra”:

“Cuanto sufrimiento, cuanta destruccion…”

“Quanta sofferenza, quanta distruzione – ha detto il Papa – quanto dolore. Oggi, si leva da tutte le parti della terra, in tutti popoli, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido di pace: Mai più la guerra!”. Un sistema economico, incentrato sul denaro – ha soggiunto – sfrutta la natura “per sostenere il ritmo frenetico di consumo” e di qui derivano effetti distruttivi come il cambiamento climatico e la deforestazione. Il Papa ha rammentato che sta preparando un’Enciclica sull’ecologia assicurando che le preoccupazioni dei Movimenti Popolari saranno presenti in essa. Il Pontefice si è dunque chiesto perché assistiamo a tutte queste situazioni:

“Porqué en este sistema se ha sacado…”

“Perché – ha risposto – in questo sistema si è scacciato l’uomo dal centro e si è rimpiazzato con un’altra cosa. Perché si rende un culto idolatrico al denaro, si è globalizzata l’indifferenza”. Perché, ha detto ancora, “il mondo si è dimenticato Dio che è Padre ed è divenuto orfano perché ha posto Dio a lato”. Il Papa ha quindi esortato i Movimenti Popolari a cambiare questo sistema, a “costruire delle strutture sociali alternative”. Bisogna, ha ammonito, “farlo con coraggio ma anche con intelligenza. Con tenacia, però senza fanatismo. Con passione, ma senza violenza”. Noi cristiani, ha detto, abbiamo un bel programma: le Beatitudini e il capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Francesco ha ribadito l’importanza della cultura dell’incontro per sconfiggere ogni discriminazione e ha detto che è necessario un maggior coordinamento dei movimenti, senza però dar vita a “rigide strutture”:

“Los movimientos populares expresan…”

“I Movimenti Popolari – ha quindi affermato – esprimono la necessità urgente di rivitalizzare le nostre democrazie, tante volte sequestrate da innumerevoli fattori”. E’ “impossibile”, ha ripreso, “immaginare un futuro per una società senza la partecipazione protagonista della grande maggioranza” della persone. Bisogna superare “l’assistenzialismo paternalista” per avere pace e giustizia, ha proseguito, creando “nuove forme di partecipazione che includano i movimenti popolari” e il “loro torrente di energia morale”. Francesco ha dunque concluso il suo discorso con un vibrante appello:

“Ninguna familia sin vivienda!...”

“Nessuna famiglia senza casa – ha detto – Nessun campesino senza terra! Nessun lavoratore senza diritti! Nessuna persona senza la dignità che dà il lavoro”. 

Tra i partecipanti all’incontro in Vaticano dei Movimenti Popolari figura anche il presidente della Bolivia, Evo Morales. Ai giornalisti, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha spiegato che, in questa occasione, la visita del capo di Stato boliviano non è stata “organizzata tramite i consueti canali diplomatici” e che l’incontro “privato e informale” che Papa Francesco avrà con il presidente questa sera va considerato “un’espressione di affetto e vicinanza al popolo e alla Chiesa boliviana e un sostegno per il miglioramento dei rapporti fra le Autorità e la Chiesa nel Paese”.

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Il Papa: stare dentro la Chiesa, non fermarsi alla reception

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La Chiesa “la fa Gesù”, che non guarda al peccato dell’uomo ma al suo cuore, che cerca per guarirlo. È la riflessione di Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino celebrata in Casa S. Marta. I cristiani, ha esortato il Papa, si sentano parte della Chiesa, senza fermarsi sulla soglia. Il servizio di Alessandro De Carolis

Il “lavoro” lo ha fatto Gesù duemila anni fa, quando ha scelto dodici colonne per costruirvi su la Chiesa e mettendo se stesso come “base” e “pietra d’angolo”. Poi, di quella Chiesa ha spalancato le porte a chiunque, senza distinzioni, perché a Cristo interessa amare e guarire i cuori, non misurare i peccati. Papa Francesco riflette in parallelo sul Vangelo del giorno, che racconta la nascita della Chiesa con la chiamata degli Apostoli, e sulla Lettura di Paolo, che descrive la Chiesa come un edificio che cresce “ben ordinato” sulle sue fondamenta. In particolare, il Papa attira l’attenzione sulle azioni che scandiscono la fondazione della Chiesa. Gesù che si ritira in preghiera, poi scende, va dai discepoli, ne sceglie dodici e contemporaneamente accoglie e guarisce chi cerca anche solo di toccarlo:

“Gesù prega, Gesù chiama, Gesù sceglie, Gesù invia i discepoli, Gesù guarisce la folla. Dentro a questo tempio, questo Gesù che è la pietra d’angolo fa tutto questo lavoro: è Lui che porta avanti al Chiesa così. Come diceva Paolo, questa Chiesa è edificata sul fondamento degli Apostoli. Questo che Lui ha scelto, qui: ne scelse dodici. Tutti peccatori, tutti. Giuda non era il più peccatore: non so chi fosse stato il più peccatore… Giuda, poveretto, è quello che si è chiuso all’amore e per questo diventò traditore. Ma tutti sono scappati nel momento difficile della Passione e hanno lasciato solo Gesù. Tutti sono peccatori. Ma Lui, scelse”.

Gesù – aveva detto poco prima Papa Francesco citando San Paolo – ci vuole “dentro” la Chiesa non come ospiti o stranieri, ma “con il diritto di un cittadino”. Nella Chiesa, insiste, “non siamo di passaggio, siamo radicati lì. La nostra vita è lì”:

“Noi siamo cittadini, concittadini di questa Chiesa. Se noi non entriamo in questo tempio e facciamo parte di questa costruzione affinché lo Spirito Santo abiti in noi, noi non siamo nella Chiesa. Noi siamo alla porta e guardiamo: ‘Ma, che bello… sì, questo è bello…’. Cristiani che non vanno più avanti della reception della Chiesa: sono lì, alla porta… ‘Ma sì, sono cattolico, sì, ma troppo no… così…”.

Un modo di fare, questo, che non ha senso rispetto all’amore e la misericordia totali che Gesù nutre per ciascuna persona. La dimostrazione è nell’atteggiamento di Cristo nei confronti di Pietro, che della Chiesa era stato messo a capo. Anche se la prima delle colonne tradisce Gesù, Gesù risponde perdonandola e conservandola al suo posto:

“A Gesù non importò il peccato di Pietro: cercava il cuore. Ma per trovare questo cuore e per guarirlo, pregò. Gesù che prega e Gesù che guarisce, anche per ognuno di noi. Noi non possiamo capire la Chiesa senza questo Gesù che prega e questo Gesù che guarisce. Che lo Spirito Santo ci faccia capire, a tutti noi, questa Chiesa che ha la forza nella preghiera di Gesù per noi e che è capace di guarirci, tutti noi”.

