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Sommario del 29/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: una comunità cristiana è in pace, testimonia Cristo e assiste i poveri
  • Consiglio di Cardinali: all'esame i Pontifici Consigli, la fine dei lavori nel 2015
  • Il Papa riceve il presidente del Paraguay Cartes Jara
  • Papa, tweet: nessuno può presumere di non essere peccatore. Chiediamo perdono a Dio dei nostri peccati
  • Seminario del Pontificio Consiglio giustizia e pace sul "lavoro decente"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. violenze a Damasco e Homs. La sorella di p. Dall'Oglio: liberate nostro fratello
  • Iraq, vigilia di elezioni e violenze. Mons.Warduni: momento importante, serve aiuto
  • Repubblica Centrafricana, uccisi tre operatori Msf: "Situazione gravissima"
  • Sudafrica. Il card. Napier: c'è il dito di Dio nei 20 anni di democrazia nel nostro Paese
  • Giornata di memoria per le vittime delle armi chimiche
  • Il caso del "romanzo gay" al Giulio Cesare. Il sottosegretario Toccafondi: chiederemo un approfondimento
  • Festa di Santa Caterina da Siena, donna coraggiosa innamorata di Cristo e della Chiesa
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Terra Santa: vandalismo e profanazioni contro luoghi cristiani in Galilea
  • Sud Corea. Affondamento del traghetto: la Presidente Park chiede scusa
  • Congo: la società civile denuncia il traffico di esseri umani, soprattutto bambini
  • Africa australe: appello dei vescovi a fermare l’escalation dei conflitti nella regione
  • Indonesia: giuristi islamici contestano l'applicazione della sharia ai non musulmani
  • Egitto: si studiano misure per garantire un'adeguata presenza di cristiani nel futuro Parlamento
  • Choc dei vescovi inglesi per l'uccisione di un insegnante
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: una comunità cristiana è in pace, testimonia Cristo e assiste i poveri

    ◊   Ogni comunità cristiana dovrebbe confrontare la propria vita con quella che animava la prima Chiesa e verificare la propria capacità di vivere in “armonia”, di dare testimonianza della Risurrezione di Cristo, di assistere i poveri. Lo ha affermato Papa Francesco nell’omelia della Messa presieduta stamattina a Casa S. Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un’“icona” in tre “pennellate”: è quella che ritrae la prima comunità cristiana così come descritta dagli Atti degli Apostoli. Papa Francesco si sofferma sui “tre tratti” di questo gruppo, capace di piena concordia al suo interno, di dare testimonianza di Cristo al di fuori, di impedire che nessuno dei suoi membri patisse la miseria: le “tre peculiarità del popolo rinato”. L’omelia del Papa si sviluppa a partire da ciò che per tutta la settimana di Pasqua la Chiesa ha messo in luce: il “rinascere dall’Alto”, dallo Spirito, che dà vita – afferma – al primo nucleo dei “nuovi cristiani”, quando “ancora non si chiamavano così”:

    “’Aveva un solo cuore e un’anima sola’. La pace. Una comunità in pace. Questo significa che in quella comunità non c’era posto per le chiacchiere, per le invidie, per le calunnie, per le diffamazioni. Pace. Il perdono: ‘L’amore copriva tutto’. Per qualificare una comunità cristiana su questo, dobbiamo domandarci com’è l’atteggiamento dei cristiani. Sono miti, umili? In quella comunità ci sono liti fra loro per il potere? Liti d’invidia? Ci sono chiacchiere? Non sono sulla strada di Gesù Cristo. Questa peculiarità è tanto importante, tanto importante, perché il demonio cerca di dividerci sempre. E’ il padre della divisione”.

    Non che mancassero i problemi anche in quella prima comunità. Papa Francesco ricorda “le lotte interne, le lotte dottrinali, le lotte di potere” che pure sopraggiunsero più avanti. Per esempio, dice, quando le vedove si lamentarono di non essere assistite bene e gli Apostoli “dovettero fare i diaconi”. Tuttavia, quel “momento forte” dell’inizio fissa per sempre l’essenza della comunità nata dallo Spirito. Una comunità concorde e, secondo, una comunità di testimoni della fede, sulla quale Papa Francesco invita a confrontare ogni comunità di oggi:

    “È una comunità che dà testimonianza della risurrezione di Gesù Cristo? Questa parrocchia, questa comunità, questa diocesi crede davvero che Gesù Cristo è risorto? O dice: ‘Sì, è risorto, ma di qua’, perché lo crede qui soltanto, il cuore lontano da questa forza. Dare testimonianza che Gesù è vivo, è fra noi. E così si può verificare come va una comunità”.

    Terzo tratto su cui misurare la vita di una comunità cristiana sono “i poveri”. E qui, Papa Francesco distingue il metro di verifica in due punti:

    “Primo: com’è il tuo atteggiamento o l’atteggiamento di questa comunità con i poveri? Secondo: questa comunità è povera? Povera di cuore, povera di spirito? O mette la sua fiducia nelle ricchezze? Nel potere? Armonia, testimonianza, povertà e avere cura dei poveri. E questo è quello che Gesù spiegava a Nicodemo: questo nascere dall’Alto. Perché l’unico che può fare questo è lo Spirito. Questa è opera dello Spirito. La Chiesa la fa lo Spirito. Lo Spirito fa l’unità. Lo Spirito ti spinge verso la testimonianza. Lo Spirito ti fa povero, perché Lui è la ricchezza e fa che tu abbia cura dei poveri”.

    “Che lo Spirito Santo – conclude Papa Francesco – ci aiuti a camminare su questa strada di rinati per la forza del Battesimo”.

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    Consiglio di Cardinali: all'esame i Pontifici Consigli, la fine dei lavori nel 2015

    ◊   Al via ieri in Vaticano le nuove riunioni del Consiglio di Cardinali, voluto dal Santo Padre per aiutarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana. Dopo gli incontri di ottobre e dicembre 2013 e del febbraio scorso, questa tornata si concluderà domani. Il servizio di Giada Aquilino:

    Agli appuntamenti di questo quarto incontro, Papa Francesco partecipa per la maggior parte del tempo, fatta eccezione per altri impegni di particolare importanza, come l’udienza ai reali di Spagna di ieri mattina, quella di stamani al presidente del Paraguay e l’udienza generale di domani. Lo spiega una nota del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Oltre agli otto cardinali membri del Consiglio, è presente alle riunioni anche il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. Ieri, il Consiglio ha ascoltato una relazione del presidente della Pontificia Commissione Referente di Studio e Indirizzo per gli Affari Economici ed Amministrativi della Santa Sede (COSEA), il prof. Joseph F.X. Zahra, a proposito di alcuni dei settori di attività da essa esaminati.

