Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 31/12/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Maria e la pace nelle celebrazioni di Papa Francesco per il nuovo anno

◊  

Oggi pomeriggio, alle ore 17, Papa Francesco celebrerà in San Pietro i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio a cui seguirà l’inno del Te Deum in segno di ringraziamento al Signore per l’anno 2014. Quindi, si recherà a Piazza San Pietro per visitare il presepe. Domani mattina alle ore 10, il Papa presiederà la Messa nella Basilica Vaticana, nella 48.ma Giornata Mondiale della Pace. Alle ore 12, poi, dal Palazzo Apostolico, il primo Angelus del 2015. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riproponiamo alcuni passaggi del Messaggio di Francesco per la Giornata della pace, sul tema “Non più schiavi, ma fratelli”: 

Schiavitù. Questa parola che, nei Paesi sviluppati, si apprende a scuola leggendo i libri di storia è purtroppo ancora una realtà terribile di ogni giorno per milioni di persone. A loro, agli “schiavi di oggi”, violati nella loro dignità di esseri umani, è da sempre riservato un posto speciale nel cuore di Jorge Mario Bergoglio. Lo sanno bene i “cartoneros” e le vittime di ogni turpe traffico che a Buenos Aires trovavano nell’arcivescovo un baluardo, un megafono per amplificare la propria flebile voce. E che in lui riconoscevano, innanzitutto, un padre a cui rivolgersi. Non sorprende dunque che Francesco abbia voluto denunciare “abominevole fenomeno” della schiavitù nel messaggio per la Giornata Mondiale della pace che ricorre domani.

“Non più schiavi, ma fratelli”. Fin dal titolo del documento, pubblicato il 10 dicembre scorso, il Papa indica non solo il male, ma anche il rimedio a questa piaga. Sottolinea che bisogna “globalizzare la fraternità” per combattere le “reti criminali” che non hanno scrupoli e costringono bambini a diventare soldati, donne a prostituirsi, padri e madri di famiglia a lavorare in condizioni disumane. Francesco ricerca le cause profonde di quello che definisce “reato di lesa umanità” e indica come primo colpevole “il peccato che corrompe il cuore dell’uomo”. E’ il peccato, denuncia, che “rifiuta l’umanità dell’altro” e lo tratta come un oggetto, un mezzo per i propri affari.

All’egoismo che fa schiavo il prossimo si deve dunque reagire come singoli e come comunità, senza chiudere un occhio per indifferenza o convenienza. Servono, scrive il Papa, “meccanismi di controllo” che non lascino spazio a “corruzione e impunità”. Urgono, incalza, “leggi giuste” su migrazione, lavoro e adozione. Ma, esorta Francesco rivolgendosi specialmente ai cristiani, va anche ridata speranza alle vittime della schiavitù, far sentire loro che davvero sono nostri fratelli, poiché nessuno è escluso “dall’appartenenza al Popolo di Dio”.

inizio pagina

Vicenza, Marcia per la Pace di Pax Christi

◊  

“Non più schiavi, ma fratelli”: su questo tema, lo stesso che il Papa ha scelto per la Giornata mondiale della Pace 2015, si svolgerà nella serata dell’ultimo giorno dell’anno, la 47° Marcia nazionale per la Pace che questa volta sarà ospitata dalla Diocesi di Vicenza. Circa 1.500 i partecipanti attesi, provenienti da molte regioni italiane, e oltre al vescovo locale, mons. Beniamino Pizziol, saranno presenti mons. Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Campobasso-Boiano, mons.Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente di Caritas italiana, e Fabiano Longoni, direttore dell'Ufficio nazionale della Cei per i problemi sociali e del lavoro. Quattro le tappe previste lungo il cammino che partirà alle 16.30 da Monte Berico per arrivare alle 22.30 in Cattedrale a Vicenza. Nella terza tappa, è previsto l’incontro con i due missionari vicentini, don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri, rapiti in Camerun l'aprile scorso e rilasciati dopo due mesi. Sulla manifestazione, Adriana Masotti ha sentito mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo vescovo di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti e presidente di "Pax Christi", l’Associazione che insieme con Caritas italiana e Azione cattolica, promuove la Marcia: 

R. – Sicuramente, siamo qui anche per ricordare questo evento: il primo centenario di questo evento tragico, drammatico, che fu la Prima Guerra Mondiale, e per lanciare un messaggio che faccia memoria delle parole di Benedetto XV “un’inutile strage”: la chiamata a un interventismo che poi risultò veramente una tragedia per questa nostra Italia. Le parole di Papa Francesco “La guerra è una follia” sono il senso di questo momento di riflessione qui a Vicenza.

D. – Lungo il cammino verrà offerta anche una testimonianza forte, quella dei missionari in contesti difficili…

R. – Vuole essere anche il ricordo di questi uomini, oltre ai missionari, volontari: i laici. Soprattutto lì dove i conflitti sono così frequenti e violenti, infatti, non possono che essere una presenza che invoca un modo diverso di affrontare le situazioni. E’ in nome del Vangelo, in nome di questa buona notizia, che si porta la pace, la concordia tra i popoli. Il martirio di tanti missionari è una testimonianza soprattutto di uomini che amano la pace e che lottano, vivono e sono capaci di soffrire e di morire, perché questo dono di Dio all’umanità possa essere davvero riaccolto in questo nostro tempo.

D. – L’ultima tappa prima di arrivare alla cattedrale per la celebrazione dell’Eucaristia sarà dedicata ai giovani, che decidono di vivere l’ultimo dell’anno in maniera diversa…

R. – Sì, io oggi ho 66 anni, però ricordo, una trentina di anni fa, quando avevamo nella mia parrocchia le prime esperienze di obiezione di coscienza al servizio militare e la conseguente scelta di partecipare, la notte di Capodanno, alla marcia della pace. Noi volevamo proprio proporre ai giovani un Capodanno diverso, alternativo a quegli spari o a quelle giuste, legittime cene, che però non potevano soddisfare quelli che sono i sogni dei giovani, le aspirazioni dei giovani, le scelte controcorrente. Oggi le dico che si fa abbastanza fatica a invitare i giovani a lasciare un certo modo di vivere il Capodanno, ma su questo non dobbiamo assolutamente arrenderci, perché sappiamo che quanto più alta e impegnativa è la proposta, tanta più generosità ci sarà in risposta da parte dei giovani.

