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Sommario del 01/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Giornata mondiale della Pace: Francesco affida a Maria Madre di Dio i bisogni del mondo intero
  • Il Papa all’Angelus rivolge il suo augurio cristiano per il 2014: violenze e ingiustizie non ci lascino indifferenti
  • Roma chiamata ad essere più solidale verso poveri, infelici e sofferenti. Così Francesco durante i Vespri e il Te Deum
  • Oggi in Primo Piano

  • Sud Sudan: governo e ribelli attesi per colloqui in Etiopia, ma si combatte a Bor
  • Lettonia nell’Euro. 18.mo Paese Ue che adotta la moneta unica
  • 2014: l'Onu lo dedica alle Aziende agricole familiari
  • La Caritas Ambrosiana per l'Anno europeo contro lo spreco alimentare
  • Messaggio del Papa alla Marcia per la pace a Campobasso: no al disprezzo dei più deboli
  • Iniziative di pace della Comunità di Sant'Egidio a Roma e nel mondo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Attentati Volgograd, Putin: "crimine abominevole". In corso operazioni antiterrorismo
  • Egitto: scontri tra islamisti e polizia davanti una chiesa al Cairo
  • Francia: Hollande annuncia iniziative comuni con la Germania per rafforzare l'Europa
  • Corea del Nord: Kim Jong Un evoca un "disastro nucleare", cresce la tensione con Seul
  • Bruxelles: conferenza delle Chiese europee su "La famiglia nel XXI secolo"
  • Svizzera: il 6 gennaio, colletta per il restauro di tre chiese
  • Brasile: a gennaio, incontro nazionale della Pastorale per non udenti
  • Gabon: appello della Chiesa per la difesa della vita e la fine dei crimini rituali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Giornata mondiale della Pace: Francesco affida a Maria Madre di Dio i bisogni del mondo intero

    ◊   Nella Giornata mondiale della pace, festa di Maria Madre di Dio, Papa Francesco ha affidato alla Madonna - nell’omelia della Messa celebrata stamane nella Basilica di San Pietro - i desideri del nostro cuore e i bisogni del mondo intero. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

    Ad aprire il nuovo anno Francesco ha scelto l’antica preghiera di benedizione che Dio aveva suggerito a Mosé, ad accompagnare “il nostro cammino per il tempo che si apre davanti a noi”.

    “Sono parole di forza, di coraggio, di speranza. Non una speranza illusoria, basata su fragili promesse umane; neppure una speranza ingenua che immagina migliore il futuro semplicemente perché è futuro. Questa speranza ha la sua ragione proprio nella benedizione di Dio, una benedizione che contiene l’augurio più grande, l’augurio della Chiesa ad ognuno di noi, pieno di tutta la protezione amorevole del Signore, del suo provvidente aiuto”.

    Un augurio – ha detto il Papa - che “si è realizzato pienamente in una donna, Maria, in quanto destinata a diventare la Madre di Dio”.

    “Questo è il titolo principale ed essenziale della Madonna. Si tratta di una qualità, di un ruolo che la fede del popolo cristiano, nella sua tenera e genuina devozione per la mamma celeste, ha percepito da sempre”.

    “Madre di Dio” che ci ha preceduti nel nostro cammino di fede e “per questo la sentiamo particolarmente vicina a noi!”.

    “... la Madre di Dio ha condiviso la nostra condizione, ha dovuto camminare sulle stesse strade frequentate da noi, a volte difficili e oscure, ha dovuto avanzare nel ‘pellegrinaggio della fede’”.

    Maria “sorgente di speranza e di gioia vera!”, “esempio di umiltà e disponibilità alla volontà di Dio”, che “al calvario tiene accesa la fiamma della fede nella risurrezione del Figlio e la comunica con affetto materno agli altri”.

    “A Lei affidiamo il nostro itinerario di fede, i desideri del nostro cuore, le nostre necessità, i bisogni del mondo intero, specialmente la fame e la sete di giustizia e di pace e di Dio; e la invochiamo tutti insieme: Santa Madre di Dio!”.

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    Il Papa all’Angelus rivolge il suo augurio cristiano per il 2014: violenze e ingiustizie non ci lascino indifferenti

    ◊   Dopo la Messa, il Papa all’Angelus ha rivolto il suo augurio speciale per il 2014. Il servizio di Roberta Gisotti:

    "Il mio augurio è quello della Chiesa, è quello cristiano! Non è legato al senso un po’ magico e un po’ fatalistico di un nuovo ciclo che inizia".

    Tutti noi – ha ricordato - abbiamo lo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo:

    "Lui ci spinge ad andare avanti nella strada della vita cristiana, nella strada della Storia, verso il Regno di Dio".

    Quindi ha richiamato il tema della Giornata mondiale della Pace: “Fraternità, fondamento e via per la pace”, nella convinzione - ha detto – che siamo “tutti figli dell’unico Padre”, “parte della stessa famiglia umana”, con “un comune destino”, chiamati ad operare perché “il mondo diventi una comunità di fratelli che si rispettano, si accettano nelle loro diversità e si prendono cura gli uni degli altri”.

    "Siamo anche chiamati a renderci conto delle violenze e delle ingiustizie presenti in tante parti del mondo e che non possono lasciarci indifferenti e immobili: c’è bisogno dell’impegno di tutti per costruire una società veramente più giusta e solidale".

    Da qui l’invito di Papa Francesco ad incamminarci tutti, da ogni angolo della Terra “con più decisione sulle vie della giustizia e della pace”, aiutati dal Signore:

    “La pace, infatti, richiede la forza della mitezza, la forza nonviolenta della verità e dell’amore”.

