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Sommario del 02/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Angelus. Il Papa: l'Ucraina scelga il dialogo. "Le ricchezze vanno condivise, se no non ci sarà giustizia"
  • Vescovi amici dei Focolari: coltivare l'amore reciproco per essere speranza per il mondo
  • Oggi in Primo Piano

  • Crisi in Crimea: Kiev richiama i riservisti, gli Usa e la Nato criticano Putin
  • Pakistan: 3 anni fa veniva ucciso Shahbaz Bhatti. Paul Bhatti: lotto per Paese pacificato
  • Myanmar: Msf costretta a chiudere le attività: "Preoccupati per migliaia di pazienti"
  • Sinai, profughi eritrei ridotti in schiavitù. L'attivista: storie di crudeltà disumana
  • L'Aquila. Il sindaco Cialente: a 5 anni dal sisma stiamo risorgendo
  • Trentino. Ragazzi disabili lavorano in ristorante: una storia di riscatto e solidarietà
  • Dal laboratorio al letto del paziente: è "Xellbiogene", creato da Gemelli e Bambin Gesù
  • Nuovi Orizzonti lancia "Aurora" per portare la luce cristiana nei media
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria. Nuova strage nel nordest, uccise in vari attentati circa 90 persone
  • Medio Oriente: Netanyahu va negli Stati Uniti, domani l'icontro con Obama
  • In Afghanistan14 morti per un autobomba nella zona di Logar
  • Francia: i cattolici chiedono più sostegno alla famiglia
  • Spagna: Messaggio dei vescovi in vista della Giornata della vita
  • Kazakhstan: tribunale di Astana condanna pastore cristiano per la sua predicazione
  • Papua Nuova Guinea: i vescovi chiedono una soluzione umana per i rifugiati
  • Fiano Romano. Conferenza sulla violenza contro le donne
  • Al via il torneo di calcio Clericus Cup con il motto: “Il mio capitano è Papa Francesco”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Angelus. Il Papa: l'Ucraina scelga il dialogo. "Le ricchezze vanno condivise, se no non ci sarà giustizia"

    ◊   I venti di guerra che spirano dalla Crimea hanno messo in allarme Papa Francesco, che ha voluto concludere l’Angelus di stamattina, in Piazza San Pietro, con un appello “accorato” alla distensione tra Ucraina e Russia. Il pensiero spirituale del Papa è stato invece ispirato dalla liturgia domenicale, incentrata sulla necessità di condividere le ricchezze con i poveri, evitando la corsa a un accumulo egoistico di beni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il mondo sembra dover conoscere l’apertura di un nuovo fronte di guerra. I recenti fatti che hanno sconvolto gli assetti interni dell’Ucraina, innescando la reazione dei filorussi in Crimea e spingendo Mosca a lasciare la soluzione della disputa alle armi preoccupano molto Papa Francesco, che dalla finestra del suo studio termina l’Angelus chiedendo alle due parti in contrasto di spezzare una spirale che promette solo drammi:

    “Mentre auspico che tutte le componenti del Paese si adoperino per superare le incomprensioni e per costruire insieme il futuro della Nazione, rivolto alla comunità internazionale un accorato appello affinché sostenga ogni iniziativa in favore del dialogo e della concordia”.

    La ricerca di un equilibrio che disinneschi la tensione in Crimea richiama per certi versi la riflessione precedente, che Papa Francesco imposta mettendo a confronto l'equilibrio, o il suo opposto, tra la sobrietà e l’accumulo di ricchezze, con la prima che sa rendersi conto degli altri, mentre il secondo solo di se stesso. La figura di Dio, il Padre buono che provvede sempre i suoi figli di quanto hanno bisogno, così come proposta dalla liturgia domenicale, suggerisce a Papa Francesco una riflessione su un tema a lui molto caro. La Divina Provvidenza, afferma all’inizio, “è una delle verità più confortanti” della fede. Eppure, realisticamente, il Papa riconosce pure che le parole con le quali il Vangelo parla del Dio provvidente “potrebbero risultare astratte e illusorie” per quelle “tante persone che vivono in condizioni precarie, o addirittura nella miseria che offende la loro dignità”:

    “Ma in realtà sono più che mai attuali! Ci ricordano che non si può servire a due padroni: Dio e la ricchezza. Finché ognuno cerca di accumulare per sé, non ci sarà mai giustizia. Dobbiamo sentire bene, questo, eh? Finché ognuno cerca di accumulare per sé, non ci sarà mai giustizia. Se invece, confidando nella provvidenza di Dio, cerchiamo insieme il suo Regno, allora a nessuno mancherà il necessario per vivere dignitosamente”.

    Una folla di migliaia di persone al riparo degli ombrelli ascolta dalla Piazza Papa Francesco scavare ancora più a fondo, fino al bivio della coscienza dove la generosità cristiana per amore di Gesù si distacca dalla mentalità attenta solo all'amore per il proprio benessere. “Un cuore occupato dalla brama di possedere è un cuore vuoto di Dio”, dice il Papa, ed è per questo, soggiunge, che “Gesù ha più volte ammonito i ricchi, perché è forte per loro il rischio di riporre la propria sicurezza nei beni di questo mondo”:

    “In un cuore posseduto dalle ricchezze, non c’è più molto posto per la fede: tutto è occupato dalle ricchezze, non c’è posto per la fede. Se invece si lascia a Dio il posto che gli spetta, cioè il primo, allora il suo amore conduce a condividere anche le ricchezze, a metterle al servizio di progetti di solidarietà e di sviluppo, come dimostrano tanti esempi, anche recenti, nella storia della Chiesa. E così, la Provvidenza di Dio passa attraverso il nostro servizio agli altri, il nostro condividere con gli altri”.

    E qui, il Papa ritrova la battuta di spirito che fa pensare:

    “Sapete? Il sudario non ha tasche! E’ meglio condividere, perché noi portiamo in Cielo soltanto quello che abbiamo condiviso con gli altri”.

    Certo, ammette ancora Papa Francesco, questa strada indicata da Gesù “può sembrare poco realistica rispetto alla mentalità comune e ai problemi della crisi economica”. Ma “se ci si pensa bene – assicura – ci riporta alla giusta scala di valori”, come Gesù stesso dice quando afferma: “La vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?”:

    “Per fare in modo che a nessuno manchi il pane, l’acqua, il vestito, la casa, il lavoro, la salute, bisogna che tutti ci riconosciamo figli del Padre che è nei cieli e quindi fratelli tra di noi, e ci comportiamo di conseguenza Questo lo ricordavo nel Messaggio per la Pace del primo gennaio: la via per la pace è la fraternità: questo andare insieme, condividere le cose insieme.

