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Sommario del 19/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Francesco ai papà: Giuseppe è il vostro modello, siate vicini ai vostri figli
  • L'affetto della gente a Piazza San Pietro per Papa Francesco: "Gli vogliamo bene, è come un papà!"
  • 250 membri di diverse religioni in dialogo a Castel Gandolfo. Oggi l'incontro col Papa
  • Un anno fa la Messa d'inizio Pontificato di Papa Francesco
  • Card. Ouellet: nel primo anno di Papa Francesco, poveri, famiglia e giovani
  • Nomine episcopali in India, Brasile e Centrafrica
  • Il card. Antonelli inviato speciale del Papa per il 70.mo della distruzione-ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino
  • Al card. Sandri il Premio Ducci per la pace: "Lo dedico alle vittime in Siria e a p. Dall'Oglio"
  • I 90 anni del card. Tomko, per 16 anni a Propaganda Fide
  • Oggi in Primo Piano

  • Crimea: soldati russi attaccano base militare ucraina. Ban Ki-moon domani a Mosca
  • Nucleare iraniano: a Vienna il 5+1. Si discute della centrale di Arak
  • Egitto, crescono le tensioni in attesa della data delle presidenziali
  • Oltre duemila migranti salvati in 48 ore. L'Unhcr: Ue sostenga "Mare Nostrum"
  • Strage di Taranto, proseguono le indagini. Mons. Santoro: perso il senso dell’umano
  • Napolitano ai radicali: confronto in Parlamento sul fine vita. Scienza e Vita: sì, ma dalla parte dei malati
  • Venti anni fa la camorra uccideva don Peppe Diana: diede la vita 'per amore del suo popolo'
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Israele bombarda postazioni siriane dopo l'incidente sul Golan
  • Aereo scomparso: si allargano le ricerche. Parenti minacciano sciopero della fame
  • Bangladesh. I vescovi: vivere la Quaresima attraverso gesti d’amore e di misericordia
  • Sri Lanka: liberati sacerdote e attivista per i diritti umani
  • Taiwan. Studenti occupano il parlamento: no all'accordo commerciale con la Cina
  • Paesi scandinavi: Plenaria dei vescovi su "Chiesa e mass media"
  • Ccee: a Tirana incontro dei delegati della pastorale universitaria
  • Card. Scola: "Il male non è l'ultima parola sull'uomo e sulla storia"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Francesco ai papà: Giuseppe è il vostro modello, siate vicini ai vostri figli

    ◊   Cari papà, siate “sempre molto vicini ai vostri figli”, come San Giuseppe lo fu con Gesù, aiutandolo a crescere “in età, sapienza e grazia”. Con questo augurio, accolto da grandi applausi, Papa Francesco ha concluso l’udienza generale di stamattina, tenuta davanti a oltre 60 mila persone in Piazza San Pietro e dedicata al Patrono della Chiesa universale, nel giorno in cui per il Papa ricorre anche l’anniversario di inizio Pontificato. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Era un uomo e fu capace di aiutare Dio a crescere in età, sapienza e grazia. Questa, per Papa Francesco, è stata l’“unica e irripetibile” esistenza vissuta da Giuseppe, un angelo custode senza ali per la sua amata sposa Maria, per il giovane Gesù e per la Chiesa, che lo venera come suo Patrono universale. Un’esperienza irripetibile eppure imitabile, quella del falegname di Nazareth. Di fronte a una piazza che la giornata di festa e il clima primaverile hanno reso di nuovo gremita, il Papa spiega perché ciò che fece in vita ha reso per sempre Giuseppe il “modello dell’educatore”. Prima di tutto, evidenzia, per essere stato custode premuroso dell’aspetto più naturale per un papà, la crescita “fisica e psicologica” del suo Gesù, senza cedere neanche davanti al pericolo:

    “Lo ha ‘allevato’, preoccupandosi che non gli mancasse il necessario per un sano sviluppo. Non dimentichiamo che la custodia premurosa della vita del Bambino ha comportato anche la fuga in Egitto, la dura esperienza di vivere come rifugiati – Giuseppe è stato un rifugiato con Maria e Gesù – per scampare alla minaccia di Erode”.

    Non solo in età. Giuseppe, afferma Papa Francesco, è stato per Gesù anche un “maestro di sapienza”, che ha saputo – dirà più tardi salutando le persone di lingua araba – “attraversare il buio del dubbio” senza “mai perdere la fiducia in Dio e nel suo amore”:

    “Possiamo pensare a come Giuseppe ha educato il piccolo Gesù ad ascoltare le Sacre Scritture, soprattutto accompagnandolo di sabato nella sinagoga di Nazareth. E Giuseppe lo accompagnava perché Gesù ascoltasse la parola di Dio nella sinagoga”.

    Terza dimensione, la “grazia”. Qui certamente, osserva Papa Francesco, “la parte riservata a San Giuseppe è più limitata rispetto agli ambiti dell’età e della sapienza”. E tuttavia…

    “…sarebbe un grave errore pensare che un padre e una madre non possono fare nulla per educare i figli a crescere nella grazia di Dio. Crescere in età, crescere in sapienza, crescere in grazia: questo è il lavoro che ha fatto Giuseppe con Gesù, farlo crescere in queste tre dimensioni, aiutarlo a crescere”.

    Tre dimensioni che sulle labbra di Papa Francesco diventano alla fine dell’udienza augurio affettuoso e insieme invito a fare altrettanto per tutti i papà:

    "Chiedo per voi la grazia di essere sempre molto vicini ai vostri figli, lasciandoli crescere, ma vicini, vicini! Loro hanno bisogno di voi, della vostra presenza, della vostra vicinanza, del vostro amore. Siate per loro come san Giuseppe: custodi della loro crescita in età, sapienza e grazia. Custodi del loro cammino; educatori, e camminate con loro. E con questa vicinanza, sarete veri educatori. Grazie per tutto quello che fate per i vostri figli: grazie. A voi tanti auguri, e buona festa del papà a tutti i papà che sono qui, a tutti i papà. Che san Giuseppe vi benedica e vi accompagni”.

    E il Papa della tenerezza non dimentica chi può ricordare la festa del papà solo con una lacrima e un bacio lanciato verso il cielo:

    “Tanti che sono in piazza non hanno il papà. Possiamo pregare per tutti i papà del mondo, per i papà vivi e anche per quelli defunti e per i nostri, e possiamo farlo insieme, ognuno ricordando il suo papà, se è vivo e se è morto. E preghiamo il grande Papà di tutti noi, il Padre. Un 'Padre nostro' per i nostri papà: Padre Nostro… E tanti auguri ai papà!”.

    Al termine delle catechesi, Papa Francesco ha salutato la delegazione della “fiaccola benedettina della pace” – guidata dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, dall’amministratore apostolico di Montecassino, Dom Augusto Ricci, e dall’abate di Subiaco, Dom Mauro Meacci – auspicando che l’iniziativa “possa favorire – ha detto – quella pace del cuore, che solo Cristo sa donare”. Altri saluti del Papa sono andati, fra gli altri, ai membri del Movimento dei Focolari, riuniti in convegno interreligioso, ai molti ufficiali e militari presenti all’udienza e ai numerosi studenti in piazza.

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    L'affetto della gente a Piazza San Pietro per Papa Francesco: "Gli vogliamo bene, è come un papà!"

    ◊   Provenivano da tutto il mondo e da ogni parte d’Italia le tante persone che stamani affollavano Piazza San Pietro: anziani, coppie e bambini hanno voluto essere vicini a Papa Francesco per ricordare l’inizio, un anno fa, del suo ministero petrino. Debora Donnini ha raccolto la loro gioia e le loro emozioni:

    R. – Abbiamo organizzato con i bambini del catechismo questa bellissima giornata anche in onore del Papa, che festeggia il primo anno di inizio del suo Pontificato.

    D. – La colpisce Papa Francesco?

    R. – Sono innamorata proprio, se si può dire, della sua parola … Noi siamo andati pure a vederlo, ultimamente, qui all’Infernetto, e l’ho avuto a poca distanza: dà delle emozioni fortissime, fortissime …

    D. – Cosa la colpisce di più?

    R. – La sua semplicità: potremmo anche incontrarlo qui, per strada, e lui ci saluterebbe così, con un semplice cenno di mano … Invece è la persona più importante del mondo!

    D. – Come ti chiami?

    R. – Samuele.

    D. – Sei contento di essere qui, oggi?

    R. – Sì, perché vedo il Papa.

    R. – Sono molto contenta di essere qui perché sono venuta qui soltanto per vederlo. Mi sta molto simpatico …

    R. – Gli chiediamo di pregare per noi come lui ha chiesto a noi di pregare per lui, la prima sera.

    R. – Mi piace molto, proprio per la schiettezza, la sincerità con cui vive il modo di stare in mezzo alla gente …

    D. – L’anno scorso, alla Messa, ha usato parole molto forti sul “custodire”, riprendendo la figura di San Giuseppe …

    R. – E’ una sfida ed è un obiettivo da provare a raggiungere, con uno sforzo personale, facendosi aiutare anche dalla Chiesa come comunità. Sono insegnante e anche papà, e quello della custodia del mondo che ci è stato affidato è un obiettivo che a volte perdiamo un po’ di vista.