D. – Sono 47 le edizioni per la marcia per la pace. Quanto bisogno c’è anche oggi di manifestare per questo?

R. – Sì, io credo in questi momenti, non come a momenti isolati nella vita di un giovane o di un adulto. Penso che ci sia ancora tanta voglia di camminare – metaforicamente, certo – e la marcia ne è una immagine. Il cammino per la pace, però, è un cammino che va riproposto, va percorso e va veramente interiorizzato in modo tale che ogni giorno della propria vita, in quella relazionalità anche con gli altri, sia un piccolo passo verso la pace.

inizio pagina

Valente: Francesco svela i cuori, colpisce suo legame con il Popolo di Dio

◊  

Si conclude oggi per Papa Francesco un anno intenso, caratterizzato da 5 viaggi internazionali, dal Sinodo sulla famiglia, dall’impegno per la riforma della Curia. Un anno, come il 2013, in cui si evidenzia il rapporto speciale che il Vescovo di Roma ha con il Popolo di Dio, come testimonia anche la grande partecipazione a tutti gli eventi pubblici del Pontefice. Per “rileggere” il 2014 di Francesco con uno sguardo all’anno nuovo, Alessandro Gisotti ha intervistato il giornalista dell’agenzia Fides, Gianni Valente: 

R. – E’ un po’ difficile isolare momenti particolari, occasioni particolari, parole particolari: è stato quasi un flusso continuo, a tratti mozzafiato, di sorprese, di incontri, di cose non previste … Dovendo scegliere, ecco, magari, ricordo il viaggio in Corea, a cui ho avuto la fortuna di partecipare. Mi ha colpito molto perché in qualche modo è stata l’occasione in cui è emersa con forza l’universalità di Papa Francesco: il fatto che il suo linguaggio, lui che magari ha problemi di comunicazione con l’inglese, però arrivava, raggiungeva i cuori in un posto così lontano da Roma, così caratterizzato da una cultura diversa …

D. – Da una parte, Francesco gode – continua a godere – di una popolarità, se vogliamo, anche eccezionale, pure in ambienti lontani dalla Chiesa; dall’altra, però, si intensificano le perplessità, a volte anche le critiche, nei suoi confronti da parte di ambienti cattolici …

R. – Magari qualcuno è deluso … si parlava di “luna di miele”, si aspettava la fine della luna di miele tra questo Papa e il popolo, la gente; e questa luna di miele, invece, sembra che continui … E poi, in ogni caso, secondo me, questo è il Pontificato che in qualche modo svela i cuori. Quello che mi sorprende è che spesso queste critiche sono evidentemente segnate da un forte pregiudizio, cioè c’è come un’attitudine manipolatoria: prima si costruisce una caricatura di Papa Francesco, esasperando certi aspetti assolutamente secondari, certi incontri o certe parole, poi incominciano a “tirare le freccette”, o peggio. Io dico che chi segue tutti i giorni con onestà intellettuale quello che Papa Francesco dice e fa tutti i giorni, appunto, riconosce che invece il Popolo di Dio - con quella che appunto veniva definita la fede dei semplici - gode ed esulta per tutto quello che Papa Francesco fa e dice. Con il suo sensus fidei riconosce che Papa Francesco non vuole cambiare la Chiesa; vuole solo dare il suo contributo per fare in modo che la Chiesa sia riconosciuta per quello che realmente è; vuole dare il suo contributo affinché il volto della Chiesa non sia in qualche modo sfigurato dalle malattie che possano oscurarlo, a partire dal clericalismo.

D. – L’anno scorso, in un’intervista proprio con la nostra emittente, avevi affermato che le omelie mattutine a Casa Santa Marta sono un po’ il cuore del pontificato. Lo pensi ancora e se sì, perché?

R. – Sì, assolutamente! Questo ha avuto una conferma quasi quotidiana, per me. Radio Vaticana fa questo servizio preziosissimo in cui si può riascoltare anche la voce del Papa, e certe volte mi trovo da solo o a piangere, o a ridere – a seconda delle emozioni che provo. Capita a me ma capita a tante altre persone. E’ un fenomeno nuovo, è un suggerimento importante per tutta la Chiesa perché richiama il fatto che l’orizzonte proprio dell’esperienza cristiana è proprio il quotidiano, è proprio l’ordinarietà della vita con i suoi problemi, le sue speranze, le sue attese, i suoi fallimenti. Ecco, questo orizzonte quotidiano in cui il Vangelo illumina la vita, illumina giorno per giorno …

D. – Nel rapporto personale, cosa ti colpisce nel passaggio da pastore di Buenos Aires a vescovo di Roma?

R. – Colpisce questa sua serenità e pace del cuore, che continua a testimoniare, unita a questo consumarsi, a questo non darsi misura, non risparmiarsi: questa è un’altra cosa che mi sorprende. Questa, chiaramente, è una cosa che adesso possiamo verificare di giorno in giorno: questo spendersi senza misura è la stessa dimensione che viveva quando era arcivescovo di Buenos Aires. Quando senti dire da qualcuno che commenta: “Ah, oggi mi sembra più stanco, più affaticato”, il mio commento spesso è che io mi stanco a seguire, da giornalista, quello che fa lui. Basti vedere i ritmi davvero insostenibili del suo lavoro per darsi ragione anche di qualche momento di fatica …

D. – Francesco afferma spesso – ovviamente, da gesuita, quindi riprendendo Sant’Ignazio di Loyola – che il nostro Dio è il Dio delle sorprese. Ma c’è, secondo te, un tema che nel 2015 il Papa metterà sicuramente in primo piano nella sua azione pastorale?

R. – Ovviamente, ci sono dei punti fermi che in qualche modo già condizioneranno l’anno che sta per incominciare. Penso in particolare al Sinodo sulla famiglia. E poi, secondo me, sarà importante attendere l’Enciclica annunciata sull’ambiente, che secondo me si collocherà nel grande filone delle grandi Encicliche sociali della Chiesa; e sarà in qualche modo anche lì la conferma del fatto che la Chiesa non è un mondo parallelo, e che quindi la Chiesa vive nelle dinamiche della Storia, vive nelle dinamiche del presente, attenta a quello che accade. Per cui, se ci sono dei modelli di sviluppo che stanno portando il mondo verso la rovina, ecco, la Chiesa ha da dire una parola anche su questo.

inizio pagina

Il dolore del Papa per il sacerdote ucciso in Messico

◊  

Papa Francesco ha espresso il suo profondo dolore per la notizia della morte di padre Gregorio López Gorostieta, il sacerdote sequestrato e assassinato nei giorni scorsi in Messico. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, inviato al vescovo di Ciudad Altamirano, mons. Maximino Martínez Miranda, il Papa, rivolgendosi “al clero, alle comunità religiose e ai fedeli di quell’amata diocesi”, assicura le sue preghiere per il sacerdote “vittima di una violenza ingiustificabile” e ribadisce “la sua ferma condanna di ogni attentato alla vita e alla dignità delle persone”. Francesco esorta anche “i sacerdoti e gli altri missionari della diocesi a proseguire con ardore la loro missione ecclesiale nonostante le difficoltà, imitando l’esempio di Gesù, buon pastore”, e manifesta la sua vicinanza ai familiari del prete ucciso.

inizio pagina

Nomina episcopale nelle Filippine

◊  

Nelle Filippine, Papa Francesco ha nominato vescovo di Boac il reverendo Marcelino Antonio Maralit, del clero dell'arcidiocesi di Lipa, finora parroco di Alitatag, Batangas.

inizio pagina

Tweet di Papa Francesco: Signore, grazie!

