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Sommario del 12/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: vera salute è curare il corpo e lo spirito. Solo Cristo dà senso allo scandalo del dolore innocente
  • Il Papa: capire cosa lo Spirito Santo dice alla Chiesa di oggi
  • Gli auguri di Papa Francesco alla comunità ebraica di Roma per la Pesach
  • Domenica delle Palme. Papa utilizza pastorale in legno di olivo fatto e donato da detenuti di Sanremo
  • Il Papa nomina la prof. Margaret Scotford Archer presidente dell'Accademia delle Scienze Sociali
  • Nomine episcopali in Italia, Australia e Ucraina
  • Mons. Guido Marini confermato dal Papa maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie
  • Tweet del Papa: "Com’è dolce stare davanti al Crocifisso, rimanere sotto lo sguardo d’amore del Signore!"
  • Venezuela. Mons. Giordano: la Chiesa ha un ruolo fondamentale nel processo di Pace
  • Via Crucis al Colosseo, la Lev pubblica le meditazioni di mons. Bregantini
  • Mons. Oder: col pellegrinaggio delle reliquie, Giovanni Paolo II torna a evangelizzare il mondo
  • Mons. Chullikat all’Onu: la gravidanza non è una malattia da prevenire o curare
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Turchia: Consulta boccia legge sul controllo dei giudici
  • Guinea Bissau: domenica di elezioni per il governo e il presidente
  • Giornata internazionale dei bambini di strada: non dimenticare i loro diritti
  • Africa: "Progetto Marco" l'ong che scava pozzi nelle aree più povere
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Guinea Bissau. I vescovi alla vigilia delle elezioni: votare per chi promuove il bene comune
  • Unicef: in Sud Sudan 250 mila bambini a rischio fame
  • Sud Sudan. Il vescovo di Wau: il perdono, necessario per ricostruire il Paese
  • Firma storica dell'Autorità palestinese alle quattro Convenzioni di Ginevra
  • Ginevra: all'Ilo si sceglie maggiore sicurezza per gli operatori marittimi
  • Ex-Jugoslavia: i vescovi chiedono di essere divisi in Conferenze episcopali
  • Gmg di Cracovia 2016. Il card. Dziwisz: "Lascerà un segno indelebile alla Polonia"
  • Pakistan. Caso di Asia Bibi: è probabile che l’udienza salti ancora
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: vera salute è curare il corpo e lo spirito. Solo Cristo dà senso allo scandalo del dolore innocente

    ◊   Ogni malato è una “unità di corpo e spirito” e ogni approccio medico deve tener conto di questa identità, non limitandosi alla sola assistenza sanitaria. Papa Francesco ha ribadito questa visione cristiana nell’udienza concessa ai partecipanti al Congresso di Chirurgia Oncologica “Digestive Surgery new trends and spending review”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La più raffinata perizia in campo medico e chirurgico non sarà mai sinonimo di eccellenza curativa per un malato, se si ferma alla sola terapia per il corpo. Ai circa 120 professionisti di chirurgia oncologica che lo ascoltano in Sala Clementina, Papa Francesco chiarisce che, nell’ottica della fede, per “parlare di salute piena è necessario non perdere di vista che la persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, è unità di corpo e spirito. Questi due elementi – dice – si possono distinguere ma non separare, perché la persona è una”:

    “Da qui l’esigenza di una cura integrale, che consideri la persona nel suo insieme e unisca alla cura medica – alla cura ‘tecnica’, direi io - anche il sostegno umano, psicologico e sociale, perché il medico deve curare tutto: il corpo umano, con dimensione psicologica, sociale e anche spirituale; e l’accompagnamento spirituale ed il sostegno ai familiari del malato”.

    Papa Francesco cita a sostegno di questa convinzione quanto affermò Giovanni Paolo II nel 1985. Il Papa prossimo alla canonizzazione scrisse nel Motu Proprio Dolentium hominum che è indispensabile che gli operatori sanitari siano “guidati da una visione integralmente umana della malattia e sappiano attuare un approccio compiutamente umano al malato che soffre”:

    "La condivisione fraterna con i malati ci apre alla vera bellezza della vita umana, che comprende anche la sua fragilità, così che possiamo riconoscere la dignità e il valore di ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi, dal concepimento fino alla morte".

    Alla vigilia della Settimana Santa il pensiero della sofferenza vola fino al Calvario e all’Uomo Dio che offre la sua vita. È qui, dice Papa Francesco, che “la sofferenza umana è assunta fino in fondo e redenta da Dio. Da Dio-Amore”:

    “Solo Cristo dà senso allo scandalo del dolore innocente. Tante volte, viene al cuore quella angosciata domanda del Dostojevski: 'Perché soffrono i bambini?'. Soltanto Cristo può dar senso a questo ‘scandalo’. A Lui, crocifisso e risorto, anche voi potete sempre guardare nel compimento quotidiano del vostro lavoro”.

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    Il Papa: capire cosa lo Spirito Santo dice alla Chiesa di oggi

    ◊   Lo studio della storia è una via importante per la ricerca della verità. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza ai membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, nel 60.mo dell’istituzione da parte di Pio XII. Il Papa ha quindi sottolineato che è importante capire cosa lo Spirito Santo vuole dire alla Chiesa di oggi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    "Historia magistra vitae”. Papa Francesco ha ripreso la celebre affermazione di Cicerone, amata da Giovanni XXIII, per sottolineare quanto sia importante lo studio della storia che, ha detto, rappresenta “una delle vie per la ricerca appassionata della verità, che da sempre pervade l’animo dell’uomo”. Nei vostri studi, ha osservato il Papa, “voi vi trovate a confronto in particolare con le vicende della Chiesa che cammina nel tempo, con la sua storia gloriosa di evangelizzazione”, “come pure di infedeltà, di rinnegamenti, di peccati”:

    “Le vostre ricerche, segnate insieme da autentica passione ecclesiale e da amore sincero per la verità, possono essere di grande aiuto a coloro che hanno il compito di discernere ciò che lo Spirito Santo vuole dire alla Chiesa di oggi”.

    Il Comitato di Scienze Storiche, ha aggiunto, è “inserito ormai da lungo tempo nel dialogo e nella cooperazione con istituzioni culturali e centri accademici di numerose nazioni”:

    “Nell’incontro e nella collaborazione con ricercatori di ogni cultura e religione, voi potete offrire un contributo specifico al dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo”.

    Il Papa ha quindi rammentato la prossima ricorrenza del centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale che sarà oggetto di un convegno internazionale. In esso, ha detto, “passerete in rassegna le più recenti acquisizioni della ricerca, con speciale attenzione per le iniziative diplomatiche della Santa Sede durante quel tragico conflitto”. E ancora si approfondirà “il contributo dato dai cattolici e dagli altri cristiani al soccorso dei feriti, dei profughi, degli orfani e delle vedove, alla ricerca dei dispersi, come anche alla ricostruzione di un mondo lacerato da quella che Benedetto XV definì inutile strage”, un appello ripreso poi da Pio XII poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale:

    Risuona ancora oggi, quanto mai attuale, il suo accorato appello: ‘Con la pace niente è perduto, con la guerra tutto può esserlo’ (Radiomessaggio del 24 agosto 1939). Quando riascoltiamo quelle parole profetiche, veramente ci rendiamo conto che la storia è magistra vitae”.

    Il Papa ha quindi concluso il discorso incoraggiando gli studiosi “a continuare con entusiasmo nella ricerca e nel servizio della verità”.

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    Gli auguri di Papa Francesco alla comunità ebraica di Roma per la Pesach

    ◊   Papa Francesco rivolge il suo “cordiale augurio di pace” alla comunità ebraica di Roma in occasione della Pesach, la Pasqua ebraica, che inizierà il prossimo 14 aprile al tramonto e durerà otto giorni. In un telegramma indirizzato al rabbino capo Riccardo Di Segni, il Papa auspica che “la memoria della liberazione dall’oppressione per mezzo del braccio potente del Signore” possa ispirare “pensieri di misericordia, di riconciliazione e di fraterna vicinanza a tutti coloro che soffrono sotto il peso di nuove schiavitù”. Il Pontefice fa poi riferimento al suo prossimo viaggio a Gerusalemme, tra poco più di un mese, chiedendo di accompagnarlo “con preghiere”.

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    Domenica delle Palme. Papa utilizza pastorale in legno di olivo fatto e donato da detenuti di Sanremo

    ◊   Nella Domenica delle Palme e della Passione del Signore, Papa Francesco presiede in Piazza San Pietro la processione, la Messa e la preghiera mariana dell’Angelus. Nell’occasione si celebra anche la 29.ma Giornata della gioventù a livello diocesano sul tema “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Il Pontefice utilizza un pastorale in legno di olivo fatto dai detenuti del carcere di Sanremo, che termina in alto con la croce e porta anche lo stemma del Papa.