    D. – Cosa colpisce di più di Papa Francesco?

    R. – La normalità con cui parla, con cui si muove … Sicuramente è indicativa la preghiera che ha chiesto appena uscito sul balcone: un po’ a rimarcare il fatto che la vera arma del cristiano è proprio la preghiera. Quindi, sottolineare questa cosa con un gesto molto semplice già in prima battuta, forse dà il senso.

    R. – Ci sono troppe cose che non vanno, in questo mondo, e si spera almeno in lui, che sappia svolgere un compito un po’ diverso.

    D. – Per esempio, la preghiera per la Siria è stata importante?

    R. – Sì, penso proprio di sì. Tutti gli vogliamo bene!

    R. - E’ una persona che senti vicina a te, ti sembra che sia come un papà …

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    250 membri di diverse religioni in dialogo a Castel Gandolfo. Oggi l'incontro col Papa

    ◊   Un incontro svolto in un clima di grande semplicità e spirito di famiglia, quello vissuto stamattina in Vaticano da un gruppo di 20 esponenti di 8 religioni con Papa Francesco, in rappresentanza dei 250 tra cristiani, musulmani, indù, ebrei, sickh, buddisti e altre fedi, partecipanti all’incontro “Chiara e le religioni. Insieme verso l’unità della famiglia umana”, in corso da ieri a Castelgandolfo. Papa Francesco ha espresso il suo apprezzamento per l’iniziativa in ricordo di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, a sei anni dalla scomparsa e ha concluso:” Importante è camminare e non fermarsi mai”. A tutti poi la richiesta “Pregate per me”. Ma sull’importanza di questo originale evento che domani sera si concluderà con una conferenza pubblica alla Pontificia Università Urbaniana, sentiamo al microfono di Adriana Masotti, Roberto Catalano, responsabile del Centro per il dialogo interreligioso dei Focolari:

    R. - Una delle definizioni più tipiche della personalità di Chiara Lubich è stata quella di “donna del dialogo”. Dialogo che lei ha fatto all’interno della Chiesa cattolica, con fedeli delle altre comunità ecclesiali e di altre Chiese, con persone di altre religioni e con persone che non hanno un riferimento religioso, in particolare con le persone di altre religioni. Lei personalmente ha incontrato buddisti, indù, ebrei, musulmani, sichks e da questo - oltre alle esperienze del Movimento nel mondo - è nata un’esperienza di dialogo che noi chiamiamo “dialogo della vita”, ma che poi si è sviluppata nel dialogo della “cooperazione”, nel dialogo della “comunione di esperienze” e anche in quello “accademico”. Sono sempre stati dialoghi bilaterali: buddisti-cristiani, indù-cristiani, ebrei-cristiani, musulmano-cristiani. Questa volta, si è però pensato di fare un incontro interreligioso: per la prima volta i rappresentanti di questi dialoghi bilaterali si sono riuniti per fare questa esperienza comune di dialogo.

    D. - Con un obiettivo specifico?

    R. - L’obiettivo è innanzitutto di comunicarci quelle che sono state le esperienze sulle rispettive vie di dialogo bilaterale che si sono vissute, perché siamo tutti impegnati nello stesso dialogo ma in diversi settori. Quindi, unirci come in un mosaico per poter continuare insieme, guardando a quello che questi giorni ci hanno ispirato proprio per vivere con la dimensione universale nel particolare e respirare, nel particolare, la dimensione universale.

    D. - Qual è il segreto che permette a tutte queste diverse religioni, questi diversi uomini e donne, di incontrarsi e comprendersi?

    R. - La spiritualità che Chiara ha offerto è una spiritualità evangelica e del Vangelo ha messo in rilievo la carità come via per arrivare all’unità, quella carità che Chiara chiamava “l’arte di amare”. Un’arte in qualche modo rappresentata anche nelle altre religioni attraverso quella che è definita "la regola d’oro": “Fai agli altri quello che vorresti che gli altri facessero a te”, oppure: “Non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te”. Se ciascuno mette in pratica questo, vive quello che noi cristiani chiamiamo carità - che ha anche un riflesso però nella compassione buddista, nella misericordia musulmana, nella devozione indù - e può vivere, ognuno nella propria specificità, lo stesso valore con una metodologia dialogica comune.

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    Un anno fa la Messa d'inizio Pontificato di Papa Francesco

    ◊   Un anno fa, dunque, Papa Francesco iniziava il suo ministero petrino con una Messa presieduta in Piazza San Pietro nella Solennità di San Giuseppe. Circa 200mila le persone presenti, tra le quali le delegazioni di oltre 130 Stati e organismi internazionali. Ricordiamo quell’omelia in questo servizio di Sergio Centofanti:

    Papa Francesco arriva in Piazza San Pietro in piedi sulla jeep scoperta, con la sua talare bianca e sorridente passando tra la folla festante che lo saluta e cerca di toccarlo. D’improvviso, il Papa fa arrestare il veicolo e scende per abbracciare un tetraplegico sdraiato su un lettino. Un'immagine che resta impressa nelle menti e nei cuori di quanti assistono all'evento. Il primo saluto di Papa Francesco durante l'omelia va al suo predecessore Benedetto XVI che in questo giorno celebra il suo onomastico:

    “Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza”.

    L’omelia d’inizio Pontificato è centrata sul custodire. San Giuseppe è custode di Maria e Gesù ed esercita questa custodia “con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende”. Il Papa esorta a custodire Cristo nella propria vita per custodire gli altri con amore, soprattutto i più fragili, i bambini, gli anziani, i poveri:

    “E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, San Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!”.

    Quindi parla del ministero petrino, che comporta anche un potere. Ma di che potere si tratta?

    “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di San Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!”.

    L’omelia di Papa Francesco si concludeva con un invito alla speranza:

    “Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio”.

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    Card. Ouellet: nel primo anno di Papa Francesco, poveri, famiglia e giovani

    ◊   I poveri, la famiglia e i giovani. Queste, secondo il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal), le tre priorità “che scaturiscono” dall’azione pastorale di Papa Bergoglio. Intervenuto ieri in Vaticano all’incontro “Omaggio e impegno nel primo anniversario del pontificato di Papa Francesco”, promosso dalla stessa Cal, il card. Ouellet osserva anzitutto che il vescovo di Roma “rimane vicino alle sue pecore romane”; tra esse “le parrocchie di Roma” e la Curia romana, alla quale, “ha consacrato una gran parte delle proprie energie”.

    “L’operazione che si sta svolgendo - sottolinea il porporato ripreso dall'agenzia Sir - non manca di audacia e di coraggio, ma occorrerà consolidarla con l’aiuto della revisione della costituzione ‘Pastor Bonus’”. L’attenzione di Francesco per i poveri fa “stupire e nello stesso tempo inquietare certi ambienti che l’hanno accusato di marxismo”, prosegue Ouellet, mentre la famiglia è “in testa alla lista delle priorità di ricerca, di dialogo e di orientamenti pastorali adeguati di fronte alla sua situazione sempre più precaria nel mondo d’oggi”. La “grande consultazione” in corso, avverte, solleva controversie e crea attese, “a rischio forse di qualche delusione”, ma “la posta vale la pena” giacché serve una “risposta sul lungo termine alle sfide attuali dell’evangelizzazione”.

    Il card. Ouellet si dice “fiducioso” che il Papa saprà discernere i mezzi adeguati per rilanciare la pastorale della famiglia e l’intera pastorale della Chiesa a partire” dalla famiglia “fondata sul sacramento del matrimonio”. Ai giovani il Pontefice testimonia che Gesù è “una Persona reale con cui si può vivere un’amicizia che cambia la vita”. Nell’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, riflette ancora il cardinale, “Papa Francesco coniuga due visioni in apparenza opposte” ma “in effetti complementari”. Da un lato “l’idea conciliare di popolo di Dio ch’egli riprende in tutta la sua densità storica e misterica, un popolo in cammino nella storia sotto la spinta dello Spirito”; dall’altro “l’immagine paradossale della Nostra Santa Madre Chiesa, gerarchica e mariana, che differenzia e personalizza i membri di questo popolo di Dio, senza stabilire tra loro una differenza in dignità”.

    Una “ecclesiologia eucaristica e mariana” che impegna a servire “in spirito di umiltà, misericordia e compassione”, e spinge alla missione. “Tutte le sorprese” che Francesco “ci ha riservato nel corso del suo primo anno di pontificato”, la conclusione di Ouellet, avevano lo scopo di “risvegliare tutta la Chiesa alla missione”. La sua predicazione della misericordia e della compassione, i gesti di accoglienza e tenerezza, i richiami alla riconciliazione e alla pace “sono una potente grazia di conversione missionaria nella nostra epoca di globalizzazione dell’indifferenza”. (R.P.)

