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Sommario del 16/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angleus: niente chiacchiere, le parole possono uccidere. Riconciliamoci "con i nostri fratelli"
  • Si conclude la visita ad Limina dei vescovi cechi: intervista con mons. Hučko
  • La Legge di Dio è "un dono", non un peso: così il cardinale Sandri ricordando il transito della venerabile Camilla Rolòn
  • Musei Vaticani, culture e religioni in dialogo: in mostra i manufatti indonesiani
  • Oggi in Primo Piano

  • Italia, attesa per il governo: Renzi cerca di definire la squadra, Ncd vuole accordo sul programma
  • Repubblica Centrafricana: una missionaria, al momento tutto è distrutto
  • Kosovo, sei anni fa la proclamazione unilaterale dell'indipendenza
  • Repubblica Democratica del Congo: sete di acqua potabile, ong all'opera
  • Nola, non solo 'terra dei fuochi': arte e fede in dialogo
  • Da Benedetto XVI a Papa Francesco: nuovo libro di due vaticanisti
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: nunzio Zenari, Damasco città blindata
  • Ucraina: i dimostranti abbandonano il municipio di Kiev
  • Egitto: esplosione nel Sinai, ci sono vittime. Al Cairo parte il processo a Morsi
  • Tunisia: attacchi di militanti islamisti provocano 4 morti
  • Sudafrica: 200 lavoratori intrappolati in una miniera clandestina
  • Venezuela, ricercato il leader delle proteste antigovernative. Kerry: "violenza insensata"
  • La soddisfazione dell'arciv. di Seul per la prossima beatificazione dei martiri sudcoreani
  • Libano, continuano a diminuire le terre appartenenti ai cristiani
  • Uganda, a giugno incontro internazionale del Rinnovamento carismatico cattolico
  • In Kenya nasce l'associazione per la musica liturgica cattolica
  • Sri Lanka, appello della società civile: la pace passa dalla riconciliazione tra le religioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angleus: niente chiacchiere, le parole possono uccidere. Riconciliamoci "con i nostri fratelli"

    ◊   Anche le parole, le chiacchiere “possono uccidere”: facciamo pace con il prossimo. Così Papa Francesco nell’Angelus domenicale in Piazza San Pietro. Il Pontefice ha pure ricordato che l’amore del Signore è smisurato e va “oltre ogni calcolo”. Il servizio di Giada Aquilino:

    Riconciliamoci “con i nostri fratelli” prima di manifestare la “devozione al Signore nella preghiera”. È l’esortazione di Papa Francesco all’Angelus di oggi in Piazza San Pietro. Riflettendo sul Vangelo di questa domenica e sul “discorso della montagna”, “la prima grande predicazione di Gesù”, il Pontefice ha ricordato l’atteggiamento di Cristo rispetto alla Legge ebraica: Gesù - ha spiegato - vuole portare “alla loro pienezza” i comandamenti che il Signore “ha dato per mezzo di Mosè”. Questo “compimento”, ha aggiunto, richiede una “giustizia superiore, una osservanza più autentica”. Il Papa quindi si è soffermato sul quinto comandamento del decalogo, 'Non uccidere':

    “Gesù ci ricorda che anche le parole possono uccidere! Quando si dice di una persona che ha la lingua di serpente, cosa si vuol dire? Che le sue parole uccidono! Pertanto, non solo non bisogna attentare alla vita del prossimo, ma neppure riversare su di lui il veleno dell’ira e colpirlo con la calunnia”.

    La raccomandazione del Pontefice è stata allora: non “sparlare”, “niente chiacchiere”, perché anch’esse “possono uccidere”, “uccidono la fama delle persone”:

    “All’inizio, può sembrare una cosa piacevole, anche divertente, come una caramella. Ma alla fine ci riempie il cuore di amarezza e avvelena anche noi. Ma, vi dico la verità: sono convinto che se ognuno di noi facesse il proposito di evitare le chiacchiere, alla fine diventerà santo”.

    Gesù, ha proseguito il Santo Padre, propone a chi lo segue “la perfezione dell’amore: un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo”:

    “L’amore al prossimo è un atteggiamento talmente fondamentale che Gesù arriva ad affermare che il nostro rapporto con Dio non può essere sincero se non vogliamo fare pace con il prossimo”.

    Cristo, dunque, non dà importanza semplicemente “all’osservanza disciplinare e alla condotta esteriore”, bensì “va alla radice della Legge”, puntando soprattutto “sull’intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvagie”:

    “Per ottenere comportamenti buoni e onesti non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta, la Sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito, che ci rende capaci di vivere l’amore divino”.

    Alla luce di questo insegnamento di Cristo, ha quindi notato il Pontefice, “ogni precetto rivela il suo pieno significato come esigenza d’amore”, fino a che “tutti si ricongiungono nel più grande comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso”.

    Dopo la recita dell’Angelus, Papa Francesco ha salutato i presenti in Piazza, tra cui i numerosi fedeli della Repubblica Ceca che hanno accompagnato i loro vescovi nella visita ad Limina di questi giorni, alcuni pellegrini spagnoli, il Movimento Giovanile Guanelliano e un gruppo di militari italiani.

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    Si conclude la visita ad Limina dei vescovi cechi: intervista con mons. Hučko

    ◊   Si conclude domani la visita ad Limina dei vescovi della Repubblica Ceca. All'Angelus, il Papa ha salutato i pellegrini che in questi giorni hanno accompagnato a Roma i presuli. E venerdì scorso, il Pontefice, incontrando proprio i vescovi, li ha invitati ad una particolare attenzione alla pastorale familiare, anche di fronte alle sfide poste da secolarismo e relativismo. Sulla situazione della famiglia in questo Paese, Stefano Leszczynski ha sentito mons. Ladislav Hučko, esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti nella Repubblica Ceca:

    R. - In sintesi si può dire che la situazione delle famiglie nella Repubblica Ceca non è molto diversa da quella dell’Europa. Ci sono però anche dei suoi tratti specifici, che sono dovuti alla sua storia, mi riferisco al periodo del regime comunista. Poi, dopo la svolta del 1989, abbiamo accolto, forse con troppa illusione, tutto ciò che arrivava e non siamo riusciti forse ad assimilarlo bene.

