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Sommario del 13/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al Corpo diplomatico: dalla chiusura solo distruzione, aprirsi alla cultura dell’incontro
  • Lettera del Papa ai neo-porporati: il cardinalato non è promozione, accoglierlo con umiltà e austerità
  • Concistoro. Mons. Capovilla: l'annuncio del Papa è "un raggio di luce sul tramonto della mia vita"
  • La gratitudine al Papa di mons. Bassetti: "Mi sento piccolo, ma la Chiesa ha fiducia in me"
  • Papa Francesco: l'amore di Dio aggiusta le nostre storie storte
  • Calendario delle celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa in gennaio e febbraio
  • Tweet del Papa: se il Signore bussa alla porta del cuore, non diciamo “Non disturbare”
  • Firma di un Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica del Camerun
  • Nomine di Papa Francesco
  • Una cena per i poveri: iniziativa della Parrocchia S. Anna in Vaticano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tensione in Egitto alla vigilia del voto sulla nuova Costituzione
  • La Tunisia aspetta la nuova Costituzione, a 3 anni dall'uscita di scena di Ben Ali
  • Myanmar ad un punto di svolta per cambiare la Costituzione in vista elezioni 2015
  • Forum associazioni cattoliche. Il card. Sepe: serve una politica attenta al bene comune
  • Azzardo: secondo gli esperti, aumentare le tasse sul gioco non è la soluzione
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Israele: l’ultimo saluto all’ex premier Sharon
  • Siria: fame e stenti tra i profughi a Yarmuk
  • Centrafrica. Appello dei vescovi: “Ristabilire le condizioni di sicurezza ed elezioni rapide”
  • Thailandia: migliaia di manifestanti bloccano Bangkok
  • Thailandia. La Chiesa sulle proteste: “L’esito sia pacifico”
  • Pakistan. Giovani di tutte le religioni chiedono giustizia, pace e tolleranza
  • Indonesia. A Sumatra le autorità bloccano la costruzione di cinque chiese
  • Filippine: nuovo allarme per traffico minorenni
  • Usa. I vescovi: eccessivo l'impegno militare nella lotta contro la droga in Messico
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al Corpo diplomatico: dalla chiusura solo distruzione, aprirsi alla cultura dell’incontro

    ◊   La chiusura porta sempre alla distruzione, promuovere la cultura dell’incontro. E’ l’esortazione rivolta da Papa Francesco ai membri del Corpo diplomatico presso la Santa Sede, incontrati stamani nella Sala Regia del Palazzo Apostolico per gli auguri di inizio anno. Dalla Siria al Centrafrica, dalla Nigeria all’Iraq, il Pontefice ha toccato nel suo lungo intervento tutte le aree che oggi soffrono a causa della violenza. Quindi, ha ribadito la necessità di combattere la “cultura dello scarto”, di aiutare i più deboli e in particolare i migranti ed ha levato un appello accorato affinché i bambini siano risparmiati dall’orrore dell’aborto, della guerra e della tratta degli esseri umani. Attualmente la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche piene con 180 Stati. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal decano del Corpo diplomatico, Jean-Claude Michel, ambasciatore del Principato di Monaco. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Apertura, incontro, fraternità. Sono i tre perni intorno a cui ha ruotato il discorso di Papa Francesco al Corpo diplomatico, una sorta di “road map” globale per la pace e i diritti umani. Il Pontefice ha subito sottolineato che vanno sostenute le persone più deboli: gli anziani, che troppe volte sono considerati un peso e i giovani, che devono essere aiutati a trovare un lavoro, per non spegnerne l’entusiasmo. Né ha mancato di chiedere politiche di sostegno alla famiglia. Quindi, ha messo l’accento sul tema a lui caro della cultura dell’incontro:

    “La chiusura e l’isolamento creano sempre un’atmosfera asfittica e pesante, che prima o poi finisce per intristire e soffocare. Serve, invece, un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli di comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace”.

    Lo confermano, ha detto il Papa, “le immagini di distruzione e di morte che abbiamo avuto davanti agli occhi nell’anno appena trascorso”. Il Papa, che ha citato numerosi suoi Predecessori, si è quindi soffermato sulle situazioni più drammatiche nel mondo a partire dalla Siria per la quale ha chiesto ancora una volta la fine del conflitto. Il Pontefice ha, inoltre, ringraziato quanti hanno partecipato alla Giornata di preghiera da Lui indetta per la pace nel Paese:

    “Occorre ora una rinnovata volontà politica comune per porre fine al conflitto. In tale prospettiva, auspico che la Conferenza 'Ginevra 2', convocata per il 22 gennaio p.v., segni l’inizio del desiderato cammino di pacificazione. Nello stesso tempo, è imprescindibile il pieno rispetto del diritto umanitario. Non si può accettare che venga colpita la popolazione civile inerme, soprattutto i bambini”.

    Il Papa ha avuto parole di incoraggiamento per i tanti profughi siriani, elogiando lo sforzo dei Paesi, come Libano e Giordania, che li hanno accolti generosamente. Sempre rimanendo nel Medio Oriente, il Papa ha espresso preoccupazioni per l’acuirsi dei contrasti nel Paese dei Cedri, instabilità che vive anche l’Egitto e l’Iraq. Il Papa ha invece espresso soddisfazione per i progressi compiuti nel dialogo tra l’Iran e il Gruppo 5+1 sulla questione nucleare. Quindi, ha incoraggiato gli sforzi per la pace tra israeliani e palestinesi:

    “In questo senso è positivo che siano ripresi i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi e faccio voti affinché le Parti siano determinate ad assumere, con il sostegno della Comunità internazionale, decisioni coraggiose per trovare una soluzione giusta e duratura ad un conflitto la cui fine si rivela sempre più necessaria e urgente”.

    Papa Francesco ha poi rivolto il pensiero all’esodo dei cristiani dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Essi, ha osservato, “desiderano continuare a far parte dell’insieme sociale, politico e culturale dei Paesi che hanno contribuito ad edificare”:

    “... i cristiani sono chiamati a dare testimonianza dell’amore e della misericordia di Dio. Non bisogna mai desistere dal compiere il bene anche quando è arduo e quando si subiscono atti di intolleranza, se non addirittura di vera e propria persecuzione”.

    Con grave preoccupazione, il Papa ha parlato della Repubblica Centrafricana, dove la popolazione soffre a causa di tensioni “che hanno seminato a più riprese distruzione e morte”. Ed ha chiesto con forza “l’interessamento della Comunità internazionale” affinché “contribuisca a far cessare le violenze, a ripristinare lo stato di diritto e a garantire l’accesso degli aiuti umanitari” nel Paese. Da parte sua, ha ribadito, la Chiesa cattolica “continuerà ad assicurare la propria presenza e collaborazione” per aiutare la popolazione e per “ricostruire un clima di riconciliazione e di pace”. Un binomio, questo, ha detto, che è una priorità fondamentale "anche in altre parti del Continente africano". Ancora, ha parlato della difficile situazione in Nigeria, Mali, Sud Sudan dove si vive una nuova emergenza umanitaria. Il Papa ha così rivolto lo sguardo all’Asia, auspicando il dono della riconciliazione per la Penisola coreana ed ha esortato alla convivenza pacifica nel Continente tra le diverse componenti civili, etniche e religiose:

    “Occorre incoraggiare tale reciproco rispetto, soprattutto di fronte ad alcuni preoccupanti segnali di un suo indebolimento, in particolare a crescenti atteggiamenti di chiusura che, facendo leva su motivazioni religiose, tendono a privare i cristiani delle loro libertà e a mettere a rischio la convivenza civile”.

    La pace, ha del resto osservato, è ferita dovunque la dignità umana viene negata, prima fra tutte dalla “impossibilità di nutrirsi in modo sufficiente”. Ed ha avvertito che “non possono lasciarci indifferenti i volti di quanti soffrono la fame, soprattutto dei bambini. Oggi, ha poi constatato con amarezza, non sono scartati solo il cibo o i beni, ma vengono scartati "gli stessi esseri umani, “come fossero cose non necessarie”:

    “Ad esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto, o quelli che vengono utilizzati come soldati, violentati o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro l’umanità”.