    Dopo i saluti del post-Angelus, Papa Francesco ha rivolto un pensiero all’imminente inizio della Quaresima, un cammino – ha ribadito – “di lotta contro il male con le armi della preghiera, del digiuno, della misericordia”:

    “L’umanità ha bisogno di giustizia, di riconciliazione, di pace, e potrà averle solo ritornando con tutto al cuore di Dio, che ne è la fonte. Anche tutti noi abbiamo bisogno del perdono di Dio. Entriamo nella Quaresima in spirito di adorazione a Dio e di solidarietà fraterna con quanti, in questi tempi, sono più provati dall’indigenza e da conflitti violenti”.

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    Vescovi amici dei Focolari: coltivare l'amore reciproco per essere speranza per il mondo

    ◊   “La reciprocità dell’amore tra i discepoli di Cristo”: è stato questo il tema dell’annuale incontro dei vescovi amici del Movimento dei Focolari che si è tenuto nei giorni scorsi a Castel Gandolfo e che ha visto anche l’udienza dei partecipanti con il Papa in Vaticano e la visita alla cittadella di Loppiano vicino a Firenze. Papa Francesco ha esortato i presuli a far sì che quanto vissuto e ricevuto nella loro convivenza fraterna “vada a beneficio di tutta la Chiesa”. Ha sottolineato, inoltre, come “coltivare la spiritualità di comunione”, tipica del carisma di Chiara Lubich, all’origine dei Focolari, sia fondamentale per l’evangelizzazione e renda “più capaci di vivere il cammino ecumenico e il dialogo interreligioso”. Nel servizio di Adriana Masotti, la testimonianza di alcuni dei vescovi presenti all’incontro di Castel Gandolfo:

    Il comandamento nuovo di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri” è il primo caposaldo della spiritualità dei Focolari e dopo 70 anni dalla sua nascita è a questo ora che tutto il Movimento vuol tornare con radicalità. Anche i vescovi amici del Movimento hanno voluto riflettere sul tema dell’amore reciproco, con negli occhi e nell’anima ciascuno le realtà, le sofferenze e le necessità delle loro diocesi. Così racconta il suo impegno mons. Simon Atallah, vescovo maronita di Baalbek, in Libano:

    R. – C’è una grande paura da noi e un atteggiamento di forti riserve, a causa di tutti questi profughi siriani che arrivano e arrivano ogni giorno in quantità nella mia diocesi, che è una diocesi di frontiera, e non sappiamo chi arriva: chi è contro il regime, chi è con il regime, chi è armato, chi non è armato. Questi profughi vivono sotto le tende: veramente è una situazione di povertà che non è accettabile quando piove e fa freddo, alcuni muoiono di freddo! Ci sono gli aiuti internazionali, ma non c’è una buona organizzazione. Il rancore è enorme, tra musulmano e musulmano, come prima tra cristiano e cristiano... Adesso, la guerra è arrivata da loro e noi dobbiamo predicare l’unità e la fraternità, predicare di accettare l’altro, ma la nostra gente non ha dimenticato l’occupazione siriana, non ha dimenticato il regime dittatoriale della Siria: sono state perpetrate delle stragi in Libano! Per questo, noi dobbiamo sforzarci di dire alla nostra gente: “Dovete dimenticare, dovete perdonare, dovete accogliere…”. E questo lo stiamo facendo, per quanto sia possibile. Perciò siamo venuti qui, per alcuni giorni, per fare un esercizio, perché Chiara Lubich ha creato una scuola – per così dire – di unità e di pace… Ci riempiamo un po’ di queste idee, di questo clima, e poi torniamo dalle nostre parti.

    D. – Quindi, adesso lei parte con una forza in più?

    R. – Con nuova forza e un po’ più di coraggio, perché non è facile, sa? E’ una battaglia forte, forte…

    Papa Francesco ha augurato ai vescovi di “ricavare dall’amore reciproco motivo di incoraggiamento”: è ciò che testimonia anche mons. Krikor-Okosdinos Coussa, vescovo di Alessandria degli Armeni cattolici in Egitto:

    "Per me e per gli altri, ciascuno nel proprio Paese, fare apostolato vuol dire dare il coraggio di vivere con speranza, con fede e accettare quello che noi abbiamo lì: le difficoltà date dalla guerra, la difficoltà di vivere con gli altri, cioè con i musulmani; perché il nostro apostolato significa essere luce del mondo e sale della terra".

    “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”, ha detto Gesù, un impegno cui la Chiesa è continuamente chiamata. Sentiamo la riflessione di mons. Martin Gachter, vescovo ausiliare di Basilea, in Svizzera:

    "Molto importante era l’idea della Evangelii Gaudium, che dice che noi dobbiamo aprirci agli altri, a tutte le persone. Abbiamo ascoltato una piccola biografia di Klaus Hemmerle, vescovo di Aachen [Aquisgrana - ndr], morto 20 anni fa, membro dei Focolari, che disse: 'Dare spazio all’altro'. Allora, io penso che sia molto importante imparare ad ascoltare bene, ad essere 'vuoti' per l’altro e anche per Dio. Dobbiamo partire da quello che abbiamo in comune e non dalle differenze. Dobbiamo chiederci come possiamo collaborare e non essere subito contro l’altro. Questo penso sia un principio molto importante".

    Sulla centralità della comunione di amore nella vita della Chiesa riflette mons. Alfonso Badini Confalonieri, vescovo di Susa, in Piemonte:

    R. – Certo, ma è senz’altro anche al centro della vita di ogni cristiano e io direi che oggi come non mai la Chiesa ha bisogno di riscoprire una realtà che c’è sempre stata, ma che deve essere più forte in mezzo ai cristiani. I cristiani presi da mille cose, finisce che si dimenticano che prima di tutto c’è la vita, la vita di amore, specialmente – direi – di fraternità. E allora, questo carisma di Chiara Lubich penso che sia attuale come non mai, proprio per riunire la Chiesa in unum. Ed è chiaro che il Papa ce lo ha sottolineato, ringraziandoci e forse spronandoci a portare nel mondo, nelle nostre diocesi questa vita di amore, di comprensione, di ascolto, di attenzione al prossimo.

    D. – Nel concreto, come fa un vescovo nella propria diocesi a essere, appunto, portatore di questo amore reciproco e di questa unità?

    R. – Io sono venuto a seguire questo congresso proprio perché sentivo il bisogno, nella mia diocesi, di crescere in questa comunione. Ad esempio, tra sacerdoti che, certamente non si vogliono male ma forse, presi da mille cose – cose di Chiesa, beninteso – finiscono però per dimenticare un po’ quello che è alla base del loro impegno: l’amore. Ecco, io direi che questo dev’essere portato a una potenzialità sempre più grande ed è quello che poi darà i frutti su tutto quello che si fa.

