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Sommario del 21/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • La preghiera del Papa per l'Ucraina nella seconda giornata del Concistoro straordinario
  • Concistoro. P. Lombardi: appello del Papa e dei cardinali per la pace nel mondo
  • Il Papa: una fede senza opere, che non coinvolge, sono solo parole
  • Il Papa: una liturgia staccata dal culto spirituale cade in un vuoto estetismo
  • Il Papa ai pentecostali: il miracolo dell'unità dei cristiani è cominciato
  • Tweet del Papa: la Cresima ci dà la forza di difendere la fede e di diffondere il Vangelo con coraggio
  • Udienze e nomine di Papa Francesco
  • Gli anziani punto di riferimento, anche nella disabilità
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Emergenza umanitaria in Sud Sudan. Msf: civili bloccati nei combattimenti
  • Centrafrica: 28mila civili fuggiti in Camerun dall'inizio di febbraio
  • Unicef: nel mondo 59 milioni di bambini in situazioni di emergenza
  • Renzi alle 16 al Quirinale. Mons. Bregantini: priorità siano lavoro e famiglie, no unioni civili
  • Africa-Italia: l'agricoltura al centro delle iniziative di cooperazione
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina. Presidente e opposizioni firmano accordo per cessare le violenze
  • Patriarca Bartolomeo: in Ucraina prevalga il dialogo e la mediazione
  • Venezuela: il card. Urosa chiede al governo “un dialogo che riconosca i problemi del Paese”
  • Congo: nel Katanga i vescovi denunciano "violenze indicibili”
  • Zambia. Le confessioni cristiane nel 50° d'indipendenza: liberare il Paese da povertà e ingiustizia
  • Iraq: insegnamento del siriaco e della religione cristiana in 152 scuole pubbliche
  • Terra Santa: i leader cattolici chiedono al Comune di Tel Aviv di fermare la Campagna contro le chiese
  • Il Papa e la Santa Sede



    La preghiera del Papa per l'Ucraina nella seconda giornata del Concistoro straordinario

    ◊   Papa Francesco ha aperto stamani la seconda giornata dei lavori del Concistoro straordinario, in corso nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano sul tema della famiglia, pregando per l'Ucraina, sconvolta in questi giorni dalle violenze. Il servizio di Sergio Centofanti:

    L’Ora Terza del Venerdì della seconda settimana, in apertura del Concistoro, invoca il Signore nella tribolazione: “Liberami dai nemici, mio Dio – canta il Salmo 58 – proteggimi dagli aggressori. Liberami da chi fa il male, salvami da chi sparge sangue”. Al termine di questa preghiera, Papa Francesco rivolge il suo pensiero a quanto sta accadendo in Ucraina:

    “Io vorrei inviare un saluto, non solo personale ma a nome di tutti, ai cardinali ucraini – il cardinale Jaworski, arcivescovo emerito di Leopoli, e il cardinale Husar, arcivescovo maggiore emerito di Kiev – che in questi giorni soffrono tanto e hanno tante difficoltà nella loro Patria. Forse sarà bello fare arrivare questo messaggio a nome di tutti: siete d’accordo, tutti voi, con questo?”. (applausi)

    Il Papa ha poi accennato alla relazione introduttiva sulla famiglia fatta ieri dal cardinale Walter Kasper:

    “Ieri, prima di dormire, ma non per addormentarmi … ho letto - ho ri-letto - il lavoro del cardinale Kasper e vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. E’ piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che Sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae, l’amore alla Madre Chiesa, lì. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Grazie. Grazie”.

    L’Ora Terza canta l’oppressione e la consolazione: “Ho sperato nella tua parola” – recita il Salmo 118 – “Venga su di me la tua misericordia e avrò vita, poiché la tua legge è la mia gioia”.

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    Concistoro. P. Lombardi: appello del Papa e dei cardinali per la pace nel mondo

    ◊   Seconda giornata del Concistoro straordinario con Papa Francesco dedicato alla famiglia, alla vigilia del Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha tenuto un briefing per i giornalisti. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

    Famiglia ma non solo. Padre Federico Lombardi, dopo aver reso noto che erano presenti in aula circa 150 cardinali, ha letto una sua dichiarazione approvata dal Papa personalmente, come dichiarazione formale del Concistoro, su alcuni problemi del mondo di oggi. Il testo sottolinea la grande preoccupazione del Santo Padre e del Collegio Cardinalizio per i cristiani che, “in diverse parti del mondo, sono sempre più frequentemente vittime di atti di intolleranza o di persecuzione”. Parimenti, il pensiero del Concistoro è andato anche alle nazioni come Ucraina, Sud Sudan, Nigeria e Centrafrica “lacerate da conflitti interni”. Allo stesso modo, ha affermato padre Lombardi, “preoccupa molto il persistere del conflitto in Siria, che sembra ancora lontano dal trovare una soluzione pacifica duratura”:

    “Purtroppo, si è avuto modo di notare che molti dei conflitti in corso vengono descritti come di natura religiosa, non di rado contrapponendo surrettiziamente cristiani e musulmani, mentre si tratta di conflitti che hanno primariamente radici di natura etnica, politica o economica. Da parte sua, la Chiesa cattolica, nel condannare ogni violenza perpetrata in nome dell’appartenenza religiosa, non mancherà di continuare il proprio impegno per la pace e la riconciliazione, attraverso il dialogo interreligioso e le molteplici opere di carità che quotidianamente forniscono aiuto e conforto ai sofferenti ovunque nel mondo”.

