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Sommario del 19/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: quando Dio ci perdona sentiamo la pace nel cuore
  • Appello di Papa Francesco per l'Ucraina: cessi ogni azione violenta
  • Consiglio di cardinali. Presentata proposta di riforma dei dicasteri economici e dello Ior
  • Confermati vertici dicasteri delle Chiese Orientali e Unità dei cristiani
  • Nomina episcopale in Brasile
  • "Sacrosanctum Concilium". Mons Parolin: custodire la verità e l'autenticità della liturgia
  • Patti Lateranensi. Mons. Parolin: Il tessuto Italia tiene, priorità a lavoro e famiglie
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libano: rivendicato da una sigla qaedista il duplice attentato a Beirut
  • Onu: in Somalia un milione di sfollati interni e un milione di profughi nei Paesi vicini
  • Italia, consultazioni governo. Quadrio Curzio: per l'Economia figura di profilo europeo
  • Sostegno a distanza: un piccolo esercito di volontari per i popoli del Sud del mondo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina: mons. Shevchuk chiede di fermare lo spargimento di sangue
  • Sud Sudan: sospesi i colloqui di pace. Su Malakal annunci e smentite
  • Centrafrica: il presidente Deby chiede all’Onu più truppe per riportare la pace
  • Iraq: quasi 50 morti in una serie di attentati a Baghdad e Hilla
  • Venezuela: la Chiesa rivendica il diritto di protestare
  • Perù: i vescovi sulla riforma del sistema universitario
  • Haiti: la mediazione della Chiesa alla vigilia delle legislative
  • Terra Santa. Il Patriarca Twal: difendere i palestinesi non vuol dire essere contro Israele
  • Quebec: nuovo appello dei vescovi contro il progetto di legge sull'eutanasia
  • Spagna: continue violazioni alla libertà religiosa. Vittime soprattutto i cristiani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: quando Dio ci perdona sentiamo la pace nel cuore

    ◊   La Riconciliazione è un “dono dello Spirito Santo”. “Solo se ci lasciamo riconciliare nel Signore Gesù col padre e con i fratelli, possiamo essere veramente nella pace”. E’ quanto ha sottolineato stamani, durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, Papa Francesco incentrando la catechesi sul Sacramento della Riconciliazione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il perdono dei peccati - ha detto Papa Francesco – non è “frutto dei nostri sforzi”, ma “dono dello Spirito Santo” che ci guarisce:

    “Il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire: mi perdono i peccati. Il perdono si chiede, si chiede a un altro e nella Confessione chiediamo il perdono a Gesù”.

    Quando riceviamo il perdono dei peccati, possiamo veramente “essere nella pace”:

    “E questo lo abbiamo sentito tutti nel cuore quando andiamo a confessarci, con un peso nell'anima, un po' di tristezza; e quando riceviamo il perdono di Gesù siamo in pace, con quella pace dell'anima tanto bella che soltanto Gesù può dare, soltanto Lui”.

    E “il luogo in cui si rende presente lo Spirito” – ha aggiunto il Santo Padre – è la comunità cristiana:

    “Ecco allora perché non basta chiedere perdono al Signore nella propria mente e nel proprio cuore, ma è necessario confessare umilmente e fiduciosamente i propri peccati al ministro della Chiesa”.

    “Nella celebrazione di questo Sacramento, il sacerdote non rappresenta soltanto Dio”…

    “…ma tutta la comunità, che si riconosce nella fragilità di ogni suo membro, che ascolta commossa il suo pentimento, che si riconcilia con lui, che lo rincuora e lo accompagna nel cammino di conversione e di maturazione umana e cristiana”.

    Il Papa ha anche ricordato che è necessario rivolgersi al sacerdote, non confessarsi solo con Dio:

    “Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio “perdonami”, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote”.

    Accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, anche la vergogna è salutare:

    “Anche la vergogna è buona, è salute avere un po' di vergogna… La vergogna fa bene, perché ci fa più umili, e il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione e in nome di Dio perdona”.

    Non bisogna avere paura della confessione:

    “E’ buono parlare con il fratello e dire al sacerdote queste cose, che sono tanto pesanti nel mio cuore. E uno sente che si sfoga davanti a Dio, con la Chiesa, con il fratello. Non avere paura della Confessione! Uno, quando è in coda per confessarsi, sente tutte queste cose, anche la vergogna, ma poi quando finisce la Confessione esce libero, grande, bello, perdonato, felice”.

    Quindi, il Santo Padre ha rivolto ad ognuno una domanda:

    “Quando è stata l'ultima volta che ti sei confessato, che ti sei confessata? Sono due giorni, due settimane, due anni, vent’anni, quarant’anni? E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più, vai, che il sacerdote sarà buono. E' Gesù lì, e Gesù è più buono dei preti, Gesù ti riceve, ti riceve con tanto amore. Sii coraggioso e vai alla Confessione!”.

    Celebrare il Sacramento della Riconciliazione – ha affermato infine il Papa – significa essere avvolti nell’abbraccio caloroso “dell’infinita misericordia del Padre”:

    “Ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa! Andiamo avanti su questa strada. Che Dio vi benedica!”.

    Dopo la catechesi, il Pontefice ha salutato i partecipanti al Simposio “Sacrosanctum Concilium, gratitudine e impegno, per un grande movimento di comunione ecclesiale”, accompagnati dal cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e quanti compongono l’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia della Vita, nel ventennale della sua fondazione. Il Papa ha poi rivolto il suo saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, rivolgendosi ai partecipanti al Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi, in occasione degli ottant’anni di fondazione, ha augurato “un sempre proficuo impegno a servizio di quanti si fanno pellegrini verso i luoghi della fede”.

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    Appello di Papa Francesco per l'Ucraina: cessi ogni azione violenta

    ◊   All’udienza generale di oggi, Papa Francesco ha lanciato un forte appello per l’Ucraina. Ieri, a Kiev, sono morte 25 persone negli scontri tra manifestanti e poliziotti e oggi l’Unione Europea ha convocato d’urgenza per domani il consiglio dei ministri degli Esteri. Ascoltiamo le parole del Papa:

    "Con l’animo preoccupato seguo quanto in questi giorni sta accadendo a Kyiv. Assicuro la mia vicinanza al popolo ucraino e prego per le vittime delle violenze, per i loro familiari e per i feriti. Invito tutte le parti a cessare ogni azione violenta e a cercare la concordia e la pace nel del Paese".


