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Sommario del 29/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai catechisti: chi non coltiva la "memoria di Dio" si disumanizza. All'Angelus preghiera di pace per la Siria
  • Essere catechisti: le testimonianze di tanti giunti da tutt'Italia per l'incontro con il Papa
  • L’impegno della Gendarmeria vaticana: intervista con il direttore Domenico Giani
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: 13 vittime in raid aereo su Raqqa; anche dall'opposizione sì alla conferenza di pace
  • L'appello di MSF: rimuovere il blocco umanitario in Siria e garantire le cure alla popolazione
  • Forti manifestazioni a Khartoum mentre riprendono i combattimenti in Darfur
  • La denuncia di don Patriciello: rifiuti del Nord nella Terra dei Fuochi in provincia di Napoli
  • Al via a Roma il XXVII incontro internazionale tra le religioni promosso da Sant'Egidio
  • Aquileia celebra i 1700 anni dall'Editto di Costantino con la mostra “Costantino e Teodoro. Aquileia nel IV secolo”
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq. Serie di esplosioni ad Erbil, nel Kurdistan
  • Pakistan. Attentato a Peshawar, 38 morti
  • Nigeria: si rovescia un traghetto nel Niger mentre Boko Haram torna ad attaccare nel Nord, vittime
  • India: 61 le vittime del crollo del palazzo di Mumbai, terminate le ricerche
  • Terminato in Turchia il Simposio sull’altruismo
  • Sud Corea: visita pastorale del card. Filoni per il giubileo della diocesi di Suwon
  • Centrafrica: ancora uccisioni e distruzioni dei ribelli Seleka nonostante siano fuorilegge
  • Bratislava: summit dei vescovi europei su "Europa tra laicità e laicismo"
  • Polonia. Iniziativa per le missioni: “Adotta dei seminaristi missionari”
  • India. A Sagar la statua alla Divina Misericordia di Gesù: la più grande del Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai catechisti: chi non coltiva la "memoria di Dio" si disumanizza. All'Angelus preghiera di pace per la Siria

    ◊   Il catechista è colui che alimenta e risveglia negli altri "la memoria di Dio", senza la quale un essere umano - non escluso un cristiano - rischia di svuotarsi e di diventare simile al ricco del Vangelo, incapace che di pensare a se stesso. E' il concetto di fondo dell'omelia che Papa Francesco ha pronunciato questa mattina alla Messa per la Giornata dei catechisti, giunti da tutto il mondo per celebrare l'Anno della Fede. Piazza San Pietro e Via della Conciliazione hanno raccolto 100 mila persone. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’attacco dell’omelia tocca subito il tasto sul quale Papa Francesco batte da giorni: cosa succede se un cristiano – come il ricco del Vangelo ricordato dalla liturgia domenicale – si compiace solo del suo benessere ignorando i tanti Lazzaro che gli chiedono un aiuto? La domanda aleggia per qualche istante nel cielo di Roma, scuro e presago di pioggia, che sembra in sintonia col tono insolitamente grave col quale il Papa sviluppa la sua riflessione. Poco prima, nella Piazza S. Pietro gremita da una folla superiore alle 100 mila persone, è risuonato il monito del profeta Amos: “Guai agli spensierati di Sion” che “mangiano, bevono, cantano, si divertono e non si curano dei problemi degli altri”. Questa è gente, commenta il Papa, che sta sull’orlo di un abisso di disumanizzazione:

    “Se le cose, il denaro, la mondanità diventano centro della vita ci afferrano, ci possiedono e noi perdiamo la nostra stessa identità di uomini. Guardate bene: il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente ‘un ricco’. Le cose, ciò che possiede sono il suo volto, non ne ha altri”.

