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Sommario del 15/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa incontra il presidente Anastasiades: elaborare soluzione condivisa per Cipro
  • Tweet per la pace in Africa. Giovanelli: Papa Francesco ci chiede di non dimenticare chi soffre nelle guerre
  • Visita del Papa nella parrocchia romana di San Tommaso: intervista con don Antonio D'Errico
  • Plenaria Educazione cattolica, mons. Zani: dialogo con le culture è essenziale
  • Altre udienze e nomine di Papa Francesco
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: si chiude senza risultati il secondo round di "Ginevra 2"
  • Libia: torna la calma dopo il tentato golpe
  • Italia, crisi: giornata di consultazioni. Diotallevi: serve vero premier, non direttore del traffico
  • Roma, manifestazione dei "No Cie": chiudiamo Ponte Galeria
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Libano: varato il nuovo governo di unità nazionale dopo 10 mesi di stallo
  • Violenza in Iraq: uccisi 16 soldati, il premier Al Maliki a sorpresa a Ramadi
  • Indonesia. Decreto impone la sharia ai non-musulmani nella provincia di Aceh
  • Uzbekistan: rafforzata censura sui testi di carattere religioso
  • In Tibet nuova immolazione di un giovane ex monaco buddista
  • Svizzera: sì alla diagnosi pre-impianto, critiche dei vescovi
  • I vescovi costaricensi ai deputati: indossate la maglia del Costa Rica e non dei vostri partiti
  • Il card. Bagnasco: lavoro sia priorità di ogni governo, contro la famiglia strategia persecutoria
  • Il card. Ruini apre il Convegno nazionale dell'Opera Romana Pellegrinaggi
  • Nel Regno Unito si celebra la “Domenica dell’educazione”
  • Giornata dei Musei ecclesiastici in Italia: aprono le porte gratuitamente più di 200 strutture
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa incontra il presidente Anastasiades: elaborare soluzione condivisa per Cipro

    ◊   Questa mattina, Papa Francesco ha ricevuto, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il presidente della Repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades, che successivamente ha incontrato mons. Pietro Parolin, segretario di Stato, e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    “Nel corso dei cordiali colloqui, attestanti i buoni rapporti esistenti fra la Santa Sede e la Repubblica di Cipro – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono stati passati in rassegna alcuni argomenti di comune interesse, quali il ruolo positivo della religione nella società e la tutela del diritto alla libertà religiosa. Non si è mancato, inoltre, di rilevare con compiacimento la ripresa dei colloqui finalizzati a elaborare una soluzione condivisa per il superamento dell’attuale situazione dell’Isola. Si è espressa, infine, preoccupazione per i conflitti e l’instabilità politica che interessano la regione del Vicino e Medio Oriente, comportando gravi sofferenze alle popolazioni civili, con l’auspicio che le comunità cristiane nei vari Paesi possano continuare a dare il loro contributo alla costruzione di un futuro di benessere materiale e spirituale”.

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    Tweet per la pace in Africa. Giovanelli: Papa Francesco ci chiede di non dimenticare chi soffre nelle guerre

    ◊   Il Papa ha lanciato oggi questo nuovo tweet con l'hastag #prayforpeace: "Preghiamo per la pace in Africa, specialmente nella Repubblica Centroafricana e nel Sud Sudan". Su questo appello, Alessandro Gisotti ha intervistato la dott.ssa Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio consiglio "Giustizia e Pace":

    R. - Il Papa risponde ad un preciso dovere: il Papa non può dimenticare quello che sta succedendo in questi posti che sono certamente lontani, ma la Chiesa si interessa all’uomo, per cui ha a cuore il bene di ogni uomo e di ogni donna, i quali hanno questa aspirazione connaturale alla pace. E’ importante anche il modo in cui il Papa richiama l’attenzione: richiama l’attenzione con la preghiera! E’ soltanto così, secondo me, che un appello non è sterile. La prima reazione infatti potrebbe essere: “Va bene, ma noi cosa possiamo fare? Succedono queste cose, ma che cosa possiamo fare?”. E il Papa dice di fare qualcosa: dice di pregare! Direi che solo così l’appello non è sterile, proprio perché è un appello alla preghiera, perché la pace è un dono di Dio, ma è affidato agli uomini.

    D. - C’è un ruolo del Papa per la pace del mondo, ovviamente non solo di Papa Francesco, nella preghiera, così come nella diplomazia, così come negli interventi. Pensiamo, per esempio, al discorso di Papa Francesco al Corpo Diplomatico…

    R. - Certo! Questo è stato un richiamo fortissimo! Ecco, lì rivolgendosi alla Comunità internazionale indica delle strade da percorrere: infatti chiede l’interessamento della Comunità internazionale, che ci siano negoziati… Direi che a seconda delle circostanze, il Papa si rivolge giustamente in modo adeguato. Soprattutto nel discorso al Corpo Diplomatico di quest’anno, molta attenzione il Papa l’ha dedicata proprio al conflitto nella Repubblica Centrafricana.

    D. - Ci sono le guerre dimenticate, però c’è anche l’azione quotidiana, nascosta, nel nascondimento di tante persone, in particolare di missionari, di religiosi e religiose e anche di laici…

    R. - Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, un paio di anni fa, ha organizzato una riunione del Catholic Peacebuilding Network, una rete di collegamento fra i vari religiosi, ma anche organizzazioni cattoliche, che si dedicano - appunto - alla costruzione della pace. Lì sottolinearono anche il ruolo delle donne, che sono purtroppo le prime vittime - insieme con i bambini e con i vecchi - dei conflitti, ma sono anche portatrici di capacità di costruire la pace. Noi possiamo mettere un volto dietro a una situazione ed è già diverso e si può anche pregare per le persone in questo modo. Diciamo che questa presenza stessa in momenti di conflitti e di guerra, ha un significato enorme. Pensiamo anche al fatto che le nunziature apostoliche non chiudono: gli altri ambasciatori sono andati via da Damasco e mons. Zenari è ancora lì; oppure pensiamo al cardinale Filoni, quando era nunzio apostolico a Baghdad ed era l’unico che era rimasto … E non è soltanto poi quella della Chiesa una presenza nel momento del conflitto, ma anche della costruzione della pace. Parlando del Sud Sudan mi viene in mente, per esempio, la storia straordinaria di quel sacerdote medico, salesiano, coreano, padre John Lee: che cosa non ha fatto - poi è morto molto giovane - padre Lee per costruire la pace, perché la pace, lo sappiamo, non è soltanto assenza di guerra, ma è dare la possibilità ad ogni essere umano di diventare quello che è. C’è tutto questo aiuto, che c’è proprio anche nella costruzione della pace, che si fa attraverso l’educazione, la formazione e lo sviluppo.