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Perù. Il Papa nomina nuovo arcivescovo di Cuzco

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In Perù, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Cuzco, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Juan Antonio Ugarte Pérez. Al suo posto, ha nominato mons. Richard Daniel Alarcón Urrutia. Mons. Richard Daniel Alarcón Urrutia è nato a Lima il 10 aprile 1952. Dopo aver frequentato le scuole primarie a Lima, ha continuato i corsi secondari come aspirante alla vita religiosa nel Collegio dell'Ordine dei Francescani Minori, ed ha proseguito gli studi filosofici e teologici presso l'Università Cattolica di Lima. Emessa la Professione Solenne il 15 maggio 1976, è stato ordinato presbitero l'8 dicembre 1976 a Lima. Il 20 aprile 1993 è stato incardinato tra il clero secolare della diocesi di Tarma. Come presbitero ha ricoperto i seguenti incarichi: Parroco di San Francisco ed Economo del Convento dei Francescani a Cuzco, Maestro dei Postulanti nel Convento di San José Obrero in Arequipa, Guardiano e Maestro dei Postulanti nel Convento di Santa Barbara in Juliaca, Vice-Maestro della casa di Formazione del Convento San Francisco in Lima; Parroco di San Cristóbal in Pulcamayo, diocesi di Tarma, Amministratore diocesano della diocesi di Tarma e, dal 1993 al 2001, Vicario Generale della stessa diocesi. È stato eletto Vescovo di Tarma il 13 giugno 2001 ed ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 21 luglio successivo. Attualmente, in seno alla Conferenza Episcopale, è Presidente della Caritas del Perú e Membro del Consiglio permanente.

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Papa, tweet: aiutiamo a scoprire gioia del messaggio cristiano

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Aiutiamo la gente a scoprire la gioia del messaggio cristiano: un messaggio d’amore e di misericordia”.

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Mons. Auza all’Onu: guardare al volto umano delle migrazioni

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Quando la globalizzazione “unisce le persone come partner alla pari, crea risultati reciprocamente vantaggiosi” e fruttuosi per tutti. In caso contrario, essa aggrava le disuguaglianze, generando “emarginazione, sfruttamento e ingiustizia”. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenendo a New York alla 69.ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: sul tema “globalizzazione e interdipendenza”, è stato posto l’accento in particolare sul fenomeno delle migrazioni e sul ruolo della cultura. Il servizio di Giada Aquilino

“Una delle più grandi sfide della globalizzazione è la migrazione”. Lo ha ricordato l’arcivescovo Auza, a nome della delegazione vaticana alle Nazioni Unite. Partendo dalla sfida centrale per gli obiettivi di sviluppo nel dopo 2015, cioè garantire a tutti i benefici della globalizzazione, e basandosi su documenti e relazioni del segretario generale dell’Onu, l’osservatore permanente della Santa Sede ha ricordato che al giorno d’oggi “solo una collaborazione sistematica e attiva tra gli Stati e le organizzazioni internazionali può essere in grado di regolare e gestire in modo efficace i movimenti migratori”.

La sfida della migrazione d’altra parte, ha aggiunto, riguarda tutti, “non solo per l’entità del fenomeno, ma anche per i problemi sociali, economici, politici, culturali e religiosi che solleva”. La preoccupazione della delegazione guidata da mons. Auza è stata quella di “evidenziare i casi particolarmente preoccupanti di traffico di esseri umani e di forme contemporanee di schiavitù”, generati dalle migrazioni: 27 milioni di persone, ha sottolineato mons. Auza, vivono in condizioni di schiavitù in tutto il mondo, per sfruttamento sessuale, lavoro forzato e negazione dei diritti fondamentali. Si stima, ha proseguito citando le statistiche internazionali, che ogni anno circa due milioni di donne siano vittime di traffici a fini sessuali e molte persone, compresi i bambini, siano al centro del traffico illegale di organi. Ancora di più sono coloro che lavorano nelle fabbriche per lunghe ore, mal pagati e senza protezioni sociali e legali. “Queste forme di schiavitù – ha riflettuto l’arcivescovo Auza – sono l’opposto di una globalizzazione guidata dalla cultura dell’incontro e dai valori della solidarietà e della giustizia”. Papa Francesco, ha sottolineato, afferma che queste forme di moderne schiavitù “sono un crimine contro l’umanità e una ferita aperta nel corpo della nostra società contemporanea”.

Pur conoscendo la complessità del fenomeno migratorio, nei suoi aspetti giuridici, nei casi di massiccia migrazione forzata o di spostamenti a causa di guerre o catastrofi, mons. Auza ha ricordato che “è necessario sempre vedere il volto umano della migrazione, vedere il migrante come un altro essere umano”, dotato dei nostri stessi diritti e dignità. Solo così si potrà “rispondere alla globalizzazione delle migrazioni con la globalizzazione della solidarietà e della cooperazione”, accompagnandola con “sforzi per portare la pace nelle regioni in conflitto e un più equo ordine economico mondiale”. Se la globalizzazione ha ridotto il mondo in un villaggio, ha detto il rappresentante della Santa Sede, allora possiamo anche diventare “buoni vicini”.

L’arcivescovo Auza ha ricordato inoltre che uno dei motori principali della globalizzazione e dell’interdipendenza è la cultura. “Il turismo culturale – ha riferito – rappresenta il 40%” delle entrate turistiche in crescita nel mondo. Ma l’accento non va posto solo sugli aspetti economici, ma anche sui benefici intangibili e non monetari: ad esempio, ha ricordato, attraverso di esso “si approfondisce la nostra conoscenza su popoli e luoghi”, si promuove la “comprensione reciproca” e una “maggiore inclusione sociale”, si amplia la consapevolezza della necessità di “proteggere meraviglie naturali”. In sintesi, ha spiegato, “la cultura è veicolo privilegiato per esprimere e condividere la nostra comune umanità”. La cultura, quindi, “non è destinata ad essere privatizzata o resa esclusiva, ma piuttosto ad essere condivisa” e ad entrare in dialogo con le altre culture, viste come dono per il “bene comune globale”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Terra, casa e lavoro diritti per tutti: Papa Francesco ai partecipanti all'incontro mondiale dei movimenti popolari.

Cattolici ma non troppo: messa del Papa a Santa Marta.

Parità fra ottantuno anni: rapporto sulla condizione femminile nel mondo.

Oltre la logica della deterrenza per instaurare la vera pace:

Intervento della Santa Sede all'Onu.

