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Sommario del 19/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco all’Angelus incoraggia migranti e rifugiati: “non perdete la speranza di un mondo migliore”. Ringrazio chi vi difende dai “mercanti di carne umana”
  • Il Papa in visita alla Chiesa del Sacro Cuore. Don Baresi: una parrocchia accanto ai più poveri
  • Incontro del Papa Francesco con Arturo Paoli a Santa Marta
  • Settimana preghiera per unità cristiani. Pastore Adamo: "rispondere della speranza che è in noi"
  • Un libro sulla “Lumen Fidei”. Il filosofo Antiseri: la fede difende anche i non credenti dall’idolatria
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: mistero su dichiarazioni Assad. Esperto Bernardelli: scenari incerti a poche ore da "Ginevra 2"
  • 100.ma Giornata mondiale dedicata a migranti e rifugiati: oltre 275 milioni
  • Niger: campagna dell'associazione Coopi per salvare i bambini dalla fame
  • Successo della fiction Rai "Don Matteo". Gamaleri: pubblico cerca speranza e purezza
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • I vescovi del Regno Unito: i social network, un aiuto per chi soffre di depressione
  • Thailandia: nel 2015 Simposio Chiese Asia su vita consacrata e nuova evangelizzazione
  • Giornata del migrante, mons. Moraglia: "Vincere la cultura del pregiudizio"
  • Pakistan: i talebani colpiscono una base dell'esercito, almeno 20 morti
  • Thailandia: esplode bomba durante manifestazione dell'opposizione, decine i feriti
  • Gaza: raid israeliano, colpito un esponente della Jihad Islamica
  • Tanzania. La diocesi di Zanzibar celebra i 150 anni di fede cattolica
  • Zambia, mons. Phiri: la nuova Costituzione riequilibri i poteri
  • La Chiesa del Venezuela celebra l'Anno Giubilare della Gioventù
  • Cambogia. Il vicariato di Phnom Penh celebra il “Triennio della Carità”
  • Indonesia, cresce la violenza dei gruppi integralisti islamici
  • Costa Rica. Appello della Chiesa per le elezioni del 2 febbraio: andate a votare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco all’Angelus incoraggia migranti e rifugiati: “non perdete la speranza di un mondo migliore”. Ringrazio chi vi difende dai “mercanti di carne umana”

    ◊   “Seguire Gesù ci rende più liberi e gioiosi” Così il Papa stamane all’Angelus in piazza San Pietro, gremita di fedeli di diverse comunità etniche, nell’odierna Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, sul tema “Verso un mondo migliore”. Francesco ha dedicato una preghiera speciale a quanti di loro vivono situazioni di difficoltà, ricordando che l’amore è l’unico modo per vincere il male e il peccato. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”: così Giovanni Battista, riconosce “Gesù che avanza tra la folla” presso il fiume Giordano. L’incontro riportato nel Vangelo domenicale ci fa capire – ha osservato il Papa - che “Gesù è venuto nel mondo con una missione precisa: liberarlo dalla schiavitù del peccato, caricandosi le colpe dell’umanità.

    “In che modo? Amando. Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri".

    Gesù dunque “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori, fino a morire sulla croce”.

    “Egli è il vero agnello pasquale, che si immerge nel fiume del nostro peccato, per purificarci”.

    “Un uomo che si mette in fila con i peccatori per farsi battezzare, pur non avendone bisogno. Un uomo che Dio ha mandato nel mondo come agnello immolato”.

    “Questa immagine dell’agnello potrebbe stupire; infatti, un animale che non si caratterizza certo per forza e robustezza si carica sulle proprie spalle un peso così opprimente”.

    “La massa enorme del male” “tolta e portata via da una creatura debole e fragile”, “che arriva fino al sacrificio di sé”.

    “L’agnello non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti di fronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo. E cosi è Gesù! Cosi è Gesù, come un agnello".

    Che cosa significa dunque “oggi essere discepoli di Gesù, Agnello di Dio"?

    “Significa mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio”.

    “Non vivere come una ‘cittadella assediata’, ha spiegato Francesco, ma “come una città posta sul monte, aperta, accogliente, solidale”.

    “Vuol dire non assumere atteggiamenti di chiusura, ma proporre il Vangelo a tutti, testimoniando con la nostra vita che seguire Gesù ci rende più liberi e più gioiosi”.

    Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha rivolto un saluto particolare a tutti i migranti e i rifugiati in Italia e in ogni parte del mondo nella Giornata Mondiale loro dedicata:

    “Cari amici, voi siete vicini al cuore della Chiesa, perché la Chiesa è un popolo in cammino verso il Regno di Dio, che Gesù Cristo ha portato in mezzo a noi. Non perdete la speranza di un mondo migliore! Vi auguro di vivere in pace nei Paesi che vi accolgono, custodendo i valori delle vostre culture di origine”.

    Quindi un grazie a chi è accanto ai migranti:

    “Vorrei ringraziare coloro che lavorano con i migranti per accoglierli e accompagnarli nei loro momenti difficili, per difenderli da quelli che il Beato Scalabrini definiva “i mercanti di carne umana”, che vogliono schiavizzare i migranti!".

    E in modo particolare:

    ”Intendo ringraziare la Congregazione dei missionari di San Carlo, i padri e le suore scalabriniani che tanto bene fanno alla Chiesa e si fanno migranti con i migranti”.

    Infine una speciale Ave Maria è risuonata nell’intera piazza San Pietro:

    “In questo momento pensiamo ai tanti migranti, tanti! Tanti rifugiati, alle loro sofferenze, alla loro vita, tante volte senza lavoro, senza documenti, tanto dolore e possiamo tutti insieme rivolgere una preghiera per i migranti e i rifugiati che vivono situazioni più gravi e più difficili: Ave Maria…”.

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    Il Papa in visita alla Chiesa del Sacro Cuore. Don Baresi: una parrocchia accanto ai più poveri

    ◊   Il Papa visiterà, questa domenica pomeriggio, la parrocchia romana del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio. Si tratta di una Basilica minore affidata alla cura pastorale dei salesiani che gestiscono anche un’Opera voluta da don Bosco, oggi casa di accoglienza che offre svariati servizi per rifugiati e senza fissa dimora. La parrocchia, pur contando poco più di 2 mila anime, è molto attiva ed è assai vivo l’impegno dei giovani. Ma in quale realtà sociale è immersa? Tiziana Campisi lo ha chiesto al parroco don Valerio Baresi:

    R. – Noi ci troviamo al centro della città di Roma, proprio accanto alla Stazione Termini. Questo comporta da una parte la presenza di molta gente di passaggio e, per di più, questa è una realtà che si è trasformata negli ultimi anni: una quarantina di anni fa il quartiere era abitato da circa 15 mila persone, mentre ora la parrocchia ha poco più di due mila abitanti. Tutto il resto si è trasformato in hotel, in “Bed & breakfast”, attività ricettive, ristoranti, servizi di accoglienza, uffici… Essendo al centro, ci troviamo con una realtà indubbiamente di degrado legata a molte persone che - o perché sono migranti, o perché sono senza dimora – cercano nella stazione la possibilità di “campare”. Quindi, non possiamo far finta di non vederli, di ignorarli; cerchiamo di avere un’attenzione anche verso queste povertà.

