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Sommario del 24/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: vado in Turchia per superare ostacoli con ortodossi

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Andrò in Turchia col desiderio di superare “gli ostacoli” che ancora ci separano dagli ortodossi. È quanto ha espresso Papa Francesco ricevendo in udienza i membri dell’“Orientale Lumen Foundation in America”. Senza “rinnovamento interiore”, ha osservato il Papa, non è possibile “un vero dialogo ecumenico”. Il servizio di Alessandro De Carolis

Tra poco più di un mese, la strada del dialogo cattolico-ortodosso fisserà sul calendario una nuova data-evento. Ancora un volta un incontro, un abbraccio, annullerà fisicamente per qualche istante quella distanza che esiste e resiste da un millennio e che, dal Vaticano II in qua, viene considerata in costante riduzione. Il 30 novembre a Istanbul, il Patriarca di Costantinopoli e il Vescovo di Roma saranno ancora una volta di fronte all’altro e Papa Francesco rivela i suoi sentimenti in vista di quell’incontro. Ai membri dell’“Orientale Lumen – Fondazione americana che porta il nome della Lettera Apostolica che Giovanni Paolo II pubblicò il 2 maggio del ’95, dedicandola proprio all’unità con i cristiani d’Oriente – il Papa confida e affida, attraverso la preghiera, le sue aspettative:

“La visita del vescovo di Roma al Patriarcato Ecumenico ed il nuovo incontro tra il Patriarca Bartolomeo e la mia persona saranno segni del profondo legame che unisce le sedi di Roma e di Costantinopoli e del desiderio di superare, nell’amore e nella verità, gli ostacoli che ancora ci separano”.

Ai membri della Fondazione, guidati in questi giorni di pellegrinaggio romano dal metropolita ortodosso di Diokeia, Kàllistos, Papa Francesco ricorda che il valore spirituale alla base di ogni itinerario geografico ispirato dalla fede è il “rinnovamento interiore”:

“Queste dimensioni sono assolutamente essenziali per procedere anche lungo la strada che porta alla riconciliazione e alla piena comunione tra tutti i credenti in Cristo. Non vi è un vero dialogo ecumenico senza la disponibilità ad un rinnovamento interiore e alla ricerca di una maggiore fedeltà a Cristo e alla sua volontà”.

Un pellegrinaggio, prosegue Papa Francesco, che vuole fare memoria di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. L’esempio di questi due Santi, afferma, “è sicuramente illuminante per tutti noi, perché essi hanno sempre testimoniato un’ardente passione per l’unità dei cristiani”:

“Tra le tante cose che si potrebbero menzionare, che San Giovanni XXIII, nel momento in cui annunciò la convocazione del Concilio Vaticano II, indicò tra le finalità proprio l’unità dei cristiani, e che San Giovanni Paolo II ha dato un notevole impulso all’impegno ecumenico della Chiesa cattolica con la sua Lettera enciclica Ut Unum Sint”.

Al termine dell’udienza, Papa Francesco ha chiesto di pregare per lui, affinché per l’intercessione di suoi due Santi predecessori, possa svolgere il ministero di vescovo di Roma “al servizio della comunione e dell’unità della Chiesa, seguendo in tutto la volontà del Signore”.

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Il Papa: lavorare tutti per l’unità della Chiesa, così si diventa più forti

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Ogni cristiano è chiamato a lavorare per l’unità della Chiesa. E’ l’esortazione levata da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha quindi sottolineato che dobbiamo farci guidare dallo Spirito Santo che fa l’unità della Chiesa nella diversità delle persone. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Io prigioniero vi esorto a costruire l’unità nella Chiesa”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo da questa esortazione di San Paolo nella Lettera agli Efesini. “Fare l’unità della Chiesa – ha osservato il Pontefice – è il lavoro della Chiesa e di ogni cristiano durante la storia”. L’Apostolo Pietro, ha soggiunto, “quando parla della Chiesa, parla di un tempio fatto di pietre vive, che siamo noi”. Il contrario, ha avvertito, “di quell’altro tempio della superbia che era la Torre di Babele”. Il primo tempio, ha detto ancora, “porta l’unità”, quell’altro “è il simbolo della disunione, del non capirci, della diversità delle lingue”:

“Fare l’unità della Chiesa, costruire la Chiesa, questo tempio, questa unità della Chiesa: questo è il compito di ogni cristiano, di ognuno di noi. Quando si deve costruire un tempio, un palazzo si cerca un’area edificabile, preparata per questo. La prima cosa che si fa è cercare la pietra di base, la pietra angolare dice la Bibbia. E la pietra angolare dell’unità della Chiesa o meglio la pietra angolare della Chiesa è Gesù e la pietra angolare dell’unità della Chiesa è la preghiera di Gesù nell’Ultima Cena: ‘Padre, che siano uno!’. E questa è la forza!”

Gesù, ha ribadito, è “la pietra sulla quale noi edifichiamo l’unità della Chiesa”, “senza questa pietra non si può. Non c’è unità senza Gesù Cristo alla base: è la nostra sicurezza”. Ma chi, dunque, si chiede il Papa, “costruisce questa unità?”. Questo, è stata la sua risposta, “è il lavoro dello Spirito Santo. E’ l’unico capace di fare l’unità della Chiesa. E per questo Gesù lo ha inviato: per fare crescere la Chiesa, per farla forte, per farla una”. E’ lo Spirito, ha proseguito, che fa “l’unità della Chiesa” nella “diversità dei popoli, delle culture, delle persone”. Come, allora, si “costruisce questo tempio?”, si chiede ancora Francesco. Se l’Apostolo Pietro, quando parlava di questo, “diceva che noi eravamo pietre vive in questa costruzione”, San Paolo “ci consiglia di non essere tanto pietre, ma piuttosto mattoni deboli”. I consigli dell’Apostolo delle Genti per “costruire questa unità sono consigli di debolezza, secondo il pensiero umano”:

“Umiltà, dolcezza, magnanimità: sono cose deboli, perché l’umile sembra che non serva a niente; la dolcezza, la mitezza sembrano non servire; la magnanimità, l’essere aperto a tutti, avere il cuore grande… E poi dice di più: ‘Sopportandovi a vicenda nell’amore’. Sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore che? Conservare l’unità. E noi diventiamo più pietre forti in questo tempio quanto più deboli ci facciamo con queste virtù dell’umiltà, della magnanimità, della dolcezza, della mitezza”.