    Ritornando al Concistoro, il Papa ha annunciato stamani il nome dei tre presidenti del prossimo Sinodo della Famiglia: si tratta del cardinale Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi; il cardinale Tagle, arcivescovo di Manila; e il cardinale Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida. Con questi tre autorevoli cardinali di tre continenti, ha commentato padre Lombardi, l’equipe che guida il Sinodo è completa. Finora, ha aggiunto, si è arrivati ad un numero di 43 interventi e altri se ne aggiungeranno nel pomeriggio. Tante le tematiche affrontate a partire dall’antropologia cristiana e il rapporto con il contesto della cultura secolarizzata che porta avanti visioni della famiglia e della sessualità molto diverse. Non c’è stato “un clima tanto di lamentale”, ha rilevato padre Lombardi, ma piuttosto “di realismo nel vedere la difficoltà della situazione, della visione cristiana in una cultura che certamente prevalentemente va in altre direzioni”. Al riguardo, ha proseguito, è stato fatto riferimento più di una volta “la teologia del corpo di Giovanni Paolo II”. Una serie di interventi, ha proseguito, ha riguardato anche i temi della pastorale della famiglia e in particolare la situazione dei divorziati risposati e dell’ammissione ai Sacramenti:

    “In questo c’è stata una serie di interventi molto interessante, molto ampia e molto serena. Quindi è stato un approfondimento - credo - di cui tutti i partecipanti sono stati molto, molto contenti, in cui non c’è stato in alcun modo una decisione o un pronunciamento su un orientamento particolare, ma questo grande impegno di riuscire a coniugare nel modo migliore il tema della fedeltà alla Parola di Cristo e il tema della misericordia nella vita della Chiesa con grande sensibilità e attenzione a tutti i vari aspetti da tener presenti”.

    Su questo tema, ha detto padre Lombardi, si è avuta un’impressione molto positiva nell’assemblea, senza tensioni ma con un “clima di discernimento, di saggezza, di ricerca insieme della via migliore” per la Chiesa. Padre Lombardi ha quindi ribadito che “non c’è da aspettarsi da questo Concistoro una conclusione o un orientamento unitario”, sul tema ma “una incoraggiante introduzione al cammino del Sinodo”.

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    Il Papa: una fede senza opere, che non coinvolge, sono solo parole

    ◊   “Una fede che non dà frutto nelle opere non è fede”. È l’affermazione con la quale Papa Francesco ha aperto l’omelia della Messa presieduta questa mattina in Casa Santa Marta. Il Papa ha offerto la Messa per i 90 anni oggi compiuti dal cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze, ringraziandolo “per il suo lavoro, la sua testimonianza e la sua bontà”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il mondo è pieno di cristiani che recitano molto le parole del Credo e molto poco le mettono in pratica. O di eruditi che incasellano la teologia in una serie di possibilità, senza che tale sapienza abbia poi riflessi concreti nella vita. È un rischio che duemila anni fa San Giacomo aveva già paventato e che Papa Francesco riprende nell’omelia, commentando il passo in cui l’Apostolo ne parla nella sua Lettera. “La sua affermazione – osserva – è chiara: la fede senza il frutto nella vita, una fede che non dà frutto nelle opere, non è fede”:

    “Anche noi sbagliamo tante volte su questo: ‘Ma io ho tanta fede’, sentiamo dire. ‘Io credo tutto, tutto…’. E forse questa persona che dice quello ha una vita tiepida, debole. La sua fede è come una teoria, ma non è viva nella sua vita. L’Apostolo Giacomo, quando parla di fede, parla proprio della dottrina, di quello che è il contenuto della fede. Ma voi potete conoscere tutti i comandamenti, tutte le profezie, tutte le verità di fede, ma se questo non va alla pratica, non va alle opere, non serve. Possiamo recitare il Credo teoricamente, anche senza fede, e ci sono tante persone che lo fanno così. Anche i demoni! I demoni conoscono benissimo quello che si dice nel Credo e sanno che è Verità”.

    Le parole di Papa Francesco riecheggiano l’asserzione di San Giacomo: “Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano”. La differenza, soggiunge il Papa, è che i demoni “non hanno fede”, perché “avere fede non è avere una conoscenza”, bensì “ricevere il messaggio di Dio” portato da Cristo. Nel Vangelo – prosegue Papa Francesco – si trovano due segni rivelatori di chi “sa quello che si deve credere ma non ha fede”. Il primo segno è la “casistica”, rappresentato da coloro che domandavano a Gesù se fosse lecito pagare le tasse o quale dei sette fratelli del marito avrebbe dovuto sposare la donna rimasta vedova. Il secondo segno è “l’ideologia”:

    “I cristiani che pensano la fede ma come un sistema di idee, ideologico: anche al tempo di Gesù, c’erano. L’Apostolo Giovanni dice di loro che sono l’anticristo, gli ideologi della fede, di qualsiasi segno siano. A quel tempo c’erano gli gnostici, ma ci saranno tanti… E così, questi che cadono nella casistica o questi che cadono nell’ideologia sono cristiani che conoscono la dottrina ma senza fede, come i demoni. Con la differenza che quelli tremano, questi no: vivono tranquilli”.

    Al contrario, ricorda Papa Francesco, nel Vangelo ci sono anche esempi di “persone che non conoscono la dottrina ma hanno tanta fede”. Papa Francesco cita l’episodio della Cananea, che con la sua fede strappa la guarigione per sua figlia vittima di una possessione, e la Samaritana che apre il suo cuore perché – dice il Papa “ha incontrato non verità astratte”, ma “Gesù Cristo”. E ancora, il cieco guarito da Gesù e che per questo viene interrogato da farisei e dottori della legge finché si inginocchia con semplicità e adora chi lo ha sanato. Tre persone, è la considerazione finale del Papa, che dimostrano come fede e testimonianza siano indissolubili:

    “La fede porta sempre alla testimonianza. La fede è un incontro con Gesù Cristo, con Dio, e di lì nasce e ti porta alla testimonianza. E’ questo che l’Apostolo vuole dire: una fede senza opere, una fede che non ti coinvolga, che non ti porti alla testimonianza, non è fede. Sono parole e niente più che parole”.