    Dopo gli scontri di ieri, che hanno provocato 25 morti a Kiev e i falliti tentativi di dialogo tra il presidente Janucovich e l’opposizione, per discutere della situazione in Ucraina sono stati convocati d’urgenza per domani i ministri degli Esteri dell’Unione Europea. Stamattina, si è riunito il Comitato politico e di sicurezza della Ue (Cops) per quello che la responsabile Catherine Ashton ha definito il "tragico deterioramento della situazione in Ucraina". La Ashton ha sottolineato che "tutte le opzioni saranno esplorate, comprese misure restrittive contro i responsabili della repressione e delle violazioni dei diritti umani". Dell’ipotesi sanzioni, Fausta Speranza ha parlato con Giandonato Caggiano, docente di diritto dell’Ue all’Università Roma Tre:

    R. – Ci sono alcune possibilità, una gamma di misure a partire da sanzioni diplomatiche, con espulsione di diplomatici, rottura delle relazioni, sospensioni di visite ufficiali, fino a salire anche alla sospensione di tutte le forme di cooperazione, il boicottaggio di manifestazioni sportive o culturali. Inoltre, ci possono essere sanzioni commerciali che impediscono l’ingresso di determinati prodotti. In particolare, in molti casi si fa presa sull’embargo della fornitura di armi. Ci possono poi essere sanzioni finanziarie con il congelamento di fondi - eventualmente in banche dell’Unione Europea - poi il divieto di transazioni finanziarie e di crediti all’esportazione e agli investimenti, fino a giungere addirittura ai divieti di volo…

    D. – Qualcuno in queste ore ipotizza sanzioni individuali…

    R. – Sì. Naturalmente, c’è una possibilità di fare un intervento “chirurgico”, introducendo in particolari misure restrittive in relazione a specifiche persone che fanno parte del governo, o del partito che sostiene il governo, o dei gruppi che sono in qualche maniera controllati dal governo. C’è ormai una prassi consolidata di “sanzioni intelligenti”. Certamente, questo è solo il primo strumento…

    D. – Il premier ad interim parla di colpo di Stato da parte dell’opposizione e la Russia gli fa eco. Dunque, qualunque misura, qualunque movimento dell’Unione Europea sarebbe comunque un braccio di ferro con la Russia…

    R. – Certamente, la crisi in atto in Ucraina è esattamente il conflitto tra un progressivo avvicinamento all’Unione Europea e al mondo occidentale e un ingresso nell’orbita della Russia. È questo il punto in discussione. Evidentemente, i partiti, le fazioni che sono in questo momento alla guida di quello che comincia a delinearsi come un vero e proprio conflitto civile fanno valere le loro ragioni. Da una parte, l’Unione Europea – sistema articolato di mercato unico con enormi vantaggi – e, dall’altra, invece i finanziamenti economici dati dalla Russia, in particolare per quanto riguarda il pagamento del gas, merce fondamentale per sopravvivere ai freddi inverni dell’Ucraina.

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    Consiglio di cardinali. Presentata proposta di riforma dei dicasteri economici e dello Ior

    ◊   Si è conclusa oggi la terza riunione del Consiglio degli otto cardinali, che dal 13 aprile scorso coadiuva il Papa nel governo della Chiesa universale e nello studio di un progetto di riforma della Curia Romana. Oggi pomeriggio anche l’incontro con i cardinali membri del Consiglio dei quindici porporati, che si occupa specificamente dei problemi economici e organizzativi della Santa Sede. E sull’incontro di stamani, in Sala Stampa vaticana il direttore, padre Federico Lombardi, ha tenuto il consueto briefing con i giornalisti. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Il lavoro del Consiglio degli otto cardinali è continuato anche nel pomeriggio di ieri e si è concluso alla fine della mattinata odierna. E’ stata quindi consegnata a Papa Francesco – ha detto padre Lombardi – una proposta di riforma:

    “Il Consiglio degli Otto cardinali ha lavorato intensamente e ha preso, per parte sua, degli orientamenti che ha presentato al Santo Padre nei due campi di cui si è trattato: uno, l’insieme della struttura economico-organizzativa della Santa Sede, e lo Ior, che però è un argomento molto più specifico e limitato”.

    Le due commissioni referenti, ascoltate dagli otto porporati, sulla struttura economico-organizzativa della Santa Sede e sullo Ior, verranno ascoltate anche oggi pomeriggio nel corso della riunione del Consiglio dei quindici cardinali, che si occupa in modo specifico dei problemi economici e organizzativi della Santa Sede. Padre Lombardi ha poi definito i tempi del Concistoro sulla famiglia, che inizia domani mattina in Vaticano, con il saluto del cardinale decano, Angelo Sodano, poi l’intervento del Pontefice ai porporati. A seguire, la relazione introduttiva del cardinale Walter Kasper sul tema della famiglia. Quindi, gli interventi liberi dei cardinali, sia per il pomeriggio che per il resto della mattina e il giorno successivo. Il Consiglio degli otto cardinali continuerà a incontrarsi dal 28 al 30 aprile e dal primo al 4 luglio prossimi.

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    Confermati vertici dicasteri delle Chiese Orientali e Unità dei cristiani

    ◊   Papa Francesco ha confermato prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali il cardinale Leonardo Sandri e segretario mons. Cyril Vasil'.

    Il Papa ha poi annoverato tra i membri le Loro Beatitudini Ibrahim Isaac Sidrak, Patriarca di Alessandria dei Copti, e Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei; e ha nominato Membri: l'Eminentissimo Signor Cardinale Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma; e gli Eccellentissimi Monsignori: William Charles Skurla, Arcivescovo di Pittsburgh dei Bizantini; Pietro Parolin, Arcivescovo tit. di Acquapendente, Segretario di Stato; Gerhard Ludwig Müller, Arcivescovo-Vescovo emerito di Regensburg, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; Vincent Gerard Nichols, Arcivescovo di Westminster; Mario Aurelio Poli, Arcivescovo di Buenos Aires; Joseph Edward Kurtz, Arcivescovo di Louisville; Walmor Oliveira de Azevedo, Arcivescovo di Belo Horizonte; Denis James Hart, Arcivescovo di Melbourne; Joseph Werth, Vescovo della Trasfigurazione a Novosibirsk;

    Il Pontefice ha anche confermato membri per un altro quinquennio: gli Eminentissimi Signori Cardinali Christoph Schönborn e Jean-Louis Tauran, Sua Beatitudine Fouad Twal, gli Eccellentissimi Monsignori: Berhaneyesus Demerew Souraphiel, Piero Marini, Ján Babjak, Antoine Audo; fino alla conclusione del rispettivo mandato, gli Eminentissimi Signori Cardinali: Tarcisio Bertone, Dionigi Tettamanzi, Angelo Scola, Marc Ouellet, André Vingt-Trois, Angelo Bagnasco, Reinhard Marx, Timothy Michael Dolan, William Joseph Levada, Francesco Monterisi, Kurt Koch, Fernando Filoni, Edwin Frederick O'Brien; e l'Eccellentissimo Monsignore Peter Bürcher; ha nominato Consultori: l'Ecc.mo Monsignore Dimitrios Salachas, Vescovo tit. di Grazianopoli; i Reverendi P. Massimo Pampaloni, S.I.; P. Philippe Luisier, S.I.; P. Michael Kuchera, S.I.; P. Lorenzo Lorusso, O.P.; P. Georges Ruyssen, S.I.; P. Thomas Pott, O.S.B.; Sac. Pablo Gefaell; P. G. Ronald Roberson, C.S.P.; Mons. Paul Pallath; P. Adam Konštanc, O.P.; Mons. Guido Marini; Sac. George Gallaro; ha confermato Consultori gli Eccellentissimi Monsignori: Christo Proykov, Hanna G. Alwan, Borys Gudziak; ed i Reverendi P. Ab. D. Michel Van Parys, O.S.B.; Mons. Michel Berger; Mons. Osvaldo Raineri; P. Archim. Jan Sergiusz Gajek, M.I.C.; Mons. Natale Loda; Arcipr. Mitr. Vasyl Hovera.

    Papa Francesco ha anche confermato presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani il cardinale Kurt Koch e segretario mons. Brian Farrell, vescovo titolare di Abitine. Ha inoltre confermato i membri e i Consultori dello stesso Pontificio Consiglio fino alla scadenza dei rispettivi mandati.