Questo, ha ripreso, è “lo stesso cammino che ha fatto Gesù” che “si è fatto debole” fino alla Croce “e divenne forte!” E così dobbiamo fare noi: “L’orgoglio, la sufficienza non servono”. Quando si fa una costruzione, ha così affermato, “è necessario che l’architetto faccia la piantina. E qual è la piantina dell’unità della Chiesa?”:

“La speranza alla quale noi siamo stati chiamati: la speranza di andare verso il Signore, la speranza di vivere in una Chiesa viva, fatta con pietre vive, con la forza dello Spirito Santo. Soltanto sulla piantina della speranza possiamo andare avanti nell’unità della Chiesa. Siamo stati chiamati ad una speranza grande. Andiamo lì! Ma con la forza che ci dà la preghiera di Gesù per l’unità; con la docilità allo Spirito Santo, che è capace di fare da mattoni pietre vive; e con la speranza di trovare il Signore che ci ha chiamati, trovarlo quando avvenga la pienezza dei tempi”.

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L'agenda di Francesco a novembre: il 1° Messa al Verano

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L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie ha reso noti gli impegni dell’agenda pontificia del prossimo novembre. Il primo del mese, sabato, Papa Francesco si recherà alle 16 al Cimitero del Verano per celebrare la Messa nella Solennità di Tutti i Santi. Il giorno dopo, 2 novembre, come da tradizione il Papa scenderà alle 18 nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera per i Sommi Pontefici defunti. Quindi, la mattinata del 3 novembre, sarà la volta dei cardinali e dei vescovi scomparsi nel corso dell’anno a essere ricordati nella Messa che Papa Francesco presiederà alle 11.30 nella Basilica di San Pietro.

Papa Francesco tornerà sull’altare di Piazza San Pietro domenica 23 novembre, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, per la Messa di Canonizzazione di Giovanni Antonio Farina, Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia, Ludovico da Casoria, Nicola da Longobardi, Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore, Amato Ronconi. Il 28 novembre, infine, il Papa sarà a bordo dell’aereo che lo condurrà in Turchia per il viaggio apostolico in programma fino a domenica 30.

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Il Papa saluta l'Unione mondiale degli insegnanti cattolici

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia, e l’arcivescovo Augustine Kasujja, nunzio apostolico in Nigeria e osservatore permanente della Santa Sede presso la Comunità Economica degli Stati del l'Africa Occidentale. Il Papa ha poi salutato una delegazione dell'Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici.

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Mons. Auza: no a pressioni ideologiche nella lotta a povertà

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La lotta contro la povertà si basi su politiche che coinvolgano i Paesi interessati e non su soluzioni già pronte e imposte dall’esterno, valide per tutte le situazioni e magari non prive di pressioni ideologiche: è quanto ha affermato l'arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, alla 69.ma sessione dell’Assemblea Generale dell’Onu. Il servizio di Sergio Centofanti:

Dobbiamo mettere in discussione i modelli economici che aumentano l'esclusione e la disuguaglianza – è il monito del presule - in particolare quelli che causano un divario in crescita esponenziale tra i ricchi, che diventano sempre più ricchi, e le masse emarginate senza lavoro, senza prospettive e senza alcuna via di uscita dalla povertà.

Parlando dell’attuale modello di sviluppo, il rappresentante vaticano sottolinea, con un’immagine, che la marea non sempre solleva tutte le barche; spesso solleva solo gli yacht, mantiene poche barche a galla, mentre spazza via molti e affonda il resto. Questo – afferma con forza - non è il futuro che vogliamo.

Denuncia poi l'esclusione delle donne dalla partecipazione allo sviluppo: le donne e i bambini – osserva - costituiscono la maggioranza dei poveri e di quanti subiscono violenze nel mondo.

Quindi, ricorda la necessità di non equiparare la povertà alla sola povertà economica: occorre cogliere la complessità della realtà, resistendo alla tentazione di ridurre l'eliminazione della povertà al semplice aumento della quantità di denaro con cui una persona vive ogni giorno. Lo sviluppo comprende anche quegli elementi che, pure se a volte intangibili, contribuiscono realmente a una maggiore prosperità umana. Nella lotta alla povertà – conclude mons. Auza - dobbiamo promuovere l'autentico sviluppo di tutto l'uomo e di tutti i popoli: ognuno deve dare il suo contributo, ognuno di noi può trarne beneficio, questa è la solidarietà. 

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A novembre, incontro del Papa con il mondo dell'autismo

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“La persona con disturbi dello spettro autistico: animare la speranza”. E’ il tema  della 29.ma Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari che avrà luogo dal 20 al 22 novembre prossimi nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. All’evento parteciperanno alcuni fra i massimi esperti dell’autismo a livello mondiale e provenienti dai cinque continenti. La Celebrazione Eucaristica di apertura avrà luogo nella Basilica di San Pietro alle ore 7,30 e sarà presieduta dal cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede.

“La nostra Conferenza Internazionale – spiega mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, – è stata organizzata per poter sempre meglio affrontare le sfide poste dall’autismo alla Pastorale della Salute così come alla scienza, alla medicina, alle famiglie, alle strutture educative ed assistenziali e, più in generale, alla società ed ai governi”. La Conferenza, aggiunge mons. Zimowski, culminerà nell’udienza concessa da Papa Francesco “al mondo dell’autismo e alla quale parteciperanno anche operatori sanitari, enti ed associazioni. Sarà questa la prima volta che la complessa realtà sociosanitaria dell’autismo sarà accolta dal Santo Padre in questa sua dimensione internazionale”. Ad arricchire la preparazione all’udienza, “contribuiranno alcune personalità di spicco della musica: i Tazenda, Arisa, il Maestro Giuseppe Barbera e il Maestro Giulio Rapetti-Mogol”.