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    Il Papa: una liturgia staccata dal culto spirituale cade in un vuoto estetismo

    ◊   E’ Cristo “il vero protagonista di ogni celebrazione”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco in un messaggio al Simposio per i 50 anni della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Il Pontefice rammenta che, grazie a questo Documento, è stato possibile un “profondo e diffuso rinnovamento della vita liturgica”. Al contempo, il Papa avverte che una “liturgia che fosse staccata dal culto spirituale rischierebbe di svuotarsi, di decadere dall’originalità cristiana in un senso sacrale generico, quasi magico, e in un vuoto estetismo”. E’ necessario, esorta dunque il Papa, “unire una rinnovata volontà di andare avanti nel cammino indicato dai Padri Conciliari, perché rimane ancora molto da fare per una corretta e completa assimilazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia”. Per questo, conclude Papa Francesco, serve un particolare impegno “per una solida e organica iniziazione e formazione liturgica” tanto dei fedeli laici quanto dei consacrati. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Il Papa ai pentecostali: il miracolo dell'unità dei cristiani è cominciato

    ◊   “Nostalgia” per l’unità dei cristiani. L’ha manifestata Papa Francesco, in un video messaggio realizzato non in italiano, non in inglese, ma - ha detto - nella “lingua del cuore” e girato in gennaio con uno smartphone dal pastore pentecostale Tony Palmer. Le immagini sono poi state mostrate in un convegno negli Stati Uniti e postate su Youtube. Il servizio di Giada Aquilino:

    “Il miracolo dell’unità è cominciato”. In modo informale, con un videomessaggio girato da un suo “amico”, il pastore pentecostale Tony Palmer, Papa Francesco afferma che ha “nostalgia” dell'unità tra i cristiani, oggi separati:

    “Separati perché i peccati ci hanno separato: i nostri peccati, i malintesi nella storia. Una lunga strada di peccato comunitario. Ma chi ha la colpa? Tutti abbiamo la colpa! Tutti siamo peccatori! Soltanto uno è il giusto: il Signore. Io ho la nostalgia che questa separazione finisca e ci dia la comunione”.

    Il Pontefice manifesta “nostalgia” anche per quell’“abbraccio del quale parla la Sacra Scrittura quando i fratelli di Giuseppe, affamati, sono andati in Egitto per comprare, per poter mangiare”. Lì, ricorda il Santo Padre, “hanno trovato qualcosa più del pasto: hanno trovato il fratello”:

    “Tutti noi abbiamo dei soldi, i soldi della cultura, i soldi della nostra storia, tante ricchezze culturali, anche religiose, tradizioni diverse, ma dobbiamo trovarci come fratelli e dobbiamo piangere insieme, come ha fatto Giuseppe. Quel pianto che unisce, il pianto dell’amore. Io vi parlo come un fratello e vi parlo così, semplicemente, con gioia e nostalgia”.

    L’invito del Papa allora è a far “crescere la nostalgia, perché questo ci spingerà - afferma - a trovarci, ad abbracciarci e a lodare Gesù Cristo, come unico Signore della storia”. La preghiera comune al Signore, allora, sarà “perché ci unisca tutti”:

    “Siamo fratelli e ci diamo spiritualmente questo abbraccio e lasciamo che il Signore finisca l’opera che ha cominciato, perché questo è un miracolo. Il miracolo dell’unità è cominciato”.

    E il Signore, aggiunge Papa Francesco citando Alessandro Manzoni, “finirà bene questo miracolo dell’unità”.

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    Tweet del Papa: la Cresima ci dà la forza di difendere la fede e di diffondere il Vangelo con coraggio

    ◊   Papa Francesco ha lanciato questo nuovo tweet sull’account @Pontifex in nove lingue: “La Cresima è importante per un cristiano; ci dà la forza di difendere la fede e di diffondere il Vangelo con coraggio”.

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    Udienze e nomine di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco riceve questo pomeriggio in udienza Dilma Rousseff, presidente della Repubblica Federativa del Brasile, e seguito.

    In Portogallo, Papa Francesco ha nominato vescovo di Porto mons. António Francisco dos Santos, trasferendolo dalla diocesi di Aveiro. Mons dos Santos è nato il 29 agosto 1948, a Tendasi, diocesi di Lamego. Dopo gli studi preparatori svolti nel Seminario Minore, è entrato nel Seminario Maggiore della sua diocesi per i corsi filosofici e teologici. Inoltre, ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso l’École Pratique de Hautes Études Sociales, come pure un "Master" presso l'Istitut Catholique di Parigi. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale l'8 dicembre 1972 per la diocesi di Lamego. Nel corso del ministero sacerdotale è stato Vice parroco di Cinfiães; Formatore, Professore e Vice-Rettore del Seminario di Lamego (1986-1991); Pro-Vicario Generale di Lamego (1996-2004). Il 21 dicembre 2004 è stato nominato Vescovo Ausiliare di Braga, ricevendo l'ordinazione episcopale il 19 marzo 2005. Il 21 settembre 2006 è stato nominato Vescovo della diocesi di Aveiro. All’interno della Conferenza Episcopale Portoghese, ricopre l’incarico di Vescovo responsabile per il Settore “Vocazioni e Ministeri”.

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    Gli anziani punto di riferimento, anche nella disabilità

    ◊   Capire come aiutare al meglio, chi a causa dell’età avanzata, ha conseguenze sulla capacità fisiche ed intellettuali, per vivere dignitosamente l’ultima parte del cammino della vita. E’ questo l’obiettivo del convegno “Invecchiamento e disabilità” promosso dalla Pontificia Accademia per la vita, che si è aperto ieri a Roma. L’incontro che si concluderà questa sera, vede la presenza di relatori provenienti da diverse università e centri di ricerca di tutto il mondo. Il servizio di Marina Tomarro:00:02:49:75

    65 anni: questa è l’età in cui fino a qualche anno fa si incominciava ad essere considerati anziani. Ma oggi la prospettiva è cambiata, considerando le differenze culturali sociali ed economiche tra i vari paesi della terra. In Occidente, infatti, è di circa 85 anni l’aspettativa dell’esistenza di un uomo, mentre in alcune zone del Sud del mondo cala drasticamente sotto i 40. Ma allora, cosa vuol dire essere anziani oggi? Matilde Leonardi, direttore dell’unità di neurologia dell’Istituto Carlo Besta di Milano:

    R. – Teniamo conto che essere anziani oggi è sicuramente una parte dello sviluppo naturale della migliorata condizione attorno a noi, per cui è sicuramente legato a tanti progressi della medicina e della scienza. E anche che su 100 anziani, 70 sono una risorsa incredibile per la nostra società: gli altri 30 sono quelli che probabilmente hanno malattie, sui quali si concentrano le paure dei sistemi di welfare. Si considera essere anziano come un momento della vita che costa. Credo che questa teoria dello scarto, tanto evidenziata e in maniera anche forte dal Papa, sia una teoria che una società civile deve rifiutare fortemente.