◊  

"Signore, grazie!". E' il tweet di Papa Francesco pubblicato oggi sul suo account @Pontifex, in 9 lingue.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Onu, no a Risoluzione Anp. Enardu: "Sconfitta apparente"

◊  

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha bocciato la Risoluzione che chiede la fine dell’occupazione israeliana entro il 2017. I voti a favore sono stati otto, uno in meno del minimo necessario per far adottare il testo. In caso di vittoria del "sì", gli Stati Uniti avrebbero esercitato il loro diritto di veto. Israele ha espresso soddisfazione per l’esito del voto. Ma si tratta realmente di una sconfitta per l’Autorità nazionale palestinese? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia relazioni internazionali all’Università di Firenze: 

R. – E’ una sconfitta sulla carta, può essere uno strumento molto interessante nel medio e lungo periodo. E’ vero che la Risoluzione non è passata, ma in questo non passaggio ci sono delle sfaccettature che vanno considerate: gli americani, all’ultimo momento, hanno convinto la Nigeria ad astenersi e quindi mancavano i voti necessari per la Risoluzione. Però, il rappresentante statunitense alle Nazioni Unite ha detto che l’unica soluzione, che gli americani vedono alla questione israelo-palestinese, prevede due Stati sui confini del 1967, salvo negoziato territoriale. Quindi, gli americani hanno bocciato, ma hanno detto che questa politica di occupazione non può durare indefinitamente.

D. – Quale sarà la reazione di Israele a questa presa di posizione da parte degli Stati Uniti? Per Netanyahu, il fatto che sia stata bocciata la Risoluzione sembra un importante successo in vista anche del suo futuro politico. Eppure…

R. – Eppure, la Risoluzione è un successo nel brevissimo periodo e Netanyahu non potrà mai ammettere né davanti alla propria opinione pubblica, né a quella internazionale, che il disegno americano può avere un ampio raggio. E dovrà però ammettere che – sempre guardandola risoluzione – l’Europa lo ha lasciato o perché hanno votato a favore della risoluzione palestinese o perché si sono astenuti in modo strategico. Ci sono due fronti: quello americano di lungo periodo, che vuole due Stati, e quello europeo che può prendere iniziative ancora più immediate e cogenti.

D. – A proposito di strategie, l’Autorità nazionale Palestinese ha annunciato che chiederà di poter aderire alla Corte Penale Internazionale. Anche questa è una mossa importante…

R. – E’ una mossa importante. L’Autorità Palestinese lo sapeva che la risoluzione non sarebbe passata, però tutto fa parte del gioco, pedina dopo pedina. Li hanno bocciati. Hanno perso. Quindi, si rifanno con un’altra pedina.

inizio pagina

Centrafrica. Una religiosa: Paese instabile, troppa impunità

◊  

Il 2014 si conclude per la Repubblica Centrafricana con un bilancio in chiaro-scuro. Alle speranze seguite all’elezione di Catherine Samba Panza a presidente delle Repubblica e all’invio della missione internazionale incaricata del disarmo delle forze in conflitto, è seguito un graduale processo di disillusione da parte della popolazione. La situazione nel Paese è disomogenea, con ampie aree fuori dal controllo del governo centrale e senza che l’operazione disarmo sia andata effettivamente in porto. La criminalità e le azioni violente si moltiplicano, mentre la gente cerca di sopravvivere come può, in una quotidianità segnata dall’incertezza. In tale quadro si pongono le istanze religiose, utilizzate spesso dalle parti in conflitto per fomentare odi ingiustificati. Sulla situazione nel Paese riferisce suor Elianna Baldi, missionaria comboniana della diocesi di Vicenza, in Repubblica Centrafricana da tre anni, raggiunta telefonicamente a Bangui da Lucas Duran

R. – Io vorrei farmi portavoce del sentimento diffuso tra la popolazione e anche tra noi missionari di un fallimento sostanziale, di una grande delusione. La grande attesa, infatti, era quella di un disarmo che potesse creare le premesse della pace. In realtà, il disarmo non c’è stato e dappertutto ci sono ancora armi di ogni genere. Pensate che ci sono ragazzini che  girano con le granate. La situazione è proprio quella di un Paese che vive nella precarietà. Ma mentre a Bangui la vita sembra riprendere, il Paese si potrebbe definire diviso: una parte a nord, nordest, è tuttora sotto il controllo dei Seleka ed è molto difficile entrare, lo Stato è completamente assente. In altre zone, c’è il banditismo dei gruppi ribelli, quindi gli spostamenti sono molto difficili. Vi sono zone, tuttora, che soffrono molto, che sono abbandonate. Il Paese in generale è ancora nella precarietà e nel dubbio abbastanza forte riguardo al futuro. I salari sono pagati col contagocce. Il costo della vita è aumentato tantissimo nei beni di prima necessità e figura ancora una grande crisi alimentare. La vita per la gente è difficile: negli ospedali c’è spesso rottura degli stock di medicinali. Dati, per me significativi sono il fatto dell’aumento, per esempio, di tre volte delle patologie psichiatriche, che sono il segnale di una difficoltà per una certa parte della popolazione più fragile, in conseguenza di tutte queste uccisioni, di tutta questa spoliazione della popolazione. Ci sono ancora decine di migliaia di sfollati, che non possono tornare a casa, perché non hanno più una casa.

D. – Quali sono i rapporti tra la comunità cristiana, quella musulmana e altre professioni, che sono rappresentate in Repubblica Centrafricana?

R. – Anche qui la situazione è complessa. Se guardiamo i leader di questi gruppi religiosi, in particolare la piattaforma religiosa, potremmo dire ci sia una volontà di dialogo ed uno sforzo in questo senso. Non possiamo dimenticare i cristiani o i musulmani, che sono stati rigettati dalle loro comunità, per il loro desiderio di dialogo. Ma se vogliamo essere onesti e guardare il sentimento più generale della popolazione c’è ancora una difficoltà di accettazione dell’altro se di una religione diversa, in particolare tra cristiani e musulmani. La ferita è molto profonda. Si stanno facendo sforzi, perché si moltiplicano le formazioni sulla coesione sociale, sulla riconciliazione, ma il cammino è molto lungo. L’impunità è uno dei grandi ostacoli che sta anche ritardando questo processo di riconciliazione. Tutti quelli che hanno fatto del male in un campo o nell’altro restano impuniti e la giustizia è, comunque, la base della riconciliazione e del perdono.