    Il rito inizia alle 9.30 con la Benedizione delle Palme. Si tratta dei tradizionali “parmureli” provenienti da Sanremo e Bordighera: tremila rami di palma intrecciati secondo l’antica tradizione del ponente ligure. Il "parmurelu" riservato al Papa è stato intrecciato con tre foglie di palma unite, a simboleggiare la Trinità. Gli olivi e i fiori che ornano Piazza San Pietro provengono dalla Puglia. In particolare, lo spazio intorno all’obelisco richiama l’accoglienza di Cristo a Gerusalemme.

    Il Vangelo proposto dalla liturgia racconta la Passione del Signore secondo Matteo. Durante la preghiera dei fedeli c’è un’intenzione in francese per “i perseguitati a causa della fede”, affinché il “sacrificio d’amore” del Signore “sostenga la fedeltà e la mitezza dei cristiani” durante la prova. In cinese si pregherà per la pace tra i popoli e la giustizia nel mondo.

    Dopo la Messa, il Papa guida, sempre in Piazza San Pietro, la preghiera dell’Angelus. Nell’occasione, si svolge il passaggio della croce della Giornata mondiale della gioventù e dell’Icona mariana della Salus Populi Romani dalle mani dei giovani brasiliani a quelle dei coetanei polacchi che le porteranno in pellegrinaggio sino a Cracovia, sede della prossima Gmg, nell’estate 2016.

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    Il Papa nomina la prof. Margaret Scotford Archer presidente dell'Accademia delle Scienze Sociali

    ◊   Il Santo Padre ha nominato presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali l'Illustrissima Signora Prof.ssa Margaret Scotford Archer, già Direttore del "Centre d'Ontologie Sociale" presso la EPFL École Polytechnique Fédérale de Lausanne, Accademico Pontificio e Membro del Consiglio dell'Accademia (Gran Bretagna). Nata a Grenoside (Gran Bretagna) il 20 gennaio 1943, ha studiato Sociologia presso l’Università di Londra, trascorrendo gran parte della sua carriera accademica presso l’Università di Warwick, in Gran Bretagna, dove è stata per molti anni docente di Sociologia. Ha insegnato presso l’École Polytechnique Fédérale de Lausanne, in Svizzera. E’ stata nominata Accademico Pontificio e Membro del Consiglio dell’Accademia fin dalla fondazione, avvenuta il 19 gennaio 1994.

    La sua ricerca verte sulla filosofia delle scienze sociali e, in modo più concreto, sui "problemi di struttura e di agente" per giustificarne l’esistenza quali entità irriducibili con le rispettive proprietà e poteri. A tal fine ha messo a punto un "approccio morfogenetico" nell’ambito della teoria sociale. È stata Presidente dell’International Sociological Association (1986-1990), Editor of Current Sociology, Journal of International Sociological Association (1972-1980), Membro del Comitato Scientifico del Premio Amalfi, Membro dell’Academia Europaea, Relatrice al "IV Convegno Ecclesiale Nazionale" organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana (Verona 2006).

    Ha scritto oltre 60 articoli e capitoli pubblicati tra il 1965 e il 2004. Numerosi i suoi libri, tra i quali: Social Conflict and Educational Change in England and France: 1789-1848 (with M. Vaughan), Cambridge University Press, Cambridge 1971; Being Human: The Problem of Agency, Cambridge University Press, Cambridge 2000; Making our Way through the Word: Human Reflexivity and Social Mobility, Cambridge University Press, Cambridge 2007; Conversations about Reflexivity (edited), Routledge, Abingdon 2010.

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    Nomine episcopali in Italia, Australia e Ucraina

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kharkiv-Zaporizhia (Ucraina), presentata da Mons. Marian Buczek in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede Mons. Stanislav Szyrokoradiuk, O.F.M., finora Ausiliare di Kyiv-Zhytomyr e Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis di Lutsk, trasferendolo dalla sede titolare di Surista. Mons. Stanislav Szyrokoradiuk è nato il 23 giugno 1956 a Kornachovka, diocesi di Kamyanets-Podilskyi dei Latini, nella regione Khmelnitskaya (Ucraina). Nel 1980 ha iniziato la sua formazione sacerdotale presso il Seminario maggiore di Riga (Lettonia). In quegli anni è entrato nell’Ordine Francescano dei Frati Minori (OFM), iniziando il noviziato e continuando gli studi nel Seminario di Riga. È stato ordinato sacerdote il 4 giugno 1984 ed ha emesso i voti perpetui come Religioso nel 1988. Dal 1984 al 1994 è stato Parroco a Polonnoje, nella diocesi di Kamyanets-Podilskyi dei Latini. Il 26 novembre 1994 è stato nominato Vescovo Ausiliare di Zhytomyr (dal 25 novembre 1998: diocesi di Kyiv-Zhytomyr), ricevendo l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 1995. Dal 1996 è Direttore della Caritas nazionale. Dal 24 luglio 2012 alla data odierna ha ricoperto anche l’incarico di Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Lutsk.

    Papa Francesco ha nominato Vescovo di Lutsk (Ucraina) Mons. Vitaliy Skomarovskyi, finora Ausiliare di Kyiv-Zhytomyr, trasferendolo dalla sede titolare di Bencenna. Mons. Vitaliy Skomarovskyi è nato il 30 dicembre 1963 a Berdytchiv, diocesi di Kyiv-Zhytomyr (Ucraina).
    Ha frequentato gli studi in medicina presso l’Istituto medico di Zhytomyr. Dal 1985 al 1990 ha studiato presso il Seminario maggiore di Riga (Lettonia), ricevendo l’Ordinazione presbiterale il 27 maggio 1990. Per alcuni anni ha ricoperto il ministero di Vicario parrocchiale a Berdytchiv e successivamente quello di Parroco di Sumy. Dal 1995 al 2000 è stato Cancelliere della Curia diocesana di Zhytomyr (dal 25 novembre 1998: diocesi di Kyiv-Zhytomyr) e al contempo Parroco della Cattedrale. Dal 2000 al 2003 è stato Vice-rettore del Seminario Maggiore della stessa circoscrizione ecclesiastica. Il 7 aprile 2003 è stato nominato Vescovo Ausiliare di Kyiv-Zhytomyr ed ha ricevuto l’Ordinazione episcopale il 7 giugno dello stesso anno.

    Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Wilcannia-Forbes (Australia) il Rev.do P. Columba Macbeth Green, O.S.P.P.E., finora Vicario Provinciale in Australia dell’Ordine di San Paolo Primo Eremita e Rettore del Santuario di Marian Valley, Brisbane. Il Rev.do P. Columba Macbeth Green, O.S.P.P.E., è nato il 30 giugno 1968 a Forbes, nella diocesi di Wilcannia-Forbes. Dopo aver frequentato la scuola primaria e quella secondaria a Forbes, è entrato nel noviziato dell’Ordine di San Paolo Primo Eremita. Ha compiuto gli studi ecclesiastici al "Catholic Theological College" di Melbourne e presso il "Vianney College" della diocesi di WaggaWagga. Ha emesso la Professione religiosa solenne il 15 settembre 1996. È stato ordinato sacerdote il 22 novembre 1997 a Wagga Wagga. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vice Parroco e poi Parroco di Tarcutta, Wagga Wagga (1997-2001); Prefetto dei Novizi in Tarcutta (1999-2000); Primo Consigliere della Provincia Australiana dell’Ordine (1999-2002); Maestro dei Novizi in Tarcutta (2001-2002); Segretario della Provincia Australiana dell’Ordine (dal 2002); Sotto-Priore del Monastero di Penrose Park, Wollongong (2002-2006); Parroco di Moss Vale, Wollongong (2003-2006). Dal 2006 è stato Priore del Monastero e Rettore del Santuario di Marian Valley, Canungra, Brisbane, e dal 2009 è stato Vicario Provinciale della Provincia Australiana dell’Ordine. Inoltre, è stato Cappellano della Polizia dello Stato di New South Wales ed, al momento della nomina, è stato Cappellano della Polizia dello Stato di Queensland.