Un affresco inaspettato: la prefazione di Ritanna Armeni al libro che raccoglie i ritratti di sante pubblicati nell'inserto mensile "Donne chiesa mondo" de "L'Osservatore Romano".

Donate e moltiplicatevi: Carlo Petrini per una storia medica e sociale del sangue e Giulia Galeotti sul saggio del sociologo Richard Titmuss, il primo a condannare il mercato del sangue.

"Dolore e oblio": Emilio Ranzato recensisce il film "Still Alice" sull'alzheimer, con una strepitosa Julianne Moore.

Ostaggio delle parole: Gabriele Nicolò sul poeta gallese Dylan Thomas, nel centenario della nascita.

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Oggi in Primo Piano



Caritas e Cei in aiuto delle famiglie nord Iraq

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La Conferenza episcopale e la Caritas italiane si muovono in aiuto delle famiglie del nord Iraq, costrette alla fuga dall’avanzata dei miliziani dello Stato Islamico. A questo scopo, il “Progetto Famiglia”, varato dopo la visita nel Paese del Golfo di una delegazione della Cei, punta al gemellaggio con famiglie di profughi attraverso un concreto supporto economico, per dare loro casa, istruzione e fare fronte ai bisogni primari per un periodo da un mese a un anno. Sull’importanza di quest’iniziativa, Giancarlo La Vella ha sentito Silvio Tessari, responsabile dell’Ufficio Medio Oriente e Nord Africa di Caritas Italiana: 

R. – La situazione dei cristiani e di altre minoranze in Iraq è veramente spaventosa, è assolutamente assurda in quanto queste oltre 100 mila persone sono senza futuro, non sanno dove andare. Quindi, penso che l’idea che è stata partorita insieme sia proprio quella di fare questi gemellaggi fra alcune famiglie – naturalmente non si può fare per tutte  - di questi rifugiati cristiani e anche non cristiani e le famiglie o comunità e anche diocesi in Italia.

D. – Come si può, attraverso un intervento economico, riorganizzare quella che potrebbe essere una vita nomale per questi nuclei familiari?

D. – Ci sono più aspetti. C’è il problema del cibo: già la comunità cristiana fa veramente molto. Quindi, garantire il mantenimento per un mese di una famiglia di rifugiati costo 140 euro. Poi, c’è l’aspetto casa, cioè garantire almeno dei container adibiti ad uso abitazione invece che di tende che con il freddo imminente sono assolutamente invivibili. Infine, a lunga scadenza, anche se è piuttosto urgente anche questo, è il progetto scuola per i bambini e anche per i giovani. Visto che questi sono dispersi in varie località, c’è bisogno dell’acquisto di alcuni autobus per portarli nelle scuole già funzionanti o di nuova costruzione che le diocesi – in particolare l’arcidiocesi di Erbil – stanno costruendo per accogliere alcune centinaia di bambini dei rifugiati.

D. – Queste persone fuggono incalzate dalla violenza che avanza…

R. – Certo. È persino commovente vedere queste famiglie inermi con i bambini e con le persone anziane che dicono semplicemente: “Ci perseguitano per causa della nostra fede”; parole che attualmente di dicono e che di vivono in questa parte di mondo. È una cosa che noi cristiani dobbiamo cercare assolutamente almeno di alleviare.

D. – Il monito di Papa Francesco “Non può esistere un Medio Oriente senza cristiani” è sperabile un giorno che, anche grazie a questi aiuti, queste famiglie possano ritornare nelle proprie case?

R. – Il fenomeno della fuga, dell’emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente purtroppo dura da qualche decennio, sta peggiorando. Bisogna essere molto realisti: sta peggiorando e sta diventando veramente preoccupante. Papa Francesco ha ragione quando dice che qualora scomparissero sarebbe certamente una grande perdita, perché comunque i cristiani rappresentano una sorta di punto di pacificazione fra le diverse componenti locali. Credo sia dovere nostro come persone umane, nemmeno come cristiani, salvare questa convivenza che può essere di modello proprio per una vera convivenza reale e non “sopportata”, come purtroppo lo è stata per molto tempo in questa zona e in altre zone del mondo.

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Unicef: aumentano bambini poveri nei Paesi ricchi, oltre 76 milioni

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La stima dei bambini che vivono in povertà nel mondo sviluppato è di oltre 76 milioni. Tra questi, quasi 2 milioni sono considerati poverissimi Questo è il primo dato negativo che viene fuori dal 12.mo Rapporto dell Unicef “Innocenti report card”, presentato questa mattina a Roma. Tema dell’analisi “Figli della recessione: l’impatto della crisi economica sul benessere dei bambini nei Paesi ricchi”. Il servizio di Marina Tomarro

In Italia, un bambino su tre vive in povertà con oltre 600 mila minori poveri in più rispetto il 2008. Di questi il 16% è in condizioni di gravi privazioni materiali. Sono questi i primi  dati allarmanti riportati dal Rapporto Unicef sull’impatto della crisi economica sui bambini dei Paesi ricchi del mondo. E tra i 41 stati dell’Unione Europea e dell’Ocse analizzati, l’Italia viene collocata tra quei 23 dove la povertà infantile è aumentata. Guardando altri Paesi come la Grecia, la Spagna la Croazia, i numeri salgono di oltre il 50%. Il commento di Bruno Martorano, tra i redattori del Rapporto:

"Il quadro più allarmante è legato soprattutto, nell’ultimo periodo, alle economie dei Paesi mediterranei. L’Italia si trova spesso in compagnia, in queste classifiche, con la Spagna e la Grecia. In Grecia, purtroppo, la povertà ha raggiunto livelli altissimi, mentre il tasso di disoccupazione giovanile, in Spagna, è di oltre il 50%. La nostra analisi non è andata a studiare le singole aree, ma è andata ad analizzare sicuramente quelli che sono i gruppi più colpiti. E i gruppi più colpiti sono le famiglie con bambini, quelle famiglie in cui c’è un solo un reddito o in cui i genitori non lavorano e, in ultimo, le famiglie immigrate. Queste sono le situazioni che aumentano la probabilità di entrare in una condizione di indigenza".

E oltre alla povertà aumentano i cosi detti “Neet”, cioè quella generazione compresa tra i 15 e 24 anni che né studia e ne lavora, che solo in Europa colpisce oltre 7 milioni di giovani e che vede l'Italia con il 22% al primo posto. Il commento del presidente del Comitato Italiano per l’Unicef, Giacomo Guerrera:

"Quando noi sentiamo l’indice Neet, che evidenzia il 40% dei ragazzi che non vanno a scuola, non seguono corsi di formazione né lavorano, questo dimostra che non esiste una politica chiara e precisa per quanto riguarda le proposte formative. Allora, il primo intervento è quello di fare proposte intelligenti ai nostri giovani, per cercare di avviarli al lavoro, con attività di formazione e coinvolgimento, che siano più adeguate a quelle che sono le loro aspettative. Bisogna che si apra un ventaglio di ipotesi, alle quali i giovani potranno aderire, seguendo questi corsi, per un’occupazione adeguata".