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    Oggi in Primo Piano



    Crisi in Crimea: Kiev richiama i riservisti, gli Usa e la Nato criticano Putin

    ◊   Sempre alta la tensione tra Russia e Ucraina per la penisola della Crimea. Dal Senato di Mosca via libera all'intervento militare. “Proteggeremo i nostri interessi”, ha ribadito il presidente russo Putin nella lunga telefonata notturna con il capo di Stato americano Obama, secondo il quale è stata violata la sovranità dell’Ucraina. La Francia ha deciso di sospendere al sua partecipazione alle riunioni preparatorie del G8 di Sochi, dopo la condanna aperta dell'Unione Europea verso l'atteggiamento del Cremlino. “La Russia minaccia la pace e la sicurezza in Europa’’, ha affermato invece il segretario generale della Nato, Rasmussen, all’apertura del vertice odierno tra i 28 ambasciatori dell’Alleanza. Si esamina la richiesta di protezione del governo ucraino che denuncia l’occupazione militare della Crimea da parte di 15 mila soldati russi. Difficile verificare la situazione nell'area, visto che miliziani impediscono l'accesso ai giornalisti. Domani la leader ucraina Timoshenko sarà a Mosca, mentre nella seduta di oggi il Consiglio di Sicurezza di Kiev ha richiamato i riservisti. Dal Palazzo della Rada di Kiev e dal Maidan, la cronaca di Giuseppe D’Amato:

    La sessione straordinaria a porte chiuse è iniziata con oltre una quartina di minuti di ritardo. Si è aspettato fino all’ultimo i deputati, che, di corsa, sono tornati a Kiev. La tensione si taglia col coltello. La mobilitazione generale dei riservisti, con l’inizio di immediate esercitazioni, è la principale decisione assunta dal Consiglio di sicurezza ucraino, approvata dalla Rada insieme ad altre misure non rese note. Sono in corso consultazioni con partner internazionali. Per adesso non viene promulgato lo Stato d’emergenza. L’esecutivo ha cominciato, invece, le procedure finali per la firma del Patto di Associazione con l’Unione Europea. Davanti al palazzo del governo, abbiamo visto 7-8 uomini in divisa delle milizie di AutoDifesa non armate. Sul Maidan sono, al contrario, migliaia le persone presenti.

    Il via vai di gente è continuo, mentre gli oratori si alternano dal palco, abbellito con una statua della Madonna. “Giù le mani dalla Crimea”, è uno degli slogan. La guerra di informazioni è totale. A Kiev, pare vi sia stata un’azione diversiva nella notte, ma non abbiamo potuto verificarla. I russi denunciano l’entrata nella regione di confine di Belgorod di guerriglieri legati all’ultranazionalismo ucraino. Non è vero, però, che il gruppo “Settore di Destra” abbia chiesto aiuto al terrorista Doku Umarov in Caucaso. Sono stati i pirati informatici ad aver violare un account. In Crimea, la notte è passata tranquilla. I soldati ucraini di stanza a Sebastopoli hanno lasciato la città, dove ovunque sono appesi tricolori russi. Fonti autorevoli indipendenti comunicano di aver visto persone scavare delle trincee al confine tra Crimea ed Ucraina.

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    Pakistan: 3 anni fa veniva ucciso Shahbaz Bhatti. Paul Bhatti: lotto per Paese pacificato

    ◊   In Pakistan almeno 5 miliziani uccisi per alcuni raid aerei dell'aviazione contro postazioni dei terroristi islamici nel nord ovest del paese. L'operazione avviene all'indomani dell'attentato contro la scorta di team antipollio che ha provocato 12 morti. Il tutto mentre oggi ricorre il terzo anniversario della morte di Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le Minoranze, ucciso tre anni fa a Islamabad dai terroristi islamici. Tante le iniziative di preghiera nel mondo. Oggi alle 16, presso la Chiesa romana di Gesù e Maria, si terrà una Messa voluta dall’Associazione dei pakistani cristiani in Italia e la Federazione delle associazioni dei pakistani cristiani. Massimiliano Menichetti ha intervistato Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, oggi politico pakistano impegnato in prima linea nel rispetto delle minoranze nel Paese:

    R. - Mio fratello, Shahbaz Bhatti, ha lasciato una eredità difficile e molto significativa. La situazione in Pakistan presenta un incremento di estremismo, terrorismo e fanatismo e mio fratello, già anni fa, lo prevedeva. Per questo, ha cominciato a parlare di dialogo interreligioso, ha cominciato a parlare di unità fra tutte le diverse fedi. In maniera particolare, lui è stato molto vicino ai più deboli e ai più poveri.

    D. - Oggi, questo suo pensiero da chi è accolto?

    R. - Non solo dalle persone che gli volevano bene, dai suoi seguaci, ma anche dal governo pakistano, anche dai militari. Adesso si è arrivati alla conclusione che questo estremismo, questo fanatismo, vada assolutamente combattuto perché altrimenti non ci sarà sopravvivenza.

    D. - Uno dei fronti di lavoro di suo fratello era la tutela delle minoranze, la corretta applicazione della legge sulla blasfemia. Anche lei è molto impegnato su questo fronte: qual è adesso la situazione?

    R. - La situazione delle minoranze è direttamente proporzionale alla situazione generale del Paese. Attualmente il Paese è in stato guerra, in un certo senso. E la priorità del governo è ora creare un Paese pacifico, un Paese stabile. Il governo riconosce il fatto che le minoranze debbano essere tutelate. E su questa legge siamo abbastanza avanti, anche a livello di consensi di molti leader musulmani e anche avvocati islamici di un certo livello sono con noi. Credono che questa tutela non solo dovrebbe essere data ai cittadini pakistani, ma che faccia parte del loro credo religioso, dell’Islam: le minoranze devono essere tutelate in tutti i sensi. C’è quindi un buono consenso e io penso che l’anno prossimo vedremo dei risultati abbastanza concreti.

    D. - Ricordiamo ancora una volta il caso di Asia Bibi: lei rimane in carcere dal 2009 e su di lei c’è un’accusa per blasfemia, con una condanna a morte… L’ultima udienza, per il ricorso, è stata ancora rinviata. Qual è il punto su questo caso?

    R. - Chiaramente lei è vittima, come tantissimi altri, di questa legge e di come questa legge sia stata usata scorrettamente. Poi lei, poveretta, è analfabeta e non sapeva neanche cosa dicesse il Corano. Recentemente, abbiamo preso in mano noi la situazione, anche se non del tutto, perché prima il caso veniva da altri… La sua famiglia, suo marito e i suoi bambini sono venuti due mesi fa da me. Ho contattato alcuni avvocati, ho parlato anche con dei leader religiosi e con tanta altra gente e sembra ora che questa vicenda andrà a buon fine. Ci stiamo interessando.

    D. - Il Pakistan in questi mesi è flagellato dagli attacchi dei terroristi, ma la popolazione come vive questa situazione?

    R. - Ci sono sentimenti di timore, di tristezza e di delusione. Nello stesso momento, però, tutta la gente del Pakistan vuole che questa filosofia radicale venga eliminata, in tutti i sensi. Nessuno vuole più sopportare tutto questo.

