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Sommario del 22/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa istituisce la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori: il commento di padre Lombardi
  • "Convertitevi, è ancora tempo per non finire all'inferno!": l'appello di Papa Francesco ai mafiosi
  • Le testimonianze dei familiari delle vittime della mafia e il commento di Gian Carlo Caselli
  • Il Papa: fuggire dalla tentazione di clericalizzare i laici, nella Chiesa ognuno è importante
  • La condanna di ogni violenza al centro dell'incontro del Papa con il presidente della Nigeria
  • Altre udienze e nomine
  • Mons. Brian Ferme nominato prelato segretario del Consiglio per l'Economia
  • Tweet del Papa: Gesù è la nostra speranza. Niente può separarci dalla potenza salvifica del suo Amore
  • Funerali del vescovo cinese Fan Zhongliang, messaggio del card. Filoni
  • Il card. Baldisseri: “la famiglia è una scuola ricca di umanità”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Crimea: circondata la base controllata da soldati ucraini. Kiev chiede aiuti all’Ue
  • Raid israeliano nel campo profughi di Jenin, uccisi 4 palestinesi
  • Giornata mondiale dell'acqua, risorse idriche sicure inaccessibili a 800 milioni di persone
  • Via Crucis per le donne vittime di tratta, violenze e prostituzione: migliaia in piazza a Roma
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Si è spento il patriarca siro-ortodosso Ignazio Zakka Iwas
  • Colombia. Il card. Rubén Salazar: non s’interrompano i negoziati tra governo e Farc
  • Darfur, assassinato un volontario della Croce Rossa
  • Portogallo, Settimana nazionale contro la fame indetta dalla Caritas
  • Cambogia. Progetto educativo dei Gesuiti destinato ai bambini più poveri
  • Convegno a Roma sulla Famiglia: il calo demografico tra le cause della crisi italiana
  • Croazia, Incontro nazionale della gioventù cattolica in aprile. Attesi 35mila ragazzi
  • “Francescani per l’ecologia”: riflessioni sull’ambiente ispirate a tre Papi, Bergoglio, Ratzinger e Wojtyla
  • A Orvieto, la Giornata del pellegrino per Umbria, Marche e Abruzzo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa istituisce la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori: il commento di padre Lombardi

    ◊   Papa Francesco ha istituito la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che era stata annunciata il 5 dicembre dell’anno scorso, e ha chiamato a farvi parte otto membri, quattro uomini e quattro donne: la dott.ssa francese Catherine Bonnet, la signora Marie Collins, irlandese, la prof.ssa britannica Sheila Hollins, il card. arcivescovo di Boston Seán Patrick O'Malley, il prof. italiano Claudio Papale, l’ex premier polacco e ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede Hanna Suchocka, il padre gesuita argentino Humberto Miguel Yáñez e il padre gesuita tedesco Hans Zollner. Loro compito principale sarà di preparare gli Statuti della Commissione, i quali ne definiranno le competenze e le funzioni. La medesima Commissione verrà successivamente integrata da altri membri, scelti nelle varie aree geografiche del mondo. Ma ascoltiamo, in proposito, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. - Continuando l’impegno dei suoi Predecessori e avendo sentito il parere di diversi cardinali, di altri membri dell’episcopato, ed esperti nella materia, Papa Francesco ha deciso di formare una Commissione per la tutela dei minori. Papa Francesco mette in chiaro che la Chiesa deve tenere la protezione dei minori fra le sue priorità più alte e per promuovere l’iniziativa in questo campo oggi il Papa ha indicato i nomi di diverse personalità altamente qualificate e note per il loro impegno su questo tema. Questo gruppo iniziale è ora chiamato a lavorare speditamente per collaborare in differenti compiti, fra cui: elaborare la struttura finale della Commissione, precisandone scopo e responsabilità e proponendo i nomi di ulteriori candidati,in particolare da altri continenti e Paesi, che possono essere chiamati al servizio della Commissione. Nella certezza che la Chiesa deve svolgere un ruolo cruciale in questo campo, e guardando al futuro senza dimenticare il passato, la Commissione adotterà un approccio molteplice per promuovere la protezione dei minori, che comprenderà l’educazione per prevenire lo sfruttamento dei bambini, le procedure penali contro le offese ai minori, doveri e responsabilità civili e canoniche, lo sviluppo delle “migliori pratiche” che si sono individuate e sviluppate nella società nel suo insieme. In questo modo, e con l’aiuto di Dio, questa Commissione contribuirà alla missione del Santo Padre di rispondere alla sacra responsabilità di assicurare la sicurezza della gioventù.

    D. – Che cosa ci può dire dei membri della Commissione?

    R. – La composizione di questo gruppo iniziale di otto persone è molto interessante, perché si tratta di persone che vengono da Paesi diversi: in maggioranza sono persone che vivono a Roma o in Europa e questo facilita questo lavoro iniziale del gruppo. Ma naturalmente, ulteriori membri della Commissione dovranno venire anche dagli altri Continenti. Nella composizione di questo gruppo si può notare che metà sono donne e metà sono uomini. Le competenze sono varie, perché ci sono persone competenti nell’educazione, nella psicologia, nelle scienze sociali, nel diritto, nella morale … Il cardinale O’Malley è ben noto anche per il suo impegno in questo campo ed è stato lui che ha dato il primo annuncio di questa Commissione voluta dal Santo Padre. Uno dei membri, la signora Marie Collins, irlandese, è una persona che ha subìto personalmente violenza, nella sua giovinezza e noi la ricordiamo con grande stima e apprezzamento per una relazione particolarmente importante tenuta al convegno svoltosi alla Gregoriana due anni fa, su questo tema della tutela dei minori e degli abusi sessuali. Quindi, sono persone già coinvolte in una riflessione, si conoscono e possono portare avanti con molta efficacia il compito che è stato loro affidato.

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    "Convertitevi, è ancora tempo per non finire all'inferno!": l'appello di Papa Francesco ai mafiosi

    ◊   “Ai mafiosi dico convertitevi! Ve lo chiedo in ginocchio fermatevi di fronte al male”: così Papa Francesco nella veglia di preghiera con i familiari delle vittime innocenti delle mafie, organizzata dall’associazione Libera di don Ciotti, nella parrocchia di San Gregorio VII a Roma, alla vigilia della “Giornata della memoria e dell’impegno” promossa quest'anno a Latina. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Entrano in Chiesa, mano nella mano, il Papa e don Luigi Ciotti. In quel gesto c’è tutta la vicinanza di Francesco alle 700 famiglie riunite per ricordare i loro cari, vittime innocenti delle mafie. E’ una cerimonia lunga e toccante. Le parole del Pontefice sono un balsamo per le ferite del cuore dei padri, delle madri, dei fratelli e sorelle, dei figli o dei nipoti mai conosciuti e allo stesso tempo una spada per i mafiosi:

    "Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi di fare il male! E noi preghiamo per voi: convertitevi. Lo chiedo in ginocchio. E’ per il vostro bene".

    La vita che fate – aggiunge - non vi darà felicità e non porterete con voi il potere ed il denaro:
    "Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrai portarlo nell’altra vita. Convertitevi: ancora è tempo per non finire all’inferno".

    “Voi avete avuto un papà ed una mamma – prosegue Papa Francesco - pensate a loro. Piangete un po’ e convertitevi”. Prima ancora aveva condiviso la speranza “che il senso di responsabilità piano piano vinca sulla corruzione” e il dolore per la morte di un bimbo nell'agguato di Taranto:

    "Grazie per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi, ma vi siete aperti, siete usciti, per raccontare la vostra storia di dolore e di speranza. Questo è tanto importante, specialmente per i giovani!".

    All’inizio della cerimonia, era giunta chiara la richiesta di Stefania Grasso, figlia di Vincenzo, commerciante ucciso a Locri nel 1994, vittima della mafia. “Ci guardi Santo Padre” - ripete più volte - “guardi i segni della loro assenza e del loro coraggio”:

    "... guardi e legga nel nostro cuore la speranza di coloro che sono certi che le cose possono cambiare, e per questo continuano a combattere".

    Battagliero è anche don Luigi Ciotti che ricorda il lacerante bisogno di verità – il 70% delle famiglie, afferma, non conosce quale sia - e di giustizia che accomuna i presenti. Vittime anche per caso – ricorda il sacerdote – che si sono trovate in mezzo ad un conflitto a fuoco, oppure che non si sono voltate dall’altra parte:

    "Le ricordiamo tutte perché lo spirito di giustizia e verità che ha animato la loro esistenza è ancora vivo. Lo sentiamo sorreggere le nostre speranze e accompagnare il nostro impegno. Chi perde la vita per la giustizia e la verità dona vita, è lui stesso vita".