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    Visita del Papa nella parrocchia romana di San Tommaso: intervista con don Antonio D'Errico

    ◊   Ultimi ritocchi prima della visita di Papa Francesco, questa domenica pomeriggio. La parrocchia di San Tommaso Apostolo nel quartiere romano dell’Infernetto si prepara a vivere il culmine del cinquantesimo anniversario dalla fondazione. Il Santo Padre arriverà alle 16.00, incontrerà i bambini, i disabili, i malati, confesserà cinque persone e infine celebrerà la Santa Messa nella nuova chiesa, recentemente costruita per rispondere alle esigenze di una “periferia” in continua crescita, tra le più “giovani” della capitale con oltre 130 battesimi l’anno. Paolo Ondarza ha incontrato il parroco, don Antonio D’Errico:

    R. - La prima preparazione, che io ho chiesto a me stesso e ai parrocchiani, è stata quella spirituale della preghiera. Questo è un grande dono di Dio, ho detto subito, lo dobbiamo cogliere appunto come un regalo della Provvidenza, non tanto come un evento mediatico. E quindi la preghiera è al centro del nostro incontro con il Papa. Il centro di tutta la visita, dunque, sarà proprio la celebrazione eucaristica.

    D. – E’ un anno particolare questo per la parrocchia di San Tommaso...

    R. – Certamente. E’ il motivo, in fondo, per cui abbiamo invitato il Santo Padre: il 19 febbraio prossimo ricorreranno, infatti, i 50 anni dall’istituzione di questa parrocchia.

    D. – Il Papa, che ama indicare le periferie come luogo esistenziale di attenzione pastorale, visita una parrocchia alla periferia di Roma, una periferia particolare...

    R. – Certamente. Siamo veramente ai confini della diocesi di Roma. Non possiamo però chiamarla periferia per le problematiche di degrado e di quant’altro si possa immaginare. In fondo, però, anche in questo nostro quartiere, anche se può dirsi un quartiere di ceto medio-alto, la periferia che può incontrare il Papa è proprio quella di una tendenziale tentazione delle famiglie che vi abitano ad isolarsi nelle loro case, disseminate in un territorio parrocchiale di più di tre chilometri; la tentazione di chiudersi nel loro guscio di casa e non interessarsi neanche del vicino. Ci sono certamente dei poveri in questo quartiere, poveri che vi abitano da molto tempo e tanti pensionati “provati” dalle tasse. E poi c’è l’immigrazione. C’è una grande comunità, che è quella proveniente dallo Sri Lanka, ma c’è anche tanta presenza di abitanti, cittadini provenienti dalla Romania. Prestano i loro servizi presso i cantieri, presso i giardini delle case o anche come badanti presso tanti anziani. Un’altra realtà sono le dieci case di riposo di anziani, gestite quasi tutte da personale laico, cui noi come parrocchia però siamo vicini con l’assistenza spirituale.

    D. – Ma è anche uno dei quartieri più giovani della diocesi...

    R. – Assolutamente. E’ uno dei quartieri più giovani. La nostra parrocchia, in particolare, ha più di 130 battesimi l’anno. I bambini delle comunioni aumentano sempre di più e le famiglie sono veramente tante e giovanissime.

    D. – Questo quartiere ha un nome, che è tutt’altro che rappresentativo della realtà cristiana viva della parrocchia...

    R. – Mi aspetto questa domanda anche dal Santo Padre, innanzitutto, che mi chiederà perché questa zona di Roma si chiama Infernetto. Si chiama Infernetto, perché qui c’erano le carbonaie e quindi all’inizio del secolo scorso le persone che vi lavoravano uscivano dal lavoro nere, nere di fuliggine per avere toccato il carbone. Chiunque vedeva gli operai diceva: “Questi vengono da un inferno” e “un piccolo inferno ci sarà lì”. Quindi, non ha nulla a che fare con questioni legate al diavolo, al demoniaco, a tutto questo.

    D. – Collegandoci ai fatti più recenti di cronaca, questo quartiere è stato anche toccato dall’alluvione, e il Papa recentemente ha speso parole anche per chi nelle ultime settimane è stato colpito da questa pioggia così abbondante a Roma che ha provocato tanti disagi...

    R. – Penso proprio che il Santo Padre abbia parlato anche di noi. L’avvento dell’edilizia in questo quartiere ha veduto sì la costruzione di tante case e nuclei abitativi, ma anche la carenza della creazione da parte delle istituzioni di quelle infrastrutture che potessero dare un riscontro a tutte queste abitazioni. Tre anni fa, purtroppo, quando c’è stata quell’alluvione veramente forte, abbiamo avuto anche un tragico decesso, e un povero abitante e cittadino cingalese ha perso la vita.

    D. – Le chiedo di descriverci un elemento positivo del luogo in cui lei si trova quotidianamente ad operare..

    R. – Di positivo ci sono tante cose. La comunità cristiana evidenzia veramente, vedo in questi anni, una grande attenzione per i poveri. La parrocchia assiste nel suo piccolo centro Caritas parrocchiale circa 50, 60 poveri alla settimana con un pacco viveri. E’ inoltre costantemente aperto un luogo dove raccogliamo vestiario usato per quanti necessitano una casa. I poveri possono venire a prenderlo e a loro volta, se possono, lasciare una piccolissima offerta irrisoria, con la quale la parrocchia vive l’aiuto missionario lontano da noi. L’aiuto va innanzitutto alla nostra parrocchiana, la dott.ssa Chiara Castellani, in Congo, che ha aperto una scuola per infermieri, assiste un ospedale e fa tante opere di bene, grazie anche al nostro aiuto. Ma penso anche ad un asilo che abbiamo costruito in Albania, penso all’aiuto per la costruzione di una Chiesa in Costa d’Avorio o al sostegno che mandiamo ogni anno ai bambini di Betlemme assistiti dalle Suore della Carità.

    D. – Che cosa vuol dire per lei questa visita del Papa?

    R. – Personalmente direi che è una grande gioia. Si avvicina nella mia vita anche il 25.mo di ordinazione ed è un grande stimolo ad essere confermato nella vocazione e nel servizio che la Chiesa mi chiede come parroco.

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    Plenaria Educazione cattolica, mons. Zani: dialogo con le culture è essenziale

    ◊   “L’educazione cattolica è una delle sfide più importanti della Chiesa”, soprattutto in un momento come l’attuale, nel quale si avverte la necessità di una spinta decisiva verso la nuova evangelizzazione. E’ uno dei passaggi centrali del discorso che Papa Francesco ha rivolto giovedì mattina ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Il Papa ha sottolineato in particolare ‘il valore del dialogo nell’educazione’. Proprio su questo aspetto Fabio Colagrande ha intervistato l’arcivescovo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica:

    R. – E’ un tema molto importante che è stato trattato già nelle due precedenti nostre assemblee plenarie. A volte, il discorso del dialogo si sente meno a livello di comunità cristiana in quanto tale. Ma nelle istituzioni dove, come scuola cattolica, ha il 90 per cento di studenti che la frequentano e che non sono cristiani, non sono battezzati o sono di altre religioni, è ovvio che il tema del dialogo si pone come una questione fondamentale nell’educare stesso. Cioè, non si può educare se non ponendosi in dialogo, già laddove tutti appartengono alla stessa religione, alla stessa cultura; quando poi questa diversità viene ulteriormente marcata, enfatizzata, assolutizzata anche da appartenenze diverse, culturali, religiose, confessionali, il tema del dialogo è fondamentale, è essenziale. Quindi, per noi l’educazione al dialogo è veramente un passaggio essenziale, fondamentale al dialogo, appunto per costruire una civiltà che è la civiltà dell’accoglienza e della solidarietà. L’educazione in questo campo è fondamentale al dialogo, appunto per costruire una civiltà che sia la civiltà dell’accoglienza e della solidarietà. L’educazione in questo campo è fondamentale e il dialogo è lo strumento-base.