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo della diocesi di Ascoli Piceno (Italia) Mons. Giovanni D’Ercole, F.D.P., trasferendolo dalla sede titolare di Dusa e dall’incarico di Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi de L’Aquila. Mons. Giovanni D’Ercole, F.D.P., è nato a Morino (AQ) il 5 ottobre 1947. Ha compiuto i suoi studi nel Seminario di Napoli fino al presbiterato. Ha compiuto la licenza e il dottorato in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana della Pontificia Università Lateranense in Roma. Ha ottenuto un diploma in tecniche della Comunicazione Sociale presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università la Sapienza di Roma. È stato ordinato sacerdote a Roma il 5 ottobre 1974. Dal 1974 al 1976 ha reso servizio come Cappellano del Carcere Minorile di Casal del Marmo (Roma), Professore di Educazione Civica e Religione nel Centro Italiano Addestramento Cinematografico Don Orione di Monte Mario e Parroco della parrocchia "Nostra Signora di Fatima" nella Borgata Massimilla di Roma. Dal 1976 al 1984 è stato missionario in Costa D’Avorio, Parroco e Vicario Episcopale a Grand Bassam e Professore di Teologia Morale presso il Seminario Maggiore ad Anyama, vicino alla capitale Abidjan. Dal 1984 al 1985 è stato Parroco della parrocchia di Ognissanti; dal 1986 al 1987 Direttore Provinciale della Provincia Santi Pietro e Paolo dell’Opera Don Orione. Nel 1987 è stato chiamato ad assumere il compito di Vice-Direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Dal 1990 al 2009 ha lavorato in Segreteria di Stato, divenendone nel 1998 Capo Ufficio nella Sezione per gli Affari Generali. Eletto alla sede titolare di Dusa ed Ausiliare de L’Aquila il 14 novembre 2009, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 12 dicembre successivo. In seno alla Conferenza Episcopale Italiana è Segretario della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. È autore di numerosi articoli apparsi su riviste di carattere religioso e sociale. È Direttore responsabile della rivista "Don Orione Oggi", dell’Opera Don Orione, e della rivista "Crescere" del Movimento Oasi fondato da Padre Virginio Rotondi. È Assistente spirituale del Movimento "Tra Noi" e Consigliere spirituale della Comunità "Nuovi Orizzonti". Dal 2002 è Autore e Conduttore del programma televisivo "Sulla via di Damasco" in onda su Rai 2 il sabato alle 10.30. Cura la rubrica mensile "Attualità ecclesiali" per Radio Maria. È iscritto all’Ordine dei giornalisti del Lazio e del Molise.

    Il Papa ha nominato Relatore della Congregazione delle Cause dei Santi il Rev.do Sacerdote Maurizio Tagliaferri, del Clero della diocesi di Faenza-Modigliana, Professore Ordinario di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna.

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    Mons. Guido Marini confermato dal Papa maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie

    ◊   Il Papa ha confermato mons. Guido Marini come maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Nato 49 anni fa a Genova, mons. Guido Marini era stato chiamato a questo incarico da Benedetto XVI nell’ottobre del 2007.

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    Tweet del Papa: "Com’è dolce stare davanti al Crocifisso, rimanere sotto lo sguardo d’amore del Signore!"

    ◊   Alla vigilia della Domenica delle Palme il Papa ha lanciato un nuovo tweet ispirato a un passo della sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium: “Com’è dolce stare davanti al Crocifisso, semplicemente rimanere sotto lo sguardo pieno d’amore del Signore! (EG 264)”.

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    Venezuela. Mons. Giordano: la Chiesa ha un ruolo fondamentale nel processo di Pace

    ◊   Nuove speranze in Venezuela dopo il primo incontro tra governo e opposizioni, svoltosi a Caracas giovedì scorso, con l’obiettivo di porre fine a due mesi di violenti proteste che hanno causato circa 40 morti. Invitato all’importante riunione, in rappresentanza della Santa Sede, anche l'arcivescovo Aldo Giordano, nunzio apostolico in Venezuela, che ha letto un messaggio del Papa che ha invitato le parti al coraggio del perdono. Al microfono di Antonino Galofaro, mons. Giordano ci parla delle prospettive dopo l’incontro:

    R. – Mi sembra che occorra tentare tutto il possibile pur di evitare più sangue, evitare più violenza. E’ chiaro che è stato un primo incontro. Speriamo che abbia aperto un cammino e che questo cammino continui. Innanzitutto, è stata un’occasione per parlarsi, per parlarsi con molta sincerità, con momenti anche molto critici e duri. Credo, però, fosse importante parlarsi, sedersi allo stesso tavolo. E’ stata fatta un’analisi della situazione e sono stati messi sul tappeto riflessioni, credo, utili, che riguardano la crisi economica, riguardano l’uso della violenza, riguardano la criminalità, che è molto diffusa, e anche il tema della libertà. Naturalmente, l’incontro ha anche lasciato aperti diversi interrogativi sulla situazione problematica del Paese ed anche sui rapporti tra governo e opposizione. E’ chiaro che è un Paese polarizzato tra chi ha speranza nella proposta chavista e chi vede in essa invece l’origine dei problemi. Si vede dalle analisi che non si può escludere il decadere in una maggiore violenza e in una situazione con più sangue. Rimane la domanda sulla presenza degli studenti. Gli studenti, giovani, in fondo sono i veri protagonisti delle manifestazioni per strada e qui non erano presenti. Ci s’interroga come loro potranno entrare in un processo di dialogo.

    D. – Il Papa ha inviato un messaggio ai partecipanti all'incontro. Com’è stato accolto?

    R. – E’ stato accolto come molto prezioso da tutte le parti; è stato molto citato e ha suscitato speranza, direi. Indicava, infatti, che la via della violenza non ha futuro e chiedeva il coraggio e la forza, la pazienza di dialogare, richiamando anche alcuni elementi del dialogo: il rispetto e il riconoscimento dell’altro. Poi ha parlato della novità del perdono come capace di aprire strade veramente nuove. Il Papa, quindi, ha indicato una prospettiva, che è al di là della polarizzazione e delle problematiche, indicando una luce. E anche il saluto inviato dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, è stato accolto con grande gioia ed anche affetto. E’ chiaro che qui in Venezuela il segretario di Stato è considerato un amico caro e si spera nella possibilità della sua presenza qui a Caracas in un momento di questo cammino di riconciliazione. In realtà, la Chiesa, qui in Venezuela, è molto considerata e tutti riconoscono che ha un ruolo fondamentale, anche nel processo di pace.

    D. – Cosa può portare la Santa Sede in questo dialogo? Cosa può fare?

    R. – Io credo che ciò che il Papa ha indicato nel suo messaggio sia un po’ il cuore della proposta, della presenza, del contributo della Santa Sede. Indicare, cioè, che la strada della violenza è una strada chiusa; indicare che il dialogo è sempre possibile, nonostante tutte le difficoltà realistiche e indicare che c’è anche un’altra dimensione, una dimensione, in fondo, di intervento di Dio, direi, di appello al cuore del messaggio evangelico. E siccome siamo in Venezuela e in Venezuela c’è una fede comune, e sia i membri dell’opposizione, sia i membri del governo dichiarano nella maggioranza una fede in Dio e il loro riferimento al Vangelo, la Santa Sede, quindi, vuole richiamare questa base comune, perché su questa base comune si possano superare le gravi tensioni che esistono al momento presente. La Santa Sede richiama a una buona volontà comune, che ci sia un amore di base per il popolo, che ci sia una volontà di salvare la ricchezza e la bellezza di questo Paese e su questa base comune la Santa Sede potrà spingere verso sentieri di riconciliazione.

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    Via Crucis al Colosseo, la Lev pubblica le meditazioni di mons. Bregantini

    ◊   Venerdì Santo – il 18 aprile – al Colosseo, la Via Crucis presieduta dal Papa inviterà a riflettere sulla crisi economica e le sue gravi conseguenze, sulle storie degli immigrati, sui mali che strappano alla vita tanti giovani. I testi delle meditazioni – che saranno pubblicati martedì dalla Libreria Editrice Vaticana – sono stati scritti da mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, che nelle 14 stazioni della Passione ha portato le piaghe del mondo di oggi e tutti quei drammi conosciuti come pastore di diocesi del Sud d'Italia: le morti provocate dai rifiuti tossici, le condizioni dei detenuti nelle carceri sovraffollate. Nel servizio di Tiziana Campisi le anticipazioni dei contenuti:

    Nel legno della croce di Cristo ci sono i peccati dell’uomo, le ingiustizie prodotte dalla crisi economica, “con le sue gravi conseguenze sociali”, come la precarietà, la disoccupazione, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l’usura. Gesù le porta con sé sul Calvario, per insegnare che la vita va vissuta non nell’ingiustizia, ma creando “ponti di solidarietà”, “vincendo la paura dell’isolamento, recuperando la stima per la politica” e cercando soluzioni comuni ai problemi sociali.

    Nelle meditazioni scritte per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, mons. Giancarlo Bregantini ha portato le piaghe del mondo di oggi. Nelle sue riflessioni ci sono i drammi degli immigrati, le ferite delle donne che subiscono violenze, i traumi dei bambini abusati, il dolore di quelle madri che hanno perso i loro figli nelle guerre, nel baratro della droga o nel gorgo dell’alcol. Ma in Gesù che cade per tre volte lungo la strada verso il Golgota, l’arcivescovo di Campobasso-Boiano fa intravedere anche la certezza della speranza: dentro la prova, la preghiera intensa a Dio alleggerisce ogni croce personale. E così da Cristo si apprende ad accettare le fragilità, a non scoraggiarsi per ogni fallimento. Invece, Simone di Cirene, l’uomo che ha aiutato il Figlio di Dio a portare la croce, oggi ci dice che andare incontro all’altro, offrire il proprio aiuto, genera fraternità, e fa scoprire Dio in ogni essere umano.

    E ci sono pure le realtà del Sud d'Italia nella Via Crucis di mons. Bregantini: i bambini uccisi dai tumori causati dagli incendi dei rifiuti tossici, le necessità di quanti chiedono asilo, cercano una nuova patria ma trovano porte chiuse. Gli ultimi della società odierna sono lì, nelle diverse stazioni della Via della Croce, dove i patimenti di Cristo ricordano quelli dei detenuti, in carceri sovraffollate – con troppa burocrazia e una giustizia lenta – o in tetri istituti penitenziari, dove a volte la tortura è ancora una pratica.