    E don Luigi ricorda pure chi ha subito sulla propria pelle gli affari sporchi della criminalità: le vittime sul lavoro, persone non tutelate; quelle colpite dai tumori in territori avvelenati dai rifiuti tossici; chi ha usato droghe comprate dai mercanti di morte; gli immigrati annegati nel mare o caduti nei deserti; le donne vittime della tratta.

    "Ma vittime sono anche i 'morti vivi'. Quante persone 'uccise' dentro! Quante persone a cui le mafie hanno tolto la dignità e la libertà, persone ricattate, impaurite, svuotate. Le mafie – la corruzione, l’illegalità – assassinano la speranza!".

    Eppure c’è chi nella Chiesa è stato una luce – afferma don Ciotti – nonostante “silenzi, resistenze, sottovalutazioni, eccessi di prudenza, parole di circostanza”. Ma una Chiesa che “interferisce” c’è, è una Chiesa che denuncia “l’incompatibilità tra mafie e Vangelo”, che proclama l’annuncio di salvezza, la Parola di vita. Luci sono, solo per ricordarne alcuni, don Pino Puglisi e don Peppe Diana, la cui stola viene indossata dal Papa per la benedizione dei familiari.

    A loro si aggiungono giornalisti, magistrati, amministratori onesti, cittadini che si sono ribellati, ma – sottolinea con forza don Luigi – non vanno lasciati soli! Serve uno scatto da parte di tutti, in particolare della politica che si occupa di bene comune. Bisogna rafforzare la confisca delle proprietà delle mafie, incentivare i percorsi coraggiosi dei testimoni di giustizia:

    "Oggi dobbiamo dirci con forza insieme che è come se avessero sparato su di noi. Opponiamo al grido di dolore per le persone care che qui ricordiamo, la Parola della Vita".

    E poi il lungo elenco di 842 nomi, tra di loro ci sono anche 80 bambini ...

    (Lettura dei nomi)

    Francesco ascolta assorto, con le mani giunte e il capo abbassato. Rosaria, vedova dell’agente Vito Schifani, ucciso nell’attentato di Capaci nel quale perse la vita Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta, ha parole di ringraziamento:

    "Grazie, Gesù, perché in questi anni non mi sono mai persa d’animo. Grazie, Gesù!".

    Allora, aveva solo 22 anni e un bimbo piccolo: fu lei nel corso dei funerali a commuovere l’Italia perdonando, nel tormento e nel dolore di quel momento, i mafiosi che avrebbero scelto di pentirsi. Legge gli ultimi nomi anche l’ex procuratore capo di Palermo, Gian Carlo Caselli, amico dei giudici Falcone e Borsellino.

    Nella parrocchia, le presenze di quelle vittime sono carne viva. Ogni nome è un sogno spezzato, un desiderio mai realizzato, una mancanza che lascia senza fiato ma la ricerca di giustizia e di verità guida la vita di chi resta, rende forte anche chi vorrebbe soltanto piangere lacrime.

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    Le testimonianze dei familiari delle vittime della mafia e il commento di Gian Carlo Caselli

    ◊   Tanti i familiari delle vittime presenti alla veglia di preghiera per le vittime innocenti delle mafie, organizzata dall’associazione Libera di don Ciotti. Tra di loro, Flora Agostino sorella di Antonino, un carabiniere morto in un attentato mafioso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini in Sicilia, con la moglie appena diciannovenne in attesa del loro primo figlio; Giovanni Gabriele, padre di Domenico morto a Crotone a soli 11 anni nel settembre del 2009 dopo tre mesi di coma, vittima innocente di un agguato tra cosche che lo coinvolse mentre giocava con altri ragazzi a calcetto e Massimiliano Noviello figlio di Domenico, ucciso il 16 maggio 2008 nel casertano per aver denunciato tentativi di estorsione da parte del clan camorristico dei Casalesi. Ascoltiamo le loro testimonianze raccolte da Marina Tomarro.

    R. - (Flora Agostino) È da 24 anni che non sappiamo chi sia stato; né i mandanti, né gli esecutori. Ci sono i miei genitori. Anche io con i miei figli giro tutta Italia per chiedere verità e giustizia per questo caso ancora irrisolto. Non abbiamo scoperto nulla. Hanno legato il caso di mio fratello al fallito attentato all’Addaura.

    D. - Cosa vuol dire per voi questo incontro con Papa Francesco?

    R. - Quando lo abbiamo saputo, abbiamo pianto, perché è stata un’emozione grandissima. Il Santo Padre è uno di noi! Siamo qui in 900 … 900 familiari che chiedono a gran voce verità e giustizia per dire “Non siamo soli!”.

    R. - (Giovanni Gabriele) Incontrare il Papa da vicino, che ci sostiene, è una cosa meravigliosa! Si leggono i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie e, nonostante la tragedia, oggi teniamo viva la memoria di nostro figlio Domenico e quella di tutte le vittime di mafia.

    D. - Qual è un ricordo di suo figlio che lei conserva sempre?

    R. - Totò è morto. Ma la morte però non ci ha diviso. Come io vivevo in lui, adesso lui vive in me.

    R. - (Massimiliano Noviello) È stato un bellissimo gesto: la Chiesa che apre le porte ai familiari. Il Papa che si esprime in maniera così forte nei confronti della criminalità.

    D. - Qual è il modo per battere questa criminalità, perché quello che è successo a suo padre non succeda più?

    R. - Io ritengo che non ci debbano essere più eroi. Io sono orgoglioso del mio papà. Però, finché le persone verranno additate come degli eroi, non facciamo altro che demandare a loro il sacrificio o la problematica. Io ritengo che dobbiamo essere tutti partecipi nel quotidiano. È molto importante fare testimonianza nelle scuole. Stando da soli non si va da nessuna parte. È l’unione che fa la forza.

    Tra i presenti al momento di preghiera, anche l’ex procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli. Ascoltiamo il suo commento raccolto da Marina Tomarro:

    R. – Le parole che una dei familiari mi ha detto, piangendo: “Sono 20 anni che aspettiamo una manifestazione di affetto, di solidarietà, di vicinanza come questa”. 20 anni sono lunghi, ma oggi è arrivata. I familiari non possono che essere, nella loro tristezza, nel loro dolore, nel rivivere le loro tragedie, oggi felici, oggi orgogliosi perché un grande, grandissimo uomo ha detto loro che vuole loro bene. Non ha usato proprio queste parole, ma si capiva chiaramente. E questo sicuramente ai familiari delle vittime ha fatto un bene dell’anima.

    D. – Cosa, lo Stato dovrebbe fare di più per evitare che succedano altre tragedie come queste?

    R. – Il Papa ha indicato la via: i mafiosi sono forti anche perché sono ancora capaci – come io dico – di “rastrellare” consenso sociale, e uno dei modi con cui raccolgono, raccattano consenso sociale è anche quello di apparire animati da una certa qual religiosità. Hanno un santino in tasca, nel portafogli, sul santino – bruciandolo – giurano fedeltà all’organizzazione criminale, partecipano alle processioni, fanno parte di questa o quell’altra confraternita, sono generosi quando si tratta di fare offerte alla chiesa … e però, questa loro religiosità, sacralità è atea: non credono in ciò che esibiscono, ostentano per raccogliere consenso sociale. Vivono di prepotenza, sopraffazione, prevaricazione, violenza anche estrema, fino alle stragi, fino all’omicidio. Non hanno niente a che fare con i valori della Chiesa, con l’insegnamento della Chiesa. Il Papa ha detto: “Pentitevi, cambiate o andrete all’inferno!”. Sono cose apparentemente semplici, ma proprio nella loro semplicità di una forza … Cosa si può dire di più? Cambiate, smettetela, altrimenti è l’inferno che vi aspetta! E allora, ecco, la strada che indica Papa Francesco è: non diamo loro corda, non siamo indulgenti o anche soltanto indifferenti. Chiamiamo le cose con il loro nome. E questo vale non soltanto per la Chiesa: vale anche per lo Stato, vale anche per i politici. Bisogna incominciare dal bonificare se stessi per quanto riguarda rapporti con il malaffare, mafia compresa, che ancora caratterizzano una parte della nostra politica.

