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Sommario del 06/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • P. Zollner: rapporto Onu su minori confuso e ingiusto, non riconosce grande impegno della Chiesa
  • Il presidente di “Telefono Azzurro”: Comitato Onu cerca visibilità andando oltre sue funzioni
  • Messaggio Gmg. Il Papa: Gesù è felicità vera, il “coraggio della felicità” è amare i poveri
  • Il Papa: chiedere la grazia di morire nella Chiesa, nella speranza e lasciando l'eredità di una vita cristiana
  • Visita ad Limina dei vescovi polacchi. Mons. Wątroba: attacco alla famiglia, il gender nelle scuole
  • In udienza da Papa Francesco la nuova ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede
  • Il card. Ryłko e mons. Clemens confermati presidente e segretario del Pontificio Consiglio per i Laici
  • Nomina di vescovo ausiliare in Argentina
  • Il Papa per l'inaugurazione di un dormitorio-mensa a Marghera: "Accogliere i poveri come Cristo"
  • Cordoglio del Papa per le vittime di un incendio a Buenos Aires
  • Tweet del Papa: il mondo ci fa guardare noi stessi, l’avere, il piacere. Il Vangelo ci invita ad aprirci agli altri
  • Mons. Zimowski: garantire a tutti accesso a cure e medicine
  • Legionari di Cristo, padre Robles Gil eletto direttore generale: "E' un nuovo inizio"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Olimpiadi di Sochi, la Russia pensa al rilancio geopolitico
  • Armi, nonostante la crisi si ricomincia a spendere nell'est e nel sud del mondo
  • Giornata contro le mutilazioni genitali femminili, pratica molto diffusa anche in Italia
  • ActionAid presenta il rapporto sulle nuove sfide per la cooperazione internazionale
  • Legge “Terra dei fuochi”. Don Patriciello: ascoltate la Chiesa e la gente campana
  • Don Santoro, ponte tra le religioni: il cardinale Ruini lo ricorda a 8 anni dalla morte
  • Don Bosco, 200.mo nascita. Don Chavez: dai bisogni dei giovani si trasforma la società
  • Morto lo scrittore Eugenio Corti. Mons. Luigi Negri: "Un esempio, ha combattuto per il Regno"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Usa. Portavoce dei vescovi: sulla pedofilia la Chiesa ha fatto più di qualsiasi altra organizzazione
  • Brasile. Il card. Filoni: la missionarietà è un'esigenza inderogabile
  • Centrafrica: non si ferma il flusso dei profughi che cercano rifugio in Congo
  • Israele approva oltre 550 nuove case in Cisgiordania
  • India: al via la Plenaria dei vescovi. Appello del nunzio per il dialogo interreligioso
  • Filippine: i vescovi chiedono una riforma agraria equa per il Paese
  • Messico: solidarietà alle suore aggredite e richiesta di risolvere il problema della terra
  • Canada: i vescovi ribadiscono l'importanza di matrimonio e famiglia
  • Belgio. Questionario per il Sinodo sulla famiglia: interesse dei cattolici per i temi affrontati
  • Il card. Pengo inaugura domani Centro clinico-chirurgico del Bambino Gesù in Tanzania
  • Il Papa e la Santa Sede



    P. Zollner: rapporto Onu su minori confuso e ingiusto, non riconosce grande impegno della Chiesa

    ◊   Ha avuto ampia eco a livello mondiale il Rapporto del Comitato Onu per i diritti sui bambini riguardante la Santa Sede, pubblicato ieri a Ginevra. Un documento che non si ferma alla valutazione di quanto fatto dalla Chiesa nella lotta alla piaga dagli abusi su minori, ma mette sotto accusa la morale cattolica dall’aborto all’omosessualità. Per un commento su questo rapporto, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Hans Zollner, responsabile del Centro per la protezione dell’Infanzia dell’Università Gregoriana:

    R. – Non viene preso in considerazione che c’è il tentativo e la volontà espressa certamente dai Papi, da Benedetto XVI e Papa Francesco, di fare della lotta contro gli abusi veramente una delle cose principali della missione anche della Chiesa, come è stato ribadito ripetutamente. Poi non si capisce bene come mai siano entrate tematiche come l’aborto o la contraccezione; temi come l’omosessualità, dove si vede che probabilmente questi temi dovevano finire in qualche maniera dentro il Rapporto e che certamente non sono collegati. Qualcuno voleva mettere questi temi come per dire: la Chiesa deve muoversi sulla morale sessuale, così abbiamo fatto il nostro punto…

    D. – La Chiesa – lo sottolineava anche lei – sta combattendo questa terribile piaga degli abusi. Questo Rapporto che effetto potrà avere su questo impegno, secondo lei?

    R. – Difficile dirlo. Da un lato sarà certamente uno stimolo per andare avanti e per individuare ancora di più e specificatamente le aree dove noi dobbiamo anche dire cosa facciamo già e le aree dove dobbiamo veramente lavorare di più, concretizzare, come ha detto lo stesso mons. Scicluna, che per dieci anni è stato promotore di Giustizia. Però devo anche dire che una sferzata come quella di questa Commissione – almeno in alcune parti del Rapporto – non aiuta a motivare la gente nella Chiesa ad andare avanti, perché qualsiasi cosa si faccia non viene riconosciuta. Quindi è anche un po’ deludente: il lavoro fatto non viene preso in considerazione! Certamente è anche ingiusto puntare il dito solo su queste cose, di cui - tra l’altro - i Papi e la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede da anni ne parlano come “la piaga aperta nel corpo della Chiesa”.

    D. – Il Rapporto attacca in modo frontale la morale cattolica in diversi passaggi. Secondo lei, questo attacco è frutto di che cosa? Di una lobby? C’è una deriva ideologica, come - per esempio - ha affermato mons. Tomasi a Ginevra?

    R. – Purtroppo, la presidente della Commissione – da quello che si apprende dalle notizie – ha reagito anche in modo tassativo, dicendo che la Chiesa non ha fatto a sufficienza. Certo, la domanda è se vediamo il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. La Chiesa sta portando avanti, come nessun’altra istituzione mondiale, la lotta contro l’abuso: ci sono stati tanti errori, peccati e crimini da parte di membri della Chiesa e anche di sacerdoti. Ma dire che la Chiesa non faccia proprio nulla, mi sembra non oggettivo! Mi sembra, anzi, forse anche un tentativo, non so se malvagio o meno … Ma si può dire che non prendano seriamente in considerazione ciò che la Chiesa ha messo in atto. Non si capisce! C’è molta confusione: l’immagine di una Chiesa che funziona come un organo di controllo di ciascun cattolico, di ciascuna chiesa locale, di ciascuna parrocchia, di ciascuna diocesi… Così effettivamente non funziona! Qui vedo anche una ambivalenza nel Rapporto: da un lato lo riconoscono, ma dall’altro richiedono, per esempio, - ed è una cosa assurda! - che la Chiesa possa controllare tutte le spese a favore dei bambini: come se in ciascun asilo, in ciascuna scuola, in ciascuna università, in ciascuna parrocchia, in ciascuna diocesi, il Papa alla fine dovesse firmare il budget. Cose improponibili! Per cui è abbastanza complessa la valutazione di questo documento che non è così univoco, ma dall’altro lato certamente ci sono cose ingiuste e accuse sproporzionate.

    D. – I bambini sono purtroppo vittime ogni giorni di guerra, fame in molte aree del mondo, perché secondo lei c’è questa grande attenzione – lo abbiamo visto – quasi spasmodica dei mass media per il Vaticano, proprio su questo aspetto dei minori?

    R. – La mia interpretazione è questa: la Chiesa si propone come il custode dei valori umani e ogni infrazione di questo ci mette in una posizione in cui dobbiamo anche ammettere che molti dei nostri non vivono ciò che proponiamo, professiamo e propaghiamo. Per cui c’è certamente anche una parte giustificata nelle osservazioni dei media e della società in genere. Dall’altro lato, la Chiesa cattolica viene vista come un organismo unico: quindi se io sono sacerdote, io ho una certa corresponsabilità per quello che fa il mio confratello sacerdote; se commette un abuso, anche io vengo in qualche maniera indirettamente accusato di fare parte di questo organismo che non ha fatto quello che doveva fare. Quindi c’è qualcosa che gira intorno a questa immagine di una Chiesa corresponsabile in tutte le sue parti. Qui penso che nessuno ovviamente possa giudicare da dove viene questa “fissazione” da parte dei media sulla Chiesa cattolica, però ci spinge ad andare avanti, a non rallentare nel nostro sforzo comune, con tante persone di buona volontà dentro la Chiesa e fuori dalla Chiesa che ci aiutano, per fare della Chiesa veramente un organismo, una realtà dove i bambini possano vivere ciò che Gesù stesso ci ha dato come missione, che siano protetti, con quello sviluppo che non deve essere bloccato da questi gravi peccati e crimini!

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    Il presidente di “Telefono Azzurro”: Comitato Onu cerca visibilità andando oltre sue funzioni

    ◊   Stupore per le accuse del Rapporto Onu alla Santa Sede viene espresso dal presidente del Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. In questa intervista di Alessandro Gisotti, il prof. Caffo mette anche in discussione la metodologia usata dalla Commissione che ha stilato il documento:

    R. – E’ stata una grande sorpresa nel vedere come un tema così delicato sia stato, in qualche modo, portato alla stampa con modalità sicuramente insolite. Dall’altra parte, l’amarezza nel vedere che non ci sia stato il riconoscimento di un percorso assolutamente significativo che la Santa Sede ha sviluppato negli ultimi anni, per affrontare quei problemi che sono segnalati come esistenti, cercando anche – tra l’altro – di allargare quelle che sono le competenze della Commissione su aree che non sono proprie; e, d’altra parte, una Commissione che molte volte è rimasta invisibile in tutti questi anni, forse ha trovato in questa occasione l’opportunità di farsi notare, ma sicuramente con modalità e anche argomentazioni assolutamente inadeguate.

    D. – Si può parlare di due pesi e due misure rispetto ad altri Stati?

    R. – La Commissione dovrebbe periodicamente rivedere per ogni Stato i rapporti che vengono presentati, con una frequenza nell’ambito dei 2-3 anni. In realtà queste revisioni sono spesso superficiali e quando vengono, in qualche modo, fatte delle obiezioni sono sicuramente molto poco efficaci nei cambiamenti sostanziali che devono poi essere fatti dai singoli Stati. Sorprende vedere che oggi, invece, tutti si concentrano su quest’attenzione al rapporto dello Stato Vaticano. D’altra parte devo dire che questa Commissione non è mai entrata in verifiche reali di quelle che sono le situazioni dei vari Paesi del mondo, se non leggendo relazioni - molte volte superficiali - fatte da certi funzionari in ogni Paese e con la presenza quasi marginale del mondo associativo e delle associazioni per l’infanzia internazionale. Questo mi dà il senso che evidentemente in questo percorso, che è tra l’altro limitato dal fatto che un grande Paese come gli Stati Uniti non abbia mai firmato la Convenzione, i membri di questa Commissione hanno cercato di avere una visibilità, di fronte anche alla carenza di strumenti che questa Commissione ha sempre avuto anche nei confronti di tutti gli altri Stati che hanno firmato la Convenzione.

    D. – Questo documento, lungi dall’occuparsi solo degli abusi sui minori, che è una piaga terribile che la Chiesa sta cercando di affrontare, si occupa anche dei cosiddetti temi sensibili della morale cattolica. Ad un certo punto, per esempio, si critica la Santa Sede perché è contraria all’aborto. Ma non è un clamoroso paradosso?

    R. – Sicuramente è inaccettabile che la Commissione entri in tematiche che non sono per nulla presenti nell’ambito della Convenzione dei diritti dell’infanzia. Io ricordo la preparazione di quel documento, di quella Convenzione, in cui – fra l’altro – la Santa Sede era rappresentata dal cardinale Martino, con questi lunghi dibattiti, con queste lunghe sedute che hanno portato ad un documento equilibrato ed è questo documento quello che viene valutato dalla Commissione. Non altro! E credo che entrare nel merito di scelte etiche e morali sicuramente non ha nulla a che fare con il compito della Commissione. Inoltre, secondo me, dando valutazioni – che io ritengo ideologiche – sicuramente c’è un qualcosa che supera le funzioni di quella Commissione.