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    Nomine episcopali in India, Brasile e Centrafrica

    ◊   In India, papa Francesco nominato vescovo della diocesi di Shimoga padre Francis Serrao, gesuita, superiore provinciale della Compagnia di Gesù in India. Mons. Serrao è nato il 15 agosto 1959, a Moodbidri, Diocesi di Mangalore. È entrato nella Compagnia di Gesù il 3 gennaio 1979 presso Mount St. Joseph, Bangalore. Ha studiato Filosofia e Teologia presso gli Istituti tenuti dai Gesuiti, rispettivamente Satya Nilayam, Chennaim, e Jhana Deepa Vidya Peetha, Pune. Ha, poi, conseguito la Licenza in Teologia presso il Vidya Jyoti College di Delhi. È stato ordinato sacerdote il 30 aprile 1992 ed ha emesso la professione perpetua nella Compagnia di Gesù il 1° maggio 1999. Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1993: Ministero pastorale in Mundgod, Diocesi di Karwar; 1994-1997: Social Action-Loyola Vikas Kendra, Mundgod; 1998-2000: Direttore del Regional Theologate, Bangalore; 2000-2003: Parroco della St. Joseph Church, Anekal, Mangalore; 2003-2004: Superiore, Bejapur Jesuit Community; 2004-2009: Rettore del St. Aloysius College, Mangalore; dal 2009: Provinciale, Karnataka Jesuit Province.

    La Diocesi di Shimoga (1988), suffraganea dell'Arcidiocesi di Bangalore, ha una superficie di 21.405 kmq e una popolazione di 8.040.000 abitanti, di cui 21.241 sono cattolici. Ci sono 22 parrocchie servite da 72 sacerdoti (45 diocesani, 27 religiosi), 31 fratelli religiosi, 262 suore e 4 seminaristi maggiori. La Diocesi di Shimoga, è vacante dal 16 luglio 2012, a seguito del trasferimento dell’Ordinario, S.E. Mons. Gerald Isaac Lobo alla nuova Diocesi di Udupi.

    In Brasile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Palmare, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Genival Saraiva de França. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Henrique Soares da Costa, finora ausiliare di Aracaju. Mons. Soares da Costa, è nato l’11 marzo 1963 nella città di Penedo (Alagoas). Ha frequentato il corso di Filosofia presso l’Università Federale di Alagoas (1981-1983) e quello di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, ottenendo la Licenza in Teologia Dogmatica (1990-1994). Il 15 agosto 1991 è stato ordinato sacerdote ed è stato incardinato nell’arcidiocesi di Maceió, dove ha ricoperto i seguenti incarichi: Formatore nel Seminario arcidiocesano; Professore di Teologia in diversi Seminari e Istituti; Cappellano del Monastero della Santissima Trinità delle Suore Serve della Santissima Trinità di Rovigo; Vicario Episcopale per i Laici nell’arcidiocesi di Maceió; Rettore della chiesa “Nossa Senhora do Livramento” a Maceió; Canonico del Capitolo della Cattedrale Metropolitana; Membro supplente del Consiglio della Cultura dello Stato di Alagoas; Membro del Consiglio Presbiterale, Responsabile per i Diaconi Permanenti e per la Scuola Diaconale arcidiocesana; Coordinatore della Commissione arcidiocesana per l’Educazione Politica. Il primo aprile 2009 è stato nominato Vescovo titolare di Acufida ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Aracaju.

    In Centrafrica, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Alindao, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Peter Marzinkowski, della Congregazione dello Spirito Santo. Gli succede mons. Cyr-Nestor Yapaupa, coadiutore della medesima Diocesi.

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    Il card. Antonelli inviato speciale del Papa per il 70.mo della distruzione-ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino

    ◊   Papa Francesco ha nominato il cardinale Ennio Antonelli, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Suo Inviato Speciale alla celebrazione commemorativa del 70.mo anniversario della distruzione-ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino, in programma il 21 marzo prossimo.

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    Al card. Sandri il Premio Ducci per la pace: "Lo dedico alle vittime in Siria e a p. Dall'Oglio"

    ◊   Per il suo impegno a favore della pace, quale prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Leonardo Sandri è stato insignito ieri sera, in Campidoglio a Roma, del premio Ducci per la Pace 2014. A margine dell’evento, lo ha intervistato Elvira Ragosta:

    R. - Vorrei dedicare questo premio a tutte le vittime della guerra in Siria, a tutte le persone sequestrate, in particolare ai due vescovi dei quali ancora non si sa nulla e anche a padre Dall’Oglio. Inoltre, a tutti quei fedeli che hanno sofferto tantissimo durante questa guerra: vittime di morte, oppure rifugiati costretti ad allontanarsi dal proprio Paese.

    D. - I portatori di pace come lei conservano il grande dolore conosciuto, visto e vissuto nei tanti viaggi. Che cosa ricorda con particolare emozione dei suoi viaggi e delle sue conoscenze?

    R. - Mi ha fatto moltissima impressione l’incontro con i rifugiati siriani a Beirut, in un campo dove c’erano molti bambini al freddo, in mezzo al fango, senza scarpe. Ho potuto vedere questa sofferenza e toccarla con mano. Il cuore soffre tanto vedendo questi bambini.

    D. - Quanto è lungo, secondo lei, il cammino della pace per la Siria e anche per la situazione ucraina?

    R. - Il cammino della guerra è sempre facile, veloce e rapido. Il cammino della pace, al contrario, impiega sempre più tempo perché il nostro cuore è sempre in contraddizione con quello che gli è richiesto come figli di Dio, come fratelli. Ma noi abbiamo una forza che non è quella delle armi: è la forza di Dio che può tutto. Noi siamo nelle sue mani.

    Il riconoscimento, assegnato ogni anno dalla Fondazione Ducci a tre rappresentanti delle tre religioni monoteiste, è stato attribuito per l’isalm al Gran Mufti di Siria, Al-Din Hassoun, che - intervenuto in videoconferenza - ha ricordato l’importanza del dialogo interreligioso per la pace in Medio Oriente e ha esortato la diplomazia a non riconoscere la creazione di uno Stato religioso in Siria, perché diventerebbe uno stato razzista, e ha chiesto di appoggiare la nascita di un nuovo Stato siriano basato sul rispetto della dignità dell’uomo. Il Premio Ducci per la pace è stato consegnato anche alla giornalista e attivista italo-israeliana, Manuela Dviri, da anni impegnata con l’associazione “Saving children” per la cura di bambini palestinesi negli ospedali israeliani. La sua testimonianza al nostro microfono:

    R. - Si parla di pace, ma in realtà per costruire la pace bisogna lavorare nel quotidiano, faticosamente, e bisogna trovare i fondi per andare avanti. È un lavoro difficile che si crea giorno dopo giorno, si lavora giorno dopo giorno.

    D. - E’ un lavoro fatto anche di comunicazione nell’ambiente nel quale lei si spende maggiormente…

    R. - Sì, mi spendo maggiormente intanto nel mandare avanti questo progetto che si chiama “Saving Children” per la cura di bambini palestinesi negli ospedali israeliani: è un progetto che a oggi ha curato più di 10 mila bambini, perché io penso che il futuro del mondo siano i bambini e i bambini devono essere sani. Quindi, è importante la comunicazione ma ancora di più è importante fare.

    D. - L’importanza del dialogo tra le religioni e la costruzione della pace…

    R. - Chiaramente la pace è importante e quindi va costruita. Questo non è un momento di costruzione di pace, è un momento difficile della storia dell’umanità, pericoloso e complicato. Però, qualsiasi dialogo si faccia - che sia fra le religioni, che sia fra popoli, che sia fra intellettuali o persone comuni - è un dialogo che costruisce e che va mandato avanti.

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    I 90 anni del card. Tomko, per 16 anni a Propaganda Fide

    ◊   “Un grande grazie: per il bene che ha seminato nella Chiesa, per la Sua testimonianza di vita sacerdotale, per aver voluto celebrare con noi questo momento bello e significativo della Sua vita”: sono le parole con cui il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha accompagnato gli auguri formulati al card. Jozef Tomko, che ieri sera, ha presieduto una solenne Concelebrazione Eucaristica in occasione dei suoi 90 anni (11 marzo 1924), 65 di ordinazione sacerdotale (12 marzo 1949), 35 di ordinazione episcopale (15 settembre 1979) ed alla vigilia del suo onomastico.