E fondamentale, diventa quindi il contributo delle istituzioni per restituire a questi ragazzi la speranza di un futuro. Ancora Giacomo Guerrera:

"E’ necessario avviare le nostre politiche verso una logica che guardi veramente alla condizione dell’infanzia, alla condizione dei giovani. Giovani che soffrono questa situazione, che è drammatica: non hanno lavoro e non hanno la possibilità di occupare il loro tempo neanche in attività di formazione. E a questi giovani bisognerà cercare di dare una risposta. E allora coinvolgere questi giovani nei processi di formazione è fondamentale, perché solo così sarà possibile dare loro la speranza e la possibilità di un’eventuale occupazione".

Infatti, grazie ad una politica attenta e scelte giuste il rRpporto evidenzia anche che in 18 Paesi la povertà infantile è diminuita. Tra questi  l’Australia, il Cile, e in Europa la Finlandia e la Polonia hanno ridotto i livelli di circa il 30%.

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Comunità Giovanni XXIII: contro la tratta agire sulla domanda

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Si è tenuto stamani presso la Camera dei deputati a Roma un Seminario sulla tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento sessuale, organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Obiettivo del Convegno analizzare le soluzioni, già sperimentate con successo in altri paesi europei, per contrastare il fenomeno agendo anzitutto sul fronte della domanda, i cosiddetti clienti e offrire l’esperienza maturata nel contrasto alla prostituzione dalla Comunità stessa. Al Seminario sono intervenuti tra gli altri Vittoria Luda di Cortemiglia, dell’United Nation Interregional Crime and Justice Research Institute, alcuni parlamentari italiani e Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Papa Giovanni XXIII. Irene Ciambezi, operatrice della Comunità ha parlato di un aspetto di solito ignorato e cioè che cosa vive una donna vittima di sfruttamento sessuale. Adriana Masotti l’ha intervistata: 

R. – Gli psicologi che collaborano con la nostra Associazione e l’esperienza della comunità Papa Giovanni ci fanno dire che nella donna che si prostituisce avviene un vero e proprio annientamento della propria identità. Ogni donna è costretta a mettersi una maschera e a costruire una nuova identità, quella della donna prostituta che vende il proprio corpo e che per fare questo deve vivere l’esperienza di una vera e propria alienazione. Diceva don Oreste: “Nessuna donna nasce prostituta”:

D.  – In Italia, il Dipartimento Pari opportunità sta lavorando alla redazione di un Piano Nazionale Anti-tratta. Che cosa potrete suggerire in base alla vostra esperienza?

R. – Con il Dipartimento per le Pari Opportunità, da diversi mesi, stiamo cercando di portare avanti un percorso di dialogo. E l’aspetto che a me preme di più è che siano introdotte misure per scoraggiare la domanda, perché se non si lavora proprio sulla figura del cliente come sfruttatore, così come i trafficanti, non si riuscirà mai a ridurre il fenomeno della prostituzione.

D. – Quindi, un insieme di sanzioni o qualcosa che vada oltre?

R. – Noi vorremmo che fosse introdotto il reato di acquisto di prestazioni sessuali a pagamento. Questo modello a cui ci rifacciamo è il modello nordico, quindi leggi che già ci sono in Svezia, in Norvegia, per esempio, modello che ha dato ottimi risultati, non solo con la riduzione del fenomeno della prostituzione, ma anche con il cambiamento di una cultura all’interno del Paese, in cui non è più centrale il dominio dell’uomo sulla donna. La donna non può essere considerata oggetto, non può essere considerata merce di scambio.

D.  – Anche se in alcuni Paesi, proprio nel nord Europa, ci sono i quartieri a luci rosse…

R. – Certamente, conosciamo l’esperienza dell’Olanda e anche della Germania. Però, questa mattina citavo proprio la testimonianza coraggiosa di psicologi e psicoterapeuti tedeschi: mi riferisco alla sofferenza, al vissuto traumatico delle donne, e quindi all’appello degli psicoterapeuti ad intervenire anche in questi Paesi dell’Europa con una politica che colpisca la domanda, che colpisca il cliente, perché esercita sempre un’azione di potere sulla donna, rendendola schiava.

D. – La comunità Papa Giovanni XXIII tiene strettamente collegato il fenomeno della tratta con quello della prostituzione. Però sappiamo che ci sono donne che si prostituiscono per guadagnare velocemente tanti soldi…

R.  – Per quanto riguarda la nostra esperienza sia in strada che anche in esperienze di accoglienza di donne prostitute in appartamento o nei night, la donna è sempre, sempre, vittima di violenza. Dico questo perché sicuramente tanti dicono che sarebbe opportuno riaprire le case chiuse: se andassero a leggere le lettere delle donne prostituite rivolte alla senatrice Lina Merlin, vedrebbero come anche all’interno degli antichi bordelli, in realtà c’era sempre una forma di sfruttamento da parte di una "maitresse" e anche di clienti che cercavano di utilizzare il corpo della donna come merce. Questo aspetto non nasce mai da una libertà della donna, perché nessuna donna venderebbe mai il suo corpo. La situazione di rischio e di vulnerabilità è altissima.

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Veneto: ok a mozione pro famiglia naturale. Il Papa incoraggia

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Il Consiglio regionale del Veneto, in risposta agli “Standard per l’educazione sessuale in Europa” diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, ha approvato una mozione in difesa della famiglia naturale e del diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri principi morali e religiosi. Accolta anche la richiesta di istituire una giornata dedicata alla famiglia naturale. Un incoraggiamento alla promotrice della mozione, la consigliera Arianna Lazzarini, è giunto da Papa Francesco tramite una lettera della Segreteria di Stato Vaticana. Il servizio di Paolo Ondarza

L’ostruzionismo non ha fermato l’approvazione in sede di Consiglio Regionale del Veneto di una mozione a tutela della famiglia naturale: 31 sì, 21 no, zero astenuti, otto assenti. La prima firmataria è la consigliera leghista Arianna Lazzarini:

R. - Questa mozione riporta alcuni episodi riferiti appunto al “documento standard educazione sessuale”, approvato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dove si inseriscono delle linee guida - chiamiamole così- come la masturbazione infantile precoce, il contatto fisico come espressione d’amore, il diritto di esplorare la libertà di genere addirittura dai zero ai quattro anni e dai quattro ai nove. Questo documento sta già girando in alcune scuole. Io dico semplicemente che il diritto e dovere di ogni famiglia è quello educare i propri figli secondo i propri valori e i valori cristiani.