    Dopo essersi occupati precedentemente delle Congregazioni della Curia Romana, i porporati stanno ora prendendo in esame i Pontifici Consigli, prima con riflessioni generali e poi singolarmente: è da prevedere, spiega ancora la nota, che nel corso di questo incontro "si possa completare una prima rassegna di considerazioni" su tali dicasteri. La prossima riunione del Consiglio si terrà dal primo al quattro luglio: dato che il lavoro da compiere "è ancora molto", si precisa, "non bisogna attendersi che si concluda entro l’anno in corso, piuttosto nel successivo". Venerdì 2 maggio invece avrà luogo il primo incontro del nuovo Consiglio per l’Economia.

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    Il Papa riceve il presidente del Paraguay Cartes Jara

    ◊   Papa Francesco ha incontrato questa mattina in Vaticano il presidente della Repubblica del Paraguay, Horacio Manuel Cartes Jara, accompagnato dalla moglie e da un seguito. Il colloquio è durato circa mezz’ora. Il Papa ha anche ricevuto in udienza l’arcivescovo Ivo Scapolo, nunzio apostolico in Cile, e il cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas.

    In Scozia, il Pontefice ha nominato vescovo di Motherwell mons. Joseph Anthony Toal, trasferendolo dalla sede di Argyll and the Isles. Il presule è nato a Roy Bridge, Inverness-shire, nella diocesi di Argyll and The Isles (Scozia), il 13 ottobre 1956. Ha svolto gli studi ecclesiastici presso i seminari St. Vincent College (Langbank) e St. Mary's College (Blairs) in Aberdeen. Successivamente ha studiato Teologia presso il Royal Scots College di Valladolid, conseguendo il Baccellierato presso l'Universita Pontificia di Comillas a Madrid. Fu ordinato sacerdote nella St. Columba's Cathedral di Oban, per la diocesi di Argyll and The Isles, il 10 luglio 1980. Dal 1981 al 1983 è stato Vicario Parrocchiale nella parrocchia di St. Peter's di Daliburgh e, fino al 1986, Insegnante presso il Seminario minore di Blairs.Del 1986 al 1999 è stato Parroco prima della parrocchia di St. Michael's, Ardkenneth, South Uist, poi di quella di St. Kieran's, Campbeltown, ed infine di quella di St. Mary's, Benbecula. Dal 1999 al 2008 ha servito presso il Royal Scots College in Salamanca, ove è stato prima Direttore Spirituale, poi Vice-Rettore ed infine Rettore. Il 24 marzo 2007 è stato nominato Prelato d'Onore di Sua Santità. Il 16 ottobre 2008 è stato nominato Vescovo della diocesi di Argyll and the Isles, ricevendo la consacrazione episcopale l'8 dicembre successivo.

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    Papa, tweet: nessuno può presumere di non essere peccatore. Chiediamo perdono a Dio dei nostri peccati

    ◊   Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Chi di noi può presumere di non essere peccatore? Nessuno. Chiediamo perdono a Dio dei nostri peccati”.

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    Seminario del Pontificio Consiglio giustizia e pace sul "lavoro decente"

    ◊   “Lavoro decente, giustizia sociale e sradicamento globale della povertà”. Il tema del Seminario organizzato a Roma, oggi e domani, dal Pontificio Consiglio Giustizia e pace, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per il lavoro (Ilo) e numerose Ong di ispirazione cattolica. In apertura dei lavori il cardinale Peter Turkson, presidente del dicastero vaticano, ha denunciato un sistema economico incentrato sul denaro che crea disoccupazione, sottoccupazione e lavoro precario e alimenta la povertà. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Nonostante i grandi progressi portati dall’industrializzazione e dalla mondializzazione, ha sottolineato il cardinale Turkson, la povertà continua a tormentare” “miliardi di fratelli e sorelle nel mondo”. Da qui l’urgenza di un approccio economico alternativo basato sulla giustizia e sulla solidarietà, come raccomanda la Dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum Novarum di Leone XIII e agli insegnamenti di Papa Francesco. Mons. Robert Vitillo, rappresentante della Caritas Internationalis a Ginevra, ci spiega la genesi e lo scopo di questo seminario:

    R. – Per più di un anno, abbiamo lavorato insieme per sviluppare un documento per quanto riguarda i nuovi obiettivi dello sviluppo umano: il cosiddetto "post-2015". Inoltre, abbiamo preparato un documento congiunto, dove abbiamo inserito tutte le priorità della nostra azione. Ad esempio impegnandoci per i disoccupati, i sub-occupati – ovvero le persone che devono lavorare in situazioni molto difficili e pericolose – i migranti che vengono sfruttati, le vittime delle tratta, ecc. Abbiamo collaborato per preparare questo documento affinché possa essere utilizzato con i governi e le agenzie delle Nazioni Unite per promuovere l’inclusione del lavoro decente nel processo "post-2015".

    D. – Che cosa si intende per lavoro decente?

    R. – Prima di tutto, è una questione che va oltre l’aumento dello stipendio. Alla base di questo ci deve essere un rispetto per la dignità umana. La Chiesa ha alle spalle una lunga storia in questo campo: ha promosso azioni tramite la sua dottrina per mettere la persona al centro del dibattito, superare la tendenza a focalizzarsi solamente sul mondo del profitto e del commercio. Dobbiamo poi arrivare alle cose pratiche: parlare di uno stipendio con cui un lavoratore potrà sfamare e mantenere la sua famiglia in una casa decente. In questo processo, dobbiamo pensare al diritto dei lavoratori a organizzarsi, insistere sul fatto che il loro lavoro si svolga in condizioni decenti. Infine, la libertà di promuovere il loro interesse e di collaborare anche con le ditte, con le società che fanno commercio. Infatti, in questo seminario abbiamo una rappresentanza dei commercianti cattolici disposta a lavorare insieme con i lavoratori.

    D. – Quindi, un’azione da parte del mondo cattolico di rilancio del tema del lavoro che troppo spesso vediamo sacrificato da politiche speculative ai danni dei diritti dei lavoratori…

    R. – Sì, è proprio come dice molto spesso Papa Francesco: dobbiamo mettere i lavoratori al centro delle discussioni e non focalizzarci solamente sui soldi e sul profitto. Bisogna collegare questo tema con lo sviluppo in generale, perché il lavoro decente contribuisce allo sviluppo del mondo, al bene comune.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Prima pagina dedicata alla situazione internazionale. In apertura, un milione di donne contro Boko Haram, ovvero l'imponente manifestazione in Nigeria per chiedere il rilascio delle studentesse sequestrate.