    D. – Quanto è importante l’educazione delle giovani generazioni a stare lontani dalle facili ricchezze che spesso queste mafie promettono?

    R. – Ragionare con i giovani sulla convenienza, sul vantaggio della legalità può essere decisivo per convincerli a resistere. Sono sirene persuasive, a volte, perché viviamo ancora una crisi economica furibonda; ma chi subisce il fascino perverso dell’illegalità e accetta questa o quell’altra offerta, perché ritiene di poter risolvere così qualche suo problema, imbocca una strada al fondo della quale c’è la morte o la galera. E con l’illegalità che prevale sulle regole, andiamo a sbattere tutti, ma proprio tutti noi!

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    Il Papa: fuggire dalla tentazione di clericalizzare i laici, nella Chiesa ognuno è importante

    ◊   Cercate la verità, la bontà e la bellezza. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai membri dell’associazione “Corallo” che riunisce le emittenti radio-televisive cattoliche italiane. Nel suo discorso, tutto a braccio, il Papa ha quindi messo in guardia dalla tentazione di clericalizzare i laici. Nella Chiesa, ha poi ribadito, nessuno deve sentirsi troppo piccolo, ognuno è importante. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    I comunicatori dovrebbero sempre cercare la verità, la bontà e la bellezza. Papa Francesco ha esordito così nel suo appassionato intervento a braccio che ha allargato l’orizzonte ben oltre i confini dei mass media. Il Pontefice ha messo in guardia dalle trappole che incontrano gli operatori delle comunicazioni:

    "’Io penso, cerco la verità…’: stai attento a non diventare un intellettuale senza intelligenza. ‘Io vado, cerco la bontà…’: stai attento a non diventare un eticista senza bontà. ‘A me piace la bellezza…’: sì, ma stai attento a non fare quello che si fa spesso, ‘truccare’ la bellezza, cercare i cosmetici per fare una bellezza artificiale che non esiste. La verità, la bontà e la bellezza come vengono da Dio e sono nell’uomo. E questo è il lavoro dei media, il vostro”.

    Nella Chiesa, ha poi soggiunto, “non c’è né grande né piccolo: ognuno ha la sua funzione”. Tutti siamo membri, ha detto, e anche i media di ispirazione cristiana, “che siano più grandi o più piccoli” rispondono alla “vocazione di servizio nella Chiesa”:

    “Nessuno deve sentirsi piccolo, troppo piccolo rispetto ad un altro troppo grande. Tutti piccoli davanti a Dio, nell’umiltà cristiana, ma tutti abbiamo una funzione. Tutti! Come nella Chiesa… Io farei questa domanda: chi è più importante nella Chiesa? Il Papa o quella vecchietta che tutti i giorni prega il Rosario per la Chiesa? Che lo dica Dio: io non posso dirlo. Ma l’importanza è di ognuno in questa armonia, perché la Chiesa è l’armonia della diversità”.

    Il Corpo di Cristo, ha ribadito, “è questa armonia della diversità, e quello che fa l’armonia è lo Spirito Santo”. Riferendosi poi all’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium si è soffermato sulla tentazione del clericalismo:

    “E’ uno dei mali, è uno dei mali della Chiesa. Ma è un male ‘complice’, perché ai preti piace la tentazione di clericalizzare i laici, ma tanti laici, in ginocchio, chiedono di essere clericalizzati, perché è più comodo, è più comodo! E questo è un peccato a due mani! Dobbiamo vincere questa tentazione. Il laico dev’essere laico, battezzato, ha la forza che viene dal suo Battesimo”.

    “Servitore”, dunque, “ma con la sua vocazione laicale” e questa “non si negozia” perché conta l’identità. “Tante volte – ha proseguito il Papa - ho sentito dire nella mia terra sacerdoti che volevano “fare diaconi” i laici. “E’ la proposta del prete, subito: clericalizzare”.

    "Questo laico facciamolo… E perché? Perché è più importante il diacono, il prete, del laico? No! E’ questo lo sbaglio! E’ un buon laico? Che continui così e che cresca così. Perché ne va dell’identità dell’appartenenza cristiana, lì. Per me, il clericalismo impedisce la crescita del laico. Ma tenete presente quello che ho detto: è una tentazione complice fra i due. Perché non ci sarebbe il clericalismo se non ci fossero laici che vogliono essere clericalizzati".

    Papa Francesco è quindi ritornato a parlare dei “peccati dei media”. I più grossi, ha detto, “sono quelli che vanno sulla strada della bugia, della menzogna, e sono tre: la disinformazione, la calunnia e la diffamazione”:

    “La calunnia è peccato mortale, ma si può chiarire e arrivare a conoscere che quella è una calunnia. La diffamazione è peccato mortale, ma si può arrivare a dire: questa è un’ingiustizia, perché questa persona ha fatto quella cosa in quel tempo, poi si è pentita, ha cambiato vita. Ma la disinformazione è dire la metà delle cose, quelle che sono per me più convenienti, e non dire l’altra metà. E così, quello che vede la tv o quello che sente la radio non può fare un giudizio perfetto, perché non ha gli elementi e non glieli danno. Da questi tre peccati, per favore, fuggite”.

    Nel discorso consegnato e non pronunciato, Papa Francesco sottolinea che i media sono chiamati a dare attenzione alle tematiche importanti per la vita delle persone “non in maniera sensazionalistica, ma responsabile, con sincera passione per il bene comune e per la verità”. Spesso, rileva con rammarico, “nelle grandi emittenti questi temi sono affrontati senza il dovuto rispetto per le persone e per i valori in causa, in modo spettacolare”. Invece, è la sua esortazione, “è essenziale che nelle vostre trasmissioni si percepisca questo rispetto, che le storie umane non vanno mai strumentalizzate”. “Oggi - afferma ancora il Papa - c’è molto inquinamento, e anche il clima mediatico ha le sue forme di inquinamento, i suoi veleni”. La gente lo sa, prosegue il Papa, “se ne accorge, ma poi purtroppo si abitua a respirare dalla radio e dalla televisione un’aria sporca, che non fa bene”. “C’è bisogno – conclude Francesco – di far circolare aria pulita, che la gente possa respirare liberamente e che dia ossigeno alla mente e all’anima”.

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    La condanna di ogni violenza al centro dell'incontro del Papa con il presidente della Nigeria

    ◊   La condanna delle violenze che stanno insanguinando la Nigeria e la situazione dell’Africa centrale hanno caratterizzato in particolare l’incontro di questa mattina in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente dello Stato africano, Ebele Jonathan Goodluck. Durante i cordiali colloqui, informa una nota ufficiale, è stato sottolineato “l’apprezzamento per il contributo positivo che la Chiesa offre al bene dell’intero Paese, specialmente in ambito educativo e sanitario, così come nella promozione del dialogo tra le diverse componenti della Società”. Attenzione, prosegue il comunicato, “è stata riservata alla tutela della dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, a partire dalla libertà religiosa. In tale contesto – si precisa – si è rinnovata la comune condanna per ogni forma di violenza e si è espresso l’auspicio per un rapido ristabilimento della pacifica convivenza in tutto il Paese”. Infine, “non è mancato – conclude la nota – uno scambio di vedute su alcuni temi di interesse regionale, con particolare riferimento alle situazioni di crisi e di conflitto nell’Africa centrale e subsahariana”.

    Dopo l’incontro con il papa, il presidente Goodluck si è intrattenuto a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, e il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e il presidente del Parlamento del Viêt Nam, Nguyên Sinh Hùng.

    Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Thành-Phô Hô Chí Minh, Hôchiminh Ville (Viêt Nam), presentata dal card. Jean-Baptiste Pham Minh Mân, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Paul Bùi Văn Đoc, coadiutore della medesima Arcidiocesi.

    Il Papa ha nominato vescovi ausiliari di Monterrey (Messico) i reverendi Juan Armando Pérez Talamantes, parroco della Parrocchia "San Francisco de Asís" di Apodaca, assegnandogli la sede titolare vescovile di Auzegera e Alfonso Gerardo Miranda Guardiola, cancelliere della Curia Arcivescovile, assegnandogli la sede titolare vescovile di Idicra.