    D. – Quali sono le problematiche più gravi nel territorio in cui si trova la Basilica del Sacro Cuore di Gesù?

    R. – La problematica più grave direi che, in questo momento, è la drammatica ricerca di lavoro e la drammatica ricerca di aiuto e di ascolto.

    D. – Quali attività pastorali promuovete?

    R. – Intanto, c’è un’attenzione al territorio parrocchiale, quindi, a tutto ciò che è legato alle famiglie, ai ragazzi, ai giovani presenti nella parrocchia: la catechesi, l’annuncio, la liturgia, l’attenzione ai malati. Poi ci sono i giovani universitari, giovani che desideriamo far incontrare con Gesù…

    D. – In quali attività sono impieganti i giovani?

    R. – C’è un impegno grande nei confronti dei rifugiati. Noi, nell’arco di un anno, riusciamo a raggiungere più di 300 rifugiati che fanno riferimento al Sacro Cuore per attività diverse: la scuola di italiano, la possibilità di prendere la licenza media; c’è un corso di scuola guida propedeutico in modo che i rifugiati possano con più facilità prendere la patente; c’è uno sportello informativo; un piccolo corso di informatica per utilizzare il computer sia per fare un curriculum, sia per ricercare lavoro in internet. Abbiamo anche un’attenzione aggregativa, ludica attraverso il cineforum, le gite e le serate di festa che viviamo insieme. Lo scopo è quello di mettere insieme i giovani italiani, con i giovani rifugiati perché ci siamo accorti che c’è un reciproco aiuto, un reciproco insegnamento. Un’altra attenzione forte è verso gli amici senza fissa dimora: accogliendoli in casa nostra ogni giovedì con l’attività di “Piazza grande” - un’attività di fraternità dove si gioca, si canta e si prega insieme – poi alle 19.30 si cena intorno allo stesso tavolo. Mentre, il venerdì un bel gruppo di giovani e di adulti – sono una quarantina – portano i sacchetti “cena” alla Stazione Termini. Abbiamo iniziato un anno fa con 120 sacchetti, ora ci ritroviamo a distribuire circa 330 sacchetti ogni venerdì.

    D. – Cosa significa per voi la visita di Papa Francesco: il Papa viene a trovarvi, viene ad immergersi nella vostra realtà…

    R. – Noi lo sentiamo come un grande dono, un dono grande del Signore. Lo avvertiamo come una conferma che l’atteggiamento assunto da noi in questi ultimi anni - di attenzione ai giovani, ai poveri, ai rifugiati - è la strada giusta. Sentiamo anche la presenza del Papa come un incoraggiamento, perché indubbiamente in quello che facciamo c’è anche una grande fatica.

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    Incontro del Papa Francesco con Arturo Paoli a Santa Marta

    ◊   Ieri sera il Papa ha ricevuto a Santa Marta, in un lungo incontro privato, l’anziano Arturo Paoli, Piccolo Fratello di Gesù, molto noto per il suo impegno religioso e sociale per e con i poveri, oltre che in Italia in America Latina, dove ha trascorso 45 anni. Arturo Paoli, che ha compiuto 101 anni di età, attualmente vive in una piccola casa dedicata a “Charles de Foucauld” vicino a Lucca, sua città natia. Alcune settimane fa Paoli aveva manifestato il vivo desiderio di incontrare il Papa Francesco, e questi ha voluto avere con lui un incontro personale ampio e tranquillo, che si è protratto per quasi 40 minuti.

    Durante gli anni in America latina Paoli ha vissuto anche in Argentina per 14 anni, dal 1960 al 1974. Qui aveva incontrato il padre Jorge Bergoglio allora Provinciale dei gesuiti. Aveva poi dovuto lasciare l’Argentina, sotto il regime peronista, e si era trasferito in Venezuela e a seguire nel 1985 in Brasile, fino al rientro definitivo in Italia nel 2005.

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    Settimana preghiera per unità cristiani. Pastore Adamo: "rispondere della speranza che è in noi"

    ◊   “Cristo è stato forse diviso?”: é su questa domanda dell'apostolo Paolo alla comunità cristiana di Corinto, lacerata da conflitti interni, che si concentra la riflessione proposta quest'anno per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Dal 18 al 24 gennaio, saranno tante le iniziative che vedranno impegnate tutte le Chiese e le confessioni cristiane per approfondire la conoscenza e l'accoglienza reciproche. Intensa l'attività ecumenica promossa ad esempio dalla Chiesa valdese di Piazza Cavour a Roma guidata dal pastore Antonio Adamo. Adriana Masotti lo ha intervistato:

    R. - “Cristo non può essere diviso”. Questa affermazione è per noi un monito in ogni stagione della nostra vita. Sentiamo in particolar modo nel corso della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, la necessità di riflettere sul senso della nostra vocazione cristiana nel nostro tempo. Noi siamo chiamati a rispondere della speranza che è in noi. L’ecumenismo è una realtà che appartiene al nostro essere cristiani oggi; ciò significa che la ricerca della comunione con altre chiese è una priorità. Ora, noi sappiamo che il cristianesimo è una realtà multicolore, e l’ecumenismo ci permette di imparare ad apprezzare senza pregiudizi quanti confessano Gesù Cristo nella propria identità ecclesiastica particolare. E quindi, anche la Settimana di quest’anno, ci vedrà impegnati in numerosi incontri ecumenici, di preghiera, di confronto, di scambio di ambone, di pulpito. Ieri, abbiamo accolto con gioia la comunità parrocchiale del Sacro Cuore del Cristo Re, e il parroco, don Angiolino, ha predicato da noi; domenica prossima, io mi recherò con la mia comunità nella parrocchia di Cristo Re, dove sono invitato a tenere l’omelia della Messa domenicale. I cristiani sono chiamati a pregare per la loro unità; noi non preghiamo perché nasca una super Chiesa. Il primo segno importate da dare in questo tempo è questo: i cristiani non sono in conflitto, ma sono lungo il cammino di una riconciliazione vissuta, ricercata. Credo che questa sia per noi l’esperienza comune.