    D. – Quindi, l’educazione cattolica continua a mantenere un ruolo fondamentale, pur in società che ormai sono caratterizzate da contesti sociali e culturali sempre più diversi?

    R. – Direi proprio di sì. Direi, anzi, che ancora di più oggi l’educazione cattolica rimane un elemento fondamentale. Prova ne è che in questi anni abbiamo avuto un aumento fortissimo di iscrizioni nelle scuole cattoliche, nelle università cattoliche: sono fattori curiosi, a volte, in Paesi dove c’è una minoranza di cattolici. Penso al caso della Thailandia che conta 350 mila cattolici, ma nelle scuole e nelle università cattoliche abbiamo 450 mila persone: è un contrasto interessante, ma non è il caso solo della Thailandia. Anche in Europa, in un contesto di laicizzazione, di secolarizzazione come anche negli Stati Uniti, a volte diminuiscono i numeri delle scuole ma nella scuola cattolica aumenta il numero degli iscritti. Per cui, c’è una domanda, una domanda molto forte in una cultura come quella nostra, a volte confusa, a volte disorientata, c’è un bisogno profondo, soprattutto da parte delle giovani generazioni oppure delle famiglie che sono preoccupate per i propri figli, di dare loro elementi fondamentali in base ai quali nella vita possono scegliere. Poi, questo, diventa – come Chiesa – un dato ancora più forte e ce l’hanno detto i padri in questi giorni: la nuova evangelizzazione non può non passare anche attraverso gli strumenti educativi, le istituzioni educative. Questo è un punto essenziale.

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    Altre udienze e nomine di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani: Sua Beatitudine Gregorios III Laham, Patriarca dei Greco-Melkiti; il card. Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo; il card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete emerito della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in udienza il card. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, Arcivescovo di Colombo.

    In Bolivia, Papa Francesco ha nominato Vescovo Ausiliare del Vicario Apostolico di Reyes, il rev.do Padre Waldo Rubén Barrionuevo Ramírez, C.SS.R., già Vicario Provinciale e Parroco. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Vulturara.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina. Pace negata all’Africa: Papa Francesco invita a pregare per il continente, specialmente per la Repubblica Centroafricana e il Sud Sudan. (Nell’informazione religiosa un appello dell'arcivescovo di Bangui). Tra le piaghe dell’uomo di oggi: Gualtiero Bassetti sul messaggio di Papa Francesco per l’imminente Quaresima. Siria sempre più insanguinata. Conclusa senza esito la seconda tornata dei colloqui a Ginevra. Migliaia di studenti protestano in Venezuela. (Nell’informazione religiosa un appello dei Vescovi del Paese al dialogo)

    Nell’informazione internazionale. Rilasciati in Ucraina i manifestanti arrestati. Segnali di disgelo tra Cina e Taiwan.

    Nell’informazione vaticana. In Tanzania cure gratuite per i malati di Aids: l’arcivescovo presidente Zygmunt Zimowski presenta l’iniziativa del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari.

    Nelle pagine culturali. La grande bellezza: il cardinale Antonio Cañizares Llovera sul misterioso messaggio nei quadri di El Greco. Un articolo di Maria Antonia Nocco dal titolo “Pianificazione territoriale”: gli insediamenti dei benedettini e degli olivetani nel cuore di Roma tra XV e XVIII secolo. Enrico Reggiani illustra i tanti luoghi comuni su James Joyce a cent’anni dalla pubblicazione dei “Dubliners”. Fiabe per grandi e per piccini: Ritanna Armeni recensisce il volume della storica medievista Chiara Frugoni “San Francesco e il lupo. Un’altra storia”. La Storia nella sua complessità: Giulia Galeotti sulla cattura di Adolf Eichmann raccontata ai ragazzi.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: si chiude senza risultati il secondo round di "Ginevra 2"

    ◊   Si è concluso con un nulla di fatto il secondo round di colloqui a Ginevra tra le delegazioni del governo siriano e le opposizioni, e senza che sia stata fissata una data per un terzo giro di negoziati. Lo ha annunciato l'inviato dell’Onu per la Siria, Lakhdar Brahimi. Dal canto suo, Barack Obama ha detto che valuterà nuove pressioni sul regime di Assad, mentre gli attivisti siriani aggiornano a 140 mila morti il bilancio di quasi tre anni di conflitto. Per un commento sull’esito dei colloqui, Marco Guerra ha sentito Claudio Lo Jacono, direttore della rivista "Oriente Moderno":

    R. – Nessuna delle due parti ha fatto salti mortali per un’intesa, per una soluzione della vicenda: è normale che i progressi siano minimi... Mi pare che sia il regime di Assad sia chi gli si oppone, in realtà, non intenda arrivare ad una soluzione. Quale soluzione d’altra parte? Una soluzione a metà non piace a nessuna delle due parti: Assad non vuole cedere nulla del controllo dittatoriale che ha sul Paese e la parte avversa non vuole condividere nulla con Assad, nulla con la sua cerchia. Per cui, mi sembra veramente improbabile che si possano fare dei progressi. Ognuno vuole vincere sul campo. Assad vuole riconquistare Aleppo, i suoi oppositori non vogliono questo e vogliono, anzi, allargare il raggio di controllo del Paese, anche se la parte avversa ad Assad ha degli obiettivi strategici poco omogenei. Questo, secondo me, è un po' la normale vicenda dei negoziati quasi imposti dalla comunità internazionale ad Assad, e quasi imposti ai suoi oppositori.

    D. – Questi colloqui mirano veramente ad ottenere un risultato, o sono solo interlocutori per fare incontrare le parti?

    R. – Naturalmente, già è un punto importante avere portato ad un tavolo di negoziato i due contendenti che non si vogliono riconoscere, che si disconoscono continuamente. Il discorso è che i negoziati, poi, hanno bisogno della volontà di raggiungere un risultato e questa volontà, al momento, mi sembra che non ci sia.