    Il rev.do Juan Armando Pérez Talamantes è nato il 12 ottobre 1970, a Nuevo León. Ha studiato nel Seminario Minore di Durango e, seguendo la famiglia che si è trasferita in Monterrey, ha continuato nel Seminario Maggiore di quell’arcidiocesi. È stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1997. Ha conseguito la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma. Come sacerdote ha ricoperto i seguenti ministeri: vicario parrocchiale, direttore spirituale, coordinatore di Disciplina e prefetto degli Studi nel Seminario Maggiore di Monterrey. Nel 2010 è diventato parroco della "Sagrada Familia" ad Apodaca e nel 2013 parroco di "San Francisco de Asis", nella medesima Città. Attualmente è anche vicario episcopale per la Zona X e direttore dell’Istituto Benedetto XVI per la formazione dei laici impegnati nella pastorale ordinaria.

    Il rev.do Alfonso Gerardo Miranda Guardiola è nato a Monterrey, il 6 luglio 1966.
    Ha frequentato il Seminario Maggiore di Monterrey, ricevendo l’Ordinazione sacerdotale il 15 agosto 1998. Ha conseguito la Licenza in Teologia morale presso la Pontificia Università del Messico. Ha ricoperto i seguenti incarichi: prefetto della Disciplina e degli Studi nel Seminario Minore, docente nel Seminario Maggiore, vice parroco nel Santuario di Nostra Signora di Fatima, assessore per i gruppi di persone divorziate e rettore del Tempio di "San Massimiliano Maria Kolbe". Dal 2005 è segretario cancelliere della Curia, direttore dell’Archivio Ecclesiastico e del Dipartimento di Storia dell’arcidiocesi di Monterrey. Il presule ha pubblicato diversi libri.

    Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Estonia e Lettonia mons. Pedro López Quintana, arcivescovo titolare di Agropoli, nunzio apostolico in Lituania.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Sri Lanka mons. Pierre Nguyên Van Tot, arcivescovo titolare di Rusticiana, finora nunzio apostolico in Costa Rica.

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    Mons. Brian Ferme nominato prelato segretario del Consiglio per l'Economia

    ◊   A seguito del Motu proprio “Fidelis dispensator et prudens” del 24 febbraio scorso, con cui è stata costituita la Segreteria per l'Economia presieduta dal card. George Pell, e a seguito dell’istituzione del Consiglio per l'Economia e della nomina del card. Reinhard Marx quale cardinale coordinatore di questo organo, il Santo Padre ha provveduto a nominare mons. Brian Ferme quale prelato segretario del Consiglio per l'Economia. Il prelato segretario ha il compito di coadiuvare il cardinale coordinatore nell'espletamento delle funzioni del Consiglio per l'Economia, le cui competenze attengono all'indirizzo e alla vigilanza sulle attività amministrative e finanziarie degli enti economici della Santa Sede.

    Mons. Brian Ferme è nato nel 1955, ed è sacerdote della diocesi di Portsmouth (Inghilterra). Ha svolto studi filosofici, teologici e canonistici in Melbourne, Oxford e Roma. Mons. Ferme è autore di numerose pubblicazioni e articoli scientifici, è stato professore di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e successivamente presso la Pontificia Università Lateranense, della cui Facoltà di Diritto Canonico è diventato decano nel 2000. Nel 2003, a Washington, è stato decano della Facoltà di Diritto Canonico della Catholic University of America, per poi trasferirsi a Venezia quale Preside della Facoltà di Diritto Canonico San Pio X. Mons. Ferme collabora con diversi dicasteri della Curia Romana, in particolare è consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi.

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    Tweet del Papa: Gesù è la nostra speranza. Niente può separarci dalla potenza salvifica del suo Amore

    ◊   Papa Francesco, in questo terzo sabato di Quaresima, ha lanciato un nuovo tweet: “Gesù è la nostra speranza. Niente – neanche il male né la morte – possono separarci dalla potenza salvifica del suo Amore”.

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    Funerali del vescovo cinese Fan Zhongliang, messaggio del card. Filoni

    ◊   Si sono svolti stamani a Shanghai, in Cina, i funerali del vescovo cinese Giuseppe Fan Zhongliang, spentosi domenica scorsa all’età di 97 anni. Hanno partecipato al rito funebre circa 5mila fedeli. In un messaggio indirizzato al vescovo Taddeo Ma Daqin e alla Diocesi di Shanghai, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha sottolineato che la notizia “del ritorno alla casa del Padre” del presule “ha destato sentimenti di viva partecipazione e di vicinanza spirituale alla Chiesa” di questa “amata Diocesi”. “Quale buon pastore – prosegue il porporato - Egli ha offerto se stesso per la gloria di Dio, per il bene della Chiesa e del popolo cinese. Affidiamo la sua anima eletta a Cristo Risorto – conclude il messaggio - perché la introduca nella dimora eterna godendo della misericordia di Dio, della materna benevolenza di Maria, Madre della Chiesa, della comunione di San Giuseppe, suo patrono, e di tutti i Santi. Uniti nella preghiera auguro pace nel Signore”.

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    Il card. Baldisseri: “la famiglia è una scuola ricca di umanità”

    ◊   Si è concluso oggi il Convegno Internazionale sulla famiglia indetto dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Nell’incontro finale si è trattato delle risorse della pastorale familiare di fronte alle sfide attuali. “Dobbiamo affrontare la realtà così come è, se siamo certi della nostra fede bisogna proclamarla a gran voce”, afferma il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, intervistato da Maura Pellegrini Rhao:

    R. – L’iniziativa di trattare il tema della famiglia, quindi anche del matrimonio, è stato un momento importantissimo per la Chiesa, stabilito da Papa Giovanni Paolo II, in quanto Pontefice e in quanto studioso. Oggi naturalmente sono passati molti anni da quella famosa Enciclica, la “Familiaris Consortio”, e Papa Francesco ritiene che sia opportuno riprendere questo grande tema alla luce del Vangelo e in più, con i tempi mutati, dare uno sguardo che possa essere di attualizzazione della Dottrina della Chiesa. Molti temi, molti problemi, molte situazioni sono mutate da quel tempo, per cui la Chiesa deve essere capace di rispondere alle sfide.

    D. – Qual è l’approccio che usate per avvicinarvi a queste sfide?

    R. – Prima di tutto conoscerle, e non soltanto attraverso i media, e fare in modo che la gente possa esprimersi e possa raccontare la propria storia. Per questo il Sinodo ha avuto l’iniziativa di inviare un documento preparatorio, in cui ci fosse un questionario, con domande molto concrete, molto attuali, molto dirette, che naturalmente hanno avuto un impatto sulla gente, che ha sentito di poter esprimere finalmente quello che pensa e far conoscere quello che vive in forma diretta, senza mediazioni.

    D. – Si è parlato di testimonianza da parte degli sposi cristiani, di come sperimentino la grazia ogni giorno. Spesso, però, per chi è nella sofferenza di un matrimonio fallito, è difficile accogliere questa testimonianza...

    R. – Noi siamo proprio in questa dimensione. Attraverso il sondaggio, noi abbiamo avuto la testimonianza non solo di persone che vivono il matrimonio secondo la fede, ma anche di quelli che invece non l’hanno vissuta e che hanno avuto dei drammi, degli insuccessi. Ecco perché ci interessa conoscere anche queste persone e le loro sofferenze, per poterle curare di più pastoralmente e accompagnarle. La prima cosa è questa: accompagnarle nella loro sofferenza. Poi, è chiaro, aiutarle anche a trovare delle soluzioni, quelle che la Chiesa ritiene siano le soluzioni adatte e concernenti il caso, che allo stesso tempo siano nella verità e nella carità. E’ questo il dramma: molti casi non hanno soluzione, perché non sono aiutati. Ci possono essere delle strade. L’importante è che si tratti del tema, se ne parli. Quando se ne parla, la gente è già in buona posizione, è già contenta. E' come un ammalato, che è solo, abbandonato, ma basta che ci sia una persona accanto che subito riprende animo, si consola e gli si dà speranza di vivere.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Convertitevi!: nell'incontro con l'associazione Libera di don Ciotti, Papa Francesco si rivolge agli uomini e alle donne della mafia.

    Il messaggio del Papa ai membri dell'associazione Corallo che riunisce le emittenti radiotelevisive cattoliche italiane.

    In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “L'ascolto dei nomi”.

    Nel servizio internazionale, in rilievo la crisi ucraina: colloquio tra Kerry e Lavrov, sì di Mosca alla missione Osce ma non in Crimea.

    Cinquant’anni della Fondazione Einaudi: in cultura, Silvia Guidi intervista Amalia De Luigi, responsabile della biblioteca. Sul tema, un articolo di Lucetta Scaraffia.