    D. – Quali consigli può dare per “invecchiare bene”?

    R. – Cercare di mantenere nella testa l’idea che non è l’età che fa di noi un anziano, ma la capacità di trovare nuovi interessi ogni mattina alzandosi, ed essere grati di questo piacere della vita, che può esistere anche in mezzo alla sofferenza e alla fatica. Si trova sempre, ogni giorno, se si vuole un motivo per cui è un piacere vivere.

    E nella società attuale si parla spesso o di anziani giovanili o di una terza età vista solo dal punto di vista clinico; si fa fatica a parlare di una vecchiaia vissuta in un cammino normale, dove ad un certo punto, può entrare anche la disabilità. Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

    “Il punto fondamentale è che la vecchiaia normale, oggi – in Occidente – non ha ancora uno spazio adeguato. Tanto è vero che la vecchiaia normale rischia in qualche modo di essere assorbita all’interno di dinamiche non la rispettano nella sua specificità. Sulla vecchiaia grava questo peso: che laddove venga a mancare l’autonomia, l’indipendenza e l’autosufficienza, proprio perché si è vecchi non abbia più senso continuare a vivere. Quindi, non siamo in grado di dare valore al tempo della vecchiaia. Invece, io credo che la vecchiaia abbia anche una dimensione quasi profetica nei confronti della società, perché ci fa capire che l’uomo ha un momento in cui compie la propria identità. Quindi, la vecchiaia in questo ha la capacità di dare un contributo ai giovani e agli adulti come modello di punto di riferimento di un’identità che non è più solamente sociale, non è solamente culturale. Ma questo è un lavoro al quale – secondo me – siamo tutt’altro che preparati!”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quel mondo che preoccupa: appello del Papa e del concistoro per le popolazioni dell’Ucraina e dei tanti Paesi sconvolti dai conflitti dimenticati.

    Resta ancora molto da fare: messaggio di Papa Francesco per i cinquant’anni della “Sacrosanctum concilium”, con un intervento del cardinale arcivescovo di Sydney, George Pell, su “quelle buone notizie per l’uomo di oggi”.

    Un sinodo per incontrare la gente: intervista di Nicola Gori all’arcivescovo segretario generale Lorenzo Baldisseri.

    L’occhio sul chiostro: riguardo al volume “Le Repubbliche delle Donne. Monachesimo femminile nel mondo”, Giulia Galeotti racconta il viaggio trentennale di Sebastiana Papa tra le religiose, con il contributo delle curatrici Ella Baffoni e Katrin Tenenbaum dal titolo “Lei e le sue sorelle”.

    Dall’arte alla politica: Eugenio Capozzi sulle radici culturali di Theodor Herzl.

    L’angelo necessario: Silvano Zucal su Romano Guardini di fronte alle tele di Paul Klee.

    Ancora sangue e orrore in Nigeria: molti civili tra i quali alcuni bambini uccisi in un villaggio.

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    Oggi in Primo Piano



    Emergenza umanitaria in Sud Sudan. Msf: civili bloccati nei combattimenti

    ◊   Sempre più drammatica la situazione in Sud Sudan. L’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati denuncia la fuga in Kenya di oltre 18 mila cittadini sud sudanesi dallo scoppio degli scontri tra le forze del presidente Salva Kiir e i ribelli fedeli all'ex vicepresidente, Riek Machar. Sempre secondo l’Acnur, hanno chiesto tutti asilo politico. Intanto, dall’interno del Paese giungono notizie drammatiche: circa 150 civili sono annegati nel fiume Nilo mentre tentavano di fuggire dai combattimenti. Secondo testimoni i ribelli, hanno sparato alle loro barche mentre cercavano di attraversare il fiume e questi sono saltati in acqua, annegando. Altre persone, inoltre, sono state uccise mentre cercavano rifugio in ospedali e in Chiese. Sull’emergenza in atto, soprattutto sul fronte umanitario, Salvatore Sabatino ha intervistato Stefano Zannini, responsabile del supporto alle operazioni per Medici senza Frontiere Italia:

    R. – Continuiamo ad assistere ai combattimenti e alle conseguenze di questi combattimenti: quindi, migliaia di persone che si muovono, spesso a piedi, viaggi molto lunghi, molti muoiono in cammino perché non ce la fanno. I livelli di bisogno sono estremamente importanti sia da un punto di vista medico che da un punto di vista alimentare.

    D. – Si ha l’impressione che i civili siano, di fatto, abbandonati a se stessi: è davvero così, o comunque c’è una sorta di tutela nei loro confronti?

    R. – Quello che vediamo noi è che la popolazione civile è intrappolata in un conflitto: intrappolata nel senso che molte città sono oggetto di attacchi e contrattacchi da parte delle forze governative e delle forze ribelli e la popolazione civile non ha, come unica possibilità, che quella di fuggire nella boscaglia e cercare riparo. Nella boscaglia, però, rimane esposta a rischi medici come la malaria o altre patologie legate all’acqua contaminata. Non ha cibo e non ha nemmeno generi di prima necessità, che le permettano di sopravvivere in condizioni dignitose.

    D. – Avete stimato che quasi 300 mila persone non hanno accesso alle cure, e la situazione di caos generale ovviamente produce anche un sempre maggiore rischio-epidemie…

    R. – Sì, questo è vero, tanto per le persone che si trovano nella boscaglia, quanto per le persone che si trovano all’interno dei campi sfollati del Sudan del Sud. Stiamo registrando un numero crescente di casi di morbillo, per esempio a Juba, così come altre patologie come la malaria e la dissenteria. Soprattutto, la malaria è estremamente preoccupante perché il Paese negli ultimi tre anni ha registrato un continuo incremento del numero di casi fino a livelli mai registrati negli anni precedenti.