    Il Papa ha poi nominato consultori della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo l'Ecc.mo Mons. Christopher Charles Prowse, Vescovo di Sale (Australia); il Rev.do P. Christian Rutishauser, S.I. (Svizzera), Membro della Commissione di Dialogo Ebraico-Cattolico delle Conferenze Episcopali Svizzera e Tedesca; il Prof. Gregor Maria Hoff (Rep. Federale di Germania), Docente di Teologia Fondamentale e Teologia Ecumenica presso l'Università di Salisburgo e Membro della Commissione di Dialogo Ebraico-Cattolico della Conferenza Episcopale Tedesca.

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    Nomina episcopale in Brasile

    ◊   In Brasile, Papa Francesco ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Brasília il sacerdote Mons. Marcony Vinícius Ferreira, finora vicario generale nella medesima arcidiocesi. Mons. Ferreira è nato il 3 marzo 1964 a Brasília, nell’omonima arcidiocesi. Dopo aver frequentato la Scuola media presso il Seminario Minore “Bom Jesus”, ha realizzato gli studi di Filosofia e Teologia presso il Seminario Maggiore “Nossa Senhora de Fátima”, entrambi a Brasília. Il candidato possiede una specializzazione in Teologia Liturgica, ottenuta dapprima frequentando il Pontificio Ateneo “Sant’Anselmo” (1993-1996) e dopo l’Istituto di Teologia Liturgica dell’Università “Santa Croce” (2011-2012). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 3 dicembre 1988. Nel corso del ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Parroco della Parrocchia “Nossa Senhora do Rosário de Fátima” (1989-1993); Parroco della Cattedrale Metropolitana di Brasília (1996-2010); Coordinatore Arcivescovile di Pastorale (1996-2004); Membro del Consiglio dei Presbiteri (1996-2010); Membro del Consiglio dei Consultori (1996-2010); Vicario Episcopale per il Vicariato “Centro” (1996-2007); Vicario Generale dell’arcidiocesi di Brasília (2008-2011); Responsabile del giornale liturgico domenicale “Povo de Deus” dell’arcidiocesi (1989-2003 e 2006-2011); Segretario Generale e Coordinatore dell’Equipe di Liturgia del XVI Congresso Eucaristico Nazionale (2010). Nel periodo 1996-2011 ha ricoperto anche altri incarichi: Coordinatore della Commissione Arcivescovile di Liturgia; Responsabile della formazione liturgica e dottrinale dei Ministri Straordinari dell’Eucaristia; Coordinatore della Commissione Arcivescovile per il “Corpus Christi”; Coordinatore della Commissione Arcivescovile per la festa di “Nossa Senhora Aparecida”; Coordinatore della Commissione di Adorazione Eucaristica; Professore nei due Seminari Maggiori dell’arcidiocesi e nel Corso Superiore di Teologia per i Laici. Attualmente ricopre l’incarico di vicario generale dell’arcidiocesi di Brasília.

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    "Sacrosanctum Concilium". Mons Parolin: custodire la verità e l'autenticità della liturgia

    ◊   “La liturgia custodisce e apre la porta della grazia e va, dunque, a sua volta, coltivata e custodita nella sua verità”. Lo ha affermato il segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin, all’omelia della Messa da lui presieduta questa mattina nella Basilica di San Pietro. Occasione della cerimonia, il Convegno in corso alla Lateranense dedicato alla Sacrosanctum Concilium, la Costituzione del Vaticano II dalla quale, nel 1963, scaturì un profondo rinnovamento della liturgia ecclesiale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una “tenda” al cui riparo Dio e l’uomo si incontrano. Un “canale sempre aperto” che dal cielo porta lo Spirito Santo sulla terra. Da duemila anni, il pensiero cristiano ha trovato molte espressioni per descrivere l’importanza della liturgia eucaristica. E da 51 anni, la Sacrosanctum Concilium veglia e sorveglia su quel complesso di segni e di gesti che ha il compito di comunicare la divinità all’umanità. Mons. Parolin lo ha sottolineato all’inizio dell’omelia, citando un passaggio del documento:

    “La Costituzione conciliare così descrive la liturgia: il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua virtù. Questa affermazione si comprende pienamente alla luce di quanto poco prima viene detto al riguardo della vera natura della liturgia, definita come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo”.

    La liturgia, ha proseguito mons. Parolin, permette la santificazione dell’uomo attraverso dei “segni sensibili”, tutti improntati a “sobrietà”, e la realizza all’interno di “un tempo e uno spazio nuovi”, che prefigurano ciò che sarà nella vita della redenzione. “Sempre ci stupisce – ha affermato mons. Parolin – la sproporzione tra la semplicità dei segni e la portata sovrumana degli effetti. La vita trinitaria – ha osservato – ci è offerta nell’acqua del Battesimo; Dio ci offre se stesso in cibo nell’Eucaristia; il suo perdono ci raggiunge attraverso il gesto e le parole di un sacerdote”:

    “Si direbbe quasi che il Signore ci voglia incontrare e risanare e rinnovare in un contesto di disarmante normalità, che ci voglia raggiungere e trasformare nella ferialità della nostra esistenza, nello stesso modo in cui scelse i dodici, chiamandoli dalle loro occupazioni quotidiane e proiettandoli verso l’orizzonte della sequela e della missione”.

    Un esempio è contenuto nel Vangelo odierno, in cui Cristo guarisce un cieco ponendogli della saliva sugli occhi e imponendogli le mani. “Gesù – ha commentato il segretario di Stato – rifugge dallo spettacolare, perché il bene compiuto possiede un suo inarrestabile dinamismo interno di crescita e di diffusione”:

    “Tale dinamismo, tanto potente e costante quanto delicato e silenzioso, si può percepire unicamente se l’intelligenza e il cuore non temono di aprirsi al dono della fede e all’azione dello Spirito Santo, il quale si serve della linfa della preghiera e del veicolo della liturgia”.

    Augurando un proficuo lavoro ai convegnisti impegnati in questi giorni alla Laternanense, mons. Parolin ha consluso:

    “Il mistero della vita di Cristo si attualizza nella vita della Chiesa con l’azione dello Spirito ed è la liturgia il canale principale, sempre aperto, in cui scorre l’acqua pura che promana dal mistero pasquale di Cristo. La liturgia custodisce ed apre la porta della grazia e va, dunque, a sua volta, coltivata e custodita nella sua verità e nella sua autentica finalità”.

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    Patti Lateranensi. Mons. Parolin: Il tessuto Italia tiene, priorità a lavoro e famiglie

    ◊   Il lavoro, la tutela delle famiglie. Sono queste le priorità per il futuro dell'Italia espresse ieri dal segretario di Stato, mons. Pietro Parolin, durante cerimonia per i Patti Lateranensi a Roma. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Clima disteso ieri all’ambasciata presso la Santa Sede tra i vertici della Chiesa e delle istituzioni italiane. Certo, i colloqui sono stati in parte influenzati dal fatto che c’è un governo uscente, ma ancora non si conosce quello entrante. Dunque, difficile parlare di contenuti. Mons. Pietro Parolin ha auspicato “che il futuro governo possa realizzare il programma… un programma molto impegnativo”. Ma non si è parlato solo delle difficoltà che sta vivendo l’Italia:

    "Ma anche delle sue varie potenzialità. Il tessuto Italia tiene. Ci sono molte famiglie, persone, giovani, anziani che danno un contributo fondamentale allo sviluppo della vita del Paese”.