    D. - A che punto si può dire che sia arrivato il senso di fraternità, di reciproco riconoscimento tra le varie confessioni cristiane, in particolare tra cattolici e la comunità valdese …

    R. - La storia delle relazioni ecumeniche tra la nostra Chiesa e la Chiesa cattolica data ormai parecchi anni. Ci sono stati dei momenti molto belli di incontro, anche di conoscenza reciproca; abbiamo raggiunto alcuni momenti particolarmente significativi: ricordo il documento comune sui matrimoni interconfessionali, in cui sono stati superati alcuni ostacoli e alcuni pregiudizi che hanno permesso una maggiore accoglienza delle coppie interconfessionali. Il cammino è ancora lungo. Noi sappiamo che ci sono delle differenze nel modo di vivere il cristianesimo; tuttavia, sappiamo anche che la fede comune in Gesù Cristo, la Bibbia è il nostro patrimonio più grande, e questo, è un patrimonio comune. Ed è a partire dalla Confessione di fede, a partire dalla ricchezza della Parola di Dio che ci è stata donata che noi possiamo procedere oltre.

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    Un libro sulla “Lumen Fidei”. Il filosofo Antiseri: la fede difende anche i non credenti dall’idolatria

    ◊   “La vita alla luce della fede”. E’ il titolo di un libro sulla Lumen Fidei, pubblicato in questi giorni dalla Rubbettino, che ha per autori il filosofo Dario Antiseri e l’economista Flavio Felice. Il volume offre delle riflessioni filosofiche e socio-politiche sulla prima Enciclica di Papa Francesco. Sull’occasione dalla quale è scaturita questa pubblicazione, Alessandro Gisotti ha intervistato Dario Antiseri:

    R. – Appena uscita l’Enciclica, il prof. Felice dell’Università Lateranense ed io che attualmente insegno all’Antonianum ci siamo trovati per caso ed abbiamo cominciato a discutere e a leggere alcuni punti fondamentali dell’Enciclica. Ci siamo radunati con alcuni colleghi dell’Antonianum e della Lateranense, e dalla discussione sono venute fuori cose molto interessanti che abbiamo cercato di mettere insieme in questo libro intitolato “La vita alla luce della fede”, riflessioni filosofiche e sociopolitiche sull’Enciclica Lumen Fidei.

    D. – Come filosofo cosa la colpisce di questa Enciclica, che sappiamo porta la firma di Papa Francesco ma è stata iniziata da Papa Benedetto…

    R. – Quello che colpisce è che si vede subito chiaramente che il Papa è un cristiano che fa anche filosofia, non un filosofo che ragiona sula fede. Questa è la cosa più importante. Il Papa ristabilisce il primato della fede quando dice che “la fede è la risposta ad una Parola che interpella personalmente, ad un Tu che chiama per nome”. Dunque, è chiara la natura della fede nella Lumen Fidei. In altre parole, lo dice il Papa, l’uomo cerca una luce grande e quella luce grande che non può essere data né dalla scienza – che per principio non risponde alle domande fondamentali per l’uomo – né dalla filosofia, perché la filosofia appunto non salva. Dall’altra parte, l’uomo deve essere aperto alla chiamata di Dio, perché spesso siamo noi che siamo chiusi a questa parola che interpella personalmente.

    D. – “La fede è un dono”, sottolinea il Papa. Cosa allora può dare la fede a chi la ricerca, quindi a chi cerca comunque questo dono ma che ancora non ha accolto pienamente… Cosa può dare alla vita di queste persone?

    R. – Credo che la fede sia una proposta universale per tutti gli uomini. Cosa può dare la fede a chi non ha fede? Può dare tanto. Innanzitutto, può dare l’idea fondamentale che l’uomo non può essere un idolatra, perché per il cristiano niente è assoluto, soltanto Dio è assoluto! Tutto ciò che è umano – a cominciare dallo Stato, dal potere, dal denaro – non può essere assoluto: l’uomo non può venerare il potere dello Stato come assoluto, né può darsi a “mammona”, cioè pensare che la ricchezza e il denaro siano l’assoluto. Questo credo sia la cosa più importante.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: mistero su dichiarazioni Assad. Esperto Bernardelli: scenari incerti a poche ore da "Ginevra 2"

    ◊   Occhi puntati sulla Siria, dove è giallo su alcune parole del presidente Bashar al-Assad, prima annunciate da un’agenzia russa e poi smentite dal governo. E mercoledì è previsto l’inizio della conferenza di “Ginevra 2”. Davide Maggiore:

    Restano un mistero le intenzioni del presidente siriano Bashar al-Assad, a pochi giorni dal vertice internazionale, importante per le sorti del Paese: l’agenzia russa Interfax ha citato oggi un discorso in cui il capo dello Stato ribadiva di non voler lasciare il potere, ma questa dichiarazione è stata poi smentita dalle stesse autorità siriane. “Se avessimo voluto arrenderci l’avremmo fatto dall’inizio” erano le parole citate dall’agenzia, nel contesto di un incontro tra Assad e alcuni parlamentari russi. In questo clima, partirà mercoledì la Conferenza di Ginevra 2, la prima occasione in cui, dall’inizio del conflitto, si troveranno di fronte rappresentanti del governo e dei ribelli. Alla riunione hanno annunciato la loro partecipazione i gruppi d’opposizione riuniti nella Coalizione Nazionale Siriana. Il presidente di questo raggruppamento, Ahmad Jarba, ha indicato come obiettivo prioritario dei negoziati quello di “togliere tutti i poteri” ad Assad.

    E sui possibili scenari legati a “Ginevra 2”, Giancarlo La Vella ha intervistato Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:

    R. – Sono scenari di grande incertezza: fino a poche ore dall’inizio di questa Conferenza, non è ancora del tutto chiaro chi vi prenderà parte realmente, anche perché c’è molta divisione all’interno del fronte dell’opposizione ad Assad. Per cui, è un appuntamento pieno di incognite. La crisi siriana è una crisi intricata, una crisi in cui entrano in gioco anche interessi di tanti Paesi che ruotano intorno alla Siria. “Ginevra 2” si può guardare solo come possibile spiraglio per l’inizio di un processo …

    D. – C’è il rischio che il numero degli argomenti in discussione si allarghi tanto da lasciare in secondo piano proprio la crisi siriana?

    R. – No, io non credo che questo sia un rischio, anzi. Io credo che questo alla fine sia il possibile punto di forza del processo che tutti auspicano che parta da “Ginevra 2”, nel senso che non esiste una soluzione alla crisi siriana senza uno sguardo ampio rispetto alle questioni che stanno scuotendo l’intera regione. Non c’è, oggi, una soluzione per la Siria: l’unica possibile soluzione è un approccio che aiuti a trovare nuovi equilibri di forza all’interno di un’intera regione. Bisogna anche dirsi molto chiaramente che senza “Ginevra 2” l’alternativa è una guerra che andrà avanti per anni, in Siria …

    D. – Rimarrà comunque, dopo “Ginevra 2”, l’incognita dei gruppi qaedisti che non parteciperanno alla Conferenza e – si presume – continueranno ad imperversare sul terreno siriano?