D. – Voi comunque siete riusciti quest’anno a fare il vostro pellegrinaggio diocesano annuale…

R. – L’anno scorso, in effetti, quando ci sono stati i massacri si stava preparando un pellegrinaggio al Santuario mariano a 23 km da Bangui, e quando gli anti Balaka hanno invaso la città e hanno causato gli scontri tra Seleka e anti-Balaka ci sono stati dei giovani che sono rimasti bloccati in quella zona e il pellegrinaggio non è stato fatto. Quest’anno, nonostante molte persone abbiano avuto paura e alcune non siano venute, grazie al supporto militare dell’Onu, che ha reso sicuro il percorso e che è rimasto presente anche nei giorni del pellegrinaggio, abbiamo potuto riunirci con le comunità cristiane. E’ stato questo, veramente, un segno di speranza e di volontà di futuro. Sarebbe stato meglio poterlo fare senza essere scortati, sarebbe stata la cosa più bella e il segno più forte, ma abbiamo dovuto farlo ancora una volta scortati. La pace, però, si può raggiungere sicuramente solo progressivamente. Io vorrei riprendere le parole del Papa di questi giorni, che mi hanno molto colpito per la nostra situazione, e vorrei che arrivassero al cuore di ogni responsabile politico e religioso di questo tempo. Il Papa ci dice che quando l’umanità è consumata e non può andare avanti è allora che la grazia arriva e la creazione consumata cede il passo alla nuova creazione. Questa è la mia grande speranza, il mio grande augurio: che una nuova creazione, anche in Centrafrica, sia realizzabile in poco tempo.

inizio pagina

Ue, bilancio. Scaglione: Europa si agganci alla ripresa Usa

◊  

Il 2015 si apre per l’Europa con due novità: l’assunzione della presidenza semestrale di turno da parte della Lettonia e l’adozione dell’Euro per la Lituania. Potrà il nuovo anno costituire una svolta per l’Ue di fronte alla crisi ucraina, ancora in pieno svolgimento, e quella economica? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana: 

R. – Credo che la risposta sia nell’uscita dalla crisi economica. La crisi economica, tra le altre cose, ha fatto riemergere anche tutte le politiche legate agli interessi nazionali: gli Stati più virtuosi, gli Stati in condizioni economiche migliori non accettano o fanno molta fatica ad accettare di doversi sacrificare anche per gli “Stati cicala”. Quindi, quando ci saranno più risorse forse sarà anche più facile ridistribuirle. Anche qui, a quanto pare nessuno sa quando ci saranno più risorse e quando si uscirà dalla crisi. Si sperava nel 2014, adesso speriamo nel 2015…

D. – Il 2015 inizia con la presidenza di turno della Lettonia e la Lituania che entra nell’euro. Questi due Paesi potranno portare una ventata di novità?

R. – Non credo che una grande novità possa venire da questi Paesi, che sono Paesi piccoli e di scarso peso economico. Oltretutto, se pensiamo poi a certe crisi in corso, come quella dell’Ucraina, sono un po’ permeati da uno spirito revanscista, che non porta moltissimo di buono.

D. – Quanto peserà nel prossimo futuro la mancata soluzione della crisi ucraina, ma anche delle altre crisi che nel mondo sanno interessando sempre più da vicino l’Europa?

R. – Credo moltissimo, perché ancor prima che la mancata chiusura della crisi ucraina, la stessa apertura della crisi ucraina ha già portato degli sconvolgimenti. Abbiamo visto nei giorni scorsi è stato ufficialmente cancellato il gasdotto “South Stream”, l’Europa sta attuando una politica di sanzioni contro quello che è uno dei suoi principali partner commerciali e cioè la Russia. La Russia stessa sta voltando in qualche modo le spalle all’Europa e ha fatto alleanza strategiche, che vanno ben oltre l’energia, con la Turchia e prima ancora con la Cina. Quindi, al di là del bilancio tragicissimo delle vittime e della crudeltà sul terreno, la crisi ucraina ha già provocato degli sconvolgimenti notevoli.

D. – Anche gli Stati Uniti sembrano guardare altrove, al continente sudamericano, con l’apertura a Cuba…

R. – Certo, è una grande novità questa ripresa degli Stati Uniti, che è una ripresa economica, come sappiamo, ma è anche una ripresa forte di iniziativa politica. Certamente, la questione del petrolio, del gas soprattutto, e del fatto che gli Stati Uniti siano diventati produttori e autonomi dal punto di vista dell’energia e quindi autonomi anche rispetto ad alleanze molto tradizionali e consolidate, li rende una variabile diversa da prima: hanno una libertà di manovra che anche solo fino a un anno o due anni non avevano. Certamente, bisognerà che l’Europa sia abile ad agganciarsi alla ripresa economica americana.

inizio pagina

Gaza, il freddo Natale dei cristiani che sperano in Francesco

◊  

A Gaza, a quattro mesi dalla fine dell’ultima operazione militare di Israele, “Margine di protezione”, si soffre per la mancanza di pace, di cibo e anche di riparo per l’inverno. E molti cristiani della Striscia, questo Natale lo hanno trascorso all’addiaccio. Luca Collodi ha intervistato padre Mario Da Silva, viceparroco della Sacra Famiglia, unica parrocchia di Gaza: 

R. – Sono passati già quattro mesi dall’ultima guerra e i lavori di ricostruzione non sono ancora cominciati. Quello che fanno i proprietari delle case è cercare di ripulire un po’ dalle macerie, anche per vendere il ferro che è rimasto nelle case.  E’ l’unico lavoro che si è visto finora. Questo Natale abbiamo ancora visto e questo è stato bruttissimo, persone che abitano nelle case distrutte, tutta la casa distrutta, con solo un tetto e loro abitano lì e mettono una coperta per proteggersi dal freddo …

D. – La soluzione potrebbe essere un governo di unità nazionale, cioè una riconciliazione all’interno delle politiche palestinesi?

R. – La soluzione è molto complessa. La ricostruzione sarebbe l’inizio di una soluzione, ma per come la vediamo noi è sempre più difficile che si possa raggiungere quell’obiettivo.

D. – Qual è la vostra speranza, la sua speranza come viceparroco di Gaza, per un diverso rapporto con gli israeliani?

R. – Parliamo tante volte della pace in Medio Oriente, ma la pace va costruita concretamente, in questa città, in questo Paese, in questa regione, deve partire da ogni persona. E poi con l’aiuto dei governi, che hanno anche loro un ruolo importantissimo. Ma per la pace c’è anche il lavoro sacerdotale, perché noi siamo coloro che predicano il Principe della Pace: i cristiani sono un segno di pace qui, in Medio Oriente.