    D. - In questo momento la pastorale della famiglia nella Repubblica Ceca su quali obiettivi punta principalmente?

    R. - Ci rendiamo conto, anche parlando col Pontificio Consiglio, che si deve cominciare dai giovani, e noi stiamo cercando di farlo. Ci sono centri pastorali nelle varie diocesi impegnati a preparare coppie giovani al matrimonio. Ci rendiamo conto che le famiglie che vivono il matrimonio sono, in gran misura, più stabili delle altre.

    D. - Queste sono iniziative molto importanti, anche in vista del prossimo Sinodo sulla famiglia…

    R. - Cerchiamo sempre di approfondire queste tematiche, tenendo conto che la situazione non dipende solo dalla nostra pastorale ma anche da tanti altri elementi che ci sono nel nostro ambiente e che ci influenzano, come le leggi presentate dai politici e dal Parlamento europeo, e anche elementi presenti in altri ambienti teologici, filosofici, antropologici e psicologici.

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    La Legge di Dio è "un dono", non un peso: così il cardinale Sandri ricordando il transito della venerabile Camilla Rolòn

    ◊   Gesù “non è il rivoluzionario che cancella le norme, bensì colui che ne svela il senso autentico e ci abilita a viverle in pienezza”. Lo ha ricordato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la celebrazione a conclusione del centenario del transito della Venerabile Camilla Rolòn, fondatrice delle Suore Povere Boarensi di San Giuseppe. Il compimento delle norme, ha continuato il porporato nell’omelia, “avviene anzitutto in Lui”, in Cristo che “è legislatore, ma ultimamente, come Via, Verità e Vita è per il cristiano la Legge stessa”. Così, ha detto ancora il cardinale Sandri, “la giustizia del Regno è quella dei figli, che sanno che in ogni pensiero e gesto è implicata e si svela la loro relazione con Dio che è Padre”. La Legge stessa è quindi “una grazia, un dono”, anche se “la nostra fragilità spesso ci fa soffermare piuttosto sul suo peso, sull’incapacità a rimanervi fedeli, più che sulla libertà e dignità che ci viene data nel custodirla”. Madre Camilla, ha spiegato il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha “scoperto e gustato” proprio “il fascino e la vertigine dell’appartenenza radicale a Cristo”. Ella - ha ricordato - l'"ha cercato nella preghiera intensa, l’ha trovato nella parola e nell’esempio dei Santi, l’ha servito nei piccoli e in quelli che non avevano niente". Di qui l’invito conclusivo del porporato: “Anche noi, come madre Camilla, prendiamo la nostra vita e offriamola al Signore”. (A cura di Davide Maggiore)

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    Musei Vaticani, culture e religioni in dialogo: in mostra i manufatti indonesiani

    ◊   Dimostrare attraverso l’arte che popoli con culture, etnie e religioni diverse possono convivere in armonia. È questo il messaggio di fondo dell’esposizione temporanea sull’Indonesia aperta il 14 febbraio al Museo Etnologico Vaticano. Oltre 200 i manufatti, che rimarranno in mostra per un anno e che si aggiungono alla ricca Collezione indonesiana dei Musei Vaticani, costituita da oltre mille oggetti che vanno dall'VIII al XIX secolo: dalle raffinate statue in bronzo rappresentanti divinità induiste e buddiste alle marionette di Giava per il teatro delle ombre "wayang", da un Corano in miniatura a un Crocifisso decorato da motivi tipici degli Asmat, gruppo nativo di Papua. L’iniziativa è promossa in collaborazione con il governo indonesiano e l’Ambasciata indonesiana presso la Santa Sede. Il servizio di Antonella Pilia:

    “Indonesia, terra di armonia”: questo il titolo scelto dai Musei Vaticani per l’esposizione temporanea sull’Indonesia. Un arcipelago formato da migliaia di isole, in cui convivono numerose etnie con culture e religioni diverse. Il curatore dell’esposizione, padre Nicola Mapelli:

    “Il sottotitolo della mostra è ‘Indonesia land of harmony’. Proprio perché l’Indonesia, che è la più grande nazione musulmana al mondo, al suo interno ha anche cristiani, buddisti, induisti e religioni etniche delle popolazioni indigene. Il governo indonesiano porta avanti un progetto e cerca di fare tutto il possibile affinché tutte queste religioni e le diverse culture vivano in armonia. Per noi è molto importante cercare di dimostrare, anche attraverso l’arte indonesiana esposta in Vaticano, questo messaggio di dialogo, di pace e di armonia”.

    In mostra oltre 200 manufatti, selezionati e allestiti in collaborazione con il governo indonesiano. Con l’obiettivo di andare oltre l’oggetto materiale per testimoniare la cultura di chi lo ha realizzato, attraverso un ricco apparato fotografico. Stefania Pandozy, responsabile del laboratorio polimaterico dei Musei Vaticani:

    “Abbiamo doni ai Papi e un intero villaggio realizzato in filigrana di argento. Poi abbiamo anche altri esemplari di sculture realizzate in corno, molto interessanti, e dei paraventi in pergamena dipinta e traforata: un esempio veramente pregiato di un’opera molto raffinata. Inoltre ci sono esempi di tessitura, un’arte davvero molto importante in Indonesia con la tecnica particolare del batik. Ci auguriamo che questi oggetti riprendano vita, trovino proprio la voce, per raccontare i popoli dai quali sono stati creati”.