    E si comincia con la pace in casa:

    “Giustizia e pace a casa, tra noi. Si incomincia a casa e poi si va avanti, a tutta l’umanità. Ma dobbiamo incominciare a casa”.

    Poi l’invocazione a Maria perché il Vangelo della fraternità possa “abbattere i muri che impediscono ai nemici di riconoscersi fratelli".

    A lei, che estende la sua maternità a tutti gli uomini, affidiamo il grido di pace delle popolazioni oppresse dalla guerra e dalla violenza, perché il coraggio del dialogo e della riconciliazione prevalga sulle tentazioni di vendetta, di prepotenza, di corruzione.

    E ancora dopo la preghiera Mariana, ricambiando gli auguri del presidente Giorgio Napolitano, Francesco ha rivolto una benedizione particolare al popolo italiano “affinché, con il contributo responsabile e solidale di tutti, possa guardare al futuro con fiducia e speranza”.

    Infine un grazie per le tante iniziative di preghiera e impegno per la pace in ogni parte del mondo.

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    Roma chiamata ad essere più solidale verso poveri, infelici e sofferenti. Così Francesco durante i Vespri e il Te Deum

    ◊   Un anno che è passato non ci porta ad una realtà che finisce ma ad una realtà che si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta di speranza e di felicità, perché incontreremo Dio, ragione della nostra speranza e fonte della nostra letizia. Così il Papa durante i Vespri ieri sera per la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e il Te Deum nella Basilica Vaticana, terminati con la visita al presepe allestito in Piazza San Pietro. Il Pontefice, nell’omelia, si è concentrato poi su Roma, una città di una bellezza unica, ma in cui ci sono tante persone segnate da miserie materiali e morali, persone povere, infelici, sofferenti, che interpellano la coscienza non solo delle autorità, ma di ogni cittadino. Il servizio di Salvatore Sabatino:

    Papa Francesco apre la sua ultima omelia dell’anno partendo dall’apostolo Giovani, il quale definisce il tempo presente in modo preciso: «È giunta l’ultima ora». Questa affermazione, dice il Papa, – che ricorre nella Messa del 31 dicembre – sta a significare che con la venuta di Dio nella storia siamo già nei tempi “ultimi”, dopo i quali il passaggio finale sarà la seconda e definitiva venuta di Cristo.

    "Con Gesù è venuta la 'pienezza' del tempo, pienezza di significato e pienezza di salvezza. E non ci sarà più una nuova rivelazione, ma la manifestazione piena di ciò che Gesù ha già rivelato".

    La visione biblica e cristiana del tempo e della storia, aggiunge il Papa, non è ciclica, ma lineare: è un cammino che va verso un compimento.

    "Un anno che è passato, quindi, non ci porta ad una realtà che finisce ma ad una realtà che si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta di speranza, una meta di felicità, perché incontreremo Dio, ragione della nostra speranza e fonte della nostra letizia".

    E mentre giunge al termine il 2013, Papa Francesco invita i fedeli a raccogliere, come in una cesta, i giorni, le settimane, i mesi che abbiamo vissuto, per offrire tutto al Signore. Domandiamoci, dice, come abbiamo vissuto il tempo che Lui ci ha donato?

    "Lo abbiamo usato soprattutto per noi stessi, per i nostri interessi, o abbiamo saputo spenderlo anche per gli altri? Quanto tempo abbiamo riservato per 'stare con Dio', nella preghiera, nel silenzio, nell'adorazione?..."

    Si concentra sulla città di Roma, poi, Papa Francesco, domandandosi, cosa è successo quest’anno, che cosa sta succedendo, e che cosa succederà. La qualità della vita – dice - dipende da tutti noi, ed ognuno di noi contribuisce a renderla vivibile, ordinata, accogliente. Il volto di una città, aggiunge il Pontefice, è come un mosaico le cui tessere sono tutti coloro che vi abitano. Certo, chi è investito di autorità ha maggiore responsabilità, ma ciascuno è corresponsabile, nel bene e nel male.

    "Roma è una città di una bellezza unica. Il suo patrimonio spirituale e culturale è straordinario. Eppure, anche a Roma ci sono tante persone segnate da miserie materiali e morali, persone povere, infelici, sofferenti, che interpellano la coscienza di ogni cittadino. A Roma forse sentiamo più forte questo contrasto tra l’ambiente maestoso e carico di bellezza artistica, e il disagio sociale di chi fa più fatica".

    Roma, una città di contrasti, insomma, piena di turisti, ma anche piena di rifugiati; piena di gente che lavora, ma anche di persone che non trovano lavoro o svolgono lavori sottopagati e a volte indegni.

    "Tutti, però, hanno il diritto ad essere trattati con lo stesso atteggiamento di accoglienza e di equità, perché ognuno è portatore di dignità umana".

    Roma, dice Papa Francesco, avrà un volto ancora più bello se sarà ancora più ricca di umanità, ospitale, accogliente; se tutti noi saremo attenti e generosi verso chi è in difficoltà; se sapremo collaborare con spirito costruttivo e solidale, per il bene di tutti.

    "La Roma dell’anno nuovo sarà migliore se non ci saranno persone che la guardano 'da lontano', in cartolina, che guardano la sua vita solo 'dal balcone', senza coinvolgersi in tanti problemi umani, problemi di uomini e donne che, alla fine… e dal principio, lo vogliamo o no, sono nostri fratelli".

    In questa prospettiva – conclude il Papa - la Chiesa di Roma si sente impegnata a dare il proprio contributo alla vita e al futuro della Città: ad animarla con il lievito del Vangelo, ad essere segno e strumento della misericordia di Dio.