    Ma c’è anche la Chiesa nella Passione di Gesù, ne è simbolo la sua tunica rimasta intatta, che rimanda all’unità da ritrovare, a quell’armonia da raggiungere con un “cammino paziente, in una pace artigianale, costruita ogni giorno” attraverso la fraternità, la riconciliazione e il perdono reciproco. E se straziante ha percorso i secoli l’immagine di Gesù deposto dalla croce tra le braccia di Maria, altro dice quest’icona chiamata “Pietà”: “la morte non spezza l’amore. Perché l’amore è più forte della morte … Chi è pronto a sacrificare la sua vita per Cristo, la ritroverà. Trasfigurata, oltre la morte”.

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    Mons. Oder: col pellegrinaggio delle reliquie, Giovanni Paolo II torna a evangelizzare il mondo

    ◊   La Canonizzazione di Giovanni Paolo II il prossimo 27 aprile arriva al termine di una Causa durata nove anni. Un tempo apparentemente lungo per i fedeli che lo proclamarono “Santo” il giorno stesso dei suoi funerali l’8 aprile del 2005, ma brevissimo per la storia contemporanea della Chiesa. Impegnato in prima persona in questo processo è stato il postulatore della Causa, mons. Slawomir Oder, che sulla Canonizzazione di Karol Wojtyla ha concesso una lunga intervista alla Radio Vaticana, al microfono di Alessandro Gisotti. In questa prima parte dell’intervista, mons. Oder si sofferma sui preparativi all’evento del 27 aprile, sul pellegrinaggio delle reliquie di Papa Wojtyla e sul miracolo approvato per la Canonizzazione:

    R. – Siamo ancora nella piena fase di preparativi: quanto più si avvicina il giorno, tante più cose ci sono ancora da sistemare, perché senz’altro sarà un evento di notevoli dimensioni per la presenza di pellegrini che verranno qui a Roma. Ma questo è un aspetto che sicuramente ha carattere contingente, ma in qualche modo secondario, perché nel profondo del cuore c’è una grande gratitudine nei confronti di Dio, soprattutto per il dono di santità di Giovanni Paolo II, con l’esempio della sua vita, che è emerso nel corso del processo.

    D. – Una delle grazie più belle del cammino verso la canonizzazione è il pellegrinaggio nel mondo delle reliquie di Karol Wojtyla: ce ne può parlare?

    R. – E’ stata un’iniziativa nata in maniera spontanea. La prima uscita delle reliquie è stata "provocata" dalla Giornata mondiale della gioventù a Madrid: sono stati proprio i giovani che volevano avere un segno tangibile di questo uomo che per molti è rimasto il Padre, e senz’altro padre delle Giornate mondiali della gioventù e ora patrono e protettore, per volontà del Santo Padre. Questa peregrinatio ha dato l’inizio a un fenomeno che poi ha avuto un suo straordinario seguito, soprattutto in Messico, che è stata la prima tappa – lontana – e giustamente doveva essere così, perché in qualche modo la reliquia ripercorre le orme di Giovanni Paolo II: ricordiamo che è stato il Messico la prima meta del suo pellegrinaggio apostolico. E dal Messico poi attraverso vari Paesi dell’America Latina e del Nord, e l’Europa, e l’Africa… Ecco, questo pellegrinaggio continua costantemente. Le testimonianze concordi di tutti coloro che hanno vissuto questo momento particolare, parlano di due fenomeni particolari: la presenza della gente e la presenza che non significa curiosità, significa soprattutto raccoglimento nella preghiera, la preghiera che poi si traduce nelle confessioni e nell’adorazione del Santissimo Sacramento. E queste sono forse due cose che effettivamente sono legate alla presenza di un Santo: la preghiera e la conversione. Questo è il frutto spirituale che riscontriamo ovunque passi il reliquiario contenente il sangue di Karol Wojtyla. Nella simbologia cristiana, il sangue significa soprattutto la vita e la vitalità: è un invito davvero straordinario a vivere la pienezza della vita. Infatti, Giovanni Paolo II è un Santo che ha vissuto la pienezza della vita, è un Santo che ha saputo assaporare il dono che il Signore gli ha dato e quel dono che gli ha dato l’ha saputo assaporare con lo spirito di libertà del figlio di Dio. Ed è proprio la libertà, penso, la caratteristica che emerge in maniera particolare dalla lettura della vita di Giovanni Paolo II. Una libertà che nasce alla presenza di Dio. Lui stesso diceva: l’uomo alla presenza di Dio è un uomo libero, non ha da temere nulla.

    D. – Come per la Beatificazione, anche per la Canonizzazione è stato scelto un miracolo – tra i tanti segnalati – riguardante una donna malata: perché?

    R. – Durante il processo, ho ricevute decine di migliaia di segnalazioni di grazie attribuire all’intercessione di Giovanni Paolo II. Ognuna di queste segnalazioni è sicuramente importante, perché parla della storia di vita di qualcuno che si è rivolto nei momenti di particolare necessità all’intercessione di Giovanni Paolo II e ne ha sperimentato la potenza e la presenza. Però, non tutte corrispondono esattamente ai criteri che sono posti dalla serietà del procedimento canonico. Il miracolo dev’essere quello nel quale possiamo constatare una guarigione totale, istantanea, duratura e senza dubbio attribuibile all’intercessione del Santo. E nel caso della signora Floribeth, del Costa Rica, ho riscontrato tutti questi elementi e la verifica successiva della documentazione previa e poi confermata nel corso del processo canonico, ha dato ragione a questa scelta.

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    Mons. Chullikat all’Onu: la gravidanza non è una malattia da prevenire o curare

    ◊   Promozione della famiglia e dello sviluppo umano integrale: sono gli strumenti indicati dall’arcivescovo Francis Chullikat nel suo discorso pronunciato il 10 aprile a New York. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu è, infatti, intervenuto nell’ambito della 47.ma sessione della Commissione delle Nazioni Unite dedicata a popolazione e sviluppo. “L’insostenibile fenomeno dell’invecchiamento della popolazione – ha detto mons. Chullikat – si può risolvere solo promuovendo la vita familiare e la fertilità”, perché il sostegno ed il mantenimento degli anziani necessita di “generazioni future più numerose, non più scarse, che possano contribuire economicamente al sistema sociale e provvedere al supporto familiare intergenerazionale”. Guardando, poi, all’attualità, il presule nota come alcuni approcci su questo tema “sembrino considerare la fertilità e la gravidanza come una malattia che il governo deve prevenire o curare”. Naturalmente, afferma mons. Chullikat, questo atteggiamento può riflettere “le preoccupazioni di alcuni dei Paesi più sviluppati”, ma “su scala universale, esso distorce le realtà delle popolazioni e dello sviluppo nella maggior parte delle nazioni del mondo, per le quali, invece, sono altri argomenti ad avere maggiore priorità”. L’approccio corretto, allora, nota l’osservatore vaticano, dovrebbe focalizzarsi “meno sulla riduzione della fertilità e più su programmi e valori che supportino lo sviluppo umano integrale”, tanto che “l’accesso all’istruzione, alle opportunità economiche, ai servizi sanitari di base e il sostegno alla famiglia dovrebbero essere le linee-guida per lo sviluppo dell’umanità”. Di qui, l’appello dell’arcivescovo a fare attenzione “all’insistente promozione dei cosiddetti ‘diritti’ sulla salute riproduttiva” che nasconde, in realtà, “il tentativo di favorire la legalizzazione o la liberalizzazione dell’aborto”. Al contrario, ribadisce mons. Chullikat, “i governi dovrebbero aiutare le donne ad evitare il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza”. Citando, infine, l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, ovvero “Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana” (EG, 214), l’osservatore vaticano ribadisce che “attraverso il richiamo alla promozione di servizi accessibili e di qualità in campo formativo, sanitario, alimentare e nel rispetto di tutti i diritti umani, la Santa Sede dimostra che sono la cura e la compassione per i poveri, piuttosto che il focalizzarsi sulla riduzione della fertilità, il modello per uno sviluppo davvero umano”. (A cura di Isabella Piro)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Lo scandalo del dolore innocente: il Papa riflette sulla sofferenza e ricorda l’inizio della Settimana Santa.

    Fame di giustizia: in Sud Sudan 250.000 bambini rischiano di essere colpiti da malnutrizione acuta grave.

    Volto di Cristo volto dell’uomo: le meditazioni per la Via crucis che sarà presieduta da Papa Francesco la sera di Venerdì santo.

    Con le palme della misericordia: in prima pagina, Manuel Nin sul cammino verso Gerusalemme nella tradizione bizantina.

    Ancora Boko Haram: diciannove morti in nuovi attacchi scatenati dai miliziani nello Stato nigeriano di Borno.

