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Sommario del 05/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus annuncia il suo viaggio in Terra Santa dal 24 al 26 maggio
  • Campane a festa a Betlemme e Gerusalemme. Mons. Shomali e p. Pizzaballa: nuove speranze dal viaggio del Papa
  • Unioni gay, padre Lombardi: evidente forzatura e strumentalizzazione delle parole del Papa
  • Tweet del Papa: cari amici, grazie per i tanti auguri che mi avete inviato per le feste natalizie!
  • Il Papa in visita al presepe vivente di una chiesa romana. Il parroco: "Mi ha chiamato tre giorni fa"
  • Mons. Fragnelli: l'Epifania dà le risposte che il cuore dell'uomo cerca, ma non sa darsi da solo
  • Contributo del Papa per coprire le spese della Gmg. Il grazie dell'arcivescovo di Rio de Janeiro
  • Oggi in Primo Piano

  • Le Chiese d'Oriente si preparano a celebrare il Natale. Il vescovo di Giza: feste blindate in Egitto
  • Israele boccia la proposta di pace statunitense. Kerry: il piano è equilibrato e onesto
  • Elezioni in Bangladesh, padre Gheddo: avanza l'estremismo islamico, paura tra i cristiani
  • Il patriarca di Venezia visita il carcere femminile di Giudecca
  • Calano gli aborti in Italia. Patrizia Lupo: dato significativo, ma nasconde realtà complessa
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq, avanza al Qaeda: conquistata Falluja. Attentati a Baghdad, almeno 15 morti
  • Putin revoca divieto manifestazioni di protesta durante i giochi di Sochi
  • India. Card. Gracias: “Il Messaggio per la pace di Francesco, ricetta per lo sviluppo del Paese”
  • Indonesia: dibattito sulla rimozione del credo religioso sui documenti d'identità
  • Pakistan: nuovo piano di evangelizzazione con i mass-media dedicato alla “tutela della vita”
  • Filippine: a Manila milioni di pellegrini per il Nazareno Nero
  • L'Aibi: a Messina la famiglia più accogliente del 2013
  • E’ morto Eusebio, leggenda del calcio portoghese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus annuncia il suo viaggio in Terra Santa dal 24 al 26 maggio

    ◊   Il Papa all’Angelus, di fronte ai tanti pellegrini presenti in Piazza San Pietro nonostante il maltempo, e “nel clima di gioia tipico di questo tempo natalizio”, ha annunciato che dal 24 al 26 maggio prossimi, “a Dio piacendo”, compirà un pellegrinaggio in Terra Santa. Nella catechesi ha poi ribadito che il Natale ci rivela l’amore immenso di Dio per noi. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Papa Francesco, dunque, compirà in Terra Santa il secondo viaggio internazionale del suo pontificato. “Scopo principale – ha detto - è commemorare lo storico incontro” tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora, che avvenne il 5 gennaio di 50 anni fa:

    “Le tappe saranno tre: Amman, Betlemme e Gerusalemme. Tre giorni. Presso il Santo Sepolcro celebreremo un Incontro Ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Fin da ora vi domando di pregare per questo pellegrinaggio, che sarà un pellegrinaggio di preghiera”.

    Nella sua catechesi, ha commentato il Vangelo di questa domenica in cui Giovanni afferma che “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”:

    “In queste parole, che non finiscono mai di meravigliarci, c’è tutto il Cristianesimo! Dio si è fatto mortale, fragile come noi, ha condiviso la nostra condizione umana, eccetto il peccato, ma ha preso su di Lui i nostri, come se fossero propri. E’ entrato nella nostra storia, è diventato pienamente Dio-con-noi! La nascita di Gesù, allora, ci mostra che Dio ha voluto unirsi ad ogni uomo e ogni donna, ad ognuno di noi, per comunicarci la sua vita e la sua gioia”.

    “Il Natale – ha proseguito - ci rivela l’amore immenso di Dio per l’umanità. Da qui deriva anche l’entusiasmo, la speranza di noi cristiani, che nella nostra povertà sappiamo di essere amati” da Dio. Con la nascita di Gesù "è nato un mondo nuovo, ma anche un mondo che può essere sempre rinnovato”:

    “Dio è sempre presente a suscitare uomini nuovi, a purificare il mondo dal peccato che lo invecchia, dal peccato che e lo corrompe. Per quanto la storia umana e quella personale di ciascuno di noi possa essere segnata dalle difficoltà e dalle debolezze, la fede nell’Incarnazione ci dice che Dio è solidale con l’uomo e con la sua storia. Questa prossimità di Dio all’uomo, ad ogni uomo, ad ognuno di noi è un dono che non tramonta mai!”.

    Nel mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio – ha rilevato ancora il Papa – “c’è anche un aspetto legato alla libertà umana, alla libertà di ciascuno di noi” che siamo “peccatori e bisognosi di misericordia”, ma che tante volte “preferiamo rimanere nella chiusura dei nostri errori e nell’angoscia dei nostri peccati”. Ma “Gesù è paziente. Gesù sa aspettare. Ci aspetta sempre”:

    Questo è un messaggio di speranza, un messaggio di salvezza, antico e sempre nuovo. E noi siamo chiamati a testimoniare con gioia questo messaggio del Vangelo della vita, del Vangelo della luce, della speranza e dell’amore. Perché il messaggio di Gesù è questo: vita, luce, speranza, amore”.

    Dopo la preghiera dell’Angelus, il Papa ha sottolineato che nelle scorse settimane gli sono arrivati “da ogni parte del mondo tanti messaggi di auguri per il Santo Natale e per l’Anno Nuovo”:

    “Mi piacerebbe, ma purtroppo è impossibile rispondere a tutti! Perciò desidero ringraziare di cuore i bambini, per i loro bei disegni. Ma sono belli davvero! I bambini fanno bei disegni! Belli, belli, belli! Ringrazio innanzitutto i bambini. E ringrazio i giovani, gli anziani, le famiglie, le comunità parrocchiali e religiose, le associazioni, i movimenti e i diversi gruppi che hanno voluto manifestarmi affetto e vicinanza. Chiedo a tutti di continuare a pregare per me, ne ho bisogno, e pregare per questo servizio alla Chiesa”.

    Infine, ha salutato “con affetto” tutti i pellegrini presenti e in particolare l’Associazione Italiana Maestri Cattolici:

    “Vi incoraggio nel vostro lavoro educativo, è molto importante!”.