    Il Papa ha, così, ricordato la sua visita a Lampedusa, chiedendo accoglienza per i migranti, in particolare per i tanti costretti a fuggire dalle violenze e dalla carestia nel Corno d’Africa e nella Regione dei Grandi Laghi. Il Papa, Vescovo di Roma, non ha quindi mancato di levare un augurio particolare per l’Italia:

    “Auguro al popolo italiano, al quale guardo con affetto, anche per le comuni radici che ci legano, di rinnovare il proprio encomiabile impegno di solidarietà verso i più deboli e gli indifesi e, con lo sforzo sincero e corale di cittadini e istituzioni, di superare le attuali difficoltà, ritrovando il clima di costruttiva creatività sociale che lo ha lungamente caratterizzato”.

    Il discorso di Papa Francesco si è concluso con la vicinanza alle vittime del tifone Hayan, nelle Filippine e nel Sud Est asiatico, e con un appello al rispetto del Creato. Anche “l’avido sfruttamento delle risorse ambientali”, è stato il suo monito, rappresenta una ferita alla pace.

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    Lettera del Papa ai neo-porporati: il cardinalato non è promozione, accoglierlo con umiltà e austerità

    ◊   “Il Cardinalato non significa una promozione, né un onore, né una decorazione; semplicemente è un servizio che esige di ampliare lo sguardo e allargare il cuore”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco in una lettera indirizzata ai 19 nuovi cardinali, di cui ha annunciato ieri la nomina. “Benché sembri un paradosso – si legge nel documento - questo poter guardare più lontano e amare più universalmente con maggiore intensità si può acquistare solamente seguendo la stessa via del Signore: la via dell’abbassamento e dell’umiltà, prendendo forma di servitore”. “Ti chiedo, per favore – scrive il Papa rivolgendosi a ciascuno dei nuovi cardinali – di ricevere questa designazione con un cuore semplice e umile”. E, aggiunge, “sebbene tu debba farlo con gaudio e con gioia, fa’ in modo che questo sentimento sia lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà e povertà”. Il Papa conclude con un "arrivederci" ai cardinali “al prossimo 20 febbraio”, in cui ci saranno “due giorni di riflessione sulla famiglia”. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Concistoro. Mons. Capovilla: l'annuncio del Papa è "un raggio di luce sul tramonto della mia vita"

    ◊   Tra i nuovi cardinali c’è anche mons. Loris Francesco Capovilla, già segretario particolare di Giovanni XXIII. L'elevazione alla porpora dell'arcivescovo, oggi 98enne, giunge nell'anno della canonizzazione di Papa Roncalli che sarà proclamato santo il prossimo 27 aprile. Ascoltiamo mons. Capovilla al microfono di Paolo Ondarza:

    R. - L’annuncio a me è arrivato assolutamente improvviso ed inatteso. Sono molto legato al Papa, come sono stato educato fin da ragazzo nel mio seminario di Venezia, e non solo con l’affetto, ma con la mente e con la mia piccola azione, che ho cercato di fare lungo il corso della mia lunga vita e nei miei 74 anni di sacerdozio. Mi ha preso all’improvviso! Sono rimasto stupito e ho detto: “Anche io voglio ripetere quello che un bergamasco, fatto cardinale, ha scritto e ha voluto che fosse messo nel suo stemma gentilizio ‘Sola gratia tua’”. Se è stato fatto questo riconoscimento, se è venuta anche questa creazione come un raggio di luce sul tramonto della mia vita, lo devo solo alla bontà di Papa Giovanni, ai suoi esempi e alla sua santità, e alla bontà e alla amabilità di Papa Francesco, che ha guardato ad un vecchio prete e ha creduto di onorare in me tutti i sacerdoti più umili, che hanno servito in silenzio. Mi sono sempre considerato un "facchino di Dio" e mi sono sentito piccolo tra i piccoli. Ho servito e finché Dio mi lascia qui continuerò a servire, ad amare, a credere all’unità della famiglia umana. Grazie tante!

    D. - C’è un pensiero che vorrebbe rivolgere al Papa?

    R. - Che devo dire? “Ineffabile gratitudine”, perché ineffabile è un qualcosa che non si sa esprimere e non so esprimere in pieno i sentimenti del mio animo. Glielo scriverò naturalmente, ma non so dire altro!

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    La gratitudine al Papa di mons. Bassetti: "Mi sento piccolo, ma la Chiesa ha fiducia in me"

    ◊   Grande attenzione ha suscitato l’annuncio dato dal Papa della nomina di 19 nuovi cardinali che riceveranno la porpora nel Concistoro del 22 febbraio prossimo, festa della Cattedra di San Pietro. Gratitudine al Santo Padre e sorpresa per l’arcivescovo di Perugia–Città della Pieve, mons. Gualtiero Bassetti, a cui sono giunti gli auguri di tutta la diocesi e dei frati d’Assisi. 160 anni fa l’ultimo vescovo perugino creato cardinale era mons. Gioacchino Pecci, divenuto poi Papa Leone XIII, autore della Rerum Novarum. Al microfono di Paolo Ondarza, mons. Bassetti spiega come ha accolto la notizia:

    R. - Direi che l’ho accolta male perché stavo amministrando le Cresime in una grande parrocchia. Alle 13.15 è finita la Cresima quando sono andato in sacrestia per spogliarmi ed è arrivata una signora tutta trafelata: “Eminenza, Eminenza, il Papa l’ha fatta cardinale!”. Siccome era qualche giorno che i giornali facevano le loro solite supposizioni ho detto: “Ma date retta ai giornali? Pensate alle cose serie! Abbiamo fatto la Cresima, è disceso lo Spirito Santo! Basta con queste chiacchiere!". Poi sono salito in macchina per andare a pranzo alla casa del parroco. Ecco che arriva un’altra telefonata, ma dico: “Basta!”. Ero sicuro che non fosse vero anche perché non era arrivato nessun biglietto…

    D. - La gente della sua diocesi ha accolto con grande festa questa notizia. Dopo 160 anni un altro vescovo perugino!

    R. - La gente è fuori di sé dalla contentezza proprio perché rivedono il Pontificato di Papa Leone quando era il cardinal Pecci qui a Perugia: fu pastore veramente secondo il cuore del nostro Papa Francesco. Un pastore che si interessava dei problemi della gente. La Rerum Novarum l’ha scritta proprio con l'esperienza che aveva fatto come pastore. Sono pieno di gratitudine al Signore, non per la mia persona che so veramente quanto poco valga, ma per la fiducia del Papa, per poterlo aiutare più da vicino e soprattutto per l'affetto che il Papa ha dimostrato nei confronti della nostra piccola regione, in particolare di Perugia. Ha privilegiato anche i piccoli, non soltanto quelle che sono le sedi tradizionali, ma ha voluto chinarsi anche sui piccoli. L’entusiasmo che c'è a Perugia, ma anche a Firenze, perché io vengo da Firenze, è dovuto al fatto che vedono la vicinanza del Papa all'Umbria per il motivo del suo nome, per l’affetto a san Benedetto e san Francesco. E’ un momento veramente di grande entusiasmo!

    D. - Questa notizia che cosa significa per la sua storia vocazionale, per la sua vita?

    R. - Significa un'ulteriore meraviglia, mi sento veramente piccolo e sento che nella Chiesa hanno sempre avuto la fiducia in me e mi hanno dato degli incarichi oltre le mie possibilità: così come quando fui nominato giovane vescovo di Massa Marittima, quando Giovanni Paolo II mi mandò ad Arezzo e Benedetto XVI mi mandò a Perugia... Io di fronte a queste nomine ho sempre sentito come qualche cosa che sottolineava la mia inadeguatezza e la fiducia della Chiesa del Signore nel poco che sono. E adesso sono ancora più confuso di fronte a questa responsabilità grande perchè un cardinale ha una responsabilità diretta nel governo della Chiesa.