    Insomma, bisogna essere ottimisti, anche perché un cristiano deve avere fiducia nel futuro. Mons. Parolin ha poi parlato della Commissione cardinalizia che si sta occupando della riforma della Curia e affermato che “c’è un clima di grande ascolto”. Poche parole da parte del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Ho troppe cose per la testa”, dice il capo dello Stato, impegnato in questi giorni nella crisi di governo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Basta violenze in Ucraina. Preoccupato per le drammatiche notizie che continuano a giungere dal Paese il Papa lancia un appello alla concordia e alla pacificazione.

    Si conclude la riunione del vescovo di Roma con il Consiglio di cardinali.

    Tutti siamo preziosi per tutti: la prefazione di Papa Francesco e il capitolo introduttivo del libro (che sarà presentato il 25 febbraio) del cardinale eletto Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, “Povera per i poveri. La missione della Chiesa”.

    Non c’è nulla di impossibile: Giuliano Zanchi recensisce l’ultimo libro di Lucetta Scaraffia “La santa degli impossibili. Rita da Cascia tra devozione e arte contemporanea”.

    Parole e segni che trasformano la vita: messa del segretario di Stato per i partecipanti al convegno sulla “Sacrosantum Concilium”.

    I due paradisi di Hwang: da Seoul, internista di Cristian Martini Grimaldi all’arcivescovo Andrew Yeom Soo-yung.

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    Oggi in Primo Piano



    Libano: rivendicato da una sigla qaedista il duplice attentato a Beirut

    ◊   Rivendicato da una sigla qaedista il duplice attentato dinamitardo, con due autobomba, avvenuto questa mattina nella parte sud di Beirut contro il Centro culturale iraniano. L'attacco, il cui bilancio per ora è di 4 morti e 80 feriti, è avvenuto vicino all'ambasciata del Kuwait, nel quartiere di Bir Hasan, poco lontano dall'ingresso dei quartieri dominati dal movimento sciita filo-iraniano Hezbollah. Un ulteriore segnale di destabilizzazione per il Paese dei Cedri, che rischia di essere coinvolto nel conflitto che lacera la vicina Siria. Che rischi ci sono che questo avvenga? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Giorgio Bernardelli, esperto dell'area mediorientale:

    R. – Intanto è molto importante che l’obiettivo dell’attentato sia stato un Centro culturale iraniano. E’ un messaggio assolutamente chiaro ed è un coinvolgimento sempre più massiccio del Libano in quello che è lo scenario della guerra siriana, che come sappiamo vede l’Iran e il suo alleato libanese hezbollah combattere a fianco delle truppe di Assad. La matrice di questo attentato è chiara, insomma, portare quella stessa guerra, che da tempo sconvolge la Siria, anche all’interno del Libano. Va ricordato anche che non è la prima volta che a Beirut viene preso di mira un obiettivo specificatamente iraniano. Nel mese di novembre c’era stato un attacco in grande stile, rivendicato dalla stessa sigla terroristica, che rivendica l’attentato di oggi, contro l’ambasciata iraniana. C’è una strategia chiara in questo senso.

    D. – Ecco, è chiaro anche il segnale di avere attaccato in un punto in cui c’è anche l’ambasciata del Kuwait, Paese che fa parte dell’altro fronte della guerra siriana...

    R. – Sì, fino ad un certo punto. Secondo me è prevalente l’obiettivo di tipo iraniano. Teniamo presente, però, che l’altro elemento, secondo me, molto importante all’interno di quello che è successo oggi, è il momento in cui si colloca questo attentato. Proprio l’altro giorno c’è stato questo accordo, che dopo 11 mesi di caos istituzionale, all’interno del Libano, sembrava aprire uno spiraglio della formazione di un governo di unità nazionale, che per la prima volta dal 2005 vedrebbe insieme sia lo schieramento legato ad hezbollah sia quello legato a Saad Hariri, il fronte sunnita moderato. Ecco, si tratta di una novità politica importante, di una scommessa da parte del Libano, di un tentativo di mettere in primo piano quello che è il bene del proprio Paese rispetto a tutte queste ingerenze, queste influenze che arrivano dalla situazione assolutamente drammatica che vive l’intera regione.

    D. – E quali conseguenze, a questo punto, ci possiamo aspettare proprio sul nuovo Esecutivo libanese?

    R. – E’ difficile dirlo, certamente fin dalle sue primissime ore vive una situazione molto difficile, perché questa coabitazione tra hezbollah e sunniti viene messa già a dura prova da questo attentato. Molto starà anche a capire quali saranno i provvedimenti - e la reazione - che verranno presi dal nuovo ministro degli Interni libanesi, che è un esponente sunnita. Sarà, quindi, interessante vedere quale sarà nelle prossime ore la reazione e se questo tentativo importante riuscirà a sopravvivere. Teniamo, però, presente che siamo ancora all’annuncio di un governo, per cui c’è ancora il passaggio della fiducia in Parlamento a partire dal programma, e ancora più importante, alla fine di marzo e primi di aprile, il Libano dovrà eleggere anche un nuovo Presidente della Repubblica. E’ una fase, dunque, delicatissima del Paese. Evidentemente, appare chiaro che c’è qualcuno che vuole sabotare questo tentativo di unità nazionale.

    D. – C’è la percezione nella comunità internazionale che il Libano potrebbe diventare la prossima emergenza da affrontare?

    R. – Io credo proprio di sì, perché purtroppo questa oggi non è una percezione, è un dato di fatto. Il susseguirsi di questi attentati negli ultimi mesi è davvero impressionante da questo punto di vista. E d’altra parte, il coinvolgimento diretto di Hezbollah all’interno del conflitto siriano è uno dei grossi nodi che impediscono di trovare una soluzione anche a quel tavolo negoziale che si è aperto a Ginevra.

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    Onu: in Somalia un milione di sfollati interni e un milione di profughi nei Paesi vicini

    ◊   Sono un milione gli sfollati interni in Somalia e un altro milione di persone ha trovato rifugio nelle Nazioni vicine. Due milioni sono invece i somali che non hanno cibo a sufficienza. Sono i dati presentati dall'Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, il cui responsabile delle operazioni, John Ging, ha appena effettuato una visita nel Paese africano, colpito solo tre anni fa da una terribile carestia che ha causato 260mila morti. A complicare la situazione “estremamente fragile“, ha sottolineato Ging, la scarsa sicurezza sul territorio. Dopo anni di anarchia e sanguinose azioni da parte dei miliziani islamici Shabaab, non solo sul territorio somalo ma anche in altri Stati africani, a dicembre si è insediato il nuovo premier, Abdiweli Sheikh Ahmed. Della situazione in Somalia parla mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Questa è la situazione degli ultimi tre anni, non è dunque una novità. Probabilmente al mondo dei mass media sembrava che, con la tentata rinascita del nuovo Stato, la situazione fosse cambiata. Invece no, perché le istituzioni somale - nate un anno e mezzo fa - non sono ancora in grado di assicurare una governabilità, soprattutto nel centro-sud della Somalia. Poi c’è la questione della sicurezza: ci sono ancora molte zone nelle mani degli oppositori, in particolare degli Shabaab, e questo chiaramente non incoraggia i rifugiati a tornare in Somalia, soprattutto dal Kenya e dall’Etiopia; non incoraggia nemmeno gli sfollati interni a fare rientro nelle zone di origine.