    Nella Cappella del Pontificio Collegio Urbano, dove tante volte ha celebrato nei suoi sedici anni di Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli - riferisce l'agenzia Fides - il card.Tomko è stato attorniato dal suo successore nel dicastero missionario, il card. Fernando Filoni, dal decano del Collegio Cardinalizio, il card. Angelo Sodano, da cardinali, arcivescovi e vescovi, sacerdoti, religiosi e amici a lui legati in vario modo nel suo lungo servizio ecclesiale. Inoltre collaboratori della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, delle Pontificie Opere Missionarie, dell'Università Urbaniana, superiori e alunni dei Collegi San Pietro, San Paolo, Mater Ecclesiae e San Giuseppe: tutti “pienamente uniti – ha detto il card. Filoni - nel rendimento di grazie che Ella intende rendere al Signore per la vita che Le ha donato e per quanto Ella ha fatto in favore della Chiesa, particolarmente della Chiesa missionaria”.

    Quindi il cardinale Prefetto ha tracciato una breve biografia del Card. Tomko. “Con i suoi novant'anni, Ella ha attraversato quasi un secolo di storia, provenendo dalla sua amata Repubblica Slovacca negli anni '40 per completare gli studi presso l'Università Lateranense e la Gregoriana, conseguendo le lauree in Teologia, Diritto Canonico e Scienze Sociali. Erano gli anni bui del comunismo e la Slovacchia fu aggregata all'impero sovietico. A Roma per 15 anni fu vice-rettore del Pontificio Collegio Nepomuceno, prima di divenire Sotto Segretario della Congregazione per i vescovi e poi, dal 1979, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi. La grazia del Sacerdozio, che aveva ricevuto il 12 marzo 1949, Le veniva resa piena con l'Ordinazione episcopale conferitaLe dal Beato Giovanni Paolo II il 15 settembre 1979. Dopo 6 anni, il 24 aprile 1985 Ella fu nominato, dal menzionato Pontefice, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli divenendo, al contempo, Gran Cancelliere della Pontificia Università Urbaniana. Nello stesso anno, il 25 maggio 1985, fu creato cardinale con il titolo diaconale di Santa Sabina”.

    Il card. Filoni ha citato “gli innumerevoli viaggi missionari” compiuti dal card. Tomko nei 16 anni alla guida del dicastero missionario, ed il forte impulso dato “alla vita delle missioni, al consolidamento delle giovani Chiese e alla creazione di tante diocesi in Africa, Asia, Oceania e in America”. (R.P.)

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    Oggi in Primo Piano



    Crimea: soldati russi attaccano base militare ucraina. Ban Ki-moon domani a Mosca

    ◊   Sale decisamente la tensione nella vicenda della Crimea. Soldati russi hanno attaccato una base militare ucraina nell'ovest della Crimea. Lo dice il portavoce del ministero della Difesa di Kiev. Inoltre, il comandante della marina militare ucraina, secondo la stampa locale, è stato portato via dalla sede dello Stato maggiore di Sebastopoli da agenti dei servizi segreti russi. Sebastopoli ha rifiutato la visita del vice premier e del ministro della Difesa ucraini. Domani sarà a Mosca il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che potrebbe incontrare il presidente russo Vladimir Putin. Stasera si riunisce il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Degli aspetti giuridici di questa vicenda Luca Collodi ha parlato con Angela Del Vecchio, docente di diritto internazionale all'Università Luiss:

    R. – Nel diritto internazionale il principio di autodeterminazione dei popoli non può essere applicato: questo l’ha detto anche il segretario generale delle Nazioni Unite ed è stato ripetuto continuamente in tanti atti dell’Onu. Non può portare a giustificare il distacco di queste minoranze e la formazione di nuovi Stati; può portare soltanto al fatto che all’interno di quegli Stati unitari ci siano delle norme che prevedano maggiore autonomia, maggiore rispetto, tutela dei diritti di queste minoranze. Quando si tocca questo tema è un tema delicatissimo, perché le minoranze di lingua russa, ad esempio, esistono anche nei Paesi baltici che ora fanno parte dell’Unione Europea, esistono in tante zone. Non vorrei poi che il principio di autodeterminazione diventasse la giustificazione come fu per i Sudeti - si è citato già questo esempio - per il regime nazista. Non possiamo giustificare tutto con l’autodeterminazione dei popoli.

    D. – A questo punto che cosa può succedere?

    R. – Direi che forse ci si può fermare qui. Spero che ci si possa fermare qui. In realtà, infatti, la Russia aveva un fortissimo interesse in Crimea per il porto di Sebastopoli, nel quale ha sede la flotta navale russa, che poi controlla il Mediterraneo. Senza quel porto, la flotta navale russa per il Mediterraneo come si muove? C’era quindi questo motivo particolare, tanto che c’era anche un trattato tra la Russia e l’Ucraina per la gestione, l’amministrazione di questo complesso problema. Io penso, però, che Putin si fermi all’annessione della Crimea e non vada più avanti. Ha raggiunto l’obiettivo: ha dimostrato all’Occidente che la Russia non vuole essere bloccata nella sua predominanza in certi settori, vuole riaffermare il suo controllo nelle aree che appartenevano alla ex Unione Sovietica. Insomma, credo che la dimostrazione l’abbia data e che forse potrebbe fermarsi qui.

    D. - Un’ultima riflessione. Su questi episodi si può tornare a parlare di ‘guerra fredda’, in particolare tra Stati Uniti e Russia, o è eccessivo?

    R. – Io spero che non si torni ad una ‘guerra fredda’. Adesso siamo nel momento della reazione più immediata. I tempi cambiano. Ci sono tanti di quegli interessi economici che ormai siamo interdipendenti. L’economia occidentale e l’economia russa sono interdipendenti: nessuno può fare a meno dell’altro. E’ vero, ci possono togliere il gas, ma loro poi a chi lo vendono? Tutti ormai nel mondo della globalizzazione sono connessi. Non è più il vecchio mondo. Credo che ognuno in questo campo abbia voluto delimitare le proprie sfere di influenza. E la Russia le ha volute delimitare in maniera molto netta, per quanto riguarda la Crimea.

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    Nucleare iraniano: a Vienna il 5+1. Si discute della centrale di Arak

    ◊   L’Iran è ottimista sulla scadenza del 20 luglio per un accordo sul proprio programma nucleare. Lo ha detto oggi a Vienna il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Javad Zarif, a margine dei colloqui del gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gb e Germania). Al centro dei lavori, anche l'impianto ad acqua pesante di Arak, nella parte ovest dell’Iran: i Paesi occidentali temono che il reattore possa essere usato per produrre plutonio a livelli utilizzabili in ambito militare. Teheran ha già fatto sapere che la chiusura di Arak non è all’ordine del giorno. I prossimi incontri negoziali si terranno tra il 7 e il 9 aprile: il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha parlato di discussioni fin qui ''costruttive e utili''. Ma quanto potrà essere rispettata la scadenza di luglio per un accordo sul nucleare iraniano? Risponde Maurizio Simoncelli, vice presidente dell’istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Può essere certamente possibile. Ci sono state diverse dichiarazioni, a volte negative a volte più fiduciose, in merito a questo accordo. Il dato di fatto fondamentale è che va riconosciuta la possibilità per l’Iran di avere le proprie centrali nucleari ad uso civile. Questo è il nodo di fondo. Da altre parti, come in Israele, come in Arabia Saudita, si è molto perplessi e si ritiene un errore tale aspetto, perché è facile passare dalle centrali nucleari alle armi nucleari. Se l’Iran, però, rispetta i suoi impegni, in particolare aderendo alle misure di controllo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che ha sede a Vienna, può entrare tranquillamente nel novero dei 40 Paesi circa nel mondo che hanno queste capacità nucleari di tipo civile.

    D. – Si continua a discutere dell’impianto ad acqua pesante di Arak. Si teme che, però, possa produrre plutonio a scopi militari...

    R. – Sì, teoricamente questo può avvenire e quindi si sta cercando di arrivare ad un accordo per non attivare il reattore ad acqua pesante. Certamente il plutonio è uno degli elementi fondamentali per poi realizzare l’arma nucleare. Non va dimenticato che comunque purtroppo, nel mondo, diversi Paesi si sono dotati di queste armi nucleari al di fuori del Trattato di non proliferazione e non mi sembra che ci siano state delle grandi preoccupazioni. Pensiamo all’India, al Pakistan e ad altri. Certamente, invece, bisogna operare per far sì che tutti i Paesi armati dal punto di vista nucleare, sia all’interno del Trattato di non proliferazione sia all’esterno di esso, arrivino prima alla riduzione delle armi nucleari e poi ad una cancellazione effettiva di queste armi che, come anche la Croce Rossa internazionale ha detto, presuppongono sostanzialmente la distruzione del mondo.
    D. – In novembre c’era stato un accordo che prevedeva il congelamento di alcune attività nucleari iraniane, in cambio di una revoca parziale e temporanea delle sanzioni internazionali. Quanto la prossima intesa può ricalcare il precedente accordo?

