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Sommario del 06/12/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Iraq, Papa a cristiani perseguitati: vorrei essere lì con voi

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Il mondo collabori in modo concorde a fermare la “violenza disumana” che sta facendo strage della minoranze cristiane e non solo del Medio Oriente. È il videomessaggio di solidarietà che Papa Francesco ha affidato al cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, che da ieri a Erbil, in Iraq, per una visita di 48 ore, allo scopo di assicurare la vicinanza nella preghiera della Chiesa europea ai cristiani iracheni e verificare sul posto l’organizzazione degli aiuti umanitari portati alla regione. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Cacciati via, ammazzati con tutte le varianti suggerite dalla ferocia, profanati e distrutti i luoghi della loro fede. Sono i cristiani iracheni e di altre zone del Medio Oriente, odiati e perseguitati da quello che Francesco definisce “un gruppo estremista e fondamentalista”. E proprio il Papa circonda queste comunità di eroi sconosciuti della fede con la delicatezza e la commozione che suscita un figlio vittima di una violenza. Lo fa a distanza perché non può fare altrimenti, ma l’intensità delle sue parole, la pena sincera che traspare dal modo in cui le pronuncia, “bucano” il diaframma del video e annullano in certo modo una distanza che Papa Francesco per primo vorrebbe non esistesse:

“Anche io, vorrei essere lì, ma poiché non posso viaggiare, lo faccio così… ma vi sono tanto vicino in questi momenti di prova. Ho detto, nel ritorno del mio viaggio in Turchia: i cristiani sono cacciati via dal Medio Oriente, con sofferenza. Vi ringrazio della testimonianza che voi date; c’è tanta sofferenza nella vostra testimonianza. Grazie! Grazie tante!”.

“Sembra che lì non vogliano che ci siano i cristiani ma voi date testimonianza di Cristo”, dice il Papa pensando “alle piaghe, ai dolori delle mamme con i loro bambini, degli anziani e degli sfollati, alle ferite di chi è vittima di ogni tipo di violenza”. Una disumana campagna armata contro degli inermi che – ricorda Papa Francesco – miete vittime non solo fra i cristiani ma anche tra la minoranza degli yazidi:

“Cristiani e yazidi sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e i patrimoni culturali, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro. In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani!”.

Lo aveva già detto dalla Turchia, Francesco, che chi è al servizio del nome di Dio deve condannare chi uccide degli esseri umani. Lo ripete, trovando un’immagine antica e drammaticamente calzante per il coraggio mostrato da una carne di Cristo aggredita e fatta a pezzi, eppure decisa a non darsi per vinta. È l’immagine di Santa Teresina, che definisce la Chiesa perseguitata una “canna” che si piega al vento della tempesta “ma non si rompe”:

“Voi siete le canne di Dio oggi! Le canne che si abbassano con questo vento feroce, ma poi sorgeranno! Voglio ringraziare un’altra volta. Prego lo Spirito che fa nuove tutte le cose, di donare a ciascuno di voi forza e resistenza. E’ un dono dello Spirito Santo”.

A questo punto Francesco chiede aiuto al mondo, facendosi tramite di un popolo che ha una voce e una presenza troppo leggere per poter essere scorto, ascoltato, considerato:

“Chiedo con forza, come già ho fatto in Turchia, una maggiore convergenza internazionale volta a risolvere i conflitti che insanguinano le vostre terre di origine, a contrastare le altre cause che spingono le persone a lasciare la loro patria e a promuovere le condizioni perché possano rimanere o ritornare. Io vi auguro che voi ritorniate, che voi possiate ritornare”.

In particolare l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata – promette Papa Francesco – la preghiera dei cristiani del mondo si leverà più forte per i fratelli perseguitati. “La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda” soggiunge col rammarico di dover terminare. “Che il Signore vi benedica, che la Madonna vi custodisca”.

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Cordoglio del Papa per la morte di Fabiola del Belgio

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“Esprimo a voi e a tutta la famiglia reale, al governo e al popolo belga le mie condoglianze”. Comincia con queste parole il telegramma di cordoglio che Papa Francesco ha inviato al re del Belgio, Filippo, dopo aver appreso della scomparsa della regina Fabiola, spentasi ieri all’età di 86 anni.

“Prego il Signore – scrive ancora il Papa – di accogliere la sua serva fedele nel suo Regno di luce e di pace e perché assicuri a tutti coloro che sono colpiti dalla sua morte il conforto della speranza”.

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In udienza dal Papa i cardinali Ouellet e Pell

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, i cardinali Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia. Inoltre ha ricevuto l’arcivescovo Osvaldo Padilla, nunzio apostolico in Corea e in Mongolia, e mons. Pier Giorgio Debernardi, vescovo di Pinerolo, in Italia.

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Papa, tweet: l’Avvento ci fa iniziare un nuovo cammino

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “L’Avvento ci fa iniziare un nuovo cammino. Lasciamoci guidare da Maria, nostra Madre”.