    D. - Si riuscirà a sconfiggere l’estremismo e il terrorismo, secondo lei?

    R. - Io sono molto ottimista, quindi sì. Abbiamo fatto sacrifici, abbiamo avuto momenti anche difficili, abbiamo sacrificato anche la famiglia. Però, io penso che il risultato di questi nostri sacrifici verrà.

    D. - In certo qual modo, lei ha raccolto la sfida di suo fratello: qual è la sfida che è presente in questo terzo anniversario?

    R. - Creare una convivenza pacifica in Pakistan. Creare una giustizia sociale e diritti uguali per tutti e non solo per i cristiani: anche una persona che non crede, noi la vogliamo difendere, perché è un diritto di base di ogni essere umano quello di credere o non credere e di conseguenza di professare la propria religione, secondo la propria convinzione personale. Questo è quello che noi vogliamo in Pakistan. E’ per questo che io sto combattendo: giustizia sociale, diritti uguali per tutti e libertà religiosa.

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    Myanmar: Msf costretta a chiudere le attività: "Preoccupati per migliaia di pazienti"

    ◊   In Myanmar, 30 mila malati di Hiv/Aids e oltre tremila persone affette da tubercolosi restano privi di cure, dopo la decisione del governo di sospendere le attività di Medici senza frontiere nel Paese. Sono quindi state chiuse le cliniche a Yangon, negli Stati Shan, Kachin e Rakhine, e i pazienti non hanno ricevuto i farmaci salvavita. Msf denuncia soprattutto le conseguenze nello Stato Rakhine, dove si vive una grave crisi umanitaria e dove migliaia di persone sono sfollate nei campi profughi. A subire le ricadute più pesanti è il gruppo etnico dei rohingya, minoranza musulmana perseguitata dagli esponenti più oltranzisti della maggioranza buddista. Nel corso degli ultimi anni, i rohingya hanno sopportato pesanti discriminazioni e violazioni dei diritti umani fondamentali. Francesca Sabatinelli ne ha parlato con Cecilia Brighi, scrittrice, esperta di Myanmar:

    R. – E’ un popolo vittima di discriminazioni, che negli ultimi due anni in Birmania è stato oggetto anche di pesanti violenze, che hanno portato a incendi dei villaggi quindi alla fuga di decine di migliaia di persone che ora vivono nei campi per i rifugiati all’interno della Birmania e non hanno diritti. Quindi, è una questione scottante, anche sul piano internazionale, che dovrà essere risolta con la massima attenzione e con la massima cautela dalle autorità birmane, con il sostegno delle istituzioni internazionali. Ci sono grandi tensioni perché, nelle rivolte antimusulmane, c’è anche il tentativo da parte di alcuni soggetti di ostacolare il processo di riforme democratiche all’interno del Paese. Molti dicono che dietro queste tensioni religiose nel Rakhine ci siano anche interessi economici di alcune frange di militari, che controllano buona parte delle ricchezze del Paese e che hanno interessi anche in quell’area. Poi, ovviamente, ci sono motivazioni che nascono dalla povertà e dall’ignoranza e che hanno contribuito ad istigare il conflitto tra musulmani e buddisti nel Rakhine. Quindi, è una situazione molto complessa.

    D. – Il governo centrale non intende affrontare questa vicenda, quello che sta accadendo nel Rakhine?

    R. – Il governo centrale è intervenuto, forse con ritardo, in questa situazione e forse non con la sufficiente autorevolezza e autorità. Infatti, è quello che tutti chiedono: che ci sia cioè un impegno forte delle forze dell’ordine per evitare il verificarsi di questi scontri e per evitare le provocazioni. Quindi, c’è la necessità di un maggiore impegno del governo birmano. Anche la proposta di legge sulla tutela della razza e delle religioni non aiuta a risolvere pacificamente questa situazione di tensione nello Stato Rakhine, che poi si è spostata anche in altre aree per l’intervento di alcuni monaci buddisti molto oltranzisti.

    D. - Come leggere e che conseguenze può avere la chiusura da parte del governo delle attività di Medici senza frontiere in Myanmar?

    R. - Io penso e spero che questa cosa si risolva e che le attività di Medici senza frontiere in quella zona del Paese possano riprendere rapidamente, perché c’è la necessità di fornire sostegno medico in una regione molto povera del Paese, sia alle popolazioni buddiste, quindi rakhine, sia ai rohingya. Mi auguro ci sia sufficiente intelligenza per arrivare a una soluzione positiva di questa interruzione delle attività di Medici senza frontiere.

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    Sinai, profughi eritrei ridotti in schiavitù. L'attivista: storie di crudeltà disumana

    ◊   Nel Sinai si muore di stenti, a causa dei maltrattamenti, ma anche per alimentare il traffico di organi. E’ quanto accade ai profughi eritrei che cercano di attraversare il deserto e cadono nelle mani di organizzazioni criminali che li riducono in schiavitù. Per chiedere al governo egiziano di fermare questo traffico di esseri umani, “Avaaz.org”, movimento che promuove campagne per i diritti umani, ha lanciato una raccolta di firme mondiale. Da anni impegnata nel salvare le vite degli eritrei sequestrati è Alganesh Fessaha, coordinatrice dell’ong "Gandhi". Maura Pellegrini Rhao l’ha intervistata:

    R. – Ci sono due tipi di trafficanti: gli uni sono i rashaida, i beduini del Sudan che si trovano anche in Eritrea. Loro sono i primi a rapire oppure a contattare le persone per arrivare nel Sinai. Poi, ci sono i beduini egiziani.

    D. – Quali Paesi sono coinvolti?

    R. – I Paesi più coinvolti sono il Sudan e l’Egitto per quanto riguarda il traffico di esseri umani, che sono sottoposti alle più terribili torture. Poi, ci sono anche la Libia e il Ciad, perché i profughi provano ad arrivare in Israele.

    D. – Perché così tante persone scappano dall’Eritrea?

    R. – Perché in Eritrea la situazione è deleteria. C’è una dittatura che dura da 20 anni: i ragazzi vanno a fare il servizio militare a 16-17 anni fino a 50, non hanno futuro… Oltretutto, sono schiavizzati, perché fanno fare loro tutti i lavori possibili e immaginabili sul territorio, senza essere pagati. E i giovani scappano! L’Eritrea è diventato un Paese di bambini piccolissimi e di anziani…

    D. – Quando riuscite a liberare queste persone, in quali condizioni le trovate?

    R. – Finora, noi abbiamo liberato 550 persone dalle mani dei beduini senza pagare niente. In che condizioni li troviamo? Disumane, perché sono scheletrici perché non danno loro da mangiare, hanno tantissime ferite di bruciature, li sottopongono a elettroshock, li legano per i piedi al soffitto per ore… Li troviamo senza le unghie dei piedi, senza denti… E’ una situazione veramente crudele e disumana.