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    Campane a festa a Betlemme e Gerusalemme. Mons. Shomali e p. Pizzaballa: nuove speranze dal viaggio del Papa

    ◊   Da oggi è dunque ufficiale: Papa Francesco si recherà in visita in Terra Santa, nel 50.mo anniversario dello storico viaggio di Paolo VI nei luoghi in cui è nato e vissuto Gesù. Per una prima testimonianza sulle speranze che accompagnano questo viaggio, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini:

    R. – Aspettiamo un nuovo spiraglio da questa visita, nelle relazioni con gli ortodossi, con i musulmani e con gli ebrei. La personalità particolare di Papa Francesco ci fa sperare nella realizzazione di queste aspettative. Stiamo preparando questa visita che senz’altro sarà storica. L’abbraccio tra Papa Francesco e Bartolomeo sarà un altro abbraccio storico (dopo quello di Paolo VI con Atenagora, ndr). Dopo incontrerà i capi religiosi ebrei. Dunque, pensiamo ad intensificare queste relazioni ecumeniche ed interreligiose. Questo Papa ci sorprenderà! Finora, durante i primi mesi del suo Pontificato, ci ha sempre sorpreso. Noi contiamo sullo Spirito Santo e sulla collaborazione di Papa Francesco con tutte le ispirazioni dello Spirito Santo per aprire veramente strade nuove nelle relazioni ecumeniche ed interreligiose.

    Ai nostri microfoni il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa ci riferisce come sia stato accolto l’annuncio del Papa all’Angelus. L’intervista è di Eugenio Bonanata:

    R. – Naturalmente l’annuncio del Papa del prossimo pellegrinaggio in Terra Santa è stato accolto con grande entusiasmo. Tutti già sapevano che era in previsione, ma l’annuncio ufficiale, con le date e anche i luoghi, ha concretizzato questa gioia, che è un po’ in tutti. Già, immagino, cominceranno i preparativi, con tante discussioni sul protocollo, ma credo che la cosa importante sia che la gente, soprattutto la gente che il Papa ama tanto, è piena di gioia. Tutte le campane hanno cominciato a suonare a Betlemme e a Gerusalemme.

    D. – Quali sono le sue speranze per questo viaggio?

    R. – Le speranze sono che la comunità cristiana, che è molto piccola e fragile - qui in tutta la Terra Santa - e composta anche da tante Chiese diverse, si possa ritrovare unita nel cuore ed anche nell’azione, in occasione della visita del Papa.

    D. – Qual è il suo umore per quanto riguarda la missione del segretario di Stato Usa, Kerry, in Medio Oriente?

    R. – Il mio umore, riguardo alla visita del segretario di Stato americano Kerry, è quello di tutti qui: di un’attesa di un cambiamento, con molto realismo però e con poca fiducia, che questo possa accadere nel breve termine.

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    Unioni gay, padre Lombardi: evidente forzatura e strumentalizzazione delle parole del Papa

    ◊   Ampio dibattito sui media italiani, dopo la pubblicazione da parte di Civiltà Cattolica della conversazione di Papa Francesco con i Superiori religiosi del 29 novembre scorso. In particolare numerosi commenti si sono concentrati sulle unioni gay. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, è intervenuto a questo proposito con una nota:

    Nella conversazione con i Superiori religiosi il Papa fa la considerazione che la situazione in cui oggi si svolge la educazione dei bambini e dei giovani è molto diversa dal passato, perché essi vivono in molte situazioni familiari difficili, con genitori separati, nuove unioni anomale, a volte anche omosessuali e così via. L’educazione e l’annuncio della fede naturalmente non può prescindere da questa realtà e deve essere attenta al bene delle nuove generazioni, accompagnandole con affetto proprio a partire dalla loro situazione concreta, per non provocare in loro reazioni negative contrarie all’accoglienza delle fede stessa.

    Questo discorso - in certo senso ovvio - sui compiti educativi della Chiesa, fatto il 29 novembre scorso in termini del tutto generali, è stato messo in rapporto in diversi media italiani con la questione, sollevata in questi ultimi giorni, del riconoscimento delle unioni civili delle coppie omosessuali.

    La forzatura è del tutto evidente, tanto da apparire in certi casi come una strumentalizzazione. Parlare di “apertura alle coppie gay” è paradossale, perché il discorso del Papa è del tutto generale e perché perfino il piccolo esempio concreto fatto dal Papa in merito (una bimba triste perché la fidanzata della sua mamma non la ama) allude proprio alla sofferenza dei figli…

    Il Papa non si era assolutamente espresso su un dibattito che si è riaperto in Italia un mese dopo, e chi ricorda le posizioni da lui manifestate in precedenza in Argentina in occasione di dibattiti analoghi sa bene che erano completamente diverse da quelle che alcuni ora cercano surrettiziamente di attribuirgli.

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    Tweet del Papa: cari amici, grazie per i tanti auguri che mi avete inviato per le feste natalizie!

    ◊   Il Papa, riprendendo quanto detto all’Angelus, ha lanciato questo tweet sul suo account @Pontifex in nove lingue: “Cari amici – scrive - voglio ringraziarvi per i tanti e begli auguri che mi avete inviato per le feste natalizie. Che il Signore vi benedica tutti!”.

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    Il Papa in visita al presepe vivente di una chiesa romana. Il parroco: "Mi ha chiamato tre giorni fa"

    ◊   Papa Francesco, domani pomeriggio, nella Solennità dell'Epifania, visiterà la chiesa romana di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, sulla Giustiniana, per vedere il presepe vivente allestito dai parrocchiani. Una visita strettamente privata, nata dalla decisione della parrocchia di scrivere una lettera al Pontefice. Al presepe vivente partecipano circa 200 figuranti. Federico Piana ha intervistato il parroco, don Dario Pompeo Criscuoli:

    R. – L’occasione per invitarlo è stata proprio quella del presepe vivente, attraverso il quale stiamo coinvolgendo in parrocchia tante persone che hanno lavorato qui, ma anche tanti altri che si sono avvicinati grazie a questo coinvolgimento che li ha resi protagonisti. Devo dire che hanno risposto in maniera eccellente all’invito e si sono impegnati, soprattutto gli artigiani della parrocchia e un bravissimo architetto. Tanti falegnami, fabbri e poi giovani, bambini, ognuno ha avuto il suo ruolo: di angioletto, di pastore … e quindi ognuno ha trovato la sua collocazione nel nostro presepe vivente.