D. - Questa mozione, questo provvedimento è stato duramente contestato prima dell’approvazione…

R. - Sì, diciamo che è stato un mese abbastanza difficile, un po’ complicato. Io, in prima persona sono stata attaccata e definita razzista, omofoba e quant’altro… Quasi quasi dovrei sentirmi in colpa per aver portato una mozione di questo genere dove, di fatto, la famiglia viene definita tale in quanto composta da uomo e donna, che insieme crescono i propri figli seguendo i valori naturali su cui si fondano la nostra società e la nostra identità.

D. - Ecco, in questo contesto di dibattito acceso, di ostruzionismo lei ha deciso di scrivere al Papa…

R. - Mi sono permessa, seguendo un mio sentimento interiore, di scrivere al Papa semplicemente per chiedere un suo parere e spiegando cosa ovviamente avevo fatto come istituzione.

In risposta è giunta alla consigliera Lazzarini una lettera della Segreteria di Stato vaticana, a firma dell’assessore mons. Peter Brian Wells, con l’incoraggiamento del Papa a "perseverare a favore della persona umana per l’adeguata tutela dei valori tradizionali e per il riconoscimento del diritto all’educazione dei figli secondo i valori cristiani".

R. - Per me, naturalmente, è stata una grande soddisfazione aver ricevuto la risposta. Questo per me è stato un motivo di forza per continuare in questa battaglia.

D. - Il Veneto si prepara ad essere la prima regione in Italia ad istituire una Festa della famiglia naturale...

R. - Credo proprio di sì. Il mio intento è quello di farlo entro Natale. Coinvolgeremo istituzioni, enti locali scuole, parrocchie, tutto il mondo e la società civile del Veneto, anche perché - come ho ricordato - esiste già una Giornata internazionale della Famiglia istituita dall’Onu nel lontano ’93: il giorno 15 maggio. Quindi c’è già, di fatto, una Giornata: perché non celebrarla anche a livello nazionale, visto che purtroppo la famiglia in questi ultimi tempi è stata parecchio attaccata?

D. - Non a caso chiedete una Giornata dedicata alla famiglia naturale…

R. - Esattamente, ovvero composta da uomo e donna che assieme crescono i loro figli. Questo è il punto cardine della mozione. Tengo a precisare che esiste già una Giornata contro l'omofobia a maggio, e non vedo perché noi non possiamo istituire una Giornata della famiglia naturale.

D. - Si potrebbe trattare di un apripista per il resto del Paese?

R. - Me lo auguro. Ho ricevuto parecchi messaggi di sostegno, di incoraggiamento ad andare avanti da molte istituzioni che si trovano al di fuori del Veneto. Mi auguro che questo mio esempio, questa nostra mozione approvata, sia da esempio per qualsiasi altra situazione del nostro Paese.

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Rapporto Svimez: Sud a rischio desertificazione umana e industriale

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E’ un sud al sesto anno di crisi strutturale, sempre più povero, segnato dalla emigrazione e dalla popolazione anziana, quello che emerge dal "Rapporto Svimez" 2014 presentato oggi a Roma. L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno fornisce dati e analisi e poi lancia le sue proposte per affrontare un’emergenza sociale e produttiva che influisce negativamente sull’intero Paese. Di una “necessaria strategia nazionale per uno sviluppo integrato” ha parlato il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, autore di una nota di Premessa al Rapporto. Il servizio di Gabriella Ceraso

C’è un rischio di desertificazione umana e industriale al Sud che si prevede in recessione anche per il prossimo anno, con un Pil a -0.7% contro una timida risalita del Centronord a +1.3%. Un divario che si è andato accentuando: tra il 2007 e il 2013, il Sud ha perso il 13,3% della sua ricchezza contro il 7% del Centronord. Il Rapporto racconta di una emigrazione in aumento (-116 mila abitanti nel solo 2013), di un calo della natalità - con 177mila nascite nel 2013, il valore più basso dal 1861- e di una povertà crescente - fino a +40% di famiglie povere nel solo ultimo anno. I motivi sono da ritrovarsi nella mancanza di lavoro - il Sud ha perso il 60% dei posti nazionali tra 2013 e il 2014 - e nei mancati investimenti - dal 2008 -33% contro il 24,5 del Centronord. In particolare sofferenza l'industria con il 53% degli investimenti in cinque anni di crisi. La Calabria si conferma la regione più povera d'Italia, con un Pil pro-capite che nel 2013 si è fermato a 15.989 euro, meno della metà delle regioni più benestanti come Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Lombardia. Sono numeri , dice il segretario generale della Cei, mons Nunzio Galantino, che non possono lasciarci indifferenti:

"Non permettono di girare alla larga da una realtà che grida e che continua a gridare il bisogno di ripresa per ciò che stagna e un bisogno di accelerazione per quello che si muove molto lentamente".

Il Sud è una "chance per tutto il Paese, bisogna esserne convinti nei fatti però, non solo a parole", aggiunge mons Galantino che spiega: "No al pietismo o all’assistenzialismo", sì alla sussidiarietà e a un'economia non esclusivamente basata sul profitto, bensì attenta alla realtà. Quindi ammonisce:

“Pietismo e assistenzialismo sono stati e continuano ad essere i più efficaci e subdoli alleati del malcostume e del sistema malavitoso. L’alternativa passa solo attraverso una consapevole assunzione di responsabilità. Dove questa consapevole e coraggiosa responsabilità manca, ricordiamoci, ci saranno altri a far pesare i bisogni, indirizzandoli e trasformandoli in richieste di favore”.

Uno sguardo d’insieme al Paese Italia accomuna la Chiesa e lo Svimez, che nel Rapporto parla di una necessaria "strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno, con una logica di sistema e un’azione strutturale di medio e lungo periodo fondata su quattro "drivers": rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea e valorizzazione del patrimonio culturale. Il presidente Svimez, Adriano Giannola:

"Oggi, dobbiamo ritrovare un percorso comune Nord-Sud per ricollocare l’Italia all’interno del quadro europeo. E in questo senso ci sono spazi enormi, perché il Mezzogiorno è l’emergenza, ma ha anche le grandi opportunità: la logistica, l’energia, la rigenerazione urbana, che sono tutti i tasselli di una strategia nazionale non per far ripartire la crescita - che non ha senso - ma lo sviluppo. Le risorse ci sono, occorre attivarle e usare quelle disponibili come i fondi europei, però in una visione che vede il Mezzogiorno come un traino di tutto il Paese. Il problema è che, purtroppo, per ora c’è un grande silenzio su queste cose".