    D. – E’ la corruzione il motivo principale per cui non si riesce a fermare tutto questo?

    R. – Non solo la corruzione: c’è anche l’interesse economico. Per ogni persona si pagano 30-40-50 mila dollari e ne hanno rapite parecchie! Di questi, quelli che sono stati fatti passare in Israele sono 35 mila… C’è un interesse enorme, c’è una mafia di traffico di esseri umani, in quella zona, a cominciare dal governo eritreo per arrivare al governo sudanese.

    D. – Quanto è importante mantenere alta l’attenzione su questa realtà?

    R. – E’ molto importante, perché vuol dire salvare vite umane: non ci sono protezioni a salvaguardia degli esseri umani, non ci sono corridoi umanitari… E’ giusto che questo fenomeno sia reso pubblico e sia sempre all’ordine del giorno, perché si tratta di esseri umani.

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    L'Aquila. Il sindaco Cialente: a 5 anni dal sisma stiamo risorgendo

    ◊   “La nostra sfida è consegnare in cinque anni la città al resto del mondo, con una potenzialità turistica enorme”. Così si è espresso ieri il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, che ha visitato L’Aquila per tenere una riunione tecnica sullo stato dei restauri e ha fatto un giro nel centro storico. Franceschini mira a fare del suo Ministero una chiave di volta per la ristrutturazione evitando nuove tasse per trovare i finanziamenti. Ottimista il sindaco Massimo Cialente che parla di una “svolta”. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – Franceschini ha compreso che noi abbiamo, adesso, un crono-programma che, se rispettato nei finanziamenti che insieme dovremo trovare, permetterà veramente di restituire tra cinque anni L’Aquila all’Italia e al mondo. Ciò che ha compreso a fondo anche il ministro è che non basta ricostruire le case: abbiamo la capacità di far partire cantieri per 110 milioni al mese, però adesso c’è un problema. Non ha senso ricostruire un museo, ma si deve riportare la vita.

    D. – Girando per il centro storico, il ministro ha incontrato anche i commercianti che gli hanno detto chiaramente che sono stremati, gravati dalle tasse. Eppure, ci sono, nel centro, hanno avuto il coraggio di riprendere le attività. Per loro si pensa a qualcosa?

    R. – Qui interviene una serie di accorgimenti, come le leve della fiscalità: il Comune dell’Aquila per cinque anni non fa pagare alcune tasse. Penso a un credito di imposta per gli investimenti per ritornare nel centro, o un meccanismo di tutela rispetto agli affitti… Perché il ritorno delle attività economiche e del direzionale porterà anche al rientro dei cittadini. Quello che però voglio dirle è che noi stiamo lavorando su una tragedia che non ha precedenti, quindi si deve andare avanti di volta in volta, però con un obiettivo reale da confrontare con il governo e con la popolazione, qui.

    D. – A livello di risorse, cosa vi ha assicurato il ministro?

    R. – Abbiamo trovato un meccanismo: un mutuo con un pool di banche nazionali e internazionali, un mutuo quarantennale per cui lo Stato non deve andare incontro a grandi sacrifici né, ad esempio, aumentare le tasse.

    D. – Il ministro ne è a conoscenza?

    R. – Sì. Io credo che ci voglia un po’ di decisione. Mi sembra che questo sia un governo più pragmatico… Poi, sa che cosa mi ha fatto piacere? Questo governo non vede più L’Aquila come un problema: adesso il discorso è che l’Italia si gioca la sua immagine e la sua forza mostrando al mondo come è capace di intervenire. Un po’ quello che fu nei primissimi giorni dopo la tragedia, quando l’Italia fu capace di ricostruire le scuole per 17.500 ragazzi, in 65 giorni…

    D. – Il punto lo avete fatto nella vostra riunione tecnica?

    R. – Sì, abbiamo analizzato tutto. E devo dire che abbiamo mostrato, anche con un certo orgoglio, a che punto siamo con i grandi interventi su edifici di particolare pregio. Credo di poter dire che abbiamo investito già circa 100 milioni di euro, che sono già impegnati. Diciamo che stiamo lavorando molto bene. Noi abbiamo molta fiducia nella squadra che si è creata in questo momento.

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    Trentino. Ragazzi disabili lavorano in ristorante: una storia di riscatto e solidarietà

    ◊   Aiutare i ragazzi diversamente abili a guardare il futuro con speranza e senza paura, inserendosi pian piano nel mondo degli adulti come tutti i loro coetanei. Questo è l’obiettivo della Cooperativa “La ruota”, nata nel 1989 vicino Trento per dare un aiuto concreto ai disabili e alle loro famiglie. E da alcuni mesi la Cooperativa ha preso in gestione il ristorante “Dal Barba” a Villa Lagarina, dove 25 giovani con differenti disabilità sono stati coinvolti in questa nuova sfida. Marina Tomarro ha intervistato Rachele Gottardi, responsabile del progetto.

    R. – L’organizzazione del ristorante è molto particolare. I ragazzi sono i protagonisti: parliamo di persone con disabilità di vario tipo, dal ragazzo autistico al ragazzo che non vede, al ragazzo down e molti altri tipi di disabilità. Ognuno sceglie il suo ruolo, quello che gli si addice meglio: c’è a chi piace fare il cameriere, a chi piace lavare i piatti, a chi piace impastare e cucinare. Abbiamo anche una piccola fattoria didattica fuori e nel giro di un mese o due faremo l’orto, così da avere il “chilometro zero”. E stiamo già valutando se prendere le api per fare il miele.

    D. – Il vostro ristorante è strutturato anche per accogliere famiglie con disabili?

    R. – Noi vediamo che è importante non solo proporre un ristorante nel quale una persona in carrozzella possa girare, ma anche proporre il ristorante nel quale possa venire qualsiasi persona: anche una famiglia con un ragazzo portatore di handicap può venire perché noi abbiamo anche operatori, abbiamo laboratori, andiamo dalle tovagliette per la comunicazione accelerata, abbiamo adesso anche percorsi interni per i non vedenti.

    D. – La Cooperativa che futuro offre ai ragazzi?

    R. – Noi speriamo possa offrire in futuro la possibilità di avere il lavoro. Vediamo che la socializzazione è il punto chiave, soprattutto nella sala da pranzo, dove chi viene esce veramente felice perché ha dato, anche. Può dare l’autostima nel dire: “Bravo, hai fatto bene”. Può dare tante cose...

    D. – Questa iniziativa nasce in Trentino, una Regione attenta al sociale. Quanto è stato importante?

    R. – In Trentino, probabilmente c’era il bisogno di una nuova esperienza. C’era la passione di creare una nuova struttura, un nuovo tipo di laboratorio aperto. Il Trentino probabilmente queste cose le sente e ha voluto farle.