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    Oggi in Primo Piano



    Turchia: Consulta boccia legge sul controllo dei giudici

    ◊   In Turchia, si inasprisce la contrapposizione tra il governo Erdogan e la magistratura, dopo che ieri la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge che da al ministro della Giustizia il potere di nominare i membri del consiglio superiore della magistratura e l'ultima parola sulle nomine dei magistrati. Un nuovo colpo ad una settimana dalla decisione della Corte Costituzionale di sbloccare i social network oscurati dall’esecutivo. Su questo contrasto, Marco Guerra ha sentito la prof.ssa Carmela De Caro, ordinario di Diritto comparato pubblico alla Luiss:

    R. - E’ la risposta degli organi costituzionali rispetto ad un problema politico, perché la riforma costituzionale del 2010, approvata con referendum e voluta da Erdogan, ha tentato di limitare - attraverso il sistema delle nomine - la magistratura e in particolare i poteri della Corte costituzionale. Quindi, la magistratura prima e la Corte poi rappresentano, diciamo, la legalità interpretata da una magistratura che si pone in posizione neutrale ma contrastante rispetto l’andamento di Erdogan. Da un certo punto di vista, è uno Stato costituzionale che resiste alle "aggressioni" di Erdogan.

    D. - Il contrasto è tale che la Corte costituzionale è diventata una sorta di contropotere: c’è chi addirittura ipotizza una candidatura del suo presidente, il conservatore Kilic, contro Erdogan alle presidenziali di agosto…

    R. - Quanto al ruolo del presidente della Corte costituzionale e alla possibilità che sia effettivamente un antagonista politico, credo che oggi non si possa dire. Bisogna vedere lo sviluppo nelle prossime settimane. Escluderei che le sentenze significhino, per il momento, già la candidatura alle prossime elezioni presidenziali. Possono essere primi segnali. Servirà che tutto un sistema, quello tradizionale dei militari, delle alte dirigenze, delle borghesie, dei commercianti e degli industriali si sposti sulla posizione del presidente della Corte costituzionale. Ma direi che è troppo presto per valutare questo.

    D. - Nonostante le accuse di corruzione e gli scandali, Erdogan ha vinto - il 30 marzo scorso - le elezioni amministrative, con il 45% dei voti…

    R. - Qui, c’è un dato economico e sociale. Erdogan per dieci anni ha garantito uno sviluppo economico straordinario per gli standard della Turchia. Il governo di Erdogan ha garantito anche interventi sociali. Quindi, la popolazione sta meglio e sta godendo di un benessere precedentemente sconosciuto. Parlo della Turchia "profonda", non della Turchia delle grandi città, da Istanbul ad Ankara. La Turchia profonda è legata ad Erdogan, ripeto, per la forza intensa e capillare dell’attività del governo.

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    Guinea Bissau: domenica di elezioni per il governo e il presidente

    ◊   In Guinea Bissau, 750 mila elettori sono chiamati alle urne per le elezioni presidenziali e parlamentari. Sono 13 i candidati che concorrono alla presidenza, 15 i partiti politici in corsa per le parlamentari. Favorito il Partito africano per l’Indipendenza, erede del Movimento di liberazione nazionale. Il Paese vive in una situazione di instabilità cronica, con innumerevoli golpe militari, l’ultimo dei quali nel 2012. Per un commento sulle principali sfide che attendono i nuovi premier e presidente, Marco Guerra ha intervistato Filomeno Lopez, collega della Radio Vaticana originario della Guinea Bissau:

    R. - Sono due i fronti: il presidente della Repubblica che prima di tutto deve avere un progetto per creare un nuovo consenso nazionale, perché è una società profondamente divisa dalla guerra del ’98. Quindi, un progetto di riconciliare i guineani e, dell’altra parte, restituire il Paese alla comunità internazionale. Sono questi i due aspetti per ciò che riguarda il presidente della Repubblica in quanto garante. Poi, ci sono le legislative. Il premier sarà quello che avrà sicuramente il compito di fare uscire il Paese dalle conseguenze economiche di questo isolamento politico internazionale che c’è dal 2012, momento in cui è avvenuto il colpo di Stato. Ancora, c’è la questione della disoccupazione che probabilmente è arrivata all’80-90% fra i giovani, che vanno fuori per studiare e tornano nel Paese dove non ci sono prospettive di lavoro. Credo che questa sia la sfida maggiore. Poi c’è quella delle infrastrutture… Comunque, tutto ciò che è importante per ristabilire la comunicazione con la comunità internazionale, quindi lo sviluppo.

    D. - La Chiesa ha avuto un ruolo importantissimo nel processo di stabilizzazione del Paese. Perché è importante anche adesso?

    R. - C’è una lunga tradizione. Con l’acquisizione dell’indipendenza, c’è sempre stato questo impegno della Chiesa. Dopo la guerra del ’98, abbiamo avuto il primo vescovo che si chiamava don Settimio Arturo Ferrazzetta, veronese, che è stato l’emblema di quel periodo. Tutto il popolo della Guinea si è radunato intorno a un uomo senza preoccuparsi della sua provenienza, per poter salvaguardare tutto ciò per cui erano valsi tutti gli undici anni di lotta per l’indipendenza, cioè per l’unità nazionale. Lui poi è morto durante la guerra ed è stato infatti sepolto anche con tutti i riti. Il padre per la riconciliazione nazionale non è nemmeno Cabral, ma don Settimio, quindi il vescovo. Senza contare poi che la maggior parte dei politici che oggi concorrono alle elezioni è composta da persone che hanno studiato nelle scuole che questo vescovo ha costruito. Ecco le ragioni allora perché la Chiesa è sempre una voce. Quando c’è un conflitto, tutti si aspettano sempre che la Chiesa prenda le sue misure. In effetti, hanno mandato un messaggio, una lettera, prima di queste elezioni, richiamandosi ovviamente a tutto ciò che la Chiesa chiama normalmente i "doveri", ricordando ai politici di non perdere di nuovo questa causa perché questo sembra essere l’ultimo treno. Quindi, la lettera era per richiamare alla responsabilità i politici e anche tutti i cittadini.

    Sul clima preelettorale della vigilia, Alessia Carlozzo ha intervistato Michele Cavallo, primo segretario politico presso l’Ambasciata d’Italia a Dakar:

    R. – Sicuramente, un clima di grande attesa per delle elezioni che sono elezioni generali, il che vuol dire che sono elezioni sia per la presidenza della Repubblica che per il rinnovo del parlamento. Sono lezioni che intervengono dopo un percorso difficile del Paese, che ha avuto ripercussioni anche pesanti sulla popolazione, da un punto di vista economico e sociale. Quindi, sia la popolazione sia la comunità internazionale, che è decisamente mobilitata nel sostegno di questo processo elettorale, attendono domenica con impazienza e nell’auspicio che si svolga un processo elettorale senza intoppi, senza violenze, che possa fornire una spinta, una legittimazione all’affrontare le sfide che il Paese e la nuova leadership bissau-guineana dovranno affrontare.

    D. – Le elezioni arrivano a due anni esatti dal colpo di Stato. Quali sono le aspettative della popolazione?

    R. – Innanzitutto, che la mobilitazione elettorale – che tutti auspicano sia forte – consenta di mettere in piedi istituzioni e una leadership politica legittimata dal voto e che possa affrontare i problemi fondamentali del Paese che sono – al di là del ripristino della legalità costituzionale, violata due anni fa dal pronunciamento militare che interruppe il processo elettorale del rinnovo della carica di presidente della Repubblica – i problemi della vita quotidiana della popolazione che sconta alti livelli di povertà, con gravi problemi in materia di approvvigionamento energetico, di acqua potabile… Poi, che vengano affrontati altri problemi strutturali del Paese, che sono il disfunzionamento dello Stato in estrema sintesi. Quindi, il ripristino di un’amministrazione efficace, che possa funzionare in settori chiave come l’istruzione, la salute, le attività produttive.

    D. – La Guinea Bissau è uno dei Paesi più poveri del mondo ed è dilaniata dalla piaga del narcotraffico. Quali dovranno essere le prime misure che il nuovo governo dovrà adottare?

    R. – Il narcotraffico è una piaga che tocca non solo la Guinea Bissau, ma in generale la regione dell’Africa Occidentale, in quanto anche geograficamente snodo di traffico di stupefacenti, in particolare cocaina, dall’America Latina all’Europa. In Guinea Bissau, la situazione è molto preoccupante ed è anche per questo che la comunità internazionale si è molto impegnata nel sostenere un processo di transizione e il processo elettorale. Se posso aprire una parentesi, anche l’Italia partecipa al sostegno alle elezioni che si svolgeranno domenica con un modesto contributo finanziario, che è stato versato ad un fondo gestito dalle Nazioni Unite. Come dicevo, quindi, la riforma dello Stato, la lotta alla corruzione e anche la riforma delle forze armate e di sicurezza, sono tra i pilastri anche per cercare di risolvere il problema serio del narcotraffico in Guinea Bissau, e saranno tre elementi che la comunità internazionale guarderà con estrema attenzione per i primi mesi del nuovo governo.