    D. – Brahimi è tornato a chiedere a Russia e Stati Uniti di esercitare pressioni sulle parti …

    R. – Sappiamo che Obama e molto di più la Francia, avrebbero voluto un intervento militare: più si avvicina il tempo della fine del mandato di Obama e meno diventa probabile questo intervento. E altrettanto, la Russia non ha una grandissima voglia di disfarsi di Assad che è tenuto in piedi soltanto dalla volontà della Russia di svolgere una politica strategica che non vuole certo rinunciare ad uno dei pochi approdi nel Mediterraneo. Per questo, Mosca ha una scarsissima volontà di accelerare una situazione che, tutto sommato, restando in stallo, le porta più benefici che cose contrarie. Mi sembra, questa, una situazione veramente penosissima per il popolo siriano.

    D. – Con lo stallo, continueranno a parlare le armi …

    R. – Io credo che si trascinerà una lunga, strisciante guerra civile con lutti, dolori, distruzioni senza che nessuna delle due parti sia in grado di prevalere nettamente sull’altra. Qui non c’è nessun vincitore e solo uno sconfitto: il popolo siriano.

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    Libia: torna la calma dopo il tentato golpe

    ◊   In Libia sembra tornata la calma dopo, quello che è stato definito "un tentativo di golpe". Ieri, infatti, il Capo delle Forze di terra, il generale Khalifa Haftar, ha capeggiato la protesta contro il prolungamento del mandato del Parlamento invocandone lo scioglimento. Il premier Zeidan sottolinea che ora “è tutto sotto controllo” e il militare è stato arrestato. Sulla situazione nel Paese, Maura Pellegrini Rhao ha raccolto il commento di Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale:

    R. - Secondo me, bisogna parlare di “un colpo di non Stato”, perché in Libia non esiste ancora uno Stato. È una situazione di continua instabilità, però io non attribuirei questo tentativo ad un pazzo, come è stato fatto ad esempio da alcuni osservatori internazionali e dallo stesso primo ministro Zeidan; questo è stato un tentativo di colpo di Stato, certamente maldestro, certamente non preparato nella maniera adeguata, ma che faceva leva probabilmente sulla possibilità che parte della popolazione e parte delle milizie che si oppongono alla maggioranza del Congresso nazionale - che è in mano agli islamisti - potessero accorrere in soccorso di questo tentativo di golpe. Quindi, si confidava in questo, nell’appoggio popolare e soprattutto nel grande malcontento della popolazione e di molte milizie verso il Congresso nazionale.

    D. - L’importanza della Costituzione è centrale, eppure si continua a minarla …

    R. - Questa è una battaglia, perché nel quadro caotico libico, dove non c’è il monopolio dell’uso della forza da parte dell’autorità centrale, c’è una costante, crescente polarizzazione del conflitto tra le forze islamiste e le forze più secolariste, laiche. Anche vedendo quello che è successo in Egitto, certamente questo non facilita una riconciliazione nazionale vera e propria del Paese. La tensione è molto alta, il governo e l’autorità centrale sono incapaci di mantenere il controllo di gran parte del Paese e, quindi, questa è la situazione che si sta creando e come uscirne è veramente difficile.

    D. - È scaduto il mandato del governo, ma rimane ancora in carica …

    R. - Zeidan è parte di questa lotta politica. Ci sono molte fazioni in lotta e Zeidan è ancora appoggiato - tutto sommato - dalle forze laiche che non vogliono certamente farlo cadere, lo sorreggono con tutte le forze, perché farlo cadere vorrebbe dire – appunto - "passare" anche il governo, dopo il Parlamento, alle forze islamiche e questo preoccupa non poco le forze laiche. Questa è una delle chiavi di volta. Quindi un governo debolissimo, quasi fantoccio, tenuto in piedi a forza, ma che comunque è visto come un ultimo baluardo contro forze islamiche che possono conquistare tutto il potere.

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    Italia, crisi: giornata di consultazioni. Diotallevi: serve vero premier, non direttore del traffico

    ◊   Mattinata di consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo. Non partecipano per protesta né la Lega né il Movimento 5 stelle, che sta manifestando in piazza a Roma contro il capo dello Stato. Si entra nel vivo questo pomeriggio con il Nuovo centro destra, l’Udc, Forza Italia guidata da Berlusconi, e intorno alle 19 con la delegazione del Pd, senza però il segretario Renzi, che intanto ragiona sui nomi di una eventuale squadra e sul programma. ”Chiunque governerà deve porsi la priorità del lavoro”, commenta il presidente dei vescovi italiani il cardinale Angelo Bagnasco. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Tempi rapidi per la nascita del primo governo Renzi, che potrebbe ricevere già stasera l'incarico, con riserva, da parte del capo dello Stato per formare la sua squadra. Avviati già i contatti da Firenze, mentre circolano nomi come Alessandro Baricco, Andrea Orlando, Andrea Guerra. Ma la maggioranza è tuttaltro che chiara: nel pomeriggio, dal Quirinale la posizione ufficiale dei grandi partiti, mentre stamani si sono tirati fuori Sel e Fratelli d’Italia. "Ci vuole stabilità ma c'è soprattutto bisogno che il governo provveda rapidamente al lavoro", ha ribadito il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. La gente, ha detto, “è in grande sofferenza”. Dunque, sull’economia si giocherà il futuro del nuovo governo? Ne abbiamo parlato col sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico delle Settimane Sociali:

    R. – Noi stiamo tentando faticosamente di uscire da una condizione nella quale il voto dei cittadini non conta. In questo senso, l’ingresso a Palazzo Chigi di Renzi sicuramente è una notizia positiva, perché ha certamente una legittimazione popolare carente ma molto superiore a quella di Letta e di Monti. Però, il cammino non è concluso: il cammino è molto difficile. Per questa ragione, la priorità di Renzi è senz’altro portare a termine la riforma della legge elettorale e non sarà semplice, perché tutti coloro che stanno in parlamento hanno da temere, in quanto ci sono frutti di accordi e regole che quella legge spazzerebbe via. Solo se noi rimettiamo il manico del coltello in mano ai cittadini avrà poi senso parlare di lavoro, di scuola, di famiglia. Perché senza una legge elettorale che consenta a qualcuno di governare effettivamente, parlare di programmi è un diversivo.

    D. – Il livello di crescita del Paese, di situazione economica, dopo due anni – anche Moody’s lo ha detto – sta migliorando e qualche dato positivo sul pil si raccoglie. Forse, qualche flebile segnale, in un momento però molto delicato. Questo passaggio a livello economico-sociale che cosa potrebbe significare?

    R. – Purtroppo, non significa nulla, perché il nostro Paese è sceso molto più degli altri e adesso che a livello globale la crisi sta invertendo il proprio corso, noi cresciamo molto meno di altri. Quindi, purtroppo non significa molto. Significa, come diceva Squinzi, il presidente di Confindustria, che se la politica facesse il suo mestiere il resto del Paese potrebbe tirar fuori quel poco di energie che gli sono rimaste.

    D. – Per fare meglio, per fare in fretta, che tipo di squadra serve? Una squadra ampia, una squadra rappresentativa…

    R. – Più il governo sarà composto di pochi ministri, più capiremo che è il presidente del Consiglio che incomincia a sembrare – come in tutti gli altri Paesi – un pochino più un premier che non un direttore del traffico.