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Presentato l'Incontro Mondiale dei Movimenti popolari

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Lavoratori precari e dell’economia informale, migranti, indigeni, contadini senza terra e abitanti di zone periferiche. Sono i protagonisti che, accompagnati da vescovi e agenti pastorali, prenderanno parte all’Incontro mondiale dei Movimenti Popolari dal 27 al 29 ottobre a Roma. Martedì l’incontro con il Papa, alla luce del cui pensiero sociale prenderanno vita colloqui e interventi, con la finalità di proporre alternative popolari contro l’esclusione e l’ingiustizia sociale. L’incontro è organizzato dal Pontificio Consiglio di Giustizia e pace in collaborazione con la Pontificia accademia delle Scienze Sociali e con i dirigenti di vari movimenti. Alla presentazione dell’evento, stamattina, c’era per noi Gabriella Ceraso

E’ la prima volta nella storia della Chiesa che un Papa convoca i leader dei movimenti sociali per un incontro che durerà tre giorni. E’ un’iniziativa inedita, ma significativa di un Pontificato, ha spiegato il presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, il cardinale Peter Turkson, che non smette di ricordarci l’urgenza di uscire verso le periferie, di abbracciare gli esclusi, di ascoltare e rispondere con forza al loro “grido di giustizia” :

But what is essential is first to listen humbly…
"Quello che è essenziale, però, è anzitutto ascoltare con umiltà, non solo riguardo alle sofferenze, ma anche alle aspettative, alle speranze e alle proposte che nutrono gli stessi emarginati. Essi devono diventare i protagonisti della loro vita, non essere semplicemente destinatari passivi della carità o dei programmi di qualcun altro. Essi devono diventare i protagonisti dei necessari cambiamenti economici e sociali, politici e culturali”.

Cinque le chiavi tematiche degli interventi in programma indicate dal cardinale, problemi abitativi dei poveri, lavoro, terra, violenza e ambiente:

The Church wants to make its own the needs and aspirations of…
"La Chiesa vuole fare sue le necessità e le aspirazioni dei movimenti popolari, e unirsi a coloro che, mediante diverse iniziative, stanno compiendo ogni sforzo per stimolare cambiamenti sociali in vista di un mondo più giusto”.

A illuminare il cammino dell’incontro sarà un passaggio chiave dell’Esortazione Apostolica del Santo Padre, l’"Evangelii Gaudium", come ha sottolineato il cardinale Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali:

“Fintantoché non si risolvono radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e alla speculazione finanziaria, e attaccando le cause strutturali dell’iniquità, non si risolveranno i problemi del mondo e, in definitiva, nessun problema. L’iniquità è la radice di tutti i mali sociali”.

Gli obiettivi dell’incontro, all’insegna del dialogo cui parteciperà anche il Papa, li ha evidenziati invece Juan Grabois, l’avvocato che, con l’appoggio dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Bergoglio, è riuscito, insieme ai leader del movimento dei "cartoneros" della capitale argentina, a ottenerne il riconoscimento legale. Grabois è uno dei promotori dell’incontro:

Compartir el pensamiento social de Francisco, debatir…
"Condividere il pensiero sociale di Francisco, elaborare una sintesi della visione dei movimenti popolari riguardo le cause della crescente disuguaglianza sociale e dell’aumento dell’esclusione nel mondo, proporre alternative popolari per affrontare i problemi che il capitalismo finanziario e le transnazionali impongono ai poveri, valutare il ruolo dei  movimenti nella costruzione della pace e nella cura dell’ambiente, infine discutere il rapporto dei movimenti popolari con la Chiesa e come andare avanti in questo senso".

“Costruire una prospettiva di cambiamento”: a questo deve servire questo incontro, ha sottolineato ancora Grabois nel suo intervento appassionato, in cui ha parlato anche del suo personale rapporto con il Papa e prima ancora con l’arcivescovo di Buenos Aires, abituato a stare tra gli ultimi della società. Al Papa il nostro grazie, ha detto Grabois, perché considera la “sua posizione come una responsabilità e un servizio e non come un privilegio”:

Francisco hoy nos convoca nuevamente, ya desde una perspectiva universal…
"Francesco ci chiama oggi nuovamente, ma da una prospettiva universale, ai poveri organizzati in mille movimenti, affinché combattiamo senza superbia ma con coraggio, senza violenza ma con tenacia, senza risentimenti ma con un sentimento profondo di amore per il prossimo e soprattutto per il più debole".

Al termine dell'Incontro, è prevista una Dichiarazione conclusiva e la formazione di un Consiglio dei Movimenti Popolari, una sorta di rete che possa lavorare per formulare istanze a livello globale.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Al servizio dell'unità: alla Orientale Lumen Foundation il Papa parla del prossimo viaggio in Turchia.

Mica tanto favoloso: Emilio Ranzato recensisce il film di Mario Martone su Leopardi e Sabino Caronia misura la distanza fra sublimità del sentire e quotidianità nel poeta di Recanati.

L'apparente debolezza: Isabella Farinelli traccia una mappa della santità femminile in Umbria, da Colombo ad Angela da Foligno.

Il profumo della scuola: Elena Giannarelli sulle atmosfere dell'autunno nella poesia italiana che studiavano i bambini italiani.

La vita umana non è uno scarto: l'episcopato argentino sul progetto di legge riguardante le tecniche di riproduzione assistita.

Il primo tweet della regina Elisabetta II.

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Oggi in Primo Piano



Siria, il patriarca Younan: Ue crei clima di riconciliazione

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In Siria, continua una condizione di guerra sempre più tragica. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani, proseguono gli scontri nella Siria orientale tra regime e ribelli. Quattro raid aerei sono stati condotti in zone vicine, e altri scontri a terra si sono svolti nei quartier di al-Sena'ah e Hwayjet Sakar, con un bilancio di almeno cinque jihadisti dell'Is uccisi. E nelle ultime ore, l’esercito siriano ha riconquistato Morek, città nella provincia centrale di Hama, finita circa nove mesi fa in mano ai jihadisti del Fronte al-Nusra. Sulla situazione  attuale, Marina Tomarro ha sentito il patriarca siro-cattolico della Chiesa di Antiochia, Ignace Youssef III Younan

R. – Lo Stato islamico purtroppo non capisce che la lingua della guerra, perché purtroppo ha un’agenda perversa, interpreta l’islam come vuole lui. La cosa che ci preoccupa maggiormente è che il mondo occidentale continua ad avere questo atteggiamento di ostilità contro il governo siriano: non si può trovare una soluzione, in Siria, se non si coinvolge il governo affinché si possa trovare un certo dialogo tra le parti. Pensiamo molto profondamente: quando ci sarà una guerra civile, ci saranno vittime innocenti. E’ una guerra civile che è stata imposta e fomentata dall’esterno, quindi, se vogliamo trovare la soluzione migliore per la Siria, l’Unione Europea deve prendere una decisione coraggiosa: quella di impegnarsi a creare un clima di riconciliazione.