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    Giornata internazionale dei bambini di strada: non dimenticare i loro diritti

    ◊   Svegliare l'attenzione del mondo sui bambini di strada, perché vengano sostenuti e perché vengano riconosciuti i loro diritti. E' l'intento della Giornata internazionale a loro dedicata, che si celebra oggi e che è stata creata nel 2011 dal Consorzio per i Bambini di Strada, la maggiore rete internazionale impegnata nel sostegno a questi minori. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Impossibile definire il numero dei bambini di strada nel mondo, ma le cifre sono impressionanti, dati di qualche anno fa parlavano di 150 milioni, distribuiti nei Paesi in via di sviluppo, dall’Asia, all’Africa, all’America Latina, ma anche in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est. Ma sono molti di più, perché se è vero che sono visibili nelle strade, è altrettanto vero che non sono visti da statistiche e censimenti.

    Questi minori vivono ai margini della società, nelle periferie delle grandi città, nelle discariche, ma anche nelle zone rurali. Un’esistenza fatta di stenti, di totale abbandono, di violenza, di sfruttamento, maltrattamenti e abusi. Sono orfani, profughi, rifugiati, sono fuggiti da situazioni di degrado familiare, dalla povertà o abbandonati dai loro stessi genitori. Passano le loro giornate mendicando, smistando immondizia per poi rivenderla, lustrando scarpe, rubando e prostituendosi. Sono vittime della violenza degli adulti, della criminalità, e della tossicodipendenza data dalla colla che regolarmente sniffano.

    A loro tutela vi è la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, ma spesso gli stessi Stati che l’hanno ratificata sono i primi a non rispettare i loro diritti. Marta Buzzatti è responsabile comunicazione e raccolta fondi del Cisv, la Comunità impegno servizio volontariato, un’Associazione che da anni lavora con i bambini di strada in tre Paesi africani, Burkina Faso, Senegal e Benin e in Venezuela:

    R. – Ci occupiamo di questa tematica che presenta caratteri comuni ma anche specifici del Paese. Sicuramente la povertà è il primo, intesa naturalmente come povertà economica e sociale, quindi mancanza di mezzi in tutti i sensi. Sono caratteristiche comuni che sono il risultato dello spostamento degli uomini dalla zona rurale alle grandi città con il conseguente abbandono delle famiglie. Si tratta di famiglie ancora molto numerose, che naturalmente non sono in grado di mantenere i bambini, di mandarli a scuola, o più semplicemente di farli mangiare, vestirli, curarli e soprattutto accudirli. Poi, parliamo di povertà di tipo sociale perché, per quanto ci sia nei Paesi dell’Africa una rete sociale familiare che si occupa della famiglia, in realtà poi però, se noi intendiamo il sociale come assistenza, questa naturalmente manca. La povertà quindi in questo senso. Nel Benin, ad esempio, noi lavoriamo con associazioni che si occupano della tratta dei minori, bambini e bambine, che vengono presi per lavorare anche a sei, sette anni. Quando le bambine arrivano a compiere 11-12 diventano “carne da macello” – uso proprio questa espressione – e quindi c’è tutto il fenomeno dei matrimoni forzati. Ma in realtà sono matrimoni forzati soprattutto per il lavoro, dove in realtà le bambine divengono schiave.

    D. – Stessa situazione anche in Venezuela?

    R. – In Venezuela, ci sono delle diversità. Operiamo in un’area urbana, si tratta di una città universitaria, Mérida, dove ci troviamo di fronte al fenomeno della povertà delle periferie. Qui, il disagio è legato ad esempio anche alla prostituzione delle donne, all’alcolismo, a una mancanza totale del lavoro e di possibilità di sviluppo. È una situazione un po’ diversa da quella africana, perché in questo caso è molto urbana, di difficile soluzione. Anche in questo caso si tratta di un fenomeno in crescita.

    D. – Chiaro che tutti questi bambini che vivono in strada diventano oggetto di violenza Che cosa accade loro?

    R. – Violenza sì, ma non solo, soprattutto sfruttamento come manodopera di bassissimo livello. Per esempio, in Burkina Faso questi ragazzi abbandonati, lasciati nelle strade della capitale Ouagadougou, sniffano, sono in preda alle droghe e a malattie degenerative, difficile per loro diventare grandi. La violenza c’è certamente. Per esempio, sempre in Burkina, i ragazzini vengono presi e violentati perché è facile: si trovano per la strada e, soprattutto, nessuno li difende. Vorrei però parlare anche di un’esperienza in positivo, perché noi lavoriamo in quel Paese con un’Associazione che è stata creata dagli stessi ragazzi di strada, che hanno deciso di costituirsi in un’associazione per lottare per i propri diritti e per avere i servizi di base: l’acqua per lavarsi, l’acqua per poter bere, per poter avere dei centri dove trascorrere del tempo insieme e condividere la situazione e, soprattutto, dove poter proteggere i più piccoli proprio perché non vengano presi, violentati e sfruttati. Loro stessi hanno creato questo, cercano degli aiuti, degli appoggi e credo che il fatto che siano i ragazzi più grandi ad aiutare e a tenere in piedi questa organizzazione sia davvero importantissimo. C’è comunque un costante aumento di questi bambini. A me viene in mente Dakar, in Senegal, dove qualche anno fa c’erano bambini in strada che chiedevano l’elemosina, o che bussavano ai vetri delle macchine. Il fenomeno era veramente minimo rispetto a quanto accade ora in alcune zone dove è veramente diffuso. Ricordo un’altra città, Nairobi, in Kenya, dove già molti anni fa era diffuso il fenomeno dei bambini di strada. Vedere dopo pochi anni Dakar diventare come Nairobi è stato scioccante, anche come esperienza personale.

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    Africa: "Progetto Marco" l'ong che scava pozzi nelle aree più povere

    ◊   Gli abitanti dei Paesi più poveri dell’Africa hanno bisogno di tutto, ma la mancanza più grave è l’acqua, soffrono la sete e non riescono a coltivare i raccolti. Ed è proprio in questo ambito che opera dal Duemila l’ong “Progetto Marco”, che sta costruendo pozzi d’acqua, dando vita a progetti di agricoltura locale e costruendo scuole. Salvatore Spinosa, che guida l’Associazione, descrive al microfono di Maria Cristina Montagnaro qual sia la situazione in questi Paesi:

    R. - Proprio in questi giorni, ci sono due nostri volontari nella Repubblica democratica del Congo che stanno avviando il tanto famigerato "progetto agricolo"¸che vuol dire cercare di rendere fertile e produttiva un’area di 34 ettari, coinvolgendo direttamente nel progetto circa 400 famiglia nella produzione di cibo per loro e per tanti altri che vivono nella zona. Noi vogliamo svilupparlo anche con l’allevamento di capre, di galline. Vorremmo fare anche dei locali destinati all’artigiano.

    D. - E’ un progetto estendibile anche in altri parti dell’Africa?

    R. - Questo progetto lo abbiamo un po’ creato noi in virtù delle nostre esperienze. Certamente, abbiamo visto anche altre realtà come per esempio in Malawi, ma noi vogliamo che siano loro stessi a produrre e a organizzarsi. Vogliamo realizzare una piccola società autogestita: non gestita da un occidentale che poi ne diventa il padrone. Questo assolutamente no.

    D. - Quindi, cercate di fornire degli strumenti per combattere la fame…

    R. - Esattamente. Loro chiedono: “Aiutateci a produrre un cibo al giorno”. E’ importante, però, che noi non li aiutiamo soltanto a produrre un cibo al giorno, perché resterebbero sempre in queste condizioni.

    D. - Siete tornati anche in un Paese come il Ghana, dove avete costruito pozzi d’acqua. Qual è la situazione in questo momento nel Paese?

    R. - E’ una situazione certamente più fluida. Cerchiamo di raggiungere e di andare ad aiutare proprio quei villaggi più sperduti. Consideriamo che quando arriviamo ci chiediamo come abbiano fatto a venire a vivere qui… La risposta è semplice: sono scappati nei tempi della schiavitù dai padroni cattivi. Quando noi arriviamo, ci chiamano "gli angeli venuti dal cielo" e si meravigliano.

    D. - Quanti pozzi avete scavato finora?

    R. - Finora, sono stati scavati 265 pozzi.

    D. - E quante persone beneficiano di un pozzo?

    R. - Non c’è un numero preciso, perché dipende dalla grandezza dei villaggi che ne usufruiscono. Ci possono essere pozzi che danno acqua a duemila persone e pozzi che ne danno a mille o a cinquecento. Dipende dai villaggi in cui è stato scavato.