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    Papa Francesco: l'amore di Dio aggiusta le nostre storie storte

    ◊   L’amore di Dio aggiusta i nostri sbagli, le nostre storie di peccatori, perché il Signore non ci abbandona mai, anche se noi non capiamo il suo amore: è quanto ha affermato il Papa celebrando stamane la Messa a Santa Marta in questo primo lunedì del Tempo ordinario. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Gesù chiama Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni: stanno pescando, ma lasciano subito le reti e lo seguono. Commentando il Vangelo del giorno, il Papa sottolinea che il Signore vuole preparare i suoi discepoli alla loro nuova missione. “E’ proprio di Dio, dell’amore di Dio” – afferma Papa Francesco – “preparare le strade … preparare le nostre vite, per ognuno di noi. Lui non ci fa cristiani per generazione spontanea: Lui prepara! Prepara la nostra strada, prepara la nostra vita, da tempo”:

    “Sembra che Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni siano stati qui definitivamente eletti, sì sono stati eletti! Ma loro in questo momento non sono stati definitivamente fedeli! Dopo questa elezione hanno sbagliato, hanno fatto proposte non cristiane al Signore: hanno rinnegato il Signore! Pietro in grado superlativo, gli altri per timore: sono spaventati e sono andati vita. Hanno abbandonato il Signore. Il Signore prepara. E poi, dopo la Resurrezione, il Signore ha dovuto continuare questo cammino di preparazione fino al giorno di Pentecoste. E dopo Pentecoste anche qualcuno di questi - Pietro, per esempio - ha sbagliato e Paolo ha dovuto correggerlo. Ma il Signore prepara”.

    Così – prosegue il Papa - il Signore “ci prepara da tante generazioni”:

    “E quando le cose non vanno bene, Lui si immischia nella storia e arrangia la situazione e va avanti con noi. Ma pensiamo alla genealogia di Gesù Cristo, a quella lista: questo genera questo, questo genera questo, questo genera questo… In quella lista di storia ci sono peccatori e peccatrici. Ma come ha fatto il Signore? Si è immischiato, ha corretto la strada, ha regolato le cose. Pensiamo al grande Davide, un grande peccatore e poi un grande santo. Il Signore sa! Quando il Signore ci dice ‘Con amore eterno, Io ti ho amato’ si riferisce a questo. Da tante generazioni il Signore ha pensato a noi, a ognuno di noi!”.

    “Mi piace pensare – afferma Papa Francesco - che il Signore abbia i sentimenti della coppia che è in attesa di un figlio: lo aspetta. Ci aspetta sempre in questa storia e poi ci accompagna durante la storia. Questo è l’amore eterno del Signore; eterno, ma concreto! Anche un amore artigianale, perché Lui va facendo la storia, va preparando la strada a ognuno di noi. E questo è l’amore di Dio” che “ci ama da sempre e mai ci abbandona! Preghiamo il Signore di conoscere questa tenerezza del suo cuore”. E questo – osserva - è “un atto di fede” e non è facile credere questo:

    “Perché il nostro razionalismo dice: ‘Ma come il Signore, con tante persone che ha, pensa a me? Ma ha preparato la strada a me!'. Con le nostre mamme, le nostre nonne, i nostri padri, i nostri nonni e bisnonni… Il Signore fa così. E’ questo il suo amore: concreto, eterno e anche artigianale. Preghiamo, chiedendo questa grazia di capire l’amore di Dio. Ma non si capisce mai! Si sente, si piange, ma capirlo di qua, non si capisce. Anche questo ci dice quanto grande è questo amore. Il Signore che ci prepara da tempo, cammina con noi, preparando gli altri. E’ sempre con noi! Chiediamo la grazia di capire col cuore questo grande amore”.

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    Calendario delle celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa in gennaio e febbraio

    ◊   E’ stato pubblicato il calendario delle celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa in gennaio e febbraio. Domenica 19 gennaio si recherà alle 16.00 in visita pastorale alla Parrocchia romana del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio. Sabato 25 gennaio, il Papa presiederà, a partire dalle 17.30, la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura in occasione della Solennità della Conversione di San Paolo. Domenica 2 febbraio presiederà nella Basilica Vaticana, alle 10.00, la Santa Messa con i membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica, nella Festa della Presentazione del Signore e nella XVIII Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Domenica 16 febbraio, alle 16.00, visita pastorale alla Parrocchia romana di San Tommaso Apostolo. Sabato 22 febbraio, Solennità della Cattedra di San Pietro, presiederà nella Basilica di San Pietro, alle 11.00, il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di nuovi cardinali. Infine, domenica 23 febbraio, celebrerà alle 10.00 nella Basilica di San Pietro la Santa Messa con i nuovi cardinali.

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    Tweet del Papa: se il Signore bussa alla porta del cuore, non diciamo “Non disturbare”

    ◊   “Il Signore bussa alla porta del nostro cuore. Forse noi abbiamo messo un piccolo cartello con scritto: Non disturbare?”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account @Pontifex, seguito da oltre 11 milioni di follower.

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    Firma di un Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica del Camerun

    ◊   Nella sede del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica del Camerun a Yaoundé è stato firmato, oggi, l’Accordo-quadro tra la Santa Sede e la Repubblica del Camerun sullo statuto giuridico della Chiesa cattolica nel Camerun. Per la Santa Sede ha firmato mons. Piero Pioppo, nunzio apostolico in Camerun, e per la Repubblica del Camerun, Pierre Moukoko Mbondjo, ministro degli Affari Esteri.

    L’Accordo, costituito da 9 articoli, disciplina le relazioni fra la Chiesa e lo Stato, i quali, nel quadro dell’indipendenza e dell’autonomia di ciascuno, si impegnano ad operare insieme per il benessere morale, spirituale e materiale della persona umana e per la promozione del bene comune. Il documento è entrato in vigore all’atto della firma, ai sensi dell’articolo 9 dell’Accordo medesimo.

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    Nomine di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha eretto l’Esarcato Apostolico per i fedeli maroniti residenti nell’Africa Occidentale e Centrale, con sede ad Ibadan in Nigeria, e ha nominato il rev.do Simon Faddoul, finora presidente di Caritas-Libano all'ufficio di primo Esarca Apostolico, senza carattere episcopale. Inoltre, il Papa ha nominato il rev.do Simon Faddoul, Esarca Apostolico per i fedeli maroniti residenti nell’Africa Occidentale e Centrale, all’ufficio di Visitatore Apostolico per i fedeli maroniti nell’Africa Meridionale.

    Il Santo Padre ha nominato mons. Georges Chihane, vescovo eparchiale del Cairo e del Sudan dei Maroniti, all’ufficio di Visitatore Apostolico per i fedeli maroniti residenti nei Paesi del Nord Africa non compresi nel suo territorio eparchiale.

    Papa Francesco ha nominato mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo emerito di Mossul e vescovo della Curia Patriarcale Siro-Cattolica, all’ufficio di Visitatore Apostolico per i fedeli Siri residenti in Europa Occidentale.