D. – Per quanto riguarda la situazione dei cristiani che continuano ad essere perseguitati, cosa si può fare per loro?

R. – E’ molto triste dire che i cristiani, come le minoranze più vulnerabili, siano stati le vittime di questa guerra devastatrice. Purtroppo, sono quattro anni che continuiamo a dirlo: non è questione di rivoluzione per la democrazia, ci sono molte altre componenti del Vicino Oriente. Perciò, noi cristiani continuiamo a testimoniare il Vangelo della pace, della tolleranza… La lingua del dialogo e della riconciliazione è adesso la più propizia per risolvere questo problema.

D. – Frequenti sono anche gli appelli di Papa Francesco per la pace. Quanto possono influire, secondo lei?

R. – Le parole del Santo Padre, Papa Francesco, sono sempre accolte da tutti coloro che vogliono il bene della Siria o dell’Iraq. E’ tempo che si capisca bene ovunque che non si può fare del male in nome di Dio. Perciò, il Santo Padre prega sempre e cerca sempre di far capire a coloro che hanno influsso di usare tutti i mezzi possibili affinché si possa trovare una via di pace.

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Elezioni domenica in Ucraina: nell'Est si vota il 2 novembre

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Elezioni legislative anticipate domenica prossima in Ucraina. Il Paese di 45 milioni di abitanti tenta di voltare pagina dopo la cacciata del presidente Yanukovich, l'annessione russa della Crimea, la firma dell'accordo di associazione con la Ue e un conflitto nell'Est filorusso che ha causato oltre 3800 morti e che ora è "congelato" da una fragile tregua. Per capire l’importanza di questo voto e le possibili prospettive, Fausta Speranza ha intervistato Aldo Ferrari, docente di Storia della Russia e dell’Europa orientale all’Università Ca' Foscari di Venezia: 

R. – E’ un voto necessario per ridare nuova legittimità al nuovo corso ucraino ma al tempo stesso è un voto molto difficile. Il risultato sarà importante ma rifletterà una situazione precaria, delicata. Comunque, un voto molto innovativo perché per la prima volta, certamente, non ci sarà uno scontro tra una coalizione filorussa, che non esiste più dopo la "cacciata" di Yanukovich, e una filoccidentale; dovrebbero sicuramente prevalere partiti di quest’ultimo orientamento anche se in maniera piuttosto confusa. Vedremo cosa succederà esattamente.

D. – Che dire del fatto che almeno 14 dei 32 seggi delle regioni orientali di Donetsk e Lugansk non voteranno domenica ma avranno un altro giorno per votare, il 2 novembre?

R. – E' una situazione che riflette la realtà sul campo. Si tratta di regioni ormai sostanzialmente fuori controllo da parte di Kiev e il loro status è destinato, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, a essere estremamente controverso. L’importante è che in tutta questa regione il voto si svolga tranquillamente e serenamente, possibilmente con un’alta partecipazione. Infatti, uno degli aspetti più interessanti di questa elezione è vedere come reagiranno coloro che in precedenza votavano per il Partito delle Regioni: voteranno altri partiti, non andranno alle urne? Insomma sarà molto interessante questo aspetto.

D. – Il Partito delle Regioni dell’ex presidente Yanukovich si è praticamente disintegrato. E’ corretto pensare che a questo punto la rappresentanza alla Rada (il parlamento ndr) delle popolazioni russofone sarà davvero molto, molto limitata?

R. – Molto, molto limitata e questo è un problema. Così come – e chi parla non ha mai avuto nostalgie comuniste - sarà un problema anche la sostanziale scomparsa del partito comunista. Sono partiti che rappresentavano una parte consistente della popolazione e la loro sostanziale assenza sarà di pregiudizio alla ritrovata armonia dell’Ucraina. Ma, d’altra parte, in una situazione di questo tipo, non si potrebbe immaginare un’evoluzione differente.

D. – C’è anche l’assenza dei seggi nella penisola sul Mar Nero della Crimea, che erano 12…

R. - Quella è un’assenza inevitabile. La Crimea faceva parte dell’Ucraina, non dimentichiamocelo. Perché, per quanto l’annessione da parte della Russia sia stata illegittima dal punto di vista del diritto internazionale, anche pensare che la Crimea fosse storicamente, culturalmente, demograficamente, parte dell’Ucraina è insensato. Quello che è avvenuto rispecchia la realtà storica, anche se la rispecchia in una maniera che cozza con l’ordinamento giuridico internazionale. Quindi, da questo punto di vista, che la Crimea non vada a votare riflette la storia, riflette la geografia, riflette la realtà geopolitica.

D. – Se pensiamo alla tregua che deve dar vita a pace stabile, a un vero e proprio accordo di pace, queste elezioni che tappa rappresentano? Solo l’inizio?

R. – Solo l’inizio del nuovo autogoverno dell’Ucraina. Sono una tappa importante ma non quella decisiva. Ma l’Ucraina deve fare i conti in primo luogo con la crisi economica devastante, deve fare i conti con la questione energetica, deve fare i conti con le regioni separatiste e con la Russia, deve trovare un modus vivendi efficiente e non solo retorico con l’Unione europea… Insomma, l’Ucraina ha di fronte a sé una serie di compiti che il nuovo parlamento, insieme al presidente Poroshenko, dovranno – e credo con grande fatica - pensare di affrontare. Ma è solo l’inizio di una nuova fase che speriamo essere più positiva di quella disastrosa e tragica degli ultimi mesi.

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Stati generali antimafia. Don Ciotti: lotta alla corruzione

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Il presidente del Senato Piero Grasso è tornato a chiedere una normativa contro l’autoriciclaggio. Grasso è intervenuto agli Stati generali dell’antimafia in corso a Roma. Associazioni, scuole e organizzazioni dello Stato si confronteranno fino a domenica per rafforzare la cultura della legalità. Il servizio di Alessandro Guarasci

“Contromafie”, questo il titolo di questi Stati generali, raccoglie 1600 tra associazioni, movimenti, cooperative. Il presidente del Senato Piero Grasso ha fatto fa notare come “nei mesi passati lo scontro tra forze politiche abbia impedito una soluzione su autoriciclaggio e falso in bilancio. Sono quindi urgenti soluzioni condivise ed efficaci per spezzare il nesso che esiste tra mafie, corruzione, lavoro nero, deriva etica”.  Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, passo fondamentale è lottare contro la corruzione e togliere alle mafie i beni economici. Circa 13 mila i sequestri effettuati finora, ma è stato scarso il loro riutilizzo. Don Lugi Ciotti:

“La lotta alle mafie e alla corruzione non è solo un dovere etico ma anche una priorità economica. Lotta alle mafie vuol dire mercato più trasparente, maggiori investimenti, più lavoro”.

Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha aggiunto che non può esserci commistione tra Vangelo e mafia. E bisogna considerare normale quanto tanti stanno facendo contro questa barbarie. Troppe famiglie piangono un caro ucciso dalle mafie. Le vittime sono ben 843, tra cui sette sacerdoti. In Italia, uno dei settori più colpiti è l’agricoltura. Il ministero delle Politiche Agricole ha firmato, due mesi fa, un protocollo con Libera per rafforzare la collaborazione sui terreni confiscati e consentire alle cooperative sociali di usufruire dei fondi del piano di sviluppo regionale.

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Sicilia: 500 mila giovani hanno rinunciato a lavorare e studiare

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Secondo i dati Istat pubblicati dal Centro Pio La Torre, nel 2013 in Sicilia oltre 500 mila giovani in età compresa tra i 15 e i 34 anni, hanno rinunciato a studiare, a percorsi di formazione professionale e a lavorare. La percentuale dei cosiddetti Neet (Not in Education Employement Training) ha raggiunto nell’isola il 42,7% rispetto al dato medio italiano del 27,3%. Alessandra Zaffiro ha intervistato il presidente del Centro, Vito Lo Monaco, che evidenzia i pericoli dei ragazzi che si trovano in questa condizione e le possibili misure da adottare: 

D. - Quanto è concreto il rischio del reclutamento mafioso per questi giovani?

R. - Il rischio concreto c’è, come sempre, perché nell’area c’è disperazione e “pescano” anche il racket, le estorsioni, le distribuzioni della droga. Ci dicono, gli investigatori, ma anche gli operatori sociali che operano lì, che si conoscono già le tariffe giornaliere per i pusher: 80€ se fai il turno di mattina, 100€ se fai quello pomeridiano. Immaginiamo una famiglia disagiata, disoccupata di un giovane diciottenne, ventenne disperato che trova cose di questo tipo.

D. - Cosa dovrebbe fare la politica per risolvere questo problema?

R. - I 500 mila giovani dovrebbero diventare l’obiettivo, il tormento, il dubbio principale di ogni partito, di ogni politico e governo, per risolverlo.

D. - Cosa si può fare di concreto, nell’immediato, magari attingendo a fondi europei?

R. – Rispetto alla nuova programmazione del 2014/2020 non basta soltanto invocare la programmazione al basso, come è stato fatto precedentemente, se poi i meccanismi di spesa, invece, sono viziati appunto da clientelismo e consenso, da dispersione della spesa per poter acquisire consenso.

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Convegno Cei. Bregantini: governo attivi progetti per i giovani

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“Nella precarietà la speranza”, è il titolo del Convegno nazionale promosso da tre Commissioni episcopali della Cei – Laicato, famiglia e Lavoro -  in programma a Salerno da oggi fino a domenica 26 ottobre. L’iniziativa vuole far conoscere le molteplici azioni che le diocesi italiane offrono come segni di speranza nel Paese, in risposta alla sfida che la precarietà porta con sé. Sul significato di questo impegno della Chiesa italiana, rivolto soprattutto ai giovani in cerca di lavoro e che intendono portare avanti un progetto familiare, Marco Guerra ha intervistato mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Lavoro della Cei: 

R. – Significa fare quello che ha fatto il Sinodo con le famiglie, ma con i giovani: accompagnarli molto, ascoltarli molto, farsi da loro interpellare perché divengano le nostre sentinelle e contemporaneamente dare loro quella speranza e quel coraggio che ce la possono fare.

D. – Il convegno vuole far conoscere le molteplici azioni che le diocesi portano avanti in tutto il Paese. Può parlarcene?

R. – Sostanzialmente sono tre, le cose. La prima è il progetto “Policoro” che si sta diffondendo ormai in tutta Italia. La seconda sono i prestiti di solidarietà, di microstrutture che sono realizzate dalle diocesi in molteplici forme. E terzo elemento molto importante è la capacità di organizzarli, di aiutarli, di sostenerli, di dire “coraggio”. Perché ciò che manca non è la finanza ma è la speranza. E questa non si compra in una banca. La banca poi sostiene, ma la speranza si prende dal cuore, da un cuore innamorato di Dio, da un cuore sostenuto da fratelli che lo aiutano, da un prete che sta accanto. Come le “Casse rurali”, 100 anni fa, sono nate dopo la "Rerum novarum", dalla Chiesa, oggi, possono essere le stesse identiche figure che accompagnano i giovani con laici preparati. E’ un momento importantissimo per la Chiesa italiana, perché attualizza alla nostra realtà giovanile l’emozione con cui il Sinodo ha guardato alle famiglie ferite. Ci sono ferite non solo per motivi di affettività ma, oggi, tantissimo anche per motivi di precarietà sociale e lavorativa.

D. – Infatti, il convegno mette l’accento sulla precarietà, quindi è una condizione che i giovani conoscono molto bene …

R. - Però, noi non dobbiamo stare solo lì a compiangerli o a dire "poverini"; dobbiamo dire loro: questi sono i fondi che, debitamente controllati su progetti che voi ci presentate con saggezza, possono essere attualizzati dentro il vostro vissuto. Questa è l’intuizione che noi vorremmo: che il governo desse concretamente a loro gli strumenti anche finanziari, di sostegno, che poi attiverebbero tutta una serie di attività economiche ancora molto più produttive degli stessi discorsi degli 80 euro alle famiglie.

D. – Quindi essere protagonisti e autori del proprio futuro…

R. – Sì. E' chiaro che i livelli sono diversi. C’è quello motivazionale dato dalla Chiesa; c’è quello professionale dato dalla scuola; c’è quello economico fornito dal governo e dalle attività amministrative; c’è quello relazionale, costruito con sindacati che accompagnano; c’è quello delle associazioni, tipo le Acli e le altre realtà laicali, perché il convegno è anche fatto dai laici e dalla pastorale familiare, non solo dalla pastorale del lavoro. Quindi, tutti insieme. E’ molto bello, molto unitario. Direi che è affascinante e che può aprire nuove strade per la pastorale in Italia. Con la stessa modalità con cui il Sinodo ha guardato alle famiglie ferite, noi guardiamo alle famiglie precarie.