    R. – Si era parlato appunto di un accordo che ipotizzava la sospensione dell’arricchimento dell’uranio oltre il 5 per cento, di diluire la metà delle scorte di esafluoruro di uranio arricchito al 20 per cento e così via, con tutta un’altra serie di intese valide per sei mesi. Oggi siamo più o meno alla scadenza di questi sei mesi e, se c’è un accordo, si può rinnovare e quindi si può proseguire nell’ambito di tale trattativa. Dunque si può avere ancora del tempo per verificare e tentare di arrivare ad un accordo effettivo, che possa far sì che l’Iran possa avere le sue centrali nucleari di tipo civile e che la comunità internazionale sia tranquilla a proposito di scopi non militari, per evitare rischi, come successo in altre occasioni: ultimo, in ordine di tempo, il caso della Corea del Nord.

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    Egitto, crescono le tensioni in attesa della data delle presidenziali

    ◊   L’Egitto, un Paese ancora lontano dall’intraprendere un processo stabile di pacificazione. La cronaca giornaliera parla di continue violenze e vittime, mentre prosegue la protesta antigovernativa del fronte islamico pro Morsi, il presidente deposto, nonostante la messa al bando dei Fratelli Musulmani. In questo difficile clima il Paese si appresta a scegliere il prossimo capo dello Stato. Sulla situazione egiziana, Giancarlo La Vella ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Firenze:

    R. - Si sta avvicinando - con il partito dei Fratelli musulmani ormai dichiarato fuorilegge da tempo - il momento delle elezioni presidenziali, dove il candidato forte sarà il capo dell’esercito e ministro della Difesa al-Sisi. Tra una settimana, dieci giorni massimo, ci dovrebbe essere la decisione sulla data delle elezioni. Quindi tutti gli schieramenti sono in fermento, anche perché i Fratelli Musulmani, essendo illegali, partono in condizioni di inferiorità. Il punto centrale, che sta suscitando infinite discussioni, riguarda la legge elettorale, la quale prevede che non ci possa essere appello alle decisioni prese dalla commissione elettorale.

    D. - E questa cosa potrebbe aggravare la protesta?

    R. – Sì, anche perché il problema degli avversari di al-Sisi è questo: se non riescono a fare una coalizione e non scelgono un unico candidato in qualche modo forte, non hanno alcuna chance. In questo momento non ci sono nomi forti alternativi a quello di al-Sisi, il quale potrebbe vincere anche per mancanza di veri concorrenti.

    D. - Quali sono le altre problematiche che l’Egitto oggi deve affrontare?

    R. - Esiste soprattutto un problema di economia allo sfascio: l’Egitto in questo momento sopravvive di aiuti provenienti soprattutto dall’Arabia Saudita, suo grande rivale e, in questo momento, suo soccorritore. Quindi, se l’economia non si riprende, tutte le tensioni non possono che aggravarsi.

    D. – In che modo la comunità internazionale, preoccupata ora soprattutto per le vicende dell’Ucraina e della Siria, sta guardando all’Egitto?

    R. - In verità l’Egitto è un Paese che ha una forte dinamica interna e in questo momento di difficoltà non svolge un grande ruolo internazionale: l’Egitto non interferisce in alcun modo nelle altre vicende del Medio Oriente; semmai è esso stesso oggetto di una certa indifferenza. Quando l’Egitto tornerà ad essere un grande Paese, allora inevitabilmente cercherà di nuovo il ruolo di leadership, un ruolo che rimpiange dai tempi di Nasser.

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    Oltre duemila migranti salvati in 48 ore. L'Unhcr: Ue sostenga "Mare Nostrum"

    ◊   2.128 sono i migranti tratti in salvo nelle ultime 48 ore nell’ambito dell’operazione "Mare Nostrum". Tredici barconi sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia, con a bordo un totale di oltre 1.500 persone, altre 600 sono state invece tratte in salvo a largo di Lampedusa e condotte nel porto di Augusta. Tragedia invece ieri nell’Egeo dove, a largo dell’isola greca di Lesvos, nel naufragio di un’imbarcazione sono morte sette persone, tra loro anche bambini. L’Organizzazione per le Migrazioni, lancia l’allarme: nelle prossime ore le coste della Sicilia saranno interessate da circa 4000 arrivi, perlopiù dalla Libia. “E’ la prima volta che si assiste a un’ondata di arrivi così consistente e concentrata in poche ore”, denuncia l’Oim, che conferma la necessità di prorogare "Mare Nostrum" definita un esempio da seguire anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Carlotta Sami è la portavoce dell'Unhcr per il Sud Europa, Francesca Sabatinelli l’ha intervistata:

    R. – Purtroppo, le tragedie continuano a verificarsi. C’è stata quella davanti alla Grecia, ma abbiamo avuto notizia di altri morti che ci sono stati anche vicino alla Turchia. Purtroppo, come sempre in questi casi, sono siriani e donne e bambini. La popolazione siriana sta ormai cercando di fuggire, ovunque sia per loro possibile, da una guerra che ha raggiunto livelli di drammaticità e di tragicità per noi inconcepibili, inimmaginabili. Per cui, la questione del salvare vite umane, in assenza di misure adeguate alternative nei Paesi di origine, rende necessaria un’operazione coordinata a livello europeo nel Mediterraneo per consentire un attraversamento sicuro dello stesso mare.

    D. – L’operazione "Mare Nostrum" in poco più di 4 mesi ha permesso di salvare oltre diecimila vite e voi stessi l’avete definita un esempio da seguire per gli altri Stati europei…

    R. – L’Unhcr guarda con favore all’operazione “Mare nostrum”. Guarda non solo con favore, ma ritiene che questa debba essere un’iniziativa che possa essere ampliata, come modello, e fatta propria dall’Unione Europea, non solo a livello di finanziamento ma anche per una gestione coordinata dell’attraversamento del mare e poi della prima accoglienza, perché se è vero che è ottimo per noi aver salvato con un’operazione che, di fatto, è un’operazione umanitaria, circa 12 mila vite, è poi assolutamente importante che questi confini non siano considerati solo confini dell’Italia ma confini dell’Europa, per cui si intervenga in modo coordinato nell’accoglienza, perché chiaramente l’Italia non può gestire da sola l’accoglienza di migliaia di persone ogni giorno. Il salvataggio di vite umane non ha prezzo: questo dev’essere il messaggio per l’Unione Europea, per continuare a portarla avanti, per continuare a sostenerla e per gestire un’operazione di questo tipo ("Mare Nostrum" - ndr), allargandola al resto del Mediterraneo che presenta, purtroppo, con l’esempio della tragedia in Grecia, problemi evidenti.

    D. – Quindi, le vostre richieste sono senz’altro un’adeguata copertura finanziaria e il sostegno da parte dell’Ue. E i timori quali sono, in considerazione dell’avvicinarsi della bella stagione da sempre foriera di massicci sbarchi?

    R. – I nostri timori sono innanzitutto relativi alla gestione dell’accoglienza, perché sappiamo che il sistema è al limite e quindi c’è bisogno di uno sforzo enorme da parte del governo italiano, da parte del Ministero degli interni. E proprio per questo, riteniamo che anche avvicinandosi al semestre europeo, l’Italia debba farsi capofila in una richiesta di gestione condivisa di queste situazioni a livello europeo.

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    Strage di Taranto, proseguono le indagini. Mons. Santoro: perso il senso dell’umano

    ◊   Il ministro dell'Interno Alfano ha convocato venerdì a Taranto il Comitato nazionale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica e ha disposto l'immediato invio nella provincia di oltre 60 operatori appartenenti ai reparti della Polizia di Stato e dei Carabinieri, dopo l’agguato avvenuto lunedì sera sulla statale 106 allo svincolo per Palagiano, nel quale hanno perso la vita tre persone: un uomo di 43 anni, in semilibertà, la sua compagna e un bimbo di 4 anni, figlio della donna. Gli inquirenti dicono di avere un'idea sulla quale stanno lavorando che porterebbe al fatto che l’uomo ucciso, nonostante il regime di semilibertà, si era comunque reinserito nel traffico della droga. “Sconcerto per l’efferatezza dell’omicidio” è stato, intanto, espresso dall’arcivescovo della città, mons. Filippo Santoro. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – Come pastore, come uomo e come cittadino sento il cuore trafitto da questi fatti. Possiamo proprio dire: “Ma dov’è finita l’umanità?”. Di fronte a questo l’umanità scompare. Mi sento quindi di condividere il dolore con gli altri due bambini, che non sono morti: e che siano tutelati! E quello che sento, insieme al dolore, è proprio un sentimento di solidarietà e un grido con tutti i responsabili, tutte le forze dell’ordine, affinché questo dramma possa permettere una riscossa, possa permettere una vigilanza di fronte a fatti così gravi, fatti così terribili. Sono anche preoccupato che in un territorio ferito dal problema dell’ambiente, della salute, del lavoro, un fatto come questo aggravi la situazione.

    D. – Di fronte, dunque, a fatti di questo tipo non c’è solo la constatazione dell’efferatezza della criminalità organizzata, della malavita, ma anche la perdita – come diceva – del senso dell’umano. Non ci si ferma neanche di fronte ad un bambino...