Nel complesso delle politiche di intervento chieste al govreno dal Rapporto Svimez, spiccano fiscalità di compensazione e di vantaggio specie per l'export, il rilancio degli investimenti per le cui spese si chiede l’esclusione dal computo del rapporto deficit/pil. Ottimista il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano del Rio:  "L'Italia sarà quello che sarà il Sud", ha detto, "e il governo è sostenitore della necessità di una grande azione per portare nella politica del Mezzogiorno le politiche europee di inclusione e sostenibilità. E per questo servono grandi investimenti pubblici" da tenere fuori dal patto di stabilità:

"I finanziamenti ci sono. Nel Sud ci sono molte risorse per raggiungere per primi i vari obiettivi, tra questi la banda ultra larga. Il Sud ha le potenzialità per diventare molto competitivo nei prossimi anni. Dobbiamo lavorare intensamente e con molta disciplina".

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A Roma torna il cinema israeliano con il Pitigliani Kolno'a Festival

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Dal 1 al 5 novembre a Roma, alla Casa del Cinema e al Centro Ebraico Pitigliani, torna "PKF 2014", il Pitigliani Kolno’a Festival, dedicato alla cinematografia israeliana e di argomento ebraico Il servizio di Francesca Sabatinelli

Giunto alla sua nona edizione, quest’anno il Pitigliani Kolno’a Festival punta sui personaggi del cinema israeliano. L’appuntamento si aprirà con “Gett”, pellicola dei fratelli Ronit e Shlomi Elkabetz, che in Italia uscirà il prossimo 20 novembre e che è stata scelta da Israele per la corsa all’Oscar come miglior film straniero. Tra gli ospiti presenti a Roma nei giorni della rassegna, la cosiddetta "Anna Magnani del cinema israeliano": Gila Almagor. Ce ne parla Ariela Piattelli, curatrice del Festival assieme a Dan Muggia:

"La sua presenza è in occasione della presentazione del film'Matzor', che significa 'assedio', ed è un film del 1969, girato in Israele da un regista italiano, l’unico film girato interamente in Israele da un regista italiano, Gilberto Tofano, figlio di Sergio Tofano. Verranno entrambi, sia Gila Almagor che Gilberto, a parlare di questo film che aiutò tantissimo il cinema israeliano a quel tempo. Per il suo valore, all’epoca fu presentato a Cannes. E’ un film straordinario, pieno di suggestioni della Nouvelle Vague, del Neorealismo, tutte correnti che hanno ispirato Gila Almagor. Io mi ricordo che qualche anno fa organizzammo una manifestazione dedicata ad Anna Magnani a Gerusalemme e la Almagor era in prima fila. Ha ammesso, infatti, di essere stata ispirata dalla recitazione di Anna Magnani e, quando va in giro per il mondo, parla soprattutto dei film del Neorealismo, che sono stati per lei importantissimi. E si vede, si vede dai suoi film. Ne proietteremo più di uno, oltre a Matzor, anche 'Life according to Agfa', il film di Assi Dayan".

Assi Dayan è uno dei personaggi del cinema israeliano al quale il Kolno’a rende omaggio. Figlio del generale Moshe Dayan, Assi, recentemente scomparso, è considerato uno degli attori e dei registi più importanti di Israele. Di Dayan verranno proiettati al Festival i primi due capitoli di" In treatment", la serie sugli psicanalisti che ha ispirato tutto il mondo. Molta importanza in questa edizione 2014 riveste il materiale d’archivio. Ancora la Piattelli:

"Noi abbiamo deciso di centrare il laboratorio, che curiamo tutti gli anni e che è rivolto agli studenti di cinema, ma non solo, a tutti, su di un documentario costruito interamente con il materiale di archivio e dedicato ad Assi Dayan. Parleremo in quel laboratorio di come viene utilizzato oggi il materiale di archivio e come in qualche modo cambi il cinema, a seconda delle scoperte del materiale di archivio. Ci sarà il giornalista Claudio Della Seta, che ha scoperto di recente delle bobine risalenti ai primi anni venti e, dunque, prima testimonianza filmata di una famiglia ebraica romana, famiglia, peraltro, che è stata sterminata dai nazisti durante la Shoah. Ovviamente, quindi, questa scoperta rivoluziona un po’ il mondo del cinema ebraico. Basti pensare che fino a ieri chi voleva girare un film sugli ebrei italiani, sugli ebrei romani, non aveva materiale di archivio, mentre da oggi ci sono immagini di archivio da poter utilizzare, per costruire un prodotto audiovisivo su questo argomento". 

Molti altri i film presenti al Festival che, come da tradizione è a entrata libera, e che offrirà anche il documentario definito da Wim Wenders "uno dei più bei film sulla musica di tutti i tempi": "I'm your man", di Lian Lunson, ritratto del musicista, poeta e scrittore Leonard Coen, raccontato da amici e colleghi.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi argentini: dove sono i bambini scomparsi durante la dittatura?

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Per la prima volta nella storia argentina, i vescovi chiederanno pubblicamente notizie sui bambini scomparsi durante l’ultima dittatura. Il presidente della Conferenza episcopale argentina, mons. José María Arancedo, arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz - riferisce l'agenzia Fides - ha infatti registrato uno spot insieme ad alcune "Abuelas de Plaza de Mayo" (Nonne di Plaza de Mayo), in cui chiede, a nome di tutti i vescovi, che quanti sono in possesso di informazioni al riguardo, le forniscano alle autorità.

“Esortiamo le persone che hanno informazioni sul luogo in cui sono stati i bambini sequestrati, o siano a conoscenza dei luoghi di sepoltura clandestina, a riconoscere l'obbligo morale che hanno di riferirlo alle autorità competenti”, come parte del messaggio di mons. Arancedo. Lo spot andrà in onda da questi giorni e per un mese su tutte le reti televisive e radiofoniche.

Di recente il presidente della Commissione della Pastorale sociale della Conferenza episcopale argentina, mons. Jorge Lozano, vescovo di Gualeguaychú (Entre Rios), ha scritto una lettera in cui ha fatto una richiesta simile, con un forte tono di denuncia, per chiarire i casi dei bambini nati in una situazione di mancanza di libertà. "C'è stata una rete di silenzio e complicità che ha messo la museruola alla verità" afferma nella lettera mons. Lozano, ribadendo "l'obbligo morale" per quanti abbiano informazioni, di fornire i dati.

“Siamo impegnati a continuare a cercare la verità con la certezza che ciò ci rende liberi” afferma mons. José María Arancedo, secondo la nota pervenuta a Fides. Il testo dello spot, che ha per titolo "La fede muove verso la verità", riprende una dichiarazione dei vescovi argentini del novembre 2012. Ci sono ancora circa 400 famiglie che cercano i loro nipoti “regalati” o scomparsi durante il periodo del terrorismo di Stato. (R.P.)