    D. – Anche per i vostri operatori presenti in Sud Sudan – questo lo ripetete da tempo – è diventato praticamente impossibile lavorare, perché non è garantita la sicurezza…

    R. – E’ vero: la sicurezza, purtroppo, tanto dei pazienti quanto degli operatori delle strutture medico-sanitarie, non è garantita. Ahimé, nelle ultime tre settimane abbiamo assistito a diversi attacchi, saccheggi e distruzioni, anche delle nostre strutture, ed è una situazione che non può che peggiorare, perché se anche le poche organizzazioni che riescono a lavorare in prima linea e a fornire aiuti di base vengono esposte a questo tipo di attacchi, la situazione inevitabilmente è destinata a diventare peggiore in tempi molto brevi.

    D. – Di cosa c’è maggiormente bisogno, in questo momento?

    R. – Direi che tra i bisogno principali ci sono sicuramente l’accesso alle cure mediche, l’alimentazione, quindi cibo e acqua: tutto quello che è necessario perché queste persone possano sopravvivere.

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    Centrafrica: 28mila civili fuggiti in Camerun dall'inizio di febbraio

    ◊   Nella Repubblica Centrafricana più della metà della popolazione ha bisogno di aiuti urgenti: è quanto afferma l’Onu, che chiede un rafforzamento del contingente europeo con l’invio di oltre 3 mila unità nel Paese. Dall’inizio di febbraio sono oltre 28mila le persone riparate in Camerun per sfuggire alle violenze. Oggi, i due principali leader religiosi di Bangui, l’arcivescovo cattolico Dieudonné Nzapalainga e l'imam Oumar Kobine Layama, hanno lanciato un appello congiunto al disarmo dei civili “infiltrati” nelle chiese e nelle moschee. Veronica Giacometti ha intervistato Massimo Alberizzi, direttore del sito africa-express.info:

    R. - Il problema è che non riescono a bloccare le violenze. C’è una fortissima pulizia etnica. Ovviamente, le gerarchie religiose - da una parte e dall’altra - cercano di frenare queste violenze ma non ci riescono. C’è stata troppa tensione e troppe vendette tra i due gruppi, quindi è difficilissimo riuscire a bloccarle. Adesso, i francesi e le altre truppe straniere riescono a mantenere in qualche modo la calma a Bangui, però nelle zone remote, nei villaggi dove non c’è controllo, ovviamente la situazione è drammatica e ci sono esodi biblici.

    D. – Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha chiesto un rafforzamento del contingente europeo nella Repubblica centrafricana con l’invio di almeno tremila unità...

    R. – Credo che tremila unità sia il numero minimo perché il Paese è molto poco popolato: ci sono moltissimi villaggi isolati dove il controllo è difficile ed anche se si arriva in un villaggio con un contingente di circa 40 uomini nel momento in cui ci si allontana ricomincia l’attacco. Quindi, si dovrebbe agire subito. Questo è un altro problema; i contingenti non si muovono in un’ora ci possono volere settimane e lascio immaginare, durante quelle settimane, cosa può succedere.

    D. – La priorità è contenere la violenza...

    R. – Questo è l’obiettivo primario, poi ci sono altri obiettivi come dare finalmente un governo civile che possa controllare la situazione con i militari ed ovviamente un governo che sia in grado di controllare la situazione del Paese. È un obiettivo ambizioso ma che bisogna raggiungere, altrimenti non ha nessun senso inviare un contingente militare; il contingente serve a bloccare la situazione acuta, poi però c’è una situazione cronica che va curata.

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    Unicef: nel mondo 59 milioni di bambini in situazioni di emergenza

    ◊   Sono 59 milioni i bambini che vivono in emergenza, dovuta soprattutto a guerre e disastri naturali, in 50 Paesi del mondo. Lo denuncia l’Unicef che oggi ha presentato il Rapporto sull'intervento umanitario 2014 chiedendo 2,2 miliardi di dollari in aiuti per esempio per continuare campagne di vaccinazione salvavita e lavori per l’accesso indispensabile all’acqua potabile. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    "I bambini sono sempre i più vulnerabili nelle situazioni critiche. Rischiano di essere vittime di violenze, sfruttamento, malattie e abbandono". Per questo, scrive in un comunicato il direttore dei programmi d’emergenza Unicef Ted Chaiban, occorrono aiuti. Su 85 milioni di persone in pericolo, 59 sono bambini e in tanti Paesi l’anno passato non si è potuto intervenire soddisfacendo i bisogni per deficit finanziari come accaduto in Angola, Eritrea, Lesotho e Madagascar o a causa di restrizioni nell’accesso umanitario o di insicurezza. Quest’anno dunque serve di più: 2,2 miliardi di dollari. Di cui 835milioni solo per la Siria e le regioni vicine da spendere in vaccinazioni, acqua potabile, educazione e protezione. L’Unicef nel Rapporto sottolinea la situazione grave anche in Sud Sudan, l'ultimo dei conflitti su vasta scala tra ribelli e governo, che produce 400 mila bambini con famiglie sfollati e oltre 3,2 milioni di persone che chiedono assistenza umanitaria per la stagione delle piogge che si avvicina e per evitare catastrofi. 450mila sfollati invece in Mali, scrive l’Unicef, malnutrizione acuta per quasi un milione e mezzo di bambini in Sahel, la più grande epidemia di colera al mondo ad Haiti. Ma per l’Africa è emergenza anche in Angola a causa della siccità, nella Repubblica Centrafricana per le atrocità che la guerra sta producendo, nella Repubblica Democratica del Congo per l'instabilita' cronica che genera 2,7 milioni di sfollati e grave malnutrizione. Su altri fronti emergenziali anche Filippine, Yemen e Afghanistan. Le risorse che l'Unicef raccogliera' per il 2014, spiega il rapporto, permetteranno di continuare il lavoro svolto nel 2013; anno in cui, ad esempio, sono stati vaccinati contro il morbillo 24,5 milioni di bambini; 20 milioni di persone hanno ricevuto accesso ad acqua potabile per uso domestico e personale; 935.000 bambini hanno ricevuto sostegno psicosociale.