    R. – Certo, è proprio così: la perdita del senso dell’umano. Questo capita chiaramente non solo qui, ma in tutta Italia e nel mondo. Quando, però, lo sentiamo così vicino, abbiamo proprio il desiderio che cose del genere non succedano, che ci sia la valorizzazione dell’umano. E allora tutte le istituzioni si pongono nuove domande: ma noi ci preoccupiamo della legalità, ci preoccupiamo fino in fondo della formazione? Qualcuno potrebbe anche dire che grazie a Dio non si tratta di un fatto ricorrente, ma è una magra consolazione. Siamo di fronte, infatti, alla perdita di una vita innocente e in ogni caso ogni tipo di vita deve essere tutelata dalla legalità e dalla giustizia. Il fatto ricorrente è proprio che ci sia una non cultura della vita.

    D. – Proprio per non fermarsi solo allo shock procurato da un gesto tanto violento, è importante sentirsi coinvolti in questo recupero dell’umano, sentirsi interpellati da quella che più volte la Chiesa, negli ultimi anni, ha chiamato “emergenze educativa”...

    R. – Certamente. Il primo compito che noi sentiamo è proprio il compito educativo, a tutti i livelli: sia dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, ma anche degli adulti. La scoperta della dignità, la scoperta della legalità, la scoperta della giustizia, queste forme vanno insegnate fin da piccoli. Poi, come vescovo, di fronte a fatti così efferati, dico che dobbiamo anche controllare e dominare il sentimento immediato della vendetta. Il sangue, infatti, chiama sangue e la vendetta non porta a nulla. Noi cristiani siamo chiamati a guardare a Cristo innocente che perdona. Se un assassinio è un passo sicuro verso la dannazione, ripagare con la vendetta questa colpa è un altro passo della stessa qualità.

    D. – La preghiera è uno strumento utile in queste ore di sgomento, di angoscia...

    R. – Certamente. Io convoco la mia diocesi, convoco tutti alla preghiera e a questo senso di responsabilità profonda, che metta al bando la vendetta e la violenza come risposta. Che ci s’interroghi profondamente e si veda se abbiamo dato tutto quello che potevamo nell’opera educativa. Invochiamo quindi la misericordia di Dio, che ci protegga e che protegga le nuove generazioni e la nostra terra.

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    Napolitano ai radicali: confronto in Parlamento sul fine vita. Scienza e Vita: sì, ma dalla parte dei malati

    ◊   ''Il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia''. Lo scrive il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all’Associazione Luca Coscioni e al comitato promotore Eutanasia Legale. “Sì, ad un confronto sereno e non pregiudiziale, sempre dalla parte dei malati e dei disabili gravissimi”, il commento dell’Associazione Scienza e Vita. Ascoltiamo il presidente Domenico Coviello intervistato da Paolo Ondarza:

    R. – In questi anni abbiamo sempre continuato a tenere alta l’attenzione, promuovendo convegni, incontri, dibattiti su questi temi, perché riteniamo importante difendere i più fragili nelle situazioni di malattia.

    D. – Ma sono maturi oggi in Italia i tempi per un confronto sereno su queste tematiche?

    R. – “Scienza e Vita” ha proprio l’impegno di affrontare da un punto di vista scientifico l’argomento, pur mantenendo il dialogo più aperto possibile nell’ambito del dibattito sociale. E pensiamo che questa posizione sia importante e che possa permettere anche il colloquio non solo fra i ricercatori, ma anche con le famiglie, con i malati e con le associazioni, che in varia forma prestano assistenza a queste persone.

    D. – Parlare di fine vita presuppone alcune premesse dalle quali non si può prescindere, soprattutto non può significare guardare all’eutanasia…

    R. – Assolutamente sì. L’eutanasia è sempre un simbolo dell’emarginazione del singolo che ha bisogno di aiuto. Bisogna, quindi, fornire delle risposte a questa sofferenza del singolo e aumentare invece le risorse che possano aiutare a togliere il dolore.

    D. – Sì ad un’alleanza terapeutica tra medico e paziente e rifiuto di ogni accanimento sproporzionato come elementi che possano guidare in questo confronto…

    R. – Assolutamente sì, e soprattutto la figura del medico deve accompagnare la persona malata anche quando non è più possibile guarirla dalla sua condizione medica.

    D. – Quindi, cure palliative?

    R. – Cure palliative, ma anche attenzione alla persona e, quindi, vicinanza alla persona. Il medico, infatti, non è solo un distributore di farmaci.

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    Venti anni fa la camorra uccideva don Peppe Diana: diede la vita 'per amore del suo popolo'

    ◊   Era il giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994, quando don Peppe Diana venne ucciso nella sua parrocchia, la chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, nel casertano, dove don Peppino era nato e cresciuto. Fu assassinato da un clan rivale dei Casalesi, cosca che dominava quella terra, per le sue denunce, per il rischio che risvegliasse le coscienze, perché sottraeva i giovani alle mani mafiose, e perché aveva osato rifiutare i funerali in Chiesa di un camorrista morto ammazzato. Oggi il Paese e la zona tutta ricordano il sacerdote con molte manifestazioni, aperte dalle Messa delle 7.30, quella che quel mattino di venti anni fa don Diana non riuscì a celebrare. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Mancavano 10 minuti alla Messa delle 7.30, e don Giuseppe Diana si preparava a celebrarla. I cinque colpi sparati dal killer entrato in sacrestia misero fine alla sua vita, al suo sacerdozio, e misero a tacere la sua parola, che mai si era risparmiata nell’impegno contro la camorra e contro il sistema criminale. Salvatore Cuoci, del comitato don Peppe Diana, conosceva bene il parroco:

    "Quando 20 anni fa decisero di uccidere don Peppe Diana questi camorristi pensarono di aver ucciso anche la speranza e anche le nostre coscienze. Pensavano che tutto fosse stato vinto, invece è stata una morte che oggi comincia a dare anche i suoi frutti. Non è stata una morte vana. In questi 20 anni tanta strada è stata fatta ed oggi credo che questo Paese, questo territorio, questa città, cominci veramente a risalire sui tetti e ad annunciare parole di vita e lo vuole fare con convinzione, liberandosi di un passato. Questa è la grande vittoria, il grande insegnamento ed il grande ricordo che abbiamo ancora di don Peppe Diana".

    “La camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi, tenta di diventare componente endemica nella società campana”: sono le parole che don Peppino usò in una lettera distribuita nel Natale del ’91 nelle chiese di Casal di Principe e dell’aversano, intitolata 'Per amore del mio popolo'. “I camorristi – scriveva – impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili” e ancora: “la Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi”.

    "Sono stato uno di coloro che hanno distribuito questo volantino fuori dalle Chiese. Un documento per l’epoca forte, in un linguaggio crudo, diretto e leggerlo oggi desta ancora tantissima emozione. È stato un impegno forte da parte di don Peppe, degli altri sacerdoti della foranìa. La camorra, che in quel momento era veramente padrona, anche delle nostre vite, delle nostre coscienze, non lo prese bene. Questo documento ha forse segnato, insieme poi ad tante altre iniziative fatte nei successivi tre anni, dal ’91 al ’94, la fine di don Peppe Diana".

    Le parole di Giovanni Paolo II all’Angelus del 20 marzo, il giorno dopo l’assassinio, furono di dolore, di condanna, e di speranza: che il sacrificio di don Diana non fosse avvenuto invano. Salvatore Cuoci oggi testimonia che il cammino fatto dai suoi concittadini è stato proprio quello indicato da Papa Wojtyla di conversione e di pace:

    "Possiamo dire con convinzione che un certo tipo di camorra è finito, almeno quella armata. I capi sono ormai tutti in galera, condannati all’ergastolo. Ma guai ad abbassare la guardia, perché la nostra battaglia ora è contro la cultura camorristica, contro l’agire e il pensare ancora 'camorristicamente'. La gente è stata per troppo tempo abituata a ragionare e a pensare in modo 'camorristico' e questo significa che quel diritto che puoi avere dalle istituzioni te lo dà il boss: un posto di lavoro te lo fa avere il boss, una raccomandazione te la fa avere il boss. C’è quindi questa situazione parallela dove molto più rapidamente, senza passare per la pubblica amministrazione, per lo stato legale, puoi avere tutto quello che vuoi. La sua morte per noi è stata dirompente, veramente dirompente, pensavamo che non si potesse uccidere un sacerdote nella sua Chiesa, ma la camorra ha rotto anche questo tabù. Noi ci preoccupammo tantissimo, poi però nacque la Scuola di pace di don Peppe Diana, e poi l’esperienza di tante altre persone si è riunita formando il 'Comitato don Peppe Diana' che oggi porta avanti quel ricordo, quella memoria fatta soprattutto di impegno e di liberazione delle nostre terre. Le difficoltà e le minacce sono sempre dietro l’angolo anche se possiamo dire che un certo tipo di camorra è finita, ormai la strada è stata intrapresa e non si può più tornare indietro. Guardiamo avanti, dobbiamo essere sempre di più perché la forza è stare insieme, è poter essere uniti in un unico percorso e questo il comitato, su questo territorio, anche se con fatica, lo sta dimostrando e facendo. Le cooperative sociali, nate nel nome di don Peppino, stanno costruendo sempre di più le terre di don Peppe Diana e noi vorremmo che non vengano ricordate più come 'terre dei fuochi', 'terre di camorra', o come 'Gomorra'. Queste sono sempre più le terre di don Peppe Diana che affiorano sul sangue che ha versato e che danno frutti di cambiamento e conversione, che danno un ‘pacco’ alla camorra, che danno frutti fondati su radici solide e su di una gioventù che si affaccia alla vita. Oggi le persone escono dalle loro case, allungano le mani, se le sporcano, e questo è veramente uno dei grandi frutti che stiamo raccogliendo da quel sangue versato e che qualcuno voleva farci pensare che fosse finalmente 'affossato'. In realtà quel sangue è ancora vivo e ci sta offrendo opportunità che noi dobbiamo saper cogliere".