    D. - Oltre alle ragioni di sicurezza, quali altri motivi sono alla base di queste migrazioni?

    R. - Negli ultimi tre anni i motivi sono stati la siccità, che ha colpito in un modo drammatico la Somalia. Ma bisogna anche tornare molto indietro, alla frantumazione dello Stato somalo che ha spinto moltissimi abitanti a cercare - oltre i confini dello Stato oppure, per gli interni, oltre i confini delle loro regioni - un luogo di rifugio per poter sopravvivere.

    D. - Quando si parla di rischi di anarchia anche in altri Paesi, viene evocato spesso il caso della Somalia. Per dove passa la via della rinascita?

    R. - Passa attraverso un doppio sforzo: uno sforzo interno delle popolazioni, che deve essere coadiuvato dalla Comunità internazionale: cioè la Comunità internazionale da sola non basta e queste Nazioni, come la Somalia, da sole non possono rimettersi insieme. C’è bisogno di un approccio comune di lungo termine tra la Comunità internazionale e gli abitanti del posto.

    D. - Ed il ruolo della Chiesa locale?

    R. - A causa dell’insicurezza, a causa di una forma estrema di islamismo, noi non possiamo operare molto apertamente, però è chiaro che continuiamo con un’opera umanitaria, soprattutto attraverso la nostra Caritas. Inoltre, abbiamo altri contatti meno visibili: proprio questa mattina ho ricevuto l’invito da parte di una persona in Kenya che vorrebbe lavorare di più nello sforzo di riconciliazione all’interno della Somalia e a cui ho dato il mio benvenuto. Bisognerà trovare interlocutori validi.

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    Italia, consultazioni governo. Quadrio Curzio: per l'Economia figura di profilo europeo

    ◊   Proseguono in Italia le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Al termine dell’incontro con Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, per il Pdl, ha detto che sulle riforme e su lavoro, fisco, giustizia c’è l’assoluta disponibilità a lavorare insieme. La delegazione del Pd, guidata da Roberto Speranza, ha invece chiesto di avviare le riforme economiche e sociali per ridare "ossigeno a famiglie e imprese". Tra gli incarichi più delicati all’interno del futuro governo, c’è quello di ministro dell’Economia. Ma quali caratteristiche dovrà avere questa figura per rilanciare davvero il Paese? Alessandro Guarasci ha sentito l’economista Alberto Quadrio Curzio, vicepresidente dell’Accademia dei Lincei:

    R. - Una caratura politica nazionale, una credibilità europea e internazionale per agire ovviamente nell’interesse dell’Italia, ma anche nel rispetto dei parametri europei. Se dovessi richiamare alla mente una personalità che aveva tutte queste caratteristiche, credo che richiamerei Carlo Azeglio Ciampi.

    D. - Però, personalità di questa statura al momento in Italia non sembrano esserci…

    R. - Personalmente non ne vedo. Totale fu la consonanza con il presidente del Consiglio, Prodi - anche questo è un punto che conta - perché se un presidente del Consiglio ha un ministro dell’Economia con il quale riesce a istaurare un dialogo di reciproca comprensione, l’effetto è moltiplicato.

    D. - Si parla tanto di allargare le "maglie" dei contratti per creare più lavoro. Secondo lei, non è fondamentale in questo momento invece rilanciare la produzione industriale?

    R. - Si allarghino pure le maglie dei contratti, ma da ciò non ne deriva un incremento occupazionale, perché l’economia e la produzione non crescono. Perché si insiste sul cuneo fiscale contributivo? Perché da un lato si aumenta la competitività delle imprese per i mercati internazionali - competitività di prezzo - mentre da un altro lato si danno più redditi in busta paga ai lavoratori e quindi si dà una spinta anche ai consumi.

    D. - Chi andrà al ministrro di Via XX Settembre dovrà in qualche modo ridiscutere il rapporto deficit/Pil del 3%. Sappiamo però che l’Europa non ci dà scampo…

    R. - Non è tanto il recarsi a Bruxelles e dire “noi non rispettiamo più il limite del 3%” - che sarebbe certamente un’affermazione forte, un’affermazione pericolosa per l’Italia ma anche per l’Europa - quanto mettere a frutto tutti gli altri strumenti disponibili, ovvero, il cosiddetto quadro finanziario poliennale da mille miliardi distribuiti su sette anni, che potrebbe essere anticipato per una parte significativa nei primi anni, in modo da rilanciare la crescita. Una seconda strada - che conosciamo benissimo e completamente contrastata dalla Germania - è quella degli Euro Union Bond, o degli Euro Bond. Però, credo che non convenga darla per persa se non altro perché l’Europa deve guardare lontano. Infine, per i singoli Paesi è la possibilità di questi accordi contrattuali che sono previsti in quel documento importante - che è verso una unione economica e monetaria più autentica - che è stato approvato da vari Consigli europei ed elaborato dai cosiddetti “quattro presidenti”: Val Rompuy, Barroso, Draghi e, a suo tempo, Juncker. Adesso, al suo posto c’è Dijsselbloem, ministro delle Finanze olandese, che ha già manifestato una certa apertura in questa direzione.

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    Sostegno a distanza: un piccolo esercito di volontari per i popoli del Sud del mondo

    ◊   La solidarietà crea Welfare, crea benessere sociale. Parte da qui il Sostegno a Distanza, popolare forma di aiuto ai popoli del Sud del mondo portata avanti da volontari, cittadini solidali e dagli stessi migranti. Per discuterne si svolge a Roma, venerdì e sabato prossimi, il XV Forum nazionale del Sostegno a Distanza, organizzato da ForumSad ed Elsad (Enti Locali Sostegno a Distanza), con il sostegno di Fondazione con il Sud. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Sono un milione e mezzo gli italiani che sostengono a distanza bambini, famiglie e comunità in situazioni di povertà in diverse parti del mondo. Ammontano a circa 500 milioni di euro l’anno le donazioni private, indirizzate per lo più in Africa, Asia e America Latina e destinate all’aiuto di bambini, ma non manca il sostegno alla comunità e alle mamme. Chi sono i donatori? Il 95% è privato, un piccolo esercito fatto di volontari, studenti, addirittura condomini che si mobilitano per il Sud del mondo. Vincenzo Curatola è il presidente di ForumSaD:

    “Ci sono italiani che fanno sostegno a distanza attraverso piccoli gruppi, parrocchie, scuole, colleghi di ufficio o associazioni informali, che ancora non si sono fatti sentire, che ancora non hanno visibilità, e che però hanno una grande ricchezza non solo economica ma anche una grossa rilevanza sociale, perché molte volte sono anche volontari. Cioè: le piccole organizzazioni non hanno strutture e questa è la ricchezza del volontariato italiano”.

    I due giorni di Forum, venerdì e sabato, intendono essere un momento di verifica del ruolo del Sostegno a Distanza (SaD) e uno spazio per capire se ci siano o meno i margini per la realizzazione di una rete solidale europea di Sostegno a Distanza. Inoltre, sarà l’occasione per confrontarsi su “due nuove modalità di SaD”, come quello chiamato “a vicinanza”:

    “Che guarda all’Italia, non solo agli immigrati in Italia, ma anche alle fasce più vulnerabili della nostra popolazione che in questo periodo di crisi si sono molto ampliate. E il sostegno a distanza essendo uno strumento da una parte continuativo, da un’altra parte che serve per superare momenti di difficoltà, consente anche agli italiani di rendersi conto meglio della loro crisi, di saperla affrontare direttamente senza stare ad aspettare magari interventi con la bacchetta magica, e di far sì che la nostra comunità sia una comunità”.