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    Oggi in Primo Piano



    Sud Sudan: governo e ribelli attesi per colloqui in Etiopia, ma si combatte a Bor

    ◊   Non si fermano le ostilità in Sud Sudan, proprio nelle ore in cui dovrebbero cominciare, ad Addis Abeba, i colloqui tra il governo guidato da Salva Kiir e i ribelli fedeli all’ex vicepresidente Riek Machar. Al centro degli scontri la città di Bor, capitale dello Stato di Jonglei, teatro in queste settimane di aspri combattimenti. Il servizio di Davide Maggiore:

    Bor è “zona di guerra”, e “i combattimenti proseguono” ancora, secondo il ministero degli Esteri sud-sudanese; ma per altre fonti le truppe governative hanno abbandonato almeno in parte la città contesa, 190 chilometri a sud della capitale Juba. Dal capoluogo sono fuggiti anche migliaia di civili, che hanno attraversato il Nilo Bianco per mettersi in salvo. L’occupazione della città potrebbe permettere ai ribelli di partire da una posizione di maggiore forza nei colloqui previsti in Etiopia, ad Addis Abeba. Ieri è scaduto il termine che i Paesi della regione avevano dato alle parti in conflitto per iniziare una trattativa e - nonostante gli scontri in corso – sia il governo che gli insorti hanno confermato di voler negoziare. Una disponibilità accolta con favore dagli Stati Uniti: la Casa Bianca ha anche chiarito che negherà il suo sostegno a chi usa la forza per accedere al potere e che si impegnerà per far perseguire i responsabili di abusi e crimini di guerra, a qualsiasi schieramento appartengano. Preoccupa, infine, la situazione umanitaria: l’Organizzazione mondiale della sanità teme che nel Paese possano svilupparsi epidemie, perché anche molti operatori sanitari hanno abbandonato le aree colpite dalle violenze.

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    Lettonia nell’Euro. 18.mo Paese Ue che adotta la moneta unica

    ◊   Dalla mezzanotte di oggi la Lettonia ha fatto il suo ingresso nell’Euro. Si tratta del 18.mo Paese ad aver adottato la moneta unica europea. Un risultato raggiunto dal governo di Riga dopo una profonda crisi economica e un programma di risanamento economico nel segno dell’austerità. Sulle criticità che ancora gravano sull’euro e sulle politiche finanziarie dell’Ue, Marco Guerra ha raccolto il commento del prof. Daniele Archibugi, economista esperto di relazioni internazionali:

    R. - Dimostra che l’Euro è una moneta vitale e che c’è la possibilità di allargare a tanti altri Paesi. Questo, ha anche degli effetti positivi perché, ad esempio, riduce la speculazione sui tassi di cambio. Ovviamente non basta, perché quando si mette una moneta unica bisogna fare anche delle politiche di convergenza dell’economia reale. Finora non sono state fatte e questo si vede: la parte debole della zona euro – Grecia, Spagna, Italia, Portogallo – si è trovata periodicamente in una situazione di difficoltà.

    D. - Draghi e Barroso additano la Lettonia come esempio virtuoso delle politiche di austerità segnate da grandi sacrifici. L’unica via indicata per uscire dalla crisi quindi resta ancora quella dei “programmi lacrime e sangue”?

    R. - Assolutamente no. Il problema è che non bisogna essere nemmeno troppo virtuosi. A volte bisogna non essere virtuosi da un punto di vista economico. Oggi, uno dei problemi principali della Zona euro è che alcuni Paesi - in particolar modo la Germania - spendono troppo poco. Questo crea degli squilibri, perché per creare un’unione monetaria bisogna creare degli obblighi, non soltanto nei confronti dei Paesi che sono in deficit - come appunto la Grecia, la Spagna, l’Italia -, ma anche nei confronti di quelli che sono in surplus. Se vogliamo mantenere questa magnifica costruzione europea, che è l’Euro, i Paesi che sono in surplus devono fare delle politiche non di regali o di sostegno alla Grecia, ma di espansione a livello interno. Questo, potrebbe aiutare - tramite flussi economici associati al turismo - a riequilibrare la situazione all’interno dell’Euro.

    D. - Il 2013 si chiude con gli indici della borsa che segnano valori record; però la disoccupazione resta su tassi allarmanti …

    R. - C’è uno squilibrio insopportabile. Per carità, il fatto che la borsa sia cresciuta - e tra l’altro in tutti i Paesi - è senz’altro una buona notizia. Però, questo vuol dire che chi ha avuto qualcosa da investire in borsa è diventato più ricco. Perché questo non ha un effetto anche sulla riduzione della povertà? Quindi, questo indicatore sta dimostrando che i ricchi sono diventati più ricchi, mentre – purtroppo - la povertà e la disoccupazione - soprattutto giovanile - in Italia e in molti altri Paesi dell’Unione Europea sono aumentate. Bisogna che questa ricchezza nelle mani di pochi sia reinvestita per fini produttivi e chi, oggi ha fatto dei profitti in borsa, investa i propri capitali per cercare di dare lavoro anche a chi non ha lavoro.