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Parolin al Bambino Gesù: dal Signore forza per accettare ogni croce

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La presenza del Signore dona la forza di accettare ogni croce. Questo il senso delle parole del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in visita oggi al “Bambino Gesù”, per portare gli auguri di Natale ai piccoli pazienti, alle famiglie e agli operatori dell’ospedale pediatrico della Santa Sede. Ad accoglierlo, il presidente del nosocomio, Giuseppe Profiti, la duchessa Maria Grazia Salviati, della famiglia fondatrice, e il direttore sanitario, Massimiliano Raponi. Percorrendo i corridoi dei reparti, il porporato ha ricordato che “il rumore non fa il bene e il bene non fa rumore”: per questo è “inutile aggiungere rumore al bene che fate. Soltanto vi dico: sono fiero di voi! Permettetemi di dirlo come segretario di Stato del Papa”. Il servizio di Giada Aquilino

Le parole, le carezze, l’ascolto delle storie, delle malattie, ma anche delle speranze. Non è stata soltanto uno scambio di auguri per Natale la visita del cardinale Pietro Parolin al “Bambino Gesù”. Un anno fa, il 21 dicembre, fu Papa Francesco a visitare l’ospedale pediatrico e a ricordare il “legame speciale” tra Gesù e i bambini. Oggi l’ha fatto rivivere il segretario di Stato, incontrando i bimbi, dai più piccoli nel reparto di chirurgia neonatale, a tutti gli altri ricoverati a terapia intensiva cardiochirurgica e patologia metabolica. Nell’ospedale che - ha detto - “tanto è caro al Papa” e alla città di Roma, il porporato ha ricordato che “laddove c’è una persona bisognosa di attenzioni e di cure, non può mancare la presenza del Signore”:

“È una presenza silenziosa e potente che accompagna e infonde speranza, che benedice e guarisce e che dona la forza di accettare la Croce, perché Gesù la porta insieme a ciascuno di noi, trasformandone in tal modo il significato, facendola diventare misterioso strumento di collaborazione per la redenzione del mondo”.

Nella ludoteca il cardinale Parolin ha incontrato le realtà delle associazioni e del sistema di accoglienza, coi rappresentanti del volontariato e delle case famiglia, perché obiettivo primo dell’ospedale è curare i propri pazienti e - assieme - prendersi cura dei loro familiari. I bambini gli hanno donato un presepe in stoffa da loro realizzato.

Poi la visita, l'omelia e la benedizione alla cappella storica, risalente al 1500, appena restaurata e riaperta oggi, che conserva le reliquie dei Papi Santi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, un’ampolla contenente il sangue di Karol Wojtyla, prelevato negli ultimi giorni della sua malattia, e la “papalina” di Angelo Giuseppe Roncalli. Qui ha incontrato i dipendenti. Proprio il restauro della cappella, ha aggiunto, ricorda che “nel Battesimo siamo stati restaurati e resi capaci di ospitare in noi la presenza di Cristo”. Quindi un auspicio a riscoprire il vero significato del Natale:

“Riscoprire il senso profondo del mistero dell’incarnazione, che significa Dio con noi e per noi, il Dio che porta la pace agli uomini di buona volontà, poiché la presenza in mezzo a noi di Gesù, dell’Emmanuele, Dio con noi, ha portato per sempre al pace tra gli uomini e Dio”.

Prima di lasciare l’ospedale, un augurio per i più piccoli:

“Ho lasciato l’augurio che non si sentano mai abbandonati dal Signore. Ecco, è il mistero del Natale questo: il Dio con noi, che è presente, è una realtà - come dire - oggettiva e fa che questa realtà oggettiva diventi soggettiva, cioè che ciascuno senta veramente che il Signore, con l’Incarnazione, è diventato il Dio con lui, che lo accompagna in ogni momento e soprattutto nei momenti più difficili e dolorosi dell’esistenza”.

Una testimonianza ad andare avanti, anche nel dolore, a Natale e non solo, è venuta dal cappellano del “Bambino Gesù”, padre Mario Puppo:

“Sarebbe troppo facile trovarla a Natale. Noi dobbiamo trovarla ogni giorno. Questo vuol dire che ci vuole una relazione con Dio: bisogna entrare in relazione con questo Dio che si fa bambino, che si fa piccolo, proprio per facilitarci il compito, proprio per parlare il nostro linguaggio, proprio per essere il più possibile adeguato alle nostre capacità di entrare in relazione con Lui. E poi bisogna giocarci tutto sull’amore. L’amore che lega i genitori di questi bambini, i coniugi: in questo amore che il più delle volte è un Sacramento e quindi in esso c’è la presenza di Dio”.

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Card. Parolin: la diplomazia vaticana costruisce ponti

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Chiesa, diplomazia e media possono contribuire alla pace e al dialogo tra i popoli. E’quanto emerso ieri a Roma in un incontro promosso dal sito della Stampa, “Vatican Insider” per l’inaugurazione delle sezioni in arabo e in cinese. Le nuove pagine web sono state presentate nel pomeriggio anche a Papa Francesco, che in un breve incontro a Santa Marta con il direttore Mario Calabresi, ha parlato dei “peccati capitali” dell’informazione: “sensazionalismo, diffamazione e calunnia”. Il servizio di Michele Raviart: 

“La diplomazia e l’informazione condividono lo sguardo attento e partecipe rivolto alla condizione del mondo, alle vicende dei popoli e delle nazioni”, dice il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. In particolare, chi si occupa di raccontare la Santa Sede è per sua natura portato a cercare di comprendere quello che succede nel mondo:

"La Chiesa non è una specie di mondo parallelo. L’orizzonte della sua missione è il mondo. Forse per questo, chi per lavoro segue e racconta le vicende della Chiesa e delle comunità cristiane finisce spesso per avere punti di interesse comune con gli ambasciatori e con chi lavora nel campo della diplomazia".

Oggi l’informazione è immediata, grazie alle nuove tecnologie, ma i valori della diplomazia sono quelli del tempo e della pazienza, necessari per costruire il dialogo. E questo è tanto più vero per la specificità della diplomazia della Santa Sede, che è la mediazione senza interessi particolari. Ancora il cardinale Parolin:

"Gli obiettivi propri della diplomazia pontificia consistono nel costruire ponti, sostenere sempre il negoziato e il dialogo come mezzo di soluzione dei conflitti, promuovere la pace e lottare contro la povertà. Non esistono altri interessi e strategie del Papa e dei suoi collaboratori quando agiscono sulla scena internazionale".