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    Una cena per i poveri: iniziativa della Parrocchia S. Anna in Vaticano

    ◊   Un’iniziativa solidale che vuole rispondere all’invito di Papa Francesco ad avere attenzione per poveri. Ad organizzarla i gestori di un bar nei pressi del Vaticano insieme alla Pontificia parrocchia di Sant’Anna, che stasera prepareranno una cena per un centinaio di poveri. L’iniziativa vuole essere un momento di amicizia e di condivisione fraterna per le tante persone che la Caritas parrocchiale aiuta durante tutto l’arco dell’anno. Molti di loro - racconta il parroco di S. Anna, padre Bruno Silvestrini - bussano alla porta della comunità agostiniana e degli uffici parrocchiali per chiedere sostegno economico e morale. Tra i commensali ci sarà anche l’arcivescovo Konrad Krajewski, Elemosiniere di Papa Francesco. Tiziana Campisi ha intervistato mons. Francesco Gioia, presidente della Peregrinatio ad Petri Sedem, tra gli organizzatori della cena solidale:

    R. - Da 20 anni, presso famiglie amiche, organizzo in maniera sempre molto riservata, cene o pranzi per i poveri dei vari quartieri di Roma. Quest’anno la Provvidenza ha disposto che si dichiarasse disponibile il “Bar Moretto”, davanti all’entrata del Vaticano, perché i gestori sono miei amici, sensibili da anni verso i poveri e verso i missionari. I poveri invitati di questa sera – circa un centinaio – sono quelli che il padre agostiniano Bruno Silvestrini, parroco della pontificia parrocchia di Sant’Anna, accoglie ed aiuta tutti i giorni con grande carità, assistendoli tramite la Caritas parrocchiale. Queste esperienza accanto ai poveri – lo dico convinto – fa scoprire in loro dei valori che si ignorano. Alla fine, dopo aver parlato con loro un po’ di tempo, anche per pochi minuti, ci si accorge che loro diventano i nostri maestri di vita.

    D. - Chi sono queste persone? Lei le conosce?

    R. - Sono alcuni barboni che dormono nei pressi dei palazzi vaticani; sono quelle che io incontro tutti i giorni nella parrocchia di Sant’Anna! Ecco, sono quelli! Dobbiamo ringraziare il Papa per averci sensibilizzato nel metterci al servizio dei poveri.

    D. - C’è qualche storia particolare che vuole segnalarci?

    R. - Ne avrei una. Una persona che incontro tutti i giorni, la mattina, la sera ... Mi aspetta. Quando faccio il gesto di dargli qualcosa, mi dice: “No! No!”. Altre volte, è lui a chiedere. Se poi do una banconota, mi dice che è troppo! Mi ha raccontato questo: “Mi hanno detto: perché non vai in un convento a fare il frate?” E lui ha commentato – facendomi vergognare -: “Ma io se vado in un convento trovo da mangiare tre volte al giorno, ho una stanza riscaldata, ho tutti i comfort. Io invece vivo sotto il cielo!” Quando lo incontro – e lo sento dentro di me - da una parte mi dà pace, dall’altra mi agita!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, “La via maestra della pace”; durante l’udienza al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che si è svolta nella Sala Regia, il Papa ha chiesto soluzioni negoziali ai conflitti in corso e auspicato la fine delle violenze in Siria, nella regione mediorientale e in Africa; un appello a non restare indifferenti di fronte alle tragedie della fame, dell’emigrazione, della tratta degli esseri umani, delle catastrofi ambientali.

    Sotto, sempre in prima pagina, l’editoriale del direttore, “Politica papale” e, nel fogliettone, “Ore cruciali per la conferenza sulla Siria”, dedicato all'incontro a Parigi tra Brahimi, Kerry e Lavrov per tentare di sciogliere i nodi diplomatici più intricati.

    Nelle pagine della Cultura, "Quanta preghiera nel rock", di Gaetano Vallini, sul profondo senso religioso che emerge da molte canzoni di Bruce Springsteen; di spalla, a pagina 4 "Conflitto culturale" di Enrico Reggiani, sulla traduzione in italiano di «Come Rack! Come Rope!» di Robert Hugh Benson. Nella pagina seguente "Nelle profondità dell’anima" un articolo di Lucetta Scaraffia dedicato alla mostra sull'opera di Vassily Kandinsky in corso al Palazzo Reale di Milano; “La Chiesa che guarda al mondo” di Silvia Guidi, una rassegna dei commenti apparsi sui media dopo l'Angelus di domenica scorsa e l'annuncio delle prossime nomine cardinalizie; e “Sull’orlo dell’assoluto” di Federico Mazzocchi sull’opera poetica di Luigi Fallacara, traduttore di Angela da Foligno e amico di Carlo Bo e Dino Campana.

    A pagina 8, l'annuncio del Concistoro al termine dell’Angelus nella Festa del Battesimo del Signore, il testo della lettera che il Papa ha inviato ai futuri cardinali, e “Come anelli di una catena”, la breve omelia pronunciata a braccio domenica mattina, in occasione del Battesimo di trentadue neonati nella Cappella Sistina.


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    Oggi in Primo Piano



    Tensione in Egitto alla vigilia del voto sulla nuova Costituzione

    ◊   In Egitto sale nuovamente la tensione alla vigilia del referendum sulla nuova Costituzione che si terrà domani e dopodomani. I sostenitori del deposto presidente Morsi hanno invitato a manifestare e boicottare il voto. La Carta Fondamentale prevede un rafforzamento dei poteri dei militari e l'esclusione di partiti pro-islamici. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana Difesa:

    R. - La previsione, che non hanno mancato di sottolineare diversi analisti, è che il “sì” passi anche come una larghissima maggioranza. L’Egitto sta tornando a quello che era prima, ovvero un regime dove il potere principale in termini politici - soprattutto per ciò che riguarda le questioni politiche di sicurezza e di difesa - sono i militari. Del resto la stessa Costituzione, sottoposta a referendum, è molto chiara, laddove afferma che per i prossimi otto anni il ministro della Difesa comunque sarà nominato dalle autorità militari; il budget dei militari stessi sarà posto fuori dal controllo delle future autorità civili; e, in generale, la nuova Costituzione riporta in auge quello che era sempre stato il potere dei militari dall’indipendenza, dopo la Seconda guerra mondiale, e dopo l’emancipazione dal dominio coloniale britannico. Per cui qualche secolo fa si sarebbe chiamata “restaurazione” e adesso si chiama in un altro modo.

    D. - In questo contesto, il comandante dell’esercito e ministro della Difesa ribadisce che si candiderà alle prossime presidenziali, se il popolo lo vorrà…

    R. - Credo sia un esito logico e naturale rispetto ad un percorso di un anno che ha portato il generale Abdel Fattah al Sisi a diventare la principale autorità politica in Egitto. Del resto il generale al Sisi ha dalla sua il supporto degli Stati del Golfo, in particolare dell’Arabia Saudita, che è il nuovo padrino politico della transizione post-Mubarak; ha dalla sua, tutto sommato, la non voluta opposizione della Casa Bianca; e la freddezza e l’indifferenza delle potenze europee: per cui al Sisi si prepara a candidarsi, a vincere le future presidenziali egiziane, a fare quello che faceva Mubarak; e, prima di Mubarak, faceva Sadat; e, prima di Sadat, faceva Nasser.

    D. - Ricordando anche che i militari da sempre detengono anche il controllo dell’economia del Paese…

    R. - Il vero cortocircuito che c’è stato tra le autorità interinali egiziane e la Fratellanza musulmana è stato proprio - un anno fa - sulle questioni economiche. In sostanza la Fratellanza musulmana ha fatto quello che non doveva fare: ha toccato gli interessi economici della classe militare egiziana. Questa era una "soglia rossa" che Morsi ha oltrepassato e che, di fatto, ha portato alla fine politica di Morsi, riportando la Fratellanza musulmana entro quei confini in cui i regimi militari pretendenti la avevano tradizionalmente e sempre tenuta.

    D. - Cosa rimane della rivoluzione del 25 gennaio, che aveva portato invece alla deposizione del regime di Mubarak?

    R. - Credo sostanzialmente che non resti niente! Se allarghiamo il discorso a tutto il Medio Oriente, a tutto il Nord Africa, credo che delle rivolte della primavera del 2011 non resti nulla di più! In Libia abbiamo un Paese dilaniato dalla lotta tra le fazioni, separato di fatto ormai in tre macroregioni, quella del Fezzan, della Tripolitania e della Cirenaica; in Tunisia il governo riesce ad esercitare la propria autorità a mala pena sulla capitale, mentre il Sud del Paese è fuori controllo; in Siria sappiamo tutti quello che è successo. Per cui di quella ondata che era nata sulla spinta del grande discorso di Obama all’Università al-Azhar del Cairo del 2009 sostanzialmente non rimane niente!