    Questa mostra è dunque un esempio concreto di arte posta al servizio del dialogo e della fratellanza, come sottolinea il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato della Città del Vaticano:

    “Ancora una volta verifichiamo che l’arte, soprattutto quella di ispirazione sacra, può essere una fonte di dialogo, un messaggio di pace e di conciliazione agli uomini di tutti i tempi e di tutti i Paesi. Questa è la strada specifica con cui i Musei Vaticani desiderano fare proprio il costante richiamo alla fratellanza e al rispetto reciproco che sta segnando l’azione pastorale di Papa Francesco. Questa missione è affidata in particolare alle collezioni etnologiche, che sono testimonianza silenziosa ed efficace di quanto il senso religioso possa unire i popoli e costruire fecondi percorsi di collaborazione”.

    Ad ospitare l’esposizione, infatti, è la sezione etnografica dei Musei Vaticani, dedicata alla valorizzazione delle culture di tutti i popoli. Il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

    “La sezione dei Musei Vaticani che porta il titolo di ‘Collezioni etnografiche’ dimostra l’attenzione storica della Chiesa di Roma per tutte le culture, per tutte le forme di espressione artistica. Questo è molto importante perché ci fa capire davvero il destino, il ruolo e la storia della Chiesa. Basti pensare che il museo etnografico, questa sezione speciale dei Musei Vaticani, è stata fondata da Papa Pio XI negli anni ’20 del Novecento, quando il colonialismo era al suo apice, quando non era neanche immaginabile pensare che si potessero valorizzare culture diverse da quella europea o americana”.

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    Oggi in Primo Piano



    Italia, attesa per il governo: Renzi cerca di definire la squadra, Ncd vuole accordo sul programma

    ◊   In Italia, gli esponenti politici sono concentrati sulla formazione di un nuovo governo, per cui i tempi sembrano allungarsi. I nodi restano sulla squadra dei ministri e sul programma che Matteo Renzi, probabile incaricato della formazione dell’esecutivo, dovrà portare avanti. Il servizio di Davide Maggiore:

    Sarà determinante il programma. “Non basterà indicare titoli o linee generali”, spiega il capogruppo al Senato del Nuovo centro destra, Maurizio Sacconi, che da Renzi si aspetta una “definizione puntigliosa” degli accordi su punti come la legge elettorale, le riforme istituzionali, il superamento delle Province, i temi etici e il fisco. Di evitare “fuochi d’artificio e spot” chiede invece il centrista Pierferdinando Casini, che annuncia un ‘sì’ all’esecutivo solo se non ci sarà uno slittamento “verso sinistra”. E da Angelino Alfano viene l’avvertimento: “Renzi guardi alla sua sinistra, i freni possono arrivare solo da lì”. Nel Partito democratico, il deputato Giuseppe Civati parla di una decina di parlamentari insoddisfatti, “in difficoltà”, soprattutto al Senato. Beppe Grillo, dal suo blog, liquida le discussioni degli ultimi giorni come “una sceneggiata”. Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, accusa invece Renzi di avere una “visione padronale” del Paese. Intanto resta aperta anche la questione della squadra di governo, che il segretario del Pd vorrebbe snella. A smentire di poterne far parte, in un comunicato, è Romano Prodi, per cui qualcuno aveva ipotizzato un posto all’Economia. Ai movimenti nei palazzi italiani guarda anche l’Unione Europea. Il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, si dice “fiducioso” nella nascita di un esecutivo in tempi rapidi, ma avverte: per l’Italia sarà fondamentale “proseguire le riforme economiche e le misure di austerità”.

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    Repubblica Centrafricana: una missionaria, al momento tutto è distrutto

    ◊   L'Unione europea si è impegnata ad inviare 500 soldati in Repubblica Centrafricana, sconvolta da sanguinose violenze: Bruxelles, comunque, sta "cercando" di raddoppiare il numero dei propri militari, secondo il capo della politica estera dell'Unione europea, Catherine Ashton. L'annuncio fatto dalla Ashton arriva dopo che la Francia aveva a sua volta reso noto l'invio di 400 soldati nella sua ex colonia. Nelle ultime ore le forze internazionali hanno avviato una vasta operazione a Bangui, per il disarmo delle milizie anti-Balaka, resesi colpevoli di violenze nei confronti dei musulmani. Sulla situazione in Centrafrica, Lucas Duran ha raccolto telefonicamente la testimonianza di suor Elianna, missionaria comboniana operante nel Paese:

    R. – E’ in atto anche un disarmo dei ribelli della Seleka, perché la maggior parte sono mercenari; quindi, tutti i lori generali compreso l’ex presidente di transizione, non sono più al potere. I francesi, con la forza dell’Unione Africana, stanno procedendo al disarmo e all’individuazione di questi gruppi, perché gli stranieri escano e quelli che rimangono possano essere - eventualmente - inseriti nell’esercito regolare.

    D. - Però, quanto conta la presenza attuale dei francesi, dei Paesi dell’Unione Africana e l’appoggio da parte della Comunità internazionale, in particolare dell’Europa? Quanto conta per questo periodo di pacificazione - come speriamo che sia - la presenza del contingente francese, in particolare?

    R. - Vorrei dire che la situazione attuale ha delle origini legate alla Comunità internazionale, quindi è più che doveroso che questa intervenga per cercare di riportare quel minimo di sicurezza che possa permettere la ricostruzione dello Stato, perché ricordo che attualmente non esistente uno Stato: non ci sono archivi, non c’è amministrazione, i funzionari sono partiti, l’esercito è scappato, tutto è stato distrutto. Serve questo intervento, che purtroppo è arrivato in ritardo, ma che per lo meno sta tamponando, cercando di riportare la sicurezza.

    D. - Quanto il discorso religioso rientra effettivamente nella situazione di tensione, di difficoltà e di violenze che abbiamo raccontato in questi mesi?

    R. - È davvero una strumentalizzazione. Si utilizza questa differenza facendola diventare una contrapposizione. Si sta cercando in tutti i modi di smentire, di far capire alle persone che non è così.