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    Dal laboratorio al letto del paziente: è "Xellbiogene", creato da Gemelli e Bambin Gesù

    ◊   L'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e il Policlinico Agostino Gemelli di Roma hanno presentato nei giorni scorsi "Xellbiogene", una joint-venture creata per portare le terapie dal laboratorio del ricercatore direttamente al letto del paziente. Due importanti istituzioni ospedaliere della capitale uniscono dunque le forze per sviluppare e realizzare prodotti medicinali per le terapie avanzate. Eliana Astorri ha chiesto di illustrare il progetto al dott. Marco Dieci, amministratore delegato di "Xellbiogene":

    R. - "Xellbiogene" è una officina farmaceutica che nasce con l’intenzione di offrire un servizio ai ricercatori dei due soci fondatori - l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e il Policlinico Gemelli dell’Università Cattolica - per portare i loro progetti di ricerca dalla ricerca a una cura: di fatto si dice "From research to bed", dalla ricerca al letto di un paziente.

    D. - Terapie avanzate quindi…

    R. - Prodotti di terapie avanzate, prodotti che includono prodotti di terapia genica, cellulare e tissutale. Ma anche prodotti in ambito biotecnologico, quali proteine ricombinanti, anticorpi e proteine.

    D. - Verso quali attività, quali ambiti della medicina in particolare è puntata la ricerca?

    R. - Nell’ambito della medicina rigenerativa; nell’ambito della oncoematologia per curare i tumori del sangue e in particolare della "Graft versus host disease", il rigetto verso l’ospite. E anche in ambito cardiologico, dove in questo momento abbiamo la possibilità con dei ricercatori del Gemelli di supportare le persone che hanno avuto un infarto con un’iniezione di cellule staminali e cardiache nella zona infartuata. E’ un progetto su cui stiamo lavorando con il Gemelli.

    D. - Logisticamente dove si trova la sede di "Xellbiogene"?

    R. - "Xellbiogene" avrà due siti produttivi: uno presso i laboratori di San Paolo fuori le Mura del Bambino Gesù, l’altro presso il Policlinico Gemelli. Complessivamente, saranno circa quattromila metri quadri di aree, di cui circa 1.200 dedicati alla produzione di questi prodotti medicinali.

    D. - E qual è il ruolo dell’Aifo, l’Agenzia italiana del farmaco, nella nascita di una struttura come "Xellbiogene"?

    R. - Per poter diventare formalmente e ufficialmente una officina farmaceutica è necessario richiedere autorizzazione agli organi competenti. In Italia, l’organo competente per decretare, con un vero decreto ministeriale, la costituzione di una officina farmaceutica è l’Agenzia italiana del farmaco.

    D. - In un periodo di crisi, che colpisce anche il settore della ricerca, la nascita di "Xellbiogene" dà anche un input occupazionale e una opportunità per i giovani ricercatori che spesso scelgono di lavorare all’estero…

    R. - Assolutamente sì. "Xellbiogene" è di fatto una realtà, non è una teoria. E’ diventata una realtà il 14 di novembre scorso e i ricercatori che hanno necessità o hanno avuto necessità di portare questi progetti all’estero per vederli evolvere, per potergli dare alla luce, adesso possono rivolgersi all’interno delle loro strutture a una struttura altamente professione, con delle grandi competenze.

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    Nuovi Orizzonti lancia "Aurora" per portare la luce cristiana nei media

    ◊   Presentate, in questi giorni a Roma, l’"Aurora Vision" e "Network", realtà nate dalla collaborazione tra la comunità “Nuovi Orizzonti” di Chiara Amirante e la regista e scrittrice Lia Beltrami. “Aurora” si propone di veicolare la buona notizia dell’amore cristiano attraverso i mass media. A seguire la presentazione dell’iniziativa presso il “Centro Benedetto XVI” c’era per noi Alessandro Gisotti:

    Una rete di donne e uomini impegnati, nel mondo della comunicazione, a portare avanti i valori del dialogo e della pace alla luce dell’amore cristiano. Con questo spirito nasce “Aurora”, un progetto che ha l’ambizione di offrire una “visione” per una nuova comunicazione. Il commento di don Davide Banzato, assistente spirituale di “Nuovi Orizzonti”:

    “'Aurora vision' è nata proprio dall’incontro tra Chiara Amirante e Lia Beltrami. È un incontro nato sulle esperienze: Chiara ha cominciato ad andare in strada, a incontrare quelli che lei pensava fossero i più poveri dei poveri, i ragazzi di strada, le persone vittime della droga, dell’alcolismo, della prostituzione… Poi, andando a fare i progetti di prevenzione nelle scuole siamo entrati in contatto anche con quella che forse è una delle fonti di questo: i messaggi dei media e dei new media che, a volte, 'inquinano' le menti, la cultura, l’educazione dei giovani e delle generazioni future. Lì abbiamo iniziato allora a collaborare, anche in rete, con altre realtà ecclesiali e anche altre religioni proprio per mandare messaggi positivi, per fare prevenzione, attraverso la produzione audiovisiva, format televisivi e collaborazioni. Incontrando Lia Beltrami è nato dunque questo ‘matrimonio’ con il quale vogliamo svegliare una nuova aurora”.

    A dare, dunque, supporto a questa iniziativa è Lia Beltrami, regista e scrittrice. Ai nostri microfoni, la fondatrice del Religion Today Film Festival spiega alcune delle iniziative già messe in cantiere per dare forza ad “Aurora”:

    “Abbiamo già pronti progetti di documentari in Uganda, in Kenya tra i Samburu, in Kosovo, in tutti i luoghi dove possiamo trovare la grande forza dell’amore e comunicarla. Proprio come Papa Francesco ci ha detto: 'Il bene va fatto ma va anche comunicato'. Poi, c'è il 'Network' che è molto importante: è una rete a livello interreligioso, di donne e uomini in tutti gli angoli del mondo. Hanno aderito registi iraniani, Idan Raichel che è tra i più famosi cantanti israeliani. Donne e uomini impegnati e che si vogliono impegnare nel portare avanti percorsi di dialogo, di riconciliazione e convivenza. Il primo incontro si terrà a Gerusalemme il 30 marzo; qui otto donne leader di cinque religioni diverse si esporranno pubblicamente - insieme a testimonial, con 'Nuovi Orizzonti' ed 'Aurora', per dire che vivere insieme si può”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria. Nuova strage nel nordest, uccise in vari attentati circa 90 persone

    ◊   Ennesima strage in Nigeria. In due diversi attentati, almeno 90 persone sono state uccise. Ieri sera, nella città di Maiduguri, nel nordest del Paese, sono state uccise una cinquantina di persone - secondo la Croce Rossa nigeriana - in due esplosioni all'interno di un mercato. I sopravvissuti alle esplosioni avrebbero individuato un sospetto, catturato e linciato. L'uomo sarebbe morto in ospedale per le ferite riportate. Il secondo attentato si è verificato nel villaggio di Mainok, 50 km a ovest di Maiduguri, dove gli abitanti che si stavano preparando alla preghiera della sera sono stati assaliti - in base alle testimonianze - da uomini con indosso uniformi dell'esercito, che hanno lanciato granate e fatto fuoco con fucili mitragliatori sulla folla, uccidendo circa 40 persone. Dietro i due fatti di sangue sembra esserci la mano dei terroristi di Boko Haram.