    E ancora, la politica libica contro le migrazioni e la situazione in Ucraina.

    In cultura, Natale Spineto sul contributo di Julien Ries all'antropologia del sacro.

    Mai sulle spalle del gregge: Gerhard Ludwig Müller racconta il sinodo dei vescovi nel pensiero di Joseph Ratzinger.

    Giovanni Zavatta ci introduce ai festeggiamenti per i cinquant'anni dell'Arca, comunità fondata da Jean Vanier che si aprono il 1° maggio.

    Armonia, testimonianza e cura dei bisognosi: sono queste secondo Papa Francesco (omelia a Santa Marta) le tre pennellate che raffigurano la comunità cristiana.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. violenze a Damasco e Homs. La sorella di p. Dall'Oglio: liberate nostro fratello

    ◊   In Siria non si ferma la violenza. E' di 14 morti e 86 feriti il bilancio di un bombardamento, con quattro colpi di mortaio, sul centro di Damasco in cui è stata colpita anche una scuola. A Homs, invece, notizie del primo pomeriggio parlano di un nuovo attentato con autobomba e di almeno 20 vittime. E mentre Bashar al Assad ha confermato la candidatura per le prossime presidenziali, a nove mesi dal rapimento del padre gesuita Paolo Dall’Oglio, i familiari invocano la sua liberazione. Massimiliano Menichetti:

    La Siria continua ad essere devastata dalla furia della guerra e si prepara alle presidenziali, del 3 giugno prossimo, in cui l’attuale leader Bashar al Assad ha annunciato la sua candidatura. Più di 150 mila persone hanno perso la vita, in scontri, da marzo 2011, migliaia i rifugiati. Frammentato, in un groviglio di gruppi terroristici e clan, il fronte degli oppositori che diede avvio alle proteste. In questo quadro si è sviluppata anche la piaga dei rapimenti: per motivi politici, per prove di forza, o per ottenere soldi. Decine le persone scomparse tra cui civili, giornalisti, politici locali, combattenti e uomini di fede, come tre sacerdoti e due vescovi rapiti: tra loro anche il gesuita padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato, nove mesi fa, a Raqqa nella Siria settentrionale. Accorato l’appello per la sua liberazione da parte della famiglia, ai nostri microfoni Francesca, la sorella maggiore di padre Paolo:

    "Abbiamo scritto questo appello per la sua liberazione! Chiediamo a chi lo detiene, di dare a Paolo la possibilità di tornare alla sua libertà e ai suoi cari, e a tutte le istituzioni di continuare ad adoperarsi in tal senso. Questo è il nostro appello e il senso profondo per questo nostro fratello, questo gesuita italiano che è stato rapito - sono 9 mesi! – il 29 luglio 2013".

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    Iraq, vigilia di elezioni e violenze. Mons.Warduni: momento importante, serve aiuto

    ◊   L’Iraq alle urne domani in un clima di caos e violenza. È salito a 50 morti il bilancio degli attacchi sferrati contro seggi elettorali in diverse zone del Paese, nel giorno in cui, anticipando di due giorni il voto ufficiale, le forze di sicurezza si sono espresse per il rinnovo del parlamento. Sono circa un milione i rappresentanti della polizia che sono andati alle urne, insieme ai residenti all’estero, mentre domani saranno circa 20 milioni gli aventi diritto, su una popolazione di circa 32 milioni. Quali le speranze sono riposte in queste consultazioni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:

    R. – Le elezioni sono la cosa più importante per il Paese: per portarlo avanti, per arrivare al successo, alla pace, alla sicurezza stessa del popolo iracheno. Ma purtroppo avvengono in una situazione molto difficile a causa degli atti terroristici. Vogliono tutti che ci sia la pace e la sicurezza nei prossimi giorni, affinché le elezioni siano veramente buone ed agevoli per il popolo iracheno. Speriamo che imparerino tutti da questa esperienza negativa, così da poter arrivare ad un momento buono e positivo per la nazione.

    D. – Mons. Warduni, in questo momento chi è che può e che deve aiutare l’Iraq?

    R. – Per me sono gli iracheni che dovrebbero aiutarsi gli uni gli altri, ma anche i Paesi vicini… Dove si pensa veramente in Dio, lì si può fare veramente qualcosa di buono. Dove si fanno le cose con amore e senza interessi personali, lì allora potrebbero avvenire dei miracoli veramente buoni.

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    Repubblica Centrafricana, uccisi tre operatori Msf: "Situazione gravissima"

    ◊   Sono stati uccisi durante una rapina a mano armata con una violenza immotivata: sono i ventidue civili vittime dell’attacco di sabato scorso all’ospedale della città di Boguila nel nord della Repubblica Centrafricana. Tra loro anche tre operatori di Medici senza frontiere, la Ong che dal 1997 lavora nel Paese al fianco di feriti e profughi. La strage durante una riunione per progettare nuovi aiuti umanitari: oggi però, scioccato e rattristato dall'accaduto, lo staff valuta di lasciare l’area e si appella alla comunità internazionale. Gabriella Ceraso ha intervistato il presidente di Msf Italia, Loris De Filippi, da poco rientrato dal Centrafrica:

    R. - È un atto orribile che purtroppo non è isolato.

    D. - 15 progetti in tutto il Paese. Dopo questo episodio state però valutando addirittura se restare o meno. Per quali motivi?

    R. - Il primo è quello legato ovviamente alla sicurezza. È sempre più difficile lavorare in un contesto in cui - nonostante la presenza dell’Unione Africana e dei soldati francesi - ho visto un aumento delle violenze sia nella capitale Bangui che altrove in questi tre mesi, non dico in modo esponenziale, ma quasi. In più, fra pochi giorni - in parte è già iniziata - ci troveremo nella stagione delle piogge e questo favorirà il fatto che alcune zone siano appunto isolate o difficili da raggiungere e di conseguenza difficili da evacuare nel caso in cui ci siano degli attacchi.

    D. - L’attacco che c’è stato nel vostro ospedale a Boguila è stato anche a scopo di rapina…

    R. - È evidente che queste milizie hanno bisogno di rifornimenti e vedono strutture come gli ospedali o comunque qualsiasi tipo di attività umanitaria come sorgente di ricchezza.

    D. - Lei è nella Repubblica Centrafricana da dicembre. Si è fatto un’idea non tanto del conflitto, ma di quanto si possa fare ancora a livello internazionale per intervenire?