    R. – Questo sicuramente. Però, anche qua è molto importante capire da dove nascono questi gruppi e chi sono coloro che finanziano questi gruppi, perché c’è connivenza di alcuni Paesi della regione che hanno cercato anche di usare questi gruppi per interessi propri, per equilibri che avrebbero potuto essere favorevoli, in questo grande conflitto in cui si stanno giocando i nuovi rapporti di forza all’interno del Medio Oriente. Allora, è si riesce a portare allo scoperto questo nodo, oppure non se ne esce!

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    100.ma Giornata mondiale dedicata a migranti e rifugiati: oltre 275 milioni

    ◊   Per il centesimo anno si celebra oggi la Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, istituita nel 1914 allo scoppio della prima Guerra mondiale da Benedetto XV. L'edizione 2014 vede il forte messaggio di Papa Francesco, dal tema: "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore". Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Sono un esercito in continuo cammino, i rifugiati e i migranti: oltre 45 milioni i primi, 230 milioni i secondi. E il 2013 è stato l’anno che ha fatto registrare il più alto numero di vittime tra loro, il cui numero totale non si conoscerà mai, perché è impossibile calcolare tutte le vittime scomparse nei mari o nelle sabbie dei deserti.

    Sono state le Nazioni Unite, lo scorso ottobre, a dirci che nel 2013 i migranti sono stati il 3,2% della popolazione globale, 78 milioni in più rispetto al 1990, 23 anni fa, e le donne sono il 48%. In questi anni è cambiata anche la ragione delle partenze: pensare che oggi sia solo di tipo economico è riduttivo, per una realtà alimentata anche da migrazioni dovute alle catastrofi naturali, o da annosi e devastanti conflitti, come quello siriano, produttori di un continuo flusso di rifugiati e profughi.

    Papa Francesco, nel suo messaggio per l’odierna Giornata, ha chiesto che per queste persone si possa costruire un mondo migliore, dove speranza, rispetto, e accoglienza contrastino il “rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte”. Il Papa ha sollecitato il mondo a creare condizioni di vita dignitose per tutti, ha chiesto di passare “da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro”, un messaggio fondamentale che fatica però ad arrivare alle orecchie delle società dei paesi ricchi, porto d’arrivo per rifugiati e migranti, in realtà spesso Paesi all’origine delle gravi diseguaglianze e dei conflitti che producono gli esodi.

    L’Italia è al quinto posto in Europa per maggior numero di migranti e all’undicesimo nella classifica mondiale. Il 2013, per la penisola, sarà soprattutto legato alla sciagura a largo di Lampedusa, nel mese di ottobre: il naufragio di un barcone di migranti che ha provocato centinaia di morti. Ma l’Italia può raccontare anche molte storie positive, di integrazione, di amicizia e realizzazione, come quella di Bridget Fomundam, insignita due giorni fa del titolo di ‘migrante dell’anno’ dalla Tavola della Pace della provincia di Pisa. Bridget Fomundam è nata in Camerun, da 18 anni vive in Italia, e due anni fa ha avuto la cittadinanza. Insegna nella scuola di lingua inglese da lei fondata 12 anni fa. E’ sposata con un ingegnere elettronico, uno dei primi africani a laurearsi all’università di Pisa, ed è madre di tre figli. La Fomundam è anche presidente del consiglio della Chiesa valdese di Pisa:

    R. – Questo premio per me è il risultato del mio lavoro, del sacrificio dei miei figli, di tanti miei amici e soprattutto di mio marito, che è stato la mia spalla. Questo premio è un “grazie” a loro. Vorrei anche dedicare questo premio alle sorelle immigrate, che si sono trovate costrette a vendere tutto quello che di buono avevano, persino i loro corpi. Vorrei dedicarlo anche alle mogli immigrate, che arrivano in Italia per amore e si trovano da un giorno all’altro a subire ingiustizie e addirittura violenze, tutto perché il marito, dopo averle fatte venire in Italia, le minaccia, dicendo loro: “Se apri la bocca, ti rispedisco a casa o ti ritiro il permesso di soggiorno”. Vorrei dedicarlo anche alle mamme immigrate, quelle mamme che si alzano tutte le mattine con il dilemma di come far crescere i figli, secondo la loro cultura o secondo la cultura del Paese che li ha accolti e, dunque, l’Italia. Vorrei dedicarlo soprattutto agli immigrati, quegli immigrati che hanno un reddito che non deve sfamare soltanto la loro famiglia che è qui in Italia con loro, ma una catena lunga di persone che aspettano nel loro Paese di origine.

    D. – Quanto questi suoi appelli, queste sue parole verso i suoi fratelli immigrati vengono capiti dall’Italia e dagli italiani?

    R. – Io direi che ora, a differenza di tanti anni fa, vengono capiti e presi anche in considerazione, perché il problema dell’immigrazione in Italia non è più una novità. Purtroppo, ve ne è una parte buona ed una cattiva e spesso, spessissimo, abbiamo la tendenza a vedere solo quella cattiva, ma esiste anche l’altra e possiamo darle valore, anche per aiutarci a combattere quella cattiva. L’Italia, secondo me, dà tantissimo agli immigrati, però ci aiuterebbe molto di più se ‘ci insegnasse a pescare e non ci desse i pesci ogni giorno’. Una cosa che ho notato è che quando è arrivata la crisi economica, le prime persone a perdere il lavoro sono stati gli immigrati, non per razzismo o cose di questo tipo, ma perché queste erano persone senza formazione. Sono, quindi, le prime persone ad essere buttate fuori, quando arriva una situazione di crisi, come quella che stiamo vivendo ora. Allora chiedo la possibilità di avere una formazione. Questo è il messaggio che ho sempre dato agli immigrati: la formazione è un’arma, se non ce l’hai, non potrai combattere per i tuoi diritti. Ognuno di noi, soprattutto immigrati di prima generazione, può fare qualcosa nel suo piccolo e cambiare la sorte dell’immigrato qua in Italia. Non dobbiamo diventare tutti politici per farlo, ognuno di noi, soprattutto chi è qui da tanto tempo, deve mettersi in testa che la sua vita è una lezione per quelli che sono appena arrivati, che la sua vita è una lezione per quelli che devono ancora arrivare, e che la sua vita deve lasciare qualcosa di positivo per le generazioni future.