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    La Tunisia aspetta la nuova Costituzione, a 3 anni dall'uscita di scena di Ben Ali

    ◊   Ricorre, domani, in Tunisia il terzo anniversario della rivolta che, di fatto, portò all’uscita dalla scena politica di Zine El-Abidine Ben Ali: il 14 gennaio 2011, infatti, sotto la pressione popolare e in un clima di violenza generale, il presidente abbandonò il Paese e riparò all’estero. La Tunisia vive ora un momento politico e sociale cruciale. Al premier Ali Laarayedh, esponente del partito islamico Ennahda, è succeduto nei giorni scorsi un incarico tecnico a Medhi Jomaa, con il compito di traghettare il Paese alle elezioni, previste entro fine anno. L’Assemblea costituente - eletta a ottobre 2011 - si era data come obiettivo l’approvazione dei 10 capitoli della nuova Costituzione entro domani. Ma un clima politico avvelenato, l’ascesa di gruppi jihadisti armati e un conflitto sociale ancora in atto hanno rallentato i lavori. Giada Aquilino ne ha parlato con Marcella Emiliani, giornalista e scrittrice che ha seguito l’evolversi della "primavera araba":

    R. - C’è al momento l’incapacità politica di Ennahda – il partito che ha vinto le elezioni nel 2011 – di dar risposte ai due più grossi problemi del Paese: il problema economico e quello della sicurezza. In questi tre anni la sicurezza per i cittadini tunisini è diminuita di giorno in giorno, perché Ennahda si è trovata ad essere sotto il fuoco di fila sia dell’opposizione laica – o di sinistra – sia dei salafiti. Quella salafita è una formazione che è stata ormai accusata non solo dell’assalto due anni fa al consolato americano ma, soprattutto per quanto riguarda la situazione interna, ai salafiti sono stati imputati i due assassini politici che hanno avvelenato ancor più il clima della Tunisia: quelli dei due esponenti dell’opposizione - Chokri Belaid nel febbraio e Mohamed Brahimi nel luglio del 2013 - che si opponevano maggiormente ad una deriva islamista nel Paese. Il tutto favorisce chiaramente chi è interessato a seminare il caos in Tunisia. Per cui la situazione è grave, ma finché la crisi economica rimarrà irrisolta la gioventù sarà sempre più tentata di ascoltare le sirene degli agitatori.

    D. – Al momento, all’Assemblea Costituente è saltata l’approvazione di due articoli: uno che prevede che il premier definisca la politica generale dello Stato e ne garantisca l’attuazione; l’altro relativo ai requisiti per la carica di presidente. In particolare si dice che la candidatura “è un diritto per ogni elettore ed elettrice tunisino di nascita, la cui religione è l’Islam”, con un’età compresa tra i 40 ed i 75 anni…

    R. – Qui si deve decidere se la presidenza sarà una presidenza esecutiva, oppure no cioè una presidenza all’americana o all’italiana, per fare un esempio. Le opposizioni non vogliono che si concentri troppo potere in una carica sola, venendo da esperienze di due dittature, quella di Burguiba e quella di Ben Ali. Secondariamente, l’obiezione dell’opposizione è che in questo momento - nonostante il calo di popolarità - sono le formazioni di tipo islamico ad avere ancora una maggioranza di consensi, per cui si vuole anche evitare che facciano l’en plein di cariche sia a livello di presidenza della repubblica, sia a livello di premierato.

    D. – Nei giorni scorsi, invece, è stato approvato l’articolo che introduce il principio della parità tra uomini e donne nelle cariche elettive politiche ed amministrative. Che segnale è?

    R. – E’ un segnale molto buono. Va detto che la Tunisia, in virtù della sua primissima Costituzione, aveva già stabilito questa parità, ma non la parità assoluta. Diciamo che nel mondo arabo questo è un segnale fortissimo. Però il punto fondamentale rimane questo: quanto e come l’Islam debba essere la radice del diritto. È su quello che c’è lo scontro più profondo. La cosa interessante del caso tunisino è che non essendoci un esercito potente come quello che c’è in Egitto - che ha dimissionato il presidente eletto Morsi – chi si fa carico della mediazione politica tra l’opposizione laica e l’universo islamista è la centrale sindacale – l’Unione Generale dei Lavoratori Tunisini – che è quella che ha dato il via alla "Primavera dei gelsomini", che tutt’oggi gioca un ruolo politico molto importante.


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    Myanmar ad un punto di svolta per cambiare la Costituzione in vista elezioni 2015

    ◊   Prosegue il cammino di democratizzazione in Myanmar, in vista delle elezioni generali del 2015. E, c’è attesa per la proposta dal partito USDP (Partito dell’Unione per la solidarietà e lo sviluppo al governo) all'esecutivo di emendare la Costituzione del 2008 approvata sotto il passato regime militare, che vieta la candidatura di cittadini con coniugi o figli di altra nazionalità. Questo permetterebbe al Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi di presentarsi al voto. Quali prospettive dunque si aprono? Roberta Gisotti ha girato la domanda a Roberto Tofani, giornalista, fondatore del sito “sudestasiatico.com”:

    R. - Innanzitutto, come ha detto la stessa Suu Kyi, bisognerà attendere per vedere se queste riforme verranno fatte o meno. In questa settimana e anche per il resto del mese di gennaio e nei primi di febbraio, Suu Kyi sarà in tour, anche nelle zone più remote del Paese, proprio per parlare di Costituzione, di emendamenti, di possibilità future, perché lei - come leader di Lega Nazionale per la Democrazia - naturalmente ha sottolineato il fatto che questa Costituzione, finché non sarà cambiata, non rappresenta un Paese democratico. Oltre al fatto che vieta a lei - come ad altri cittadini con le sue stesse caratteristiche - di potersi candidare alla presidenza, mantiene fortemente quel 25 per cento di parlamentari riservati ai militari. Ricordiamoci che gli attuali leader del governo e del Paese sono tutti ex-militari, quindi tutti ex appartenenti alla Giunta militare, che ha poi portato a questa Costituzione nel 2008, votata con un referendum che è stato denunciato da più parti come un referendum praticamente finto e che venne anche boicottato da gran parte della popolazione birmana.

    D. - Però possiamo considerare un buon segnale l’amnistia di fine anno, che ha liberato altri 2.000 carcerati, e la grazia per tutti i detenuti politici concessa a fine anno proprio dal presidente Thein Sein…

    R. - Diciamo che sono piccoli segnali che il governo birmano, che l’ex Giunta militare birmana ha sempre lanciato negli anni scorsi. Queste amnistie sembrano quasi scattare ad orologio: prima del referendum ce ne fu una, e anche prima delle elezioni e prima della liberazione della stessa Suu Kyi… Vengono fatte queste amnistie quasi per dire: “Stiamo comunque aderendo alle richieste che ci spinge a fare Comunità internazionale…”. Quindi questi possono essere visti anche come dei segnali positivi. Quello che, però, spesso non viene detto è che poi questi prigionieri politici, una volta rilasciati, non riescono più a vivere una vita libera: anche fuori dal carcere vengono continuamente pedinati e limitati proprio nell’espressione della loro vita libera. Per fare un esempio: non è previsto alcun programma di recupero per queste persone che, a volte, hanno trascorso 15-20 anni in prigione, in celle di 4-6 metri quadrati. Quindi sono persone - loro e le loro famiglie - totalmente devastate: solo perché, in passato, hanno espresso il loro punto di vista ed hanno pagato anche con 20 anni di prigione, come pagò lo stesso Win Tin, che - ricordiamo - è uno dei leader di Lega Nazionale della Democrazia, forse quello più intransigente nei confronti dell’attuale governo.

    D. - Sappiamo che la Banca Mondiale ha previsto per il Myanmar in questo anno 2014 una crescita economica record del 6,8 per cento. Questa può essere una ‘boccata di ossigeno’ per un Paese tra i più poveri e meno sviluppati del mondo?