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    Kosovo, sei anni fa la proclamazione unilaterale dell'indipendenza

    ◊   Sei anni fa, il 17 febbraio del 2008, il Kosovo proclamava in modo unilaterale la sua indipendenza dalla Serbia. Oggi il Paese è riconosciuto come Stato indipendente da 23 dei 28 membri dell'Unione Europea e dallo scorso anno si sono aperti i negoziati per la ratifica dell'accordo di stabilizzazione e associazione con l'Unione Europea, prerequisito per entrare nella comunità. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Matteo Tacconi esperto dell’area:

    R. - Il Kosovo è un Paese che ancora stenta a trovare una sua fisionomia sia a livello diplomatico, perché non è ancora membro dell’Onu - permane il veto della Russia e della Cina - e sia perché la sua economia non funziona. A questo proposito, c’è stato un calo delle rimesse durante questi anni di crisi, il Kosovo poi è legato mani e piedi alle donazioni e agli investimenti occidentali - anche qui il flusso si è ridotto - fermo restando che poi rimangono i problemi strutturali come l’assenza di una rete di piccole, medie e grandi imprese, il problema della corruzione … Poi, però, tante cose sono cambiate in positivo, ci sono stati dei progressi: il più importante, senz’altro, è quello recente che riguarda il dialogo con la Serbia e il tentativo di sbloccare - almeno parzialmente - i problemi che ci sono nella parte nord del Kosovo, quella a maggioranza serba.

    D. - Qui permangono, di fatto, due realtà …

    R. – La zona era, ed ancora lo è in parte, controllata dalla Serbia tramite le cosiddette istituzioni parallele: giustizia, polizia, dogane, scuola, moneta. Il Kosovo, di fatto, non esercita sovranità. Però recentemente ci sono stati degli accordi, mediati dall’Unione Europea, in base ai quali si è arrivato ad un tentativo di edulcorare un po’ questo status quo, renderlo un po’ più leggero. La Serbia ha parzialmente smantellato le sue istituzioni parallele, soprattutto per quanto riguarda giustizia e polizia. Di fatto, queste strutture passano sotto il controllo amministrativo del governo kosovaro.

    D. - La situazione però in quella striscia di Kosovo rimane tesa …

    R. - Più che dal Kosovo, che comunque dovrà dimostrare una volontà di dialogare ed integrare la minoranza serba, dipende dalla Serbia: i serbi del Kosovo sono disposti a questo compromesso accettando quello che la loro madrepatria, Belgrado, ha negoziato? Finora è sembrato di no. Però, se la situazione continua ad essere la stessa, questa potrà tornare ad essere incandescente; e in parte si è già visto alle recenti elezioni amministrative in quell’area di Kosovo, elezioni segnate anche da violenze, che la situazione è tutt’altro che stabilizzata.

    D. - Proprio per quanto riguarda le elezioni terminate a dicembre, l’opposizione ha rovesciato molti sindaci delle forze di governo in numerose amministrazioni …

    R. - Il governo di Hashim Thaçi, in carica da diversi anni, fisiologicamente sta registrando un calo del proprio consenso e, anche a livello internazionale, non è più sostenuto come lo era fino a qualche tempo fa, perché comunque è un governo che ha dimostrato di non essere del tutto trasparente.

    D. - Lo scorso anno si sono aperti i negoziati per la ratifica dell’accordo di stabilizzazione e associazione con l’Unione Europea. Che cosa significa questo per il Paese?

    R. - Potrebbe significare molto, perché questi accordi sono il primo passo per un approfondimento delle relazioni con l’Europa. Significa: fondi europei, accordi sulle dogane, visti per l’espatrio concessi in maniera molto più fluida, e questa è la cosa più importante per il Kosovo. Non dobbiamo dimenticare che in Kosovo c’è una disoccupazione altissima, soprattutto tra i giovani, cosa che, potenzialmente, rappresenta una miccia sociale sempre accesa.

    D. - Quindici anni fa il sanguinoso conflitto per l’indipendenza dalla Serbia. Un Paese piccolo ma che spesso è al centro delle attenzioni internazionali …

    R. - La Serbia è il Paese di riferimento del Sud-Est europeo. Quindi se i suoi rapporti con il Kosovo sono conflittuali, si possono radicalizzare alcuni conflitti “etnici” e non solo, come nel caso della Macedonia, dove c’è un rapporto difficile tra la maggioranza slava e la minoranza albanese, come il caso della Bosnia – lo abbiamo visto nei giorni scorsi – dove c’è stata una serie di proteste contro l’élite politica: la Bosnia è un Paese che presenta una tripartizione dal punto di vista etnico-culturale. La Serbia è quindi il Paese chiave: più questo Paese riuscirà ad amalgamarsi in uno scenario europeo, più fluida sarà la situazione nei Balcani. Poi bisogna dire che la Serbia, nelle ultime settimane, ha aperto i negoziati di adesione con l’Unione Europea. In teoria una strada è stata imboccata e questo potrà avere delle ripercussioni positive su tutta la Regione.

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    Repubblica Democratica del Congo: sete di acqua potabile, ong all'opera

    ◊   Tante popolazioni africane continuano a non avere accesso all’acqua potabile, con conseguenze purtroppo drammatiche. Nella Repubblica Democratica del Congo, l’organizzazione non governativa “Progetto Marco” mira a rendere autonomi alcuni villaggi scavando pozzi d’acqua. Maria Cristina Montagnaro ha intervistato Salvatore Spinosa, presidente di questa Ong:

    R. – Sono tre anni che siamo in Congo, abbiamo fatto all’incirca 40 pozzi e un centro medico. Stiamo andando avanti su questa strada. Lavoriamo per l’acqua, l’assistenza sanitaria, ma adesso sta per partire un progetto molto ambizioso, lo abbiamo intitolato “Progetto agricolo”. Vogliamo coinvolgere migliaia di famiglie e dare loro la possibilità di produrre ogni giorno quello di cui hanno bisogno, così come chiedono.