Nel mondo c’è una “guerra mondiale combattuta a pezzi”, secondo l’espressione di Papa Francesco, che coinvolge spesso le comunità cristiane. E l’identità religiosa viene spesso usata per infiammare gli animi e nascondere interessi materiali e di potere. Ecco perché trasmettere correttamente il messaggio religioso, anche in contesti difficili come il mondo arabo e cinese, è per sua stessa natura un contributo alla pace. Andrea Tornielli, coordinatore di “Vatican Insider”:

"Spesso e volentieri, in tanti Paesi e in tanti contesti certi messaggi arrivano in maniera distorta: arrivano attraverso pre-comprensioni che talvolta sono ideologiche. Credo che la grande forza del messaggio della Chiesa sia quella di riuscire a farlo arrivare così come è, destrutturato da contesti magari legati alle situazioni europee occidentali, contesti politici… Questa è una grande forza, perché magari gli utenti scoprono che il messaggio non era esattamente quello che immaginavano. Dunque, da questo punto di vista credo ci sia un grande lavoro da fare e anche una grandissima responsabilità per gli operatori della comunicazione".

La comunicazione religiosa è poi “cronaca e commento di fatti umani che toccano potenzialmente tutti”, spiega padre Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica”, e non può essere ridotta a un “vaticanismo” che sfocia in un“vaticinismo”, fatto di predizioni e dietrologie. Il messaggio deve essere diretto, come dirette sono le parole del Papa. Padre Antonio Spadaro:

"Papa Francesco non ha bisogno di ermeneuti o di scribi che sminuzzino il suo messaggio in modo che sia inteso. La comunicazione religiosa che parli di Vaticano o di Santa Sede – del Papa in modo particolare – oggi deve essere una comunicazione che accompagna il messaggio, non che lo media. In fondo, la peculiarità del messaggio di Francesco è che questo arriva nel momento in cui parte. La logica di un’informazione religiosa che vuole essere un’ermeneutica del discorso ricchissimo del Santo Padre, oggi, secondo me, non funziona più":

La sfida, conclude il cardinale Parolin, è quella di “provare a raccontare la Chiesa senza descriverla come una specie di marchingegno programmato o come una sequenza di opreazioni umane, da giudicare come buone o sbagliate a seconda dei pregiudizi”, con l’auspicio rivolto ai giornalisti di “restare stupiti da quello che incontrerete camminando e di condividere con gli altri il vostro stupore”.

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Card. Sandri in Etiopia: Chiesa aperta al dialogo e al servizio

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E’ iniziata ieri la visita in Etiopia del cardinale Leonardo Sandri che, come prefetto della Congregazione per la Chiese Orientali, esprime attenzione e vicinanza al cammino della Chiesa alessandrino-etiopica di rito ghéez. Prima tappa, il confronto con i vescovi del Paese sui frutti e le sfide dei primi 50 anni dall’istituzione della Conferenza episcopale nazionale. Da oggi invece, dopo la celebrazione questa mattina della Divina Liturgia presso la cattedrale dell'Arcieparchia di Addis Abeba, il porporato ha iniziato le visite alle parrocchie, alle comunità e agli ospedali cattolici, che proseguiranno fino all'incontro conclusivo, l'11 dicembre, con Sua Santità Abune Mathias,Patriarca della Chiesa Etiope Ortodossa Tewahedo, e con il capo dello Stato. "Un Paese aperto al dialogo, con una Chiesa in prima fila nel sostegno agli ultimi”: questa in sintesi è l’Etiopia nelle parole del cardinale Sandri. Gabriella Ceraso lo ha intervistato: 

R. – Si tratta di un grandissimo Paese con una antichissima tradizione cristiana che rimonta a San Frumenzio. Oggi conta 85 milioni di abitanti: la maggioranza, il 43%, è ortodossa, il 33% sono musulmani, il 18% sono protestanti, poi c’è la nostra Chiesa cattolica latina, una minoranza, con vicariati apostolici, e infine le nostre tre eparchie. Quindi, è un Paese nel quale si verificano le parole che Papa Francesco ha utilizzato visitando la Turchia: dialogo ed incontro. Questa è la realtà della Chiesa cattolica in questo Paese, un Paese chiamato al dialogo con gli ortodossi da parte dei cattolici, con i musulmani, con gli altri cristiani, e poi con questa grande moltitudine di gente che viene dalle religioni tradizionali, ma soprattutto con la moltitudine di gente che vive in condizioni veramente umili e che pertanto ha bisogno della gioia del Vangelo, portato proprio nella condivisione, nella solidarietà.

D. – Lei ha portato con sé un messaggio, un auspicio, una riflessione del Papa per questa terra?

R. – Ho chiesto al Santo Padre di poter portare il suo messaggio di pace e di benedizione. Io sono venuto per dare, visitando tutte le eparchie, un impulso missionario di proclamazione del Vangelo, di uscita della Chiesa verso tutti quelli che non conoscono ancora Gesù Cristo e verso tutti quelli che soffrono.

D. – Quindi unità e testimonianza: è questo che, anche attraverso lei, il Papa chiede a questa terra?

R. – Esattamente. Qui c’è una grande realtà “germinale” di dialogo, di incontro con tutte le componenti della società. Il dialogo con la Chiesa ortodossa, con i musulmani e con forze evangeliche è ottimo. Ma soprattutto la Chiesa cattolica dà una testimonianza di unità e di apertura nell’incontro con tutti quelli che soffrono attraverso le scuole, gli ospedali, la vicinanza a coloro che sono per strada. In questo la Chiesa cattolica è veramente in prima linea per testimoniare che il Vangelo è annunciato ai poveri. Ieri ho avuto l’incontro con laici, sacerdoti, religiosi, religiose, giovani: ho visto con quale entusiasmo vogliono portare la gioia dl Vangelo – come dice Papa Francesco nella sua Enciclica – a questa società. Addirittura, mi hanno dato un regalo per il Papa: la traduzione nella loro lingua dell’"Evangelii Gaudium", che io porterò al Papa nella prima occasione in cui lo incontrerò.