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    Renzi alle 16 al Quirinale. Mons. Bregantini: priorità siano lavoro e famiglie, no unioni civili

    ◊   Matteo Renzi dovrebbe salire alle ore 16 al Colle per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri del suo governo al presidente, Giorgio Napolitano. Questa mattina l’ultima riunione tra il premier incaricato e i ministri Delrio e Franceschini, oltre a diversi esponenti della segreteria. Ma quali potrebbero essere le priorità per il nuovo esecutivo? Alessandro Guarasci ha chiesto un'opinione al vescovo, mons. Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro:

    R. – Famiglia e giovani, questo è il grande problema che noi abbiamo. L’accoglienza degli immigrati, l’integrazione, l’appoggio anche a quello che ha fatto il ministro Kyenge, la detassazione per chi assume in modo tale da favorire tutto quello che è di sostegno, di incitamento all’occupazione giovanile. Ascoltando però la gente dei campi, gli operai, il mondo del lavoro, si raccolgono molti suggerimenti. Occorre che Renzi si metta in ascolto, crei un’équipe per la "Job act", capace di ascoltare. Noi avremmo anche mille proposte da fargli sul piano operativo. La politica al servizio della gente.

    D. – Finora, però, sembra che si sia parlato poco del Sud: lei che cosa ne pensa?

    R. – Verissimo. C’è una questione nazionale che è critica. Il Sud però vive in termini quantitativi il doppio dei problemi, perché soprattutto non ha soluzione. Il Sud, poi, culturalmente è un problema respinto, rimosso. Il Sud deve avere la consapevolezza di valere, però anche di essere sostenuto.

    D. – Per chiudere, è possibile che Renzi affronti anche il tema delle unioni civili. Secondo lei, quali paletti vanno messi?

    R. – Secondo me, sarebbe una perdita di credibilità, in questo momento. Cioè, in questo momento affronti i veri problemi della gente, che non sono questi. Questo, io gli consiglierei. I temi etici, che dividono maggioranza e minoranza, li tratti dopo. Primariamente, i temi sociali. Questo è il consiglio che io gli darei.

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    Africa-Italia: l'agricoltura al centro delle iniziative di cooperazione

    ◊   In Africa, l’agricoltura è un settore economico ancora fondamentale: rappresenta il 24% del prodotto interno lordo, e impiega il 60% dei lavoratori. Tuttavia, è ben lontana dal raggiungere le sue potenzialità. Per dare un contributo alla sua crescita, il ministero degli Esteri italiano ha organizzato ieri il primo tavolo dell’iniziativa Italia-Africa, dedicato proprio all’agro-alimentare, che ha visto la partecipazione di governi africani, realtà industriali, organizzazioni non governative ed agenzie internazionali come Fao e Ifad. L’ha seguito per noi Davide Maggiore:

    È l’Africa della speranza quella che si è riunita ieri a Roma: non chiede aiuti ma un partenariato che permetta di sfruttare la potenzialità dell’economia del continente grazie alle tecnologie e ai modelli produttivi che arriveranno dalle imprese, dalle ong e dalle istituzioni italiane. Così descrive gli obiettivi del progetto il sottosegretario italiano agli Esteri, Mario Giro:

    “Noi cerchiamo di insegnare il nostro modello di eccellenza delle medie e piccole imprese agroindustriali, in cui la filiera, dalla produzione alla distribuzione, sia completa. Questo ci sembra il sistema più utile, meno minaccioso, meno invasivo, di fronte al tentativo delle grandi multinazionali dell’alimentare, dell’agroalimentare, di creare il sistema intensivo delle monoculture”.

    Il sostegno alle piccole realtà locali è in linea anche con gli sforzi delle organizzazioni internazionali, in un anno – il 2014 – che è dedicato proprio all’agricoltura familiare. Lo sottolinea Kanayo Nwanze, presidente dell’Ifad:

    We have, first of all, to understand that the agricultural systems of Italy ...
    “Dobbiamo innanzitutto considerare che i sistemi agricoli in Italia si fondano sui piccoli produttori. L’Italia si è mossa verso una fase agroindustriale solo pochi anni fa: questo significa che l’agricoltura familiare è ancora parte integrante dell’agricoltura italiana. C’è tanto da imparare da questo. L’iniziativa tra Africa e Italia vuole fondamentalmente rinforzare questo approccio per sostenere i piccoli agricoltori e portare le tecnologie, le conoscenze dall’Italia ai Paesi africani”.

    Il tavolo Italia-Africa non ha trascurato le possibili difficoltà e i punti critici che l’iniziativa dovrà affrontare, prima tra tutte la grande varietà di contesti sociali ed economici dell’enorme continente africano. Diversi interventi, inoltre, hanno invitato a tenere conto delle tradizioni locali e a favorire e tutelare, con gli interventi che verranno messi in campo, la biodiversità del continente, evitando anche che la cooperazione sia ‘sbilanciata’ in direzione dei Paesi più ricchi. Dal successo dei diversi progetti non dipende infatti solo la crescita economica, ma anche la capacità delle popolazioni africane di fare fronte, in futuro, a siccità, carestie ed altre situazioni di emergenza. Ancora Kanayo Nwanze:

    If you want to build the resilience of populations, of vulnerable ...
    “Se vogliamo sviluppare la capacità di recupero delle popolazioni più vulnerabili, è necessario aiutarle a sviluppare le loro risorse. Questo può avvenire soltanto attraverso investimenti sostenibili a lungo termine sulle persone; questo è il motivo per cui l’Ifad è convinta del fatto che investire sulle popolazioni rurali significa contribuire a sviluppare la loro capacità di resistenza, che le aiuta a far fronte a situazioni di emergenza. Quando le persone non hanno risorse anche il più piccolo trauma può essere devastante. Quindi, l’Ifad crede negli investimenti a lungo termine a favore delle popolazioni rurali, per sviluppare il loro patrimonio sociale, economico e rafforzare il loro equilibrio emozionale. Questo è il più grande aiuto che si può offrire loro. Quello che l’Ifad sta facendo è investire sulle persone in modo tale che loro sviluppino la capacità di uscire con le loro proprie forze dalla povertà. Questo è il solo modo per prevenire gli effetti devastanti delle emergenze”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina. Presidente e opposizioni firmano accordo per cessare le violenze

    ◊   Dalle armi al confronto. Dopo giorni di guerriglia e sangue - con i 100 morti di Kiev nelle ultime 26 ore - il presidente ucraino Viktor Ianukovich e i rappresentanti delle opposizioni hanno firmato un accordo che pone fine alle violenze. L'intesa - siglata nella Sala Blu del palazzo presidenziale alla presenza degli inviati della Ue - prevede elezioni anticipate nei prossimi mesi e - da subito - un governo di unità nazionale e una riforma della Costituzione. In particolare, le opposizioni caldeggiano il ritorno alla Carta del 2004, che limita i poteri presidenziali.