    D. – Grazie all’acqua potabile si può sviluppare l’agricoltura locale…

    R. – Le emergenze del popolo africano, dei nostri fratelli, sono tante, però la priorità delle priorità, in virtù delle nostre esperienze ormai decennali, è l’acqua. L’acqua è la madre di tutte le emergenze. Fino ad adesso come associazione nei vari Paesi - Congo, Camerun, Ghana, Malawi – abbiamo già costruito 250 pozzi e abbiamo visto che laddove l’acqua è pulita non c’è più il colera, non c’è più dissenteria e quindi partiamo da questo. Noi vogliamo far sì che attraverso la scolarizzazione, attraverso l’artigianato, sia possibile donare a questa gente l’autonomia.

    D. – Per quanto riguarda i bambini, malattie che ormai sono state debellate da anni, invece in Africa, in questi Paesi, sono molto pericolose. Che cosa fate nello specifico?

    R. – Noi innanzi tutto siamo partiti con un altro piccolo progetto per circa tremila persone. Abbiamo creato un piccolo centro medico per dare la possibilità alle mamme di partorire su un letto, non più per terra. Devo dire che dai nostri risultati emerge che la mortalità infantile è decisamente scomparsa dove c’è il nostro centro medico, cioè nel sud-ovest della Repubblica Democratica del Congo. Tengo a sottolineare che tutto ciò che dico è documentato con video sul nostro sito www.progettomarco.it. Chi avesse voglia, chi volesse approfondire, non può far altro che cliccare sul nostro sito. Si vede anche il centro medico. Quest’anno, attraverso i nostri volontari oculisti, è stato possibile effettuare una visita oculistica a circa tremila persone e dopo un mese abbiamo spedito a 200 di queste persone gli occhiali da vista di cui avevano bisogno.

    D. – Quando partirà di nuovo?

    R. – Abbiamo il primo viaggio a fine febbraio, inizio marzo, per avviare il progetto agricolo. A maggio andremo in Malawi e ritorneremo in Congo con altri medici che ci daranno una mano in questo centro medico. Ma fondamentalmente le priorità sono l’acqua e la scuola.

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    Nola, non solo 'terra dei fuochi': arte e fede in dialogo

    ◊   La Diocesi di Nola propone un itinerario tra arte, Sacra Scrittura e testi dei primi secoli nelle basiliche paleocristiane di Cimitile. Si tratta di 5 appuntamenti – il primo è stato il 12 febbraio – curati dal vicario generale della diocesi, mons. Pasquale D’Onofrio, e organizzati con la collaborazione di piccole istituzioni, che vogliono far conoscere a credenti e non credenti testimonianze del passato che ancora oggi trasmettono un messaggio. L’idea è anche quella di far rivivere la memoria di San Paolino di Nola, vescovo del V secolo, noto per le sue opere di carità ma anche per la sua passione per l’arte. Al microfono di Tiziana Campisi, mons. D’Onofrio spiega il senso dell’iniziativa chiamata “Nei segni e nelle parole”:

    R. - E’ un itinerario di cinque incontri, che si terrà nelle basiliche paleocristiane di Cimitile e che fa riferimento alle opere che si trovano proprio in quel complesso basilicale. E’ un complesso basilicale che risale ai tempi di Paolino di Nola: siamo quindi nel IV secolo. Vogliamo fare un percorso che, in qualche maniera, recuperi alcune simbologie. Abbiamo voluto mettere insieme la lettura del segno - come fatto artistico e come produzione - e la parola di Paolino, che fa una descrizione anche delle basiliche nei suoi Carmi e nelle sue Lettere, e vedere - in seguito - come questa simbolica trovasse poi anche nella Parola di Dio il suo riferimento, la sua spiegazione, la sua portata simbolica. Così che si possa fare un discorso fra arte, fede, tradizione, linguaggio: un tutt’uno che, in qualche maniera, aiuti l’uomo - credente o non credente - a leggere la testimonianza del passato per interrogarsi anche sul presente.

    D. - La vigna, il pavone, la croce, il nodo di Salomone, l’albero della vita: perché avete scelto proprio questi segni?

    R. - Sono i segni che immediatamente fanno riferimento al senso della Chiesa, al senso dell’eternità, al problema della salvezza, alla possibilità della giustizia vissuta come misericordia, all’annuncio lieto del Vangelo, l’albero della vita. Quindi ci sembrava che ci potesse essere qui un breve sunto di una esperienza di fede che andasse in questo periodo verso il tempo quaresimale, la Pasqua, per portarci appunto verso la luce nuova delle Resurrezione.

    D. - Dunque arte e fede, ma quanto l’arte può supportare un cammino di fede?

    R. - Nell’arte le forme, i colori, l’armonia, la ricerca dell’espressione del bello, conducono all’idea del 'di più' che la fede vuole trasmettere. L’arte ti introduce anche al mistero del contemplare, cioè dell’andare oltre, del sentire poi il cuore, dell’avvertire i sentimenti e del saperli significare all’esterno. Quindi diventa anche una capacità di comunicazione.

    D. - Nelle basiliche paleocristiane di Cimitile voi proponete percorsi di riflessione per credenti e non…

    R. - Ci sembra che il linguaggio del bello possa - per prima cosa - essere un linguaggio che accomuna gli animi alla ricerca di un di più. Quindi questo diventa per noi un elemento dialogico, una possibilità di intrattenere, di confrontarsi. Pensiamo che queste occasioni possano essere una possibilità data oggi per parlarci: per parlare fra di noi, parlare con ogni altra persona, parlare con ogni altro uomo.

    D. - Qual è il messaggio che volete dare attraverso questi percorsi “Arte e fede”?

    R. - Imparando ad ascoltarci e a dialogare, certamente, troveremo una via nuova che per noi rappresenta anche una via possibile di riscatto: il nostro territorio, talvolta, non è letto come il territorio di queste esperienze, dove c’è anche la capacità di vedere il bello. Noi vorremmo metterlo in evidenza per dire che, se è vero che siamo talvolta riconosciuti per la “terra dei fuochi”, è vero che c’è anche un’altro fuoco: quello che ci è stato lasciato dai nostri padri e che dice la volontà di incontrarci, di vivere bene insieme, di saper valutare al meglio tutto il bello che abbiamo.