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    Messaggio Gmg. Il Papa: Gesù è felicità vera, il “coraggio della felicità” è amare i poveri

    ◊   Contagiate il mondo con la gioia che viene dal seguire Gesù, abbiate il “coraggio della sobrietà”, imparate ad amare i poveri. Sono alcuni degli insegnamenti che Papa Francesco, ispirandosi alle Beatitudini, affida ai giovani nel suo Messaggio per la Gmg 2014, prima tappa del cammino che porterà al raduno mondiale di Cracovia 2016. Il contenuto del Messaggio nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Con le Beatitudini Gesù ha ribaltato ogni logica umana, insegnando cosa sia la “vera felicità”, quella che duemila anni dopo il mondo fatica ancora a comprendere, barattandola con ebbrezze da pochi spiccioli e di durata effimera. Papa Francesco posa la prima pietra del cammino che guarda alla Gmg di Cracovia del 2016, indicando ai giovani la strada “rivoluzionaria” tracciata da Gesù con il suo “Discorso della montagna”. “Beati vuol dire felici” e i poveri delle Beatitudini non sono i “perdenti”, è la sintesi del Papa, che accende subito una luce su cosa significhi felicità. Prima di tutto, scrive, aspirate “a cose grandi”, non limitandovi cioè a “vivacchiare” – come amava dire Piergiorgio Frassati – e questo “vi permetterà di smascherare e respingere le tante offerte ‘a basso prezzo’ che trovate intorno a voi” e quindi a non scambiare per felicità quei “momenti di ebbrezza”, di “falso senso di appagamento”, che dà l’inseguire “il successo, il piacere, l’avere in modo egoistico”, l’arroganza del benessere. “È molto triste – considera il Papa – vedere una gioventù ‘sazia’, ma debole”.

    Al contrario, afferma, bisogna trovare il “coraggio di essere felici”, il che vuol dire andare contro la corrente che segue il mondo. “Dite no alla cultura del provvisorio, della superficialità, dello scarto”, rilancia Papa Francesco, perché questo vuol dire essere “poveri in spirito” – così come richiede la frase scelta per la riflessione di quest’anno. Certo, osserva, “in un tempo in cui tante persone soffrono a causa della crisi economica, accostare povertà e felicità può sembrare fuori luogo”. Ma il povero di spirito, dice il Papa, è il “mendicante di Dio”, l’umile, colui che come Gesù – che è “Dio che si spoglia della sua gloria” – imita Cristo riconoscendo la propria piccolezza. Non è una strada facile, riconosce Papa Francesco, ma Gesù, assicura, vi aiuterà a tradurre questo grande ideale in “stile di vita”. Prima di tutto, suggerisce, “cercate di essere liberi nei confronti delle cose, staccandovi “dalla brama di avere, dal denaro idolatrato e poi sprecato” perché – soggiunge – “come è necessario il coraggio della felicità, ci vuole anche il coraggio della sobrietà”. Secondo, vivere questa Beatitudine richiede una “conversione per quanto riguarda i poveri”. “Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spirituali e materiali. A voi giovani – esorta Papa Francesco – affido in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà. Di fronte a vecchie e nuove forme di povertà – la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo – abbiamo il dovere di essere vigilanti e consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza”. Di più, dice, “dobbiamo imparare a stare con i poveri. Non riempiamoci la bocca di belle parole sui poveri!”. Terzo punto, infine, “i poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare qualcosa. Anche loro hanno tanto da offrirci”. “Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede, per quanto ha sul conto in banca” e che “un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità”. E certamente sono dei maestri “sull’umiltà e la fiducia in Dio”.

    Papa Francesco termina il Messaggio per la Gmg parlando del “legame profondo” che esiste “tra povertà ed evangelizzazione”. Il Signore, riafferma, “vuole una Chiesa povera che evangelizzi i poveri”. “Le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita – confida il Papa – sono quelle di persone povere che hanno poco a cui aggrapparsi. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile soltanto per contagio di gioia”. L’ultimo pensiero è per il 30.mo anniversario della consegna ai giovani della Croce del Giubileo della Redenzione e soprattutto per il protagonista delle Giornate mondiali, Giovanni Paolo II, prossimo Santo. “Lui – conclude Papa Francesco – sarà il grande patrono delle GMG, di cui è stato l’iniziatore e il trascinatore. E nella comunione dei santi continuerà ad essere per tutti voi un padre e un amico”.

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    Il Papa: chiedere la grazia di morire nella Chiesa, nella speranza e lasciando l'eredità di una vita cristiana

    ◊   Nella Messa presieduta questa mattina a Santa Marta, il Papa ha riflettuto sul mistero della morte, invitando a chiedere a Dio tre grazie: morire nella Chiesa, morire nella speranza e morire lasciando l’eredità di una testimonianza cristiana. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Nella sua omelia, il Papa commenta la prima Lettura del giorno che racconta la morte di Davide, dopo una vita spesa al servizio del suo popolo. Sottolinea tre cose: la prima è che Davide muore “in seno al suo popolo”. Vive fino alla fine “la sua appartenenza al Popolo di Dio. Aveva peccato: lui stesso si chiama ‘peccatore’, ma mai se ne è andato fuori dal Popolo di Dio!”:

    “Peccatore sì, traditore no! E questa è una grazia: rimanere sino alla fine nel Popolo di Dio. Avere la grazia di morire in seno alla Chiesa, proprio in seno al Popolo di Dio. E questo è il primo punto che io vorrei sottolineare. Anche per noi chiedere la grazia di morire a casa. Morire a casa, nella Chiesa. E questa è una grazia! Questo non si compra! E’ un regalo di Dio e dobbiamo chiederlo: ‘Signore, fammi il regalo di morire a casa, nella Chiesa!’. Peccatori sì, tutti, tutti lo siamo! Ma traditori no! Corrotti no! Sempre dentro! E la Chiesa è tanto madre che ci vuole anche così, tante volte sporchi, ma la Chiesa ci pulisce: è madre!”.

    Seconda riflessione: Davide muore “tranquillo, in pace, sereno” nella certezza di andare “dall’altra parte con i suoi” padri. “Questa – afferma Papa Francesco - è un’altra grazia: la grazia di morire nella speranza, nella consapevolezza” che “dall’altra parte ci attendono; dall’altra parte anche continua la casa, continua la famiglia”, non saremo soli. “E questa è una grazia che dobbiamo chiedere – osserva - perché negli ultimi momenti della vita noi sappiamo che la vita è una lotta e lo spirito del male vuole il bottino”:

    “Santa Teresina di Gesù Bambino diceva che, nei suoi ultimi tempi, nella sua anima c’era una lotta e quando lei pensava al futuro, a quello che l’aspettava dopo la morte, in cielo, sentiva come una voce che diceva: ‘Ma no, non essere sciocca ti aspetta il buio. Ti aspetta soltanto il buio del niente!’. Così dice. E’ la voce del diavolo, del demonio, che non voleva che lei si affidasse a Dio. Morire in speranza e morire affidandosi a Dio! E chiedere questa grazia. Ma affidarsi a Dio incomincia adesso, nelle piccole cose della vita, anche nei grandi problemi: affidarsi sempre al Signore! E così uno prende questa abitudine di affidarsi al Signore e cresce la speranza. Morire a casa, morire in speranza”.

    La terza riflessione è sull’eredità che lascia Davide. Ci sono “tanti scandali sull’eredità” – ha ricordato il Papa – “scandali nelle famiglie, che dividono”. Davide, invece, “lascia l’eredità di 40 anni di governo” e “il popolo consolidato, forte”. “Un detto popolare - ha proseguito - dice che ogni uomo deve lasciare nella vita un figlio, deve piantare un albero e deve scrivere un libro: questa è l’eredità migliore!”. Quindi ha invitato a chiedersi: “Che eredità lasciò io a quelli che vengono dietro di me? Un’eredità di vita? Ho fatto tanto il bene che la gente mi vuole come padre o come madre? Ho piantato un albero? Ho dato la vita, saggezza? Ho scritto un libro?”. Davide lascia questa eredità a suo figlio, dicendogli: “Tu sii forte e mostrati uomo. Osserva la legge del Signore, tuo Dio, procedendo nelle sue vie e seguendo le sue leggi!”:

    “Questa è l’eredità: è la nostra testimonianza da cristiani lasciata agli altri. E alcuni di noi lasciano una grande eredità: pensiamo ai Santi che hanno vissuto il Vangelo con tanta forza, che ci lasciano una strada di vita e un modo di vivere come eredità. Ecco le tre cose che mi vengono al cuore nella lettura di questo brano sulla morte di Davide: chiedere la grazia di morire a casa, morire nella Chiesa; chiedere la grazia di morire in speranza, con speranza; e chiedere la grazia di lasciare una bella eredità, un’eredità umana, un’eredità fatta con la testimonianza della nostra vita cristiana. Che San Davide ci conceda a tutti noi queste tre grazie!”.

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    Visita ad Limina dei vescovi polacchi. Mons. Wątroba: attacco alla famiglia, il gender nelle scuole

    ◊   Prosegue in Vaticano la visita “ad Limina” dei vescovi polacchi, un gruppo dei quali anche oggi è stato ricevuto da Papa Francesco. Ieri hanno partecipato all’udienza generale in Piazza San Pietro. Il Papa li ha salutati pregando di portare il suo saluto ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici e a tutti i polacchi: “Assicuro la mia preghiera - ha detto - per voi e per coloro che il Signore ha affidato alla vostra cura. Pregate anche per me. Dio benedica voi e la Chiesa in Polonia!”. Al centro degli incontri dei presuli con il Papa, in questi giorni, è in particolare la sirtuazione della famiglia. Al microfono di Stefano Leszczynski ce ne parla mons. Jan Franciszek Wątroba, vescovo di Rzeszów e presidente della Commissione per la famiglia della Conferenza episcopale polacca, oggi in udienza dal Papa:

    R. – La maggioranza dei polacchi si dichiara credente e appartenente alla Chiesa cattolica. Molti giovani afferrano che la famiglia è per loro un luogo dove possono imparare come vivere, dove apprendono i valori cristiani, dove possono sentirsi sicuri. E’ strano, dunque, che ci sia un attacco per distruggere la famiglia. Ultimamente alcune associazioni hanno promosso l’ideologia gender nelle scuole. Vogliono cambiare la definizione di famiglia, distruggere l’identità di uomo e di donna. Il problema è importante, anche perché il Ministero dell’Educazione non si pronuncia contro queste pratiche. Un altro problema è la crescita del numero di giovani che convivono. Nel caso in cui nascano dei figli, questi non vengono istruiti nella fede cristiana.

    D. – La situazione di forte secolarizzazione che lei ha descritto e che colpisce le famiglie in Polonia vale anche per famiglie polacche che vivono all’estero?

    R. - Molte famiglie polacche vivono la situazione dell’emigrazione per molti motivi, soprattutto per motivi di lavoro. Tanti bambini vedono i propri genitori soltanto durante le feste. Così il processo di educazione è molte volte travolto dalla solitudine dei bambini che vivono soltanto con uno dei genitori o in particolari casi con i nonni. I vincoli familiari sono molte volte spezzati e il processo dell’educazione religiosa è lasciato nelle mani dei maestri e dei sacerdoti.

    D. - E’ un quadro molto difficile quello della famiglia in Polonia, un po’ come nel resto dell’Europa. Ma ci sono aspetti positivi che è possibile sottolineare nell’impegno pastorale per le famiglie in Polonia?

    D. – Sì, ci sono delle luci che permettono di guardare al futuro con ottimismo, nonostante tutto ciò. Abbiamo adesso una delle migliori strutture di pastorale della famiglia. Nella Conferenza episcopale esiste un centro che con il suo direttore coordina tutte le iniziative per la promozione della vita. In tutte le diocesi esistono centri dove i fidanzati possono prepararsi al sacramento del matrimonio. Osserviamo che più del 90 per cento dei fidanzati ha frequentato le catechesi prematrimoniali. I centri della pastorale famigliare servono anche d’aiuto per i matrimoni in crisi e promuovono uno stile di vita cristiana. L’altro motivo di gioia è l’osservazione della crescita continua dei movimenti cattolici, dove i laici sono invitati a dare una gioiosa testimonianza di vita cristiana nella famiglia.