    D. - Torniamo sulla moneta unica: nei Paesi che ne fanno parte si ingrossa il fronte di quanti vorrebbero uscirne …

    R. - Quando ci sarà un Paese che effettivamente uscirà dall’Euro ci crederò. Secondo me, questo non accadrà. È una forma di pressione - tra l’altro del tutto legittima - da parte dei Paesi della zona debole per far sì che anche i Paesi della zona forte capiscano che non si possono mettere soltanto obblighi sui deboli; bisogna mettere obblighi anche su Paesi che hanno una situazione di surplus. Da parte sua, credo che la Banca centrale europea, grazie al presidente Draghi, abbia fatto veramente tutto quello che poteva fare, visti i vincoli istituzionali presenti. Non abbiamo mai avuto un tasso di interesse così basso e così a lungo. Il problema di fondo è che malgrado il tasso di interesse della Banca centrale sia basso, le banche dei Paesi membri prestano a tassi che sono spropositati; credo che anche lì bisognerebbe fare in modo che questa liquidità a prezzi così bassi rientri nel sistema produttivo, perché per creare occupazione bisogna fare investimenti.

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    2014: l'Onu lo dedica alle Aziende agricole familiari

    ◊   Sono 500 milioni le aziende agricole a conduzione familiare. Una realtà importante nei Paesi industrializzati come nel Terzo Mondo. A queste realtà produttive l’Onu ha dedicato l’Anno Internazionale 2014, mettendo in luce l’enorme potenzialità degli agricoltori nella lotta alla fame e nella tutela dell’ambiente. Alessandro Guarasci:

    Un modello produttivo a dimensione umana, che in qualche modo fa da contraltare alle grandi multinazionali. Le aziende agricole a conduzione familiare ogni giorno sfamano miliardi di esseri umani. In tanti Paesi del Terzo Mondo rappresentano l’80% del totale delle imprese di questo settore. E poi sono una realtà fondamentale in molte nazionali occidentali, in primo luogo in Italia. Per la Fao vanno tutelate garantendo l’accesso alla terra, all’acqua e al credito. Giorgio Mercuri, presidente di Fedagri-Confcooperative.

    “Non dimentichiamo che negli anni le risorse diminuiranno, e su questo aspetto dobbiamo stare attenti anche al buon utilizzo dell’acqua. Credo che tanto si sia già fatto. Nel mondo occidentale già si utilizzano – ormai da anni – i cosiddetti impianti a goccia, che sono quelli a risparmio idrico; altrettanto, però, si deve ancora fare e credo che la ricerca ci debba mettere anche del suo. Rispetto all’accesso al credito, qui invece le difficoltà cambiano da Paese a Paese: sicuramente, l’Italia insieme ai Paesi del Terzo Mondo, è quella che soffre di più. Negli ultimi anni, soprattutto le banche dedicano sempre meno risorse alla famiglia coltivatrice: non tanto all’impresa agroalimentare, ma alla famiglia coltivatrice. Questo perché negli anni si è visto che questo settore ha sempre maggiori difficoltà, e quindi le banche ritengono che non sia un settore nel quale investire. Questo è un grande problema al quale dobbiamo sicuramente mettere mano, ma la politica ci deve dare un contributo sostanziale”.

    L’Anno Internazionale 2014 mette in luce l’importanza di queste imprese per alleviare la fame e la povertà, tutelare l’ambiente, ma anche la sicurezza di quanto ogni giorno mangiamo. Giuseppe Politi, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori.

    “Sicurezza intesa nella doppia veste: riguarda la qualità ma anche la disponibilità del cibo. E’ fondamentale, soprattutto a livello internazionale, mantenere questa missione degli alimenti e da affidare soprattutto alle aziende familiari, perché sono rappresentative di realtà sicuramente più diffuse in tutto il mondo. Anzi, sono quelle che più possono dare risposte in termini proprio di disponibilità e quindi sufficienza del cibo”.

    Servono programmi nazionali e regionali per rafforzare queste realtà produttive.

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    La Caritas Ambrosiana per l'Anno europeo contro lo spreco alimentare

    ◊   “Il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame”. È una delle riflessioni che Papa Francesco ha dedicato agli sprechi e agli scarti alimentari nella società contemporanea, che nel 2014 appena iniziato risuona ancora più forte, visto che si celebra l’Anno europeo contro lo spreco alimentare: secondo stime Fao, un terzo del cibo prodotto nel mondo viene sprecato, ben 1,3 miliardi di tonnellate all'anno. Ogni europeo, riferiscono fonti di Bruxelles, getta via 180 kg di alimenti. Nell’udienza generale del 5 giugno 2013, il Pontefice ha spiegato che la “cultura dello scarto ci ha resi insensibili” agli sperperi, che sono ancora più “deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione”. Nel videomessaggio per la Campagna “One human family, food for all” di Caritas Internationalis, a inizio dicembre, il Pontefice è tornato sull’argomento, ricordando che le azioni quotidiane di ognuno di noi hanno ”un impatto sulle vite di chi - vicino o lontano che sia - la fame la soffre sulla propria pelle”. Giada Aquilino ne ha parlato con don Roberto D’Avanzo, direttore della Caritas Ambrosiana:

    R. - C’è di mezzo il perverso meccanismo per cui l’umanità deve sempre oscillare tra momenti più duri, segnati da carenze, in cui l’uomo impara - in situazioni di difficoltà - anche ad accontentarsi e a valorizzare il poco, e periodi in cui dimentica completamente cosa ha alle spalle e le condizioni della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, adagiandosi su stili di vita segnati da esagerazione, da spreco, da incapacità di condivisione. Questo tempo di crisi, che indubbiamente stiamo attraversando, potrebbe diventare anche benefico se ci aiutasse a rimettere in discussione il modo complessivo con cui noi ci rapportiamo, in generale, ai beni che la natura ci mette a disposizione.