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    Da Benedetto XVI a Papa Francesco: nuovo libro di due vaticanisti

    ◊   In questi giorni si è parlato molto del primo anniversario della rinuncia di Benedetto XVI. Un annuncio che ha scosso il mondo e che dopo quasi 40 giorni ha visto Papa Francesco celebrare la Messa d'inizio Pontificato. Un tempo lungo che è al centro del libro “La Quaresima della Chiesa”, edizioni Tau. A scriverlo due vaticanisti: Andrea Gagliarducci e Marco Mancini. Ma come è nata questa idea? Benedetta Capelli ha girato la domanda ad uno dei due autori, Marco Mancini:

    R. – In verità l’idea ci è venuta davanti a un caffè, alla fine di un briefing, durante la Sede Vacante: perché non raccontare quello che stavamo vivendo? E, piano piano, ci siamo messi a tavolino, abbiamo studiato le varie opzioni che potevano nascere per la stesura di questo libro e alla fine ci siamo attenuti semplicemente alla cronaca dei fatti, partendo dall’antefatto della rinuncia per far capire come era maturata questa scelta o almeno abbiamo tentato di far capire come era maturata la scelta di Benedetto XVI; abbiamo raccontato la Sede Vacante; abbiamo raccontato i primi passi di Papa Francesco, forse anche confrontandoli con quelli di Benedetto XVI, proprio perché abbiamo due Papi. E poi siamo andati un pochino oltre: ci siamo spostati per vedere come Francesco intende muoversi, come si sta muovendo. Anche lì c’è una grande continuità sia negli atti di governo, sia – ad esempio – nella trasparenza finanziaria. Francesco ha ereditato molte cose che ha fatto Benedetto XVI: la lotta alla pedofilia è una vera e propria battaglia che Benedetto ha combattuto e che Francesco sta continuando a combattere.

    D. – Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima ha parlato di un tempo di 'spogliazione'. Che tempo è quello che raccontate nel libro?

    R. – E’ un tempo forte! E’ un tempo forte come la Liturgia prevede. Un tempo che si divide in due frammenti: il tempo della tristezza per la rinuncia di Benedetto XVI - “il fulmine a ciel sereno” - lo chiamò il cardinale Sodano, e quel tempo di attesa per l’arrivo del nuovo Pontefice. Un tempo che è stato di quasi 40 giorni: la rinuncia è stata annunciata da Benedetto XVI l'11 febbraio 2013; l’elezione di Francesco è avvenuta il 13 marzo e l’inizio del ministero petrino è stato il 19 marzo. Quindi quasi 40 giorni, quasi una felice coincidenza col tempo di Quaresima.

    D. – Tempo di cambiamenti per la Chiesa: qual è stato – a tuo avviso – il più incisivo in questo periodo?

    R . – In realtà vedo il cambiamento nella continuità. In questo periodo - lo abbiamo visto tutti - si sono fatti i confronti fra i due Papi: il Papa emerito e il Papa regnante. C’è differenza di stile, anche di visione, però io vedo una grande continuità, la continuità nel magistero, perché il ruolo del Papa è quello ed ogni Papa vive il suo ministero secondo la propria sensibilità, secondo il proprio carattere, ma vedo una grande continuità. Una continuità che può essere vista anche nella discontinuità dei due personaggi: la continuità è quella del ministero petrino ed è quella della Chiesa cattolica che dura da oltre duemila anni.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: nunzio Zenari, Damasco città blindata

    ◊   "Damasco è una città blindata, ci sono numerosi posti di blocco, la circolazione è intasata e impossibile. E quando sembra che si stia vivendo una giornata normale, piovono all'improvviso, in qualunque posto della città, dei mortai". E’ la testimonianza dell’arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, in collegamento dalla Siria con la trasmissione Rai ‘A sua immagine’. La situazione nel Paese rimane critica: l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), con sede a Beirut, ha reso noto un nuovo bilancio delle vittime in tre anni di violenze: oltre 140mila, di cui 50mila civili; di questi, oltre 7mila sono minori e circa 5mila donne. Intanto un nulla di fatto ha segnato il secondo round di colloqui internazionali a Ginevra tra regime e opposizioni in esilio, tanto che il mediatore Onu, Lakhdar Brahimi, si è per questo scusato pubblicamente "con il popolo siriano": "penso - ha detto - sia meglio che ogni parte torni a casa, rifletta e assuma la responsabilità di sapere se vuole che questo processo di pace si svolga o no".

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    Ucraina: i dimostranti abbandonano il municipio di Kiev

    ◊   Segnali contrastanti arrivano dall’Ucraina. I dimostranti antigovernativi che da due mesi occupavano il municipio di Kiev hanno evacuato l’edificio: questa era una condizione richiesta dalle autorità per concedere l’amnistia a 234 dimostranti arrestati negli scorsi mesi e poi liberati mantenendo le accuse contro di loro. Se la legge non verrà applicata, però, i manifestanti potrebbero “occupare di nuovo” il municipio e gli altri edifici di amministrazioni locali dell’ovest del Paese che sono stati abbandonati oggi: a dirlo è Oleh Helevey, deputato del movimento di destra Svoboda, che sostiene le proteste. Al momento, il municipio è presidiato da circa duecento paramilitari di organizzazioni antigovernative, per impedire una nuova occupazione. Secondo altre fonti d’opposizione, i dimostranti hanno accettato anche di alleggerire – senza eliminarli del tutto - i blocchi stradali che impedivano l’accesso al palazzo del governo. Nella piazza Maidan della capitale, simbolo della protesta, è però stata convocata una nuova manifestazione: gli organizzatori l’hanno descritta come “un’offensiva pacifica” per ottenere risposte dal presidente Yanukovich, obiettivo principale delle contestazioni. (D.M.)