    Se quindi questa forma di sostegno si rivolge a immigrati, minori stranieri non accompagnati, donne vittime di violenza, il secondo modello coinvolge i migranti nei progetti solidali diretti ai paesi di provenienza:

    “Sì, questo è importante. E’ importante perché per noi gli immigrati sono una ricchezza. Però, dobbiamo renderci conto che gli immigrati sono un impoverimento dei loro Paesi, cioè loro lasciano la miseria lì e vengono qui a creare ricchezza. E noi dobbiamo pensare invece a far sì che quella miseria lì si superi. Noi abbiamo il dovere di superare la povertà che è in quei Paesi”.

    L’evento dei prossimi due giorni sarà anche l’occasione per ricordare Nelson Mandela, esempio, spiegano gli organizzatori, “del più grande sostegno a distanza che l’umanità abbia mai fatto”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina: mons. Shevchuk chiede di fermare lo spargimento di sangue

    ◊   Un appello perché sia fermato lo spargimento di sangue in Ucraina e la richiesta a tutte le Chiese del Paese di suonare le campane in questo momento in cui in Ucraina c’è pericolo di un vero e proprio “fratricidio”. A lanciarlo - dopo i nuovi violenti scontri scoppiati a Kiev tra polizia e manifestanti antigovernativi - è mons. Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, da sempre impegnato con i suoi sacerdoti e le chiese, a fianco dei manifestanti di Maidan per un’Ucraina democratica ed europea. Dal 22 novembre, giorno in cui sono iniziate le manifestazioni pro-Europa in Maidan - riferisce l'agenzia Sir - la Chiesa greco-cattolica è sempre stata a fianco dei manifestanti. Ha lasciato le chiese di Kiev aperte per accogliere e dare rifugio e pasti caldi alle persone. Al presidente ucraino Viktor Yanukovich, mons. Shevchuk ha detto: “Noi siamo, siamo stati e saremo sempre a fianco del popolo”. Ieri però la situazione è improvvisamente degenerata e il capo della Chiesa greco-cattolica ha lanciato un appello al Paese: “Con grande rammarico devo dire che gli appelli delle Chiese affinché fosse impedito lo spargimento di sangue e fosse trovata una soluzione pacifica al conflitto, non sono stati ascoltati. In nome di Dio condanno ogni violenza, ogni violazione dei diritti umani e della volontà del popolo. Vorrei ricordare con forza che chi ha potere, ha anche la piena responsabilità per quanto sta accadendo nel Paese. Mi appello a ciascuno perché sia fermato immediatamente lo spargimento di sangue. Chiedo a tutti i figli della Chiesa di digiunare, pregare ed esprimere solidarietà alle vittime. In questo momento in cui l’Ucraina vive il pericolo di un fratricidio, lasciate che tutte le campane delle chiese suonino”. (R.P.)

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    Sud Sudan: sospesi i colloqui di pace. Su Malakal annunci e smentite

    ◊   Il secondo round di colloqui ad Addis Abeba tra il governo di Juba e i ribelli non è ancora ripreso dopo la cerimonia di apertura di lunedì scorso. Lo riferiscono fonti del quotidiano Sudan Tribuen secondo cui a ostacolare il procedere del negoziato sarebbero la mancata scarcerazione dei quattro detenuti politici a Juba, tra cui l’ex segretario generale dell’Splm Pagan Amum, e la disputa sulla presenza delle forze armate ugandesi sul territorio del Sud Sudan. I rappresentnti della ribellione nella capitale etiope, tuttavia - riferisce l'agenzia Misna - hanno precisato che non stanno “boicottando” la mediazione del Paesi dell’Africa Orientale, ma vogliono che “gli accordi raggiunti nella prima fase di incontri vengano realizzati al fine di poter procedere”. A complicare quello che già si presenta come un difficile tentativo di conciliazione, tra il Presidente Salva Kiir e il suo ex vice, Riek Machar, accusato di aver messo a segno un fallito colpo di stato lo scorso 15 dicembre – accusa sempre smentita dall’interessato – la ripresa delle ostilità nello stato di Upper Nile, intorno al capoluogo di Malakal. Sulla situazione nella città – considerata di importanza strategica vista la ricchezza dei giacimenti petroliferi custoditi nel sottosuolo della regione – le versioni in circolazione sono contrastanti. I ribelli hanno dichiarato di aver preso “pieno controllo” del centro , ma accusano le forze armate regolari di aver iniziato gli scontri attaccando le loro postazioni. Circostanze sconfessate dall’esercito che sostiene di avere ancora i suoi uomini dispiegati nel centro di Malakal e di stare contrastando un’offensiva partita dai ribelli. Il timore è che gli scontri armati delle ultime ore – i primi in via ufficiale dal raggiungimento di un cessate-il-fuoco lo scorso 23 gennaio, al termine del primo turno di colloqui – possano insabbiare definitivamente le possibilità di una soluzione negoziata della crisi in atto. (R.P.)

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    Centrafrica: il presidente Deby chiede all’Onu più truppe per riportare la pace

    ◊   Il Presidente ciadiano, Idriss Deby, ha chiesto urgentemente alle Nazioni Unite di inviare con urgenza truppe e mezzi a sostegno della Missione africana in Centrafrica (Misca). Durante la conferenza stampa di ieri, in Ndjamena, nella capitale del Ciad con il presidente ad interim della Repubblica Centrafricana Catherine Samba-Panza, Deby ha dichiarato che nonostante le buone intenzioni, la Francia e l’Unione Africana non possono portare avanti la missione per ristabilire la sicurezza nel Paese. “Noi abbiamo bisogno di più uomini e mezzi, e questo potrà garantircelo solo le Nazioni Unite”, ha detto il presidente ciadiano. Attualmente ci sono 2.000 militari francesi e circa 5.400 uomini dell’Unione Africana. Inoltre, l’Unione Europea si è impegnata a inviare più di 600 militari che dovrebbero arrivare a breve nel martoriato Paese africano. Nello stesso tempo - riferisce l'agenzia Misna - Deby ha invitato il presidente ad interim del Centrafrica, la signora Catherine Samba-Panza a dialogare con i miliziani del Seleka. Esperti delle Nazioni Unite calcolano che per stabilire la pace nel Paese occorrono per lo meno una presenza di 10 mila unità di peacekeeping. Intanto peggiora la situazione umanitaria delle le centinaia di migliaia di sfollati ospitati in 68 campi, edifici religiosi e scuole della capitale Bangui. A destare maggiore preoccupazione è la sorte dei bambini, “prime vittime dirette e collaterali” delle violenze, ha dichiarato il responsabile dell’Unicef nel Paese. (R.P.)

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    Iraq: quasi 50 morti in una serie di attentati a Baghdad e Hilla

    ◊   Almeno 49 persone sono morte ieri in una serie di attentati con autobombe nella capitale e a Hilla, una città a 100 km a sud di Baghdad. La polizia ha confermato che le auto sono esplose vicino a centri commerciali e alle stazioni di autobus per colpire più gente possibile. A Baghdad gli attentati si sono concentrati nelle aree sciite della città. Il giorno prima, sempre a Baghdad - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono state uccise altre 23 persone. Secondo cifre del governo, il mese scorso sono state uccise più di 1.000 persone in attacchi che miravano a obiettivi sciiti o governativi. Fonti ospedaliere e della sicurezza affermano che in questo mese di febbraio vi sono state già quasi 500 vittime. Gli attentati non vengono rivendicati da nessuno, ma si pensa che esse siano causati da gruppi sunniti che combattono il premier Al Maliki, sciita, e da gruppi fondamentalisti in relazione con Al Qaeda. In aprile vi saranno le elezioni legislative e la popolazione teme un incremento degli attentati. Dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003, il 2013 per l'Iraq è stato l'anno più violento, superando anche le violenze del periodo 2006-2007. (R.P.)