    D. – Come si stanno preparando le diocesi polacche al prossimo sinodo per la famiglia?

    R. – La cosa è molto recente. In Polonia possiamo osservare molte iniziative per rendere presente nella vita quotidiana l’insegnamento della Chiesa riguardo la famiglia. Molti laici hanno risposto al sondaggio, alle domande poste da Papa Francesco sul motivo del terzo Sinodo straordinario dei vescovi. Hanno presentato il loro punto di vista e hanno discusso con i sacerdoti per poter capire meglio la loro identità di laici nella Chiesa.

    Mons. Piotr Libera, vescovo di Płock, parla del suo incontro con il Papa, al microfono di Leszek Miroslaw Gesiak:

    R. - È stato un incontro molto semplice e molto fraterno. All’inizio il cardinale di Cracovia ha presentato la situazione delle nostre Chiese locali, delle nostre provincie ecclesiastiche poi ha preso parola il Santo Padre invitandoci a fare domande. Abbiamo così cominciato con una serie di domande e riflessioni: siamo partiti dalla situazione delle famiglie di oggi, i problemi del calo delle nascite e vari tipi di crisi delle famiglie di oggi. Abbiamo anche toccato l’importantissimo argomento della nuova evangelizzazione. A tal riguardo ho posto una domanda: “Come fare affinché la nostra pastorale nelle nostre Chiese locali sia più kerigmatica?”, perché il "kerigma" trova difficoltà a farsi strada. I nostri sacerdoti più anziani, che non sono abituati a questo modo di predicare il Vangelo, certe volte faticano e sono un po’ chiusi; si può dire che temono un po’ questa novità, questo tema che riguarda gli esercizi kerigmatici. Il Santo Padre ha risposto con comprensione; ha detto che bisogna partire dai seminari: i seminaristi devono imparare questo spirito missionario. Poi si è soffermato sul tema dell’omelia: come farla, come predicare oggi, ci ha detto che le prediche non devono essere troppo lunghe… Il vescovo castrense ha parlato di questa difficile situazione dei soldati polacchi che tornano dall’Afghanistan, spesso con tante ferite interiori; quindi ha chiesto come è meglio aiutarli. Anche qui il Santo Padre ha sottolineato l’importanza della cura pastorale offerta a questi militari che trovano difficoltà nell’inserirsi nella società e per creare una buona famiglia. Alla fine abbiamo ancora una volta invitato il Santo Padre a Cracovia per la Giornata mondiale dei giovani.

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    In udienza da Papa Francesco la nuova ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto in mattinata , in successive udienze, l’ambasciatore della Repubblica Araba di Egitto, la signora Wafaa Ashraf Moharram Bassim, per la presentazione delle Lettere credenziali, e l’arcivescovo Franco Coppola, nunzio apostolico nella Repubblica Centroafricana.

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    Il card. Ryłko e mons. Clemens confermati presidente e segretario del Pontificio Consiglio per i Laici

    ◊   Il Papa, al Pontificio Consiglio per i Laici, ha confermato presidente il cardinale Stanisław Ryłko e segretario mons. Josef Clemens. Nel medesimo dicastero ha adottato i seguenti provvedimenti:

    - ha nominato Membri gli Em.mi Cardinali: Christoph SCHÖNBORN, Arcivescovo di Wien (Austria); Angelo SCOLA, Arcivescovo di Milano (Italia); John NJUE, Arcivescovo di Nairobi (Kenya); Reinhard MARX, Arcivescovo di München und Freising (Rep. Federale di Germania); Willem Jacobus EIJK, Arcivescovo di Utrecht (Paesi Bassi); Luis Antonio G. TAGLE, Arcivescovo di Manila (Filippine); João Braz de AVIZ, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; gli Ecc.mi Monsignori: Charles Joseph CHAPUT, Arcivescovo di Philadelphia (Stati Uniti d'America); Orani João TEMPESTA, O. Cist., Arcivescovo di São Sebastião do Rio de Janeiro (Brasile); gli Ill.mi Signori: Dott. Yago DE LA CIERVA (Spagna), Docente di Gestione e Comunicazione di Crisi presso la Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce in Roma; Dott.ssa Irene EGLE LAUMENSKAITE, Docente del Centro Studi e Ricerca Religiosa presso l'Università di Vilnius (Lituania); Dott. Fabrice HADJADJ, Direttore dell'Institut Européen d'Études Anthropologiques Philanthropos di Friburgo (Svizzera); Dott.ssa Jocelyne KHOUEIRY, Fondatrice delle Associazioni La Libanaise-Femme du 31 mai e Oui à la vie (Libano); Dott. Franco MIANO, Presidente Nazionale dell'Azione Cattolica Italiana; Dott.ssa Geneviève Amélie Mathilde SANZE (Repubblica Centroafricana), Rappresentante per l'Africa del Segretariato Internazionale per l'Economia di Comunione.

    - ha nominato Consultori gli Ecc.mi Monsignori: Alberto TAVEIRA CORRÊA, Arcivescovo di Belém do Pará (Brasile); Filippo SANTORO, Arcivescovo di Taranto (Italia); Anders ARBORELIUS, O.C.D., Vescovo di Stockholm (Svezia); Dominique REY, Vescovo di Fréjus-Toulon (Francia); Christoph HEGGE, Vescovo tit. di Sicilibba, Ausiliare di Münster (Rep. Federale di Germania); il Rev.do Sac. Arturo CATTANEO, Professore presso la Facoltà di Diritto Canonico S. Pio X di Venezia (Italia); il Rev.do Padre Fra Hans STAPEL, O.F.M., Fondatore e Presidente dell'Associazione Internazionale di Fedeli Famiglia della Speranza (Brasile); gli Ill.mi Signori: Dott.ssa Alejandra KEEN VON WUTHENAU, Superiora Generale della Fraternità Mariana della Riconciliazione (Perú); Dott. Laurent LANDETE, Moderatore della Communauté de l'Emmanuel (Francia); Dott. Mimmo MUOLO, Giornalista del Quotidiano Avvenire (Italia); Dott.ssa Marguerite A. PEETERS (Stati Uniti d'America), Direttrice dell'Institute for Intercultural Dialogue Dynamics (Belgio); Prof.ssa Silvia RECCHI (Italia), Docente di Diritto Canonico presso l'Università Cattolica dell'Africa Centrale a Yaoundé (Camerun); Dott.ssa Maite URIBE BILBAO (El Salvador), Direttrice Generale dell'Istituzione Teresiana.

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    Nomina di vescovo ausiliare in Argentina

    ◊   Il Santo Padre Francesco ha nominato Ausiliare della diocesi di San Martín (Argentina), il Rev.do Ham Lim Moon, del clero dell’arcidiocesi di Buenos Aires, finora Parroco della parrocchia dei Ss. Cosme y Damián a Buenos Aires. Il Rev.do Ham Lim Moon è nato nella città di Suwon (Corea del Sud) il 16 giugno 1955. Ha fatto gli studi elementari in Corea e lì è entrato in Seminario. Quando studiava la Filosofia, con la madre e due fratelli è emigrato in Argentina. Ammesso in Seminario a Buenos Aires, vi ha completato gli studi di Teologia presso l'Università Cattolica. Ordinato presbitero per l’arcidiocesi di Buenos Aires il 12 ottobre 1984, ha ottenuto la Licenza in Teologia e poi una seconda Licenza in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha pubblicato la sua tesi di Licenza e alcuni articoli. Nell’arcidiocesi di Buenos Aires ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale della parrocchia Reina de los Apóstoles e Cappellano dell’Ospedale "Dottore Teodoro Alvarez" (1988-1996); Parroco della parrocchia María Madre de la Iglesia (1996-2002); Membro del Consiglio presbiterale e decano del Decanato 19 "Flores" (1999-2002). Inoltre, è stato incaricato dei corsi di formazione permanente del Clero di Buenos Aires ed ha accompagnato la comunità coreana nell’Argentina. Dal 2003 è stato Parroco della parrocchia dei Ss. Cosme y Damián, a Buenos Aires.

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    Il Papa per l'inaugurazione di un dormitorio-mensa a Marghera: "Accogliere i poveri come Cristo"

    ◊   Una "provvidenziale realizzazione che concede un posto privilegiato ai poveri nel popolo di Dio". Così Papa Francesco definisce il dormitorio-mensa della Caritas di Venezia a lui intitolato. Le parole del Santo Padre sono contenute in un telegramma inviato al patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, letto questo mercoledì a Marghera per l’inaugurazione della struttura dal segretario di Stato vaticano, l’arcivescovo Pietro Parolin. “I fedeli – prosegue il Papa - accolgano come Cristo i poveri facendoli sentire sempre a casa loro".

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    Cordoglio del Papa per le vittime di un incendio a Buenos Aires

    ◊   Vicinanza e preghiera: è quanto esprime Papa Francesco in un messaggio di cordoglio per le vittime dell’incendio avvenuto ieri a Buenos Aires, in Argentina. Le fiamme hanno distrutto un deposito di documenti nel quartiere di Barracas, a sud della città. Almeno nove i morti, tra vigili del fuoco e agenti della protezione civile, ai quali si aggiungono sette feriti e alcuni dispersi. Il governo argentino ha decretato due giorni di lutto nazionale. Nel messaggio inviato a mons. Mario Aurelio Poli, arcivescovo di Buenos Aires, il Pontefice si dice “profondamente addolorato” per l’accaduto, offre preghiere per gli uomini deceduti mentre compivano il loro dovere e chiede a Dio che doni “consolazione” a coloro che sono stati colpiti da una simile tragedia. Invitando, quindi, tutti alla “solidarietà fraterna”, il Papa rivolge “una parola di speranza” alle famiglie delle vittime e dei feriti. Infine, il Pontefice imparte la sua benedizione apostolica “con tanto affetto alla cara popolazione di Buenos Aires, tanto presente – scrive – nel mio cuore”.

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    Tweet del Papa: il mondo ci fa guardare noi stessi, l’avere, il piacere. Il Vangelo ci invita ad aprirci agli altri

    ◊   Il Papa, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Paolo Miki e compagni martiri, ha lanciato questo tweet: “Il mondo ci fa guardare noi stessi, l’avere, il piacere. Il Vangelo ci invita ad aprirci agli altri, a condividere con i poveri”.

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    Mons. Zimowski: garantire a tutti accesso a cure e medicine

    ◊   E’ stato pubblicato oggi il Messaggio dell’arcivescovo Zimowski, presidente Pontificio Consiglio Operatori Sanitari, per la Giornata di raccolta del farmaco che si terrà in Italia l’8 febbraio. Giunta alla 14.ma.edizione, quest’anno l’iniziativa ha come tema “Dona un farmaco a chi ne ha bisogno” e si terrà in oltre 3400 farmacie distribuite in 94 province e in più di 1.200 comuni: recandosi nelle strutture che aderiscono all’iniziativa, si potrà acquistare e donare farmaci da automedicazione che verranno destinati alle persone in stato di povertà su tutto il territorio nazionale. Quest’anno la raccolta si svolgerà per la prima volta anche a Crotone, Arezzo, Caserta, nella provincia autonoma di Bolzano e nella Repubblica di San Marino.

    Il messaggio di mons. Zimowski, intitolato “Operare in spirito di giustizia, di misericordia e di solidarietà”, sottolinea che l’iniziativa è “un’occasione privilegiata per ricordare che ancora oggi, in circa 90 Paesi del mondo, la popolazione riceve, dal sistema sanitario di appartenenza, meno della metà dei farmaci di base necessari. Dobbiamo dunque fortemente impegnarci anche in questo ambito perché, come sottolineato da Papa Francesco nell’ottobre scorso a Lampedusa, non solamente ‘i principali diritti civili e politici’ siano garantiti, ma si offra ‘ad ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza, il cibo, l'acqua, la casa, le cure sanitarie, l'istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia’. Un problema, quello dell’accesso alle terapie farmacologiche necessarie – prosegue il presule - che incide gravemente nei Paesi economicamente svantaggiati e non solo. La congiuntura economica che flagella anche diversi tra gli Stati cosiddetti ‘ricchi’, ha fortemente influito sia sui sistemi sanitari nazionali sia sulle possibilità di accesso delle persone e delle famiglie alle terapie anche indispensabili”.