D.- Fra i principali temi al centro del convegno, il dramma del lavoro e il progetto familiare: in questi tempi di crisi, cosa significa progettare una famiglia per un giovane?

R. – Il convegno vuole appunto guardare con la stessa modalità di speranza a chi un lavoro non ce l’ha ma che intende, appoggiato e accompagnato, costruirsi una famiglia. Anzitutto invita i giovani a non dilazionare troppo la scelta di fare una famiglia, anche in tempi di precarietà: con quello che si può fare, con quello che già si può, anche se precariamente, fissare comunque la data del matrimonio e rischiare, con la mano di Dio che ci aiuta, la Provvidenza, il sostegno delle famiglie più grandi: cioè, andare avanti nel fare famiglia.

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Card. Vallini: missionari anche a Roma, non solo in terre lontane

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“Io sono una missione su questa terra”. E’ stato questo il tema della Veglia di preghiera Missionaria, che si è svolta ieri sera a Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Nella celebrazione, cui hanno partecipato anche il patriarca della Chiesa cattolica caldea, Luis Raphael I Sako, e il patriarca della chiesa cattolica Siro Cattolico della chiesa di Antiochia, Ignace Youssef III Younan, hanno ricevuto il mandato missionario quattro coppie di sposi, due sacerdoti e due giovani donne laiche che porteranno la parola di Dio in Thailandia, Cina, Brasile e Mozambico. Il commento del cardinale vicario, Agostino Vallini, al microfono di Marina Tomarro: 

R. – Non c’è cristianesimo vero che non sia missionario. In questa Veglia, dove accanto alla proposta del partire abbiamo sentito chi sta veramente in missione – come queste Chiese martiri dell’Iraq, della Siria, piccoli greggi, minoranze ma insieme anche coraggiose, forti – abbiamo capito come soprattutto noi, Chiese di antica tradizione occidentale, dobbiamo essere più coraggiosi, più forti, meno addormentati rispetto alla vita quotidiana. Si è missionari in Cina, ma si è missionari anche a Roma.

D. – Cosa spinge a lasciare tutto e andare in missione, andare ad annunciare la gioia e la bellezza del Vangelo?

R. – Spinge l’esperienza della vita cristiana bella e gioiosa, che desiderano portare in tutto il mondo. Vanno lì dove c’è bisogno per periodi anche lunghi e questo dà la testimonianza proprio di una Chiesa viva. E la Chiesa di Roma è stata sempre così e adesso deve esserlo non solo andando nelle terre lontane, nei Paesi dove non ancora il Vangelo è conosciuto, ma anche a Roma nei nostri quartieri, nelle nostre periferie, come ci invita a fare sempre il nostro Santo Padre.

Ascoltiamo la testimonianza di Michele e Daniela Arena, una giovane coppia di sposi che andrà in missione al nord della Thailandia:

(Michele)
R. – Sicuramente, un profondo sentimento di gratitudine verso Dio, che comunque nella nostra vita è sempre stato presente e ci ha accompagnato, soprattutto nella vita matrimoniale a partire dal fidanzamento. Posso dire che tutto quello che ho adesso nella mia vita è stato un dono immenso del Signore. Sì, lasciamo materialmente il posto dove viviamo, lasciamo tante cose, però sostanzialmente seguiamo Colui che ci ha donato cio che ci rende più felici, alla fine.

D. – In che modo svolgerete la vostra missione?

(Daniela)
R. – Penso che andremo principalmente a vivere, nel senso che non andremo lì a fare grandi discorsi o grandi catechesi, ma andremo semplicemente a far vedere la gioia che abbiamo ricevuto dall’incontro con Cristo. La gioia che sperimentiamo ogni giorno, seppure nelle difficoltà nella nostra famiglia.

D. – Voi avete deciso di partire, ma in che modo è stata accolta questa notizia nella vostra famiglia, tra i vostri amici?

(Michele)
R. – E’ stata accolta in modo controverso: ci sono state persone che hanno gioito di questa nostra decisione, particolarmente i miei genitori che sono già in missione in Germania, per cui conoscono un po’ la situazione. Non è sempre facile riuscire a trasmettere questa gioia che abbiamo nel cuore, però affidiamo ogni persona che ci accompagnerà, e che ci ha accompagnato nella vita, al Signore e sicuramente Lui provvederà a tutto.

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Cinema. "Il sale della terra" di Wenders, uomo e natura le star

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Da oggi nei cinema italiani “Il sale della terra”, un film che Wim Wenders dedica alla fotografia di Sebastião Salgado, girato insieme al figlio di quest’ultimo, Juliano Ribeiro. Un gioco di sguardi incrociati in cui l’umanità e la natura sono assolute protagoniste. Il servizio di Luca Pellegrini

Volti contraffatti, donne e uomini sotto il peso della fame, della guerra, natura nel suo splendore, spesso però vilipesa e sfregiata: la fotografia di Salgado è un'enciclopedia drammaticamente reale dei tempi, in cui la coscienza della dignità umana non cede mai rispetto alla provocazione delle immagini. E' naturale che un regista sensibile come Wim Wenders abbia perseverato nell'arduo e meraviglioso progetto di raccontare in un film quegli scatti d'autore, in cui si confondono corpi e sontuosi panorami, segmenti di storia e di follia, fino all’ultimo, grande progetto fotografico, “Genesi”, un omaggio che Salgado ha voluto fare alla bellezza del pianeta. Dall’Amazzonia al Kuwait, in cui bruciano i pozzi petroliferi all’indomani dell’invasione iraqena, dall’Etiopia afflitta dalla sete e con popoli in fuga, fino alle Ande, il viaggio fotografico commentato dai due artisti è di struggente suggestione. Abbiamo chiesto a Wenders il perché di questo incontro.

R. – This Brasilian photographer, Sebastião Salgado, I had encountered…
Avevo incontrato questo fotografo brasiliano, Sebastião Salgado, oltre trent’anni fa, e in questi trent’anni, per me, lui è diventato il più grande testimone, il maggiore fotografo del XX secolo. Mi sono reso conto del fatto che io stavo invecchiando e che anche lui stava invecchiando, e che tutti e due ancora stiamo lavorando e che era un gran peccato che non ci conoscessimo di persona...