    R. - Credo che sia un Paese che si trova veramente in una situazione drammatica. Sono rimasto molto sorpreso, rientrando in Italia, dal fatto che se ne parli pochissimo. È una crisi gravissima, ci sono dei bisogni giganteschi, non solo nelle zone dove c’è la guerra e servirebbe molto di più la presenza internazionale. Ora, i Caschi blu arriveranno probabilmente a fine estate, e fino a quel momento, secondo me, rivedremo situazioni analoghe a quelle che hanno vissuto i colleghi di Medici senza frontiere sabato, proprio perché l’interdizione fornita dal Misca e dai francesi è insufficiente. Da parte delle organizzazioni non governative ci vorrebbero molte più azioni, una protezione migliore per gli operatori umanitari e una presenza sull’agenda internazionale delle Nazioni Unite ancora più importante.

    D. - E comunque, come Medici Senza Frontiere avete chiesto subito dopo questo episodio a tutti coloro che combattono almeno di rispettare la neutralità di chi opera in campo medico?

    R. - Questo ovviamente è l’imperativo dell’azione umanitaria... ma bisogna fare uno sforzo di realismo tenendo conto del fatto che questa è una guerra terribile, perché le azioni feroci perpetrate a una parte e all’altra hanno creato una situazione di non ritorno, di violenze e di vendette ripetute. Da un lato, quindi, dobbiamo ovviamente sostenere, gridare la necessità di continuare la nostra attività indipendente, neutrale, imparziale. Ma dall’altra bisogna che qualcuno si prenda delle responsabilità e soprattutto che la comunità internazionale pensi effettivamente in modo diverso, in modo ancor più “robusto”. Gli sforzi fatti finora sono sicuramente insufficienti. La controprova è quello che è accaduto sabato all’ospedale di Boguila e anche prima: i colleghi della Croce Rossa internazionale 40 giorni fa sono stati uccisi nel nord del Paese in una situazione analoga. Quindi, non è la prima volta e purtroppo mi sento di dire che non sarà l’ultima.

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    Sudafrica. Il card. Napier: c'è il dito di Dio nei 20 anni di democrazia nel nostro Paese

    ◊   È clima di festa in tutto il Sudafrica, che celebra in questi giorni il 20.mo dell’avvento della democrazia nel Paese. Il 27 aprile 1994 si svolsero le prime elezioni del dopo-apartheid che portarono alla presidenza il “padre” del nuovo Sudafrica, Nelson Mandela. Linda Bordoni ha parlato di questo anniversario con il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban e presidente della Conferenza episcopale di Sudafrica, Botswana e Swaziland:

    R. – It was a very special time for us...
    E’ stato davvero un momento speciale per noi. “L’Africa al meglio” è stato il modo in cui la transizione è avvenuta in Sudafrica. L’unico modo in cui riesco a pensare a noi è “L’Africa al meglio”. Il solo Paese dove la gente si aspettava che il cambiamento da un regime all’altro sarebbe avvenuto a fatica e dove è avvenuto invece nel modo più agevole che potesse accadere. E con gratitudine verso Dio, perché so che molte, molte persone, persone comuni, hanno pregato, specialmente giovedì. Le donne hanno eletto il giovedì come il giorno della preghiera per la pace in Sudafrica. Ed io attribuisco il cambiamento, per il modo in cui è avvenuto, a quelle preghiere.

    D. – Oggi, 20 anni dopo, quali sono le sue speranze per le prossime elezioni?

    R. – I hope that people will have at least matured...
    Spero che la gente sia in qualche modo maturata abbastanza per sapere che il suo voto è segreto, il suo voto è prezioso. Dipende da loro decidere a chi dare quel voto. Non dovrebbero lasciarsi intimidire da persone che dicono: “Noi sapremo se voterete in questo modo o nell’altro”. La seconda cosa è che le persone dovrebbero votare non tanto per motivi tradizionali - “ho sempre votato per questo partito” – ma piuttosto chiedendosi: “Cosa preserverà di più il bene comune e in maniera più efficace?” Questo, ripeto, dovrebbe essere il criterio che le persone dovrebbero usare, quando voteranno.

    D. – Lei è giunto a Roma per la sua visita ad Limina, qualche giorno fa. Cosa porterà con lei delle parole del Papa, dopo l’incontro con lui?

    R. – I think we’re going to have…
    Penso dovremo copiare l’intero testo – è breve – e distribuirlo a tutti, in modo che tutti ne vengano a conoscenza. Ma penso che dobbiamo dare anche il nostro tocco personale: quali sono state le nostre esperienze nell’incontrare Papa Francesco, nel sedere accanto a lui, nel parlare con lui, nello scambiare alcune opinioni con lui e nell’avere molto la sensazione che il Papa non vede se stesso come a parte o al di sopra dei vescovi, ma è uno dei vescovi. Il suo senso di collegialità è una realtà viva. Lui è stato davvero sorprendente quando ci ha detto: “Siamo fratelli e ho bisogno che sappiate questo e questo”, questioni davvero serie. Ed è stato un tale incoraggiamento! Quindi, lui è il Papa, ha questo problema, sa che anche noi lo abbiamo e vuole condividerlo con noi. Nella condivisione lui resta aperto, perché possiamo rispondere su come pensiamo dovrebbe essere affrontato il problema.

    D. – Sembra che Papa Francesco si interessi personalmente ad ogni situazione con cui viene a contatto. Nel suo discorso ha parlato di tanti temi: ha parlato di corruzione, degli orfani dell’Aids...

    R. – Yes, he touched on all of them…
    Sì, li ha toccati tutti. Ho la sensazione – perché l’ho letto e l’ho ascoltato – che vada direttamente al nocciolo della questione in ogni caso. “Qui è esattamente dove siamo”, lui sa di che si tratta. So che lui pregherà per noi, che ci aiuterà e che se abbiamo bisogno di un consiglio ci sarà per darci quel consiglio.

    D. – Abbiamo menzionato la Giornata della preghiera, prima delle elezioni nel 1994. Accadrà qualcosa di simile quest’anno?

    R. – Yesterday was a day...
    Ieri (domenica scorsa – ndr), è stata la Giornata designata per la preghiera in Sudafrica, per ridare forza a quello che era accaduto 20 anni fa, quando eravamo in crisi e abbiamo scoperto che l’unico modo per uscire da questa crisi per noi era Dio a ogni costo e averlo presente in mezzo a noi. Il giorno della preghiera è stato il 27 aprile, il giorno dell’anniversario del cambiamento. Sono sicuro che vivremo la stessa cosa. E credo che Dio ascolti quelle preghiere, perché sa che vengono dal cuore, da persone che dicono: “Preghiamo perché abbiamo bisogno di Dio nelle nostre vite” e non per avere un miracolo. Abbiamo bisogno di Dio nelle nostre vite.