D. – Tra l’altro, Papa Francesco non cessa di far sentire la sua vicinanza a Gaza e a voi come comunità cristiana…

R. – Sia dai discorsi che lui fa sulla pace, sia da un fatto concreto, il suo invito al parroco, padre Jorge Hernandez, in Vaticano per un colloquio, e poi per tutto quello che fa per la pace, Papa Francesco è molto benvoluto dai cristiani. Racconto un fatto: quando è venuto [in Terra Santa - ndr.], i cristiani ortodossi hanno scritto: “Welcome our Holy Father” - “Benvenuto al nostro Santo Padre”. E’ benvenuto anche nell’ambiente musulmano, perché sanno che il Papa è impegnato per la pace tra i due popoli. Perciò, noi ringraziamo veramente con tutto il cuore il Papa per tutto il lavoro che sta facendo per la pace.

D. – Cosa fa una parrocchia cristiana cattolica a Gaza? Come vive la sua giornata?

R. – Il nostro lavoro è principalmente con i cristiani: cercare di dare loro forza. Allora, ci sono le visite ai malati, le visite alle case, dobbiamo organizzare tantissime attività per i giovani, perché l’80% di loro è disoccupato e quindi dobbiamo organizzare tantissime attività nell’oratorio della parrocchia perché questi giovani possano venire magari anche tutti i giorni, così come i bambini. E questa è la nostra attività con i cristiani. Noi non possiamo predicare la conversione, per esempio, però comunque lavoriamo con la comunità musulmana. Ci sono tre scuole cattoliche qui dove possiamo lavorare, cioè manifestare la nostra religione cristiana, giacché non possiamo predicare con le parole, almeno predichiamo con la carità, che è la cosa più importante. Anche le suore hanno una casa grande per i bambini disabili, e sono tutti musulmani e poi una casa per gli anziani, anche loro tutti musulmani. Ecco, così cerchiamo di predicare Gesù Cristo, il Principe della pace: con la carità.

inizio pagina

Torino si prepara all'Ostensione e alla visita di Francesco

◊  

Il 2015 sarà un anno molto importante per la diocesi di Torino, che celebrerà tre grandi appuntamenti: il bicentenario della nascita di Don Bosco, l’Ostensione della Sindone e la visita di Papa Francesco, in programma il 21 giugno. Per sapere come procedono i preparativi a questi eventi, Isabella Piro ha intervistato l’arcivescovo della città, mons. Cesare Nosiglia

R. – In tutta la diocesi, abbiamo attivato itinerari attraverso sussidi rivolti in particolare ai giovani, anche per portare il tema dell’Ostensione, ovvero “L’amore più grande”, a essere oggetto di verifica e di considerazione dal punto di vista spirituale, biblico e catechistico. Abbiamo attivato inoltre una serie di incontri nelle parrocchie sulla “Evangelii Gaudium”, perché vogliamo che la visita del Papa porti una migliore conoscenza ed attuazione, ovviamente, di questa Esortazione Apostolica che rappresenta un po’ il punto di riferimento della nostra pastorale in questo periodo.

D. – Si auspica che dalla visita del Papa scaturisca una speranza contagiosa: questo perché il Piemonte sta vivendo un momento di crisi?

R. – Sì, è un periodo non facile: questa era una regione impostata molto sull’industria, sul manifatturiero, e sappiamo che la prima realtà che è entrata in crisi è stata proprio questa. Per cui abbiamo tanti disoccupati e circa il 40% di giovani che non trovano lavoro, molti che non studiano più e che neanche cercano lavoro… La povertà sta crescendo e i nostri Centri di ascolto hanno quintuplicato le richieste di aiuto rispetto agli anni scorsi. Quindi, c’è una situazione che crea un po’ di scoraggiamento e di preoccupazione in molte famiglie, in molte persone, in molte comunità. In questo contesto, ricevere la visita del Papa crediamo sia un modo per riprendere coraggio, speranza, perché Papa Francesco dà veramente questo impeto forte. Quindi, vogliamo che la sua visita possa rappresentare una sorta di volano a credere un po’ di più nelle possibilità forti, spirituali, di fede per il nostro popolo.

D. – L’Ostensione della Sindone si terrà dal 19 aprile al 24 giugno, proprio in memoria del secondo centenario della nascita di San Giovanni Bosco…

R. – L’insegnamento di Don Bosco è avere estrema fiducia e dare credito soprattutto ai giovani. I giovani hanno bisogno di sentirsi responsabilizzati, perché si rendano conto che il mondo non comincia da loro, ma comincia anche da loro, dal loro impegno, dalla loro buona volontà. Bisogna però dare loro spazio e non solo con il “giovanilismo”, ma con impegno e con i valori del messaggio cristiano. Per noi, Don Bosco è il modello capace di rendersi pienamente accoglibile dai giovani, perché con amore, con affetto, ma anche con impegno concreto di testimonianza cristiana, ha indicato loro la strada della vera promozione umana e della vera promozione del loro futuro, per dare speranza.

D. – Quali sono le Sue speranze per il 2015?

R. – Che la nostra Chiesa diventi veramente e sempre di più vicina alla gente: una Chiesa capace di arrivare e di partire anche dalle periferie esistenziali; una Chiesa che dia sempre speranza e fiducia nel Signore, perché Lo vive attraverso una testimonianza che ci guida nell’esistenza di ogni giorno, nel quotidiano. Un dono, quindi, che va continuamente riscoperto affinché diventi l’anima di tutto il nostro cammino pastorale.

inizio pagina

Freddo. No ai farmaci "fai da te" per i bambini

◊  

Arriva il periodo freddo che porta con sé mali di stagione anche per i più piccoli. Un periodo in cui in alcune famiglie si tende a somministrare con troppa superficialità ai bambini sciroppi e gocce con dosi troppo forti o troppo basse. Un problema che affronta al microfono di Elisa Sartarelli il pediatra, Italo Farnetani

R. – Cucchiai, cucchiaini e cucchiai grandi hanno più o meno un dosaggio abbastanza standard. Il cucchiaino da caffè, infatti, sono 3 cc, il cucchiaino da tè sono 5, e il cucchiaio da minestra sono 10 cc. E’, però, sempre bene usare i misurini in quanto la caratteristica principale e la terapia nel bambino piccolo è il dosaggio preciso: fare un dosaggio adatto non tanto all’età, ma al peso del bambino.