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    Egitto: esplosione nel Sinai, ci sono vittime. Al Cairo parte il processo a Morsi

    ◊   In Egitto, una forte esplosione ha colpito un autobus di turisti nel Sinai, al confine con Israele. Ancora incerto il bilancio delle vittime, ma la polizia ha già annunciato che alcune persone sono rimaste uccise. Intanto, si è aperto oggi al Cairo il terzo dei quattro processi intentati contro l’ex presidente egiziano Mohammed Morsi: l’accusa per l’ex capo di Stato, deposto a luglio scorso, è di spionaggio “a favore dell’organizzazione internazionale dei Fratelli musulmani, della sua ala militare e di Hamas”, il movimento palestinese al potere nella Striscia di Gaza; la seconda imputazione è di “terrorismo”, in accordo con “gruppi jihadisti”. Morsi e i 35 coimputati – anche loro componenti del movimento dei Fratelli musulmani egiziani – rischiano, in caso di condanna, la pena di morte. (D.M.)

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    Tunisia: attacchi di militanti islamisti provocano 4 morti

    ◊   Gruppi radicali islamici in azione in Tunisia: sono quattro i morti e altrettanti i feriti in due attacchi avvenuti vicino Jendouba, nel nordovest del Paese. Nel primo di questi è stata presa di mira un’auto su cui viaggiava un funzionario penitenziario, che è rimasto ucciso insieme a un civile, mentre altre due persone sono state ferite. Anche una squadra di poliziotti inviata a indagare sui fatti è caduta in un’imboscata dei militanti, che secondo alcune ricostruzioni indossavano divise delle forze di sicurezza: due morti e due feriti è anche il bilancio di questo secondo attacco. Le operazioni contro i gruppi islamisti sono diventate più frequenti nel Paese nordafricano e oggi sono state annunciate nuove misure di sicurezza, tra cui controlli più stringenti su quanti indossano il velo integrale, o niqab. (D.M.)

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    Sudafrica: 200 lavoratori intrappolati in una miniera clandestina

    ◊   In Sudafrica, circa 200 minatori sono intrappolati sotto terra in un impianto abbandonato di estrazione dell’oro a Benoni, ad est di Johannesburg. Lo riferiscono i soccorritori arrivati sul posto, che sono riusciti a mettersi in comunicazione con un gruppo di circa 30 lavoratori: si tratta di persone che, come avvenuto già in altri casi, occupano e sfruttano clandestinamente l’impianto abbandonato e non recintato, spesso vivendo sotto terra in condizioni precarie. (D.M.)

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    Venezuela, ricercato il leader delle proteste antigovernative. Kerry: "violenza insensata"

    ◊   Non torna ancora la calma in Venezuela: a Caracas continuano le manifestazioni contrapposte dei sostenitori del governo e dell’opposizione e il bilancio degli incidenti di ieri è arrivato a 23 feriti. Il presidente Nicolas Maduro ha dichiarato che il leader d’opposizione Leopoldo Lopez, considerato la ‘mente’ delle proteste, è ora ricercato dalla polizia; il capo dello Stato ha inoltre sostenuto che quanto sta succedendo è parte di un “complotto” per spingerlo a lasciare il potere, accusando apertamente gli Stati Uniti. Washington ha nettamente respinto questa ricostruzione e – da parte sua – il segretario di Stato John Kerry si è detto “particolarmente preoccupato” per l’arresto di alcuni dimostranti e il mandato emesso contro Lopez; il capo della diplomazia Usa ha quindi condannato la “violenza insensata” usata contro i manifestanti anti-governativi. Quello di protestare “è un diritto civile, riconosciuto dalla Costituzione”, ha spiegato in una nota inviata all’agenzia Fides anche il vescovo di Maracay, mons. Rafael Ramón Conde Alfonzo, ma “non in forme violente”. Lo Stato, ha inoltre dichiarato il presule, deve “governare per tutti i cittadini e non solo per una fazione”. (D.M.)

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    La soddisfazione dell'arciv. di Seul per la prossima beatificazione dei martiri sudcoreani

    ◊   “I martiri coreani sono grandi modelli di santità che hanno attraversato le barriere di status sociale e amato il prossimo senza discriminazione di genere, classe sociale, religione. Sono pieno di gioia e ringrazio la Santa Sede per tale decisione”. Queste le parole – riportate dall'agenzia Sir - dell’arcivescovo di Seul, mons. Andrew Yeom Soo-jung, dopo che Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare i decreti riguardanti i prossimi nuovi Beati, i martiri sudcoreani Paolo Yun Ji-chung e 123 compagni, uccisi in Corea in odium fidei nel 1791. “La beatificazione dei martiri coreani è una bellissima notizia per la Chiesa coreana”, ha proseguito, e “vorrei condividere questa felicità con tutti coloro che si sono adoperati nel processo di beatificazione e tutti i fedeli che pregano ardentemente per la canonizzazione”. Paolo Yun Ji-chung e i suoi compagni, ha ricordato il presule, “erano promotori dei diritti umani e hanno giocato un ruolo importante nella storia dell’intera nazione coreana”. La Chiesa di Corea venera già 103 martiri, vittime della persecuzione di Shinyu, avvenuta nel 1801. L’inizio dell’evangelizzazione in Corea risale al 1784, quando un coreano - Lee Seung Hun, laico e uomo colto - fu battezzato a Pechino con il nome di Pietro. Tornato in patria, diede inizio alla prima comunità cristiana. (D.M.)