    Mons. Zimowski ringrazia tutti i farmacisti e le imprese farmaceutiche che “sanno unire le vere esigenze della loro attività all’impegno caritativo o comunque solidale, in termini sia nazionali sia internazionali”. Ricorda dunque quanto detto da Giovanni Paolo II nel 1990 nel suo Discorso alla Federazione Internazionale dei Farmacisti Cattolici: “La dignità della professione farmaceutica richiede che essa sia subordinata all’osservanza di un Codice morale rigoroso”. “Questo – continuò Papa Wojtyla - è particolarmente importante nella distribuzione, nella concezione e nell’uso delle medicine”. “Il rispetto di tale Codice di comportamento – poi precisò, - presuppone la fedeltà ad alcuni principi intangibili che la missione dei battezzati ed il dovere della testimonianza cristiana rendono particolarmente attuali”.

    La Giornata della Raccolta del Farmaco 2014 – afferma mons. Zimowski - può dunque costituire un’opportunità per riflettere e, per quanto possibile, operare in spirito di giustizia, di misericordia e di solidarietà, in favore di un più equo accesso alle cure e alle medicine ovunque e per tutte le fasce di popolazione, con particolare riguardo a quelle più deboli: i bambini e gli anziani, i poveri e gli emarginati. Dal punto di vista internazionale, infine, come sottolineato nell’Enciclica Caritas in Veritate di Papa Benedetto XVI, è sempre più urgente che ‘gli Stati economicamente più sviluppati’ facciano ‘il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunità internazionale".

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    Legionari di Cristo, padre Robles Gil eletto direttore generale: "E' un nuovo inizio"

    ◊   Il Capitolo generale straordinario della Legione di Cristo ha eletto come direttore generale, per un periodo di sei anni, padre Eduardo Robles Gil. L’elezione, riferita a Papa Francesco, è stata confermata dalla Santa Sede. Padre Robles Gil, 62 anni, messicano, direttore territoriale del Messico fino all’estate del 2013, era stato nominato nel 2011 dal delegato pontificio, il cardinale Velasio de Paolis, membro della “Commissione di avvicinamento” per provvedere alle vittime di padre Maciel. Il direttore generale della Legione ha detto che il Capitolo segna una fine e un nuovo inizio. Non possiamo cancellare il passato – ha sottolineato - ma dobbiamo imparare la lezione, condannare i fatti deplorevoli accaduti e confidare nella misericordia di Dio.

    Il Capitolo ha emesso in un comunicato con cui si vuole definire “in modo conclusivo” la posizione della congregazione rispetto ai comportamenti del suo fondatore, padre Marcial Maciel. “Nel ponderare la gravità del male e lo scandalo – si legge nel comunicato - ci riconosciamo sotto lo sguardo misericordioso di Dio che con la sua provvidenza continua a guidare i nostri passi. Unendoci a Gesù Cristo speriamo di poter redimere la nostra dolorosa storia e vincere con il bene le conseguenze del male. Solo così, possiamo trovare il senso evangelico di ciò che è accaduto e costruire il nostro futuro sulle solide fondamenta della fiducia in Dio, della fedeltà alla Chiesa e della verità”.

    Sotto questa prospettiva – prosegue il testo – “abbiamo considerato i comportamenti gravissimi e oggettivamente immorali di padre Maciel che hanno meritato le sanzioni che, a suo tempo, la Congregazione per la Dottrina della Fede giustamente gli ha imposto. Il nostro fondatore è morto nel 2008 e supplichiamo per lui la misericordia di Dio. Allo stesso tempo, vogliamo esprimere il nostro profondo dolore per l'abuso di seminaristi minorenni, per gli atti immorali perpetrati verso uomini e donne, per l'uso arbitrario della sua autorità e dei beni, per il consumo smisurato di sostanze stupefacenti e per l'aver presentato come propri scritti pubblicati da terzi. Ci risulta incomprensibile l'incoerenza di essersi continuato a presentare per decenni come sacerdote e testimone della fede, mentre occultava questi comportamenti immorali. Tutti questi comportamenti noi li condanniamo con forza. Ci dispiace che molte vittime e persone da lui offese abbiamo atteso invano una richiesta di perdono e di riconciliazione da parte di padre Maciel . Noi oggi vogliamo esprimere a tutti loro la nostra solidarietà”.

    Il cammino di un “rinnovamento autentico e profondo”, confermato da Papa Francesco – si legge nel comunicato – “è progredito, ma non è concluso. I successi di questi anni segneranno l'identità e la vita della nostra congregazione. Alla luce della Provvidenza divina possiamo accoglierli, affrontarli e trasformarli in ponte verso una nuova tappa della nostra storia. Nelle prossime settimane di riunioni capitolari concluderemo la revisione delle nostre costituzioni al fine di sottoporle all'approvazione della Santa Sede e stabiliremo priorità e orientamenti per procedere con rinnovata speranza lungo il cammino che la Chiesa ci ha indicato, sotto l'attenzione premurosa delle competenti autorità”. “Sappiamo che questo è l'inizio di un cammino e che ci resta ancora molto da fare. Ci impegniamo a continuare con umiltà questo processo di rinnovamento e conversione”.

    Il Capitolo ha eletto consiglieri generali i padri Sylvester Heereman (Germania) e Jesús Villagrasa (Spagna). Per disposizione di Papa Francesco, la Santa Sede ha nominato altri due consiglieri generali: padre Juan José Arrieta (Spagna), che è anche il vicario generale, e padre Juan María Sabadell (Spagna). Il Capitolo generale ha inoltre eletto amministratore generale padre José Cárdenas (Messico) e procuratore generale padre Clemens Gutberlet (Germania).

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nel messaggio per la giornata mondiale della gioventù 2014, Papa Francesco invita i giovani a riscoprire il coraggio della felicità, della gioia e della sobrietà.

    Nella Messa a Santa Marta, il Papa ha indicato la grazia di vivere per tutta la vita dentro la Chiesa, da peccatori ma non da traditori corrotti.

    Nell'informazione internazionale, le credenziali del nuovo ambasciatore d’Egitto presso la Santa Sede.

    Sulla crisi siriana, l'Onu denuncia l'emergenza umanitaria: più di tre milioni di profughi.

    In cultura, Claudio Toscani ricorda Eugenio Corti, lo scrittore brianzolo scomparso ieri.

    Le reazioni della stampa internazionale alla pubblicazione del rapporto della Commissione Onu per i diritti del bambino.

    Un articolo di Silvia Guidi sulla devozione di Giovanni XXIII per Pio IX a partire da una relazione di Loris Francesco Capovilla.

    La grammatica e la sintassi degli stemmi: stralci dal volume “Manuale di araldica ecclesiastica nella Chiesa cattolica” scritto dal cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e da don Antonio Pompili.

    Don Bosco con i giovani: mentre si avvicina il bicentenario della nascita, milioni di persone si riconoscono nella spiritualità salesiana.

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    Oggi in Primo Piano



    Olimpiadi di Sochi, la Russia pensa al rilancio geopolitico

    ◊   Manifestazioni sportive, ma non solo. Le Olimpiadi invernali di Sochi, che inzieranno domani, sono un'occasione per la Russia di ricollocarsi in primo piano sullo scacchiere geopolitico internazionale. La Federazione Russa, secondo gli studiosi, potrebbe attraverso questo evento costruire nuove relazioni con i Paesi europei. Arduino Paniccia, docente di studi strategici all'università di Trieste e autore del libro "Trasformare il futuro", spiega perché la manifestazione si colori di tinte politiche. L'intervista è di Filippo Passantino:

    R. - La Russia ha tre obiettivi per le Olimpiadi. Nei piani del presidente Putin c’è il controllo dell’area del Caucaso e il rilancio dell’economia di questa zona assolutamente strategica, quindi segnare marcatamente la presenza russa nel Mar Nero e rilanciare l’immagine internazionale della Federazione non solo come presenza militare, potenza nelle aree di conflitti in Siria e Medio Oriente, ma anche - questo più in stile del nuovo - il grande alleato di Putin, la Cina, come una potenza dotata anche di "soft power", non solamente energetico ed economico, ma più in generale anche di immagine.

    D. – Quali vantaggi economici possono comportare questi Giochi?

    R. – I vantaggi economici sicuramente sono più a medio termine e sono tutti da verificare. L’economia dell’area stenta a riprendersi. Il tentativo è di rilanciare l’area anche da un punto di vista turistico, da un punto di vista della presenza internazionale.

    D. – E’ concreto il rischio di terrorismo?

    R. – Sì, il rischio è molto forte, è un azzardo. In maniera inedita, la Federazione russa ha ristretto un’alleanza con l’M16 inglese. Questo, in qualche modo, significa che sono stati coinvolti sicuramente anche i Servizi americani e quelli cinesi. È uno schieramento di intelligence e di controllo massiccio che tuttavia - a fronte della determinazione e delle possibilità degli attentati suicidi - ovviamente non può fermare e controllare tutto. Alcune organizzazioni jihadiste hanno già dichiarato di nuovo che attaccheranno. Questo sarà poi da vedere, anche perché spesso e volentieri sappiamo che la logica simmetrica del terrorismo non fa sempre quello che proclama, ma lo dice per creare confusione. Quindi, alla fine gli attacchi temuti potrebbero non esserci. Tuttavia, il rischio terrorismo è a mio parere alto.

    D. – Queste manifestazioni sportive possono reindirizzare l’Ucraina verso la Russia?

    R. – No. Venti miliardi di dollari di debito con le banche russe da parte dell’Ucraina, 12 miliardi nei confronti delle oligarchie energetiche russe - tra cui Gazprom - un’economia ormai sull’orlo dell’abisso per l’Ucraina: penso siano queste le cose che premeranno di più, non tanto l’immagine dell’abbraccio eventuale delle Olimpiadi. Diciamo che in questo momento la strategia dell’Ucraina - nascondendosi anche dietro la vicenda delle Olimpiadi - è prima di tutto prendere ancora tempo.

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    Armi, nonostante la crisi si ricomincia a spendere nell'est e nel sud del mondo

    ◊   Cresce la spesa per le armi, dopo il periodo di riduzione dei bilanci per la difesa in piena crisi economica, e cresce nel sud e nell’est del mondo. E’ quanto emerge, secondo un’anticipazione della stampa, dal rapporto annuale - in procinto di essere pubblicato - stilato dall’agenzia "IHS Jane’s", la più autorevole in questo settore. Oltre al triste primato degli armamenti in Medio Oriente, risultano in primo piano l’Angola, la Russia, la Cina ma anche Giappone e Corea. Fausta Speranza ne ha parlato con Germano Dottori, docente di Studi strategici all’Università Luiss:

    R. – Riflette il deterioramento delle condizioni di sicurezza in alcune aree molto critiche del mondo. Penso in particolare al Medio Oriente, dove la guerra di Siria rappresenta solo l’elemento di maggiore visibilità di una situazione assai difficile, per una serie di contrapposizioni di lunga durata che stanno venendo allo scoperto. L’altro fattore molto importante è la competizione per la supremazia globale, che vede la Cina intensificare i propri sforzi e anche la Russia cercare di risalire la china. Io mi spiego in questa maniera i dati che stanno venendo alla luce e che sono del tutto in linea con un trend recente che si sta consolidando.

    D. – C’è il triste primato dell’Angola, in questa nuova fase di corsa agli armamenti. Che dire dell’Africa?

    R. – C’è da dire anche questo dell’Africa. Intanto, l’Angola spende perché l’Angola ha risorse. L’Angola sta sfruttando e investendo la rendita petrolifera, non soltanto per le infrastrutture nel Paese e costruire magnifici grattacieli nella sua capitale, ma anche perché sta evidentemente ingaggiando una gara di potenza con il Sudafrica e verosimilmente, indirettamente, con altre grandi potenze africane che ambiscono a conquistare uno status internazionale di maggiore prestigio. Bisogna tenere presente che, in prospettiva, c’è anche l’ambizione a ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Lo si vuole per un Paese africano, ma gli africani sono molto divisi riguardo a chi debba occuparlo o possa occuparlo. Di conseguenza, vantare uno strumento militare, che può essere utilizzato per stabilizzare alcune zone del continente in condizioni precarie, ovviamente può rappresentare un incentivo.