    R. - Sì, le previsioni - sia quella della Banca Mondiale, sia anche altre previsioni della Banca asiatica per lo sviluppo - non fanno altro che parlare di “nuova frontiera”, di “nuovi sviluppi”, “nuove crescite”. Certo bisogna capire anche come si dirige questo sviluppo, perché gli esempi il Myanmar ce li ha vicini: Vietnam, Cambogia, Laos. Ovvero se questo sviluppo deve essere poi concentrato nelle mani di pochi ed è un’élite - che è quella di governo - a portarla avanti, senza poi ridistribuirla, allora qui siamo in presenza della perpetuazione di vecchi meccanismi di potere che il Paese e la popolazione birmana già ben conoscono, purtroppo! O se invece, a fianco a questo sviluppo, c’è la volontà da parte delle autorità, delle istituzioni di aprirsi veramente ai principi della democrazia, quindi di sfruttare questi soldi, queste entrate per riformare tutto il sistema, garantendo un’equa redistribuzione: cosa che non è avvenuta nei 60 anni di dittatura.

    D. - Dunque è ancora presto per rallegrarsi per il futuro di questo Paese?

    R. - Sì, è veramente troppo presto!

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    Forum associazioni cattoliche. Il card. Sepe: serve una politica attenta al bene comune

    ◊   La politica ha bisogno di un’etica, altrimenti le crisi continueranno. E’ quanto ha detto in sintesi l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, intervenuto al Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro. “Etica e responsabilità sociale. Giovani e Forum interrogano la politica” è il titolo dell’incontro che si tiene oggi a Napoli. Debora Donnini ha chiesto allo stesso cardinale Sepe quale è stato il cuore del suo intervento:

    R. – Sottolineare quelle finalità che ci eravamo proposti insieme a questo Forum che raggruppa le associazioni e i movimenti cattolici i quali, insieme con il loro vescovo, hanno voluto dare un segnale alla nostra società, alle nostre comunità a livello campano ma un po’ anche a tutto il Paese. Un rinnovamento vero della politica, dell’economia, della cultura è possibile solo quando saprà riscoprire i valori autentici che devono essere alla base di questo rinnovamento. Una politica che continuasse ad essere chiusa in se stessa, egoista, senza pensare che il primo compito sia quello del bene comune, sarebbe una politica fallimentare e quindi non darebbe quelle dovute e necessarie risposte di cui oggi le nostre comunità regionali e nazionali hanno assolutamente bisogno.

    D. – Al cuore di questo Forum ci sono l’etica e il mondo del lavoro: di cosa si è parlato?

    R – Se vogliamo superare la cesura che ormai c’è tra mondo del lavoro, mondo della scuola e la politica, bisogna dare delle risposte concrete. E allora, intanto questo forum continuerà a realizzare altri progetti, ma poi si è cercato di dare segni concreti – naturalmente molti limitati – per incoraggiare e dare fiducia a questi nostri ragazzi. Per esempio, noi come diocesi apriremo la Cittadella dell’artigianato: abbiamo creato 30 borse di studio per studenti che devono iscriversi all’università ma che hanno bisogno di essere aiutati … Tutta una serie di iniziative vere, concrete, che però hanno bisogno anche di un sostegno a livello nazionale per offrire concrete soluzioni ai tanti bisogni e ai tanti problemi, soprattutto dei nostri giovani.

    D. – Era presente il ministro Lupi. Cosa si chiede al mondo della politica?

    R. – Di passare, alle volte, dalle buone intenzioni, dai progetti alla concretizzazione di progetti che danno segni di concretezza.

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    Azzardo: secondo gli esperti, aumentare le tasse sul gioco non è la soluzione

    ◊   "Aumentare le tasse sul gioco d'azzardo”. Fa discutere la proposta del ministro degli Affari regionali Del Rio secondo il quale “lo Stato non può avere atteggiamenti ambigui”. L’azzardo rappresenta la terza impresa del Paese con un fatturato legale di 76,1 miliardi annui. Cresce la dipendenza: a rischio ludopatia ogni anno 790 mila italiani. Secondo Rolando De Luca, responsabile del Centro terapia Campoformido l’inasprimento fiscale non è la soluzione. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. - Questo non è il problema. Lo Stato ha creato questa dipendenza: 30 anni fa l’azzardo era qualcosa di marginale nel nostro Paese; ad un certo punto lo Stato – e lo dico come uno che difende le istituzioni fino alla fine – ha introdotto l’azzardo e lo ha sviluppato. Quindi, lo Stato adesso deve decidere se continuare a lucrare sull’azzardo, oppure no. Ci vuole una posizione netta che non è più solo l’eliminazione della pubblicità e la diminuzione dell’offerta di azzardo; perché la situazione sociale ed economica è drammatica. Non si può continuare a tollerare che, in qualche modo, ci sia un giro di carta straccia che tocca i 90 miliardi di euro all’anno.

    D. – Il problema quindi non è se tassare o meno il gioco d’azzardo, ma dire chiaramente se è moralmente accettabile o no…

    R. – E’ chiaro che lo Stato ha deciso di accettare moralmente l’azzardo perché non si può più tornare indietro; oramai la diga del Vajont è venuta giù con tutte le sue conseguenze. Credo che ci sia molta ipocrisia da parte di tutti: sappiamo benissimo che questa macchina infernale rimarrà tale e verrà potenziata. Quando io sento parlare di prevenzione, di leggi sull’azzardo, francamente credo che qualunque persona seria possa intuire che da una parte uno non può fare il narcotrafficante e dall’altra parte occuparsi delle comunità terapeutiche. Quello che fanno gli Stati occidentali e, purtroppo, anche lo Stato italiano – lo dico con la morte nel cuore – è proprio questo…

    D. – Non cambia niente… Allora, quale speranza per chi è vittima dell’azzardo di Stato?

    R. – Questo termine è stato coniato a Campoformido tanti anni fa: azzardo di Stato. Cosa si può fare? Io sono psicoterapeuta, lavoro con dieci gruppi di terapia dal 1997 e nei miei gruppi di terapia, in questo momento, su 280 persone c’è un disoccupato, non si è mai verificato un suicidio. L’indice di azzardo è meno del 5% nelle persone. Bisogna fare un lavoro durissimo, lungo nel tempo con queste famiglie, che ha un costo economico notevolissimo e questo, alla fine, nessuno lo vuole fare. Noi continuiamo a parlarci addosso, ben sapendo di essere "collaborazionisti nell’azzardo".

    D. – Quindi, diciamo che non è sicuramente questa la soluzione ma dovendo pensare ad un inasprimento delle tasse sul gioco, ci sarebbe un effetto deterrente per i giocatori? Ovvero, chi gioca si sentirebbe meno incentivato a farlo?

    R. – Per la mia esperienza dico assolutamente no; anche perché sappiamo che, drammaticamente, più la situazione economica in qualche modo va a fondo, più aumenta l’azzardo. Il fatto che poi l’azzardo sia sostenuto dall’istituzione che dovrebbe difendere il cittadino – ripeto lo dico con la morte nel cuore – questo ci fa capire quale imbroglio stiamo vivendo.