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    Niger: campagna dell'associazione Coopi per salvare i bambini dalla fame

    ◊   L’organizzazione umanitaria Coopi lancia una campagna per rafforzare il suo impegno in favore dei bambini malnutriti in Niger, Paese tra i più poveri al mondo. Fino al 27 gennaio, si potrà aiutare l’Ong inviando un Sms solidale al 45501. Sulla situazione dei bambini del Niger, Alessandro Gisotti ha intervistato Elena D’Andrea, responsabile per la comunicazione di Coopi:

    R. – La malnutrizione, sia quella cronica che quella moderata, colpisce un po' tutta la popolazione, ma in particolare i bambini che sono, ovviamente, la fascia più sensibile, più vulnerabile della popolazione. In Niger un bambino su quattro muore per un’alimentazione povera e precarie condizioni di salute. E uno su due, comunque, anche se sopravvive, subisce degli effetti a causa della malnutrizione.

    D. – Cosa sta facendo Coopi per far fronte a questa emergenza, che purtroppo è un’emergenza quasi strutturale?

    R. – Coopi sta portando avanti, in Niger, da diversi anni dei progetti d’intervento per aiutare i bambini e le mamme in maniera molto concreta con cibo di emergenza. Quindi, forniamo proprio il supporto medico-sanitario, perché la malnutrizione diventa una malattia. Supportiamo, però, anche il personale sanitario locale, lavorando nelle strutture sanitarie che esistono sul posto. E con questo progetto, per il quale stiamo facendo questo appello, con gli Sms solidali, vogliamo anche costruire un centro ricreativo. Inviando, quindi, un Sms da rete fissa o da rete mobile al 45501 si può contribuire per fornire cibo ai bambini, supporto alle mamme e costruire un centro ricreativo, dove potere sostenere i bambini anche nel loro sviluppo cognitivo, attraverso i giochi, attraverso l’aggregazione, fornendo supporto alle mamme, con esercizi fisici per lo sviluppo muscolare. Purtroppo, infatti, la malnutrizione indebolisce il corpo ed è questo indebolimento del corpo che non permette poi lo sviluppo sia cognitivo che muscolare, che poi farà di questi bambini delle persone in grado di vivere una vita, di essere autonomi e di agire anche in maniera positiva per lo sviluppo del proprio Paese.

    D. – Papa Francesco ha più volte denunciato la cultura dello scarto e lo scandalo della fame. Vi sentite in qualche modo incoraggiati anche dalle sue parole, dalle sue denunce?

    R. – Sì, assolutamente. Papa Francesco ha pienamente ragione. Noi viviamo in un mondo, dove sempre più ci sono questi forti contrasti. C’è uno spreco da una parte e c’è una mancanza estrema che, appunto, porta poi alla morte oppure a delle conseguenze gravi, dall’altra. Ecco, forse, ascoltando le parole di Papa Francesco dovremo abituarci un po’ in generale a rinunciare a qualcosa, senza mettere in discussione il fatto che un certo livello di benessere per noi ormai sia imprescindibile. Io credo, però, che ci siano dei margini e noi lavoriamo anche su questi margini di cambiamento.

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    Successo della fiction Rai "Don Matteo". Gamaleri: pubblico cerca speranza e purezza

    ◊   Continua il successo di Don Matteo, la fiction Rai, giunta alla nona edizione. Dopo 14 anni la serie ottiene in media oltre il 30% di share. I giovani tra i 15 e i 24 anni sono tra i principali telespettatori. A spiegare il successo della fiction è il prof. Giampiero Gamaleri, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università telematica Uninettuno. Lo ha intervistato Filippo Passantino:

    R. – Le chiavi di lettura del successo di “Don Matteo” sono evidentemente molto complesse, perché ormai è una serie che va in onda da tanti anni e che quindi ha consolidato una tradizione. Quindi, il primo punto è proprio questo, cioè il rapporto di affettività che il pubblico ha stabilito con i personaggi e quindi con tutto l’intero programma che porta ad un’attribuzione di fedeltà a questo programma da parte del pubblico.

    D. – Colpisce la grande attenzione da parte dei giovani …

    R. – Ecco, questo è un dato che è parzialmente innovativo rispetto al passato, perché è un programma che evidentemente ha privilegiato un pubblico anziano o meglio, è stato selezionato in passato prevalentemente da un pubblico maturo, desideroso di avere un programma con i toni caldi, con un ritmo non troppo veloce, in cui si capisse bene la trama, con sentimenti che potessero toccare il cuore e anche far riflettere la mente … Quindi, queste sono prerogative fondamentalmente di un pubblico più maturo. Quest’anno, invece, questo dato ci fa capire che anche i giovani si stanno accostando ed è un elemento che fondamentalmente è positivo, perché – tra l’altro, come anche il Rapporto Censis ha rilevato – la frequenza del pubblico giovanile alla televisione è molto bassa. Io credo che l’elemento che attrae di più i giovani sia fondamentalmente il fatto di identificarsi con alcuni dei personaggi, ed è questo un elemento – anche qui – abbastanza innovativo della serie di quest’anno. Vale a dire, il fatto che i protagonisti – a parte i principali, ma quelli di contorno – hanno problematiche giovanili: sono, per esempio, la ragazza madre che non accetta il bambino; il bambino che cresce; i rapporti affettivi tra l’adolescente o comunque tra giovani personaggi … Quindi, credo che il problema – come sempre – sia quello della identificabilità di un personaggio con il vissuto di chi sta guardando il programma.

    D. – Questo successo di un prodotto semplice come “Don Matteo”, per alcuni sarebbe frutto di una regressione intellettuale da parte del pubblico…

    R. – Non credo che sia frutto di una regressione. E’ il frutto di una compensazione, vale a dire: il pubblico d’oggi, soprattutto quello giovanile, è un pubblico che avverte molto il rischio di mancanza di speranza che attraversa la nostra società. E allora non si tratta di una regressione, ma di una forma di iniezione di elementi di speranza all’interno di un quadro che è fortemente negativo.

    D. – Il successo di “Don Matteo” quanto incide, da un lato, sulla società e quanto –dall’altro – rispecchia la società stessa?