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    Medio Oriente: Netanyahu va negli Stati Uniti, domani l'icontro con Obama

    ◊   "Difenderò con determinazione gli interessi vitali di Israele ed in primo luogo la sicurezza dei nostri cittadini". Lo ha dichiarato, il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, in partenza oggi da Tel Aviv per gli Stati Uniti, dove incontrerà il presidente americano, Barack Obama. Al centro del colloquio – ha precisato il leader dello stato ebraico – ci sarà il processo di pace con i palestinesi e il dossier nucleare iraniano. Il faccia a faccia precede di due settimane il vertice tra il capo della Casa Bianca e il presidente palestinese, Abu Mazen, nel tentativo di rilanciare il dialogo diretto e di raggiungere entro fine aprile un accordo-quadro tra le parti. Secondo la stampa israeliana, Netanyahu respingerà le pressioni per il congelamento degli insediamenti in Cisgiordania e ribadirà le critiche per l’andamento delle trattative fra l’Iran e la comunità internazionale, nell’ambito del cosiddetto "5+1".

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    In Afghanistan14 morti per un autobomba nella zona di Logar

    ◊   Giornata di attentati in Afghanistan. Almeno 14 persone, fra cui due donne e due bambini, sono morte oggi per l’esplosione di un autobomba a Pul-i-Alam, capoluogo della Provincia centrale di Logar. Un portavoce del governo locale ha spiegato che si è trattato di un veicolo saltato in aria stamattina in un parcheggio, probabilmente in anticipo rispetto alle intenzioni dei terroristi. E gli atti di violenza proseguono anche nel sud del Paese. Sempre oggi, un kamikaze si è fatto esplodere a Kandahar City, provocando il ferimento di almeno sette civili. La polizia ha fatto sapere che l’attentatore suicida ha azionato il dispositivo che portava indosso mentre avanzava a piedi subito dopo la sua localizzazione da parte degli agenti, i quali stavano procedendo alla sua identificazione.

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    Francia: i cattolici chiedono più sostegno alla famiglia

    ◊   Sono raccolte in duemila pagine le sintesi consegnate dalle 83 diocesi francesi delle risposte al questionario preparatorio per il Sinodo sulla famiglia. Sul sito dei vescovi francesi, il vicepresidente della Conferenza episcopale, mons. Pierre-Marie Carré, ne riassume i punti salienti che, afferma, dovrebbero offrire uno “spunto di riflessione per la Chiesa in Francia”. Il primo dato interessante riguarda la grande partecipazione alla consultazione che ha coinvolto gruppi e movimenti ecclesiali, ma anche singoli fedeli, a conferma dell’importanza del tema scelto per i cattolici francesi e delle loro aspettative per il Sinodo. Altro dato positivo: l’unanime riconoscimento del ruolo centrale della famiglia per il benessere di ogni suo membro e la sottolineatura della necessità di un maggiore sostegno alla vita familiare, affinché essa possa assolvere alla sua preziosa funzione. In questo senso, si rileva come l’attuale pastorale familiare sia oggi insufficiente in Francia. A fronte di questi dati positivi, la consultazione ha fatto emergere uno “scarto” tra il Magistero della Chiesa e la pratica nelle coppie cattoliche, uno scarto particolarmente marcato su temi come la contraccezione e l’ammissione ai Sacramenti dei divorziati risposati. Le risposte, inoltre, rivelano come gli insegnamenti della Chiesa siano spesso mal compresi, se non ignorati. Questo a causa del linguaggio difficile dei documenti ecclesiali, oltre che dell’influenza dei modelli culturali oggi dominanti. Viene poi evidenziato che il Magistero non tiene conto delle difficoltà concrete delle famiglie. Tra le proposte avanzate per affrontare queste sfide, quella di esporre gli insegnamenti della Chiesa facendo costante riferimento alle Scritture, con un approccio non moralista, ma di ascolto e basato sull’esperienza concreta delle persone. Inoltre, viene evidenziata la necessità sottolineare il ruolo essenziale della coscienza personale nelle scelte delle coppie. Un altro dato emerso dall’indagine è la scarsa coscienza delle implicazioni di un matrimonio sacramentale. Sui divorziati risposati viene suggerita come possibile soluzione la pratica adottata dalla Chiesa ortodossa che prevede dopo un tempo di penitenza e dopo avere attestato che la nuova unione è stabile, una celebrazione che la riconosca senza però rimettere in discussione l’indissolubilità del matrimonio. Riguardo alle unioni tra persone dello stesso sesso, diffusa è la richiesta di un atteggiamento di maggiore accoglienza verso gli omosessuali, senza che la Chiesa debba per questo rinunciare ai suoi insegnamenti sul matrimonio cristiano. Infine, la stragrande maggioranza degli intervistati ha affermato di non seguire gli insegnamenti della Chiesa sul controllo delle nascite. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Spagna: Messaggio dei vescovi in vista della Giornata della vita

    ◊   “Sì alla vita, speranza di fronte alla crisi!”: questo lo slogan con cui i vescovi spagnoli presentano la Giornata per la vita, in programma il 25 marzo, festa dell’Annunciazione del Signore. In un messaggio diffuso per l’occasione dalla Sottocommissione episcopale per la famiglia e la vita, i presuli si rivolgono “ai figli, ai genitori, ai nonni” affinché dicano “sì alla vita”. “Per la Spagna, per l’Europa e per il mondo – si legge nel testo – l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica”, perché “grandi nazioni sono potute uscire dalla miseria anche grazie al gran numero di abitanti e alle loro capacità”. Il messaggio dei vescovi iberici ricorda, quindi, che oggi sono proprio i bassi indici di natalità a diventare “un problema cruciale per le società di maggior benessere” ed è perciò “una necessità sociale ed economica proporre alle nuove generazioni la bellezza del matrimonio e della famiglia”. Poi, la Chiesa spagnola sottolinea che i nuclei familiari hanno bisogno di “un aiuto economico e sociale”, ma che tuttavia questo “non è sufficiente”, poiché ciò che è “imprescindibile” è “un cambio di mentalità e di stile di vita che permetta di conquistare la libertà di donarsi all’altro, al marito, alla moglie, ai figli, agli anziani, ai sofferenti”. Questo, infatti, è l’insegnamento di Papa Francesco – ricordano i vescovi spagnoli – il quale ha detto: “Una società che abbandona i bambini e che emargina gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro” (Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia, 25 ottobre 2013). Ribadendo, poi, “il valore e la dignità della vita umana dal concepimento e fino alla morte naturale”, i presuli della Spagna invitano a riflettere sulla vita “come segno di speranza” ed esortano a recuperare “la grandezza del dono della maternità”. Un ulteriore appello viene rivolto contro “determinate ideologie che cercano, assurdamente, di omologare le differenze, trascinando la società alla rovina demografica, economica e morale”. Infine, pensando nello specifico all’aborto, la Chiesa spagnola sottolinea che non è segnale di progresso “pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”. Il messaggio dei vescovi è accompagnato da un manifesto con al centro la fotografia di un bimbo, circondato da cattive notizie: un modo simbolico per ribadire che la vita è speranza. (A cura di Isabella Piro)