    D. - Da questo rapporto, sulle armi nel mondo emergono in prima linea il sud e l’est del mondo e in particolare il Sudest asiatico…

    R. - E’ piuttosto evidente perché nel Sudest asiatico si stanno concentrando spinte, ambizioni di particolare rilevanza. Nel Sudest asiatico, si teme in modo particolare la crescita della potenza cinese. In realtà, i cinesi stanno investendo in armamenti perché si sentono impegnati in una gara per la supremazia globale o comunque per ridurre la distanza che li separa dagli Stati Uniti. Ma tutto questo ha un impatto sulle percezioni di sicurezza dei Paesi che si trovano nella regione. Per esempio, il riarmo nipponico si spiega moltissimo in questa ottica. Il Giappone non ha al momento aspirazioni di potenza sul piano globale, però si sente intitolato a rafforzarsi perché ha di fronte un Paese che investe sempre di più in armamenti che è la Cina. Lo stesso discorso può essere fatto per il Vietnam e, in una certa misura, per la Corea del Sud, che tra l’altro ha un vicino molto ingombrante dal comportamento assolutamente imprevedibile, come è la Corea del Nord. Ma anche l’Australia… D’altra parte, ci sarà bene una ragione se il presidente degli Stati Uniti afferma da molti anni che la nuova area fondamentale sulla quale l’America deve concentrare i suoi sforzi di sicurezza è proprio il Pacifico. Quindi, anche l’America in realtà, malgrado stia riducendo in termini assoluti e relativi le proprie spese militari, le va riqualificando in funzione di quello che fanno i rivali presunti a medio e lungo termine.

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    Giornata contro le mutilazioni genitali femminili, pratica molto diffusa anche in Italia

    ◊   Ricorre oggi la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Per contrastare il fenomeno - diffuso soprattutto in Africa sub-saharaiana, Egitto ed Asia - occorre informare, educare e sensibilizzare a una nuova cultura, che coinvolga anche l'Italia, dove la partica è diffusa tra le immigrate ma dove si riscontra, allo stesso tempo, una generale carenza di sensibilità sul tema. lo spiega Tiziana Fattori, direttore internazionale di Plan Italia, al microfono di Maura Pellegirni Rhao:

    R. - Abbiamo lanciato la petizione il 23 gennaio. Speravamo di raccogliere molto velocemente cinquemila adesioni, ma purtroppo siamo fermi a duemila. Riteniamo che la ragione principale sia perché in Italia questo tema risulta fastidioso, pensando che sia un tema lontano, che non ci tocchi, e quindi non viene considerato importante e prioritario. Ma invece lo è: dei tre milioni di bambine che ogni hanno vengono sottoposte alla mutilazione femminile, molte di loro sono figlie di famiglie emigrate anche in Italia.

    D. – Gli ultimi numeri dicono che in Italia ci sono 40 mila vittime per tale pratica ed è il numero più alto in Europa...

    R. – E’ vero. Questa pratica viene fatta ovviamente in clandestinità, perché in Italia per fortuna ci sono pene severissime. Ma noi di Plan Italia sappiamo bene che le leggi non sono un deterrente sufficiente. La pratica avviene in clandestinità, oppure durante un breve soggiorno nel Paese di origine, dove la bambina viene sottoposta alla mutilazione dei genitali e poi rispedita in Italia. Quindi, dobbiamo veramente coinvolgere il più possibile i media italiani, il pubblico italiano e soprattutto, direi, le donne italiane a lavorare con noi, a fare in modo che si raggiunga presto questo numero di cinquemila sottoscrittori della nostra petizione e permetterci di andare tutte insieme a portare questo risultato al governo italiano. Al governo chiediamo di fare pressione sui governi dei Paesi dove questa pratica viene purtroppo ancora fatta, soprattutto in Africa Subsahariana, in Egitto ed in alcune zone dell’Asia affinché si adoperino ad abolirla.

    D. – Cosa si può fare per sensibilizzare e creare una nuova cultura intorno a questo problema?

    R. – La prima cosa da fare è parlarne, fare in modo che emerga affinché si comprenda che la pratica delle mutilazioni genitali comporta alle bambine conseguenze terribili – sempre che sopravvivano – per il resto della vita. È una tradizione che non c'entra nulla con la religione: in molte zone, tipo in Guinea, viene vista come un rito di iniziazione, passaggio dall’età infantile all’età adulta. Viene anche vista come un modo per preservare l’integrità della bambina fino al matrimonio. Quindi, dobbiamo operare a questi livelli per cercare di far comprendere che esistono cerimonie di iniziazione alternative. Noi l’abbiamo fatto con successo in Burkina Faso, dove abbiamo lavorato molto bene a livello di comunità, abbiamo creato cerimonie alternative e in molti villaggi dove lavoriamo le mutilazioni genitali non vengono più praticate. Importante soprattutto l’educazione: mandare le bambine a scuola, renderle consapevoli, sensibilizzarle su questo tema e fare in modo che si ribellino affinché non si sottopongano più a questa pratica. Lavorare anche con i “decisori” della comunità – donne e mamme – affinché non facciano praticare sulle figlie quello che hanno subito loro quando erano bambine.

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    ActionAid presenta il rapporto sulle nuove sfide per la cooperazione internazionale

    ◊   Presentato ieri pomeriggio a Montecitorio l’Annuario della cooperazione italiana allo sviluppo, il rapporto curato da Action Aid, l’organizzazione internazionale impegnata nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale, che ricostruisce il trend delle politiche adottate dal nostro paese in materia di immigrazione e politiche di aiuto allo sviluppo. Alla conferenza stampa è intervenuto il Ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge. Davide Dionisi ha chiesto al Segretario di ActionAid Italia, Marco De Ponte, qual è il ruolo dell’Italia nella lotta alla povertà nel mondo:

    R. - Purtroppo il ruolo dell’Italia inteso come Stato è stato marginale negli ultimi anni; l’aiuto pubblico allo sviluppo, cioè le risorse che lo Stato italiano ha allocato alla lotta alla povertà sono state sempre ridotte nel corso degli ultimi anni. Quest’anno l’Italia è maglia nera: di tutti i Paesi occidentali - di fatto - è il Paese che alloca meno risorse di tutti alla cooperazione internazionale. La questione non è solo di volumi, ma è anche di qualità dell’aiuto pubblico allo sviluppo, perché purtroppo le risorse italiane vengono spese in maniera frammentata su vari temi e su vari paesi. Il nostro rapporto, Italia e la lotta alla povertà, è un esercizio di account ability che noi mettiamo in piedi da sette anni. Quest’anno, però, abbiamo anche comparato quelle che sono le politiche dell’aiuto pubblico allo sviluppo con quelle che sono le politiche in materia energetica con un focus in particolare sulla produzione di agro carburanti e in materia di migrazioni, perché vediamo delle incoerenze. Un esempio tra tutti: in Italia ci sono circa quattro milioni di migranti che spediscono circa sette miliardi di ricchezza prodotta in Italia nei loro Paesi; questa cifra è circa quattro volte superiore a tutta la cooperazione pubblica. Il costo di queste operazioni tra privati - che comunque hanno un effetto positivo nei Paesi sottosviluppati - in Italia è altissimo e la stessa Italia non fa nulla per abbassare il prezzo di questi trasferimenti. Quindi il ruolo dell’Italia non è stato positivo, ma ora il Paese assume la presidenza dell’Unione Europea, ospita un’esibizione universale incentrata sul diritto al cibo, cioè come nutrire il pianeta, ha tutta una serie di provvedimenti che può prendere per sé stessa, coma la riforma della legge sulla cittadinanza e quella sulla cooperazione, la quale è appena passata in Consiglio dei ministri. Può, insomma, fare delle scelte per sé stessa e delle scelte che mostrino una leadership a livello internazionale.

    D. - Quali sono gli elementi di novità dell’Annuario della cooperazione italiana allo sviluppo, edizione 2013?

    R. - L’elemento di novità è appunto questa comparazione tra le politiche energetiche, quelle di migrazione, quelle di aiuto pubblico allo sviluppo; esiste ormai un consesus a livello internazionale sul fatto che debbano essere coerenti e non contraddittorie tra loro. Noi esponiamo alcune di queste incoerenze - con uno stile asciutto che ci contraddistingue - spiegando come secondo noi dovrebbero essere risolte, soprattutto in vista degli importanti appuntamenti internazionali che l’Italia deve affrontare.

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    Legge “Terra dei fuochi”. Don Patriciello: ascoltate la Chiesa e la gente campana

    ◊   Da oggi, bruciare illecitamente i rifiuti è un reato punibile fino a cinque anni di reclusione. E’ quanto stabilisce il decreto sulla “Terra dei fuochi”, convertito in legge dopo il via libera definitivo, ieri, da parte del Senato. Lo scopo del provvedimento è di contrastare, nella zona compresa tra Napoli e Caserta, lo smaltimento illegale di rifiuti industriali, gestito per decenni dalla camorra. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Oltre all’introduzione del reato di combustione dei rifiuti, il testo della nuova legge prevede diverse misure, tra cui il risanamento ambientale anche grazie ai patrimoni confiscati alla mafia, la mappatura dei siti inquinati e il monitoraggio sugli appalti per le bonifiche. La Chiesa locale esprime soddisfazione. Don Maurizio Patriciello, parroco della chiesa di San Paolo Apostolo a Caivano:

    R. – E’ un punto di partenza e noi, come tale, l’abbiamo accolto con gioia. Ma guai a vederlo come un punto di arrivo! Sarebbe un grave errore.

    D. – La “Terra dei fuochi” è diventata finalmente un problema nazionale…

    R. – Questo è stato veramente un traguardo che abbiamo raggiunto. C’è stato un esempio di democrazia dal basso molto bello.

    D. – Questa legge è figlia anche dell’attivismo della Chiesa e della popolazione che hanno sempre chiesto risposte urgenti ed efficaci…

    R. – Siamo stati ascoltati. Poi, c’è stato questo decreto, che per la verità è nato “piccino piccino”. E’ nato con il peccato originale. E' stato un poco migliorato, però si poteva certamente fare di meglio. Faccio solamente un esempio. Si va adesso nelle campagne ad arrestare chi sta bruciando. Ma noi già sappiamo chi è che sta bruciando: troveremo i rom, gli immigrati, i disoccupati… Ma la domanda è un’altra: che cosa sta bruciando e da dove viene questo materiale? Allora, si scopre che stanno bruciando rifiuti industriali altamente tossici e nocivi per la salute, mandati dalle industrie che lavorano in "nero" o che vogliono smaltire in "nero". Allora, si arresta il killer con la pistola fumante, ma non si vuole arrivare al mandante… Ecco, questo si poteva fare.

    D. – La giusta mobilitazione della popolazione campana di fronte a questa emergenza è anche un esempio per le altre “terre dei fuochi” sparse in varie regioni italiane…

    R. – Penso che noi abbiamo scoperchiato il “vaso di Pandora”: già si dice che in Calabria c’è un’altra “terra dei fuochi”. In questi giorni, si parlava di Crotone e di altro… Il problema non riguarda, certamente, solamente la Campania. Se con il nostro lavoro abbiamo dato un contributo perché finalmente si volga lo sguardo su questo problema, ne siamo più che contenti. La Chiesa campana ha veramente fatto un lavoro molto, molto bello.

    La nuova legge intende rispondere anche all’emergenza legata alla vicenda dell’Ilva. In particolare, sono stati stanziati 50 milioni di euro per screening medico-sanitari gratuiti nell’area tra Napoli e Caserta e in quella di Taranto. Viene introdotta, infine, una speciale procedura per realizzare, nella zona dello stabilimento pugliese, gli interventi previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale.