    R. – L’incidenza – secondo me – è apprezzabile come può essere apprezzabile l’incidenza di un messaggio televisivo. Naturalmente, sono incidenze – queste – che hanno sempre il rischio di quello che i francesi chiamano “l’espace d’un matin”, cioè da un momento all’altro viene bruciata da un’altra fiction, da un’altra formazione che arriva magari anche il giorno dopo o addirittura pochi minuti dopo. Vi è oggi una domanda di purezza, di anti-corruzione – potremmo dire – di relazioni umane ispirate ad un criterio di amore e di solidarietà, che evidentemente hanno una presa sul pubblico.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    I vescovi del Regno Unito: i social network, un aiuto per chi soffre di depressione

    ◊   Sarebbe domani, 20 gennaio, il “Blue Monday”, ossia il giorno in cui chi soffre di depressione sente ancora di più la solitudine. Secondo gli studi scientifici, infatti, il terzo lunedì di gennaio è quello in cui si avverte più fortemente il peso del ritorno alla routine quotidiana, dopo le feste natalizie. Ed è anche quello in cui si vivono maggiormente le difficoltà economiche, soprattutto se a Natale si è dovuta fare qualche spesa extra per i regali. Di qui, l’esortazione lanciata dalla Conferenza episcopale inglese per non lasciare solo chi è depresso. “Gennaio – afferma in una nota mons. Richard Moth, responsabile del Progetto per la cura della salute mentale dei vescovi inglesi – può essere un mese difficile per molte persone. Un aiuto professionale, naturalmente, deve essere sempre richiesto, se necessario. Tuttavia, per molti basta un semplice gesto d’amore che allevi la solitudine”. In quest’ottica, continua il presule, “i social network e gli sms permettono a tutti di inviare, in modo semplice e immediato, un breve messaggio di vicinanza”. “Un piccolo gesto – sottolinea ancora mons. Moth – può fare la differenza nel mondo” e “portare luce là dove ci sono le tenebre”. A partire da lunedì prossimo, quindi, la Conferenza episcopale locale metterà a disposizione alcuni tweet che ciascun fedele potrà “ritwittare” ai propri follower: si tratterà di frasi brevi, ma significative, incentrate sulla speranza, sulla vicinanza di Dio a ogni uomo e sul conforto che può offrire il pregare insieme. Ulteriori riflessioni saranno pubblicate sulla pagina Facebook dei vescovi, compresa una breve preghiera per la giornata. (I.P.)

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    Thailandia: nel 2015 Simposio Chiese Asia su vita consacrata e nuova evangelizzazione

    ◊   “La vita consacrata al servizio della nuova evangelizzazione”: sarà questo il tema del quarto Simposio organizzato dalla Fabc (Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche) per il 2015. L’evento, in programma in Thailandia, probabilmente a Bangkok, dal 20 al 24 luglio del prossimo anno, intende raccogliere i frutti di due momenti forti della vita della Chiesa: il Sinodo generale dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione, svoltosi ad ottobre 2012, e l’Anno della vita consacrata, che si svolgerà proprio nel 2015 su decisione di Papa Francesco, come reso noto lo scorso novembre al termine dell’incontro con l’Unione dei Superiori generali. “Il Simposio – si legge nella lettera di convocazione, siglata da mons. Winston Fernando, presidente dell’Ufficio per la Vita consacrata della Fabc – è rivolto a vescovi, sacerdoti e religiosi di tutte le diocesi e di ogni Congregazione dell’Asia”. Ognuno di essi, inoltre, viene invitato a rispondere ad un breve questionario, diffuso on line sul sito web della Fabc. Articolato in otto brevi domande, il questionario chiede innanzitutto di riflettere sul significato di nuova evangelizzazione nell’ambito delle Chiese locali e delle esperienze personali di vita consacrata e religiosa. Quindi, si chiede di riportare esempi concreti di annuncio del Vangelo in epoca contemporanea, come la lotta alla tratta degli esseri umani o la tutela dell’ambiente. La terza domanda invita a elencare le sfide e gli ostacoli che si trovano nella nuova evangelizzazione, mentre le questioni seguenti riguardano i megatrends in Asia, come la globalizzazione, la povertà, l’ecologia o la libertà religiosa. L’ultima domanda, infine, chiede di suggerire metodi efficaci per valorizzare “il ruolo profetico della Chiesa” nei rapporti con lo Stato, la società civile, le altre Chiese e religioni. In base alle risposte a tale questionario, che dovranno pervenire entro la fine del febbraio 2014, verrà elaborato il documento preparatorio del Simposio, mentre al termine del prossimo ottobre è atteso l’Instrumentum laboris del convegno stesso. (I.P.)

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    Giornata del migrante, mons. Moraglia: "Vincere la cultura del pregiudizio"

    ◊   “La cultura del pregiudizio va vinta”, quando si è davanti al fenomeno sempre più importante delle migrazioni: lo ha detto il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia durante la Messa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, celebrata nel duomo di Mestre. Solo superando “il tarlo del preconcetto” ha proseguito il presule “si potrà guardare in modo nuovo al fenomeno delle migrazioni”. Nella sua omelia, il patriarca ha poi ricordato le parole di Papa Francesco che ha opposto la cultura “della solidarietà, dell’inclusione” a quella dello “scarto”. “L’accoglienza – ha concluso mons. Moraglia – è la risposta alla “globalizzazione dell’indifferenza” denunciata dal Santo Padre. (D.M.)

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    Pakistan: i talebani colpiscono una base dell'esercito, almeno 20 morti

    ◊   A Bannu, nel nord-ovest del Pakistan un attacco dei talebani contro le forze armate ha provocato almeno 20 morti e una trentina di feriti. Una bomba è esplosa all’interno di una base dell’esercito ed è stato colpito un veicolo su cui viaggiavano soldati incaricati delle operazioni contro i miliziani integralisti islamici della regione del Nord Waziristan. L’attacco è stato già rivendicato dai miliziani pakistani di Tehrik – i - Taliban, il cui portavoce, parlando al telefono da una località ignota, ha annunciato che il gruppo condurrà “altri attacchi simili” contro i militari dell’esercito governativo, considerato “un nemico”. L'agenzia Ansa ha però citato nelle ore successive un messaggio a firma dello stesso portavoce, in cui i talebani si definiscono pronti "a riaprire il dialogo con il governo, se esso potrà dimostrare di essere sincero". (D.M.)

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    Thailandia: esplode bomba durante manifestazione dell'opposizione, decine i feriti

    ◊   Ancora sangue a Bangkok, in Thailandia, dove una bomba è esplosa tra i manifestanti anti-governativi accampati nel centro della città. Il bilancio provvisorio, è di 28 feriti, tra cui sette gravi. Venerdì l’esplosione di una granata aveva provocato un altro morto e 35 feriti. Si aggravano dunque le tensioni nel Paese, dove da circa due mesi le manifestazioni di piazza chiedono le dimissioni del governo guidato da Yingluck Shinawatra, sorella dell’ex premier in esilio Thaksin. In risposta alle voci – diffuse negli ultimi giorni – di un possibile intervento di militari nell’arena politica, il capo delle forze armate Thanasak Patimapakorn ha invitato tutti al rispetto “di legge e ordine”, invitando le parti a sedersi ad un tavolo negoziale per “parlare e trovare una soluzione”. “Ora dobbiamo aiutarci gli uni gli altri nel prenderci cura della nostra nazione”, ha detto Thanasak. (D.M.)