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Egitto: Monastero Santa Caterina smentisce attacco islamista

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Il Monastero di Santa Caterina, situato nella regione del Sinai, ha smentito le notizie su presunti assalti subiti da gruppi islamisti, messe in circolo nei giorni scorsi da media e blog cristiani. La netta smentita è stata affidata a un comunicato ufficiale del Monastero, pervenuto all'agenzia Fides, dove si legge che nessun gruppo islamista ha attaccato il complesso monastico e nessun monaco è stato preso in ostaggio.

Il comunicato definisce “false e irresponsabili” le operazioni di disinformazione messe in atto dai media che per richiamare l'attenzione non esitano a fabbricare falsi allarmi riguardanti la condizione dei cristiani nei Paesi arabi.

Il Monastero di Santa Caterina, alle pendici del monte Horeb, ospita attualmente una ventina di monaci greco-ortodossi sottoposti all'autorità di un arcivescovo/abate, e gode di uno statuto di autocefalia. E' considerato il più antico Monastero cristiano ancora attivo, e nel 2002 è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco per la sua architettura bizantina, la sua preziosa collezione di icone e la raccolta di manoscritti antichi. (R.P.)

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Congo: sacerdote scomparso da tre settimane nell’Ituri

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Da tre settimane non si hanno notizie di don Jean-Berchomans Nguna, un sacerdote della diocesi di Bunia, nel Distretto di Ituri, nella Provincia Orientale, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Lo ha annunciato ieri, il vescovo del luogo, mons. Dieudonné Uringi Uuci, nel corso di una conferenza stampa.

Secondo mons. Uringi - riporta l'agenzia Fides - don Nguna si trovava in convalescenza presso la parrocchia di Badia, 40 km a sud di Bunia. “Da quando è scomparso, nessuno ne ha trovato traccia. Tutti i tentativi effettuati dal clero e dai fedeli per trovarlo, non hanno dato risultati” ha affermato il vescovo. (R.P.)

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Myanmar: 100 mila Rohingya in fuga da persecuzioni e violenze

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Sono oltre 100 mila i musulmani Rohingya che hanno abbandonato il Myanmar negli ultimi due anni, dall'inizio delle violenze confessionali con la maggioranza buddista, lasciandosi alle spalle disperazione e miseria in cerca di una vita migliore. Lo denunciano - riferisce l'agenzia AsiaNews - gruppi di attivisti pro-diritti umani birmani. L'esodo di massa avviene a bordo di imbarcazioni dai territori nello Stato di Rakhine, nell'ovest: i numeri sono in continuo aumento.

Chris Lewa, direttore della organizzazione non governativa Arakan Project, sottolinea che il nuovo esodo è iniziato il 15 ottobre scorso, con una media di 900 persone al giorno che si ammassano a bordo di navi cargo, in partenza dai porti dello Stato. Un totale di quasi 10mila persone in meno di due settimane, uno dei picchi più elevati dall'inizio dell'emergenza due anni fa.

Dal giugno del 2012 lo Stato occidentale di Rakhine è teatro di scontri violentissimi fra buddisti birmani e Rohingya, che hanno causato almeno 200 morti e 250mila sfollati. Secondo stime delle Nazioni Unite in Myanmar - nazione a maggioranza buddista, con 50 milioni di abitanti - vi sono tuttora 1,3 milioni di appartenenti alla minoranza musulmana, che il governo considera immigrati irregolari e che per questo sono oggetto di abusi e persecuzioni.

Ad oggi vi sono ancora 140mila sfollati rinchiusi nei Centri profughi che, secondo quanto stabilito dal governo birmano, devono accettare la classificazione di bengali - e ottenere la cittadinanza - oppure rimanere "a vita" nei campi. All'interni essi sono privati dei diritti di base, fra cui assistenza sanitaria, educazione o un lavoro. Contro l'emarginazione e l'abbandono in cui versa la minoranza musulmana è intervenuta a più riprese anche la Chiesa cattolica birmana.

Secondo il gruppo attivista i Rohingya in fuga fanno una prima tappa in Thailandia, dove vengono condotti in Centri di accoglienza all'interno della giungla e sono vittime di maltrattamenti, estorsioni a altri tipi di violenze prima di essere rilasciati. In un secondo momento, essi ripartono alla volta della Malaysia o di altre nazioni, musulmane e non, dove peraltro non godono del diritto di cittadinanza. Anche qui, il loro futuro resta incerto.

Nelle ultime settimane le autorità birmane avrebbero compiuto dozzine di arresti fra i membri della minoranza musulmana, per presunti legami con il gruppo militante Rohingya Solidarity Organisation (Rso); durante gli arresti e la detenzione essi avrebbero subito maltrattamenti, torture e abusi. Secondo il gruppo Arakan Project almeno tre persone sarebbero morte a causa delle percosse subite e la campagna di arresti è "finalizzata ad accelerare le partenze" dal Paese. Secca la replica del portavoce governativo dello Stato di Rakhine, Win Myaing, secondo cui "non è successo nulla" e "non vi è stato alcun arresto". (R.P.)

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Venezuela: card. Urosa chiede rispetto per detenuti politici

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L'arcivescovo di Caracas, il card. Jorge Urosa Savino, ha chiesto il rispetto per i prigionieri politici. La nota inviata a Fides da una fonte locale riferisce che durante la celebrazione del 150° anniversario della nascita del Venerabile José Gregorio Hernández Cisneros, svoltasi domenica scorsa, il cardinale ha invitato le autorità del Venezuela a rispettare i prigionieri politici nel Paese.

A questo proposito ha citato tra gli altri il leader del Partito "Voluntad Popular", Leopoldo Lopez, i sindaci Enzo Scarano e Daniel Ceballos, e il Commissario Salvatore Lucchese, che sono detenuti nel Centro penitenziario Ramo Verde (Los Teques), "imputati senza prove, sottoposti a un giudizio indebito, senza un giusto processo, maltrattati in carcere e minacciati adesso di essere trasferiti chissà dove" ha detto il cardinale.

“Oggi che siamo davanti all’esempio di una personalità grande come il dottor Hernandez Cisneros – ha detto l’arcivescovo di Caracas -, mentre esaltiamo i valori dell’umanità, dobbiamo anche avere rispetto per le persone che potrebbero essere avversari politici o anche di pensiero opposto a qualcuno". La possibilità di trasferimento dei prigionieri politici in un altro Centro di detenzione è stata fatta anche dalla moglie di Lopez attraverso le reti sociali.