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    Don Santoro, ponte tra le religioni: il cardinale Ruini lo ricorda a 8 anni dalla morte

    ◊   “Don Andrea ubbidendo alla chiamata del Signore è stato capace di uscire radicalmente da se stesso per entrare in un mondo sconosciuto, adattandosi ad un modo completamente diverso di svolgere il ministero sacerdotale”. Con queste parole, ieri sera a Roma nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, il cardinale Camillo Ruini, ha ricordato con una solenne celebrazione eucaristica don Andrea Santoro il sacerdote fidei donum della diocesi di Roma, ucciso il 5 febbraio 2006, mentre pregava nella sua parrocchia di Santa Maria in Trabzon, in Turchia. Il servizio di Marina Tomarro:

    “La memoria e la presenza di Don Andrea non sono sbiaditi, la sua testimonianza è sempre viva”. Così ieri sera il cardinale Camillo Ruini ha aperto la sua omelia nella Messa in ricordo di don Andrea Santoro a otto anni dalla sua morte:

    “Don Andrea voleva andare in Turchia. Desiderava ardentemente di andare, ma non sarebbe andato se non come mandato della Chiesa di Roma. Per poter andare non come singola persona, come sua scelta personale, ma come inviato da questa Chiesa”.

    E don Andrea ha sempre avuto la consapevolezza di come deve essere sempre amata e servita la Chiesa, e lo ha messo in pratica nelle varie parrocchie romane dove è passato, ma soprattutto lasciando ogni cosa e scegliendo di andare in un posto dove era tutto molto difficile e senza gratificazioni:
    “Don Andrea aveva una certezza, certezza non solo teorica, certezza vissuta. E questa certezza era il primato di Dio: il primato della grazia di Dio nella propria vita personale e in tutta la vita e la pastorale della Chiesa”.

    E l'obiettivo principale della sua missione in Turchia è stato sempre l’urgenza del dialogo interreligioso:

    "Proprio perché voleva essere fino in fondo discepolo di Gesù e credeva profondamente in Lui, in Gesù e nella sua Chiesa, ha concepito la sua vita come un ponte: un ponte tra i cristiani, gli ebrei e i musulmani. Il senso del suo martirio ha trovato perciò la più precisa espressione nelle parole dette dalla sua mamma, dopo la morte: ‘Il Signore faccia sì che il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo tra le religioni e delle pace tra i popoli'”.

    Ma qual è il ricordo personale del porporato di don Andrea Santoro?

    "Di don Andrea ho un ricordo vivissimo, perché lo conobbi molto bene e apprezzai sempre la sua grande dedizione, il suo coraggio e la sua generosità. Ricordo anche che era consapevole del pericolo che correva, specialmente quando per l’ultima volta tornò a Trabzon. Io glielo dissi, lui cercò di nascondere un pochino le cose e comunque volle partire, ma sapeva bene che rischiava molto. In questo senso, ha affrontato il martirio in maniera consapevole".

    Alla celebrazione era presente anche Imelda Santoro, una delle due sorelle di don Andrea. Ecco la sua testimonianza:

    R. – Dopo otto anni, c’è ancora molto interesse. Interesse nel senso che si ricorda questo sacrificio fatto da lui e si ricorda il suo amore per Cristo. Io sono sempre commossa: dopo otto anni, non riesco ancora a non commuovermi quando parlo di mio fratello. Tutto questo ci dà gioia, perché lui ha lasciato una grande testimonianza: purtroppo, con la vita, ma si vede che il Signore voleva così…

    D. – Ci sono delle parole di suo fratello che le sono rimaste nel cuore? Un ricordo?

    R. – Quando noi gli chiedevamo cosa stesse facendo lui, così da solo – perché era da solo – lui ci guardava e ci diceva: “Sono lì per buttare un sassolino. Poi, chi verrà dopo di me ne getterà un altro, poi un altro ancora…”. Invece, dopo che è morto, io ho pensato che non era un sassolino quello che lui ha buttato, ma un masso…

    E nonostante gli otto anni passati dalla sua scomparsa, il ricordo della figura di don Andrea Santoro è ancora molto forte in chi lo ha conosciuto soprattutto quando era parroco a Roma. Ascoltiamo alcuni commenti:

    R. – Don Andrea era un gran sacerdote, pieno di spiritualità, che comunicava agli altri. Aveva questo dono: entrare nell’animo delle persone. Quando faceva le omelie, sembrava che parlasse proprio con te. Aveva questa capacità e un grande amore per il prossimo, per chiunque, dal più umile al più grande.

    R. – Io ho avuto la fortuna di conoscere don Andrea Santoro quando – nel 1995 – diventò parroco ai Santi Fabiano e Venanzio. E’ stata un’esperienza unica ed irripetibile. Di quello ci siamo resi conto subito. E proprio grazie a lui e ai suoi insegnamenti che poi ho percorso il cammino per divenire accolito istituito.

    Martedì sera, alla vigilia dell’anniversario, si era svolta una veglia nella parrocchia di San Fabiano e Venanzio a Roma, per anni guidata proprio da don Santoro. A presiedere la celebrazione, il vescovo ausiliare, mons. Matteo Zuppi che, intervistato da Francesca Sabatinelli, racconta cosa più lo ha colpito delle parole di don Santoro lette durante la preghiera di ricordo:

    R. – Mi hanno colpito tutte. La chiave di lettura era quella sulla povertà, ed il senso sereno di povertà, di debolezza. Lui ricordava come il Vangelo ci aiuta non a scappare, ma a riconoscere la nostra povertà e fare di questo una vera ricchezza. Lui diceva che quello che conta è la parte meno appariscente della nostra vita, quella in cui si riflette Gesù mite ed umile di cuore; il buon pastore che conosce ed ama le pecore una per una; il servo che si china a lavare i piedi. Il resto può solo impressionare ed incuriosire. Credo che è proprio vero: se noi scegliamo la parte meno appariscente della nostra vita in realtà attiriamo e sappiamo mostrare il profondo della chiamata ad essere cristiani. Don Andrea Santoro e Papa Francesco spingono tutti quanti in questa direzione.

    D. – L’esempio di don Santoro, il suo sacrificio, cosa ci ha lasciato?

    R. – Ha aiutato tutti quanti a guardare con larghezza, a sentire la responsabilità verso l’Oriente, a sentirsi in debito verso l’Oriente, a pensare alla Chiesa di Roma in particolare, ma per certi versi a pensare a tutta quanta la Chiesa cattolica, non come un arcipelago di isole ma come una comunione nella quale la parte più forte si fa carico di chi vive una maggiore debolezza, esattamente così come lui pensava il rapporto con tutta la Chiesa in Turchia e con le antiche Chiese in Turchia, essere quindi una presenza cristiana laddove invece i cristiani non ci sono più. Quando leggo i suoi scritti, i suoi pensieri, sempre legati così tanto alla vita ed alle situazioni concrete, ne emerge un uomo profondamente spirituale, di grande sensibilità legata alla scrittura, di un grande senso umano e di una coscienza anche di sé, della propria povertà come una grazia. Credo che come ci chiede Papa Francesco, di uscire, di andare nelle periferie di comunicare il Vangelo con la nostra presenza, così don Andrea Santoro ha ancora tanto da dire alla Chiesa di Roma e forse dobbiamo ancora capire.

    D. – La strada intrapresa da don Andrea Santoro l’ha portato ad essere “costruttore di ponti verso l’Oriente”. È stata raccolta questa sua eredità?

    R. – In realtà, ci stiamo riuscendo poco. Papa Francesco ci ha chiesto – e tutti se ne ricordano – la straordinaria veglia di preghiera, i primi di settembre, proprio per scongiurare una precipitazione del conflitto in Siria. Credo che don Andrea Santoro sicuramente ci aiuta a costruire ponti affinché la presenza dei cristiani in Oriente abbia un futuro. Tra qualche mese, il Papa andrà in Giordania ed in Terra Santa, ricordando il viaggio di Papa Paolo VI e l’incontro con Atenagora. Dobbiamo aiutarlo con la nostra preghiera e soprattutto, in questi mesi di grande sofferenza, pregare perché il Medio Oriente possa diventare o ridiventare un luogo di convivenza, di incontro, che è per certi versi nella sua stessa natura, ma che purtroppo in questi anni si è lacerato ed è diventato esattamente il contrario: terreno dello scontro.

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    Don Bosco, 200.mo nascita. Don Chavez: dai bisogni dei giovani si trasforma la società

    ◊   “Missione don Bosco con i giovani e per i giovani”: il tema dell’anno bicentenario della nascita del sacerdote, pedagogo, santo piemontese. Tante le iniziative messe in campo dalla grande Famiglia salesiana, presente oggi in oltre 130 Paesi, dove operano nel nome di don Bosco circa 400 mila religiosi, consacrati e laici. Fitto il calendario degli eventi, a partire dal prossimo agosto, presentati stamani a Roma alla stampa internazionale. Roberta Gisotti ha intervistato don Pasqual Chavez, rettore maggiore dei Salesiani:

    Ripartire da don Bosco: da tre anni, la Famiglia salesiana è impegnata a rileggere la storia, la pedagogia, la spiritualità del suo fondatore, nato a Castelnuovo d’Asti il 16 agosto del 1815 in una famiglia di contadini, orfano a soli due anni, sacerdote a 26, ideatore del noto sistema educativo preventivo. Dopo 200 anni, qual è l’attualità del suo pensiero e del suo agire verso i giovani, giovani cui spesso – si dice oggi - venga negato il futuro. Don Pasqual Chavez:

    R. - È proprio questa l’attualità e la validità di don Bosco oggi. È quindi questa la ragione per cui noi ci apprestiamo a celebrare il suo bicentenario, non certamente per motivi di euforia per il suo anniversario, o per nostalgia del passato: lo celebriamo perché siamo consapevoli della sua validità al giorno d’oggi. I giovani da una parte godono di più possibilità - su questo non c’è dubbio, anche grazie alle diverse condizioni sociali - per cui tra ieri ed oggi c’è una grande differenza. Tuttavia, i problemi continuano a essere gli stessi. Troviamo infatti una fascia molto vasta di persone che deve lottare molto per trovare il senso della vita, opportunità di sviluppo dei propri talenti, delle proprie potenzialità, e soprattutto la possibilità di inserimento nel campo lavorativo. Don Bosco è questo che ha voluto fare: noi siamo convinti che la formula migliore per aiutare i giovani e contribuire proprio alla trasformazione sociale sia il campo educativo e più concretamente quello della formazione professionale.

    D. – Infatti, don Bosco si è preoccupato di curare le anime dei giovani, ma ha fatto anche azioni concrete nella società...

    R. – Sì, perché per don Bosco la parola "anima" non indica un elemento separato dal corpo, ma per lui l’anima è una forma per esprimere la totalità della persona umana. È interessante quando lui dice esplicitamente che le prime cose a cui noi dobbiamo badare sono i bisogni materiali: il cibo per mangiare, il tetto sotto cui dormire e naturalmente le possibilità di sviluppo attraverso la scuola, o i centri di formazione professionale, ovviamente anche l’istruzione religiosa e quello che può essere l’esperienza di fede. Da questo punto di vista, proprio perché lui ha una visione totale della persona umana, non c’è una dimensione che venga trascurata, non c’è prima una cosa e poi un’altra, anche se per lui è importante partire dai bisogni fondamentali del ragazzo.

    D. – Lei personalmente come vive questa occasione, questo appuntamento storico?

    R. – Lo vivo con grande gioia, perché ho avuto anche la fortuna di essere il successore di Don Bosco. Nel periodo di preparazione al bicentenario, ho vissuto con molte aspettative per quanto poteva avvenire. Quello che ci preme è recuperare lo stesso entusiasmo dei primi Salesiani, che si diedero da fare proprio per realizzare il sogno di don Bosco: vedere felici i giovani per l’eternità attraverso il dono prezioso dell’educazione, dell’incontro con Gesù e la scoperta della propria vocazione, chiamati ad occupare un posto nella Chiesa e nella società.