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    Giornata di memoria per le vittime delle armi chimiche

    ◊   Si celebra oggi la Giornata della memoria in onore delle vittime delle armi chimiche. Era il 29 aprile del 1997 quando 188 Stati firmarono la Convenzione sulle Armi Chimiche, che fornisce ancora oggi un sistema internazionale efficace che verifica la distruzione delle riserve di tutte le armi chimiche e ne previene la ricomparsa. Alessia Carlozzo ha chiesto il commento di Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo:

    R. – Le armi chimiche, in effetti, sono forse uno dei casi più evidenti in cui l’umanità è riuscita a fermarsi sull’orlo del baratro e in cui praticamente la quasi totalità dei Paesi ha aderito a questo accordo per il divieto assoluto dell’uso delle armi chimiche. Sono solamente sei i Paesi che, in un modo o nell’altro, non hanno ratificato o addirittura non hanno firmato questa Convenzione: non l'hanno ratificata Israele e Myanmar, non l'hanno neppure firmata Angola, Egitto, Corea del Nord e Sud Sudan. Paesi che tutto considerato, a parte Israele, non sono grandi potenze militari. Questo è un elemento molto importante, ma che ci deve far riflettere sulle armi chimiche, che sono armi che mettono molto terrore proprio perché armi di distruzione di massa, ma che di fatto sono armi di difficile gestione, conservazione e manutenzione.

    D. – Qual è l’impatto che le armi chimiche possono avere all’interno di un conflitto?

    R. – Le armi chimiche non hanno avuto un grande successo, in realtà. Non sono mai state risolutive. I Paesi che le hanno usate non sono stati automaticamente avvantaggiati per l’uso. Se pensiamo alla Germania, che le usò in modo massiccio per la prima volta a Ypres, nella Prima Guerra mondiale e che è poi stata sconfitta. Le ha usate Saddam Hussein contro i curdi, ma in realtà non è riuscito a consolidare il proprio potere. Le usarono anche gli Stati Uniti nel conflitto in Vietnam… In realtà, sono armi che non sono risolutive del conflitto. Forse, anche questo è uno dei motivi per cui la maggior parte dei Paesi ha calcolato che effettivamente era meglio aderire ad un Trattato internazionale che le mettesse fuori dalla comunità internazionale.

    D. – Oggi, è la Sira a essere nell’occhio del ciclone per quanto riguarda l’uso delle armi chimiche nel conflitto che sta vivendo. Qual è la situazione nel Paese e dell’arsenale che ha a sua disposizione?

    R. – La Siria era uno di quei Paesi che non aveva aderito alla Convenzione. Dopo le vicende ben note dello scorso anno – cui sono state coinvolte purtroppo 1.300 persone: 1.300 le vittime che sono state oggetto di un attacco di armi chimiche e che a tutt’oggi non sembra ben identificato, anzi notizie di agenzie tempo fa davano addirittura che fossero stati gli stessi ribelli che le avevano ottenute tramite la Turchia per provocare un intervento internazionale nei confronti del governo siriano – la Siria ha aderito alla Convenzione internazionale sulle armi chimiche, per cui adesso è uno ei Paesi firmatari e lo ha ratificato: sta ora provvedendo, seppur lentamente, a smantellare il proprio arsenale. Tanto è vero che qui in Italia aspettiamo a Gioia Tauro l’arrivo di una nave, scortata da una flotta internazionale, che dovrà consegnare una prima parte dell’arsenale chimico siriano a una nave americana, che provvederà – con appositi trattamenti – a disinnescare queste armi, attraverso dei procedimenti chimici che ne ridurranno la pericolosità.

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    Il caso del "romanzo gay" al Giulio Cesare. Il sottosegretario Toccafondi: chiederemo un approfondimento

    ◊   Sta facendo discutere il caso di due professori del liceo Giulio Cesare di Roma denunciati per aver fatto leggere e discutere in classe un romanzo in cui si descrive un rapporto tra due omosessuali. Sono insorte le associazioni gay, ma organizzazioni di insegnanti chiedono un maggior coinvolgimento delle famiglie. Alessandro Guarasci:

    Il rischio è che ancora una volta la scuola sia ridotta a campo di battaglia ideologico. Il libro in questione è “Sei come sei” di Melania Mazzucco, che contiene un passaggio su un rapporto tra due omosessuali, passaggio che ha tratti pornografici. Ora Gianfranco Amato, il presidente di una delle associazioni che ha fatto denuncia alla procura di Roma, "Giuristi per la Vita", mette in luce un clima di caccia alle streghe nei confronti dei genitori che hanno segnalato il caso. Per il sottosegretario all'Istruzione Gabriele Toccafondi i rischi sono molti

    R. – Sulla scuola, ahimè, qualcuno sta giocando una battaglia ideologica. L’appello che sto continuando a fare, che mi sento di dover rifare su questo episodio, è di non giocare, sulla pelle dei nostri ragazzi e dei nostri bambini, battaglie ideologiche. Il problema educativo, l’emergenza educativa del nostro Paese ha bisogno di molta attenzione e di molto lavoro, ma non ha assolutamente bisogno di queste battaglie.

    D. – Secondo lei, bisognava avviare un più fitto confronto con le famiglie?

    R. – Questo è un altro punto fondamentale. E’ l’art. 30 della nostra costituzione che mette al centro del rapporto educativo i genitori. E’ diritto-dovere di genitori istruire ed educare i figli. Quindi, è chiaro e ovvio, per quanto mi riguarda, che tutto ciò che entra nelle scuole deve essere prima rivisto, vagliato dal rapporto di fiducia educativo, che c’è da sempre tra i genitori e gli insegnati.

    D. – Ma questo vuol dire che l’autonomia scolastica, in alcuni casi, viene male interpretata, secondo lei?

    R. – Guardi, io sono un difensore dell’autonomia scolastica e penso che l’autonomia scolastica sia il futuro. Nelle scuole, gli effetti positivi che ho visto, su tante materie, li ho visti perché insegnanti con grande preparazione e con grande volontà hanno utilizzato l’autonomia scolastica. Certo, come tutti gli strumenti, è un’arma a doppio taglio. Il problema, quindi, non è togliere autonomia alle scuole, ma richiamare tutti, in particolar modo gli insegnanti, al loro lavoro e al lavoro fondamentale che hanno, cioè il rapporto educativo fondamentale e quindi il rapporto che passa attraverso i genitori.