    D. - Perché oggi si continua a sprecare cibo?

    R. - Certamente, quello odierno, è uno spreco che segue i meccanismi della produzione e del consumo dei Paesi più ricchi, dei Paesi più benestanti. Lo vediamo anche paradossalmente con le patologie nei confronti del cibo: per cui una delle campagne più impegnative nei Paesi benestanti è proprio quella contro la bulimia, contro l’obesità che colpisce fin dai primi anni di vita. Quindi, da un alto, ci ammaliamo della nostra ricchezza, ma dall’altro - e scadiamo nell’eccesso opposto – esiste anche il rifiuto totale del cibo, con quella anoressia che uccide e che rovina la vita di tanti ragazzi e di tante ragazze.

    D. - Caritas Ambrosiana partecipa e ripropone ‘One human family, food for all’ di Caritas Internationalis: nel videomessaggio per il lancio della campagna, il Papa ha esortato “a diventare più consapevoli delle nostre scelte alimentari”. Quali iniziative dirette state portando avanti?

    R. - La premessa è che questa campagna di Caritas Internationalis, per noi, è una straordinaria occasione per preparare tutta la comunità cristiana all’evento dell’Expo, che ci vedrà protagonisti qui a Milano nel 2015. Ma soprattutto è l’occasione per dare un ulteriore contributo di riflessione a tutta una serie di iniziative nate, in maniera anche molto spontanea, in questi anni. Nelle parrocchie si è sviluppata l’idea di costituire dei luoghi dove stoccare risorse alimentari, magari frutto di raccolte fatte periodicamente in parrocchia o frutto di accordi con il supermercato di quartiere, che ha delle eccedenze o dei prodotti che per banali motivi di confezione non possono essere più venduti, ma che sono assolutamente integri e buoni. La fantasia della carità dei nostri operatori ha messo poi in atto una rete di distribuzione. Inoltre, a livello diocesano, ci stiamo muovendo sia verso l’idea di costituire in alcuni punti strategici della nostra diocesi delle piattaforme logistiche, dei luoghi dove appunto stoccare derrate alimentari; sia verso un bel progetto che da alcuni anni viene portato avanti a Roma e nella periferia, che è l’emporio alimentare: un vero e proprio supermercato cui accedono le persone che passano attraverso i centri di ascolto e possono quindi beneficiare di “acquisti” a costo zero, in base ad una tessera. Sono tutte iniziative finalizzate a ridurre lo spreco, a generare una solidarietà nei confronti di chi fa più fatica, però a noi interessa pure mettere un po’ in discussione questo modello economico e di mercato. Non possiamo solo accontentarci di sfruttare, anche se a fin di bene, la logica delle eccedenze: vorremmo sviluppare insieme una riflessione perché in qualche modo si pongano le premesse affinché cambi il sistema di produzione, cambi il modo di sfruttare le risorse alimentari del Pianeta e, di conseguenza, si generi sempre più giustizia.

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    Messaggio del Papa alla Marcia per la pace a Campobasso: no al disprezzo dei più deboli

    ◊   “Un rinnovato impegno nella costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sull’amore e sulla giustizia, fuggendo dalla globalizzazione dell’indifferenza, che fa abituare alla sofferenza dell’altro e induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli”. Con questo messaggio Papa Francesco è voluto essere presente alla 46.ma Marcia per la pace sul tema “La Fraternità, fondamento e via per la pace”, che si è svolta ieri sera a Campobasso. Per l’iniziativa, promossa dalla Conferenza episcopale italiana, sono giunti nel capoluogo molisano oltre 3000 partecipanti da tutta Italia. Il servizio di Marina Tomarro:

    Due assi di legno dipinte d’azzurro come il colore di quel mare di Lampedusa da cui provengono: è costruita con pezzi di barche che trasportavano migranti, la croce che ha aperto il lungo corteo dei partecipanti alla Marcia della pace. Ascoltiamo il commento di mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione lavoro giustizia e pace della Conferenza episcopale italiana.

    “Dio volge lo sguardo su di te e ci invita a non lasciar fuori nessuno, a non fare come Caino. Da qui nasce la cultura dell’indifferenza. Da qui nascono i drammi di Lampedusa. Perciò è da lì che noi dobbiamo partire, perché tutti si sentano accolti, in particolare chi si sente più fragile e debole. Chi viene da lontano”.

    Alla Marcia hanno partecipato tra gli altri moltissimi giovani che, attraversando le strade del capoluogo molisano, hanno fatto alcune tappe: alla mensa Caritas e al carcere, per non dimenticare chi chiede una nuova opportunità ed un futuro migliore. Ascoltiamo ancora mons. Bregantini:

    R. – Dietro ci sono tanti ideali, tanta forza, tanto bisogno. E ovviamente, sullo sfondo, c’è una richiesta: la richiesta del lavoro, del pane condiviso. Non è quindi solo la pace in maniera astratta, ma è la concretezza dei segni della pace di cui il lavoro condiviso è spartito come l’Eucaristia.

    D. – Il 2013 è stato un anno molto difficile per gli italiani, a causa della crisi. Cosa si augura per il 2014?

    R. – Mi auguro una serie di cose: un governo meno litigioso, un cuore più attento ai bisogni della gente da parte della politica, che metta in disparte l’eterna questione “elezioni sì – elezioni no”: alla gente, pochissimo importa. Alla gente importa il lavoro, la dignità, la famiglia unita, il pane quotidiano. Secondo punto: che la gente possa investire: beato chi rileva un’azienda in difficoltà; beato chi crede e si rimbocca le maniche e opera per cambiare la propria società, per non perdere nessuno. Terzo: nel mondo operaio, ci sia la coscienza della legge della solidarietà, per cui si possa sempre creare una serie di contratti di solidarietà, perché nessuno vada perduto.