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    Morto lo scrittore Eugenio Corti. Mons. Luigi Negri: "Un esempio, ha combattuto per il Regno"

    ◊   Si svolgeranno, sabato prossimo alle 10:30 nella basilica di Besana Brianza, in provincia di Monza, i funerali dello scrittore cattolico Eugenio Corti, morto nella notte tra martedì e mercoledì scorsi all'età di 93 anni nella sua abitazione. Noto per i suoi romanzi storici, tra i quali “Il cavallo rosso”, tradotto in nove lingue e giunto alla 28.ma ristampa per le Edizioni Ares. Tra i saggi più noti si ricordano: “Il fumo nel tempio”, “I poveri Cristi”, “Il Medioevo e altri racconti”. Il servizio di Paolo Ondarza:
    “Non voglio una tomba duratura, meglio la nuda terra, perché il corpo con cui risorgeremo non è quello con cui moriamo". Eugenio Corti pensava così al giorno della sua sepoltura immaginando l'epitaffio: “Ha combattuto per il Regno”. "Sono conscio di non avere combattuto bene - diceva - però è fuori discussione che ho combattuto”. Nato nel 1921 a Besana Brianza, primo di dieci figli, nel romanzo storico “Il cavallo rosso”, tradotto e apprezzato in tutto il mondo, lo scrittore ripercorre, memore dell’esperienza sul fronte, la storia della generazione sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale, fra difficoltà e persecuzioni. I riconoscimenti gli giungono solo negli ultimi anni di vita: lo scorso anno il presidente della Repubblica Napolitano lo aveva insignito della “Medaglia d’oro per la cultura e l’arte”, mentre recentemente era stata proposta la sua candidatura al Premio Nobel per la letteratura. Tra i promotori mons. Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio che ha definito Corti "un esempio e un maestro":

    R. – Eugenio Corti è stato un laico, un evangelizzatore ed un educatore. Ci conosciamo da più di 40 anni, dai tempi del referendum sul divorzio: quando un piccolo manipolo di cattolici e uomini di cultura si è dato da fare per sostenere quella che era certamente una battaglia di civiltà, anche se poi si è conclusa negativamente. Io lo ho sempre considerato un punto di riferimento sostanziale nel mio cammino culturale e anche pastorale.

    D. – Il riscontro del valore di Corti c’è stato per quanto riguarda la diffusione di quello che è considerato il suo capolavoro, “Il cavallo rosso”, tradotto in nove lingue in tutto il mondo e giunto alla 28.ma ristampa…

    R. – “Il cavallo rosso” è la grande epopea del popolo cristiano della Brianza: qui non si vedono soltanto i protagonisti positivi, ma Corti ha saputo scrivere con molta pietas anche i fenomeni di smarrimento e di tradimento soprattutto a livello intellettuale, che hanno favorito la lenta ed inevitabile crisi di tanta cattolicità italiana. Le pagine sull’ambiente dell’Università Cattolica, dei suoi anni di studente, sarebbero da rileggere oggi per ritrovare, al di là degli pseudonimi, i volti e i nomi di coloro che hanno avuto la gravissima responsabilità di attivare quel dualismo fra fede e cultura, fede ed impegno umano che è poi stato l’origine di tante crisi.

    D. – E’ questa la sua attualità?

    R. – La sua attualità è nel suo essere stato uno che ha combattuto per il Regno. Benedetto XVI diceva che “se non c’è battaglia, non c’è cristianesimo”. Ma la battaglia è da intendere in positivo e il positivo è il Regno. Lo scontro avviene dove siamo contestati e non è il nostro obiettivo: è una condizione del nostro cammino di cristiani nel mondo.

    D. – I riconoscimenti giungono ad Eugenio Corti solo negli ultimi anni di vita…

    R. – Ha subito l’emarginazione tipica del cristiano presente attivamente. Quando cominciò tutto il lavoro – cui io detti la mia approvazione e il mio aiuto – per il Premio Nobel gli dissi: “Non te lo daranno mai, Eugenio, perché sei una presenza scomoda!”.

    D. – Corti ha smascherato le tante ambiguità del pensiero post-moderno laicista, così come a livello di storiografia, le errate interpretazioni sul Medio Evo …

    R. – Certo. Il suo capolavoro letterario è “Il cavallo rosso”, ma a livello critico il suo “Processo e morte di Stalin”: rimane una lettura di una profondità assoluta del fenomeno ideologico marx-leninista.

    D. – Non va dimenticata, infatti, la saggistica…

    R. – Sì. Quella sul marxismo e sul leninismo e quell’altra sulla crisi della cattolicità, “Il fumo nel tempio”. La fede vera giudica la realtà: non nel senso di condannarla, giudica nel senso di farla comprendere.

    D. – Eugenio Corti, quindi, lascia all’uomo e alla donna di oggi un'importante eredità, un’importante testamento…

    R. – Lascia come messaggio l’assoluta eccezionalità, irriducibilità al contesto mondano dell’avvenimento di Cristo: “Sono venuto, perché abbiano la vita e l’abbiano piena”. Eugenio Corti lo ha testimoniato tutti i giorni della sua vita, nel suo lavoro per la difesa e la comunicazione della fede, come condizione autentica di una vita autenticamente umana.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Usa. Portavoce dei vescovi: sulla pedofilia la Chiesa ha fatto più di qualsiasi altra organizzazione

    ◊   “La Chiesa cattolica in questi anni ha fatto più di qualsiasi altra organizzazione internazionale per affrontare la piaga degli abusi sessuali sui minori e continuerà a farlo”. E’ quanto ribadito dalla portavoce dei vescovi americani, suor Mary Ann Walsh, in merito alle dure accuse contenute nelle osservazioni conclusive presentate ieri a Ginevra del Comitato Onu per i diritti del fanciullo sulla questione degli abusi commessi da esponenti del clero. In un blog postato sul sito della Conferenza episcopale (Usccb), la religiosa ricorda che il numero di casi registrati nella Chiesa americana è drasticamente diminuito negli ultimi anni, grazie alle severe misure adottate dai vescovi e dalla Santa Sede per proteggere i bambini. Nel solo 2012, ad esempio, le diocesi e gli istituti religiosi negli Stati Uniti hanno svolto indagini sui trascorsi del 99% del clero, sul 97% degli educatori e sul 95% dei dipendenti, come anche sul 96% dei volontari che lavorano per la Chiesa. Suor Wlash conferma quindi le perplessità della Santa Sede circa le critiche contenute nelle 16 pagine del rapporto alle posizioni della Chiesa su contraccezione, aborto e omosessualità. “Il Comitato Onu per i diritti del Fanciullo – scrive - ha ragione ad esprimere preoccupazione per gli abusi sessuali e il suo impegno contro questa piaga è encomiabile. E tuttavia – osserva - avrebbe maggiore credibilità se si impegnasse nella protezione del diritto più basilare del bambino: quello alla vita. Quando il Comitato si fa coinvolgere invece in guerre culturali per promuovere l’aborto, i contraccettivi i matrimoni omosessuali - conclude la religiosa - svilisce la sua nobile causa per i bambini a favore di organizzazioni che hanno altre agende”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Brasile. Il card. Filoni: la missionarietà è un'esigenza inderogabile

    ◊   “Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!”, rilanciando questo appello di Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” (80), il card. Fernando Filoni ha concluso la sua terza conferenza, tenuta ieri, al corso di studio che vede riuniti a Rio de Janeiro 97 vescovi brasiliani. Soffermandosi sulla “fenomenologia della coscienza missionaria oggi”, il Prefetto del Dicastero Missionario ha preso spunto dai documenti del Magistero scaturiti dal Concilio, ed in particolare dall’ultima Esortazione del Santo Padre, rilevando che “Papa Francesco ritiene la prospettiva missionaria un’esigenza inderogabile”. Tracciando un quadro delle trasformazioni subite dalla “missio ad gentes” nei cinquanta anni post conciliari, il Cardinale ha individuato alcuni macro-fenomeni: la forte perdita di slancio missionario nelle vocazioni, sebbene, in compenso, nella Chiesa fosse alta la sensibilità verso il processo di sviluppo dei popoli; l’aumento della solidarietà ecclesiale verso i Paesi missionari e in via di sviluppo; i primi passi del laicato cattolico nel campo della cooperazione missionaria; il consolidamento delle vocazioni fidei donum e lo sviluppo, in diverse forme, della cooperazione tra Chiese. Il cardinale ha precisato che “questa cooperazione tra Chiese particolari non può e non deve però sostituirsi alla sollecitudine che il Papa, in quanto Pastore della Chiesa universale, ha verso tutta la Chiesa, al fine di assicurare che alle Chiese missionarie mai venga a mancare il minimo necessario per il proprio sostentamento. Equanimità che oggi è assicurata dalle Pontificie Opere Missionarie”. Il Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli ha quindi preso in considerazione l’evangelizzazione ad gentes nei Paesi di tradizione cristiana: “Queste Chiese, infatti, non mantenendo più la caratteristica di omogeneità di una volta, devono fare i conti con una vistosa perdita di fede delle proprie popolazioni, con la presenza aggressiva di numerose sette e con l’espansione dell’islam, del buddismo e dell’induismo a seguito dello spostamento di milioni di migranti, o per lavoro, o per conflittualità politica, militare e religiosa, o per il fenomeno della mobilità turistica”. Il cardinale ha quindi attirato l’attenzione “sulla missio ad gentes che ormai dovrà essere tenuta in considerazione, in forma più o meno ampia, nelle diocesi che una volta avevano una fisionomia omogenea o comunque erano storicamente marcate dalla presenza cristiana non cattolica, accanto a quella cattolica”. In questo contesto, una grande opera missionaria può essere svolta dai Movimenti laicali e dalle Associazioni dei fedeli, alcuni dei quali “hanno acquisito una consapevolezza missionaria straordinaria, che dovrebbe essere meglio valorizzata dai Pastori”. Infine il card. Filoni ha evidenziato che “uno degli aspetti che mostrano una crescita nella coscienza missionaria dentro la Chiesa latino-americana, e brasiliana in particolare, si può vedere nella celebrazione di periodici Congressi missionari” che si sono poi estesi a tutto il continente, ed ha comunque esortato a “dare e fare di più”. Quindi ha augurato alla Chiesa in Brasile “una profonda coscienza missionaria, non solo ad intra, ma anche ad gentes, nella consapevolezza che una Chiesa matura non mancherà di avere a cuore l’opera missionaria nel mondo e l’entusiasmo per l’evangelizzazione sia seme di rinnovamento spirituale e morale del nostro popolo”. (R.P.)

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    Centrafrica: non si ferma il flusso dei profughi che cercano rifugio in Congo

    ◊   Non si arresta l’arrivo nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc) dei centrafricani in fuga dal loro Paese. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) - riferisce l'agenzia Fides - solo nell’ultima settimana altre 500 persone si sono aggiunte agli oltre 59.000 centrafricani che, dalla fine del 2012, hanno trovato rifugio nella Rdc. I principali Centri di accoglienza dei centrafricani si trovano nelle località di Zongo, Libenge e Gbadolite, la metà di questi sono ospitati da famiglie congolesi e l’altra metà da strutture organizzate dall’Unhcr. Oltre ai rifugiati centrafricani anche 10.000 congolesi che vivono in Centrafrica hanno fatto ritorno nella Rdc, concentrandosi a Zongo. Nonostante l’elezione della Presidente della transizione Catherine Samba-Panza, la situazione centrafricana rimane ancora instabile. Ha suscitato forte emozione il linciaggio di un presunto appartenente ai ribelli Seleka da parte di alcuni militari al termine di una cerimonia per celebrare la ricostituzione delle Forze Armate Centrafricane (Faca). All’evento, che si è tenuto presso la scuola nazionale delle magistratura, hanno partecipato le più alte autorità della transizione e comandanti della forza francese Sangaris e della Missione Africana in Centrafrica (Misca). Il rappresentante dell’Onu in Centrafrica ha chiesto una punizione esemplare nei confronti degli autori del crimine. (R.P.)