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    Gaza: raid israeliano, colpito un esponente della Jihad Islamica

    ◊   Raid aereo israeliano a Gaza: secondo testimonianze provenienti dalla Striscia, un razzo lanciato da velivoli israeliani avrebbe colpito una moto; feriti due civili e colpito un esponente del movimento Jihad Islamica, Ahmed Saad. Le prime notizie ne avevano confermato la morte, ma, secondo altre fonti, l'uomo sarebbe ancora vivo, in stato di coma profondo. Saad, hanno riferito le autorità israeliane, sarebbe stato coinvolto nel lancio di razzi del 16 gennaio da Gaza verso la città di Ashqelon. Secondo fonti militari interpellate dall’agenzia Ansa, il militante stava progettando di compiere “altri attacchi nei prossimi giorni”. Sul tema è intervenuto anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che, rivolgendosi esplicitamente ai vertici di Hamas - al potere a Gaza - ha definito Israele "determinato a mantenere la calma nella regione". (D.M.)

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    Tanzania. La diocesi di Zanzibar celebra i 150 anni di fede cattolica

    ◊   Celebrazione solenne, questa domenica, nella diocesi di Zanzibar, in Tanzania, per i 150 anni dall’arrivo della fede cattolica, alla presenza di tutti i vescovi del Paese, dei leader di altre confessioni cristiane e dei rappresentanti dei musulmani. “La Chiesa – spiega il vescovo di Zanzibar, mons. Augustine Shao – ha sempre contribuito allo sviluppo della comunità, portando il suo aiuto specifico soprattutto nel settore dell’educazione, della sanità, e della promozione sociale”. In effetti, tutte le Chiese cristiane tanzaniane sono molto presenti nel settore sanitario e didattico: sin dall’inizio dell’evangelizzazione questa è stata la priorità per i missionari ed attualmente esse gestiscono la metà dei servizi sanitari e delle scuole secondarie del Paese. Formata da circa 11.600 cattolici, la diocesi di Zanzibar conta otto parrocchie ed è suffraganea dell’arcidiocesi di Dar-es-Salaam. Gli inizi dell’evangelizzazione della zona risalgono al XIX secolo: era, infatti, il 1863 quando i Padri dello Spirito Santo arrivarono nella regione. Prossimamente, dal 4 al 7 aprile, la Chiesa di Zanzibar, insieme a quella di tutta la Tanzania, sarà in Vaticano per la visita ad Limina con Papa Francesco. I precedenti incontri con un Pontefice risalgono tutti a Giovanni Paolo II che incontrò i presuli tanzaniani in Vaticano nel 1987 e nel 1996. A marzo del 2005, invece, essendo ricoverato al Gemelli, Papa Wojtyla inviò loro un messaggio scritto. (I.P.)

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    Zambia, mons. Phiri: la nuova Costituzione riequilibri i poteri

    ◊   Un riequilibrio dei poteri, attraverso un rafforzamento del ruolo dei rami legislativo e giudiziario nei confronti dell’esecutivo e del capo dello Stato: monsignor Benjamin Phiri, vescovo ausiliario di Chipata, dice alla Misna che la nuova Costituzione dovrebbe intervenire anzitutto su questo aspetto. Il testo, elaborato da un comitato tecnico nominato dal governo, non è stato ancora reso pubblico. Una circostanza, questa, che sta alimentando allo stesso tempo polemiche e speranze. E che lascia ipotizzare, azzarda il vescovo, la possibilità di contrasti su alcuni degli articoli più sensibili. “La riforma costituzionale – sottolinea monsignor Phiri – è un processo cominciato da tempo, ispirato anche dall’esigenza di limitare i poteri del presidente e renderlo una figura più rappresentativa dei vari orientamenti politici e sociali”. Secondo indiscrezioni diffuse dal portale di informazione Zambian Watchdog, la bozza messa a punto dal comitato prevedrebbe una modifica della legge elettorale. Per essere eletto il capo dello Stato potrebbe dover conquistare la maggioranza assoluta dei consensi espressi e non solo quella relativa, come accade adesso. “Sarebbe una novità positiva – sottolinea il vescovo – in grado di favorire un dialogo tra le forze politiche e sociali, obbligandole a stringere alleanze e cercare compromessi”. Un’esigenza particolarmente sentita in un paese dove l’inizio della realizzazione di una serie di progetti infrastrutturali, anzitutto nel settore delle comunicazioni e dei trasporti, non si è ancora tradotto in un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Il piano più ambizioso, Link 8000, prevede la costruzione di 8000 chilometri di strade asfaltate nell’arco di cinque anni. L’obiettivo è collegare le zone rurali al resto del paese, liberandone il potenziale economico. Il costo è stimato in oltre quattro miliardi di dollari. Per finanziare la realizzazione del progetto il governo ha emesso titoli di Stato per 580 milioni di dollari e in futuro potrebbe emetterne ancora. Monsignor Phiri parla di una scelta difficile, ricordando che il prossimo 24 ottobre lo Zambia festeggerà i 50 anni di indipendenza. “Da una parte – dice – un aumento del debito rischia di condizionare le scelte politiche e gravare sulle generazioni future; da un’altra i contadini delle zone più remote, come quelli della mia diocesi al confine con il Malawi, potrebbero riuscire a raggiungere i mercati e vendere i loro prodotti con meno difficoltà”.

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    La Chiesa del Venezuela celebra l'Anno Giubilare della Gioventù

    ◊   In Venezuela è iniziato il 14 gennaio scorso l’Anno Giubilare della Gioventù, proclamato dai vescovi del Paese nel bicentenario della Battaglia de La Vittoria, in cui numerosi giovani, tra cui universitari e seminaristi, sacrificarono la propria vita per la libertà della patria. Per i vescovi venezuelani l’Anno Giubilare è “occasione propizia per riconoscere il contributo e il protagonismo dei giovani nella nostra società, attraverso lo studio, il lavoro, i sacrifici, le gioie e le speranze”. L’Anno Giubilare si chiuderà il 12 febbraio del 2015, in occasione della Giornata Nazionale della Gioventù. Con questo giubileo, la Conferenza episcopale venezuelana vuole ribadire l’impegno della Chiesa per incoraggiare i giovani a seguire Gesù Cristo, accompagnarli nel loro cammino di fede, aiutarli nel discernimento vocazionale e motivarli a lavorare per i più bisognosi, arrivando “alle periferie del mondo”, come chiede Papa Francesco. Infine, i vescovi invitano l’Associazione venezuelana per l’educazione e tutte le istituzioni che lavorano per i giovani a partecipare attivamente alle iniziative proposte dalle Commissioni episcopali di pastorale giovanile e universitaria che coordinano le attività dell’Anno Giubilare. Ai giovani, i vescovi ricordano che “il miglior contributo che possono offrire, oggi, al Paese e alla Chiesa è la loro formazione e il loro impegno per la vita, la verità, la pace, la giustizia e la solidarietà”. (A. T.)