    D. – Ma, allora, come Ministero chiederete un approfondimento su questo caso?

    R. – Merita chiedere l’approfondimento e arrivare, attraverso anche l’ufficio scolastico regionale, alla verità delle cose. Anche sui giornali, infatti, si leggono racconti contrastanti. Però – ribadisco – non è con un’istruttoria che si risolve il problema, ma è con la presa di coscienza che nelle scuole non ci deve essere un campo di battaglia ideologico.


    Per la scrittrice quello che scandalizzerebbe è l’assoluta normalità dei protagonisti del romanzo, una "famiglia omosessuale". “Certi temi vanno affrontati in modo diverso”, dice Rosalba Candela, presidente dell’Uciim, l’Unione Insegnanti Cattolici:

    “ Occorre una formazione dei docenti. Non è possibile improvvisare così. Magari la scuola non avrà improvvisato, sicuramente, ma credo che non si è posta attenzione alla famiglia. Non si può portare un testo del genere senza informare le famiglie”.

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    Festa di Santa Caterina da Siena, donna coraggiosa innamorata di Cristo e della Chiesa

    ◊   La Chiesa festeggia oggi Santa Caterina da Siena, vergine e Dottore della Chiesa e Patrona d'Italia, che prese l’abito delle Suore della Penitenza di San Domenico. Vissuta nella seconda metà del 1300, lottò con forza per la pace e il ritorno del Pontefice da Avignone a Roma. Mistica coraggiosa, la figura di Santa Caterina ha ancora una straordinaria attualità. Segno ne è la proclamazione a compatrona d’Europa, nel 1999, da parte di San Karol Wojtyla. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Occorre sradicare dal giardino della Chiesa le piante fradice sostituendole con piante novelle”. Al nostro orecchio, una denuncia così tranciante farebbe subito pensare agli ammonimenti di Papa Francesco contro i peccati di chierici e laici. Ma questa invettiva non è riecheggiata, ai nostri giorni, tra le pareti della cappella di Casa Santa Marta. Sono parole che vengono da lontano nel tempo, dal Medio Evo, e hanno il tono mite e fermo di una donna coraggiosa: Santa Caterina da Siena. In un secolo, il XIV, in cui l’Europa cristiana si dilania in lotte fratricide, questa umile consacrata – analfabeta fino all’età adulta e poi divenuta Dottore della Chiesa – non ha paura di rivolgersi con piglio sicuro a Papi e re, ad ecclesiastici e uomini d’armi per additare “Cristo crocifisso e Maria dolce” ai contendenti.

    “Fa una certa impressione – scrive San Giovanni Paolo II proclamandola compatrona d’Europa, nel 1999 – il tono libero, vigoroso, tagliente con cui ella ammonisce preti, vescovi e cardinali”. E anche al Pontefice, che lei definisce “dolce Cristo in terra”, chiede di rompere indugi ed esitazioni: di lasciare Avignone e tornare a Roma, presso la tomba di Pietro. Del resto, Caterina la mistica – in dialogo fin da bambina con il Signore nella “cella interiore” della sua anima – il coraggio lo aveva manifestato già in tenera età quando sfidando la volontà dei genitori, rinunciò ad un matrimonio terreno per unirsi in sposalizio a Cristo. Solo così, infatti, sentiva di fare la volontà di Dio. E alla fine della sua vita, breve vita – 33 anni come il suo Signore che lei descrive come un ponte lanciato tra Cielo e Terra – potrà dire, a chi la accompagna al Padre: “Tenete per fermo, carissimi, che io ho dato la vita per la Santa Chiesa”. E’ il 1380. Passano 80 anni e Caterina viene canonizzata da un altro senese, Papa Pio II.

    Nell’iconografia, Caterina viene ben presto rappresentata con un libro e un giglio bianco: simboli di sapienza e purezza. Due virtù che si fondono in quella lega speciale che è la Santità. Il suo "Epistolario", la sua raccolta di preghiere, il "Dialogo della Divina Provvidenza" raggiungono vertici straordinari di ricchezza spirituale e sono un patrimonio che il tempo non riesce ad aggredire. Da Santa Caterina – ha detto Benedetto XVI nell’udienza generale del 24 novembre a lei dedicata – noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere e amare Gesù Cristo e la sua Chiesa”. E da lei, è la lezione attuale per l’oggi, reimpariamo “ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Terra Santa: vandalismo e profanazioni contro luoghi cristiani in Galilea

    ◊   I vescovi cattolici di Terra Santa denunciano e condannano con inquietudine tre atti di vandalismo e profanazione che hanno colpito domenica scorsa tre siti cristiani in Galilea, proprio mentre tutte le comunità cattoliche locali vivevano il momento suggestivo della canonizzazione di San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II, a meno di un mese dal pellegrinaggio in Terra Santa di Papa Francesco.

    Il primo atto di profanazione ha colpito il monastero benedettino di Tabgha, sul lago di Tiberiade, affidato ai benedettini tedeschi. Verso mezzogiorno, un gruppo di ragazzi abbigliati con le vesti e le acconciature tipiche degli ebrei ortodossi, hanno tirato pietre contro tre croci presenti nel sito. Lo stesso gruppo di ragazzi si è poi diretto verso il convento delle suore benedettine, sradicando anche lì una croce e imbrattando di fango un altare all'aperto, tracciando su banchi e sedie il segno della stella di Davide e ferendo con lanci di pietre una donna ospitata nel convento.

    Nella stessa giornata di domenica 27 aprile – informa un comunicato degli Ordinari cattolici di Terra Santa pervenuto all'agenzia Fides – è stata recapitata al vicariato patriarcale di Nazareth una lettera intimidatoria firmata da una rabbino della regione, in cui tra l'altro si intima a tutti i cristiani di “lasciare la terra d'Israele” minacciando gravi rappresaglie. Il rabbino che aveva inviato la lettera era stato fermato dalla polizia il giorno precedente nella città di Safed. Sempre domenica scorsa, anche la chiesa greco-ortodossa di Al-Bassah ha subito un'aggressione mentre nel luogo di culto era in corso la celebrazione di una liturgia battesimale.

    I cristiani di Galilea, e con loro l'Assemblea dei vescovi Ordinari, “profondamente preoccupati per questi fatti” si legge nel comunicato, “chiedono con forza alle autorità civili e di polizia di reagire con sollecitudine arrestando i colpevoli, al fine di ristabilire il mutuo rispetto religioso”. Una lunga serie di profanazioni e atti intimidatori compiuti da gruppi di coloni ebrei estremisti a danno di monasteri, chiese e cimiteri cristiani è iniziata nel febbraio 2012. Da allora, siglandosi spesso con la formula “il prezzo da pagare”, militanti oltranzisti di gruppi vicini al movimento dei coloni, hanno portato attacchi anche contro moschee frequentate dagli arabi palestinesi di religione islamica. L'ultima moschea imbrattata con scritte anti-islamiche è quella della cittadina di Furdis, a sud di Haifa. (R.P.)