    La tappa del carcere ha voluto ricordare le sofferenze dei detenuti, che molte volte continuano anche quando finiscono la loro pena. Il commento del cappellano della casa circondariale di Campobasso, don Giuseppe Romano.

    R. – Molte volte anche il non avere speranza: cioè, si chiedono cosa potranno fare in futuro, quale futuro li aspetti, quale futuro aspetti le loro famiglie, i loro figli … Quindi, il nostro compito, non solo per il cappellano, ma per chiunque operi all’interno del carcere, è proprio aiutarli a ritrovare la speranza, a credere di nuovo in se stessi e anche nella società. E questo, ovviamente, deve farlo anche la società.

    D. – Cosa potrebbe fare di più il governo per i detenuti?

    R. – Avere sempre come obiettivo quello di aiutare la persona. Sarebbe ancora meglio se si riuscisse a prevenire, con interventi forti a livello sociale, soprattutto in queste zone a rischio, di entrare a contatto con la malavita o con la criminalità. Quindi, costruire scuole, dare occasioni di lavoro: molti, infatti, finiscono in carcere perché non trovano lavoro e avendo famiglia, figli, finiscono per rubare o commettere altri reati. Ma poi, in carcere dimostrano di avere voglia di imparare un lavoro, una professione …

    Ma cosa spinge a partecipare alla Marcia della pace? Ascoltiamo alcuni commenti:

    R. – Da musulmano impegnato nel dialogo interreligioso, sento doveroso partecipare a qualsiasi attività che possa portare alla pace, soprattutto in questi momenti difficili della storia umana. Davanti a questa sofferenza mondiale, dobbiamo alzare la voce e questa è una occasione in cui possiamo anche esprimere la nostra compassione con tutte le vittime e le persone che soffrono in questi momenti.

    D. – Nel tuo piccolo, in che modo cerchi di portare pace ai tuoi fratelli?

    R. – E’ una sfida quotidiana, perché comunque si tratta di uscire dall’egoismo, di non pensare più soltanto alla propria comodità ma di cercare anche di andare incontro agli altri, di ascoltare gli altri. Ecco: uscire da se stessi, ma anche entrare in punta di piedi nella vita degli altri.

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    Iniziative di pace della Comunità di Sant'Egidio a Roma e nel mondo

    ◊   All’Angelus di stamattina in Piazza San Pietro sono affluite anche le migliaia di partecipanti alla tradizionale Marcia per la Pace, organizzata per il primo dell’anno dalla Comunità di Sant’Egidio, in coincidenza con la Giornata Mondiale per la Pace. La Marcia, simbolica, ha percorso Via della Conciliazione e, con l’ascolto di alcune testimonianze, è poi sfociata nel Colonnato del Bernini, in attesa di Papa Francesco. Federico Piana ne ha parlato con uno degli organizzatori di Sant’Egidio, Alberto Quattrucci:

    R. – Questa marcia della pace è una tradizione: una bella tradizione che noi viviamo da 12 anni. Sono 12 anni, quindi, che Sant’Egidio lancia marce, manifestazioni, momenti di riflessione, di preghiera, conferenze… insomma, iniziative un po’ in tutto il mondo, dove siamo presenti e dove abbiamo amici che collaborano con noi, per sottolineare che l’anno inizia con il passo della pace: un gesto della pace è l’augurio migliore che si possa fare.

    D. – Che cos’è per Sant’Egidio la pace?

    R. – La dimensione più bella della vita è quella di lavorare per la pace, cioè di lavorare verso l’altro, nell’armonia, nell’incontro, nel dialogo per costruire un mondo vero, giusto per tutti, dove ci sia spazio innanzitutto per i più poveri, per i più deboli, per i più emarginati. Sant’Egidio nasce nel 1968 e tra l’altro è proprio l’anno in cui Paolo VI per la prima volta indice la Giornata mondiale per la pace: erano i tempi della guerra in Vietnam. Sant’Egidio nasce come un sogno di pace, perché è il sogno del Vangelo, e Papa Francesco ce lo dice in maniera molto chiara. Quest’anno, tra l’altro, sottolinea il tema della fraternità che è un tema che a noi di Sant’Egidio sta a cuore fin dalle origini. Non c’è frattura tra l’amore per i poveri e l’amore per la pace: e l’amore per i poveri vuol dire che ci ha portati lontani, anche in Paesi dove c’è la guerra, dove grazie al Cielo siamo riusciti a costruire la pace.

    D. – Tant’è vero che in questo messaggio, il Papa dice proprio come la fraternità sia l’unico mezzo per riuscire ad avere la pace e combattere la povertà …

    R. – Direi di sì. La fraternità è il mezzo più efficace e il mezzo più umano: il mezzo che possono usare i cristiani, i credenti di ogni religione, ma anche ogni uomo, ogni donna di buona volontà. Ma la fraternità è anche un grande muro di impedimento alla violenza: infatti, guardare in faccia l’altro impedisce di vedere nell’altro il nemico e in qualche modo fa sempre riscoprire nell’altro magari una briciola di ‘fratello’. A questa fraternità riscoperta giorno dopo giorno – perché non si scopre una volta per tutte – e quindi fatta di dialogo, di incontro umano, di sincerità è grande ponte di pace perché unisce, perché lega. Fraternità ha anche come via di dialogo, come superamento di ogni pregiudizio, di ogni preconcetto nei confronti dell’altro e quindi come via della pace: lo abbiamo sperimentato in oltre 15 Paesi del mondo, negli ultimi 20 anni, perché attraverso questo dialogo sincero siamo riusciti anche ad arrivare alle pacificazioni nei luoghi di conflitto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Attentati Volgograd, Putin: "crimine abominevole". In corso operazioni antiterrorismo