    D. – Con che spirito vi siete preparati per accogliere il Papa?

    R. – Certamente ci ha spiazzato, perché mi ha telefonato appena tre giorni fa e quindi abbiamo dovuto organizzare tutto in pochissimo tempo. Ci stiamo preparando con una celebrazione dell’Eucarestia assieme al vescovo del settore e con un momento di preghiera e adorazione, con canti, con letture, ricordando soprattutto gli scritti del Santo Padre.

    D. – Cosa vi aspettate da questa visita che, ricordiamo, sarà in forma strettamente privata?

    R. – Un fermento sicuramente della parrocchia, ma soprattutto io al Papa, telefonicamente, dicevo che vogliamo essere confermati nella fede. Oggi, infatti, si dà per scontata la fede, ma la fede ha bisogno di un’iniziazione cristiana, ha bisogno di un cammino, ha bisogno di crescere. E si cresce nella fede all’interno di una comunità viva. Questo è il nostro desiderio. Chiaramente questo avviene dopo che è stata annunciata una Parola, il “Kerygma”, che, come dicono i Padri della Chiesa, è il “primum cristianum”. Dopo l’annuncio del “Kerygma” s’inizia a vivere all’interno di una comunità. Allora è questo lo spirito con cui stiamo vivendo questa visita. Il Papa viene a confermarci nella fede e a dirci che Cristo è risorto. E’ risorto per noi e scende nelle nostre morti, s’interessa a noi e non siamo soli. Questa è la notizia che la gente vuole ascoltare oggi. C’è oggi un attacco violentissimo contro la speranza. La gente è disperata e non trova più punti di appoggio. Allora, questo è il desiderio che nasce intanto dal mio cuore, come parroco: che la gente si senta amata da Dio e, anche se debole, si senta amata nella sua debolezza.

    D. – Quando lei ha comunicato ai suoi parrocchiani che sarebbe venuto il Papa, come hanno preso i parrocchiani questa bella notizia?

    R. – Beh, logicamente, c’è stato un urlo di gioia perché il Papa è molto amato. Chiaramente i parrocchiani, tutti quanti, non vedevano l’ora di poterlo vedere da vicino. Questa occasione, quindi, che viene data loro direttamente - la visita che si svolge nella parrocchia - è stata accolta con grande gioia ed entusiasmo.

    D. – Che frutti sperate possa dare questa visita?

    R. – I frutti sono sempre quelli della conversione. Questi sono i frutti che io mi aspetto e che ci aspettiamo tutti: che la gente conosca Cristo e inizi un cammino di riscoperta della propria debolezza e dell’amore di Dio nella propria vita.

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    Mons. Fragnelli: l'Epifania dà le risposte che il cuore dell'uomo cerca, ma non sa darsi da solo

    ◊   Domani la Chiesa celebra la Solennità dell’Epifania che ricorda l’adorazione del Bambino Gesù da parte dei Magi. In questa occasione, Papa Francesco presiede la Santa Messa nella Basilica Vaticana a partire dalle 10.00, seguita a mezzogiorno dalla tradizionale preghiera dell’Angelus. Sul significato dell’Epifania, ascoltiamo mons. Pietro Fragnelli, vescovo di Trapani, al microfono di Tiziana Campisi:

    R. - L’Epifania mette questo in evidenza: il Figlio di Dio è venuto a dare quelle risposte che il cuore umano cerca e che non può darsi da solo. È davvero il desiderio dell’uomo che viene abbondantemente riempito dal desiderio di Dio di vivere con l’uomo ed è nello stesso tempo il desiderio della Chiesa di rendersi strumento di questo Vangelo di gioia che va incontro a tutti i popoli della terra, ad ogni cultura. Si sente in debito di questa gioia, che nasce e sempre rinasce con Gesù Cristo, e vuole portarla al cuore di ogni uomo.

    D. – E’ un periodo in cui ovunque vengono allestite rappresentazioni; nella sua diocesi sono diversi i presepi viventi. Ma ricordare le tradizioni, gli usi e i costumi locali e legarli ad un presepe che significato ha?

    R. – Credo che il presepe ha innanzitutto una funzione di ricongiungimento del passato, del presente e del futuro. È un’opportunità di fissare in una realtà simbolica tutta la storia, la narrazione della nostra vita comunitaria, dei valori che portiamo con noi. Mi ha colpito molto il fatto che i protagonisti del presepe possono essere e sono di fatto tutti: i malati, i sani, i disabili e i normodotati. Sono tutti protagonisti di una realtà che nella fede ci fa capire come il Signore ha assunto tutto l’umano. Quindi, da questo punto di vista ancora oggi il presepe è un luogo privilegiato per la valorizzazione della cultura locale - i costumi, i cibi, i giochi, le tradizioni locali – e dall’altro lato è un modo per far riconoscere, proprio nella dimensione locale, il messaggio universale del cristianesimo; la “genialità” del cristianesimo – il Mistero dell’Incarnazione - sullo sfondo di questa genialità di ogni popolo, di ogni cultura. Sono anche esercizi, non spirituali ma collettivi, quelli che si mettono in moto in occasione del presepe e che fanno riscoprire un’appartenenza comune. Un percorso di vita che cerca la vittoria sul male e la cerca nel domandare aiuto all’altro con il quale si condivide un evento e nel domandare all’altro con la “A” maiuscola che è nostro Signore.

    D. – Oggi, guardando il presepe come guardare i Magi?

    R. – I Magi sono il segno evidente della sete insaziabile di infinito, di sapienza, di bontà che l’uomo porta con sé. Questa sete non sarà mai distrutta da nessun consumismo, neanche di prodotti culturali più o meno alla moda. I Magi oggi ci dicono che il cuore porta dentro di sé l’icona di Dio, dell’assoluto, dell’eterno ed è per questo che continueranno ad indicarci la strada verso il presepe.

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    Contributo del Papa per coprire le spese della Gmg. Il grazie dell'arcivescovo di Rio de Janeiro

    ◊   Papa Francesco ha donato all'arcidiocesi di Rio de Janeiro un contributo di 5 milioni di dollari per coprire le spese della Giornata mondiale della gioventù del luglio scorso. L’arcivescovo di Rio, mons. Orani João Tempesta, in una dichiarazione rilasciata alla Radio Vaticana, ha voluto ringraziare il Papa per questo gesto che - ha sottolineato - copre i costi della Gmg lievitati in particolare per l'imprevisto spostamento degli ultimi eventi da Guaratiba a Copacabana a causa del maltempo.