D. – "Il sale della terra" è un titolo che richiama il Vangelo …

R. – This film is driven by the love this man had for mankind and the …
Questo film nasce dall’amore che quest’uomo aveva per l’umanità e dal suo rispetto per l’umanità, e dal suo immenso desiderio di essere la voce dei tanti diseredati che non avevano voce. Guardando le migliaia di fotografie e ascoltando tutte le storie dietro a ciascuna fotografia, ho cercato di trovare un titolo che in qualche modo esprimesse questo amore per l’umanità e per questa umanità così variegata … E alla fine, mi è venuta questa espressione biblica, “Sale della terra”, perché questo è quello che l’umanità è, quello che tutti noi siamo, perché queste fotografie rappresentano tutti noi.

D. – Lo sguardo sull’umanità di molte delle foto di Salgado è terribilmente doloroso…

R. – In it’s first chapter, I think the film is a very tough mirror of mankind…
Nella prima parte, credo che il film rappresenti uno specchio dell’umanità molto forte, perché mostra che l’umanità ha anche un aspetto molto violento e brutale e che la Storia della Guerra è, in realtà, anche la Storia dell’umanità. Nella seconda parte, il film getta uno sguardo positivo sull’umanità, ci fa vedere quanto possiamo imparare dalla natura e che la distruzione del pianeta, della quale siamo testimoni, è in definitiva reversibile. Quindi, il film ha anche un aspetto molto ottimista.

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Nella Chiesa e nel mondo



Brasile. I vescovi: interessi economici contro diritti popoli indigeni

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La presidenza della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) ha espresso in un comunicato la sua preoccupazione riguardo ai diritti dei popoli indigeni, dopo la decisione della Corte Suprema Federale (STF) di annullare gli effetti delle ordinanze del Ministero della Giustizia che riconosceva i territori occupati dalle popolazioni indigene negli stati di Maranhão e del Mato Grosso do Sul. Il comunicato, pervenuto all’Agenzia Fides, è stato approvato dal Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale, che si è riunito a Brasilia, dal 21 al 23 ottobre.

“La Conferenza episcopale si aspetta che non ci sia una ‘marcia indietro’ nella conquista dei diritti degli indigeni, in particolare per quanto riguarda la delimitazione dei loro territori” dice la nota. “La garanzia dei territori dei popoli indigeni è un diritto conquistato e ratificato nella Costituzione federale, attraverso la lotta ardua di molte persone della società brasiliana, si legge in altro passo del comunicato. Purtroppo gli interessi economici hanno impedito la demarcazione delle terre indigene, che è la realizzazione del diritto costituzionale. Pertanto gran parte delle popolazioni indigene del Brasile continua a vivere in esilio dalla propria terra a causa della spoliazione e della violenza storica commesse contro le loro comunità”.

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Venezuela. Mons. Padrón: dialogo governo-opposizione per uscire da crisi

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Il presidente della Conferenza episcopale venezuelana, mons. Diego Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumaná, ha ribadito l’impegno della Chiesa nel promuovere il “dialogo necessario” tra il governo e l’opposizione per poter uscire dalla crisi sociale, politica e economica che vive il Paese. “Come Chiesa – ha affermato mons. Padrón in un incontro con la stampa a Madrid - siamo in constante osservazione della situazione con una visione pastorale, non politica, il che ci permette di stabilire un contatto con il governo - anche se raramente - soprattutto per indicare il dialogo come via di uscita alla situazione disperata che vive il popolo venezuelano”.

Il presule ha affermato che la Chiesa ha sempre incoraggiato e favorito il dialogo ma rimanendo imparziale “perché solo in questo modo può essere libera di osservare i progressi, le divergenze e di poter parlare”. In questo senso, ha spiegato che l’odierno conflitto che vive il Paese ha le sue radici in una profonda crisi economica. “Il governo - ha denunciato - non ha più la possibilità di rispondere agli impegni internazionali e ancora meno ai bisogni del popolo”.

Secondo mons. Padrón, l’assenza di una produzione nazionale, addirittura di prodotti agricoli insieme alla diminuzione della produzione ed esportazione di ferro, elettricità e di petrolio, hanno creato gravi problemi di approvvigionamento e di dipendenza. “Il Venezuela – ha detto - non produce niente, ha tutto d’importazione e quando vai a comprare medicine o alimenti per tutta risposta ti senti dire: non c’è”. In particolare, il presule ha sottolineato la carenza di medicinali per affrontare la epidemia causata del virus del Chikungunya – simile al dengue- che solo in tre settimane ha colpito circa 65 mila persone.

L’arcivescovo di Cumaná ha ricordato che questa situazione colpisce soprattutto i settori più poveri e crea uno scontento generale nel Paese. In conclusione, interpellato sulle prospettive per il 2015 mons. Padrón ha detto di vedere “solo più incertezza”. “Credo che il dialogo sial’unica via d’uscita che abbiamo per risolvere i grandi problemi. Se il governo e l’opposizione non si siedono intorno ad un tavolo per avviare un’agenda di lavoro con punti chiave per il consenso non si risolverà nulla”. (A cura di Alina Tufani)

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Congo. Cresce sostegno a vescovi contro modifica Costituzione

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Si moltiplicano le prese di posizioni a favore dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo che nella loro ultima Lettera pastorale si sono dichiarati contrari ad una revisione della Costituzione che darebbe modo al presidente Joseph Kabila di concorrere per un terzo mandato presidenziale. La posizione dei vescovi ha suscitato una serie di azioni intimidatorie da parte di un gruppo di sedicenti “giovani cattolici”: dal tentativo di consegnare alla nunziatura di Kinshasa una petizione a Papa Francesco all’aggressione contro due sacerdoti “rei” di aver letto la Lettera pastorale durante la Messa.

In risposta a queste azioni intimidatorie, i giovani cattolici e non della società civile del Sud Kivu hanno lanciato la sottoscrizione di una petizione a sostegno della Conferenza episcopale. “Respingiamo le azioni di alcuni giovani egoisti manipolati, sedicenti cattolici ma che sono in gran parte partigiani di quei politici che hanno distrutto il Paese e che offuscano l’avvenire delle generazioni future con le loro politiche egocentriche” si legge nel testo della petizione, inviata all’Agenzia Fides.