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    Venezuela: la Chiesa rivendica il diritto di protestare

    ◊   La Commissione Giustizia e pace della Conferenza episcopale venezuelana ha divulgato un forte appello contro le violenze perpretate nei giorni scorsi, in diverse regioni del Paese, durante le proteste contro il governo. Violenze che hanno provocato la morte di tre persone, una sessantina di feriti e più di un centinaio di persone detenute. Nel chiedere al governo del Presidente venezuelano Nicolas Maduro il rispetto delle garanzie costituzionale e dei diritti umani proprii di uno Stato democratico e di diritto, i vescovi denunciano la “criminalizzazione generalizzata, da parte dello Stato, del diritto a manifestare e protestare; la presenza, alle manifestazioni di protesta, di gruppi paramilitari appoggiati dalle istituzioni e dalle Forze di polizia; l’uso eccessivo ed indiscriminato della forza pubblica. Il comunicato dell’episcopato deplora le manipolazioni delle informazioni, condanna le detenzioni arbitrarie e il trattamento crudele dei detenuti e mette in guardia da quelle iniziative che incitano alla violenza e che contrastano la volontà pacifica dei cittadini, nell’esprimere le proprie idee ed opinioni. La nota - divulgata all’indomani dei tragici fatti del 13 febbraio, nei quali sono morti tre giovani a causa di colpi d'arma da fuoco sparati da gruppi d’infiltrati nella manifestazione pacifica degli studenti - elenca una serie di richieste ai partiti politici, alla società civile e allo Stato. In particolare i vescovi chiedono di riconoscere e tollerare la diversità di pensiero e opinione per dialogare, negoziare e costruire in maniera democratica, alternative giuste e pacifiche. “La violenza e il conflitto fratricida è una strada cieca” si legge nel comunicato della Chiesa venezuelana che chiede al governo “un’indagine efficace, autonoma e imparziale dei fatti; un elenco dei detenuti, il loro rilascio e che si indichino le imputazioni affinché si possa garantire il diritto alla loro legittima difesa. Inoltre, il comunicato esorta il governo a rispettare l’integrità delle persone che esercitano il proprio diritto di protestare e ad evitare l’uso eccessivo della forza pubblica. Infine, la nota esprime la vicinanza della Chiesa ai familiari delle vittime assicurando la preghiera e il conforto per tutti, in questo momento di tristezza e dolore. Ogni giorno in diverse parti del Venezuela, centinaia di persone manifestano contro l’azione repressiva dello Stato e per la liberazione di tutti i detenuti che in buona parte sono già stati liberati. (A cura di Alina Tufani)

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    Perù: i vescovi sulla riforma del sistema universitario

    ◊   "Un dibattito partecipato e tecnico, che abbia come scopo quello di considerare le Università come spazi dove si garantisce la crescita e la realizzazione umana, ma nel rispetto della loro autonomia e degli altri diritti e garanzie riconosciuti dalla nostra Costituzione. La Conferenza episcopale ribadisce il suo impegno a contribuire a questo dibattito": è l’esortazione deI vescovi, il cui testo è stato inviato all’agenzia Fides, riguardo alla proposta di riforma del sistema universitario nel Paese. I vescovi peruviani, riuniti per la loro 103ma Assemblea Ordinaria, hanno voluto esprimersi al riguardo perché il progetto di legge Universitaria coinvolge gran parte della gioventù del Paese, inoltre la Chiesa cattolica non solo "ha partecipato attivamente alla nascita delle università", ma "da più di quattro secoli sino ai giorni nostri, è impegnata per la formazione integrale di milioni di peruviani nelle scuole, negli istituti superiori e università, in tutto il territorio del Perù" come si legge nel comunicato. Il Perù è la nazione dell’America Latina con il maggior numero di università, che accolgono molti studenti provenienti anche da altre nazioni. La proposta della nuova legge universitaria dovrebbe essere discussa in Parlamento a marzo. Fra le novità, e come uno dei punti che stanno creando contrasti, c'è la creazione di una "Superintendencia Nacional de Educacion Universitaria" alla quale dovranno fare riferimento tutte le università, che sarà guidata dal governo di turno. La proposta ha provocato la reazione di gruppi politici ed universitari, che la considerano una violazione dell'autonomia politica, amministrativa e accademica di ogni centro. La Federazione degli Studenti Universitari del Perù ha chiesto di rimandare la discussione per chiarire la proposta di legge e aprire un confronto con i diretti interessati, visto che finora non sono stati coinvolti. (R.P.)

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    Haiti: la mediazione della Chiesa alla vigilia delle legislative

    ◊   Resta ottimista il vescovo di Les Cayes, Chibly Langlois, sulla soluzione della difficile trattativa che, come è noto, vede la Chiesa cattolica d’Haiti svolgere un ruolo di mediazione tra partiti politici, parlamentari e membri del Governo per arrivare a organizzare elezioni legislative e municipali entro l’anno. L’accordo sembra essere stato trovato, ma manca ancora la firma. Il presidente del Senato, Simon Dieuseul Desras, infatti, non si è presentato alla cerimonia fissata il 15 febbraio per la firma dell’accordo. Tuttavia, il presule prima di lasciare la capitale per volare a Roma, dove tra pochi giorni riceverà la berretta cardinalizia da Papa Francesco, non ha mancato di manifestare il proprio ottimismo. «Credo che siamo sulla strada giusta — ha detto — e anche se ancora le parti non hanno firmato l’accordo, sono fiducioso perché ci sono tutte le condizioni». Infatti, ha spiegato, Parlamento ed Esecutivo hanno chiesto un po’ più di tempo per risolvere positivamente dei problemi al loro interno. «C’è bisogno di tempo per costruire bene quello che dobbiamo costruire». Del resto, «ci sono segnali di buona volontà perché si possa trovare un accordo affinché il nostro Paese torni a respirare felicemente, così che i bambini, le donne e gli uomini possano vivere con la dignità dei figli e delle figlie di Dio». Da parte sua, è stato assicurato, la Chiesa continuerà a pregare per il successo di questo dialogo. Denominata «Insieme per il bene di Haiti», l’iniziativa di dialogo è stata fortemente caldeggiata dalla Chiesa nel tentativo di fare uscire il Paese dal vicolo cieco in cui si trova dopo il terribile terremoto di quattro anni fa. La trattativa ha preso il via alla fine del mese di gennaio con l’obiettivo, come accennato, di arrivare a un’intesa che permetta al Paese lo svolgimento delle elezioni parlamentari e municipali che avrebbero dovuto tenersi già due anni fa, ma poi sono state sempre rinviate. Superando così lo stallo della contrapposizione frontale tra il Presidente Michelle Martelly, eletto nel 2011, e le opposizioni. Di qui il coinvolgimento della Conferenza episcopale. «Credo che fosse necessario e urgente — ha spiegato nei giorni scorsi mons. Langlois — mettere i soggetti politici intorno a uno stesso tavolo perché è la situazione socio-economica del Paese a chiederlo. Viviamo in una crisi di Governo cronica. Se non vogliamo arrivare a un’esplosione del Paese, ci si deve parlare». (T.C.)