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    Oggi in Primo Piano



    Le Chiese d'Oriente si preparano a celebrare il Natale. Il vescovo di Giza: feste blindate in Egitto

    ◊   Attesa per le Chiese ortodosse e le Chiese cattoliche di rito orientale che seguono il calendario giuliano. Il 7 gennaio, infatti, celebreranno il Natale, ma in molti Paesi il clima politico è di incertezza e si temono violenze. Tra gli scenari più difficili c’è sicuramente l’Egitto dove, in questi giorni, alcune manifestazioni convocate dai sostenitori del deposto presidente Morsi sono finite nel sangue. E’ forte la preoccupazione nelle parole di mons. Antonios Aziz Mina, vescovo di Giza. L’intervista è di Benedetta Capelli:

    R. – La polizia adesso sta chiudendo le strade vicino alla chiesa. Chiudono la strada e, praticamente, mettono la polizia all’inizio e alla fine, impedendo alle macchine di passare. Si può passare solo a piedi. Questo per assicurare un po’ di pace alle chiese.

    D. – Quindi un Natale blindato, possiamo dire...

    R. – Sì, una cosa inaudita. Volevamo pregare in pace, ma non vogliono.

    D. – E’ la prima volta che succede?

    R. – Così forte sì. Ogni anno c’è un poliziotto, due, tre, quattro al massimo quando si tratta di una grande chiesa, ma adesso portano anche i mezzi blindati. Andare a pregare con questa atmosfera non ci piace, proprio non ci piace! Non è possibile!

    D. – Da quanto tempo è così?

    R. – Questo clima è cominciato da 30, 40 anni. I Fratelli Musulmani hanno lavorato per dividere il Paese e i Paesi vicini. Poi, dopo l’ascesa al potere, hanno messo in atto la repressione, sempre repressione ed esclusione per tutti. I posti erano solo per i Fratelli Musulmani, tanto che il popolo è di nuovo esploso ed è sceso in strada pacificamente.

    D. – C’è, un modo, secondo lei, per pacificare il Paese in questo momento?

    R. – Pacificare con chi? Loro non vogliono la pace: non vogliono proprio fare la pace e riconciliarsi con tutte le altre fazioni del Paese.

    D. – Il dialogo interreligioso quanto può essere utile, anche per pacificare gli animi?

    R. – Ma neanche il dialogo interreligioso tra musulmani e musulmani riesce! C’è, invece, un dialogo tra musulmani e cristiani o cattolici, ed è fruttuoso, ma solo con i moderati.

    D. – Ci troviamo in prossimità della celebrazione del Natale. In Egitto è una festa sentita?

    R. – Certamente, ma non è una festa commerciale, per fortuna, come in Europa. La festa è più religiosa: si prega tanto ed è un’occasione per ringraziare Dio. Abbiamo passato tre anni difficili, dopo la rivoluzione, e l’ultimo anno è stato “nero”. Speriamo, quindi, che questo Natale possa passare in pace. Loro, infatti, concentrano gli atti terroristici contro le chiese, contro le istituzioni, contro la polizia, volendo seminare la divisione e cercare di destabilizzare il Paese. Noi vorremmo tantissimo che si pacificassero con la popolazione. Abbiamo l’amaro in bocca, non solo noi cristiani, ma tutta la popolazione egiziana, nonostante siano giorni di festa e sia un anno nuovo. L’egiziano, di per sé, di sua natura, è un uomo pacifico. Il popolo egiziano è pacifico. Questo è il bello, la forza e la maestà del popolo egiziano.

    D. – Un messaggio di speranza per questo Natale, per le comunità cristiane, per le Chiese d’Oriente, quale può essere?

    R. – Preghiamo Dio, perché Lui pensa a noi, non ci lascia mai, ci sostiene e salverà il suo popolo.

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    Israele boccia la proposta di pace statunitense. Kerry: il piano è equilibrato e onesto

    ◊   Prosegue la missione diplomatica in Medio Oriente del segretario di Stato americano Kerry. Oggi tappa in Arabia Saudita e Giordania, dopo il rigetto di Israele delle proposte statunitensi relative alla sicurezza nella contesa valle del Giordano. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    La mediazione statunitense continua, nonostante la bocciatura di Israele. Come ha ripetuto lo stesso primo ministro Netanyahu, lo Stato ebraico vuole mantenere il controllo diretto della sicurezza nella valle del Giordano senza permettere il dispiegamento di forze internazionali o di mezzi tecnologici per il monitoraggio dell’area. Il ministro degli Esteri israeliano, Lieberman, ha ammesso che la strada per un accordo è lunga e difficile ma ha proposto uno scambio di “terreni e di popolazione” chiamando in causa le colonie in Cisgiordania e alcune zone israeliane abitate da arabi. Il segretario di Stato Kerry ha ribadito che la proposta statunitense - di cui non si conoscono i dettagli - è “equilibrata e onesta” precisando che punta ad accrescere la sicurezza nella regione. Al termine della girandola di incontri con i leader israeliani e palestinesi, Kerry ha detto che “si sono registrati alcuni progressi” ma ha anche riconosciuto che adesso si stanno “cominciando ad affrontare gli ostacoli più difficili da superare”. E saranno probabilmente questi i temi al centro dei colloqui odierni con i vertici di Arabia Saudita e Giordania. L’obiettivo del capo della diplomazia statunitense è di incassare il sostegno dei due Paesi nel percorso di mediazione tra le parti. Il ritorno forse già in serata per una nuova spola negoziale tra Gerusalemme e Ramallah, nel tentativo di segnare passi in avanti verso l’accordo.

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    Elezioni in Bangladesh, padre Gheddo: avanza l'estremismo islamico, paura tra i cristiani

    ◊   Si sono svolte questa domenica in un clima di violenza le elezioni in Bangladesh. In scontri e attentati hanno perso la vita almeno 17 persone. Numerosi i seggi devastati. Nel Paese è in atto uno sciopero per far cadere il governo della premier Sheikh Hasina. Lo guida, alla testa di una coalizione di 18 gruppi, il Partito nazionalista bengalese che ha definito il voto “una farsa”. Sulla situazione, Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Piero Gheddo, missionario del Pime, per tanti anni in Asia:

    R. – C’è sempre stata questa inimicizia tra i moderati, che sono rappresentati dalle Lega Awami con la Sheihk Hasina e gli estremisti islamici che sono oggi rappresentanti dal Bangladesh National Party. In pratica c’è un estremismo islamico che vorrebbe conquistare il potere. Questo è il problema! Il Bangladesh è invece nato come laico, nel ’72: il governo voleva assolutamente questo! Però poi già nel ’75 è cominciato un tempo lungo di dittatura, di militari, di violenze, fino al ’91, quando i due partiti si sono messi d’accordo per la pace. Lì abbiamo avuto un periodo abbastanza lungo e questo ha dato una svolta alla storia economica del Bangladesh.