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    Sud Corea. Affondamento del traghetto: la Presidente Park chiede scusa

    ◊   La presidente sudcoreana Park Geun-hye ha chiesto scusa per l'affondamento del traghetto Sewol, il peggior disastro marittimo della nazione negli ultimi 40 anni, nel quale più di 300 persone sono morte o sono al momento disperse. "Porgo le mie scuse alla popolazione - ha detto oggi la Park in una seduta di gabinetto -. Sono addolorata per la perdita di tante vite preziose in questo incidente". A rivelare il rammarico del capo di Stato - riferisce l'agenzia AsiaNews - è un rapporto diffuso dalla Blue House.

    Intanto, cresce la collera dell'opinione pubblica dopo che un filmato ha rivelato che i membri dell'equipaggio - incluso il capitano - hanno abbandonato il traghetto di Sewol prima dei passeggeri. Tutti i 15 membri coinvolti sono stati arrestati. Sul capitano Lee Joon Seok, 68 anni, il terzo ufficiale Park e Cho, uno dei timonieri, pendono una condanna all'ergastolo, in base alle accuse di omicidio per abbandono e omicidio per negligenza.

    Un gruppo di 339 studenti e insegnanti del liceo di Danwon di Ansan, vicino Seoul, si trovava sul traghetto per una gita di quattro giorni a Jeju; dei 302 morti e dispersi, 250 erano ragazzi. Subito dopo l'affondamento, il vescovo della diocesi di Cheju (che comprende l'isola di Jeju) mons. Pietro Kang U-il, aveva detto ad AsiaNews: "Possiamo soltanto pregare il Signore, affinché aiuti le vittime e i loro familiari, e sperare che la preghiera e la solidarietà possano in qualche modo consolare tutte le persone coinvolte in questo disastro". (R.P.)

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    Congo: la società civile denuncia il traffico di esseri umani, soprattutto bambini

    ◊   Una rete di trafficanti di esseri umani, la maggior parte dei quali sono bambini, opera a Goma, capoluogo del Nord Kivu (nell’est della Repubblica Democratica del Congo). Lo denuncia, all’agenzia Fides, il Coordinamento della società civile del Nord Kivu. “Il metodo utilizzato da questa rete è semplice” afferma la nota. “I suoi membri utilizzano diverse strategie e astuzie per catturare le loro vittime. Organizzano molteplici sessioni di lavaggio del cervello delle vittime e, viste le loro condizioni economiche precarie, promettono una vita migliore”.

    Le persone finite nella rete di trafficanti vengono condotte nel territorio di Beni (sempre nel Nord Kivu) “per scopi che non sono ancora precisamente conosciuti”, afferma la nota, che aggiunge: “tutto porta a credere che la loro destinazione sia la zona ancora sotto controllo dell’Adf, Allied Democratic Forces”. L’Adf è un gruppo di guerriglia di origine ugandese che da tempo si è installato nel nord-est della Rdc, dove compie razzie e violenze contro i civili locali. L’esercito congolese, con l’appoggio delle truppe Onu, sta conducendo una serie di offensive militari per rendere inoffensivo questo gruppo di guerriglia, uno dei molteplici gruppi armati che opera nella provincia congolese.

    La società civile del Nord Kivu chiede che siano rafforzati i controlli di polizia e di frontiera e che la magistratura indaghi a fondo per stroncare la rete di trafficanti. (R.P.)

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    Africa australe: appello dei vescovi a fermare l’escalation dei conflitti nella regione

    ◊   Disinnescare i conflitti locali in atto in alcune aree dell’Africa australe prima che degenerino, come accaduto in altre nazioni del Continente . E’ il pressante appello rivolto agli Stati membri della Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale (Sadc) dall’Imbisa, l’Associazione Interregionale che riunisce gli episcopati di Angola, Botswana, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sao Tome e Principe, Sud Africa, Swaziland e Zimbabwe.

    In una lettera firmata dal Segretario Generale, mons. Robert Ndlovu, arcivescovo di Harare, i presuli ammoniscono che è meglio intervenire subito per fermare l’escalation di un conflitto in corso o su un’economia in crisi: “Perché aspettare lo scontro come accaduto in Centrafrica, in Nigeria e in Sud Sudan? Prevenire è meglio che curare”. La preoccupazione dei vescovi dell’Imbisa è rivolta in particolare al Nord del Mozambico dove l’anno scorso sono ripresi gli scontri tra l’esercito, espressione del partito al potere, il Frelimo, e i guerriglieri della Renamo e alle mai sopite tensioni politiche in Zimbabwe, attanagliato dalla crisi economica. Crisi che continuano ad alimentare flussi migratori verso i Paesi confinanti come il Sudafrica, il Malawi e il Botswana, a loro volta fonte di tensioni.

    Secondo l’Imbisa i movimenti migratori causati dai conflitti armati e da economie fallite è un problema transnazionale che non può essere risolto dai singoli Stati individualmente , ma con interventi concertati. Di qui l’appello a tutti i Governi della regione a proteggere i loro popoli e a “unire la loro voce” per chiedere la fine delle violenze e del ricorso alle armi e a rafforzare il dialogo: La protezione della vita umana è il primo dovere di un qualsiasi governo che rispetti le persone e le loro famiglie”. (L.Z.)

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    Indonesia: giuristi islamici contestano l'applicazione della sharia ai non musulmani

    ◊   Un articolo nel nuovo Codice penale islamico di Aceh, approvato definitivamente nel febbraio scorso, prevede che anche i non-musulmani possano essere sottoposti a processo nelle Corti islamiche, ma avvocati, esperti legali e attivisti per i diritti umani nella provincia contestano l’applicazione della Sharia ai non musulmani. Come riferisce l’agenzia Fides, il corpus delle nuove norme è oggi sotto lo scrutinio e la revisione da parte del Ministero degli Interni indonesiano, che ha chiesto al governo locale di Aceh alcuni chiarimenti.

    Un articolo del nuovo Codice – chiamato nel complesso “Qanun Hukum Acara Jinayat” (Qhaj) – prevede che i non musulmani possano essere perseguiti e giudicati secondo la legge islamica, se partecipano insieme con i musulmani a reati punibili da quella legge.