    Alle frontiere della pace: Isabelli Farinelli sul viaggio in Francia di Pio VII ricostruito da Jean-Marc Ticchi.

    Dante e il senso della trascendenza: stralci della relazione di Christian Moevs presentata nel corso del convegno «Dante’s Intellectual Formation» che si è svolto al Notre Dame Center di Roma.

    L’educazione richiede pace e sicurezza: nel servizio religioso, l’episcopato della Nigeria condanna i sanguinosi raid contro alcune scuole.

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    Oggi in Primo Piano



    Crimea: circondata la base controllata da soldati ucraini. Kiev chiede aiuti all’Ue

    ◊   È scaduto in mattinata l’ultimatum di Mosca all’ultima base militare in Crimea controllata dall’Ucraina, mentre oltre 16mila soldati di Kiev presenti nella penisola decidono di prestare servizio per la Russia. E all’indomani dello storico accordo di associazione tra l’Ue e l’Ucraina, il premier ucraino Yatseniuk chiede aiuti energetici all’Europa, che presto vaglierà un pacchetto di ingenti sostegni economici. Il servizio di Marco Guerra:

    In Crimea ancora non si è sciolta la tensione all’interno la base militare nell’aeroporto di Belbek, l’ultima controllata dalle truppe fedeli a Kiev e assediata dai soldati filo russi che hanno lanciato un nuovo ultimatum per l’evacuazione della struttura. Nel frattempo, però, su 18mila militari ucraini dislocati nel resto della penisola circa 16mila hanno deciso di cambiare uniforme e prestare servizio per la Russia. Lo ha annunciato il ministro della difesa russo Sergei Shoigu, confermando che, delle 67 unità navali che facevano capo alla marina dell’Ucraina in Crimea, 54 hanno issato bandiera russa. Il titolare della difesa russo ha quindi autorizzato i militari ucraini che vogliono lasciare la Crimea a “dirigersi in territorio ucraino in modo organizzato”. Intanto il premier ucraino Yatseniuk, all’indomani dell’accodo di associazione con l’Ue, chiede aiuto per le forniture energetiche, mentre il parlamento di Strasburgo si prepara a vagliare un pacchetto di finanziamenti da 11 miliardi di euro. E oggi l’occidente proverà a riprendere il filo del dialogo con la Russia, con l’incontro a l’Aja tra il capo della diplomazia di Mosca, Lavrov e il segretario di Stato americano, Kerry. Per una analisi dell’azione militare di Mosca sentiamo il commento di Andrea Margelletti, direttore del Centro studi internazionali:

    R. – Dal punto di vista militare, Mosca si è mossa in punta di piedi e i colpi sparati sono stati sulle dita di una mano. Si è mossa, quindi, con un’attenta pianificazione, in maniera estremamente avveduta. La chiarezza politica di Mosca e la predominanza, dal punto di vista militare, è semplicemente assoluta. La politica si fa con tutti gli strumenti, compreso quello militare. La capacità di avere una difesa efficiente continua ad essere determinante per il peso politico di una nazione.

    D. – Kiev e l’Occidente hanno sottovalutato l’importanza strategica delle basi russe in Crimea e dello sbocco sul Mar Nero. Ecco, Mosca non avrebbe mai rinunciato a questo...

    R. – Sicuramente l’Occidente lo sapeva. Chi ci ha giocato sopra è stato il governo di Kiev che, con una serie di iniziative, ha dato la possibilità e la scusante a Mosca di comportarsi come ha fatto.

    D. – Questa iniziativa di Mosca ha fatto allarmare come non mai dalla fine della guerra fredda e alcuni parlano anche di potenziali aree di conflitto, per esempio nei Paesi baltici – Estonia e Lituania – dove c’è una forte minoranza russa. Insomma le mire pan russe di Mosca sono finite qui?

    R. – Lo scontro Russia-Nato non è proprio contemplato. I Paesi baltici sono Paesi Nato e la Russia non ha né motivo né ragione di aprire la terza guerra mondiale. Cerchiamo di stare tutti molto, ma molto più sereni.

    D. – Cos’è prevedibile che faccia la Nato adesso? Quali saranno i passi, oltre a queste sanzioni, che non sono molto efficaci?

    R. – Sul fronte militare non succede nulla. Nessuno vuole morire per la Crimea, non c’è alcun interesse. Non sono morti per la Crimea gli ucraini a Kiev, si figuri se c’è l’interesse di fare un’operazione militare, che non avrebbe alcuna ragione storica, politica e militare. L’Ucraina non può entrare nella Nato ed esistono peraltro delle regole, tra cui quella di non avere basi straniere sul proprio territorio. Non è interesse di nessuno avere l’Ucraina nella Nato, in questo contesto, in questo momento, perché si andrebbe verso una criticità nei confronti di Mosca, che sinceramente nessuno vuole. L’Ucraina non è nell’Unione Europea, non è nella Nato, quindi gli Stati dell’Unione e della Nato non hanno alcun titolo per fare una difesa militare dell’Ucraina. Qualcuno dice: “Invochiamo l’art. 5”, ma gli articoli Nato sono per difendere i Paesi della Nato.

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    Raid israeliano nel campo profughi di Jenin, uccisi 4 palestinesi

    ◊   Escalation di violenza in Medio Oriente. Altri 4 palestinesi sono stati uccisi in un raid dell'esercito israeliano nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania. Le autorità dello Stato ebraico parlano di un’operazione necessaria per sventare un attentato, di tutt’altro avviso il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas: da lui la condanna di quanto accaduto e un appello agli Stati Uniti affinchè fermino le attività militari di Israele che minano gli sforzi di pace condotti da Washington. Cecilia Seppia ha sentito Bernard Selwan Elkourì, esperto dell’area della rivista di geopolitica Limes:

    R. - Quello che è importante innanzitutto, è chiarire le modalità di questa operazione che le Idf - le Forze di difesa israeliane - hanno definito un’operazione anti terrorismo. In realtà, è stata un’operazione militare di scurezza per eccellenza e l’obbiettivo era non tanto politico quanto militare. Si tratta infatti di Abu Hamza Alhija, un giovanissimo leader delle Brigate al Qassam che sono il braccio militare di Hamas. Non soltanto era ricercato da anni dalle forze israeliane, ma anche dalla forze della Anp, l’Autorità nazionale palestinese. Lui è il figlio di un altro leader di Hamas che è in carcere da 11 anni ed è stato condannato appunto all’ergastolo.

    D. - Oggi è il decimo anniversario della morte del leader spirituale di Hamas, Ahmed Yassin, ucciso da un drone israeliano. Ci sono celebrazioni in atto e si rischia che diventino pretesto per nuove tensioni …

    R. - Assolutamente sì. Ecco, se volessimo individuare un tratto peculiare di questa operazione israeliana è proprio la data in cui si è scelto di sferrare questo attacco. Questa ricorrenza, unita a questo omicidio, a questo crimine, così come è stato definito dai palestinesi, con altissime probabilità farà innalzare le tensioni che già sono alte in tutta l’area. Quindi bisogna aspettarsi che da oggi, nei prossimi giorni, ci sia una nuova ondata di violenze.

    D. - Dalla ripresa dei colloqui tra le parti, nel luglio scorso, sono stati uccisi tra l’altro 57 palestinesi e feriti quasi 900. Quindi tutto ciò potrebbe far crollare gli sforzi di pace che vedono Washington in prima linea …

    R. - I negoziati che sono guidati appunto degli Stati Uniti, non si possono fermare da un punto di vista formale e simbolico per quello che riguarda la causa palestinese agli occhi di tutti gli arabi; ma gli osservatori, anche i meno attenti alle questioni mediorientali, si rendono conto che oggi tra tutte le questioni degli arabi, quella palestinese è quella che, detta in parole molto dirette, importa meno alla Comunità internazionale e ai Paesi regionali. Parliamo di un contesto radicalmente cambiato negli ultimi tre anni; un contesto in cui le alleanze sono cambiate e in cui Hamas, da parte sua, non può più contare su un forte sostegno da parte di alcuni alleati regionali; parliamo di un contesto in cui da parte sua, Israele si vede circondato da ulteriori minacce, in primis quello che sta accadendo in Siria e soprattutto dall’attivismo jihadista che ha ripreso vigore negli ultimi anni nel Sinai.