    D. - Una rinascita economica per quanto riguarda lo sviluppo del manifatturiero, anche se ci sono problemi per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro…

    R. – Ricordiamo che il Bangladesh è esteso quanto metà Italia e ha 160 milioni di abitanti, di cui 12 milioni sono all’estero e lavorano. Non ha alcuna risorsa, eccetto il gas, che tirano fuori per l’energia, ma che è pochissimo in confronto a quello che stanno consumando. La svolta economica del Bangladesh avviene dal ’94-’95 ad oggi, quando molte ditte straniere sono entrate per far produrre stoffe. E io ho visto le fabbriche: fanno spavento! Fabbriche dell’Europa del 1800… Povera gente che lavoravano 12-13-14 ore al giorno, dormono tra una macchina e l’altra. Però questo ha portato uno sviluppo notevole: strade, scuole… Però due anni fa sono incominciati questi contrasti tra estremismo islamico e governo nazionale, perché – bisogna dire – da dopo il crollo delle Torri Gemelle di New York è incominciata l’infiltrazione – c’era già prima, ma poi è diventata più grande – di estremisti islamici dai Paesi arabi, che sono finanziati anche dall’estero. C’è stato poi anche un fatto grave negli ultimi tempi: il 18 ottobre dell’anno scorso è scoppiata una bomba in una moschea ed è cominciata anche la discussione su chi ha messo quella bomba. Non c’era mai stato un attentato contro i musulmani!

    D. – Padre Gheddo, in questo contesto come vivono i cristiani?

    R. – I cristiani vivono in una situazione di paura, perché negli ultimi tempi specialmente c’è stata una recrudescenza di marginalizzazione e non solo nei confronti dei cristiani, ma anche dei buddisti e degli indù. C’è il pericolo poi che il governo stringa i freni, per esempio, sull’ingresso dei missionari…

    D. – Qual è il suo augurio in questo momento per il Paese?

    R. – Che cessino gli scioperi e che si mettano d’accordo. Devono capire che se si va avanti così, il Bangladesh scoppia! La gente non vive più! E ci sono ditte straniere che fuggono! Quindi crollerebbe l’economia e crollerebbe tutto! Bisogna pregare e poi fare il possibile in campo internazionale per questo popolo.

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    Il patriarca di Venezia visita il carcere femminile di Giudecca

    ◊   Si svolge questo pomeriggio la visita del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, al carcere femminile di Giudecca, dove presiederà la Messa e incontrerà le detenute e quanti lavorano nel penitenziario. Lo scorso 18 dicembre il presule aveva già visitato il carcere maschile veneziano di Santa Maria Maggiore. Antonella Pilia ha chiesto a mons. Moraglia i motivi di questa visita:

    R. – L’anno scorso ero stato nel carcere femminile, dicendo che avrei avuto piacere di incontrarle in varie circostanze. E certamente quella delle feste natalizie è una di queste. Direi, quindi, che il primo motivo è questo. E poi, l’aiuto che noi possiamo dare a queste nostre sorelle, che stanno pagando un debito che hanno con la società civile e che hanno tutte le intenzioni di recuperare. Tra l’altro, essendo carcere penale, quindi avendo la presenza di detenute che sono ospiti per tempi piuttosto prolungati, avrò anche la gioia di benedire un’ala del penitenziario in cui c’è una custodia attenuata da parte di mamme che hanno con loro i bambini.

    D. – Di cosa si tratta nello specifico?

    R. – E’ una porzione dell’edificio carcerario, allestita sotto forma di appartamento. Faccio un esempio: le guardie carcerarie non indossano la divisa e le detenute possono creare un clima in cui i bambini sentono il meno possibile questo regime di custodia carceraria. E’ la seconda struttura in Italia, dopo quella di Milano, in cui si aiuta a scontare una pena, cercando di puntare soprattutto sulla stima, la fiducia, la rieducazione di donne, che vivono l’esperienza della maternità, in una situazione difficile, che non deve compromettere il momento educativo dei bambini in tenerissima età.

    D. – Di quante donne stiamo parlando?

    R. – Questo esperimento riguarda quattro bambini e tre madri. Io benedirò questa struttura, che è già in essere da qualche mese, ma che è semplicemente un momento iniziale di un’apertura più ampia, per cui speriamo che in un prossimo futuro un numero maggiore delle 80 detenute, che sono mamme e hanno bambini in tenera età, possano usufruire di questo contesto educativo migliore per i loro figli.

    D. – Quale messaggio porterà alle detenute e anche a coloro che lavorano in carcere?

    R. – Riporterò il messaggio che ho portato il 18 dicembre nel carcere maschile. Il messaggio fondamentalmente è questo: di fronte ad uno sbaglio fatto, ci sono due possibilità: quella di perseverare nell’errore e di continuare a giustificare quello che si è fatto ad oltranza, potrei dire, oppure affrontare la questione alla radice, che molte volte s’identifica con questo semplice atteggiamento: “Ho sbagliato voglio ricominciare”. Unito a questo messaggio c’è quello dell’affidabilità. Chiederò anche alle ospiti donne, detenute, quello che ho chiesto agli ospiti uomini, detenuti: “Siate persone affidabili per il vostro compagno di cella, per le guardie carcerarie, per i vostri familiari; incominciate a ricostruire la vostra vita da voi stessi e rimarrete stupiti di quanto potete fare in novità di spirito”. Questo credo che sia il messaggio che voglio dare anche alle detenute donne, con un convincimento più forte, perché la donna rappresenta qualcosa che non è ancora stata valorizzata fino in fondo dalla nostra società molto maschile, sotto certi punti di vista. Io credo che anche nel redimersi dalle colpe, le donne possano avere un qualcosa di specifico da dire e da dare alla società.