D. – Lei incontrerà, a chiusura del viaggio, il Patriarca della Chiesa etiope ortodossa e il capo dello Stato. Cosa vorrebbe che fruttassero questi incontri?

R. – Per quanto riguarda il capo dello Stato, se questo incontro avrà luogo come mi dicono, per me innanzitutto è un ringraziamento per la cura con la quale segue la Chiesa cattolica e permette quel bene inalienabile che è la libertà religiosa. Poi, al Patriarca Mathias confermerò l’amore e l’apertura di Papa Francesco verso i nostri fratelli ortodossi. Lo stesso farò con il capo dello Stato.

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P. Lombardi: indagine vaticana su due ex dirigenti Ior

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Interpellato dai giornalisti, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha confermato che “il promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha aperto una indagine nei confronti di due ex-dirigenti dello Ior per una ipotesi di peculato per operazioni immobiliari avvenute nel periodo 2001-2008; l’indagine è estesa anche a un avvocato per concorso nei fatti”.

“Il problema – ha detto padre Lombardi - è stato presentato alla Magistratura dello Stato della Città del Vaticano dalle stesse autorità dello Ior a seguito delle operazioni di verifica interne avviate lo scorso anno. I conti degli interessati presso lo Ior sono stati sequestrati a scopo cautelativo qualche settimana addietro”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Canne al vento: videomessaggio di Papa Francesco per i cristiani in Iraq.

Bizantinista in redazione: il direttore su fratel Antoine Wenger, degli agostiniani dell’Assunzione, che diresse “La Croix”, e i contributi di Bruno Joubert, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, di Sylvie Barnay di Albert Failler.

Viaggio in Argentina: Isabella Farinelli sull’incontro a Buneos Aires fra il poeta indiano Tagore e l’intellettuale Victoria Ocampo.

L’illegalità calpesta i più deboli: il cardinale segretario di Stato sulla vicenda giudiziaria che scuote Roma.

Lavoro impoverito: all’aumento di produttività non corrisponde quello dei salari.

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Oggi in Primo Piano



Siria, attacco jihadista contro aereoporto: decine di morti

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I miliziani dello Stato islamico (Is) hanno lanciato una violenta offensiva per la conquista dell’aeroporto militare di Deir Ezzor e controllerebbero gran parte dell’importante scalo della Siria orientale: decine i morti da entrambe le parti. Intanto l’Iran ha bombardato postazioni dell’Is in Iraq. A Baghdad oggi due attentati in quartieri sciiti hanno causato almeno 10 morti. Ieri a Washington, si è svolto l'incontro tra Re Abdullah II di Giordania e il presidente americano Obama. Il sovrano ha detto che contro lo Stato Islamico è in corso una terza guerra mondiale. Su queste dichiarazioni Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Lorenzo Trombetta, dell’Ansa di Beirut: 

R. – L’accostamento con una guerra mondiale - anche per quantità di vittime, per quantità di distruzione e per le ripercussioni che avrà nel lungo, lunghissimo periodo – Abdullah non è il primo a farlo, ma credo che sia un accostamento comunque appropriato. Al di la della questione Stato Islamico, questa composizione di Stati nazionali in Medio Oriente da tempo scricchiolava e con le rivolte del 2010 e poi del 2011 e anche in seguito, le guerre che stanno rimettendo in discussione – in modo anche molto violento, molto drammatico, barbaro in certi casi – gli ultimi cento anni di storia. Siamo veramente in una lotta di potere più grande della questione Stato Islamico-jihadisti-islam contro cristiani. Davvero questo momento sarà raccontato nei libri di storia… Speriamo che da questa tragedia rinasca un Medio Oriente migliore di quello che era nei decenni precedenti. Quello che è successo tra il 2010 e il 2011 e le conseguenze drammatiche che stiamo vivendo adesso sono il risultato anche dell’assenza di una politica locale e anche internazionale, su come gestire le società che per decenni si sono sentite depresse, messe da parte, dimenticate, fuori da un benessere sempre di pochi.

D. – Quando si cominciò a parlare dello Stato Islamico, si immaginò – anche con un certo timore – una sorta di alleanza del fondamentalismo armato: ovvero Is più al-Qaeda. Questo però non c’è stato: che motivo c’è dietro questa mancata alleanza?

R. – L’al-Qaeda, quella che conoscevamo noi negli ultimi dieci anni, ha perso piano piano sempre più consenso sul terreno. Lo Stato Islamico ha saputo raccogliere e oggi si propone con una veste nuova, con una ideologia mediata da al-Qaeda, ma comunque con degli elementi nuovi che lo rendono più appetibile, più interessante, più attraente nei confronti di milioni di giovani disadattati del mondo orientale, ma anche del mondo occidentale. Quindi non ci poteva essere una alleanza con al-Qaeda semplicemente perché l’Is proviene dal qaedismo, lo ha sviluppo, lo elaborato e lo ha raffinato in un contesto però storico e geografico dove al-Qaeda tradizionale non aveva mai potuto confrontarsi veramente.

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S&P declassa Italia. Vaciago: pesa l'assenza dell'Europa

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La valutazione di  Standard & Poor’s riflette la realtà. E’ l’opinione dell’economista Giacomo Vaciago, all’indomani del declassamento dell’Italia da parte dell’agenzia di rating, che pone il Paese quasi al livello di ‘spazzatura’. Il governo incassa il giudizio dettato dal forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e da una bassa competitività. Francesca Sabatinelli ha intervistato Giacomo Vaciago: 

R. – Chi legge con cura le poche pagine dell’analisi di Standard & Poors, vede che sono abbastanza equilibrate. Nel corso del 2014, l’economia italiana si è rispenta, in gran parte per colpa di shock provenienti dall’estero, come la vicenda russa. Però, essendo l’economia italiana già debole di suo, quando arrivano shock esogeni si torna subito in recessione, perché non si è abbastanza forti. Questo è un problema che per ora il governo non ha risolto. Il governo si sta occupando di leggi delega che consentano, nel 2015, di migliorare la situazione e, se va tutto bene, avremo un grande 2016. Questa strategia non è apprezzata dai mercati, per ora, salvo che dai Btp i cui rendimenti sono crollati, ma lì, il merito è di Draghi.