    D. - Quindi, tassare il gioco significherebbe non colpire il vero responsabile di questa piaga ma le vittime…

    R. – Tassare il gioco è un’altra formula per ottenere più quattrini. Il problema è che il dramma dell’azzardo – come dramma sociale – non verrà intaccato nei prossimi decenni. Io mi lancio in questa che non è un’ipotesi ma una garanzia ed imparo tutte queste cose da quanto accaduto con le sigarette: nei prossimi dieci anni noi assisteremo soltanto a tante chiacchiere e ad un degrado ulteriore della situazione.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Israele: l’ultimo saluto all’ex premier Sharon

    ◊   Molte alte cariche dello Stato e tanta gente comune ha partecipato alla cerimonia funebre dell’ex premier Ariel Sharon, morto sabato all'età di 85 anni. Dopo la visita di ieri da parte di circa 15mila persone al suo feretro, oggi è stato il giorno dell’ultimo saluto alla Knesset, il parlamento israeliano. Alla cerimonia sono intervenuti il presidente israeliano Shimon Peres e il premier Benjamin Netanyahu, che ha ricordato Sharon come "uno dei più grandi generali che il popolo ebraico e le forze armate israeliane abbiano mai conosciuto". Hanno poi preso la parola i figli Omri e Ghilad e un amico di famiglia. La salma, prima della tumulazione, ha fatto tappa a Latrun (a ovest di Gerusalemme) dove nel 1948 l’ex premier rischiò di morire nei combattimenti per l’indipendenza di Israele. Lì ha ricevuto il saluto dei militari. Infine, il trasferimento a bordo di un veicolo militare nel Negev, nel sud del Paese, luogo della sepoltura accanto alla tomba della moglie Lili, che si trova vicino alla sua casa nel deserto. La proprietà è situata al confine della Striscia di Gaza. Circa 800 agenti sono stati dispiegati nella zona per garantire la sicurezza, insieme ai caccia delle forze aeree e al sistema di difesa missilistica Iron Dome. Sono stati 18 i Paesi che hanno partecipato con una delegazione al rito funebre. (F.P.)


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    Siria: fame e stenti tra i profughi a Yarmuk

    ◊   Fame e privazioni, al di là delle violenze quotidiane, alimentano il dramma della popolazione siriana già duramente colpita dal conflitto. A denunciarlo sono le organizzazioni umanitarie in Siria, dove si sono formate delle vere e proprie sacche di miseria che hanno già causato i primi decessi per stenti. Nelle ultime ore – denuncia l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh) – è salito a 41 persone il bilancio delle vittime dell’assedio al campo profughi palestinese di Yarmuk, a sud di Damasco, morti per la fame e per la mancanza di medicinali. Già due settimane fa – ricorda l'agenzia Misna - l’Organizzazione per i rifugiati palestinesi (Unrwa) aveva annunciato le prime 15 vittime del campo, a otto chilometri da Damasco, dove non sarebbe possibile per gli operatori entrare per portare aiuto alla popolazione. La zona sud del campo sarebbe controllata da gruppi di opposizione al regime, entrati alla fine del 2012. (F.P.)

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    Centrafrica. Appello dei vescovi: “Ristabilire le condizioni di sicurezza ed elezioni rapide”

    ◊   “Ricreare le condizioni di vita armoniosa nell’interesse di tutti e della nostra cara nazione adottando misure coraggiose con l’aiuto della comunità internazionale”. È l’appello lanciato dai vescovi della Repubblica Centrafricana nel loro messaggio intitolato “Ricostruiamo insieme il nostro Paese nella pace”, pubblicato l’8 gennaio e inviato all'agenzia Fides. Ricordando che il Natale celebra la nascita del Principe della Pace, “colui che libera l’uomo dalle sue paure”, i vescovi sottolineano che “sciaguratamente lo abbiamo reso un giorno di pianto e di lutto. Mentre nel resto del mondo, si celebrava questo felice avvenimento, noi passavamo il tempo ad ucciderci. Le popolazioni di Bossangoa, Bouar, Bozoum, Gaga e Bangui sono state particolarmente sconvolte dalle violenze fratricide”. Nel messaggio si esprime dolore per i cittadini originari dei Paesi vicini “stabilitisi in Centrafrica da decenni e che hanno contribuito allo sviluppo del nostro Paese” costretti alla fuga dalle violenze. “È altrettanto avvilente sentire certi compatrioti prendere in considerazione la partizione della Repubblica Centrafricana” aggiungono i vescovi. Il messaggio è stato pubblicato poco prima delle dimissioni del Presidente Michel Djotodia e il Premier Nicolas Tiengaye. Il Presidente del Consiglio Nazionale di Transizione (Cnt, il Parlamento provvisorio), Alexandre-Ferdinand Nguendet, ha assunto ad interim la carica di Capo dello Stato. Secondo i vescovi per far uscire il Paese da questa “crisi senza precedenti” occorre ricostruire l’apparato militare e di polizia per garantire la vita e i beni di tutti; ridurre al minimo il periodo di transizione e organizzare il più rapidamente possibile nuove elezioni; creare una commissione di inchiesta internazionale indipendente per indagare le violazioni dei diritti umani in Centrafrica; riconsiderare la presenza delle truppe ciadiane (“perché da 10 anni, le relazioni tra Ciad e Centrafrica hanno portato il popolo centrafricano a diffidare dell’esercito ciadiano e a consideralo come una minaccia”) dalla Misca (la forza africana dispiegata nel Paese); disarmare, smobilitare e rimpatriare i mercenari ciadiani-sudanesi e reinserire i combattenti centrafricani; promuovere il dialogo tra fedeli delle diverse religioni che coabitano in Centrafrica. I vescovi infine ringraziano la comunità internazionale per l’aiuto offerto al Paese e concludono affidando il Centrafrica a “Maria Regina della Pace”. (R.P.)

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    Thailandia: migliaia di manifestanti bloccano Bangkok

    ◊   Migliaia di manifestanti antigovernativi hanno bloccato oggi le principali vie di Bangkok, con l'obiettivo di paralizzare la capitale nel tentativo di costringere il governo alle dimissioni e rimandare le elezioni politiche del prossimo 2 febbraio. Dopo settimane di tensione, manifestazioni di piazza e - in alcuni casi - scontri che hanno causato almeno otto morti e decine di feriti, per le "Camicie gialle" si tratta della "resa dei conti finale" nel tentativo di cacciare l'esecutivo guidato dalla premier Yingluck Shinawatra. I leader della protesta, sostenuti dalle élite economiche e finanziarie della capitale, hanno respinto la proposta del voto a breve, invocando la formazione di un "consiglio del popolo" a cui è affidato il compito di avviare le riforme e sradicare l'influenza del "regime dei Thaksin" dal Paese. In realtà, l'obiettivo è quello di fermare i successi elettorali della famiglia Shinawatra - prima Thaksin, ora la sorella Yingluck - che da almeno dieci anni vince grazie al consenso nelle aree urbane più povere e tra i contadini del nord; un successo, secondo i critici, macchiato da "voto di scambio" e corruttela diffusa. I dimostranti hanno eretto barricate e occupato snodi chiave della capitale; il governo ha stanziato almeno 18mila agenti a protezione della capitale, per tutelare i suoi 12 milioni di abitanti. Riferendosi al leader della protesta Suthep Thaugsuban, fonti dell'esecutivo spiegano che "il governo gli lascerà fare la parte dell'eroe... oggi sarà il suo show" e non verrà usata la forza per reprimere la manifestazione, onde evitare le carneficine del passato. La premier Shinawatra ha ordinato a polizia ed esercito di "usare la massima cautela e non utilizzare tutte le armi a disposizione" per contenere i manifestanti. Gli anti-governativi intendono paralizzare la capitale, bloccando sette delle principali intersezioni e circondando ministeri, caserme e altri edifici simbolo del potere. Le autorità hanno disposto la chiusura di 150 scuole a Bangkok. Il leader dei dimostranti Suthep Thaugsuban ha dichiarato che non ci saranno mezze vittorie; ieri sera, rivolgendosi ai simpatizzati, ha sottolineato che "non accetteremo nessuna proposta o negoziato", perché "in questa battaglia, la sconfitta è la sconfitta e la vittoria è la vittoria. Non vi sono compromessi, non vi sono vittorie dimezzate. La vittoria andrà a una sola parte". I vertici militari, vera "eminenza grigia" del Paese, mantengono la linea della neutralità e auspicano il voto del 2 febbraio. Secondo alcuni manifestanti, le riforme politiche dovrebbero prevedere fra gli altri la fine del principio "una testa un voto" e il cambiamento del modello rappresentativo; difatti, la grande popolarità del governo nelle zone rurali è garanzia di vittoria anche alle prossime elezioni. Le manifestazioni degli anti-governativi - un mix di esponenti della classe media, monarchici e abitanti del sud - sono le più imponenti dal 2010, quando il regno è stato sconvolto da una serie di rivolte di piazza concluse con un bagno di sangue e la morte di 90 civili. (R.P.)