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    Patriarca Bartolomeo: in Ucraina prevalga il dialogo e la mediazione

    ◊   Anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I lancia oggi un appello perché si ponga fine allo spargimento di sangue in Ucraina. “È con il cuore carico di dolore - si legge nel messaggio del patriarca ripreso dall'agenzia Sir - che stiamo seguendo il corso, anzi, l’escalation della tragica situazione in Ucraina nelle ultime settimane. Sentiamo che i nostri fratelli e sorelle in Ucraina sono la nostra carne e il nostro sangue”. Il patriarca rivolge pertanto un appello di “pace alle autorità in una nazione democratica e indipendente dove i suoi leader eletti - sia di governo che di opposizione - hanno la responsabilità ultima di proteggere la dignità della vita umana dei suoi cittadini. Non c’è spazio per la violenza brutale e lo spargimento di sangue in una nazione democratica del 21° secolo”. Bartolomeo condanna “ogni forma di violenza e aggressione tra la polizia e i manifestanti, che hanno portato alla perdita inutile di vite innocenti. Tutte le parti devono a tutti i costi far prevalere il dialogo sul disordine e la mediazione sulla forza. Non c’è mai spazio per l’abuso di potere in una nazione le cui radici cristiane risalgono al primo millennio”. L’auspicio è che si arrivi presto ad una “soluzione pacifica e ragionevole”. Il patriarca ha quindi chiesto di “pregare e digiunare per la tregua e la pace per il nostro amato e prezioso popolo in Ucraina”. (R.P.)

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    Venezuela: il card. Urosa chiede al governo “un dialogo che riconosca i problemi del Paese”

    ◊   Il card. Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, ha esortato il Presidente Nicolas Maduro a riconoscere i gravi problemi del Paese, vista l'ondata di proteste che ha lasciato morti e feriti. Manifestando soddisfazione per il fatto che il governo sia disponibile al dialogo con l'opposizione, il cardinale ha comunque sottolineato la necessità che esso riconosca le difficoltà con cui convivono i venezuelani. "Il dialogo sarebbe un grande passo, ma poi è necessario riconoscere che ci sono molti problemi seri da risolvere nel Paese e la soluzione è nelle mani del governo nazionale", ha detto il cardinale secondo la nota inviata all’agenzia Fides da una fonte locale. "La responsabilità più grande è di chi ha più potere, quindi è del governo, che dovrà prendere iniziative" ha affermato Urosa Savino. Il cardinale ha citato una recente dichiarazione della Conferenza episcopale venezuelana (Cev) in cui i vescovi esortano il governo ad affrontare le "giuste rivendicazioni e richieste" degli studenti che protestano. Ha quindi ricordato che il diritto a manifestare è sancito dalla Costituzione, pur sottolineando che "le manifestazioni devono essere pacifiche, e quando si vuole intervenire per fermarle, lo si deve fare senza eccessi". Ancora oggi sono accesi focolai di violenza in diverse città del Paese. La Chiesa, attraverso i sacerdoti e i vescovi, continua ad invitare alla calma e alla non violenza, ma l’aumento dei giovani per le strade sembra essere un invito a manifestare con ancora più forza contro il governo e la Guardia Nazionale. Intanto nei supermercati e nei negozi cominciano a scarseggiare i generi alimentari. (R.P.)

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    Congo: nel Katanga i vescovi denunciano "violenze indicibili”

    ◊   “Diciamo forte e chiaro che le nostre popolazioni non sono carne da cannone” affermano i vescovi del Katanga (nel sud della Repubblica Democratica del Congo) nel denunciare la grave situazione della loro provincia a causa delle violenze del gruppo armato “Bakata-Katanga”. Nella Lettera pastorale, pubblicata alla chiusura dell’Assemblea episcopale della Provincia ecclesiastica di Lubumbashi, si ricorda che “dopo l’evasione nel settembre 2011 dalla prigione di Kasapa di Lubumbashi del signore della guerra, Kyungu Mutanda, detto ‘Gédéon’, diverse zone della provincia del Katanga sono rientrate in un ciclo di insicurezza e di violenza che semina la morte tra i pacifici cittadini e spinge migliaia di altri alla fuga. La rivendicazione ‘dell’indipendenza’ del Katanga, come afferma l’espressione ‘Bakata-Katanga’, è il pretesto generalmente evocato per giustificare una tale esplosione di violenza”. I vescovi ricordano che “esistono vie democratiche per esprimere nobilmente le proprie frustrazioni e aspirazioni” e denunciano invece che “in nome della causa dell’indipendenza diversi giovani, la maggior parte minorenni, sono arruolati a forza e costretti a uccidere i propri compatrioti”. Nella Lettera pastorale viene tracciato un quadro infernale, essendo i giovani “continuamente drogati e sottoposti a pratiche magiche” al punto che “saccheggiano, stuprano, uccidono, torturano e incendiano senza distinzione né patema d’animo”. Le conseguenze sulla popolazione sono pesanti: migliaia di sfollati, privi di assistenza umanitaria, con elevati tassi di mortalità. “Tra i giovani in età scolastica, ce ne sono alcuni condannati a non studiare e altri costretti allo sfruttamento artigianale dei minerali”. Le ricchezze naturali del Katanga sono in effetti la posta in gioco di questa tragedia, che provoca anche danni ambientali gravissimi: inquinamento delle acque, alti tassi di radioattività che hanno reso sterili un gran numero di lavoratori. “La drammatica situazione del Katanga ha molteplici cause: debolezza dell’autorità dello Stato, cattiva ripartizione delle ricchezze, squilibrio economico tra città e campagna, frustrazione, impunità…” concludono i vescovi, auspicando che “i responsabili ad ogni livello lavorino per trovare delle soluzioni efficaci”. (R.P.)