    D. – E sugli appoggi al nuovo governo? Berlusconi ha detto “buon lavoro”, ma ha annunciato che che non farà sconti. Grillo snobba completamente queste consultazioni. Cosa si prospetta?

    R. – Credo che il rischio di Renzi sia non poter rimettere insieme la maggioranza di Letta, perché penso che il Nuovo centrodestra e tutti i centristi si rendano conto che collaborare con Renzi significa firmare un assegno in bianco agli elettori e quindi condannare se stessi a ritornare – giustamente, avendo pochi voti – nell’ombra. Quindi, io non darei per scontata l’adesione di questi partiti, anche se hanno poche alternative.

    D. – Rimane il fatto che di questo passaggio e di quanto sta accadendo, molta dell’opinione pubblica, molta della gente, abbia chiaro ben poco…

    R. – No, non credo. Non credo perché Monti, Napolitano, Letta appartengono al vecchio establishment. Renzi è percepito dall’opinione pubblica come una persona – come era Berlusconi – imposta dal consenso di cui è capace. Qui, il problema non è che Renzi venga da fuori: anzi, questo è ciò che la gente apprezza perché dalla “casta”, da coloro che stanno dentro, non ci si può attendere riforme.

    D. – In tutto questo, le forze cosiddette cattoliche all’interno della politica come si stanno muovendo? Cosa pensano, cosa si augurano?

    R. – Penso che innanzitutto gran parte del mondo cattolico organizzato debba fare un bel mea culpa su Todi: coloro che vollero Todi oggi sanno, dopo quello che Prodi e De Benedetti hanno ammesso, che loro credevano di riportare sulla scena il mondo cattolico, in realtà offrivano a Passera, Monti, a questi personaggi, una copertura sul lato ecclesiastico. Un’altra parte del mondo cattolico, quella che per esempio che con le Settimane Sociali ha concepito l’Agenda di Reggio Calabria e poi quella di Torino, oggi sa che la propria analisi istituzionale e politica è corretta. Naturalmente, le cose non basta scriverle. Diciamo: vedremo se l’intelligenza del mondo cattolico, che è limpidissima, sarà accompagnata dalla forza, dalla generosità che invece l’agire politico richiede, e che è un’altra cosa.


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    Roma, manifestazione dei "No Cie": chiudiamo Ponte Galeria

    ◊   Manifestazione oggi pomeriggio dei movimenti “No Cie” presso il Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria in provincia di Roma. Motivo dell’iniziativa la richiesta della chiusura del Centro così come degli altri cinque ancora in funzione in Italia. I 42 immigrati ospiti della struttura hanno intanti sospeso lo sciopero della fame iniziato ieri, a seguito del rimpatrio di due di loro che, nel dicembre scorso, avevano partecipato alla protesta delle “bocche cucite”. Sul clima che si vive all’interno del Cie, Adriana Masotti ha sentito don Emanuele Giannone, direttore della Caritas della diocesi di Porto Santa Rufina, cui appartiene Ponte Galeria:

    R. – In questi giorni, in particolare c’è una grande tristezza che è anche il mio stato d’animo prevalente, per il fatto che stanno rimpatriando i ragazzi, conosciuti come i ragazzi di Lampedusa: sono soprattutto marocchini, hanno avuto il diniego della protezione internazionale e in questi giorni vengono rimpatriati. Erano venuti perché costretti ad andar via dalla Libia, dove stavano lavorando, per avere condizioni di lavoro migliore. In Italia, hanno solo trovato sbarre, non hanno mai capito perché non abbiamo mai dato loro una possibilità di lavoro… Quindi, c'è tristezza tra gli ospiti, che non li possono neanche salutare, perché le squadre di polizia prelevano questi ragazzi senza che si sappia in quale momento. Peggio di un condannato a morte.

    D. – Quello che lei sta raccontando è un motivo in più che giustifica la richiesta di chiusura dei Centri di identificazione e di espulsione come quello di Ponte Galeria…

    R. – In questi Centri, un giovane di 20 anni che arriva per lavorare viene invece annullato nella propria dignità. Quindi, questi Centri, da quando sono aperti, hanno creato l’idea che un uomo possa essere trattato in questo modo. Poi, se vogliamo portare il discorso su un piano normativo, allora io invito i responsabili a dire l’efficacia di questa struttura di fronte a costi di milioni di euro per sostenerli. Quindi, sono strutture che vanno chiuse per motivi umani, ma anche perché inefficaci e inefficienti. E’ chiaro che una legge che prevedeva quote d’ingresso e che invece non è mai stata attuata – nel senso che non c’è mai stata una cadenza regolare con la quale si siano favoriti percorsi di entrata legale sul territorio italiano – una legge che prevede che comunque un immigrato, anche dopo lunghi anni, dopo dieci anni sul territorio nazionale in cui non abbia commesso reato e in cui abbia sempre lavorato legalmente non abbia ancora acquisito diritti definitivi, è chiaro che espone sempre gli immigrati a pericoli che li portano poi a dover subire procedimenti di espulsione. Però, anche qui dobbiamo dire con chiarezza che al momento le norme italiane che governano regolamento l’immigrazione, sono norme discriminatorie.

    D. – In che modo la Chiesa locale, attraverso voi della Caritas o attraverso altre realtà, riesce ad essere vicina agli “ospiti” del Cie di Ponte Galeria?

    R. – Lei tenga conto che nel Cie di Ponte Galeria per la Prefettura di Roma è pericoloso anche introdurre una biro, per cui la nostra opera è essenzialmente un’opera di presenza: la mia, in particolare, almeno per i cristiani, di sacerdote che celebra i sacramenti – la Santa Messa, la preghiera e c’è un desiderio immenso di pregare tra gli ospiti del Cie – e quindi andando al Cie certo le occasioni per conoscersi, per fermarsi a parlare e a stare accanto a questi amici, è l’unica opera che posso svolgere. A volte, si assiste impotenti, sembra di stare sul Calvario, è come se Cristo lì ci chiedesse solo di stare accanto a questi ragazzi che vivono queste situazioni paradossali. Il problema del Cie non è un problema di struttura, di come si mangia e come si dorme. Il problema è un problema umano. Questi centri, così come attualmente sono, sono proprio contro la persona, contro la dignità della persona, perché l’annientano anche nelle cose minime: come passare il tempo, come poter fare qualcosa, poter studiare, poter pensare al futuro… L’opinione pubblica, per anni – e spero che invece ultimamente possa maturare un’altra consapevolezza – non si è interessata nei riguardi della situazione di queste persone perché, purtroppo, non li sentiamo come nostri fratelli.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella sesta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice di non essere venuto ad abolire la Legge o i Profeti, ma per dare compimento. Poi aggiunge:

    “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di oggi è una “buona notizia” che viene a scuoterci dal nostro sonno, dal nostro quotidiano compromesso con il mondo. Il Signore non vuole un compimento formale della legge, che non coinvolga il cuore; sapendo bene che ciò che contamina l’uomo sono le violenze, i giudizi, gli adulteri che escono dal cuore dell’uomo, è venuto a “dare compimento” alla legge antica. Si è interamente donato, offerto alla volontà del Padre e, risuscitato dai morti, ci dona uno spirito nuovo. Non si entra nel Regno di Dio con l’osservanza meticolosa della legge, come facevano scribi e farisei: ora è possibile una “giustizia superiore”: “Siate santi, come io sono santo” (Lev 19,2). Ora il Signore può rileggere per noi tre comandamenti antichi: È stato detto: “Non ucciderai”; “ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio”, ed anche parole come i quotidiani: “Stupido”, “Sei pazzo!” ai fratelli ci assicurano il “fuoco della Geenna”. Gesù chiede una vera riconciliazione con il fratello prima di ogni gesto religioso, prima di presentare l’offerta all’altare. All’antico: “Non commetterai adulterio”, il Signore aggiunge: “Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”. E lo stesso vale per il ripudio. E questa parola del Signore non si svuota, non si banalizza solo perché oggi tutti lo fanno. E davanti al nostro moltiplicare parole vuote, il Signore dice: “Ma io vi dico: non giurate affatto…”, anzi “sia il vostro parlare: Sì, sì, No, no; il di più viene dal Maligno”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Libano: varato il nuovo governo di unità nazionale dopo 10 mesi di stallo

    ◊   In Libano, dopo 10 mesi di stallo è nato oggi il nuovo governo di unità nazionale, guidato dal sunnita Tammam Salam. All’interno del nuovo esecutivo ci sono rappresentanti delle Forze del 14 Marzo, il blocco capeggiato da Saad Hariri, e dall’Alleanza 8 Marzo, composto dal gruppo sciita di Hezbollah. "Davanti a noi c'è una strada in salita, ma la collaborazione ci aiuterà a superare gli ostacoli": così il premier Salam presentando l'accordo raggiunto, arrivato dopo "molti sforzi, tanta pazienza e flessibilità". Forte l'appello alle forze politiche a collaborare in vista delle elezioni presidenziali che sono in calendario a maggio. Salam ha invitato poi a "riprendere il dialogo nazionale e raggiungere un accordo sulla legge elettorale". Nella compagine di governo, composta da 24 ministri, trovano spazio anche personalità vicine al presidente Suleiman e al leader druso Walid Jumblatt, considerati entrambi dei centristi. Fondamentale per la formazione dell’esecutivo, il via libera di Saad Hariri di aprire ad Hezbollah, più volte tirato in ballo per l’omicidio del padre Rafik Hariri, ucciso in un attentato il 14 febbraio del 2005. “L’ho fatto – ha dichiarato Hariri – per salvare il Paese dall’instabilità generata anche dal conflitto in Siria”. A Damasco, infatti, Hezbollah è impegnato accanto alle forze di Assad.

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    Violenza in Iraq: uccisi 16 soldati, il premier Al Maliki a sorpresa a Ramadi

    ◊   Visita a sorpresa oggi a Ramadi, in Iraq, per il premier iracheno al-Maliki. La zona da settimane è teatro delle operazioni delle forze di sicurezza irachene e delle milizie tribali filogovernative che intendono riconquistare l’area ormai sotto il controllo dei ribelli. In programma una serie di colloqui con le autorità locali e con i leader tribali della regione. Intanto non si arresta la violenza, 16 soldati dell’esercito iracheno hanno perso la vita in diversi scontri e attacchi avvenuti nella notte in diverse zone del Paese.

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    Indonesia. Decreto impone la sharia ai non-musulmani nella provincia di Aceh

    ◊   L'amministrazione provinciale di Aceh, nel Nord dell’isola indonesiana di Sumatra, ha approvato un decreto legge chiamato “Qanun Jinayat” che impone sia ai musulmani che ai non musulmani di osservare la legge islamica (sharia). Come riferito da fonti locali di Fides, timori e preoccupazioni sono diffusi nelle comunità ristiane della provincia: finora, infatti, l’applicazione della sharia, già in vigore nella provincia, riguardava solo i cittadini musulmani. L’assessore provinciale Abdulah Saleh ha confermato che il controverso decreto legge è stato approvato nel mese di dicembre e firmato nei giorni scorsi dal governatore Zaini Abdullah: in tal modo il provvedimento è entrato ufficialmente in vigore. Secondo l’ordinanza, tutti coloro che violeranno i precetti della legge islamica, indipendentemente dalla loro religione, saranno processati secondo la legge islamica. I non-musulmani che violano il codice penale avranno la possibilità di essere giudicati nei tribunali civili o in quelli islamici. Violazioni come bere liquori o non indossare il velo islamico per le donne (l’hijab) potrebbero essere puniti con la fustigazione. Come riferito a Fides, rappresentanti della Chiese e attivisti per i diritti umani hanno definito il provvedimento “lesivo dei diritti umani e della libertà religiosa”, criticando i metodi applicati dalla speciale “polizia della sharia”, che gira per le strade per assicurare il rispetto delle legge islamica, soprattutto a livello di costumi e abitudini sociali. Nei giorni scorsi 62 persone, tra i quali due non musulmani, sono state fermate perché “indossavano abiti impropri”.

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    Uzbekistan: rafforzata censura sui testi di carattere religioso

    ◊   In Uzbekistan sono vietati per legge i libri e altro materiale stampato che "incoraggiano" i cittadini a cambiare fede o che, a detta dello Stato, "distorcono" i canoni della religione. È quanto riferisce il sito d'informazione Forum18, impegnato a documentare le violazioni alla libertà religiosa in Asia centrale, secondo cui Tashkent ha promulgato in via ufficiale la nuova legge che "rafforza la censura". Secondo quanto afferma AsiaNews, il provvedimento è entrato in vigore a fine gennaio e fornisce le basi legali per legittimare "gravi restrizioni" nella produzione, nella vendita, nella distribuzione e nell'importazione di materiale religioso che, di fatto, sono in vigore dal 1998 col Codice sulle religioni. Esso prevede inoltre punizioni più dure per quanti infrangono le norme. Dal Comitato degli Affari religiosi uzbeko, chiamato ad applicare la censura preventiva, non vi sono commenti ufficiali sulla nuova legge, che tuttavia fa già sentire i primi effetti; nei giorni scorsi, alcuni funzionari hanno confiscato materiale di carattere religioso - per controlli approfonditi - ad un gruppo di pellegrini di rientro dalla Mecca. Il decreto impone verifiche serrate sulla produzione, la distribuzione e l'importazione di pubblicazioni di natura confessionale; non sarà inoltre possibile distribuirli, ad eccezione dei punti vendita già approvati dalle autorità e registrati. Anche l'importazione di materiale ad uso personale deve comunque passare al vaglio ed essere approvato dallo Stato. Fra i testi al bando, anche quanti parlano di proselitismo o "incoraggiano" le persone a convertirsi ad altra fede, assieme a quanti "distorcono" i canoni religiosi. Secondo il Decreto, andranno inoltre riformate le norme e i codici per renderlo fin da subito attuativo. A seguire l'introduzione e la piena attuazione della Legge sarà il vice-premier Adkham Ikramov, responsabile delle questioni culturali. Una fonte locale esperta di diritto rivela che la norma contiene "contraddizioni e ambiguità" e assegna "maggiori poteri al Comitato per gli Affari religiosi, per limitare in modo forte l'uso o la distribuzione di letteratura religiosa". E concede alle autorità il potere di "immischiarsi nelle vicende interne di comunità religiose riconosciute in via ufficiale" dallo Stato. L'88% delle popolazione uzbeka è di fede musulmana sunnita mentre i cristiani costituiscono l'8%. Nel Paese, la libertà confessionale è soggetta a forte limitazione da parte del governo. La legge uzbeka considera "illegale" la detenzione di letteratura religiosa "solo se questa è collegata all'estremismo e incita l'odio". Ma le autorità giudiziarie spesso dispongono di distruggere il materiale confiscato nelle abitazioni dopo il "parere positivo" di alcuni "esperti del settore", che di regola definiscono "estremisti" tutti i libri che parlano di religione.