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    Calano gli aborti in Italia. Patrizia Lupo: dato significativo, ma nasconde realtà complessa

    ◊   Nel 2012 c’è stato un calo del 5% del numero degli aborti rispetto al 2011, come si legge nei dati del Parlamento sulla relazione annuale che riguarda la Legge 194. Un fenomeno certamente positivo che tuttavia va inquadrato in uno scenario più complesso, come spiega Patrizia Lupo, responsabile del Segretariato Sociale per la Vita Onlus di Roma, un servizio che si occupa di sostenere le future mamme che, davanti a una gravidanza inattesa, pensano di ricorrere all’aborto. L'intervista è di Elisa Sartarelli:

    R. – Il dato è certamente molto significativo, perché ogni volta che diminuisce il numero degli aborti questo non può che farci piacere. Bisognerebbe però capire da cosa dipende questa diminuzione. Per esempio, molte delle nostre mamme ritornano al loro Paese di origine, perché qui non trovano lavoro e attraverso loro siamo venute a conoscenza anche di moltissime altre donne straniere o coppie che rientrano, perché ormai c’è la crisi. Tante donne romene, per esempio, preferiscono tornare al loro Paese d’origine per abortire.

    D. – Chi si rivolge a voi sono mamme o coppie giovani e per questo impreparate ad avere un bambino, oppure adulti, magari con difficoltà economiche?

    R. – Noi abbiamo mamme di tutte le età: dai 14 anni fino anche alle 49enni. Finora abbiamo avuto – credo – attorno alle 80 diverse nazionalità, e ovviamente tutte con il loro bagaglio di sofferenza, di difficoltà e di problemi vari da affrontare e risolvere per accogliere il bambino. Abbiamo anche molti giovani che si rivolgono a noi, che si trovano di fronte a una gravidanza inattesa e sono incerti se ricorrere all’aborto. Questi giovani hanno proprio bisogno di avere una loro famiglia, perché alle spalle spesso c’è proprio la mancanza di una famiglia oppure ce n’è una problematica o genitori divisi. Ultimamente, questo aspetto della mancanza del lavoro e dei problemi economici è diventato sempre più rilevante, proprio a causa della crisi. Abbiamo avuto diverse famiglie che di fronte ad un bambino hanno pensato di ricorrere all’aborto, proprio perché mancavano del necessario per vivere. In alcuni casi, però, abbiamo visto anche che l’amore per la vita è stato più grande di queste loro difficoltà.

    D. – Che tipo di aiuto offrite?

    R. – Noi abbiamo offerto aiuti di diverso tipo: aiuti economici, come il Progetto Gemma, che è di 160 euro al mese per 18 mesi consecutivi; ma anche assistenza sanitaria, in alcuni casi assistenza legale, generi di necessità per il neonato e altro ancora. Ci sono fasce che sono molto deboli come appunto quelle degli stranieri. In particolare, qui a Roma c’è una grande comunità di nigeriane e ci rendiamo conto che le loro condizioni di vita sono spesso proprio al limite della sopravvivenza. Ma nonostante questo, sono comunque aperte alla vita e hanno il grande valore della maternità. La crisi, purtroppo, è andata a toccare anche i servizi sociali, perché le risorse sono sempre di meno, e questo credo che faccia aumentare anche il ricorso all’aborto. Infatti, ovviamente, se mancano le risorse e una mamma si presenta ad un servizio, chiede di essere aiutata e non si può fare che pochissimo, è chiaro che questo la demotivi. Secondo me, a causa della crisi sta aumentando anche il ricorso all’aborto, proprio perché non c’è lavoro, non c’è speranza, non c’è possibilità di trovare vie d’uscita. Ci sono tantissimi centri come il nostro in tutta Italia che possono aiutare quelle madri o quelle coppie che si trovano in difficoltà e pensano di ricorrere all’aborto; magari non sarà tantissimo quello che si può fare ma è sempre possibile fare qualcosa per accogliere una vita. E, magari, superare insieme questo momento di crisi, perché la crisi di certo passerà ma un figlio resta, come resterà per sempre la ferita profondissima per non aver accolto un bambino.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq, avanza al Qaeda: conquistata Falluja. Attentati a Baghdad, almeno 15 morti

    ◊   In Iraq una serie di attentati ha sconvolto oggi i quartieri settentrionali di Baghdad provocando almeno 15 morti. Intanto, le forze di sicurezza stanno preparando un “attacco massiccio” su Falluja per riprendere la città caduta totalmente in mano ad Al Qaeda, che controlla in parte anche Ramadi capoluogo della provincia occidentale di al Anbar. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che continueranno ad appoggiare il governo iracheno ma senza inviare truppe nel Paese. Washington ha espresso preoccupazione per l’avanzata dei qaedisti e per le barbarie compiute nella regione. Le autorità di Bagdad, per la prima volta, hanno ammesso di aver subito la perdita di otto soldati durante i combattimenti di questi giorni che avrebbero provocato anche diverse decine di vittime tra i ribelli e i civili. Tuttavia, il bilancio complessivo resta ancora incerto. Il premier al Maliki ha promesso la vittoria contro gli insorti.

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    Putin revoca divieto manifestazioni di protesta durante i giochi di Sochi

    ◊   Via libera alle manifestazioni di protesta a Sochi durante le Olimpiadi invernali che partiranno il prossimo mese febbraio. Il presidente russo Putin, attraverso un decreto firmato ieri, ha revocato il divieto imposto lo scorso agosto stabilendo tuttavia che le manifestazioni avvengano soltanto in una zona speciale della città. Il dispositivo prevede che luoghi, percorsi e numero di partecipanti siano concordati con le autorità cittadine e le forze di polizia e di sicurezza. Soddisfazione è stata espressa dal Comitato olimpico internazionale che in un comunicato definisce il decreto “conforme alle assicurazioni che il presidente Putin ci aveva dato l'anno scorso e con i progetti delle autorità russe per assicurare la libertà di espressione insieme alla sicurezza dei giochi”. (E. B.)