D. – I bambini sono più sensibili degli adulti agli errori nel dosaggio?

R. – Non ci sono farmaci che non facciano male o soggetti più sensibili o meno. Il problema è che i farmaci al dosaggio giusto fanno bene, al dosaggio sbagliato fanno male. Ogni farmaco dato a un dosaggio eccessivo può essere tossico. L’arsenico nell’Ottocento veniva usato come ricostituente, ma poteva essere letale. Sicuramente, un dosaggio fatto con le gocce, cioè preciso, centellinato, è un dosaggio più suscettibile di errori, perché fra 15 e 20 gocce sembra poco, ma c’è una differenza di assunzione di farmaci.

D. – E’ vero che ci sono antibiotici più o meno forti?

R. – Gli antibiotici sono tutti efficaci. Oggi, usiamo dei potenti antibiotici che per bocca hanno l’assorbimento quasi totale, come fossero fatti per intramuscolari. Gli antibiotici vanno usati specificatamente per un certo tipo di batterio. Quella che è la verità sugli antibiotici è che oggi vengono dati o per bocca o per via endovenosa, cioè con la flebo. Oggi, la puntura intramuscolare non ha più motivo di essere.

D. – Esistono poi rimedi non farmacologici: quali consiglierebbe e quanto sono efficaci?

R. – Per esempio, l’omeopatia non ha un’efficacia clinica: sono microdosi, non ci sono prove scientifiche che ne dimostrino l’efficacia. I prodotti fitoterapici, quindi da erboristeria, sono farmaci, perciò vanno usati al momento giusto, nel dosaggio giusto. Alcuni rimedi naturali, come le bevande calde, sono sempre validi, perché una bevanda calda è importante soprattutto per l’introduzione di liquido. I liquidi sono fondamentali per il funzionamento dell’organismo. Noi dovremmo bere, gli adulti, almeno due litri di acqua al giorno per idratare l’organismo. Quando il bambino ha la tosse, se gli faccio mancare l’acqua, le secrezioni dell’apparato respiratorio si essiccano sempre di più, con il rischio che non siano più fluide, non vengano espettorate e di conseguenza facciano prolungare la tosse. E’ per questo che si dice che il più grande mucolitico naturale esistente sia l’acqua.

R. – Il classico cucchiaino di miele?

R. – Sono abbastanza contrario al miele. Sotto un anno è pericoloso, perché può trasmettere il botulismo infantile, sopra un anno favorisce la carie dentale e l’obesità. Mentre, invece, consiglio il classico latte, tè, senza miele. Se io do il latte caldo, però, favorisco un apporto calorico che talvolta mi favorisce l’obesità e mi impone di dovermi spazzolare i denti. L’acqua naturale, che non dà apporto calorico, che non mi altera il cavo orale, è quella più efficace nell’idratare l’organismo e, di conseguenza, prevenire la tosse, la stipsi e un’eventuale secchezza della bocca.

inizio pagina

Polignano: un sito archeologico ospita il presepe vivente

◊  

Nel suggestivo complesso Ipogeo di Madonna delle Grottole, in provincia di Bari, prende vita uno dei presepi viventi più particolari d’Italia, a cui è ancora possibile assistere nelle rappresentazioni del 4 e del 6 gennaio. Al microfono di Corinna Spirito, uno degli organizzatori, Roberto Certone, spiega perché il presepe vivente di Polignano è unico al mondo: 

R. – La sua particolarità sicuramente è il luogo dove lo facciamo: è il sito archeologico di Madonna di Grottole, un sito archeologico che presenta ben 62 grotte manufatte, scavate nel luogo nel corso dei millenni. Ha una masseria risalente al XV secolo e poi una cappella annessa che, dalle prime carte, risulta essere aperta già dal 1600. E la particolarità di questa chiesa è che ha un dipinto – la Vergine con Bambino con ai fianchi San Rocco e San Vito – che poi per usanza popolare è ricordata come la Madonna di Grottole, dal nome della contrada che ospita questa rappresentatività del Natale che noi facciamo a Polignano.

D. – Il complesso ipogeo, peraltro, ha già avuto l’attenzione di una rivista come “National Geographic”…

R.  – Esatto: perché ha fotografato la grotta nella quale noi facciamo ospitare la natività, cosiddetta “grotta dell’albero”, perché è una grotta sempre in pietra, scavata dall’uomo, ma più grande di tutte le altre, sovrastata da un ulivo secolare, con le radici che la circondano. E’ una cosa davvero molto bella, suggestiva, della quale si è accorta – appunto – la rivista “National Geographic” molti anni fa, che le ha dedicato addirittura la copertina.

D. – Come e quando nasce la prima edizione del presepe vivente di Polignano?

R. – Noi siamo partiti sei anni fa, le prime edizioni le abbiamo fatte nel centro storico di Polignano. Invece, da quattro anni a questa parte siamo ospitati in questo sito archeologico, che è di proprietà della Fondazione Maria Rossi onlus, che si occupa anche di assistere malati chemioterapici e che ha messo a disposizione questa sua “location” appunto per ospitare il presepe vivente. Devo dire che da quattro anni, da quando siamo ospiti di questo sito archeologico, l’afflusso di gente è stato sempre notevole perché – ripeto – oltre alla particolarità del Natale, di un presepe vivente, che magari si può anche trovare ovunque, riuniamo la suggestività di questi luoghi che sono davvero unici e che per la prima volta sono stati aperti al pubblico. Infatti, fino a poco prima del nostro avvento non era possibile visitare questi luoghi, quindi è stata un’occasione anche per riscoprire una parte del territorio di Polignano, che finora era sconosciuto a molti.

D. – Chi sono gli attori che partecipano?

R. – Sono tutti attori tra virgolette, perché nessuno di loro è un attore professionista, fatta eccezione per Maurizio Pellegrini che è il direttore artistico. E’ tutta gente di Polignano che si mette a disposizione, famiglie intere: bambini, anziani del Centro anziani che si dedicano anche tradizioni culinarie di una volta e si mettono a disposizione durante le feste di Natale e dedicano le loro giornate a fare questa rappresentazione. Perché la Natività è veramente una famiglia di Polignano, è realmente composta da una famiglia, da madre, padre e bambino, che si mette a disposizione e fa la Sacra Famiglia. E la sceglie il nostro parroco, don Gaetano, durante l’anno, tra quelli che fanno battezzare i loro figli: quindi questa è una scelta che spetta a lui. E ogni anno c’è una vera famiglia che interpreta la Sacra Famiglia di Betlemme. E questa è una cosa bella, perché come ha detto la nostra mente pensante, che è il parroco don Gaetano Luca, dal quale è partito tutto, è il senso di comunità che si viene a creare nel nostro Presepio vivente che, anche questo, è un altro valore aggiunto. Diventiamo infatti una grande famiglia fatta di circa 200 persone tra volontari, comparse, elementi del servizio d’ordine. Quindi, una grande famiglia che si mette a disposizione per questo presepio vivente.