D. – Ogni declassamento, e anche ogni promozione, delle agenzie di rating fa discutere circa la loro attendibilità. In questo caso?

R. – In questo caso, mi ci riconosco: il governo ha promesso moltissimo, ha iniziato a fare più e meglio di precedenti governi, ma i risultati non arrivano in giornata. I risultati arrivano quando le leggi delega diventano decreti delegati e poi quando vengono attuati. Quindi, chiaramente, questa strategia di Renzi non dà risultati immediati. Le agenzie partono dalla premessa che se noi cambiamo governo ogni anno, questo anno l’abbiamo semplicemente perso. L’Italia, fino a Pasqua 2014, era data in ripresa da tutti, poi abbiamo applicato sanzioni al nostro miglior cliente: la Russia. Noi europei, non solo gli italiani, non siamo riusciti a gestire la crisi ucraina e ci ha fatto del male, moltissimo. E nel corso dell’estate tutta l’Eurozona, a cominciare da Italia e Germania, è andata peggio del previsto. Allora, il risultato è che l’Europa che non c’è soffre ogni volta che ci sono guai fuori dall’Europa, perché i nostri 18 governi non hanno ancora capito che quando c’è un problema comune, devono far squadra e cooperare!

D. – Allora, adesso quali dovrebbero essere le priorità del governo italiano? Mettere mano alle riforme?

R. – Anzitutto, la legalità: processare e mettere in galera i ladri. E poi, che Bruxelles si dia una mossa. Da sola l’Italia non fa niente come ripresa e ritorno alla crescita, è l’Europa che non c’è che quest’anno ha sofferto. Noi, essendo tra i deboli, abbiamo sofferto di più. Attenzione: è l’intera Europa che è un buco, oggi, di non governo. Non si sa più chi governi! I singoli governi nazionali, da soli, non hanno la sovranità di una volta. E se uscissimo dall’euro, non riusciremmo a uscire dall’Europa e l’Ucraina rimarrebbe lì vicina, anche se uscissimo dall’euro. Quindi, i nostri problemi, che ci vengono da fuori, li risolviamo così: in Italia, rispettando le leggi e mettendo in galera i ladri, e a Bruxelles, facendo le politiche espansive che la situazione di disoccupazione drammatica richiede.

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Mafia a Roma, Parolin: forte preoccupazione. Zuppi: necessario sussulto

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L’inchiesta sulla mafia a Roma “provoca molta preoccupazione”: è quanto ha detto il cardinale Pietro Parolin ai giornalisti, a margine della sua visita al Bambin Gesù. Le indagini della magistratura intanto vanno avanti. Ma ascoltiamo le parole del segretario di Stato raccolte da Giada Aquilino

“Come può non preoccupare, come si fa a vivere senza legalità? Una società che non cura la legalità è una società destinata a lasciare il predominio soltanto al più forte e a calpestare il più debole. Certamente tutto questo provoca molta preoccupazione. Io direi che dovremmo venire qui qualche volta, per capire qual è il senso vero della vita e forse ritrovare quei valori autentici tra cui c’è anche questo senso profondo della legalità e del rispetto della legge, non come formalismo, ma come rispetto sostanziale dei diritti di ciascuno e soprattutto – torno a dire – dei più deboli dei più vulnerabili. Dovremmo venire qui per recuperare questi valori”.

Ma come spiegare quanto accaduto nella capitale? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma: 

R. – Penso che c’è un problema specifico, che è la classe politica; e poi, c’è un problema più generale: perché la classe politica comunque rispecchia anche una condizione generale. Io credo che ci sia una necessità di tutti di riappropriarsi del bene comune e anche di capire che il bene comune sia decisivo, determinante, che dobbiamo difenderlo. E’ necessario un sussulto, una presa di coscienza generale, un cambiamento generale …

D. – Secondo lei, la politica non è divenuta, negli ultimi tempi, un affare di pochi, di una casta?

R. – Da una parte c’è indubbiamente una delega, un’indifferenza, una disillusione che forse è la cosa peggiore. Dall’altra parte, si è manifestata in tanti modi la richiesta di una politica seria. Certamente, credo che sia da aiutare tanto la partecipazione dei cittadini, di quanti poi non possono accettare – come tutti, credo – una situazione come questa.

D. – C’è un’ulteriore riflessione da fare su un certo silenzio del mondo cattolico?

R. – Io penso che ci siano tante forze – tra cui molte cattoliche – che hanno espresso, nella manifestazione dell’altro giorno al Campidoglio, le loro richieste e anche la loro condanna rispetto a quello che emerge dall’inchiesta. Certamente dobbiamo fare di più; certamente dobbiamo essere più presenti, dobbiamo essere più propositivi, quindi non soltanto condannare ma anche indicare dei percorsi virtuosi, percorsi di partecipazione, di soluzione dei problemi …

D. – Questa vicenda ci dice che oltre alla corruzione, c’è un “salto di qualità”: quello della violenza abbinata alla corruzione, della minaccia fisica.

R. – Perché condivisione tra corruzione e malavita: credo che questo debba inquietare ancora di più. Certi episodi di squadrismo fanno pensare che c’è ancora molto da fare.