    Secondo il musulmano Saifuddin Bantasyah, professore di Diritto all’università “Syiah Kuala” di Banda Aceh, questo non sarebbe regolare. Il nuovo Codice penale, infatti, tocca sfere come abbigliamento, gioco d'azzardo, adulterio, consumo di alcol, per le quali i credenti islamici hanno specifiche prescrizioni. “Quando il diritto processuale applica tali prescrizioni ai non musulmani, quale sarebbe la base giuridica per il procedimento penale?” chiede il professore. La giurisprudenza ricorda il caso del 2006, in cui tre cristiani e alcuni musulmani furono coinvolti in un incidente di gioco d'azzardo e condotti davanti alla Corte della Sharia a Banda Aceh. Il giudice allora dichiarò “non perseguibili” i cristiani davanti a quella Corte, stabilendo che il tribunale islamico non aveva alcuna giurisdizione o autorità a procedere verso di loro, in quanto essi non aderivano all’islam (potevano invece essere perseguiti davanti a un tribunale civile per disturbo dell'ordine pubblico).

    Anche secondo il giurista islamico Jamil Ibrahim, vice presidente della Corte islamica di Aceh, il nuovo codice deve applicarsi esclusivamente ai musulmani: se i credenti non islamici non danno il loro pubblico e aperto consenso, infatti, sono al di fuori della competenza della Corte. Secondo Faisal Ali, leader musulmano e rappresentante della “Aceh Clerics Association”, l’introduzione del nuovo Codice penale della Sharia è stata “una manovra politica in vista delle elezioni di quest’anno e riflette una scarsa comprensione della religione e la legge”.

    In una nota inviata a Fides, Zulfikar Muhammad, coordinatore della “Aceh Human Rights Coalition”, che accoglie circa 30 Ong che difendono i diritti umani, deplora che i legislatori locali abbiano inserito la controversa clausola cercando di sottoporre anche i non musulmani alla sharia: “E’ un forma di discriminazione nei confronti dei non musulmani” afferma, notando una violazione della libertà religiosa e riferendo di aver inviato una richiesta al Ministero dell'Interno per annullare la clausola. Se il Ministero dovesse invece confermarla, le Ong sono pronte a intentare un ricorso alla Corte Suprema.

    L'introduzione della Sharia nella provincia di Aceh fu autorizzata dal governo centrale nel 2001 come parte di una “speciale autonomia” volta a porre fine ad un lungo conflitto separatista. (R.P.)

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    Egitto: si studiano misure per garantire un'adeguata presenza di cristiani nel futuro Parlamento

    ◊   Il Ministro egiziano Mohamed Amin al-Mahdi, responsabile in questo periodo di transizione per gli affari parlamentari e la giustizia, ha incontrato una delegazione di rappresentanti delle Chiese presenti in Egitto per iniziare a raccogliere pareri e suggerimenti sui meccanismi da mettere in atto allo scopo di assicurare una adeguata rappresentanza politica alle comunità cristiane egiziane nel Parlamento che uscirà dalle prossime elezioni politiche.

    Nell'incontro, svoltosi giovedì 24 aprile, a rappresentare i cattolici c'era il giurista Jamil Halim Abib. “Si è trattato di un primo contatto per cominciare a lavorare intorno a questa problematica” spiega all'agenzia Fides Anba Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh (Giza). In questa fase preliminare, non esiste ancora una bozza di lavoro e deve ancora essere delineato nei dettagli il sistema elettorale da adottare per le prossime elezioni parlamentari.

    L'attenzione del Paese è concentrata sulle imminenti elezioni presidenziali, in programma il prossimo 25 maggio, dove è prevista la vittoria dell'ex generale Abdel Fattah al-Sisi. L'ultima Assemblea parlamentare egiziana è stata sciolta nel luglio 2013. Si prevede che le elezioni parlamentari verranno celebrate entro sei mesi dall'insediamento del nuovo Presidente.

    “Considero comunque un buon segno” sottolinea Anba Antonios “che i rappresentanti delle comunità cristiane siano già stati convocati per discutere il problema della loro rappresentanza parlamentare. Mi piace il ritmo sostenuto con cui si lavora, e apprezzo soprattutto il carattere istituzionale impresso allo studio della questione. Vuol dire che si torna lentamente a pensare allo Stato e ai suoi organismi in termini istituzionali, dopo anni in cui questo tipo di sensibilità alla cosa pubblica sembrava essersi eclissato”.

    La Costituzione egiziana, approvata con referendum popolare lo scorso gennaio, non prevede quote di seggi parlamentari riservati ai cristiani su base confessionale. Nell'incontro con il ministro al-Mahdi è stato chiesto ai rappresentanti delle comunità cristiane di presentare proposte concrete per garantire una presenza appropriata di egiziani cristiani nel futuro Parlamento. Tra le ipotesi sul tappeto, c'è quella di riservare a esponenti cristiani – come pure a donne e a giovani - alcuni posti in testa alle diverse liste concorrenti di candidati, così da assicurare che la parte femminile, giovanile e cristiana del popolo egiziano sia adeguatamente rappresentata nella prossima Assemblea parlamentare. (R.P.)

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    Choc dei vescovi inglesi per l'uccisione di un insegnante

    ◊   Choc e tristezza sono stati espressi dal responsabile del settore educazione della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles, l’arcivescovo Malcolm McMahon, alla notizia della morte dell’insegnante Anne Maguire. La professoressa di spagnolo, 61 anni -riferisce l'agenzia Sir - è stata pugnalata da un quindicenne, davanti ai suoi compagni, nella scuola superiore cattolica di Corpus Christi, a Leeds, ieri mattina, ed è morta, poco dopo mezzogiorno, in ospedale.

    La notizia ha scioccato l’Inghilterra dove le scuole cattoliche, che sono diffuse e ottengono ottimi risultati, sono spesso al centro della vita delle comunità. “Sono rimasto scioccato e rattristato nell’apprendere della morte di Anne Maguire ieri - scrive l’arcivescovo McMahon -. Le mie preghiere e quelle di ogni parrocchia cattolica e di ogni scuola, in Inghilterra e Galles, saranno per la famiglia e gli amici dell’insegnante, per lo staff e gli studenti del Corpus Christi College’ a Leeds e per chiunque è stato colpito da questa tragedia senza senso. Anne ha dato la sua vita al College e all‘educazione cattolica, e migliaia di giovani hanno beneficiato della sua gentilezza e del suo duro lavoro per molti anni. Possa riposare in pace”.

    La scuola di Leeds, che accoglie 950 alunni, si trova in una zona difficile della città. L’attacco ricorda l’omicidio di Philip Lawrence, un preside ucciso nel 1995, a Londra, perché aveva difeso un alunno vittima di un’aggressione. Secondo la Bbc è molto raro che un insegnante muoia per mano di uno studente ma 250 alunni, lo scorso anno, sono stati sorpresi con armi nelle scuole inglesi. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 119

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.