    Il comitato don Peppe Diana è nato ufficialmente nel 2006 a Casal di Principe con lo scopo di non dimenticare il martirio di un sacerdote morto per 'amore del suo popolo'.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Israele bombarda postazioni siriane dopo l'incidente sul Golan

    ◊   Aerei israeliani hanno colpito alcune postazioni siriane durante la notte, poche ore dopo che una bomba, scoppiata sulle alture del Golan, ha ferito quattro soldati di Israele, di cui uno in maniera molto grave. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele "è costretto" a difendersi. Nei quattro raid compiuti verso le 3 di notte (ora locale) - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono stati colpiti una base per l'addestramento militare siriano, un quartiere militare e delle batterie di artiglieria.

    Moshe Yaalon, ministro della Difesa accusa l'esercito siriano di aver aiutato nell'attacco di ieri e ritiene "responsabile il regime di Assad", che "collabora con i terroristi che vogliono colpire Israele". I quattro soldati israeliani sono rimasti feriti per una bomba scoppiata vicino alla loro jeep e posta lungo la strada vicino a Majdal Shams. I soldati si erano mossi dopo aver visto alcuni sospetti aggirarsi lungo il confine. Quello di ieri è solo uno dei tanti incidenti che avvengono lungo il confine con la Siria e il Libano. Esso mostra che la guerra in Siria sta a poco a poco inglobando tutto il Medio Oriente.

    Per Israele gli incidenti sono provocati da Hezbollah, il gruppo radicale sciita in Libano. Lo scorso 5 marzo l'esercito israeliano aveva aperto il fuoco contro due membri di Hezbollah che stavano piazzando una bomba vicino alla linea del cessate-il-fuoco fra Israele e Siria. Secondo Israele, Hezbollah - che lotta a fianco di Assad nella guerra civile siriana - riceve in premio armi e libertà di movimento. Da oggi, l'esercito israeliano ha deciso di rafforzare i controlli lungo il Golan e le fattorie di Sheeba.

    Tra l'altro militari israeliani hanno aperto il fuoco e ucciso un giovane palestinese di 19 anni nel distretto di Hebron, nel sud della Cisgiordania. Lo riferiscono fonti mediche e della sicurezza, secondo cui il giovane è stato raggiunto da diversi proiettili, mentre cercava di scavalcare il muro di separazione costruito da Israele nei pressi di Ramadin. Inoltre Israele ha autorizzato la costruzione di 186 nuovi alloggi vicino a Gerusalemme est: di questi 40 saranno a Pisgat Zeev e 146 ad Har Homa. (R.P.)

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    Aereo scomparso: si allargano le ricerche. Parenti minacciano sciopero della fame

    ◊   Proseguono senza sosta le ricerche del volo della Malaysian Airlines, scomparso nella notte tra il 7 e l’8 marzo scorso con a bordo 239 persone. Al momento sono diversi i Paesi impegnati nelle operazioni di ricerca con aerei e navi, fra cui Corea, Giappone, Emirati, Australia, Usa, Nuova Zelanda e Cina. In particolar modo il governo di Pechino oggi ha dato ordine a nove navi militari di lasciare il loro punto di raduno nei pressi di Singapore per esplorare nuove zone, andando a coprire così un’area di 300 mila Kmq. Nel corso di una conferenza stampa il portavoce del Ministero degli esteri cinese, Hong Lei, ha spiegato che il volo MH370 non è mai entrato nel Paese. E’ stata inoltre esclusa la presenza di terroristi tra i 153 passeggeri cinesi presenti a bordo del veicolo. Si sta valutando la possibilità che membri dell’equipaggio o altri passeggeri dell’aereo possano aver contribuito a un eventuale dirottamento. Al momento, dai controlli effettuati sui passeggeri non sono emerse informazioni significative anche se, ha precisato oggi il ministro dei Trasporti malese, Hishammuddin Hussein, mancano ancora i risultati dei controlli su due passeggeri ucraini e su un passeggero russo. A oggi, in Malesia uno dei principali sospettati rimane il pilota Zaharie Ahmad Shah, che ha legami familiari con il leader dell’opposizione malese, Anwar Ibrahim, condannato a 5 anni per sodomia lo stesso giorno in cui è scomparso l’aereo. Intanto, i parenti dei passeggeri continuano a chiedere maggior precisione nelle informazioni che vengono loro fornite e minacciano di dare inizio a uno sciopero della fame. Una di loro ha dichiarato: “Vogliamo la verità, non lasciateli diventare vittime della politica”. L’accusa è principalmente rivolta alla gestione dell’emergenza da parte del governo malese, reo di nascondere parte delle informazioni. (A.C.)

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    Bangladesh. I vescovi: vivere la Quaresima attraverso gesti d’amore e di misericordia

    ◊   “Il frutto della fede è servire con amore.” Questo il tema della lettera pastorale per la Quaresima diffusa dalla Conferenza episcopale del Bangladesh, pubblicata sul Pratibeshi, il settimanale della Chiesa cattolica locale. I vescovi del Paese hanno sottolineato come attraverso la pratica del sacrificio, della preghiera e della misericordia “durante il periodo di Quaresima possiamo purificarci per diventare santi.” Il sacrificio, proseguono, aiuta a non diventare affamati e ad allontanare allo stesso tempo le cose malvagie. La preghiera invece evita di cadere in cattivi pensieri, invidie e orgoglio. “Gesù ha lavato i piedi dei suoi discepoli in segno della sua grande gentilezza – spiegano i vescovi – tutti noi dobbiamo cercare di essere gentili nel nostro cammino". In ultimo, incoraggiano in questo periodo di Quaresima anche i bambini e i ragazzi a pregare e fare atti di carità verso i più poveri come gesto di misericordia, così da poter contribuire a costruire “una società pacifica attraverso l’amore, rimuovendo conflitti e risentimenti.” Un messaggio, quello contenuto nella lettera, che vuole soprattutto ricordare come sia fondamentale rafforzare la fede, la speranza e l’amore “se vogliamo andare in profondità nelle nostre vite.” (A. C.)

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    Sri Lanka: liberati sacerdote e attivista per i diritti umani

    ◊   Questa mattina all'alba padre Praveen Maheshan, sacerdote tamil, e Ruki Fernando, attivista cattolico singalese, sono stati liberati. I due erano stati arrestati con l'accusa di "terrorismo" il 16 marzo scorso a Kilinochchi, nel nord dello Sri Lanka. Il magistrato Aluthkade di Colombo ha ordinato il loro rilascio, senza accuse a loro carico. Ajith Rohana, portavoce della polizia, ha annunciato però che le indagini che hanno condotto al loro arresto continueranno. Contattato poco dopo la liberazione, Ruki Fernando ha detto all'agenzia AsiaNews: "Credo davvero che solo le preghiere di tanti amici e colleghi qui e nel mondo abbiano garantito la mia salvezza e quella di padre Praveen. Ringrazio Dio, che ci ha ascoltato e ha concesso la sua piena mediazione".

    L'attivista cattolico racconta ad AsiaNews cosa è accaduto durante la sua detenzione: "Subito dopo il mio arresto a Kilinochchi sono stato interrogato con durezza. Dopo però sono stato trattato con rispetto e mi sono stati forniti cibo, acqua e la possibilità di usare il bagno, durante la prigionia e durante il trasferimento a Colombo. Ho potuto incontrare i miei genitori alla presenza di un funzionario anti-terrorismo, ma ho anche parlato da solo con rappresentanti della Commissione per i diritti umani. Sia io che padre Praveen siamo stati visitati da un medico legale prima di essere portati a Colombo. Per tutto questo, desidero ringraziare i funzionari del Tid che ci hanno trattati con umanità, garantendoci i nostri diritti".