D. – Secondo lei, azzerare la classe politica romana e tornare a votare per il Comune di Roma può far sperare per una nuova gestione del bene comune a livello locale?

R. – Questa è una decisione che verrà presa dalle autorità competenti. Mi sembra, peraltro, che la decisione non sia in questo senso. E’ anche una tentazione, eh? La tentazione del moralismo oppure la tentazione di chi copre o si ricicla con rapidità. La morale è un’altra cosa. Credo che quello che ci è chiesto sia esattamente di andare avanti con grande chiarezza: pensare che sia tutto sporco in genere è piuttosto moralismo e in genere non risolve i problemi ma anzi, le peggiora, li complica ulteriormente, li rimanda, illude ulteriormente.

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Carcere Paliano, mons. Sigalini cresima due detenuti

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Giornata particolare questa mattina nell’Istituto di pena di Paliano, in provincia di Frosinone. Due detenuti, collaboratori di giustizia, hanno ricevuto il Sacramento della Cresima. Il rito è stato presieduto dal vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini. Ce ne parla Davide Dionisi

Una celebrazione né preceduta, né circondata da campagne promozionali. Nell’Istituto di pena di Paliano, carcere che ospita solo una settantina di collaboratori di giustizia, i detenuti sono prima di tutto persone e la parola d’ordine per chi lavora al loro fianco è una: rispetto per chi si trova in difficoltà. Oggi, due di loro hanno ricevuto la Cresima, a testimonianza che anche da “ristretti” un percorso virtuoso è possibile. Ne è convinto il vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini:

R. – Come no! Direi che proprio il fine che ha un carcere, un istituto di pena, è quello di ridare dignità alla persona che l’ha persa, perché è incorso in alcune cose che non poteva fare, che non doveva fare o in responsabilità che non si è assunto. Quindi, c’è apposta un Istituto di pena per aiutare una persona a recuperare la sua dignità e quella si recupera abbastanza bene, per quel che vedo io…

D. – Continuando a rimanere accanto ai detenuti, oggi chi opera in carcere è chiamato a spostare l’attenzione dall’Istituto di pena, quale luogo di recupero, ai territori. Ma ancora è troppo imperante la politica di intervento riparatore piuttosto che un progetto organico…

R. – Sì, purtroppo non siamo attrezzati soprattutto in questo tempo in cui, per esempio, il lavoro è una perla preziosa che non trovi da nessuna parte: averlo per queste persone sarebbe l’ideale, perché potrebbero mettersi dentro alla vita in maniera concreta, misurarsi con dei progetti, con la fatica che ha un suo risultato. Siamo quindi un po’ in difficoltà in questo tempo, anche se riescono lo stesso, con alcune interazioni col territorio, a trovare uno sfogo e uno spazio se non immediato magari nel prossimo futuro. Qui ci sono anche dei collaboratori di giustizia che poi dovranno tornare a vivere in altri modi e identità. Quindi, sarà importantissimo dare loro questa indipendenza nella vita.

D. – In passato, a sostegno di politiche repressive si sono invocate la paura e la sicurezza. Considerare creature umane che hanno sbagliato come persone da rinchiudere e sigillare perché pericolose non cancella, secondo lei, il diritto di cittadinanza ed elimina di fatto questa tutela?

R. – Sì, è vero che cancella il diritto di cittadinanza, ma io dico che cancella la speranza. Se tu cancelli la speranza in un uomo, che uomo è? E’ una specie di pacco che ha già la sua destinazione, non ha più niente di nuovo. Invece, come dice sempre Papa Francesco, che è  contro l’ergastolo, perché spegne la speranza in una vita  - e lo ho ricordato anche ai ragazzi oggi - se non abbiamo speranza, non siamo più neanche persone. Quindi tutto questo lavoro che deve essere fatto dalla legge, dai nostri istituti giuridici deve essere assolutamente aperto a questa prospettiva di futuro, pur sapendo che i delitti sono gravi e che tante cose non si riparano assolutamente più. E sono i primi loro a sapere che questo perdono fanno fatica a ottenerlo dalle persone, lo hanno soprattutto e soltanto da Dio.

Paliano è un esempio in cui direzione, Polizia penitenziaria e volontari hanno trovato il coraggio della parola e dell’esempio, avallando in via prioritaria politiche solidali e di sostegno per i detenuti. Insomma, ha dato speranza a chi non ne ha. Alla direttrice, Nadia Cersosimo, abbiamo chiesto se questo può essere un modello esportabile:

R. – E’ sicuramente un modello, è un esemplare. Però, dobbiamo tener conto che gli istituti in questo momento soffrono di situazioni gravissime di sovraffollamento e per i quali ovviamente il nostro modello spesso non è applicabile. Noi ci auguriamo che le nostre istituzioni possano riacquistare quella dignità necessaria per gli operatori, ma anche per darla ai detenuti che hanno necessità di riacquistare la loro dignità per poter poi rientrare nella società come uomini liberi, con una revisione critica fatta sul vissuto delinquenziale.

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Card. Scola: serve nuovo umanesimo per uscire dalla crisi

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“Un nuovo umanesimo per Milano e le terre ambrosiane” è il titolo del Discorso alla Città dell’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, pronunciato nella Basilica milanese di Sant'Ambrogio, nella vigilia del patrono della città e della Diocesi. Da Milano, il servizio di Fabio Brenna

Lo stile di vita della “Milano da bere” ha lasciato in eredità una situazione di grave frammentazione, di affermazione dell’individualismo. Diffusa è l’esigenza di un cambiamento, di una novità radicale: è il bisogno che Papa Francesco individua nel rimettere l’uomo al centro. La capacità insita nella fede cristiana di generare cultura, cioè di proporre un senso per il vivere quotidiano, è il nuovo umanesimo individuato dal cardinale Scola. Per i cristiani la via per testimoniare un nuovo umanesimo inizia dall’esistenza di tutti i giorni. Significa allora affrontare una società diventata meticcia, dove, secondo l’arcivescovo un equilibrato rapporto tra diritti e doveri diventa base per buone leggi.