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    Terra Santa. Il Patriarca Twal: difendere i palestinesi non vuol dire essere contro Israele

    ◊   I problemi e i conflitti tra israeliani e palestinesi avranno termine solo quando si riconoscerà il ruolo cruciale delle religioni nel processo di pace, perché “non possiamo pretendere di trovare una soluzione senza tenere in conto la dimensione spirituale di questa terra”. Così il patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal si è rivolto al funzionario statunitense Shaun Casey nel corso di un colloquio concentrato sul contributo decisivo che le comunità religiose sono chiamate a offrire per la pacificazione della Terra Santa. Casey - riferisce l'agenzia Fides - dirige l'Office of faith-based Community Initiatives, organismo connesso al Dipartimento di Stato Usa e istituito dal Segretario di Stato John Kerry con la mission di rinnovare e rafforzare il ruolo delle comunità religiose nella politica estera degli Stati Uniti. Nel colloquio – i cui contenuti sono stati diffusi dalle fonti del Patriarcato latino di Gerusalemme - sia l'inviato Usa che il patriarca hanno espresso grandi aspettative rispetto alla prossima visita di papa Francesco in Terra Santa. Casey ha ribadito che la protezione dei cristiani e la libertà di culto e di accesso ai Luoghi Santi sono al centro della sollecitudine per la Terra Santa condivisa sia dal Vaticano che dagli Stati Uniti. In particolare, l'attuale Segretario di Stato Usa – ha assicurato Casey - “è consapevole del potere della fede nel processo di pace”, si è mostrato “attento alle inquietudini dei cristiani di Terra Santa” e si proponeva di gettare le grandi linee di un accordo tra le parti prima della visita papale. “Di certo” ha aggiunto Casey “le dichiarazioni del Papa in occasione del suo prossimo viaggio saranno importanti per aiutare i due popoli a procedere in questa direzione”. Dal canto suo, il patriarca ha avuto espressioni di apprezzamento per la creazione dell'Ufficio per le iniziative confessionali, percepito come un riconoscimento concreto del ruolo cruciale giocato dalle comunità religiose nei processi di pace. A giudizio di mons. Twal, Gerusalemme deve rimanere “una città aperta per i due popoli e le tre religioni”. Nella conversazione, ambedue gli interlocutori hanno sottolineato i benefici che la pace porterebbe anche a Israele. “Difendere i palestinesi” ha affermato il patriarca “non significa essere contro Israele”. “Tutti devono rendersi conto di quanto la pace sarebbe benefica per le due parti non solamente per i diritti dell'uomo, ma anche dal punto di vista economico” ha aggiunto al riguardo Shaun Casey. (R.P.)

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    Quebec: nuovo appello dei vescovi contro il progetto di legge sull'eutanasia

    ◊   Potrebbe essere approvato a breve dal Parlamento del Québec il progetto di legge 52, denominato “Sostegno alla morte”, che permetterebbe di praticare un’iniezione letale su un adulto “in fin di vita” e provato da “sofferenze insopportabili”. Già ai primi di febbraio, la proposta normativa aveva ricevuto l’ok da parte di una Commissione parlamentare, che aveva motivato la sua decisione definendo il progetto di legge “una mera riforma della pratica della professione medica”. Al contrario, la Chiesa cattolica del Québec non ha mancato di levare la sua voce contro tale progetto, inteso come un vero e proprio via libera all’eutanasia. Il nucleo principale della questione, spiega mons. Noël Simard, vescovo di Valleyfield, è che “il governa rifiuta ogni tentativo di definire il ‘fine vita’, il che evidenzia chiaramente le reali intenzioni che si nascondono dietro il Bill 52, ovvero permettere l’eutanasia in fin di vita, senza definire cosa sia il fin di vita stesso”. Tutto questo, sottolinea il presule, “apre le porte all’eutanasia su richiesta”. Di qui, l’appello di mons. Simard a “continuare la battaglia” contro tale proposta normativa. Sulla stessa linea si pone anche mons. Pierr-André Fournier, presidente dell’Assemblea dei vescovi cattolici del Québec, il quale esprime anche vicinanza la vicinanza e la comprensione della Chiesa nei confronti dei malati e dei sofferenti. “Cristo è venuto a salvare, – ricorda mons. Fournier – Le nostre parole devono essere innanzitutto parole di salvezza”. Infine, i vescovi locali ricordano i dubbi che la popolazione ha riguardo al Bill 52: “Non si possono forzare le persone”, dicono, ribadendo che “con tale normativa, il dare la morte sarebbe considerato come una cura da somministrare ai malati in fin di vita”. Ma “dare la morte ad un malato, non significa curarlo”, evidenziano i vescovi del Québec, perché “praticare un’iniezione letale non è un trattamento medico e l’eutanasia non è una cura”. Al contrario, concludono i presuli, ciò che occorre davvero “è un reale sostegno ai moribondi, grazie a cure palliative che siano accessibili a tutti”. (I.P.)

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    Spagna: continue violazioni alla libertà religiosa. Vittime soprattutto i cristiani

    ◊   Ripetute violazioni dei diritti alla libertà religiosa. Le vittime sono per lo più i cristiani. La sentenza shock arriva dall’Osservatorio per la Libertà religiosa e di coscienza (Olrc), a conclusione del Rapporto 2013 sull’attività delle confessioni in Spagna. Con 96 casi registrati, l’Olcr ha bollato lo scorso anno come “particolarmente violento” in virtù del fatto che in alcune occasioni si è assistito ad episodi eccezionali. Interruzione della liturgia, attentati ai luoghi di culto, su tutti. “Sono state minate le fondamenta dell’accordo tra Stato e confessioni religiose” rileva il rapporto. Tra i fatti “sorprendenti” vengono menzionati gli attentanti, ad opera dei gruppi anarchici, alla cattedrale dell’Almudena a Madrid e alla basilica di Nostra Signora del Pilar a Saragozza. A novembre scorso, inoltre, durante la beatificazione dei martiri a Tarragona, sono stati esposti cartelli contro il clero. A questo si aggiunge la ricorrente richiesta di revisione, da parte del Partito Socialista, degli accordi tra Stato e Chiesa, e l’obbligo del pagamento dell’Ibi (l'imposta comunale sugli immobili ndr.). L’Osservatorio denuncia inoltre i tentativi di vietare le celebrazioni religiose nel contesto delle cerimonie istituzionali, come il giorno di San Giorgio in Catalogna, l'eliminazione o la riduzione di concerti didattici in Andalusia o la pretesa di eliminare Pasqua e Natale dal calendario scolastico nelle Asturie. Non mancano, infine, gli attacchi subiti dai vescovi negli ultimi mesi. A partire dalle minacce nei confronti dell’arcivescovo di Madrid card. Antonio Maria Rouco Varela, e dell'arcivescovo di Granada, mons. Javier Martinez Vescovo. Nei confronti di quest’ultimo, in particolare, i socialisti hanno annunciato un’azione legale a seguito della pubblicazione del libro di Costanza Miriano, giornalista italiana cattolica, “Spòsati e sii sottomessa”. (A cura di Davide Dionisi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 50

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.