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    India. Card. Gracias: “Il Messaggio per la pace di Francesco, ricetta per lo sviluppo del Paese”

    ◊   “Il tema scelto da Papa Francesco – Fraternità, fondamento e sentiero per la pace - e il suo Messaggio sono molto rilevanti per l'India, un Paese che ha urgente bisogno di fraternità come simbolo di pace, sviluppo e progresso sostenibile per la nostra nazione”. Il presidente della Conferenza episcopale cattolica indiana e arcivescovo di Mumbai, card. Oswald Gracias, riflette - in un intervento pubblicato dall'agenzia AsiaNews - sull'importanza del tema scelto da Papa Francesco per la Giornata mondiale della Pace in vista delle elezioni che si svolgeranno nel 2014. E lo fa sottolineando che “solo la fraternità può salvare la nostra amata nazione dai mali della discriminazione e della disuguaglianza sociale”. Eppure – secondo il porporato - l'etica che prevale nella cultura di massa indica nel denaro il valore supremo, “e questo provoca povertà di massa e disuguaglianza sociale”. Il card. Gracias individua come attinenti all’India le parole pronunciate dal Papa durante la sua visita a Lampedusa: “Francesco ci mette in guardia contro la globalizzazione dell'indifferenza, che ci rende ciechi alle sofferenze degli altri e chiusi in noi stessi. Questo avvertimento parla direttamente alla situazione indiana, dove esiste un divario crescente fra ricchi e poveri e un'enorme divisione fra società urbane e rurali. È motivo di enorme vergogna che, dal 1997, in India si siano uccisi più di 250mila contadini”. Infine, la condanna dello status “minoritario” delle donne, l'aumento dei feticidi femminili e gli “orribili” abusi che avvengono contro donne e ragazze: “sono tutti mali, attacchi alla vita”. (F.P.)

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    Indonesia: dibattito sulla rimozione del credo religioso sui documenti d'identità

    ◊   E’ tempo che in Indonesia si rimuova dalle carte di identità l’indicazione del credo religioso: è la proposta lanciata da Basuki Tjahaja Purnama, politico cristiano che ricopre l’importante ruolo di vicegovernatore del distretto della capitale Giakarta. Come riferito all'agenzia Fides, la proposta ha suscitato nel Paese un ampio dibattito perché va a toccare un “tabù”: nella nazione, infatti, è obbligatorio per ogni cittadino appartenere ad una delle cinque religioni riconosciute (islam, cristianesimo, cattolicesimo, induismo, buddismo o confucianesimo) e l’indicazione è riportata sul documento di identità. Fra l’altro, notano alcuni studiosi, l’obbligo di scelta fra le cinque religioni riconosciute ha indotto milioni di cittadini indonesiani – sparsi nelle 17mila isola di un arcipelago vasto e plurale – a definirsi ufficialmente “musulmani”, mentre, di fatto, seguono e praticano culti tradizionali, indigeni o ancestrali. Eliminare l’obbligatorietà contribuirebbe, dunque, a ridefinire il volto religioso della nazione indonesiana oggi. Il vicegovernatore Tjahaja Purnama, cristiano di etnia cinese, nativo di Sud Sumatra, è una figura che già nei mesi scorsi è stata contestata da frange islamiste che rifiutavano di essere sottoposte e a un funzionario di religione cristiana. Il governatore di Giakarta Joko Widodo ha chiuso ogni polemica affermando di aver “scelto in base ai meriti” e avocando a sé deleghe e competenze per gli affari religiosi islamici. “Se la tolleranza è la chiave della libertà religiosa – ha spiegato Basuki Tjahaja Purnama – per la crescita futura dell’Indonesia occorre avere il coraggio di modificare una norma ormai desueta”. Rimuovendola, infatti, si vuole garantire l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni che spesso subiscono i cittadini non musulmani, anche in scuole e posti di lavoro pubblici. Alcuni leader musulmani hanno espresso parere contrario: secondo Tubagus Robbyansyah, presidente della sezione di Giakarta dell’organizzazione islamica “Nahdlatul Ulama”, “tutti i cittadini indonesiani hanno il diritto di dichiarare la loro religione. E, conoscendo la religione di ognuno, possiamo essere tolleranti”. Anche il viceministro federale per gli Affari Religiosi, Nasaruddin Umar, ha detto che mantenere l’indicazione della fede sulla carta di identità di ogni cittadino è importante, ad esempio, “per impedire i matrimoni interreligiosi illegali”. (R.P.)

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    Pakistan: nuovo piano di evangelizzazione con i mass-media dedicato alla “tutela della vita”

    ◊   Nel nuovo anno la Chiesa in Pakistan rilancia l’evangelizzazione con i mass media, con un piano che sarà incentrato sul tema della “tutela della vita”: lo riferisce all'agenzia Fides padre Nadeem John Shaker, segretario della Commissione per la comunicazioni sociali nella Conferenza episcopale del Pakistan e direttore di Radio Veritas in lingua urdu. La Commissione – sotto la guida del nuovo presidente, mons. Joseph Arshad, neo vescovo di Faisalabad – ha elaborato un piano pastorale per l’evangelizzazione nell’ambito della comunicazione mediatica che parte dalla funzione vitale di “Radio Veritas” in urdu, emittente presente in tutto il territorio nazionale. La Radio offre un servizio di alta qualità, accessibile, grazie alla lingua, all’intera popolazione pakistana, e si propone di coinvolgere sempre più le chiese locali, sensibilizzando sulla missione tramite le nuove tecnologie. In particolare il 2014, afferma il piano, sarà dedicato al tema della “tutela della vita”, intesa in tutte le sue fasi e circostanze: nel seno materno, nell’infanzia, nella malattia. Le comunità locali – nota il piano – saranno protagoniste nel costruire e produrre programmi e nel declinare e realizzare le diverse specifiche iniziative di comunicazione, come pubblicazioni, interventi nelle tv, programmi radiofonici, etc. Ogni servizio inoltre, prosegue il documento, “sarà chiamato a mettere in evidenza l'insegnamento della Fabc (Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia) e i messaggi di Papa Francesco”. Mons. Joseph Arshad ha confermato il pieno sostegno dei vescovi a tali iniziative, assicurando che la Conferenza episcopale del Pakistan continuerà a rafforzare la missione nei mass media, in special modo promuovendo il prezioso servizio di “Radio Veritas”, che giova al bene comune della nazione. (R.P.)