Ricordando che i giovani sono il 70% della popolazione congolese, i sottoscrittori invitano le nuove generazioni ad evitare di farsi manipolare dai politici: “Siamo la punta di lancia della nazione. Per questo dobbiamo prendere coscienza della nostra responsabilità per l’avvenire democratico del Paese”. Anche i vescovi degli Stati Uniti hanno offerto il loro sostengo ai loro confratelli congolesi con una lettera inviata da mons. Richard Pates, vescovo di Des Moines e presidente della Commissione Internazionale “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale statunitense, a Russ Feingold, inviato speciale americano nella Regione dei Grandi Laghi e nel Paese. Nella lettera si critica il tentativo di Kabila di cercare di cambiare la Costituzione. “Questa manovra politica esclude l’opposizione e distrugge il pacifico processo democratico” afferma mons. Pates.

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Campagna della Caritas italiana in favore dei profughi iracheni

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La Caritas Italiana ha lanciato una campagna in favore dei profughi iracheni. L’appello è rivolto alle famiglie, alle parrocchie e alle diocesi. La decisione nasce dalle parole di Papa Francesco: “Tanti nostri fratelli – ha detto il Pontefice -sono perseguitati e hanno dovuto lasciare le loro case anche in maniera brutale. Vorremmo dare il maggiore aiuto possibile alle comunità cristiane per sostenere la loro permanenza nella regione. Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani…”.

La prima iniziativa (denominata “Progetto Famiglia”) riguarda la realizzazione di gemellaggi con famiglie di profughi, finalizzati ad assicurare un minimo dignitoso a una famiglia di 5 persone. Ci si può impegnare per un mese (140 euro), per un trimestre (420 euro), per un semestre (840 euro) o per un anno (1.680 euro).

La seconda (“Progetto Casa”) concerne l’acquisto di 150 container per l’alloggio di altrettante famiglie. In questo caso, il costo è di 3.140 euro per unità. Infine, la terza iniziativa (“Progetto Scuola”) riguarda l’acquisto di 6 autobus per il trasporto dei bambini in 8 scuole a Erbil e a Dahuk: ogni pullman costa 40.720 euro.

Una delegazione della Conferenza Episcopale Italiana – guidata dal segretario generale, mons. Nunzio Galantino – visitato la scorsa settimana i campi profughi a Erbil, nel Kurdistan iracheno. Insieme alla riconoscenza sia per il milione di euro messo a disposizione dalla Cei per la prima emergenza che per i 2 milioni e trecentomila euro destinati alla costruzione di un’Università cattolica – entrambi stanziati dai fondi otto per mille – i vescovi locali hanno chiesto di avviare una collaborazione a più lunga scadenza. Di qui il progetto della Caritas.

Per sostenere gli interventi, le offerte vanno inviate a Caritas Italiana, via Aurelia 796 – 00165 Roma, tramite C/C POSTALE N. 347013, specificando nella causale: GEMELLAGGI L’IRAQ / Progetto FAMIGLIA (oppure CASA oppure SCUOLA) .

Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:

* UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119

* Banca Prossima, piazza della Libertà 13, Roma – Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474

* Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013

* Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113

* On line su www.caritas.it

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Francia: blog dei vescovi sul dibattito attorno al fine vita

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Un gruppo di lavoro sul fine vita e un blog aperto a chiunque voglia confrontarsi su questo delicato tema, tornato al centro del dibattito pubblico in Francia con la proposta di riforma della legge Leonetti che disciplina la materia. Sono le nuove iniziative presentate ieri a Parigi dalla Conferenza episcopale francese (Cef) in concomitanza con la pubblicazione del rapporto del Comitato etico consultivo nazionale chiamato ad esprimere un parere sulla riforma proposta dell’esecutivo, che potrebbe aprire la strada alla legalizzazione del suicidio assistito e all’eutanasia in Francia.

La legge Leonetti del 2005 autorizza il medico a somministrare, con il consenso del paziente, “dosi terapeutiche in grado di alleviare il dolore, anche se rischiano di abbreviare la vita”, ma esclude il suicidio assistito, che è ancora illegale in Francia. Il coordinamento del nuovo gruppo di lavoro dei vescovi francesi e l’animazione della discussione sul nuovo sito www.findevie.catholique.fr sono stati affidati a mons. Pierre d’Ornellas, arcivescovo di Rennes e già responsabile dell’episcopato per le questioni bioetiche. L’obiettivo è dare un contributo al dibattito e fornire spunti di riflessione sui valori fondamentali della dignità dell’uomo e della solidarietà.

“Il dibattito è necessario perché, su tematiche come quelle sul fine vita, la sua assenza può ferire duramente”, spiega l’arcivescovo di Rennes nel blog. Per realizzare questo scopo, esso si è dotato di una carta editoriale. Per cominciare, la lista dei temi su cui confrontarsi è presa dai punti indicati nel mandato conferito dal primo ministro Manuel Valls ai due deputati Alain Claeys e Jean Leonetti, incaricati di presentare entro la fine di novembre un rapporto sulla riforma. In particolare: il ruolo della legge; la morte, la fine e la sofferenza; la libertà e la dignità; l’aspetto finanziario della presa in cura delle persone in fin di vita. Su queste questioni si esprimeranno diversi esperti.

Ogni contributo – precisa la carta - rappresenta un’opinione espressa a titolo puramente personale che non impegna in alcuno modo la Conferenza episcopale. Ma il “moderatore” del blog si riserva il diritto di non pubblicare i commenti che sono “incompatibili con lo spirito di dialogo e di rispetto dall’altro”. Sulla riforma in discussione mons. d’Ornellas ha già incontrato i deputati Claeys e Leonetti il 1° ottobre scorso, insieme a una delegazione della Conferenza dei responsabili del culto in Francia. (L.Z.)

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Londra. La regina Elisabetta lancia il suo primo tweet

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“E' un piacere inaugurare la mostra Information Age oggi al Science Museum e spero che la gente troverà piacevole visitarla. Elizabeth R.” È il tweet col quale la Regina Elisabetta II d’Inghilterra è entrata ufficialmente oggi nel mondo dei social network. Invece della classica targa commemorativa, la sovrana britannica ha deciso che, l’inaugurazione di una nuova galleria dello Science Museum di Londra meritasse una celebrazione più al passo coi tempi e immediatamente più visibile, come quella assicurata dalla piattaforma di Twitter. Il suo clic sul tablet ha scatenato un’onda di rilanci e il profilo della regina ha fatto registrare in pochi istanti oltre 720 mila follower. (A.D.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 297

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.