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    In Tibet nuova immolazione di un giovane ex monaco buddista

    ◊   Nuovo gesto di protesta in Tibet contro la politica cinese nella regione. Secondo quanto riporta il sito internet Phayoul, giovedì scorso un giovane di 25 anni, ex monaco buddista del monastero di Kirti, nella regione di Ngaba, si è dato fuoco. Ancora non si conoscono le condizioni del ragazzo, Lobsang Dorje, che è stato portato via dalla polizia accorsa sul posto. Subito dopo l’accaduto, gli agenti hanno rafforzato i controlli nella zona ed istituto molti posti di blocco nei punti di accesso alla regione. Lobsang Dorje è il 127.mo tibetano ad essersi immolato sin dal 2009.(B.C.)

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    Svizzera: sì alla diagnosi pre-impianto, critiche dei vescovi

    ◊   Sì alla diagnosi pre-impianto in caso di procreazione assistita: è il verdetto, reso noto il 13 febbraio, della Commissione nazionale di etica (Cne) in Svizzera. Tale tecnica - che permette di analizzare un embrione concepito in vitro prima che venga impiantato in utero, allo scopo di individuarne eventuali anomalie - sarà prossimamente al centro del dibattito parlamentare. La Cne ha giustificato la sua decisione definendola “una misura di solidarietà nei confronti di quelle coppie che potrebbero trasmettere una malattia ereditaria grave ai loro figli”. Non solo: sempre secondo la Cne, “la protezione dell’embrione non giustifica l’imposizione, sulle spalle dei genitori, di un fardello troppo pesante, fonte di sofferenza”. Resta, quindi, inascoltata la voce della Chiesa cattolica svizzera che più volte, nei mesi scorsi, si era espressa sull’argomento. Basti ricordare la dichiarazione diffusa lo scorso settembre dalla Commissione di bioetica della Conferenza episcopale svizzera (Ces): “Come si possono selezionare ed eliminare degli embrioni in un laboratorio medico?”, domandava Thierry Collaud, presidente della Commissione, mettendo in guardia dalle derive etiche della diagnosi pre-impianto, che potrebbe divenire “una porta aperta per entrare nell’era dell’eugenetica”. Di qui, il richiamo forte della Chiesa cattolica elvetica al fatto che “una società è autenticamente umana quando, pur lottando contro la sofferenza e la malattia, si dimostra capace di accogliere ogni persona nella sua dignità e di fare spazio ai più piccoli e più vulnerabili”. Forte di “questi principi evangelici”, concludeva Thierry Collaud, “la Chiesa rifiuterà sempre di considerare la selezione e l’eliminazione degli esseri umani come un progresso”. (I.P.)

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    I vescovi costaricensi ai deputati: indossate la maglia del Costa Rica e non dei vostri partiti

    ◊   “Occorre togliersi la maglia dei rispettivi partiti politici e indossare solo quella del Costa Rica”: con questa metafora i vescovi costaricensi esortano i politici eletti in Parlamento ad agire per il bene comune e non per gli interessi di parte. Come riferito a Fides, mons. Angel San Casimiro Fernandez, vescovo di Alajuela, e segretario generale della Conferenza episcopale nazionale, ha esortato gli eletti a “lasciare la propria verità, in modo che insieme, i 57 legislatori, agiscano nella ricerca della verità e del bene per l’intero Costa Rica”. Mons. Casimiro Fernández si è espresso dopo la pubblicazione del documento conclusivo della 107.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale, testo che si esprime sulle recenti elezioni, invitando tutti coloro che sono impegnati in politica a seguire valori come il rispetto della dignità umana e dei diritti umani, sociali ed economici di tutti i cittadini. Il dialogo Chiesa-politica va avanti nel Paese a diversi livelli: mons. Gabriel Enrique Montero Umaña, che sarà ordinato vescovo di San Isidro il prossimo primo marzo, ha incontrato il candidato-presidente di “Liberazione Nazionale”, Johnny Araya, ricordando che “i cittadini hanno diritto a chiedere ai governanti perché non sono riusciti a ridurre la povertà nel Paese”, promessa ampiamente ripetuta in passato. Nel voto del 2 febbraio scorso, il Costa Rica ha eletto il Parlamento ma andrà al ballottaggio il prossimo 6 aprile per scegliere il presidente, tra Luis Guillermo Rivera Solís del partito “Accion Ciudadana” (che ha ottenuto al primo turno il 30.84% dei voti), e Johnny Araya Monge, del partito di “Liberazione Nazionale”, che ha conseguito il 29,64% dei suffragi.

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    Il card. Bagnasco: lavoro sia priorità di ogni governo, contro la famiglia strategia persecutoria

    ◊   “La gente è in grande sofferenza”: così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, a margine dell’inaugurazione dell'anno giudiziario del tribunale ecclesiastico di Genova. Interpellato sull’attuale crisi politica, il porporato ha sottolineato che al di là di chi guiderà l’esecutivo, deve porre come priorità il lavoro. “C'è bisogno che il governo provveda rapidamente al lavoro – ha proseguito il cardinale Bagnasco - non vedo ancora le ricadute positive sul piano dell'occupazione”. “Penso all’Italia – ha aggiunto - cioè alla gente che ha bisogno di lavorare, che sta molto male, le famiglie, le persone singole, giovani che non trovano sbocchi, le persone più anziane che perdono il lavoro e che sono sole. Questa è la situazione. Ogni governo deve avere questo come priorità, una priorità urgentissima perché non si può aspettare di più”. Posizione netta anche sulla famiglia: il presidente della Cei ha parlato di “una strategia persecutoria in atto”. “Una strategia di attacco per destrutturare la persona per destrutturare la società, per metterla in balia di chi è più forte – ha continuato - e ha tutto l'interesse che la gente sia sola e smarrita perché nel torbido si opera meglio”. Inoltre il cardinale Bagnasco ha ribadito che nella Chiesa, la separazione è l’estrema ratio. “Il punto è che la coppia separata continui a vivere la fedeltà al sacramento ricevuto senza aprire una nuova forma di convivenza". “Sì alla vita”: ha poi evidenziato il presidente dei vescovi ribadendo la posizione della Chiesa contro l’eutanasia - “un delitto contro la vita”- e contro l’accanimento terapeutico.(B.C.)