    D. - Ecco, sul fronte umanitario c’è un’altra area che preoccupa: quella della Striscia di Gaza. Ieri, centinaia di donne si sono mobilitate per protestare contro la chiusura dei valichi di frontiera, in particolare quello di Rafah con l’Egitto. In queste zone si deve parlare di emergenza …

    R. - Si dovrebbe parlare di emergenza, ma come ho detto prima, l’attenzione della comunità internazionale, delle ong e delle organizzazioni internazionali che si occupano di aiuti umanitari, ad oggi è focalizzata su quello che sta accadendo in Siria. Ulteriori elementi che non gioca a favore delle crisi umanitarie nella Striscia di Gaza sono i cambiamenti politici e strategici in quell’area soprattutto al confine tra la Striscia di Gaza e il territorio egiziano. È ovvio che la caduta della Fratellanza Musulmana, notoriamente vicina ai palestinesi della Striscia di Gaza e in particolare ad Hamas, ha contribuito a peggiorare quella che è la crisi umanitaria dei palestinesi che vivono in quell’area.

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    Giornata mondiale dell'acqua, risorse idriche sicure inaccessibili a 800 milioni di persone

    ◊   Quasi 800 milioni di persone nel mondo non hanno accesso a fonti idriche sicure, mentre due miliardi e mezzo non usufruiscono di servizi igienici adeguati. Acqua pulita vuol dire meno mortalità, soprattutto infantile, e sviluppo economico e sociale. E’ questo che si vuole ricordare oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, un bene fondamentale che manca in vaste aree del pianeta, prima fra tutte l’Africa subsahariana. Veronica Giacometti ha intervistato Emanuela Salvatori, di Save the Children, organizzazione in prima linea nella battaglia per il riconoscimento del diritto all’acqua potabile:

    R. – L’accesso all’acqua potabile è un presupposto fondamentale per la salute di milioni di bambini. Avere acqua potabile significa essere molto meno esposti al rischio di malattie che, in questo momento, sono ancora mortali. Si tratta di malattie che nei nostri Paesi sono da tempo diventate curabilissime. E’ necessario, direi vitale, che si recuperi questo gap che riguarda ancora, in tutto il pianeta, quasi un miliardo di persone, tra cui milioni e milioni di bambini.

    D. – Di bambini ne muoiono 1400 ogni giorno...

    R. – Sì, a causa della diarrea, quindi per una contaminazione che si può facilmente superare, ad esempio lavandosi le mani. Tra le attività che si possono condurre e che Save the Children porta avanti, anche nell’ambito della Campagna Everyone, c’è quella proprio dell’educazione all’igiene.

    D. – Quali sono le zone peggiori per l'approviggionamento idrico?

    R. – Sono l’Africa sub sahariana, l’Asia meridionale e i Caraibi.

    D. – Perché questa disparità tra il primo mondo e i Paesi in via di sviluppo?

    R. – Sono vari i fattori che la determinano. Sicuramente c'è la mancanza di investimenti adeguati nella costruzione di reti idriche e di reti fognarie, inoltre anche la non centralità, all’interno dei piani di sviluppo di questi Paesi, della questione “acqua”. Un altro fattore, sempre più determinante, sono i cambiamenti climatici: ampi e larghi periodi di siccità in vaste zone del mondo e, quindi, di conseguenza, la crescita della malnutrizione. Per contro, i cambiamenti climatici significano anche periodi di piogge intensissime, oltre la norma, imprevedibili, che trasformano aree del mondo in zone paludose di acqua non potabile, che diventano terreno fertile per lo sviluppo, per esempio, della zanzara malarica. Quindi, nelle proiezioni, si stima che aumenteranno purtroppo i casi di malaria e anche di malnutrizione.

    D. – Sappiamo che nel mondo vi sono addirittura conflitti generati dall’approvigionamento idrico...

    R. – L’acqua è al centro di vere e proprie guerre. Tutto ciò non contribuisce ad una più larga accessibilità dell’acqua, ma è una causa di ulteriore malessere, e a volte di morte, per le popolazioni coinvolte.

    D. – La soluzione potrebbe essere un'equa distribuzione. Ma come?

    R. – Facendo sì che i Paesi e i territori siano forniti di un’adeguata rete idrica e anche di fogne. Questo significa: investimenti, piani di sviluppo, una gestionenon finalizzata al lucro dell’acqua. Sul piano di quelli che possono essere degli interventi, portati avanti da organizzazioni come Save the Children, il contributo è quello della creazione di servizi sanitari, della potabilizzazione dell’acqua, dell’insegnamento rivolto sia alle donne, in particolare, che ai bambini, di un corretto utilizzo dell’acqua, che non deve essere sprecata ma deve essere impiegata propriamente.

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    Via Crucis per le donne vittime di tratta, violenze e prostituzione: migliaia in piazza a Roma

    ◊   Alcune migliaia di persone, ieri sera a Roma, hanno partecipato alla Via Crucis per le “donne crocifisse”, vittime di tratta, violenze e prostituzione: 120 mila in Italia nel solo 2013, e per il 37% minorenni. L’iniziativa, ricordata anche da Papa Francesco domenica scorsa all’Angelus, si è svolta tra piazza Santi Apostoli e via della Conciliazione, ed è stata organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, e dalla Pastorale Giovanile della Diocesi di Roma. Per noi c’era Davide Maggiore:

    La sofferenza del Cristo tradito, rinnegato e crocifisso è la stessa sofferenza delle vittime della tratta. Da questa consapevolezza, espressa nelle intenzioni di preghiera recitate per le vie di Roma, è partita la via Crucis di ieri. E su questa analogia si è soffermato anche don Aldo Buonaiuto, della Comunità Giovanni XXIII:

    “La Via Crucis è il simbolo della sofferenza e del dolore, del vero Dio e vero uomo Gesù, che ha preso su di sé il peccato del mondo per riscattare l’umanità. Così, queste donne in un certo senso assomigliano a Gesù”.

    Durante la preghiera, alcune delle vittime di questo traffico terribile hanno dato la loro testimonianza. Arrivate dai loro Paesi per aiutare le famiglie, sperando in un lavoro onesto, sono state ingannate e sono finite sulla strada: qui alla brutalità degli sfruttatori si è aggiunta per loro l’indifferenza delle persone a cui erano costrette a vendersi, come racconta una ragazza, originaria della Romania:

    “La terza settimana, dopo tutte le violenze che avevo subito, una donna mi ha messo lo scotch sulle ginocchia per coprirmi le ferite e mi ha riportata in strada. Quando io stavo in strada, nessuno degli uomini che si fermavano davanti a me mi ha mai chiesto se volevo aiuto o se volevo essere portata in ospedale. Anzi, loro approfittavano ancora più di me”.

    Sfuggite ai loro torturatori grazie alla polizia, o soccorse dagli operatori della comunità fondata da don Oreste Benzi, queste giovani donne cercano oggi di riprendersi dagli abusi subiti e seguono percorsi di formazione. Contro la piaga della tratta, “non per contenerla ma per sradicarla”, la Comunità Giovanni XXIII chiede a Governo e Parlamento di varare un piano, e ai cittadini di unirsi, come avvenuto ieri sera, per manifestare “con una sola voce” domandando libertà e giustizia per le donne schiavizzate. Parlare di questa piaga è fondamentale, spiega ancora don Buonaiuto:

    “Non dobbiamo aver paura di denunciare il silenzio di troppe realtà quando si accetta o si cade in discorsi che non riguardano il bene di queste donne. Purtroppo viviamo ancora in una cultura molto maschilista. Sono nove milioni i maschi italiani che vanno sulle strade e che pensano che si possa mercificare la persona, la si possa acquistare, comprare, per queste finalità”.

    Tutti possono impegnarsi per contrastare questo fenomeno, ricorda Paolo Ramonda, presidente dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e il primo, fondamentale, passo è prenderne coscienza:

    “Questo non è ‘il lavoro più antico del mondo’, ma è l’ingiustizia più antica del mondo. Quindi, a volte il nostro silenzio può essere connivenza con questa ingiustizia. Bisogna camminare con le persone, con le istituzioni, con le associazioni di volontariato: camminare, potendo anche, a volte, accoglierle nelle proprie famiglie, dando lavoro”.

    Proprio sull’importanza dell’inserimento lavorativo, ascoltiamo il commento di Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl:

    “La cosa fondamentale è il lavoro, che è l’unico modo per dare una prospettiva a queste schiave, per rendersi libere e per costruire la propria storia personale. Quindi è importante dare una prospettiva di formazione e di lavoro perché credo che sia il modo più concreto di rifiutare quello che avviene. E’una violenza davvero inaudita e c’è omertà su questa violenza. E’ la violenza più brutale che si fa nei confronti delle donne”.