D. – I residenti come vivono questa tradizione iniziata sei anni fa?

R. – La vivono bene, perché il grosso dei nostri visitatori viene da Polignano. Però, il fatto che il centro di Polignano solitamente sia sempre visitato da gente, sempre pieno – perché Polignano è anche un paese turistico – il fatto che sia svuotato durante i giorni della rappresentazione del presepio vivente, significa che molta gente o vi partecipa, perché fa la comparsa, o ci viene a vedere. Quindi, è una cosa che è entrata nella comunità altrimenti non troveremmo mai 200 persone che si mettano a disposizione. E’ una cosa che è entrata nella mentalità di Polignano e questo ci fa andare avanti ogni anno. Ogni anno cresciamo anche come numero di comparse e questo significa che possiamo aprire più grotte, significa che possiamo fare più scene e quindi aumentare anche questo percorso che attualmente comunque è di un chilometro: servono circa 40 minuti per vedere tutto il nostro Presepio vivente. Ogni anno aumentiamo anche di persone e questo è possibile proprio perché è entrato nella coscienza dei nostri cittadini.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Sciagura AirAsia: difficile il recupero dei corpi

◊  

Le domande degli ultimi giorni sulle sorti dell'aereo dell'AirAsia hanno trovato una risposta, quando i primi corpi senza vita - insieme ad alcune parti del velivolo - sono stati ritrovati dalle squadre di ricerca nel Mare di Java. Le autorità hanno confermato in via ufficiale che si tratta del volo QZ8501. Le speranze che ancora sostenevano i familiari dei passeggeri si sono trasformate in crisi di pianto e disperazione. Alla vista delle immagini dei corpi senza vita trasmesse dalla televisione indonesiana - riferisce l'agenzia AsiaNews - due persone si sono sentite male e hanno perso i sensi. 

Difficili le operazioni di recupero
Per il momento, sono sette i corpi recuperati. Uno è quello di una donna, con indosso l'uniforme del personale di volo. Le autorità indonesiane spiegano che la tempesta in corso, le forti raffiche di vento e onde alte 3 metri rendono difficili le operazioni di recupero. Inoltre, con il passare delle ore, potrebbe essere impossibile riuscire a identificare i corpi una volta ritrovati. 
Sul volo erano imbarcati 137 passeggeri adulti, 17 bambini e un neonato, insieme a due piloti e cinque membri del personale di volo.

Il dolore dei familiari
Tony Fernandes, presidente di AirAsia, è corso all'aeroporto di Surabaya, dove parte dei familiari dei passeggeri a bordo si sono radunati, in attesa di avere notizie. "Le parole non possono esprimere ciò che queste persone stanno provando", ha detto. (R.P.)

inizio pagina

Morti e sfollati per alluvioni in Malaysia, Thailandia, Filippine

◊  

È salito a 59 morti il bilancio delle vittime delle inondazioni e delle frane causate dalla tempesta tropicale Jangmi, che si è abbattuta in questi giorni sulle Filippine provocando già più morti del super-tifone Hagupit. Alcune regioni - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono state colte di sorpresa dall'ondata di maltempo, con venti superiori ai 210 km/h e piogge torrenziali che hanno allagato ampie porzioni di territorio; nella sola città di Catbalogan, nella provincia di Samar, si contano 19 morti per una frana che ha investito case e automobili.

Allerta scattato in ritardo
Stephany Uy-Tan, sindaco della cittadina, afferma: "Non ci aspettavamo un simile diluvio. Pensavamo che la collina franata fosse solida come una roccia". Le autorità locali riferiscono che non vi erano piani di sicurezza e di evacuazione; alle persone era stato detto, in modo generico, di "possibili smottamenti" ma l'allerta non è scattato in tempo. Mina Marasiga, portavoce della Protezione civile, difende l'operato delle autorità e del governo, sottolineando che l'allarme era stato lanciato, per tempo, nei giorni scorsi. "Può darsi - afferma il portavoce - che la gente abbia sottostimato i possibili danni, perché si parlava di depressione tropicale e non di super-tifone".

Danni ingenti all'agricoltura
Jangmi ha colpito in vario modo quasi 122mila persone, di cui oltre 80mila sono ospitate nei Centri di accoglienza allestiti dal governo. Nella provincia di Misamis Orientale alluvioni e allagamenti hanno distrutto interi campi di riso e di grano, causando oltre 9 milioni di dollari all'agricoltura. A Leyte chiuse le principali vie di comunicazione via terra.

Filippine: terra di tempeste tropicali
Le Filippine sono investite ogni anno da una ventina di tempeste tropicali, alcune delle quali di portata devastante come il super-tifone Yolanda del novembre 2013 che ha causato migliaia fra vittime e sfollati.

Inondazione anche in Thailandia e Malaysia
In questi giorni oltre alle Filippine anche la Malaysia e il sud della Thailandia devono fare i conti con il maltempo, caratterizzato da venti forti e pesanti piogge che hanno dato origine a inondazioni e smottamenti del terreno, uccidendo dozzine di persone. Le inondazioni record in Malaysia hanno spinto più di 250mila persone ad abbandonare le proprie abitazioni, con il governo di Kuala Lumpur incapace di gestire l'emergenza. Nel mirino il Primo Ministro Najib Razak, immortalato a giocare a golf con il presidente Usa Barack Obama alle Hawaii, mentre il Paese è in piena crisi. Anche nel sud della Thailandia - nelle province di Narathiwat, Yala, Pattani, Phatthalung e Songkhla - si registrano forti alluvioni. Sono almeno 10mila le persone evacuate e anche in questo caso vi sono danni ingenti all'agricoltura e alle produzioni locali. (R.P.)

inizio pagina

Cargo carico di migranti siriani sbarca in Salento

◊  

Ha attraccato nella notte a Gallipoli il cargo ‘Blue Sky M’, battente bandiera della Moldavia, rimasto ieri alla deriva con a bordo almeno 700 migranti dopo aver lanciato un Sos al largo di Corfù per la sospetta presenza di “uomini armati a bordo”. Presumibilmente abbandonato dagli scafisti dopo aver inserito il pilota automatico e la rotta impostata verso le coste meridionali della Puglia – partito dalla Turchia era inizialmente diretto a Rijeka,in Croazia – il cargo è stato dirottato dalla Guardia costiera italiana nel porto salentino.

In maggior parte siriani
È ancora impossibile sapere con certezza il numero dei migranti sbarcati - riporta l'agenzia Misna - fra cui molte donne e bambini, si ritiene per la maggior parte siriani in fuga da un conflitto pressoché ignorato dai media mondiali. Le autorità di Gallipoli ritengono che a bordo potrebbero esserci delle vittime, forse causate dal freddo e dalle difficili condizioni di una lunga traversata, ma per il momento le persone ricoverate presso le strutture sanitarie locali non destano preoccupazione.