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    Libano, continuano a diminuire le terre appartenenti ai cristiani

    ◊   Dopo la proclamazione d'indipendenza del Libano, 8130 chilometri quadrati di terra libanese appartenevano ai cristiani. Oggi, invece, i cristiani libanesi possiedono circa 4mila chilometri di terra. Sono questi i dati eloquenti forniti da Talal al-Doueihy, capo del Movimento “Terra libanese, Terra nostra” (Lebanese Land-Our Land Movement), in alcune dichiarazioni riportate dal quotidiano The Daily Star e citato da Fides. La drastica diminuzione delle proprietà terriere appartenenti a cristiani nel Paese dei Cedri ha varie cause ed è connessa anche con la forte tendenza all'emigrazione che caratterizza la porzione cristiana delle popolazione libanese. Molti dei cristiani intenzionati a emigrare, prima di partire, vendono le loro terre ad acquirenti musulmani. Inoltre, durante gli anni del governo di Rafiq Hariri - primo ministro dal 1992 al 1998 e poi dal 2000 al 2004, ucciso in un sanguinoso attentato suicida il 14 febbraio 2005 - fu cancellata la legge che nelle compravendite di terre garantiva il diritto di prelazione ai proprietari dei terreni confinanti. Il governo Hariri voleva in questo modo favorire gli investimenti in Libano da parte dei Paesi arabi del Golfo. Il risultato è che la quasi totalità delle terre vendute in quegli anni sono passate da proprietari cristiani a proprietari musulmani. Diverse proposte di legge sono state presentate in parlamento per tentare di frenare l'erosione delle proprietà terriere dei cristiani in Libano. Quella presentata dai parlamentari Sami Gemayel e Ibrahim Kanaan punta a regolamentare l'acquisto di proprietà fondiarie in territorio libanese da parte di acquirenti stranieri. Mentre quella elaborata dall'altro parlamentare Joseph Maalouf punta a frenare i passaggi di proprietà degli appezzamenti di terra superiori ai 3mila mq, e a limitare gli spazi di manovra di intermediari nella vendita delle terre.

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    Uganda, a giugno incontro internazionale del Rinnovamento carismatico cattolico

    ◊   “Un evento profetico spirituale”: così il Rinnovamento carismatico cattolico definisce l’incontro internazionale che si svolgerà in Uganda dal 30 giugno al 12 luglio prossimi. Il raduno, si legge sul sito della Conferenza episcopale di Kampala, rientra nel percorso di avvicinamento alle celebrazioni del Giubileo d’oro del movimento, in programma nel 2017. “Delegati provenienti da tutti e cinque i continenti verranno in Africa per la prima volta – spiegano i vescovi ugandesi – per pregare il Signore affinché rinnovi l’effusione dello Spirito nella Chiesa e nel mondo”. Suddiviso in numerose sessioni di lavoro, l’incontro internazionale prevede anche seminari per i giovani e i sacerdoti, e un pellegrinaggio presso i Santuari dei Martiri dell’Uganda, situati a Munyonyo e a Namugongo. Obiettivo del Rinnovamento carismatico cattolico, lo ricordiamo, è di “far rivivere alla Chiesa e nella Chiesa l’esperienza carismatica delle prime comunità cristiane per promuovere la cultura di Pentecoste e la civiltà dell’amore”. Apprezzato dai Successori di Pietro, tale movimento è stato definito da Paolo VI “una chanche per la Chiesa e per il mondo”, da Giovanni Paolo II “una primavera della Chiesa” e da Benedetto XVI “un dono del Signore e una risorsa inestimabile per la vita della Chiesa”. Infine, Papa Francesco, nella conversazione avuta con i giornalisti sul volo di ritorno dal Brasile in Italia, lo scorso luglio, ha detto: “Credo che questo movimento faccia tanto bene alla Chiesa, in generale … Esso serve alla Chiesa stessa! Ci rinnova. Perché in questo momento della Chiesa, credo che i movimenti siano necessari. Sono una grazia dello Spirito”. (A cura di Isabella Piro)

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    In Kenya nasce l'associazione per la musica liturgica cattolica

    ◊   Promuovere e migliorare la qualità della musica e dei canti liturgici nelle chiese in Kenya, valorizzando anche gli elementi della cultura locale. Questa l’idea di fondo alla base dell’Associazione per la musica liturgica cattolica del Kenya (Catholic Liturgical Music Association of Kenya - Clmak) che, grazie all’approvazione dei vescovi del Paese, ha appena visto la luce. Nel corso di una celebrazione eucaristica a Nairobi, il presidente della Commissione liturgica della Conferenza episcopale, mons. Dominic Kimengich, ha presentato la nuova associazione – riferisce l’agenzia Cisa – ed il nuovo statuto. Il presule, nell’omelia, ha ringraziato i vescovi per avere dato la loro approvazione all’iniziativa “che - ha detto - servirà a valorizzare i fedeli che hanno il dono della voce ma anche a migliorare la qualità della musica durante le celebrazioni”. Mons. Kimengich ha poi evidenziato che resta molto da fare: “troppo spesso prendiamo in prestito da ‘altri’, a volte la nostra musica liturgica manca di armonia, mentre le parole e lo stesso accompagnamento musicale lasciano molto a desiderare”. L’importanza della musica nella liturgia è stata più volte evidenziata dal magistero dei Papi. La Costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” sulla Sacra Liturgia ricorda che “la tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d'inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne”. Concetto ribadito più di recente anche dal Papa emerito Benedetto XVI che, parlando all’Associazione italiana Santa Cecilia, il 10 novembre 2012, aveva ricordato: “La musica liturgica non è un accessorio o solo un abbellimento esteriore della liturgia, ma è essa stessa liturgia”. (L.Z.)

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    Sri Lanka, appello della società civile: la pace passa dalla riconciliazione tra le religioni

    ◊   "Per costruire vera pace in Sri Lanka deve esserci una solida riconciliazione tra tutte le comunità religiose del Paese”: è quanto è stato affermato dai rappresentanti di due organizzazioni della società civile in Sri Lanka, la Wasj (Women's Action for Social Justice) e la Phm (People's Health Movement), che hanno organizzato una conferenza il 13 febbraio scorso, sul tema "Riconciliazione religiosa per la pace". Lo riferisce l’agenzia AsiaNews. Lo Sri Lanka esce da quasi 30 anni di guerra civile e non sembra ancora aver trovato una risposta per restaurare una vera pace nella società. Per Sirimal Peiris, presidente del Phm, e Padma Pushpakanthi, della Wasj, tutti i leader religiosi hanno un compito importante e imprescindibile: "Creare consapevolezza e sensibilizzare la popolazione in materia di giustizia sociale, per avviare, una volta per tutte, una convivenza pacifica". (V.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 47

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.