    ◊   In Russia, il presidente Vladimir Putin ha reso omaggio alle 34 vittime degli attentati di domenica e lunedì a Volgograd durante una visita nella città, che si trova nel sud del Paese. “Il crimine abominevole che è stato commesso qui – ha detto Putin – non richiede altri commenti”. Il capo dello Stato ha anche fatto visita in ospedale ad alcune delle persone rimaste ferite nei due attentati condotti da kamikaze, azioni che non sono state ancora rivendicate ma che – secondo la stampa locale – andrebbero attribuite a militanti di un movimento separatista e islamista del Caucaso. “Non importa cosa potranno dire i criminali per tentare di giustificare le loro azioni – ha detto Putin riferendosi ai responsabili non ancora identificati – non esiste giustificazione per i crimini contro i civili, soprattutto donne e bambini”. Il presidente ha poi convocato una riunione urgente dei responsabili locali della sicurezza per esaminare le strategie di contrasto al terrorismo. Già ieri il capo dello Stato, nel suo discorso di fine anno aveva annunciato di voler combattere i terroristi “fino al loro completo annientamento”, mentre 5200 poliziotti prendevano parte ad un’operazione di sicurezza che si è conclusa con il sequestro di 152 armi da fuoco, di 4,7 chili di droga e il fermo di 87 persone. Non è però chiaro se questi provvedimenti abbiano un nesso con la ricerca dei colpevoli degli attentati. (D.M.)

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    Egitto: scontri tra islamisti e polizia davanti una chiesa al Cairo

    ◊   Comincia tra le tensioni il nuovo anno in Egitto: nella serata di ieri al Cairo, un gruppo di militanti islamisti si è scontrato con la Polizia davanti ad una chiesa, mentre all’interno era in corso una celebrazione. Secondo quanto riferito da fonti della sicurezza egiziana, gli islamisti stavano prendendo parte ad una manifestazione organizzata dal gruppo dei Fratelli Musulmani, da poco inserito dalle autorità del Cairo nella lista delle organizzazioni terroristiche. La presenza delle Forze dell’ordine nei pressi dei luoghi di culto cristiani era stata rafforzata in vista del nuovo anno, ricordando quanto avvenuto il 31 dicembre 2010, quando 20 persone persero la vita per un attentato suicida davanti ad una chiesa. Non ha provocato invece vittime l’esplosione di un gasdotto nel Sinai, fatto saltare da un gruppo di ribelli ieri sera. (D.M.)

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    Francia: Hollande annuncia iniziative comuni con la Germania per rafforzare l'Europa

    ◊   Nuove iniziative per “dare più forza” all’Europa, che vedranno protagoniste Francia e Germania: le ha annunciate nel suo discorso di fine anno il presidente francese François Hollande. “Non è distruggendo l’Europa che costruiremo la Francia di domani, ma rafforzandola saremo più protetti”, ha detto il capo dello Stato, promettendo risposte anche a coloro che “negano l’avvenire dell’Europa, vogliono tornare all’interno delle vecchie frontiere, pensando che esse li mettano al riparo" e "che vogliono uscire dall’euro”. Le elezioni europee del prossimo maggio, ha auspicato Hollande, dovrebbero essere l’occasione per produrre “una maggioranza politica che dovrà essere rivolta verso il lavoro e la solidarietà, non verso l’austerità e l’egoismo nazionale”. (D.M.)

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    Corea del Nord: Kim Jong Un evoca un "disastro nucleare", cresce la tensione con Seul

    ◊   Torna a salire la preoccupazione per la situazione nella penisola coreana dopo il discorso del leader della Corea del Nord, Kim Jong-Un: “Se la guerra scoppia di nuovo, porterà ad un disastro nucleare e gli Stati Uniti non ne resteranno indenni”, sono state le sue parole nel messaggio di fine anno diffuso dalla Televisione nazionale. “Siamo di fronte ad una situazione – ha proseguito Kim – in cui un piccolo incidente militare accidentale può portare ad una guerra totale”. Immediata la reazione delle autorità sud-coreane: secondo il ministro della Difesa di Seul, l’Esercito dovrebbe “rispondere ad ogni provocazione del nemico”. (D.M.)

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    Bruxelles: conferenza delle Chiese europee su "La famiglia nel XXI secolo"

    ◊   “Vi è un ampio consenso in Europa sul fatto che la famiglia nucleare sia la struttura base di una società sana e prospera”, ma “un’ampia gamma di cambiamenti sociali ha contestato questo punto di vista”. Da questa prospettiva la Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) propone una riflessione sul tema “La famiglia nel XXI secolo”, che si svolgerà il 7 gennaio alla Chapel for Europe di Bruxelles. “Alla luce del profilo mutevole della famiglia in Europa - afferma una nota del segretariato Comece, guidato da padre Patrick Daly - l’editorialista di ‘The Irish Times’, Breda O’Brien, esplorerà gli elementi costitutivi della famiglia e del suo rapporto con la società nel suo insieme”. L’incontro - riporta l'agenzia Sir - avviene nel quadro di una serie di appuntamenti, intitolata “Europa, politica e oltre”, promossa dalla stessa Comece, in vista delle elezioni per il Parlamento europeo del maggio prossimo. Fra i temi finora affrontati figurano il bene comune, la sicurezza e le migrazioni. (R.P.)