Esclusa la presenza di uomini armati
La vicenda presenta molti interrogativi a cui non sarà facile rispondere, a partire dalla richiesta di soccorso: non è chiaro chi l’abbia inviata ma è stata infine esclusa la presenza di uomini armati, mentre certamente l’imbarcazione è rimasta per ore in balia del mare mosso e dei venti con il motore bloccato che solo a circa 3 miglia da Santa Maria di Leuca i militari italiani sono riusciti a rimettere in funzione. (R.P.)

inizio pagina

Gambia: presidente Jammeh rientra dopo tentato golpe

◊  

È alta la tensione in Gambia dove il presidente Yahya Jammeh è rientrato nella notte a poche ore da quello che i vertici militari hanno denunciato come un fallito colpo di Stato. Fonti della sicurezza hanno riferito che Jammeh è atterrato nella capitale dopo uno scalo a N’Djamena in provenienza da Dubai, dove si trovava in visita privata. Si è quindi presentato al palazzo presidenziale dove gli sono stati mostrati i corpi degli assalitori uccisi ieri, ma avrebbe scelto di non rilasciare dichiarazioni in merito.

Si teme reazione del Presidente
Le stesse fonti hanno riferito di un clima di preoccupazione per come il Presidente, che guida il Paese da oltre 20 anni, possa reagire se si dovessero confermare falle al sistema di sicurezza.

Golpe tentato da un ex capitano disertore
Stando alle informazioni diffuse da Banjul, un gruppo di uomini armati ha attaccato il palazzo presidenziale martedì attorno alle 03:00, ora locale; sulle pareti dell’edificio sono visibili fori di proiettile. Erano guidati da un ex capitano identificato con il nome di Lamin Sanneh, un disertore che secondo i militari è stato ucciso nel corso dell’attacco, respinto dalle forze lealiste. (F.B.)

inizio pagina

Centrafrica: mons. Nzapalainga in visita a ex ribelli Seleka

◊  

Alla vigilia di Natale mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, si è recato nei campi d’accoglienza degli ex guerriglieri Seleka nei pressi della capitale della Repubblica Centrafricana.

Gli aiuti della Chiesa
La delegazione guidata dall’arcivescovo - riferisce l'agenzia Fides - ha portato aiuti alimentari, sapone e vestiti per i bambini alle centinaia di ex combattenti radunati con le loro famiglie in tre campi nei pressi della città. “Durante due ore, ho ascoltato le loro lamentele, perché hanno più volte ribadito che nessuno va a trovarli” ha detto mons. Nzapalainga. “Prendo su di me le loro rivendicazioni, la loro aggressività, in un clima caloroso. È per fare cadere le maschere, perché si possa guardarli non come selvaggi ma come esseri umani” ha concluso l’arcivescovo, che già a novembre si era recato in un campo d’accoglienza dei Seleka, per poi recarsi anche a visitare i campi degli anti-balaka.

Conflitto politico e non religioso
Il Centrafrica sta a fatica uscendo dalla guerra civile seguita alla presa del potere degli ex ribelli Seleka, alla quale ha fatto seguito la ribellione delle milizie anti-balaka. Il conflitto tra le due sigle è stato spesso presentato come scontro “religioso” tra “musulmani” Seleka e i “cristiani” anti-balaka. Un’interpretazione ritenuta limitata che nasconde invece una dimensione soprattutto politica, come riconosciuto dallo stesso Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon. (R.P.)

inizio pagina

Attentati in Kenya: leader cristiani esortano al perdono

◊  

“Cosa avrebbe detto e fatto Cristo se ci fossero stati attacchi terroristici durante il suo tempo?” chiedono i leader cristiani del Kenya in un messaggio congiunto in occasione del Natale rivolto ai fedeli ancora scossi dagli attentati che hanno preso di mira gli appartenenti a fedi diverse da quella islamica nel nord del Kenya. “Avrebbe detto la vendetta non vi appartiene. È questo il messaggio di Natale che vi indirizziamo” prosegue il messaggio.

Contrastate l'odio con l'amore
“Quando vi trovate di fronte alla violenza, contrastatela con la pace, quando vi trovate di fronte all’odio, contrastatelo con l’amore, siate i custodi dei vostri fratelli e sorelle, qualsiasi sia la religione da loro professata”.

Il valore di ogni persona
Il messaggio augura inoltre che “il Natale rafforzi i legami che uniscono le nostre famiglie” ed esorta i fedeli “ ad emulare la sacra famiglia”. “Possa l’amore di Dio toccare i nostri cuori in questo Natale. Ci aiuti ad apprezzare il valore di ogni persona, qualsiasi sia la religione, l’età, la razza o la tribù di appartenenza” conclude il messaggio. (R.P.)

inizio pagina

Dolore della Chiesa per il clochard morto di freddo a Roma

◊  

“Dolore e preoccupazione”. È quanto esprime la Comunità di Sant’Egidio per la scomparsa di Gregorio, polacco di 40 anni, trovato morto ieri mattina in una via del quartiere Esquilino. “Non si può morire di freddo nel cuore di Roma, senza che nessuno se ne accorga - ribadisce la Comunità in una nota diffusa ieri sera -.

Appello per interventi pubblici
Di fronte all’ennesimo dramma che colpisce una persona che vive per strada - riporta l'agenzia Sir - Sant’Egidio lancia un nuovo appello rivolto alle istituzioni perché si aprano urgentemente Centri di accoglienza per dare risposta a tutti coloro che in questi giorni chiedono di dormire in luoghi sicuri e protetti dal freddo. Il grandissimo impegno, generoso e gratuito, offerto tutto l’anno da parrocchie, comunità e associazioni, con il coinvolgimento di un gran numero di volontari, ha bisogno di essere sostenuto da interventi pubblici più incisivi e strutturali”.

Invito a chiedere scusa ai poveri
La Comunità di Sant’Egidio, “dopo la scoperta di Mafia Capitale e di chi ha lucrato sulle spalle dei bisognosi”, rinnova il suo invito a “chiedere scusa ai poveri e a difenderli in queste ore da un’emergenza troppo prevedibile per non essere affrontata adeguatamente, come quella del freddo che sta investendo la Capitale”.

Nuove strutture Caritas
Dal canto suo per affrontare l'emergenza freddo a Roma l
a Caritas quest'anno ha aperto due nuove strutture su lungomare Vespucci e su quello Toscanelli a Ostia che vanno ad aggiungersi ai posti nella sede di Ponte Casilino. Oltre le tre stazioni metro (Piramide, piazza Vittorio e Flaminio) aperte non stop. (R.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 365

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.