    Ma quando si fa loro incontro qualcuno che – come i volontari e gli operatori sociali impegnati nel reinserimento – si avvicina loro per comprenderle e ascoltarle, queste donne esprimono desideri semplici, ricordando la speranza che le aveva portate in Italia, come fa questa ragazza nigeriana:

    “Devo avere il permesso di soggiorno, cosi posso lavorare come cuoca”.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella terza domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù incontra la samaritana nei pressi del pozzo di Giacobbe. Il Signore le dice:

    «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di oggi è commovente: Gesù rompe tutti i tabù sociali e religiosi e, con una libertà divina che affascina, stabilisce un nuovo rapporto con la donna e annuncia il tempo nuovo dei “veri adoratori”, “in spirito e verità”. “Dammi da bere”, chiede Gesù alla samaritana ed ella non ha che l’acqua della sua religiosità da offrire. L’uomo ha sempre cercato luoghi e formule per “legarsi” a Dio ed ottenere il suo favore. E Gesù a lei: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice ‘Dammi da bere’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Possiamo chiederci: Che acqua c’è in me? Dove cerco io oggi l’acqua per la mia sete? A quale fonte mi disseto? E alla donna che dice: “Sì, so che deve venire il Messia”, Gesù annuncia: “Sono io che parlo con te!”. Io ho per te un’acqua che toglie la sete in eterno. Il cristianesimo, compreso bene, non è una religione. Tantomeno un potere che si impone nella politica, nell’economia, o nella cultura... Il Cristianesimo è acqua che disseta, acqua che zampilla per la vita eterna: nel deserto della vita, davanti al mistero della croce – una croce che non è un’invenzione cristiana, ma il pane amaro che segna il nostro cammino, o troviamo una risposta o ne restiamo schiacciati. “Signore, dammi quest’acqua”, esclama la samaritana, una risposta che è anche nostra oggi. È il dono dello Spirito Santo, frutto della Pasqua, che sazia infinitamente il cuore dell’uomo e lo lancia nella missione: “Levate i vostri occhi e guardate i campi”. Come non dare la vita per portare quest’acqua fino agli estremi confini della terra?

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Si è spento il patriarca siro-ortodosso Ignazio Zakka Iwas

    ◊   Si è spento ieri in un ospedale in Germania, dopo una lunga malattia, il patriarca siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente Ignazio Zakka Iwas: aveva 80 anni. Nato a Mosul, in Iraq, era primate della Chiesa siro-ortodossa dal 1980. In precedenza era stato vescovo metropolita di Mosul, poi di Baghdad e Bassora. Diventato patriarca, ha vissuto e lavorato a Damasco, sede della Chiesa siro-ortodossa. Ha partecipato come osservatore ai lavori del Concilio Vaticano II. Ha studiato due anni negli Stati Uniti. La Chiesa ortodossa-siriaca conta circa 4 milioni di fedeli, molti dei quali in Siria, Libano e Iraq, ma anche in Germania, Svezia e Stati Uniti. Venerdì prossimo, il corpo del patriarca sarà trasferito dalla Germania in Libano e poi in Siria, dove si svolgeranno i funerali.

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    Colombia. Il card. Rubén Salazar: non s’interrompano i negoziati tra governo e Farc

    ◊   Il cardinale Rubén Salazar, arcivescovo di Bogotà, ha sollecitato il governo e i rappresentanti delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) a non lasciare il tavolo dei colloqui di pace in corso all'Avana, Cuba. Dopo l'omicidio di due poliziotti nel dipartimento di Nariño e la richiesta del senatore Aurelio Iragorri di interrompere i colloqui di pace – riferisce l’agenzia Fides - il porporato ha insistito sul fatto che dobbiamo essere tutti consapevoli dell'importanza delle trattative che si trovano in stato avanzato all'Avana. "Anche se purtroppo quello che è successo è un crimine contro l'umanità - ha affermato l'arcivescovo della capitale colombiana - sappiamo anche che questi fatti possono diventare colpi contro i negoziati. Nel Paese dobbiamo essere consapevoli che abbiamo bisogno di mettere fine al conflitto armato, per questo abbiamo chiesto di continuare con i dialoghi di negoziazione".

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    Darfur, assassinato un volontario della Croce Rossa

    ◊   Un volontario del Comitato internazionale della Croce Rossa è stato ucciso a El Fasher, il capoluogo del Darfur settentrionale, in Sudan: lo ha riferito l’organizzazione, in un contesto di allarme crescente per gli scontri armati e la situazione umanitaria nella regione. In una nota si sottolinea che Najmaddin Salih Musa Bishara è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco mentre stava tornando a casa dal lavoro. In Sudan circa 700 dipendenti della Croce Rossa continuano a recarsi sul luogo di lavoro nonostante il governo abbia sospeso le attività dell’organizzazione, accusata di operare al di fuori del proprio mandato. Il volontario - riferisce la Misna - è stato assassinato in un momento particolarmente difficile per il Darfur. Secondo le ultime stime dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari, dall’inizio dell’anno scontri tra comunità rivali o tra forze governative e ribelli hanno costretto circa 215.000 persone a lasciare le proprie case.

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    Portogallo, Settimana nazionale contro la fame indetta dalla Caritas

    ◊   Una settimana per dire no alla fame nel mondo: è la Settimana nazionale indetta dalla Caritas del Portogallo, sul tema “Uniti nell’amore, insieme contro la fame”. L’iniziativa, che si chiude questa domenica, si articola in incontri di riflessioni, dibattiti e una colletta nazionale; i fondi raccolti andranno a favore dei diversi progetti sociali delle Caritas diocesane. “Tutti noi – spiega Eugénio Fonseca, presidente di Caritas Portogallo – siamo coinvolti nella costruzione di una società più giusta e solidale; senza il contributo di ciascuno, non ci potrà mai essere il vero bene comune”. Da segnalare che il tema della Settimana portoghese rimanda a “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”, ovvero lo slogan della campagna di Caritas Internationalis contro la fame nel mondo, lanciata a dicembre 2013 ed alla quale ha aderito anche Papa Francesco, tramite un videomessaggio. (I.P.)

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    Cambogia. Progetto educativo dei Gesuiti destinato ai bambini più poveri

    ◊   I Gesuiti della Cambogia stanno lavorando ad un nuovo progetto educativo che avrà la sua base a Sisophon, nella provincia di Banteay Meanchey. In una lettera ai membri della missione e ai collaboratori, padre Francisco Oh In-don, delegato del Provinciale di Corea per la Cambogia, scrive: "Era molto chiaro che noi Gesuiti avremmo dovuto servire prima di tutto i bambini poveri". Sisophon è stata scelta perché ha poche opportunità educative. Praticamente, non ci sono scuole. Secondo le informazioni pervenute a Fides dalla curia generalizia dei Gesuiti, la scuola si chiamerà Xavier Jesuit School, in onore di San Francesco Saverio, patrono della parrocchia di Sisophon. Il gesuita Ham Toeun, che è stato il primo studente khmer, sta facendo il suo magistero nella provincia di Banteay Meanchey e aiuterà ad avviare il progetto. Insieme con il direttore, padre Ashley Evans, ha negoziato l'acquisto di 15 ettari di terreno alla periferia di Svay Sisophon ed è entusiasta. "Il progetto della scuola è molto importante per la Cambogia perché abbiamo veramente bisogno di aiuto per un'istruzione di qualità. I bambini cambogiani in questo momento sono affamati di buona educazione".

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    Convegno a Roma sulla Famiglia: il calo demografico tra le cause della crisi italiana

    ◊   “Una delle cause della crisi in diversi Paesi avanzati come l’Italia è di natura demografica”: lo afferma il sociologo Massimo Introvigne, che ha aperto stamane a Roma presso la Sala San Pio X in Via della Conciliazione un convegno internazionale di Alleanza Cattolica sul tema della “buona politica” e della famiglia. Durante il convegno - riferisce il Sir - viene presentata una ricerca e il volume “Sì alla famiglia. Manifesto per un’istituzione in pericolo” (Sugarco, Milano 2014) curato da Introvigne. Secondo il ricercatore, “la crisi italiana, che pure ha molteplici cause, si deve anche al fatto che da anni sono nati troppo pochi bambini, dunque oggi ci sono meno produttori, meno lavoratori che pagano contributi e meno consumatori, col risultato che i costi del welfare e del sistema pensionistico sono saliti in modo anomalo, e con essi la pressione fiscale e il debito pubblico”. Al centro del convegno, anche il dibattito sul clima culturale ostile al matrimonio e alla famiglia, con l’accettazione sociale e la promozione di modelli alternativi, dalle convivenze alle unioni omosessuali.