Di fronte alla crisi che fa scivolare in condizioni di povertà difficilmente recuperabili, Scola individua nella solidarietà e sussidiarietà le modalità per affrontare i bisogni sociali. La ricca rete di opere sociali e di carità presenti sul territorio, ha osservato il cardinale, è già realizzazione di un nuovo umanesimo. Un altro ambito decisivo per l’edificazione di un nuovo umanesimo viene individuato nell’educazione e quindi per estensione ai luoghi della cultura, dell’arte e del turismo. Sfida tutta da realizzare, attraverso la proposta di una amicizia civica, è quella per la costruzione della nuova città metropolitana. Il cardinale Scola ha annunciato un’iniziativa dal titolo “Dialoghi di vita buona” come occasione di ascolto, lavoro e condivisione. Al termine della celebrazione sono stati i gruppi etnici di immigrati presenti a Milano a portare le loro offerte all’arcivescovo, perché siano redistribuite ai vecchi e nuovi poveri della metropoli.

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Commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella seconda domenica di Avvento, il Vangelo ci propone la figura di Giovanni Battista, voce di uno che grida nel deserto per annunciare la venuta del Cristo:

“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

In questa seconda domenica d’avvento la Chiesa innalza davanti a noi la figura di Giovanni Battista, il messaggero che prepara la via al Signore che viene. Il Padre, che Gesù Cristo è venuto a rivelarci, non è un Dio che ama stare “comodamente seduto in cielo”, ma è un Dio che ha un amore unico, tenero e forte insieme, per il figliol prodigo e gli “corre incontro” quando ancora è lontano (Lc 15,20). È un Dio che viene: “Ho detto: ‘Eccomi, eccomi’ a una nazione che non invocava il mio nome” (Is 65,1), ci dice il profeta Isaia. Un “Eccomi” che diviene quasi uno dei nomi che lo definiscono: “Io sono colui che dice: ‘Eccomi’” (Is 52,6)! La buona notizia è proprio Gesù, colui che salva, il Figlio di Dio che viene a battezzare in Spirito Santo,  a donare agli uomini lo Spirito Santo, a fare di loro “figli di Dio”. Il Verbo di Dio, esclama Sant’Ireneo, è venuto a mettere “la sua abitazione tra gli uomini e si è fatto Figlio dell'uomo, per abituare l'uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell'uomo secondo la volontà del Padre” (Adversus haereses, 3,20). Il Signore viene, accogliamo l’invito di Giovanni Battista! Mettiamoci in piedi, corriamo incontro al Signore, prepariamogli la via, raddrizziamo i nostri sentieri! Convertiamoci!  Che la liturgia domenicale, l’incontro con i fratelli, faccia crescere questa attesa e ci lanci nel mondo per compiere oggi l’opera di Giovanni Battista e preparare in questa generazione un popolo ben disposto ad accogliere il Signore che viene per ogni uomo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi Nord Irlanda: legge adozioni gay viola libertà coscienza

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La Chiesa cattolica irlandese è costretta a sospendere, suo malgrado, la sua collaborazione con “Family Care Society–Northern Ireland”, un’organizzazione caritativa di adozione che, in Irlanda del Nord, ha due sedi a Derry e Belfast. La decisione, resa nota giovedì, è conseguenza del rifiuto del ricorso presentato nel 2013 contro la riforma della legge sulle adozioni introdotta nel 2011 dalla Commissione nord-irlandese per i diritti umani, che obbliga tutte le agenzie per le adozioni ad accettare come genitori anche coppie di fatto omosessuali.

Si è così riproposta in Irlanda del Nord la situazione creata dalla legge anti-discriminazione introdotta nel 2007 nel Regno Unito, che in questi anni ha costretto diverse agenzie cattoliche per le adozioni a chiudere la propria attività, o ad adeguarsi alle nuove disposizioni, interrompendo i loro rapporti con le diocesi.

In una nota, i vescovi nord-irlandesi esprimono profondo rammarico per una decisione imposta dalle circostanze: “E’ irragionevole che il legislatore imponga alle organizzazioni confessionali di offrire i loro servizi contro i propri principi religiosi”, affermano, sottolineando come questi sviluppi rappresentino un’ulteriore “erosione del diritto ad esercitare la libertà di coscienza e di religione nella sfera pubblica”.

Secondo i presuli, la conciliazione tra coscienza religiosa e legge dovrebbe essere un punto fermo in una “società autenticamente diversificata, equa e pluralistica”. Invece – osservano, citando le parole di Papa Francesco al Convegno "La libertà religiosa secondo il diritto internazionale e il conflitto globale dei valori", “in nome di un falso concetto di tolleranza si finisce per perseguitare coloro che difendono la verità sull’uomo e le sue conseguenze etiche”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Missione ebola: Camilliani indiani in Sierra Leone

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Mentre il virus dell’ebola continua a seminare paura e morte, sono già tanti i volontari che hanno messo la loro vita a rischio e continuano ad essere a disposizione. Tra questi, i religiosi Camilliani che con la loro Camillian Task Force (CTF) sono già intervenuti in Sierra Leone. In una testimonianza inviata all’Agenzia Fides, il padre camilliano Baby Ellickal, vicario della Provincia indiana, ha dichiarato che anche altri religiosi del team indiano CTF sono pronti ad impegnarsi in prima linea. Quattro andranno in Sierra Leone dopo una settimana di formazione a Roma. Si tratta di p. Antony Kunnel (consultore) e fra Madhu Babu (infermiere) che partiranno subito, mentre altri due, p. Teji Thomas e Siby Kaitharan, li raggiungeranno in seguito. La CTF è nel Paese africano dal 12 ottobre, a Makeni, dove p. Aris Miranda, coordinatore internazionale, e Anita Ennis, volontaria CTF, hanno aperto la strada per una maggiore e prolungata presenza nell’area.