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    Thailandia. La Chiesa sulle proteste: “L’esito sia pacifico”

    ◊   Sulle tensioni e sulle proteste antigovernative che oggi attraversano, con un forte impatto sulla vita sociale e civile, la capitale Bangkok “una è la cosa più importante: che l’esito sia pacifico. Speriamo e preghiamo perché le manifestazioni non sfocino in violenza”: lo dice all’agenzia Fides padre Surasit Chumsriphan, parroco della cattedrale dell'Assunzione nella capitale thailandese. Bangkok, notano fonti di Fides, è oggi paralizzata dai manifestanti che intendono avviare una “prova di forza” per costringere il governo alle dimissioni e a rimandare le elezioni politiche, fissate per il 2 febbraio. I fedeli cristiani assistono con preoccupazione alla nuova ondata di protesta. Padre Chumsriphan spiega a Fides: “Il Paese è nell’incertezza. Non sappiamo cosa accadrà nelle prossime settimane. Tutte e due le parti in campo hanno qualche ragione nelle loro rivendicazioni. In ogni caso auspichiamo un confronto pacifico, basato sulla dialettica e su dinamiche democratiche. Il confronto è il sale della democrazia, ma entrambe le parti la invocano e la intendono in un modo diverso. Su una fatto tutti i cittadini thailandesi concordano: sull’urgenza di avviare un’era di riforme sociali, civili ed economiche per il Paese”. (R.P.)

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    Pakistan. Giovani di tutte le religioni chiedono giustizia, pace e tolleranza

    ◊   “Il Pakistan di oggi ha bisogno di un messaggio di pace, tolleranza, armonia. Anche se professiamo fedi diverse, siamo una sola nazione e possiamo lavorare e crescere insieme”: come spiega in un colloquio con l’agenzia Fides Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo della Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Pakistan, è questo il potente messaggio lanciato da migliaia di giovani, di tutte le religiosi, riunitisi ieri, in una manifestazione a Lahore, capitale del Punjab, organizzata dal Commissione “Giustizia e Pace”. Il corteo, composto da giovani musulmani, cristiani, indù e sikh, ha attraversato la città lanciando un messaggio alla politica e alla società: “Noi siamo il futuro del Paese, vogliamo costruire un futuro fatto di pace, giustizia, tolleranza, rispetto dell’inalienabile dignità di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, classe sociale”. Come Chaudhry racconta a Fides, la manifestazione rappresentava il culmine di un progetto portato avanti dalla Commissione nelle scuole del Punjab. “In primis ci siamo rivolti agli studenti delle minoranza religiose (cristiani, indù, sikh) interagendo con loro e lasciando emerge episodi di discriminazione che subiscono. In tal caso cerchiamo di insegnare loro ad affrontarli in maniera non violenta”. Il secondo passo è stato quello di incontrare e coinvolgere i giovani musulmani “per creare in tutti la consapevolezza che l’armonia e la pace sono un bene comune e una priorità per l’intera nazione”. Infine il corteo, dove i giovani di fedi diverse hanno camminato fianco a fianco, per simboleggiare l’anelito di pace presente nella gioventù pakistana. Come rileva Chaudhry, “è fondamentale avviare tale opera di coscientizzazione nelle scuole e nel percorso di istruzione dei giovani. L’intolleranza e l’odio spesso nascono sui banchi di scuola. E’ lasciando penetrare valori come pace e giustizia nella formazione del nuove generazioni che si gioca il futuro del Pakistan”. (R.P.)

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    Indonesia. A Sumatra le autorità bloccano la costruzione di cinque chiese

    ◊   Mancano i permessi di costruzione e i cantieri vengono interrotti. Così nell’ultimo mese le autorità indonesiane hanno bloccato la costruzione di cinque chiese nella provincia di Jambi, nell'isola di Sumatra, dietro pressioni della frangia estremista islamica. L'ultimo caso - dopo i quattro avvenuti a dicembre 2013 - risale ai giorni scorsi e si è verificato nel distretto di Bungo. L'iter per la costruzione di una chiesa in Indonesia - cattolica o protestante - è complicato e possono trascorrere da cinque a dieci anni prima di ottenere tutte le autorizzazioni. Il procedimento è regolato da una delibera scritta che permette l'apertura di un cantiere ed è rilasciata dalle autorità locali. La vicenda si complica se si tratta di un luogo di culto cristiano: serve infatti il nulla osta di un certo numero di residenti e del gruppo per il dialogo interreligioso. Spesso subentrano "non meglio precisate motivazioni" che spingono i funzionari a bloccare i progetti, dietro pressioni di movimenti radicali islamici. Ma le autorità confermano che la recente chiusura del cantiere per la costruzione della chiesa protestante è di natura "amministrativa" e "non vi sono ragioni di carattere discriminatorio o questioni di natura confessionale". Il pastore Pangaribuan spiega all'agenzia AsiaNews che la comunità vive e opera sul territorio dal 2004 e "finora non si sono mai registrati problemi", fino all'intervento delle autorità che hanno imposto il blocco dei lavori. (F.P.)

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    Filippine: nuovo allarme per traffico minorenni

    ◊   Un nuovo allarme nelle Filippine perché i minorenni rimasti orfani, separati dalle famiglie o in condizioni di difficoltà dopo il tifone Haiyan, non cadano nelle mani dei trafficanti. A lanciarlo è stata l’organizzazione umanitaria britannica Plan International, dopo che cinque ragazze minorenni sono state convinte da “amici di famiglia” ad abbandonare i loro villaggi di Basey e Marabut per lavorare – probabilmente come prostitute – nella lontana città settentrionale di Olongapo. Gli orfani di Haiyan, in base alla denuncia di Plan, riportata dall'agenzia Misna, sarebbero possibili prede di personaggi senza scrupoli che li avvierebbero al network della pedofilia o alla prostituzione. Le autorità filippine sono coscienti del rischio ma il dipartimento per gli Affari sociali e lo Sviluppo – secondo Plan - finora non ha ancora promosso alcuna reazione. (F.P.)

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    Usa. I vescovi: eccessivo l'impegno militare nella lotta contro la droga in Messico

    ◊   I Presidenti di due Commissioni della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America (Usccb) hanno definito "controproducente" l'eccessiva enfasi posta sulla politica militare statunitense nella lotta contro la droga in Messico. “Le spese dovrebbero concentrarsi sugli sforzi per proteggere i diritti umani, rafforzare la società civile e ampliare i livelli umanitari e di sviluppo" si legge nella lettera firmata da mons. Thomas Wenski, arcivescovo di Miami (Florida), presidente della Commissione per la giustizia interna e lo sviluppo umano, e da mons. Richard Pates, vescovo di Des Moines (Iowa), presidente della Commissione internazionale giustizia e pace. La nota inviata all’agenzia Fides riferisce che la lettera è stata inviata al Segretario di Stato, John Kerry, chiedendogli di esaminare le priorità di finanziamento e gli sforzi coordinati del governo degli Stati Uniti e del Messico contro il traffico di droga, impegno conosciuto come "Iniziativa Merida". I vescovi chiedono inoltre di rafforzare il sistema giudiziario messicano, favorire opportunità economiche ed educative in Messico al fine di "creare valide alternative alle carriere criminali", promuovere lo sviluppo agricolo e programmi rivolti ai giovani disoccupati in Messico. "Sebbene sia da considerare il sostegno alla sicurezza, riteniamo anche urgente che una quota maggiore degli aiuti esteri degli Stati Uniti sia destinata a promuovere la crescita dei diritti umani, una società civile giusta e umana, e un ampio sviluppo economico" hanno scritto i Vescovi. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 13

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.