    D. - Cosa provano quando riescono ad avere l’acqua nei loro villaggi?

    R. - Sono immagini che non si possono descrivere...

    D. - Voi avete un sito nel quale documentate tutte le vostre iniziative…

    R. - Noi documentiamo tutto, dalla a alla zeta. E documentiamo in modo particolare non il bilancio o i bilanci, ma documentiamo gli estratti conto bancari rilasciati dalla banca, che sono un documento ufficiale e li pubblichiamo. Basta andare sul nostro sito www.progettomarco.it e lì si vede cosa facciamo dei soldi.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Domenica delle Palme, la liturgia ci presenta il racconto della Passione del Signore secondo Matteo. Gesù viene crocifisso. Verso le tre, grida a gran voce:

    «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

    Sulla Domenica della Passione del Signore, che inaugura la Settimana Santa, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    La solenne celebrazione di oggi comincia, di solito, con la processione delle palme per commemorare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Questo gesto “manifesta l'avvento del Regno che il Re-Messia si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e risurrezione” (CCC 560). Viene lo Sposo a fare del suo popolo la sua “diletta Sposa”. Lo Sposo si presenta come il Servo, che viene a versare il suo sangue per redimere e fare bella la Sposa, “che ama talmente da donare la sua vita per lei” (cf T. Federici). Seguire la passione di Gesù, significa, da una parte, toccare con mano la verità totale di questo amore divino, ma, dall’altra, aprire gli occhi e permettere al cuore di vedere l’abisso di morte e di distruzione del peccato. John Henry Newman ha provato a descrivere quest’orrore: “La morte del Dio Incarnato altro non vi insegna, fratelli, se non questo: che cosa sia il peccato in se stesso, e che cosa era quello che, nella sua ora e in tutta la sua forza, si abbatté sulla natura umana di Gesù… Tutti i peccati stanno qui. Stanno qui le persone a Te più care, i tuoi santi e i tuoi ti stanno sopra; i tuoi apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, non però da confortatori, bensì da accusatori, come gli amici di Giobbe, ‘gettando cenere contro il cielo’ (Gb 2,12), e accumulando maledizioni sul tuo capo”. “La mia anima è triste fino alla morte”, ma per la mia Sposa eccomi pronto a dare la mia vita. Da bambini, ricordo, ci educavano a vivere questa settimana nel silenzio, nella preghiera, accompagnando la passione del Signore, per unirci alla sua vittoria pasquale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Guinea Bissau. I vescovi alla vigilia delle elezioni: votare per chi promuove il bene comune

    ◊   “Il voto che esprime una maturità politica e morale dei cittadini è un voto responsabile”: lo affermano i vescovi della Guinea Bissau in un messaggio pubblicato in occasione delle elezioni presidenziali e legislative che si tengono domani, domenica 13 aprile e inviato all’agenzia Fides.
    Nel messaggio si propongono alcune indicazioni per la scelta dei candidati: “Attraverso le elezioni il popolo sceglie, come suo legittimo rappresentante, un cittadino che sia: rispettoso dei diritti umani; impegnato politicamente a favorire l’interesse collettivo; umanamente saggio e moralmente onesto, capace di dialogo e di equilibrio”.

    I vescovi chiedono ai politici di rispettare le aspirazione profonde del popolo, traducendole in programma realistici; si appellano ai militari perché difendano la patria e la popolazione; invitano i cittadini a non vendere il proprio voto e chiedono alla comunità internazionale di continuare ad aiutare la Guinea Bissau. (R.P.)

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    Unicef: in Sud Sudan 250 mila bambini a rischio fame

    ◊   I cittadini più piccoli della nazione più giovane del mondo sono sull’orlo di una crisi nutrizionale e avverte l’Unicef, se non si farà qualcosa subito, entro la fine dell’anno, circa 250.000 bambini saranno colpiti da malnutrizione acuta grave. Molti bambini in Sud Sudan, nei due anni e mezzo di indipendenza (dal 2011) hanno già dovuto affrontare livelli emergenziali di malnutrizione. Ora, con il protrarsi del conflitto, la situazione è peggiorata e – a meno che non ricevano cure adesso- fino a 50.000 bambini sotto i 5 anni rischiano di morire.

    Attualmente nel Paese oltre 3,7 milioni di persone sono a rischio di grave insicurezza alimentare; di questi circa 740.000 sono bambini sotto i cinque anni. Molti stanno mangiando cibi chiamati “cibi da carestia”, come bulbi e erbe.

    “Purtroppo, il peggio deve ancora venire. Se il conflitto continua e gli agricoltori perderanno la stagione della semina, la malnutrizione infantile arriverà a livelli mai raggiunti prima”, ha detto Jonathan Veitch, Rappresentante Unicef in Sud Sudan. “Se non riceveremo più fondi e non avremo un migliore accesso per raggiungere i bambini malnutriti in Sud Sudan, decine di migliaia di bambini sotto i 5 anni moriranno. Queste non sono semplici statistiche – sono i bambini del Sud Sudan, Paese pieno di potenziale e di promesse. Non dobbiamo fallire per i bambini di questa giovane e fragile nazione”, ha detto Veitch.

    L’obiettivo immediato dell’Unicef è di dare cure a più di 150.000 bambini sotto i cinque anni colpiti da malnutrizione acuta. In parte questo obiettivo potrà essere raggiunto con team di risposta rapida, che distribuiranno alimenti terapeutici pronti all’uso, micronutrienti, medicinali, bustine per la purificazione dell’acqua, vitamina A, vermifughi e aiuteranno le madri in gravidanza ed in allattamento. (R.P.)

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    Sud Sudan. Il vescovo di Wau: il perdono, necessario per ricostruire il Paese

    ◊   Perdonarsi gli uni con gli altri è il modo per andare avanti: così, in sintesi, mons. Rudolph Deng, vescovo della diocesi di Wau, in Sud Sudan, esprime i suoi auspici per il futuro del Paese. Indipendente solo dal 2011, infatti, il Sud Sudan ha visto scoppiare, nel dicembre del 2013, un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir di etnia dinka e quelle fedeli all'ex vicepresidente Machar di etnia nuer.

    In un’intervista rilasciata all’emittente locale Radio Tamazuj, mons. Deng ha quindi espresso apprezzamento per la proposta, avanzata dal governo, di istituire una Piattaforma nazionale per la pace e la riconciliazione. “Bisogna preparare le persone – ha aggiunto il presule – ad impegnarsi in un dialogo profondo sia sui torti che sui beni incontrati nella loro vita”. Il modello a cui si vuole ispirare la Piattaforma, ha spiegato poi mons. Deng, è quello del Sudafrica, che proprio in questi giorni si appresta a festeggiare i venti anni di democrazia. “Aspettiamo il sostegno dei nostri fratelli sudafricani – ha detto il vescovo di Wau – affinché ci indichino come educarci a questo processo” di costruzione della pace.

    Incoraggiando, infine, “i fratelli e le sorelle sud sudanesi” ad un dialogo “onesto e sincero”, mons. Wau ha concluso sottolineando che “la strada di essere umani, di perdonare e di chiedere perdono è la strada per andare avanti”. (I.P.)

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    Firma storica dell'Autorità palestinese alle quattro Convenzioni di Ginevra

    ◊   La Palestina ha ratificato ufficialmente le Quattro convenzioni di Ginevra e il Protocollo addizionale considerati testi fondamentali del diritto umanitario internazionale. La Svizzera, Paese depositario dei trattati - riferisce l'agenzia Misna - ha registrato l’adesione della Palestina il 10 aprile scorso, un passo definito “storico per il popolo palestinese” dal Presidente Mahmoud Abbas.

    L’adesione, dall’alto valore politico e simbolico a livello internazionale è tanto più importante tenuto conto che la IV Convenzione – spesso citata dall’Anp nei confronti di Israele – sancisce gli obblighi sulla protezione dei civili in caso di occupazione e dà basi legali alla loro opposizione alle colonie ebraiche nei Territori occupati.

    Tra i trattati siglati ci sono la convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari, quella sui diritti del fanciullo, la Convenzione contro la tortura e una contro la corruzione. (R.P.)

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    Ginevra: all'Ilo si sceglie maggiore sicurezza per gli operatori marittimi

    ◊   La Mission to Seafarers (Mts), organismo che fornisce aiuto e sostegno in 260 porti al milione e mezzo di uomini e donne imbarcati per lavoro, ha partecipato alla riunione della speciale commissione tripartita (Governo, Marittimi, Armatori) riunita a Ginevra in questa settimana per discutere gli emendamenti alla Convenzione del Lavoro Marittimo del 2006 per dare ai marittimi una migliore protezione ai sensi del Codice di Rimpatrio e di Responsabilità degli armatori.

    A marzo 2014, il Database dell'Ilo sull'abbandono dei marittimi elencava 159 navi mercantili abbandonate , alcune risalenti al 2006 con casi ancora rimasti irrisolti. In pratica, quando le navi sono abbandonate, i marittimi soffrono condizioni disumane tanto da definire le imbarcazioni "navi morte". Spesso vi è un notevole ritardo prima che un lavoratore marittimo sia rimpatriato e questo si aggiunge allo stress e al disagio del momento. Le nuove disposizioni consentiranno un più rapido rimpatrio e addirittura potranno ridurre il numero di abbandoni graie alla garanzia finanziaria che ora deve essere messa in atto per affrontare situazioni analoghe.