“Il nostro impegno – riferisce p. Ellickal - è particolarmente concentrato su tre aree di intervento: la riapertura dell’ Holy Spirit Hospital della diocesi di Makeni, dove si trova il team della CTF, e l’assistenza alla Task Force Diocesana con la quale stiamo collaborando al programma di risposta all’ebola per la mobilitazione sociale e la prevenzione nelle comunità locali oltre al sostegno umanitario alle famiglie e ai villaggi colpiti. Il terzo punto prevede il supporto psicologico individuale e comunitario. Vogliamo estendere il sostegno alle famiglie in quarantena, in particolare bambini, vittime del virus. Il lavoro da fare è enorme a livello individuale e comunitario. Altri nostri confratelli si stanno preparando a raggiungere il Paese africano da India, Italia e Filippine” conclude il religioso.

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Australia, domenica solidale con cristiani del Medio Oriente

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Una Giornata di solidarietà con tutti i cristiani del Medio Oriente è stata indetta dalla Conferenza episcopale australiana per questa domenica. L’iniziativa è pensata, in particolare, per tutti coloro che vivono minacciati o sono stato costretti a sfollare a causa delle violenze perpetrate dai miliziani del cosiddetto Stato islamico. La Giornata di solidarietà, informa una nota dei vescovi, ha l’obiettivo di coinvolgere i fedeli nella preghiera e di raccogliere fondi per aiutare i cristiani mediorientale, soprattutto i profughi iracheni. 

"Tutti i cristiani iracheni hanno un disperato bisogno delle nostre preghiere e del nostro sostegno”, spiega l’arcivescovo Djibrail Kassab, pastore di oltre 31 mila cattolici caldei in Australia”. Questi nostri “fratelli e sorelle feriti – prosegue – sono stati brutalmente costretti a lasciare le loro città originarie e tutti i loro averi per rimanere fedeli a Gesù Cristo". Mentre “intere comunità presenti nella regione fin dai tempi dei Apostoli ora vengono scacciate per mezzo di atrocità indicibili" e questa tragedia, “presente del Medio Oriente” non solo, insiste mons. Kassab, “ha ripercussioni sulle comunità della regione, ma ha anche vaste implicazioni per la pace e la sicurezza del mondo".

Dal suo canto, l’arcivescovo di Melbourne, Denis Hart, aggiunge: "Abbiamo ascoltato l’appello dei nostri fratelli vescovi delle Chiese Orientali e ci uniamo nell’esprimere le nostre preoccupazioni per le gravi sofferenze di queste comunità risalenti ai tempi dei Apostoli, e per il pericolo di una loro scomparsa graduale da quelle terre antiche". Infine, qualche dato: in Australia, sono presenti 150 mila maroniti, molti dei quali provenienti dal Libano, e 50 mila melkiti. (H. N.)

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Roma. Religiosi Cism e Usmi a convegno su poveri e periferie

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Proseguono alla Domus Pacis di Roma i lavori del Convegno organizzato dalle Conferenze Cism e Usmi (ramo maschiale e ramo femminile dei Religiosi) sul contributo dato dai consacrati all’assistenza e alla promozione dei poveri di oggi, quelli che vivono nelle “periferie della storia”, come li chiama Papa Francesco. Fra le applaudite relazioni del dott. De Rita, che ha parlato di una forte caduta delle aspettative nella società statica di oggi, di Mons. Bregantini, che ha raccomandato di “prestare la voce in difesa dei giovani comprendendoli e accogliendo ciò che Dio dice attraverso la loro presenza”. Ha destato poi molto interesse la testimonianza di suor Annie Joseph Punthemparanbil, che lavora nel “Progetto PBK” (Pro Bambini Kabul), in Afganistan, sostenuto da 14 Congregazioni di religiosi e religiose che hanno raccolto l’appello di Giovanni Paolo II, allorché nel Natale del 2001 raccomandò di “salvare i bambini di Kabul”. Il progetto iniziò tre anni dopo con quattro suore che formano una comunità intercongregazionale e lavorano con 40 bambini in difficoltà di apprendimento fra i 6 e i 12 anni. Ogni anno, ne preparano 8-9 per l’inserimento nella scuola normale.

“Viviamo in una casa piccola e misera - ha detto la suora - vestiamo come la donne afgane e non possiamo mostrare nessun segno religioso. Usciamo tre volte la settimana per andare a Messa nella cappella dell’ambasciata italiana e ne abbiamo una interna per l’adorazione e la Comunione nei giorni in cui non andiamo a Messa". Il lavoro, ha spiegato la religiosa, è svolto "d’accordo con il Ministero dell’educazione che ne apprezza l’utilità e ci chiede di aprire altri centri nel Paese. Attualmente siamo in tre e, insieme a una piccola comunità di Piccole Sorelle di Gesù, a un minuscolo gruppo di Suore di Madre Teresa e ad alcuni Gesuiti indiani formiamo una chiesa viva e di colore ecumenico per la presenza di una comunità di religiosi luterani, con cui viviamo in perfetta comunione. Forte è anche il dialogo interreligioso vissuto nella quotidianità, perché la nostra istituzione è in contatto con varie comunità musulmane con cui è normale lo scambio e l’ arricchimento in campo educativo. "Siamo solo una piccola opera - conclude - ma possibile modello di un nuovo sviluppo, di un umanesimo integrale, aperto ai valori cristiani e umani della solidarietà, della giustizia e della fraternità”. Il Convegno terminerà oggi con una concelebrazione presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 340

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.