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    Svizzera: il 6 gennaio, colletta per il restauro di tre chiese

    ◊   Il prossimo 6 gennaio, nelle Chiese cattoliche della Svizzera, si terrà la consueta colletta dell’Epifania, promossa ogni anno dalla Missione interna. Per il 2014, i fondi raccolti verranno destinati al restauro di tre chiese, situate a Blitzingen, Bünzen e Gordevio. “Anche se abbiamo molti edifici di culto in buono stato, in cui i fedeli possono celebrare le feste natalizie – spiega Adrian Kempf, direttore della Missione interna – esistono numerose parrocchie che non possono sostenere la manutenzione dei propri edifici”. “Spesso non si tratta di restauri sontuosi – continua Kempf – ma piuttosto di impedire la rovina delle strutture, di combattere l’umidità e di rinnovare gli impianti elettrici, per adeguarli alle norme vigenti”. In particolare, gli ultimi lavori nella Chiesa di Blitzingen risalgono a 70 anni fa ed ora sono necessarie ristrutturazioni per un ammontare di 1,5 milioni di franchi. Superano i due milioni, invece, i costi per il restauro della Chiesa di Bünzen, fortemente danneggiata dalla muffa, e destinata ad accogliere 900 parrocchiani. La Missione interna è l’opera cattolica di solidarietà che sostiene le parrocchie bisognose in tutte le diocesi svizzere, così come quelle istituzioni che adempiono particolari compiti pastorali in regioni economicamente svantaggiate e i sacerdoti che vivono in situazione di malattia e di bisogno. Fondato nel 1863, tale organismo ha celebrato, il 2 giugno scorso, i 150 anni di istituzione con una Messa solenne nella Chiesa abbaziale di Einsiedeln. (I.P.)

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    Brasile: a gennaio, incontro nazionale della Pastorale per non udenti

    ◊   “Fede: dono e servizio nella Chiesa e per la società”: su questo tema si svolgerà dal 7 all’11 gennaio prossimi, a Porto Alegre, in Brasile, il 16.mo Incontro nazionale della Pastorale per i non udenti. In concomitanza, si svolgerà anche il sesto Convegno degli interpreti cattolici del Paese, dedicato al tema “La fede senza opere è morta”. “Tali eventi – si legge sul sito della Conferenza episcopale brasiliana – avranno l’obiettivo di rafforzare e promuovere il cammino ecclesiale della Pastorale per non udenti”. Un servizio, spiega padre Cleyton Francisco Garcia, assistente del settore per la regione centro-ovest, che “implica gesti concreti di amore, dedizione, abnegazione e promozione della persona umana a partire dalla sua dimensione religiosa per arrivare alla sfera sociale, che comprende la giusta inclusione nella società”. Non solo: padre Garcia sottolinea che “la Pastorale per non udenti non riguarda solo le persone sorde, ma anche le loro famiglie”. Nel corso dell’incontro, infine, si terrà l’elezione di un nuovo coordinamento nazionale del settore. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 1

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    Gabon: appello della Chiesa per la difesa della vita e la fine dei crimini rituali

    ◊   “La vita di tutti gli uomini è sacra”: lo scrive la Commissione giustizia e pace del Gabon, guidata da mons. Jean Vincent Ondo Eyene, in una nota pubblicata per la seconda Giornata nazionale di preghiera e di lotta contro la violenza. L’evento – celebrato il 28 dicembre, giorno in cui la Chiesa ricorda i Santi Innocenti – quest’anno ha avuto come tema “Crimini rituali e sotto-sviluppo”, proprio per sensibilizzare il Paese su queste violenze contro la persona umana, perpetrate nell’ambito della così detta “stregoneria”. “Invece che alla violenza – scrivono i vescovi del Gabon – Gesù Cristo ci invita alla pace e alla riconciliazione; con la sua venuta, la legge del taglione ha perso significato, mentre Egli ci raccomanda di vivere secondo la legge dell’Amore di Dio e del prossimo”. Il Gabon, sottolineano i presuli, è un Paese in via di sviluppo, ma purtroppo il governo sembra guardare “prevalentemente allo sviluppo economico, a scapito di altri aspetti della vita umana”. È quanto mai necessario, allora, suggerisce la Chiesa locale, ricordare quanto scrisse Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio: “Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev'essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo” (n. 14). Un monito che non viene ascoltato, continua mons. Ondo Eyene, anzi: “Negli ultimi tempi, nel nostro Paese, assistiamo ad uno sviluppo che passa proprio attraverso la distruzione della vita umana”. Infine, soffermandosi nello specifico sul dramma dei crimini rituali, i presuli sottolineano come, nonostante il memorandum siglato nel maggio 2013 per porre fine a tali violenze, “l’impunità continui, accompagnata dal silenzio e dalle intimidazioni”. Con la conseguenza che “il diritto alla vita non sembra più inviolabile”, mentre “numerose famiglie delle vittime sono in attesa di giustizia”, di “processi che non sono mai iniziati”, di “una tutela giuridica che ormai non è più un problema fondamentale per il Paese”. E ancora: i vescovi del Gabon mettono in risalto che i crimini rituali sono sempre più dovuti alla “povertà estrema” e come sia, quindi, importante “lavorare sull’educazione della popolazione”, anche per non diffondere all’estero “una visione sbagliata del Gabon, che ha l’ambizione di essere un Paese emergente”. Infine, la Commissione giustizia e pace lancia un appello per una giustizia “che rispetti le procedure e sia capace di rendere veramente giustizia, ribadendo il diritto alla vita per ogni persona umana”. (I.P.)

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