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    Croazia, Incontro nazionale della gioventù cattolica in aprile. Attesi 35mila ragazzi

    ◊   Sono oltre 35mila i ragazzi attesi a Dubrovnik, in Croazia, dove il 26 e 27 aprile prossimi si terrà l’Incontro nazionale della gioventù cattolica. A poco meno di un mese dall’evento, infatti – informa il Comitato organizzatore – le registrazioni dei partecipanti toccano già il picco di 31mila richieste, il che porta il prossimo Incontro in cima alla classifica dei più numerosi da quando ne è stata istituita la tradizione, nel 1996. Il maggior numero di partecipanti arriverà, naturalmente, dall’arcidiocesi di Zagabria, che conta oltre 6mila iscritti, ma le altre diocesi non sono da meno; presente anche Sarajevo come circa 1.500 giovani. “Questo incontro – spiega ancora il Comitato organizzatore – avrà anche un carattere internazionale perché sono attesi 524 giovani provenienti da Australia, Germania, Italia, Ungheria e Macedonia”. Da sottolineare, inoltre, la presenza di un centinaio di ragazzi dall’Eparchia greco-cattolica di Križevci. Tutti i partecipanti saranno ospitati per una notte dalle famiglie di Dubrovnik e dintorni, mentre più di 1.600 volontari saranno disponibile ad aiutare gratuitamente i ragazzi. “Tutto questo – conclude il Comitato organizzatore – testimonia una Chiesa viva, insieme alla comunione ed al risveglio spirituale della Croazia”. Da ricordare che nel 1996, in occasione della prima edizione dell’Incontro, l’allora Pontefice Giovanni Paolo II inviò un messaggio, in cui affermava: “Carissimi giovani cattolici croati (…) il futuro del mondo e della Chiesa vi appartiene. Cristo attende i giovani (…) Accogliendo i suoi comandamenti e seguendo fedelmente Gesù Cristo, sperimenterete la gioia che è propria di chi si lascia afferrare dall’amore divino e ne diviene ardente e generoso testimone”. (I.P.)

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    “Francescani per l’ecologia”: riflessioni sull’ambiente ispirate a tre Papi, Bergoglio, Ratzinger e Wojtyla

    ◊   Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco e la salvaguardia del Creato: è questo il cuore della riflessioni “Francescani per l’ecologia”, diffusa dalla Commissione interfrancescana di giustizia, pace e integrità del Creato. Pubblicata in occasione della Giornata mondiale dell’acqua e nel 35.mo anniversario della proclamazione di San Francesco d’Assisi a “Celeste patrono dei cultori dell’ecologia” - avvenuta nel 1979 per volere di Giovanni Paolo II che siglò la bolla Inter sanctos - la riflessione vuole proporre “un testo suggestivo sulla consapevolezza e sull’impegno ecologico”. Il testo parte da una premessa: in passato, erano gli uomini a temere la natura, mentre negli ultimi due secoli “la situazione si è capovolta”, a causa di una “cultura dello scarto, cultura dello spreco e cultura della rottamazione”. “Atteggiamenti che – scrivono i Francescani – come ci ha ricordato Papa Francesco fin dai primi giorni del suo pontificato, sono innanzitutto antiumani e tradiscono in radice la vocazione umana, non solo cristiana, del custodire”, con conseguenze dannose. Tali comportamenti, infatti, “impoveriscono la Terra di tutti, rendendola più fragile e mettendo a rischio l’ambiente che le generazioni dopo di noi riceveranno in eredità, contravvenendo così a ogni responsabilità nei loro confronti”. Guardando, poi, alla figura di San Francesco d’Assisi, il quale intuì come “il naturale indichi e partecipi al sovrannaturale”, i francescani riprendono gli insegnamento di questi tre Papi sul tema dell’ecologia, a partire da Giovanni Paolo II e dal suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1990: pace con Dio creatore, pace con tutto il creato. “Da quel momento – sottolinea il documento - espressioni quali ‘vocazione ecologica’ e ‘conversione ecologica’ entrano a pieno titolo nel vocabolario cattolico”. Quanto a Benedetto XVI, i francescani evidenziano come il suo insegnamento sull’ecologia “resti fino a oggi quello maggiormente sviluppato da un Papa su questo tema”: basti citare l’Enciclica Caritas in veritate: “La Chiesa ha una responsabilità per il Creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico”, difendendo “non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti”, ma soprattutto “proteggendo l’uomo contro la distruzione di se stesso”. (n. 51). Infine, Papa Francesco “ci ha abituati fin da subito a un’ecologia a carattere integrale”: nell’omelia per la Messa di inizio pontificato, il 19 marzo 2013, Papa Bergoglio ha infatti detto che “quando non ci prendiamo cura del Creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce”. Il documento dei francescani mette poi in guardia da “ogni manipolazione di dottrine religiose in senso antiecologico” e dedica ampio spazio sia alla partecipazione dei frati alla Conferenza delle Nazioni Unite “Rio+20”, svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 2012, sia all’opera di advocacy all’Onu di Franciscans International “per affrontare casi di ingiustizia ambientale o per migliorare le politiche nazionali in modo da proteggere popolazioni e pianeta”. Infine, i discepoli del ‘Poverello di Assisi’ invitano ad evitare da una parte gli “atteggiamenti estremi” che possono trasformare “l’ecoattivismo in ecoterrorismo”, e dall’altra quel “sonnambulismo irresponsabile” che rifiuta il problema. Il comportamento più corretto, allora, sarà fatto di “piccoli e concreti passi” compiuti da “uomini e donne di buona”, perché “insieme, è possibile”. (A cura di Isabella Piro)

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    A Orvieto, la Giornata del pellegrino per Umbria, Marche e Abruzzo

    ◊   A Orvieto, si svolge questa domenica la Giornata del Pellegrino delle regioni Umbria, Marche ed Abruzzo. Si tratta di un cammino triennale che vede protagoniste le tre regioni dell'Italia centrale. Si parte da Orvieto che nel biennio 2013-14 celebra il Giubileo Eucaristico, concesso dalla Penitenzieria Apostolica per il 750° Anniversario del Miracolo Eucaristico di Bolsena (1263) e della Bolla “Transiturus” del Papa Urbano IV (1264), che ha avuto inizio nel mese di gennaio del 2013 con l’apertura della Porta Santa delle Basiliche di Orvieto e di Bolsena e che si concluderà nel mese di novembre con la loro chiusura. La Giornata del Pellegrino approderà poi nel 2015 al Santuario di Loreto e nel 2106 a quello di San Gabriele dell’Addolorata in un percorso del Sacro che anno dopo anno attraverserà le tre regioni. Un cammino, occasione di un’esperienza di pellegrinaggio e di una sosta spirituale, illuminato dalla Vergine Maria, Madre di Dio, che aiuterà i pellegrini ad entrare nel Mistero di Cristo e della Chiesa. In particolare il 2014 sarà incentrato sull’incontro con il Mistero di Cristo che riconosciamo nel pane spezzato. Da qui il titolo che farà da filo conduttore all’iniziativa “Eucarestia, Pane del pellegrino”. Ad aprire la Giornata ad Orvieto - che si propone di essere occasione di incontro per i pellegrini e opportunità di approfondimento del “cammino” cominciato anche durante i pellegrinaggi – mons. Liberio Andreatta, vice-presidente e amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, il presidente della Provincia di Terni, Polli, il sindaco di Orvieto, Concina, e mons. Giovanni Tonucci, arcivescovo Prelato di Loreto e delegato pontificio per il Santuario della Santa Casa. In mattinata, la catechesi sul tema della Giornata tenuta da mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno. Spazio poi alle testimonianze e nel pomeriggio tutti al Duomo per il pellegrinaggio giubilare attraverso la Porta Santa presieduto dal vescovo di Avezzano, mons Pietro Santoro. A conclusione, la Messa presieduta da mons. Benedetto Tuzia, vescovo di Orvieto-Todi.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 81

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