    Tuttavia, ci è voluto del tempo prima che i due attivisti potessero parlare con i loro avvocati. "Appena ho saputo di essere in stato d'arresto - racconta - ho fatto richiesta alla polizia di Kilinochchi di incontrare il mio legale. Ho continuato a chiederlo più volte, anche durante gli interrogatori e a funzionari di grado maggiore. So che diversi avvocati sono venuti al Tid chiedendo di vedermi, ma la polizia di Kilinochchi glielo ha impedito". (R.P.)

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    Taiwan. Studenti occupano il parlamento: no all'accordo commerciale con la Cina

    ◊   Per protestare contro un nuovo patto commerciale fra Cina e Taiwan, che rischia di distruggere l'occupazione dell'isola, un numeroso contingente di studenti universitari da ieri sera ha occupato la sede centrale del parlamento nel centro della città di Taipei. Questa occupazione, che ormai dura da diverse ore, mira a cambiare i termini del patto commerciale che Taipei sta discutendo con Pechino.

    La prima discussione sul testo (in totale saranno tre) - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata approvata lo scorso 17 marzo e ha scatenato la reazione dell'opposizione e di tutti i loro simpatizzanti. La mossa è stata infatti considerata come un astuto colpo di mano da parte del partito di maggioranza, il Kuomintang (Kmt) che, a detta dell'opposizione, non vuole rivedere passo per passo i vari punti dell'accordo ma si difende (in maniera illegale) dietro al fatto che essi erano già stati approvati in precedenza.

    Il secondo dibattito è previsto per il 21 marzo, e gli studenti dicono di voler occupare la sala centrale fino all'incontro per assicurarsi che il documento di accordo sia poi rivisto punto per punto. "Non vogliamo essere assoggettati alla legge del più forte, vogliamo che ogni accordo sia compiuto in maniera legale" ha detto una studentessa arringando la folla seduta sul piazzale.

    Oggi parte degli studenti è asserragliata all'interno mentre altre migliaia hanno occupato il parcheggio antistante il Parlamento, in sostegno dell'occupazione. La polizia ha formato poi un ulteriore accerchiamento esterno degli studenti all'esterno per evitare che la situazione vada fuori controllo. Molti taiwanesi temono per la sorte delle piccole imprese, che potrebbero soccombere all'impatto prodotto dalla competitività commerciale delle imprese continentali. (R.P.)

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    Paesi scandinavi: Plenaria dei vescovi su "Chiesa e mass media"

    ◊   I sette vescovi cattolici dei Paesi nordici consacreranno i loro popoli al Cuore Immacolato di Maria il 22 marzo nel contesto dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale che si svolge a Lund, in Svezia dal 21 al 26 marzo prossimi, sul tema “Chiesa e mass media”. “Si tratta di un rinnovamento della consacrazione compiuta da Papa Giovanni Paolo II 25 anni fa, quando ha visitato la regione nordica”, spiegano i vescovi. Sarà nel corso di una Messa solenne presieduta dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio dell’unità dei cristiani, che verrà compiuta la consacrazione.

    Un dialogo su “la fede cristiana è rilevante in una società laica”, si svolgerà poi tra il card. Koch e l’arcivescovo eletto della Chiesa svedese Antje Jackelénas, a cui seguiranno i vespri ecumenici. Sul sito della Chiesa luterana di Svezia - riferisce l'agenzia Sir - si ricorda la visita del Papa del 1989 con il tema “Annunciare il Vangelo a ogni creatura”. Egli “visitò le parrocchie cattoliche e stabilì amicizie ecumeniche con tutti i cristiani nel Nord”. Durante il suo viaggio di undici giorni Giovanni Paolo II ha tenuto 39 interventi in vari contesti, tra cui nella cattedrale di Uppsala. Si legge ancora: “L’allora arcivescovo Bertil Werkström salutò il Papa come amico personale con le parole: 'Oggi Pietro è venuto a noi e il suo nome è Giovanni Paolo II’ ”. (R.P.)

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    Ccee: a Tirana incontro dei delegati della pastorale universitaria

    ◊   “L’ambiente universitario è luogo di ricerca, elaborazione e trasmissione del sapere per eccellenza. Per esser completo, questo sapere non si limita alla ricerca puramente scientifica, ma anche e in primo luogo alla ricerca della fonte della vera felicità nella propria vita”: don Michel Remery, vice segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) presenta il tema e il programma dell’incontro dei delegati nazionali di pastorale universitaria in calendario a Tirana dal 23 al 26 marzo. È prevista la partecipazione di una trentina tra i responsabili nazionali per la pastorale universitaria delle conferenze episcopali d’Europa e movimenti ecclesiali europei.

    Il tema della conferenza - riporta l'agenzia Sir - sarà “La gioia di vivere e la vita come dono da ricevere o tesoro da cercare”, che mostra una stretta relazione con il ministero del cappellano universitario. Don Remery aggiunge: “La Chiesa può offrire a ogni studente in ricerca la vera fonte di una gioia duratura e piena: Cristo. Questo è il compito della pastorale universitaria oggi: collegare la ricerca puramente scientifica con la ricerca della propria personalità e felicità”. Questa, secondo il vice segretario Ccee, “è una sfida tanto più urgente in Albania, Paese che a lungo ha subìto un ateismo di Stato forzato, e che cerca oggi la sua vera felicità”.

    I lavori saranno aperti dai saluti di mons. Marek Jędraszewski, presidente della sezione università della commissione “Catechesi, scuola e università” del Ccee e dello stesso don Michel Remery. Interverrà quindi la professoressa Kaja Kaźmierska, che, puntualizza una nota Ccee, “farà una rassegna della letteratura disponibile sulla vita degli studenti universitari oggi”. Seguirà una relazione di don José Claveria, il quale “si interrogherà su come il Vangelo fa breccia nell’esperienza degli studenti universitari”. Nel corso dell’incontro, i partecipanti avranno “l’occasione di riferire sulla situazione della pastorale universitaria nei rispettivi Paesi” e si confronteranno su diverse questioni, quali, ad esempio, le competenze e risorse che il cappellano universitario può offrire agli studenti e come annunciare Cristo in una società - definita dal Ccee - “post-atea”. (R.P.)

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    Card. Scola: "Il male non è l'ultima parola sull'uomo e sulla storia"

    ◊   “La Croce dice della profonda e terribile malvagità dell’uomo e dell’ancora più profonda e tenace misericordia di Dio. Il male non è l’ultima parola sull’uomo e sulla storia. L’ultima parola è l’amore”. Lo ha detto, ieri sera, il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, nella catechesi della prima Via Crucis nei martedì di Quaresima. Il filo conduttore delle quattro serate sarà “Lo spettacolo della Croce”. “Si è caricato delle nostre sofferenze” il titolo della Via Crucis di ieri, nella quale il porporato si è soffermato sulle prime tre Stazioni. “Il Signore, patendo e morendo sulla croce in nostro favore, ha svelato tutta la fecondità dell’amore effettivo e oggettivo, l’amore che non si tira mai indietro”, ha osservato il cardinale, commentando la I Stazione.

    Gesù “non ha cercato di eliminare il dolore attraverso una teoria più completa delle altre, ma l’ha condiviso illuminandone il significato profondo: se la vita mi è data allora chiede di essere donata”. Per l’arcivescovo, “per quanto parlare di espiazione delle colpe del mondo possa infastidire la nostra sensibilità post-moderna, non possiamo negare questa realtà”. “Il beato Carlo Gnocchi racconta in un celebre scritto come i suoi mutilatini, una volta resi partecipi della forza redentiva del dolore del Crocifisso, trovassero energia quasi sovrumana di sopportazione”, ha aggiunto. “Per tutti la salvezza è possibile in forza della morte del Redentore”, ha sottolineato il cardinale Scola, commentando la II Stazione. Più volte nel Nuovo Testamento, ha ricordato il porporato, “si incontrano le espressioni 'per voi’, 'per noi’, 'per molti’ dove la preposizione 'per’ esprime di volta in volta l’idea che Gesù è morto al posto nostro, è morto per causa nostra, è morto in nostro favore”.

    I Padri della Chiesa hanno parlato di “un divino scambio a proposito dell’incarnazione che giunge fino alla croce-risurrezione del Figlio di Dio”. Del resto, “questo scambio è una realtà che si può un poco capire dall’esperienza umana universale: quale madre, che sia veramente tale, davanti al figlio divorato dalla sofferenza, non ha implorato di poter prendere il suo posto?”. Si tratta della “legge dell’amore: soltanto nell’esistere per l’altro l’uomo realizza pienamente se stesso, solo nel dono di sé. Così la Croce si rivela come la suprema manifestazione dell’amore di Dio”. “Gesù prendendo su di Sé il dolore del mondo intero - ha aggiunto, soffermandosi sulla III Stazione -, ha voluto chiamare ciascuno di noi ad accompagnarlo”. Cadendo sotto il peso della Croce, “rivolge il Suo sguardo a noi e ci chiede di aiutarlo a risollevarci. La carità dei cristiani, ogni gesto con cui fanno presente per grazia l’amore di Dio per gli uomini, risolleva e accompagna Cristo sulla via del Calvario”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 78

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