    Padre Bruno Ciceri, incaricato dell’Apostolato del mare in seno al Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, a Ginevra per le conclusioni dei lavori, ha affermato che "l'approvazione di questi emendamenti sulla Convenzione del Lavoro Marittimo del 2006 sono importanti perché coprono un'area che fino ad adesso non era mai stata considearata cioè quello dell'abbandono dei marittimi nei diversi porti per varie ragioni da parte dell'armatore. Generalmente quando i marittimi venivano abbandonati - a Ravenna in Italia ne abbiamo sei di navi in queste condizioni - è la Stella Maris, l'Apostolato del Mare che interviene, innanzitutto per provvedere cibo, soldi, schede telefoniche, assistendoli anche dal punto di vista legale perché possano recuperare i loro soldi e tornare a casa. Con questi nuovi emendamenti ci sarà una protezione legale, un'assicurazione e una copertura finanziaria al momento dell'imbarco che dovrà provvedere in caso di bisogno".

    A parte un governo che si è astenuto, tutti i presenti hanno votato a favore delle proposte presentate, con armatori e marittimi uniti nel loro desiderio di raggiungere risoluzioni pratiche su entrambi i punti all'ordine del giorno. Gli emendamenti approvati devono ora essere presentati alla Conferenza dell'Ilo per la definitiva ratifica prima che possano essere attuate.(Da Ginevra, Gabriele Beltrami)

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    Ex-Jugoslavia: i vescovi chiedono di essere divisi in Conferenze episcopali

    ◊   Si è conclusa a Zrenjanin, nella regione di Vojvodina in Serbia, l’Assemblea plenaria della Conferenza internazionale episcopale “Ss. Cirillo e Metodio” che comprende la Serbia, il Montenegro, la Macedonia e il Kosovo. Alla riunione hanno partecipato il nunzio apostolico a Belgrado mons. Orlando Antonini, il presidente della Conferenza, mons. Zef Gashi, vescovo di Antivari (Montenegro), mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo di Belgrado, l’esarca per i cattolici di rito orientale per la Serbia e Montenegro, mons. Djura Dzudzar, e gli altri sei membri della Conferenza.

    I presuli hanno deciso di proporre alla Santa Sede di dividere la Conferenza internazionale in quattro Conferenze nazionali corrispondenti ai rispettivi quattro Paesi. "Siamo nazioni con realtà e problemi diversi - spiega all'agenzia Sir il segretario generale della Conferenza mons. Ladislav Nemet, vescovo di Zrenjanin (Serbia) - e l'internazionalità della Conferenza la rende poco flessibile, anche le autorità non la riconoscono come un partner valido nel contesto del loro Paese". E aggiunge: "Poi ciascuno dei nostri Paesi ha un nunzio diverso e questo rende più complicata la comunicazione con la Santa Sede".

    Nel caso di approvazione della proposta da parte della Congregazione deí vescovi, la Macedonia e il Kosovo rimarranno con un solo vescovo e il Montenegro con due mentre la Serbia avrà sei presuli. Secondo mons. Nemet, "questo non rappresenterebbe un problema. La tradizione della Chiesa conosce simili casi, anche in Moldavia la Conferenza è composta da un vescovo". Nel frattempo sarà spostata anche la sede della Conferenza episcopale internazionale: da Belgrado alla vicina città di Pancevo, nella regione Vojvodina, dove vive la maggior parte dei cattolici in Serbia.

    I presuli della Conferenza "Ss. Cirillo e Metodio" hanno anche approvato il documento con le Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici. "Su questo punto siamo un po' in ritardo rispetto agli altri Paesi - chiarisce mons. Nemet - perché dovevamo concordare le diverse legislazioni nei quattro Paesi".

    Nel documento vengono sottolineati l'impegno e la serietà con cui la Chiesa cattolica intende trattare questi crimini tutelando i minori e intraprendendo delle azioni legali contro i colpevoli. Mons. Nemet precisa che si tratta di "processi ecclesiali e che le legislazioni nazionali non prevedono l'obbligo di denuncia". Nella diocesi di Zrenjamín ci sono stati tre processi di presunti casi di abusi su minori. "Purtroppo si è dimostrato che si trattava di casi falsi", confessa il presule rammaricato dal fatto "che questo.. ha influito in modo molto negativo sui sacerdoti accusati, diventati oggetto di cattiva fama". (R.P.)

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    Gmg di Cracovia 2016. Il card. Dziwisz: "Lascerà un segno indelebile alla Polonia"

    ◊   “Rimettere in moto le parrocchie, far uscire i movimenti ecclesiali da se stessi, incontrare i giovani che sono fuori dai nostri ambienti, privilegiare tra essi i più poveri, creare familiarità tra i vescovi e i giovani, dare una scossa alle vocazioni, imprimere un’impronta cristiana sull’atmosfera della nostra epoca”: è questo “il solco pastorale” della prossima Gmg internazionale che si svolgerà a Cracovia nel 2016. A tratteggiarlo è stato il card. Stanislaw Dziwisz, arcivescovo della città polacca, che è intervenuto all’incontro internazionale sulle Gmg “Rio 2013-Cracovia 2016” che si è tenuto a Sassone di Ciampino, vicino Roma, alla presenza di delegati delle pastorali giovanili di 90 Paesi e 45 movimenti ecclesiali.

    “Un appuntamento storico e speciale” lo ha definito il cardinale che lascerà alla Polonia e a Cracovia “un segno indelebile” sia a livello sociale che pastorale. In modo particolare a Cracovia, nella terra cioè “in cui il Papa santo Giovanni Paolo II, l’ideatore delle Gmg, è stato a sua volta giovane, un giovane necessariamente serio e impegnato come i tempi difficili esigevano. Se le Gmg hanno delle radici queste pescano nell’humus storico e culturale della terra in cui presto saremo lieti - a nome suo - di accogliervi”. La prossima Gmg - riporta l'agenzia Sir - “sarà la prima che godrà della protezione di san Giovanni Paolo II. Un Santo giovane, canonizzato a nove anni dalla sua morte; un Santo richiesto tale alla Chiesa dai giovani”.

    Il primo significato della Gmg polacca “non può non essere la proposta dell’ideale storico-concreto della santità accessibile a tutti e a ciascuno, e accessibile ai giovani in particolare. “Tornare alle origini dell’evento - ha concluso il card. Dziwisz - significa ripuntare al cento per cento sui giovani: loro sono il nostro capitale umano. Loro e il Papa: dopo Giovanni Paolo, dopo Benedetto, ecco Francesco, la stessa freschezza. Loro, i giovani, e il Papa, in un’alleanza inscindibile, oggi come trent’anni fa, un’alleanza che è profezia davanti al mondo e alla storia”.

    Dal canto suo padre Robert Tirala, direttore esecutivo del Comitato organizzatore locale della Gmg polacca (Col) ha confermato al Sir che dovrebbe essere la spianata di Blonia, adiacente al centro storico della città, il luogo della veglia e della Messa finale della Gmg di Cracovia 2016. “L’estensione dell’area - spiega il sacerdote - è di circa 100 ettari, più grande dunque di Copacabana a Rio. Nelle precedenti visite di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI in questo stesso luogo abbiamo avuto circa 2 milioni e mezzo di persone. Lavoriamo per accogliere nel 2016 un numero simile o superiore di giovani”. Per ospitare così tante persone verranno attivate tutte le 44 diocesi del Paese con le relative parrocchie e messe a disposizione sale, palestre, scuole, camping, ostelli, implementati i trasporti, soprattutto a Cracovia, dove non c’è metropolitana. (R.P.)


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    Pakistan. Caso di Asia Bibi: è probabile che l’udienza salti ancora

    ◊   E’ molto probabile che la nuova udienza per il processo di appello di Asia Bibi – la donna cristiana condannata a morte per blasfemia – che è fissata per lunedì 14 aprile, slitti nuovamente. Si tratterebbe dell’ennesimo rinvio, questa volta “per ragioni amministrative interne alla Corte”.

    Lo riferisce all’agenzia Fides l’avvocato difensore della donna, Naeem Shakir, spiegando: “Il primo collegio di due giudici, a cui era stato assegnato il caso, è stato smembrato dall’amministrazione del tribunale e uno dei giudici trasferito; anche il secondo collegio, a cui il caso è passato, si è sciolto e un terzo non è ancora stato nominato. Non ho ricevuto comunicazioni dall’amministrazione, ma a questo punto (sabato 12 aprile, ndr) è davvero improbabile che lunedì l’udienza si tenga. Ci aspettiamo un altro rinvio, di almeno 10 giorni. Movimenti e spostamenti dei giudici rientrano nella piena discrezionalità dell’amministrazione dell’Alta Corte e avvengono di routine, per i più svariati motivi. Tuttavia questi continui rinvii ci infastidiscono molto”.

    Secondo l’esperienza, può capitare che siano gli stessi giudici a evitare casi delicati e sensibili come quelli di blasfemia, per paura di finire nel mirino dei fondamentalisti. Nel frattempo Asia Bibi resta in carcere di Multan, in attesa di novità, ma è comunque escluso che possa partecipare direttamente ad alcuna udienza. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 102

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