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    Filippine: a Manila milioni di pellegrini per il Nazareno Nero

    ◊   L'arcidiocesi di Manila si prepara a ricevere circa 12 milioni di pellegrini per la tradizionale celebrazione del Nazareno Nero che, iniziata il primo gennaio, si concluderà il 9 con la grande processione per le strade della capitale. Per celebrare al meglio questo momento di devozione popolare - riferisce l'agenzia AsiaNews - la Commissione incaricata della preparazione della processione ha chiesto alla popolazione di "collaborare al meglio" per evitare blocchi stradali e confusione. Allo stesso tempo la Eco Waste Coalition - una rete civica ambientalista - ha chiesto ai fedeli e ai pellegrini di "accoppiare alla propria devozione popolare la cura e il rispetto per l'ambiente". Lo scorso anno, i circa 9 milioni di devoti che hanno partecipato alla marcia hanno lasciato cumuli di spazzatura, che ha richiesto più di una settimana per essere portata via. Tin Vergara, attivista per l'ambiente, dice: "La nostra devozione per il Nazareno Nero è eccezionale. Ma ad essa dobbiamo aggiungere la cura per il Creato, in modo che questa bellissima festa sia anche in un canto di lode al Signore per la Terra e ciò che contiene". La statua del Nazareno Nero rappresenta Gesù piegato sotto il peso della Croce. Essa è stata portata a Manila da un sacerdote agostiniano spagnolo nel 1607 a bordo di una nave proveniente dal Messico. Secondo la tradizione l'imbarcazione ha preso fuoco durante il viaggio, ma l'immagine del Cristo è scampata miracolosamente all'incendio assumendo il colore nero. Nonostante il danno, la popolazione di Manila decide di conservare e onorare l'effige. Da allora, la statua è chiamata il Nazareno Nero e molte persone assicurano di aver ricevuto la guarigione da malattie toccandone la superficie. Nei secoli l'aura miracolosa che circonda l'immagine del Cristo ne ha fatto uno dei simboli del popolo filippino. In questi anni i vescovi hanno concesso una copia della statua ai cristiani di Mindanao, troppo lontani per partecipare in massa alla processione di Quiapo. Le celebrazioni si tengono a Cagayan de Oro in contemporanea con la capitale il 9 gennaio, festa del Nazareno, e il venerdì Santo. (R.P.)

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    L'Aibi: a Messina la famiglia più accogliente del 2013

    ◊   Caterina e Antonino Vinci, messinesi, sono per Aibi, Amici dei Bambini, ente che si occupa di adozioni e affidi, la famiglia più accogliente del 2013. Dopo la strage di Lampedusa, nella quale il 3 ottobre scorso persero la vita 366 profughi, Antonino e Caterina, 34 anni lui, 30 lei, hanno aderito con slancio all’appello dell’associazione, nell’ambito del progetto di affido di minori stranieri non accompagnati, grazie all’accordo sottoscritto con le amministrazioni comunali di Lampedusa e Messina. Così da qualche giorno hanno accolto nella loro casa, dove vivono con il figlio adottivo, un bimbo congolese di due anni, Haamid, un diciassettenne somalo. “Abbiamo sentito la necessità di impegnarci in prima persona – ha detto Antonio - e senza troppo riflettere abbiamo dato la nostra disponibilità”. Quando è partito il progetto di affido dei minori non accompagnati, spiega una nota dell’associazione, i signori Vinci hanno chiesto di accogliere un bambino che non avesse più di otto anni. “Con il trascorrere dei giorni – spiega Antonio - ci siamo resi conto che quel paletto non aveva senso. E così ci siamo semplicemente fidati dell’associazione e abbiamo aperto le porte ad Haamid”. Haamid è il maggiore di cinque fratelli, in casa nessuno ha un lavoro fisso e lui sa che cercare un’occupazione è il suo primo dovere, anche se ai suoi ospiti ha chiesto di poter studiare: ha voglia di imparare l’italiano. “Ci ha messo una settimana per convincersi a tirar fuori la roba da una borsa che non perdeva mai di vista – racconta Antonio - Haamid mangia pochissimo. Abbiamo come l’impressione che pratichi una sorta di solidarietà con la sua famiglia, che di cibo ne ha poco. E’ educato e profondamente rispettoso”. “Ci ha fatto invecchiare di colpo – aggiunge scherzando - ci chiama mamma e papà. Ma va bene così”. Per dialogare Antonino e Haamid passano ore davanti al computer: il ragazzo parla un po’ di inglese e così per capirsi spesso ricorrono ai dizionari di traduzione sul web. Per fortuna, anche nell’era di internet accogliere, sorridere e abbracciarsi restano un linguaggio universale che non ha bisogno di interpreti. “Questi giovani così innamorati - commenta Marco Griffini, presidente di Ai.Bi - hanno adottato un bimbo e con slancio si sono imbarcati in un nuovo progetto di accoglienza. Sono l’Italia migliore, quella che l’integrazione interculturale e interetnica la fa senza proclami, giorno per giorno, dentro casa”. Alla famiglia sarà inviata in omaggio un’icona in lamina d’oro realizzata a mano dalla suore Benedettine del monastero Mater Ecclesiae di San Giulio, isola circondata dalle acque del lago d’Orta. Per dare subito un aiuto concreto a chi vive questa situazione di estrema difficoltà, dal 13 gennaio al 2 febbraio 2014, Ai.Bi. lancia una campagna tramite sms, invitando a donare 2 euro tramite rete mobile e 2 o 5 euro da rete fissa. La campagna si inserisce nell’ambito di una serie di attività già avviate da Ai.Bi. in risposta al dramma dei "viaggi della speranza": l’associazione ha già allestito a Lampedusa e ad Agrigento due sportelli informativi per accompagnare, sostenere e indirizzare le famiglie che si sono messe a disposizione per l’affido. A Messina è inoltre attivo un centro di pronta accoglienza per minori non accompagnati, gestito da educatori specializzati in stretta collaborazione con la rete regionale di famiglie.(A cura di Alessandra Zaffiro)

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    E’ morto Eusebio, leggenda del calcio portoghese

    ◊   Lutto nel mondo dello sport per la morte di Eusebio da Silva Ferreira, considerato il miglior calciatore portoghese di tutti i tempi. E’ deceduto questa notte all’età di 71 anni per un arresto cardio-respiratorio. Soprannominato la ‘Pantera nera’, Eusebio era originario del Mozambico e aveva problemi di salute dal 2012 quando venne colpito da un ictus. A diffondere la notizia, il Benfica, club dove il giocatore ha militato per 15 anni. Con la maglia di questa squadra, Eusebio è stato per sette volte capocannoniere del Campionato contribuendo così alla conquista di 11 titoli portoghesi, 5 Coppe del Portogallo e una Coppa dei Campioni nel 1962. Ai Mondiali 1966 fu capocannoniere del torneo, con 9 reti. Il governo portoghese ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. La salma sarà esposta per due giorni in una camera ardente nello Stadio de la Luz, a Lisbona. I funerali si svolgeranno martedì sempre nella capitale portoghese. Il premier, Pedro Passos Coelho, ha inviato un messaggio di cordoglio alla famiglia in cui ricorda Eusebio come "un genio del calcio" e "un esempio di professionalità e determinazione". La federcalcio portoghese ha disposto un minuto di lutto in tutte le partite dei campionati lusitani.


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 5

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.