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    Il card. Ruini apre il Convegno nazionale dell'Opera Romana Pellegrinaggi

    ◊   Inizia questa domenica a Roma il 16.mo Convegno Nazionale Teologico Pastorale dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp) sul tema “Eucaristia Pane del Pellegrino”. Ad aprire i lavori, la prolusione del presidente emerito dell’Orp, il cardinale Camillo Ruini, seguita dalle relazioni di mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, e del prof. Andrea Gallo, ordinario di Teologia sacramentaria del Pontificio Ateneo S. Anselmo. A conclusione della prima giornata, la Messa presieduta dal cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la Diocesi di Roma e presidente dell’Orp. Il 18 sarà invece la volta di padre Antonio Spadaro, direttore della Rivista Civiltà Cattolica, che terrà la prima relazione, e di don Paolo Asolan, docente di Teologia pastorale della Pontificia Università Lateranense. Il pomeriggio del 18 sarà dedicato ad una tavola rotonda e le conclusioni saranno a cura del vice-presidente dell’Orp, mons. Liberio Andreatta. La celebrazione eucaristica finale del convegno verrà presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mentre la sera è in programma lo spettacolo “Aquero” messo in scena dalla compagnia teatrale “Aquero” ispirato ai fatti di Lourdes. Il Convegno terminerà mercoledì mattina 19 febbraio con l’udienza del Santo Padre a cui parteciperà la grande famiglia dell’Opera Romana Pellegrinaggi.

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    Nel Regno Unito si celebra la “Domenica dell’educazione”

    ◊   Proclamare il Vangelo, servire i poveri, scoprire Cristo: questa è la vocazione delle scuole cattoliche, ricordata dai vescovi di Inghilterra e Galles in un messaggio diffuso per la “Domenica dell’educazione”, iniziativa a carattere ecumenico che si tiene questo 16 febbraio. Quattro gli obiettivi principali della giornata: valorizzare la storia dell’educazione cattolica; ringraziare i docenti e tutto il personale scolastico per il loro impegno; riconoscere il contributo delle scuole cattoliche nelle comunità; rafforzare i legami tra gli istituti di formazione e le parrocchie. “La Chiesa cattolica – si legge in una nota dei vescovi inglesi – è una dei primi fornitori di scuole ed università nel Paese ed è parte fondamentale del sistema di istruzione nazionale”. Attualmente, infatti, in Inghilterra e Galles i cattolici gestiscono 105 scuole e sono il principale punto di riferimento per quelle secondarie. Numeroso anche il personale di tali istituti: 46mila i docenti in servizio, a cui si aggiungono le 36mila unità dello staff tecnico. E non solo: i vescovi sottolineano che “la maggior parte degli alunni iscritti alle scuole cattoliche provengono da zone disagiate e circa un terzo di essi appartengono a minoranze etniche”, il che evidenzia “il contributo degli istituti cattolici alla coesione” sociale, così come la necessità di “rafforzare i legami tra le scuole e le parrocchie”. Dal suo canto, mons. Malcom McMahon, presidente del Servizio per l’educazione cattolica della Conferenza episcopale inglese, in un messaggio diffuso per l’occasione, ricorda il tema scelto per la giornata: “Andare al di sopra ed oltre”. E lo spiega così: “Nelle scuole cattoliche, docenti e studenti sono chiamati ad andare oltre se stessi, per scoprire Cristo e la sua chiamata a vivere la vita in pienezza”. Di qui, l’invito rivolto agli istituti di formazione, alle parrocchie e alle famiglie a “lavorare per il bene di tutta la comunità”. (I.P)

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    Giornata dei Musei ecclesiastici in Italia: aprono le porte gratuitamente più di 200 strutture

    ◊   In Italia si celebra la seconda Giornata dei Musei ecclesiastici. Al suo debutto, lo scorso marzo, la Giornata ha fatto registrare, ovunque, presenze prima mai viste. Facendo scoprire a migliaia di persone la ricchezza e l’interesse degli oltre mille Musei “ecclesiastici”, ovvero Musei Diocesani, di Cattedrali, Chiese, Confraternite disseminati lungo l’intera Penisola, da nord a sud, isole comprese; un immenso patrimonio che ai più è del tutto ignoto, scarsamente segnalato dalle guide turistiche delle città. La giornata ha avuto il merito di cominciare a far riemergere quelli che apparivano come i “Musei cancellati”, nonostante siano regolarmente aperti al pubblico, siano davvero tanti (più di mille), ricchissimi per patrimonio e per attività e siano ospitati in luoghi e monumenti tra i più belli delle città italiane. L’Amei - Associazione Musei Ecclesiastici Italiani - sulla scorta della più che positiva esperienza dello scorso anno, ha deciso di rinnovare anche quest’anno la Giornata dei Musei Ecclesiastici, scegliendo come data il 15-16 febbraio, nella ricorrenza del Beato Angelico che l’Associazione ha assunto come simbolo tutelare e che è il patrono degli artisti. Così, i più di 200 Musei Ecclesiastici aderenti all’Associazione (senza per altro escludere dall’iniziativa i Musei non ancora iscritti) aprono in questi due giorni gratuitamente le porte, proponendo, accanto al godimento delle loro diversissime collezioni, visite guidate, attività, incontri, musica. I Musei aderenti e le iniziative proposte da ciascuno di essi iniziative si possono trovare sul sito dell’Associazione: www.amei.biz. “Le Giornate dei Musei Ecclesiastici – ricorda mons. Giancarlo Santi, presidente dell’Amei - sono una delle tante iniziative messe in cantiere per far emergere la forza in parte ancora nascosta della realtà museale ecclesiastica italiana. L’obiettivo è di far conoscere questo capillare sistema museale, non inferiore né per presenza né per contenuto a quello dei musei di gestione statale o di enti locali. Una strategia di emersione cui ci invitano anche le ricorrenze – che vorremmo ricordare – dei 450 anni del Concilio di Trento, Concilio che ha consegnato all’arte e agli artisti una fondamentale missione di comunicazione del messaggio evangelico, e dei 50 anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II con la riflessione quanto mai attuale sulla funzione assegnabile alla produzione artistica sacra, a partire da quanto emerso nell’ambito del Concilio stesso”.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 46

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.