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    Israele approva oltre 550 nuove case in Cisgiordania

    ◊   Le autorità israeliane hanno approvato altri 558 lotti abitativi in tre insediamenti di Gerusalemme est. Le nuove abitazioni saranno così distribuite: 386 ad Har Homa, 136 a Neve Yaakov e 36 unità a Pisgat Zeev. Dall'agosto 2013 il governo ha rilasciato un totale di 4078 permessi per la costruzione di abitazioni nei territori palestinesi. L'Autorità palestinese (Ap) - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha definito la decisione di Tel Aviv come "una deliberata provocazione". Secondo Hanan Ashrawi, membro del comitato esecutivo dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), la costruzione di lotti abitativi risponde a una strategia precisa del governo israeliano. "Israele - afferma la donna - vuole spingere l'Ap ad abbandonare il tavolo dei negoziati per poi imputare ai palestinesi il fallimento del processo di pace". Anche Peace Now e il Meretz party, movimenti della sinistra israeliana, hanno criticato la mossa del governo. Per Lior Amihai, portavoce di Peace Now, questa "è una decisione scellerata fatta in un momento ancora più sbagliato". "Un governo che vuole la soluzione di 'due popoli due Stati' - afferma - non dovrebbe distribuire permessi di costruzione per gli insediamenti di Gerusalemme est". Dalla sua elezione, il governo Netanyahu ha promosso in questi anni una politica di espansione delle colonie che ha reso impossibile l'unità territoriale della Cisgiordania, impedendo di fatto la creazione di uno Stato palestinese. Nei territori vivono circa 500mila coloni. (R.P.)

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    India: al via la Plenaria dei vescovi. Appello del nunzio per il dialogo interreligioso

    ◊   Accelerare il dialogo interreligioso: è l’esortazione lanciata ieri dall’arcivescovo Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in India, all’apertura della Plenaria della Conferenza episcopale locale (Cbci). La riunione è in programma a Palai, in Kerala, fino al 12 febbraio. In particolare, mons. Pennacchio ha sottolineato la necessità che la Chiesa in India “rafforzi il dialogo tra le fedi e le confessioni” ed ha enfatizzato il bisogno di “garantire che tutti i settori della società beneficino della sua cura pastorale”. “È importante – ha aggiunto il nunzio apostolico – che in un Paese in cui la popolazione vive in armonia, pur professando fedi diverse, la Chiesa promuova il dialogo attraverso le diverse comunità”. Infine, mons. Pennacchio ha ricordato che la cura degli emarginati è una delle principali missioni della Chiesa, come evidenziato cinquant’anni fa dal Concilio Vaticano II. La Plenaria, giunta alla 31.ma edizione, vede la partecipazione di circa 200 vescovi, provenienti da 167 diocesi diverse ed esponenti di tre diversi riti: siro-malabarese, siro-malancarese e rito latino. Tra i numerosi temi all’ordine del giorno, anche le elezioni in programma in India tra aprile e maggio, per il rinnovo della “Lok Sabha”, ovvero la Camera bassa del Parlamento. Si tratta di consultazioni molto attese, che potrebbero mettere fine al lungo periodo al potere del Partito del Congresso, il partito della famiglia Gandhi. (A cura di Isabella Piro)

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    Filippine: i vescovi chiedono una riforma agraria equa per il Paese

    ◊   I vescovi e le associazioni dei coltivatori delle Filippine, hanno chiesto al Governo di Benigno Aquino di posticipare di due anni la scadenza del Programma di riforma agraria (Comprehensive Agrarian Reform Program Extension with Reforms, Carper) prevista a giugno e di portare parziali modifiche al progetto per garantire una più equa distribuzione delle terre. La richiesta si è resa necessaria perché, a 5 mesi dal termine previsto, manca la copertura economica per circa un milione di ettari di terra. Secondo i dati resi noti dal Governo di Manila, dal luglio 2010 al luglio 2013, il Dipartimento di riforma agraria incaricato di assegnare le terre è riuscito a intervenire solo su 314.422 ettari, dei 1,2 milioni previsti nel programma. In una lettera inviata al presidente Aquino, mons Pabillo, presidente del Segretariato nazionale per l’azione sociale, la giustizia e la pace della Conferenza episcopale e altri firmatari spiegano che “la proroga di altri due anni del Carper coinciderebbe con il tempo restante del mandato presidenziale e questo assicurerebbe anche la riuscita del programma. Sarebbe necessaria — si legge nella lettera — un’azione decisa per garantire il successo della riforma, in considerazione del fatto che il 2014 è stato dichiarato dall’Onu “Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare”. Non ci sarebbe nulla di male se la sua Amministrazione appoggiasse la causa delle famiglie dei piccoli coltivatori sostenendo il programma che darebbe terra a chi non ne ha e consentirebbe al settore agricolo, a gestione familiare, di prosperare nel nostro Paese”, osservano i firmatari. Da tempo la Chiesa filippina sostiene la causa della riforma agraria, invocata da decenni e mai realizzata, anche a causa delle resistenze dei latifondisti. A rallentare la distribuzione contribuisce anche la corruzione endemica nel Paese. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Messico: solidarietà alle suore aggredite e richiesta di risolvere il problema della terra

    ◊   Il vescovo della diocesi di San Cristobal, mons. Felipe Arizmendi Esquivel, ha espresso la sua solidarietà alle religiose suor Patricia Moysén de Las Casas Marquez e suor Martha Rangel Martinez, delle Figlie della Carità di San Vincenzo, dell'Ospedale San Carlos, ad Altamirano, che sono state aggredite mentre soccorrevano alcuni feriti. Il 30 gennaio scorso infatti, oltre 300 membri del Cioac (Centrale indipendente di operai agricoli e contadini) della comunità "20 novembre" hanno raggiunto la comunità zapatista "10 aprile" con l’intento di sfrattare quanti occupavano gli 286 ettari di terreno. Lo scontro è diventato violento causando feriti da entrambi parti, alcuni anche gravi. Le suore sono arrivate per soccorrere i feriti quando sono state aggredite e malmenate dai manifestanti e derubate del loro furgone e dell’ambulanza. "La nostra solidarietà alle sorelle che sono andate ad assistere i feriti, senza conoscere la loro organizzazione d'appartenenza e poi sono state oggetto di una grave mancanza di rispetto alle loro persone, alla loro missione umanitaria e alle loro proprietà" si legge nella dichiarazione del vescovo pervenuta all’agenzia Fides, che poi conclude: "avranno sempre la nostra gratitudine per il loro generoso impegno nell'evangelizzazione integrale delle comunità". Mons. Arizmendi Esquivel riferisce nella sua nota che il Segretario di governo Eduardo Ramirez Aguilar, e il Vicesegretario per gli affari religiosi, Victor Hugo Sánchez Zebadúa, sono stati informati dei fatti, e si sono offerti di fare quanto necessario per affrontare il problema della terra tra le comunità "10 aprile" (del Comune di Altamirano) e la comunità "20 novembre" (del Comune Las Margaritas) oltre a recuperare il furgone e l’ambulanza sottratte alle religiose. Secondo le informazioni diffuse dai funzionari, domani è previsto un incontro tra le parti per cercare una soluzione al conflitto. (R.P.)

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    Canada: i vescovi ribadiscono l'importanza di matrimonio e famiglia

    ◊   La Conferenza episcopale canadese ha pubblicato un breve commento sulle risposte alle domande del documento di preparazione della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi indetta da Papa Francesco sulle “sfide pastorali della famiglia nel contesto della evangelizzazione”. Nella sintesi, i vescovi canadesi affermano che l’ampia consultazione ha fatto emergere non solo l’importanza del matrimonio e della vita familiare per la Chiesa e per la società, ma soprattutto la stima della Chiesa per l’impegno e per la generosa testimonianza delle coppie sposate e delle famiglie, in particolare, nel mondo d'oggi segnato dai rapidi cambiamenti sociali e dai gravi problemi economici. La sintesi che accompagna le risposte al documento di preparazione che è stata inviata dai vescovi canadesi alla Segreteria del Sinodo dei vescovi, purtroppo mette in luce “che molti cattolici non sono affatto coscienti dei contenuti positivi e della ricchezza dell'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia, realtà che potrebbe aumentare il divario inquietante tra la dottrina della chiesa ed il pensiero di numerosi cattolici”. Infine, i vescovi canadesi hanno potuto cogliere - dalle risposte ricevute non soltanto dalle diocesi ma anche dai diversi gruppi ed persone - il comune anelito perchè la Chiesa possa proporre il suo insegnamento in modo più efficace. Il commento della Conferenza episcopale canadese ribadisce l'importanza del tema della pastorale della famiglia scelto da Papa Francesco per l’assise che si terra dal 5 al 19 ottobre in Vaticano. (A.T.)

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    Belgio. Questionario per il Sinodo sulla famiglia: interesse dei cattolici per i temi affrontati

    ◊   Anche in Belgio cominciano ad uscire i primi risultati del questionario preparato dalla Santa Sede per il Sinodo straordinario sulla famiglia indetto da Papa Francesco per il prossimo ottobre. Alle 38 domande contenute nel documento preparatorio diffuso il 5 novembre scorso e distribuito anche nelle parrocchie belghe hanno risposto circa 3mila persone, il 70% francofoni. Un successo che conferma come anche tra i fedeli belgi il tema affrontato dal Sinodo susciti grande attenzione. Molti hanno anche ringraziato per l’opportunità offerta di esprimere un loro parere su questioni generalmente trattate dai vescovi e teologi, ed è stata anche rilevata la difficile comprensione dei quesiti proposti, formulati con un linguaggio considerato tecnico. Dal primo spoglio dei risultati – riporta l’agenzia dei vescovi Cathobel - emergono diversi dati interessanti. Uno è che per la maggior parte dei fedeli la fonte principale di informazione sulla dottrina della Chiesa sono i media secolari, spesso ostili, seguiti dalle omelie domenicali, dagli incontri di preghiera e dalle scuole cattoliche. Ciò potrebbe spiegare l’accoglienza riservata dai cattolici belgi agli insegnamenti della Chiesa. Quello che emerge infatti, è una fede “à la carte”: si accettano alcuni valori, ma se ne rifiutano altri, secondo le sensibilità personali. Più in generale prevale l’idea che i valori cristiani debbano adeguarsi allo spirito dei tempi. Dalle risposte emerge poi il diffuso desiderio di una Chiesa che sia più “accogliente” verso chi non rispetta i suoi precetti, ad esempio verso i divorziati e gli omosessuali. Ma il dato che spicca maggiormente è l’urgente bisogno di una formazione adeguata alla fede: i cattolici belgi, fiamminghi e francofoni, si sentono “interessati, ma non formati”, un aspetto che non potrà essere trascurato dal Sinodo. (L.Z.)

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    Il card. Pengo inaugura domani Centro clinico-chirurgico del Bambino Gesù in Tanzania

    ◊   Un Centro clinico chirurgico specializzato per la cura di bambini e adolescenti nelle regioni occidentali della Tanzania. La struttura sanitaria aperta ad Itigi è gestita in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e la Congregazione dei Padri del Preziosissimo Sangue. Attivo dal gennaio 2013, verrà inaugurato ufficialmente domani alla presenza del presidente del Bambino Gesù, Giuseppe Profiti e del cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar Es Salaam. Nato all’interno dell’Ospedale Saint Gaspare di Itigi - sottoposto ad una consistente ristrutturazione - il nuovo Centro sanitario è composto da un blocco operatorio, dagli ambulatori di odontoiatria, otorino e oculistica, dalla terapia intensiva e da un reparto di pediatria con 95 posti letto. Dall’inizio delle attività ad oggi sono stati sono stati ricoverati e curati oltre 4 mila bambini. Nel corso della cerimonia di inaugurazione, che partirà con la celebrazione della Messa e con la benedizione del Centro, verranno coinvolti anche i piccoli pazienti della struttura ospedaliera. Impegnato sin dal 2005 con progetti di cooperazione in varie aree dell’Africa Orientale, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù realizza programmi di formazione per personale medico e infermieristico locale dando anche vita a centri specializzati, che garantiscono cure e assistenza ai bambini delle regioni più remote e problematiche del continente. “La cura dei più deboli e indifesi, primi tra tutti i bambini – sottolinea il presidente Giuseppe Profiti - è la missione specifica dell’Ospedale pediatrico in Italia, ma non solo: da anni infatti le attività internazionali sono parte integrante del Bambino Gesù. Con il Centro clinico-chirurgico di Itigi abbiamo compiuto un ulteriore importante passo verso l’obiettivo finale: raggiungere quanti più bambini e ragazzi dei cinque continenti bisognosi delle nostre cure e dell’esperienza dei nostri professionisti” (R.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 37

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.