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    Cambogia. Il vicariato di Phnom Penh celebra il “Triennio della Carità”

    ◊   Rilanciare una riflessione sul futuro della Chiesa in Cambogia, sulla sua missione e, in particolare, sul suo ruolo profetico in un Paese alle prese con crescenti ingiustizie sociali e tensioni politiche e con le sfide della globalizzazione. Con questo obiettivo, il Vicario apostolico di Phnom Penh, mons. Olivier Schmitthaeusler, ha deciso di indire per il 2014-2016 il “Triennio della Carità”, durante il quale i fedeli della capitale cambogiana saranno chiamati a riflettere sulla domanda evangelica “Chi è il mio prossimo?”. Tre anni in cui – sottolinea il presule in una lettera pastorale sull’iniziativa – la Chiesa in Cambogia, con tutte le sue diversità culturali e sociali, dovrà dimostrare di sapere essere comunione e di essere capace di incarnarsi, come Cristo, in una società in rapida trasformazione, ma che resta allo stesso tempo radicata nelle sue tradizioni. Questi tre anni di preghiera e riflessione – aggiunge – devono essere un tempo di azione “perché la nostra fede agisca con la carità in tutti i settori della società”. In questo senso ogni fedele, in quanto battezzato, è chiamato a impegnarsi per gli ultimi, contro le ingiustizie e la corruzione dilaganti in Cambogia. Mons. Schmitthaeusler conclude quindi esortando i fedeli “ad amare, perdonare e servire perché ciascuno possa porre la sua piccola pietra nella costruzione di un mondo nuovo di Giustizia e Verità”. (L.Z.)

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    Indonesia, cresce la violenza dei gruppi integralisti islamici

    ◊   L’intolleranza e la violenza su base religiosa sono sempre più diffuse nel territorio indonesiano: nel 2013 si sono verificati 222 episodi di violenza, che hanno avuto luogo in 20 province, 7 in più rispetto alle 13 province interessate nel 2012. Lo afferma un nuovo rapporto del “Setara Institute”, centro studi con sede a Giacarta, che conduce ricerche e campagne di sensibilizzazione per la democrazia, i diritti umani, la libertà religiosa. Nel nuovo rapporto inviato all’Agenzia Fides, titolato “La diversità è possibile”, l’Istituto nota che, pur essendo diminuiti del 16% nel loro computo complessivo, i casi di violenza per motivi religiosi sono più estesi a livello territoriale. L’Istituto nota che è urgente risalire e sradicare le cause della violenza religiosa, ricordando che, nella mentalità comune del popolo indonesiano, i cittadini “accettano e apprezzano la diversità” culturale, etnica e religiosa che caratterizza la nazione. Secondo l’Istituto, “la maggiore diffusione della violenza è dovuta alla risposta lenta e inadeguata del governo” che non prende misure serie per contrastare i gruppi integralisti islamici. Per quanto riguarda gli autori delle violenze, il noto gruppo musulmano radicale “Islamic Defenders Front” (FPI) è stato responsabile di 16 incidenti, mentre ai giovani affiliati al “Consiglio degli Ulema” indonesiani sono attribuite 14 violazioni. Le violenze, nota il Rapporto, sono cresciute in special modo contro i musulmani sciiti, ma anche contro le altre minoranze, come i cristiani. Nel 2013 anche il “Wahid Institute”, altro noto centro studi, ha affermato che “l’intolleranza religiosa resta un problema serio in Indonesia”. Di fronte a tale situazione, la società civile indonesiana cerca di lanciare messaggi di altra natura: il 5 gennaio scorso oltre 130mila persone, soprattutto insegnanti, educatori, studenti, membri di diverse comunità religiose, hanno sfilato per le strade della capitale Giacarta, per ribadire il desiderio di tolleranza religiosa e rispetto dei diritti umani. Il corteo ha celebrato la prima “Giornata per l’Armonia religiosa” nazionale, organizzata dal Ministero federale degli Affari religiosi. La speciale Giornata è stata celebrata con marce o iniziative culturali in 17 province dell’arcipelago. L'Indonesia è il paese musulmano più popoloso al mondo, con l'80% di fedeli musulmani su oltre 240 milioni di abitanti. I cristiani sono circa l'11%.

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    Costa Rica. Appello della Chiesa per le elezioni del 2 febbraio: andate a votare

    ◊   Un appello contro l’astensionismo in vista delle prossime elezioni in Costa Rica, fissate per il 2 febbraio, è stato lanciato nei giorni scorsi dal vescovo eletto di San Isidro de El General, mons. Gabriel Enrique Montero Umaña. “Si dice che questa zona abbia il più alto indice di astensionismo”, ha ricordato il presule, e rivolgendosi in particolare ai cristiani li ha esortati affinché “facciano un serio discernimento dei candidati e vadano a votare”. Quelle che si terranno in Costa Rica – riferisce L’Osservatore Romano – saranno elezioni per eleggere il presidente del Costa Rica, i vicepresidenti e i membri dell’Assemblea legislativa. Per la prima volta, potranno votare i costaricani residenti fuori dal Paese (circa 200 mila). Anche i 50 mila immigrati con cittadinanza sono da considerare un gruppo decisivo per queste elezioni. Per sensibilizzare la popolazione sull’importanza del voto, lo scorso novembre i gruppi pastorali della Chiesa cattolica sono stati incaricati di promuovere incontri e dibattiti su un documento redatto dai presuli dal titolo “Rehabilitar la Politica”. Nella diocesi di Cartago, per esempio, il vescovo José Francisco Ulloa Rojas, ha promosso una serie di incontri con il coinvolgimento dei gruppi parrocchiali, che si concluderanno a fine mese, volti a spiegare i lati positivi del diritto al voto. In merito a tali incontri, il segretario esecutivo per la comunicazione della Conferenza episcopale del Costa Rica, padre William Rodríguez León, ha sottolineato che “tale lavoro è implicito leggendo le linee guida elaborate dalla Conferenza episcopale in cui si afferma: ‘I sacerdoti sono la voce dei vescovi nelle parrocchie’. Perciò, è naturale che essi contribuiscano alla promozione delle linee guida etiche incluse nel documento”. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 19

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.