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    Kazakhstan: tribunale di Astana condanna pastore cristiano per la sua predicazione

    ◊   La predicazione della fede cristiana “nuoce gravemente alla salute mentale della gente”: è la convinzione dei giudici di un tribunale di Astana che, sulla base di tali accuse, hanno condannato a quattro anni di reclusione il pastore cristiano kazako, Bakhytzhan Kashkumayev. Come appreso da Fides, il Pastore, responsabile della “Grace Church” nella capitale kazaka Astana, è stato condannato per aver “causato gravi disturbi mentali” a una presunta vittima, la donna Lyazzat Almenova”. Il pastore dovrà anche pagare una multa salata (due milioni di tenge, circa 6.500 euro - ndr) per i “danni morali” arrecati. Il pastore, 67 anni, farà appello contro il verdetto. Il suo avvocato, Nurlan Beysekeyev, ha detto all’ong “Forum 18” che si tratta di “uno dei casi più strani mai incontrati, in termini di legalità”, notando numerosi abusi delle istituzioni. Il pastore è stato accusato dalla sorella della presunta vittima. Lyazzat è stata tenuta in un ospedale psichiatrico dove le è stata diagnosticata “una schizofrenia paranoide”. Altri testimoni accusano di “seguire un'organizzazione religiosa che danneggia la salute degli individui per l’estremismo religioso”, considerazioni accettate dai giudici di Astana. Lo status giuridico della “Grace Church”, da tempo nel mirino delle istituzioni kazake – nota “Forum18” nella nota giunta a Fides – ora può anche essere in pericolo. (R.P.)

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    Papua Nuova Guinea: i vescovi chiedono una soluzione umana per i rifugiati

    ◊   E’ necessario “dare una risposta autenticamente umana all’annosa questione de profughi e dei richiedenti asilo”. “I richiedenti asilo sono esseri umani che meritano rispetto e il riconoscimento della loro dignità”: è quanto afferma una nota della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, pubblicata in occasione della nuova crisi generatasi nel Centro di detenzione per rifugiati nell’isola di Manus. Nella nota inviata all'agenzia Fides dal padre Victor Roche, segretario generale della Conferenza, i vescovi si dicono “costernati nell’apprendere dei recenti disordini nel Centro di detenzione a Manus Island, con conseguente lista di morti e feriti tra i richiedenti asilo. "Desideriamo esprimere - scrivono i presuli - le nostre più sentite condoglianze alla famiglia di un uomo iraniano che ha perso la vita e la nostra solidarietà con coloro che sembrano essere vittime della violenza”. La Conferenza episcopale insiste nel chiedere a tutti gli attori coinvolti, soprattutto alle istituzioni, “una soluzione e una risposta veramente umana” al fenomeno di quanti fuggono da situazioni di pericolo o di conflitto nei Paesi d'origine. Quando il “Centro di detenzione” di Manus è stato riaperto - nel contesto di un accordo con il governo australiano - i vescovi protestarono pubblicamente affermando che era ingiusto, secondo la Costituzione della Papua,” “portare nel nostro Paese e imprigionare le persone che non hanno violato le nostre leggi”. I vescovi si dicono oggi preoccupati “per la retorica” che accompagna la questione e ricordano che il Centro di Manus non rispetta gli standard internazionali, indicati dall’Onu. Per questo, i vescovi dicono al governo della Papua che “trattenere le persone contro la loro volontà non è una soluzione degna di una grande nazione, rispettosa dei diritti umani”. (R.P.)

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    Fiano Romano. Conferenza sulla violenza contro le donne

    ◊   In Italia, si stima che 6.743.000 donne, tra i 16 e i 70 anni, siano vittime di abusi fisici o sessuali e circa 1 milione abbia subito stupri o tentati stupri. Per riflettere su questo dramma e, in maniera più ampia, sulla festa della donna dell'8 marzo prossimo, l'Associazione “Centro di Ascolto Multidisciplinare Leonardo Da Vinci” Onlus, con il patrocinio del Comune di Fiano Romano, ha organizzato nel pomeriggio di oggi una Conferenza all'Eurohotel della cittadina romana. E saranno proprio le donne, con le loro storie di coraggio e di capacità di reazione, ad aprire la riflessione non solo sul fenomeno della violenza, ma anche sulla dipendenza affettiva, le cause e le possibili soluzioni di intervento. Previsti gli interventi della psicoterapeuta Pina Li Petri e del prof. Filippo Petruccelli, avvocato, psicologo e psicoterapeuta. La Li Petri è anche la fondatrice, nel 2012, del “Centro di Ascolto Multidisciplinare Leonardo Da Vinci” Onlus, che ha l'obiettivo di offrire consulenze gratuite in materia legale, fiscale, ma anche psicologica, sanitaria e scolastica. (A.D.G.)

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    Al via il torneo di calcio Clericus Cup con il motto: “Il mio capitano è Papa Francesco”

    ◊   E’ ormai un appuntamento giunto all'ottava edizione. La Clericus Cup, il torneo di calcio per seminaristi e sacerdoti di tutto il mondo, organizzato dal Centro Sportivo Italiano (Csi), in collaborazione con l’Ufficio Cei per la Pastorale del Tempo libero, Turismo e Sport e con il Pontificio Consiglio della Cultura, si disputa anche quest’anno sui campi del Pontificio Oratorio di San Pietro, a Roma. Dall’8 marzo prossimo, oltre 350 calciatori di vari seminari, in rappresentanza di 60 Nazioni, scenderanno infatti in campo per contendersi la Coppa della compagine vincitrice. Sarà un’edizione straordinaria quella che si deciderà nella finale di sabato 24 maggio, e che si disputa nell’anno in cui il Csi festeggia 70 anni dalla sua nascita. Il 7 giugno infatti per tutti gli atleti del Centro Sportivo, della Clericus Cup, così come per tutti gli sportivi italiani, la festa è già fissata in Piazza San Pietro, quando Papa Francesco incontrerà le società sportive di tutta Italia. Un traguardo, cui la Clericus Cup guarda già da adesso. Sulle maglie delle sedici formazioni partecipanti al torneo, a sottolineare il comune “credo” dei protagonisti della Clericus, diversi colori, ma un solo motto: “Il mio capitano è Papa Francesco” con la data del 7 giugno proprio per promuovere lo storico appuntamento con il Pontefice. Il tutto all’insegna del proverbiale fair-play che caratterizza tutte le iniziative del Csi. (G.L.V.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 61

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.