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    Zambia. Le confessioni cristiane nel 50° d'indipendenza: liberare il Paese da povertà e ingiustizia

    ◊   A cinquant’anni dall’indipendenza nazionale occorre liberare il Paese dalla povertà e dell’ingiustizia. È il senso del messaggio, pervenuto all’agenzia Fides, che ha pubblicato “Oasis Forum”, un’associazione per i diritti civili alla quale partecipano le principali confessioni cristiane dello Zambia (Zambia Episcopal Conference, Christian Council of Zambia, Evangelical Fellowship of Zambia), in occasione del cinquantenario dell’indipendenza del Paese. “È difficile vedere la gioia dell’anno giubilare nello Zambia, quando molti del nostro popolo, inclusi i nostri cari combattenti per la libertà, languiscono in una povertà ignobile e subiscono la paura e l’intimidazione dai loro stesso leader” afferma il documento. “Apprezziamo i molteplici sacrifici fatti dai nostri valorosi combattenti per la libertà, e li onoriamo per aver pagato un prezzo elevato per ottenere per noi l'indipendenza, conquistata a fatica. In realtà questi uomini e donne patriottici avevano il sogno di costruire una nazione in cui tutti i cittadini potessero godere della libertà non solo dall'oppressione coloniale, ma anche dalla fame, dalla povertà, dalle malattie curabili, e da ogni forma di ingiustizia e di sfruttamento”. “L’ Oasis Forum - continua il messaggio - è fermamente convinto che il miglior modo per onorare i nostri eroi nazionali sia quello di creare un nuovo ordine costituzionale, per far sì che siano realizzate le nobili aspirazioni per uno Zambia libero, prospero e democratico”. “Non siamo contrari ad una autentica celebrazione del Giubileo d'Oro, tuttavia non dovremmo mai dimenticare che non vale la pena di promuovere celebrazioni formali solo per il gusto di farle” conclude il testo. (R.P.)

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    Iraq: insegnamento del siriaco e della religione cristiana in 152 scuole pubbliche

    ◊   Il Ministero dell'educazione dell'Iraq ha disposto che il siriaco e l'insegnamento della religione cristiana siano introdotti nei currucula di 152 scuole pubbliche nelle province di Baghdad, Ninive e Kirkuk. Lo scopo dichiarato è quello di contribuire a preservare la lingua madre di tutte le comunità confessionali cristiane autoctone ancora presenti nel Paese, segnate negli ultimi anni da una drastica riduzione numerica a causa dell'impennata dei flussi migratori registrata dopo la caduta del regime baathista. Le 152 scuole sono state selezionate nelle aree del Paese dove è maggiore la concentrazione di battezzati. Secondo i dati forniti ai media da Emad Salem Jeju– che guida la Direzione per lo studio del siriaco - le scuole coinvolte nel progetto sono frequentate da più di 20mila studenti. Lo stesso Jeju ha confermato che l'Assemblea dei vescovi cattolici in Iraq entro il prossimo anno preparerà delle nuove linee guida per l'insegnamento scolastico della religione cristiana. I cristiani in Iraq appartengono a 14 diverse denominazioni confessionali. In alcune delle classi coinvolte nel progetto, tutte le materie - e non solo il corso di siriaco e quello di educazione religiosa - vengono insegnate in lingua siriaca. In Iraq, dall'agosto 2011, è stata istituita la Direzione generale di Arte e Cultura siriaca. Da allora sono aumentate le iniziative volte a favorire la ripresa dell'uso della lingua siriaca. Nel Kurdistan le politiche a sostegno del siriaco erano state inaugurate già negli anni Novanta. Di recente il Parlamento iracheno ha riconosciuto anche il siriaco e l'armeno tra le lingue ufficiali del Paese, insieme al linguaggio parlato dai Turkmeni. La legge sulle lingue ufficiali è stata approvata dalla Camera dei Rappresentanti martedì 7 gennaio, e costituisce il punto d'arrivo di dieci anni di sforzi e mobilitazioni per far riconoscere a livello legislativo un principio già affermato dalla Costituzione, che lo garantiva come espressione dell'uguaglianza dei diritti esercitati da tutti i cittadini iracheni. Di fatto, fino a quel momento, le uniche lingue riconosciute come ufficiali dall'amministrazione pubblica erano l'arabo e il curdo. Le iniziative che favoriscono l'uso corrente della lingua siriaca sono state accolte con soddisfazione dai gruppi militanti più impegnati nella difesa identitaria delle popolazioni assire, caldee e siriache, come l'Assyrian Democratic Movement. Allo stesso tempo, va registrato il fatto che in gran parte delle famiglie cristiane il siriaco non viene più parlato correntemente. Per questo motivo molti genitori cristiani hanno manifestato una certa riluttanza a iscrivere i propri figli nelle classi dove tale lingua viene utilizzata nell'insegnamento di tutte le materie. (R.P.)

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    Terra Santa: i leader cattolici chiedono al Comune di Tel Aviv di fermare la Campagna contro le chiese

    ◊   “Tenete aperte le oasi di preghiera a Tel Aviv”: è la richiesta che l’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) ha formulato al Comune di Tel Aviv invitandolo a fermare la sua campagna contro i luoghi di culto delle comunità migranti situati nella zona sud della città. “Nelle ultime settimane - si legge nella nota ripresa dall'agenzia Sir, firmata da 22 leader religiosi, tra cui il patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal, - il Comune di Tel Aviv ha chiuso molti luoghi di culto nella periferia sud di Tel Aviv e in alcuni casi l’immobile è stato confiscato”. “I migranti - scrivono gli Ordinari - hanno raccolto quel poco che avevano per fondare comunità cristiane e luoghi di culto in appartamenti, negozi, cantine e rifugi. Hanno trasformato questi luoghi in oasi di preghiera e di solidarietà”. “Riconosciamo il diritto delle autorità civili di applicare le leggi e mantenere l’ordine - affermano i leader cattolici - ma chiediamo di usare bontà e misericordia verso questi nostri fratelli e sorelle. Le loro chiese e luoghi di preghiera sono dei luoghi santi da proteggere e promuovere. Chiediamo - conclude la nota - che questa campagna contro le chiese a Tel Aviv si trasformi in una campagna per aiutare le chiese a rispondere ai loro obblighi civili e di continuare a servire i fedeli”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 52

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.