José Gregorio Hernández Cisneros (1864 –1919) è stato un medico, scienziato e docente. Dovette interrompere per due volte il suo cammino verso il sacerdozio a causa della malattia, quindi entrò nel Terz’Ordine francescano. Fervido credente, ha dedicato la sua vita ai fratelli più bisognosi esercitando la professione di medico. I venezuelani lo considerano già santo. (R.P.)

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Filippine: vescovi ribadiscono no a ripristino pena di morte

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I vescovi filippini ribadiscono il loro fermo no al ripristino della pena di morte per la quale premono alcune lobby nel Paese, dove è stata abolita nel 2006. La sua reintroduzione è ingiustificata, afferma la Commissione episcopale per la Pastorale delle carceri (Ecppc) nel messaggio per l’annuale settimana di sensibilizzazione dedicata dalla Chiesa locale ai carcerati, ricordando che sul patibolo sono finiti anche tanti innocenti.

Essere contro la pena di morte non significa volere lasciare in libertà i criminali: “La Chiesa crede fermamente nella Giustizia che è un valore fondamentale”, puntualizza il messaggio pubblicato sul sito dei vescovi. “Chi viola la legge deve rispondere dei suoi crimini dopo un giusto processo”. E tuttavia, sottolinea la Commissione, “togliere la vita a chi è stato condannato ed è stato reso incapace di offendere, significa dare un pessimo insegnamento ai nostri figli: quello che la vita è un bene disponibile come un qualsiasi gadget dell’era post-moderna”.

Inoltre – sottolinea ancora il messaggio - essa non è mai riuscita a fermare neanche i crimini più odiosi. Di qui l’invito ai sostenitori della pena capitale a considerare pene alternative. La Chiesa, da parte sua – afferma in conclusione il messaggio - sostiene con convinzione un altro modello di giustizia: quello di una giustizia riparativa, finalizzata, da un lato, a sanare le ferite e a conciliare la vittima e l’aggressore e, dall’altro al recupero e alla riabilitazione dei carcerati.

E l’ottenimento di una moratoria della pena capitale in Asia è l’obiettivo della Conferenza internazionale organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio “Non c'è giustizia senza vita” che si conclude oggi proprio a Manila, con la partecipazione di Ministri della giustizia di diverse nazioni, funzionari pubblici, sindaci, rappresentanti religiosi, testimoni della lotta per la giustizia e per i diritti umani provenienti da diversi Paesi asiatici.

Non è un caso che alla promozione della Conferenza abolizionista, la prima parte della quale si è svolta a Tokyo la settimana scorsa, abbia partecipato il governo delle Filippine, uno dei pochi Paesi asiatici ad avere abolito la pena di morte, nonostante le resistenze di una parte dell’opinione pubblica del Paese. (A cura di Lisa Zengarini)

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Croazia: plenaria vescovi su Sinodo sulla famiglia e teoria gender

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Il secondo incontro nazionale delle famiglie croate previsto nel 2015; il recente Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia in Vaticano; la definizione delle nuove priorità pastorali della Chiesa in Croazia e la presentazione di un messaggio dei vescovi sulla teoria di genere. Sono stati questi i temi principali che hanno caratterizzato la 49.ma Plenaria dei vescovi croati svoltasi a Zagabria.

Ad introdurre i lavori, ai quali ha presenziato anche il nunzio apostolico in Croazia, mons. Alessandro d’Errico, è stato il presidente della Conferenza episcopale, mons. Želimir Puljic, che nel suo discorso di apertura ha voluto ricordare anche due importanti anniversari celebrati quest’anno: il centenario dello scoppio della 1ª Guerra Mondiale e il 50° anniversario della proclamazione di San Benedetto a Patrono d’Europa.

Tra i primi punti all’esame dell’Assemblea i preparativi del secondo incontro nazionale delle famiglie croate previsto il 19 aprile 2015 presso il Santuario di Nostra Signorea di Trsat a Rjieka. Il tema scelto per questa seconda edizione, che sarà preceduta il 18 aprile da una Veglia di preghiera, è “La Famiglia, portatrice di vita, speranza e futuro della Croazia”.

I vescovi croati sono stati poi aggiornati sui lavori e le conclusioni del recente Sinodo Straordinario sulla Famiglia. L’assemblea ha inoltre discusso delle priorità pastorali della Chiesa croata nel prossimo futuro. Alla luce della fruttuosa esperienza del Congresso Eucaristico nazionale del 1984, è stata sottolineata l’importanza di fare scelte strategiche per affrontare le attuali sfide pastorali nel Paese.

Un altro importante punto ordine del giorno è stato infine un messaggio dell’episcopato sulla teoria di genere. Intitolato “Maschio e femmina Dio li creò”, il documento vuole mettere in guardia i fedeli da questa nuova ideologia che rimette in discussione il dato naturale della sessualità, dissociando il sesso biologico dalla sua dimensione culturale. La migliore risposta a questa sfida sottolineano i vescovi croati è l’annuncio autentico del Vangelo e la sua testimonianza quotidiana. (L.Z.)

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Serbia: celebrazioni per restaurazione arcidiocesi di Belgrado

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L’arcidiocesi di Belgrado sta celebrando il 90mo anniversario dalla sua restaurazione e il centenario dal concordato tra la Santa Sede e il Regno di Serbia. Nella cattedrale dell'Assunzione della Vergine Maria - riporta l'agenzia Sir - si sono riuniti domenica scorsa migliaia di fedeli da tutta l’arcidiocesi, molti vescovi dalla Croazia, dalla Slovenia e dalla Bosnia, il vescovo ortodosso Arsenij, vicario del patriarca serbo Irinej, rappresentanti del Comune di Belgrado, del Ministero per le religioni e dalle altre confessioni religiose presenti in Serbia.

“Una storia sotto il segno della croce che invece di impaurirci ci spinge a cantare il Te Deum”: con queste parole l’arcivescovo di Belgrado, mons. Stanislav Hocevar, ha ricordato le difficoltà che hanno costretto migliaia di cattolici a lasciare la Serbia.

Nella sua omelia il cardinale di Sarajevo, Vinko Puljic, ha invece elogiato “le ricerche sul passato dell’arcidiocesi di Belgrado compiute negli ultimi anni” e realizzate in una serie di libri di Zoran Jovanovic. Il cardinale ha notato “il grande numero dei matrimoni misti”, dovuti al fatto che i cattolici sono una minoranza, invitando i fedeli “a trasformarsi in testimoni autentici per l’altro coniuge”.

Al termine della celebrazione mons. Hocevar ha annunciato l’inizio della preparazione per il primo Sinodo diocesano con lo scopo “di riflettere su come testimoniare la fede nella nuova realtà che ci circonda”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 301

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.