    Questi esseri spersonalizzati, che si sono fatti rubare l’umanità dalle cose che possiedono, hanno – osserva Papa Francesco – un deficit comune, l’aver perso “la memoria di Dio”:

    “Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere. La vita, il mondo, gli altri, perdono la consistenza, non contano più nulla, tutto si riduce a una sola dimensione: l’avere. Se perdiamo la memoria di Dio, anche noi stessi perdiamo consistenza, anche noi ci svuotiamo, perdiamo il nostro volto come il ricco del Vangelo! Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità – dice un altro grande profeta, Geremia. Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non a immagine e somiglianza delle cose, degli idoli!”.

    In questo contrasto di opposti, emerge ben delineata la figura del catechista, che altri non è che colui o colei – asserisce Papa Francesco – “che custodisce e alimenta la memoria di Dio”, facendosi guidare da essa e risvegliandola negli altri. Il suo modello, indica, è Maria che dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo “non pensa all’onore, al prestigio”, ma parte per aiutare la cugina Elisabetta e levando il suo Magnificat fa “memoria dell’agire di Dio” avvenuto nella sua vita:

    “Il catechista è proprio un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio; non per farsi vedere, non per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore, della sua fedeltà. Parlare e trasmettere tutto quello che Dio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità, senza tagliare né aggiungere”.

    “Lo stesso Catechismo – osserva Papa Francesco – che cos’è se non memoria di Dio, memoria della sua azione nella storia, del suo essersi fatto vicino a noi in Cristo, presente nella sua Parola, nei Sacramenti, nella sua Chiesa, nel suo amore?”. Così, l’identikit del catechista che traccia al termine Papa Francesco è in solare antitesi al ricco del Vangelo e alla sua indifferenza spietata verso il povero Lazzaro:

    “Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”, di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia”.

    Prima della benedizione finale, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, ha presentato al Papa le catechiste e i catechisti giunti a Roma da ogni latitudine – dal Vietnam come da Haiti, dalla Siria alla Nigeria – i quali, ha affermato, sono il “segno tangibile che il cristianesimo è vivo e continua a essere annunciato”.

    Quindi, l’Angelus, recitato in Piazza San Pietro qualche minuto prima di mezzogiorno, ha chiuso la celebrazione, preceduto da alcuni saluti particolari di Papa Francesco, uno dei quali è stato sottolineato da un largo applauso:

    “Un saluto particolare rivolgo al mio fratello, Sua Beatitudine Youhanna X, Patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente. La sua presenza ci invita a pregare ancora una volta per la pace in Siria e nel Medio Oriente”.

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    Essere catechisti: le testimonianze di tanti giunti da tutt'Italia per l'incontro con il Papa

    ◊   Tra quanti hanno gremito Piazza San Pietro c'erano gruppi di catechisti arrivati da tutta Italia. Marina Tomarro ha chiesto ad alcuni di loro qual sia il modo migliore di trasmettere la fede:

    R. - Con la testimonianza di vita soprattutto. Con l’unione tra le catechiste, testimoniando loro che noi già viviamo di Gesù. Questa è la memoria nostra: portando esempi della nostra vita quotidiana, anche nel gruppo; come si relazionano tra loro; vivere un Gesù vivo nel gruppo ed ovviamente nella parrocchia.

    R. - Dobbiamo pensare che questi ragazzi, questi bambini ci sono affidati e noi dobbiamo essere in grado di svegliare in loro la voglia di conoscere Gesù. Attrarli. Questo è un grande richiamo anche per noi, perché dobbiamo essere molto seri con loro e con Gesù.

    R. - Si cerca con la nostra presenza e con la nostra personalità di trasmettere ai bambini quella che per noi è la fede, che comunque giorno dopo giorno cresce sempre di più grazie anche a loro e a quello che riescono a trasmetterci.

    R. - È uno scambio che si ha con i bambini e con i ragazzi, perché certe volte - anche attraverso le domande che pongono - ti aiutano ad affrontare temi che magari da solo non avevi approfondito. Quindi, c’è questo scambio anche con loro.

    D. - In che modo si concilia il raccontare il Vangelo ai bambini con la vita quotidiana che poi questi piccoli vivono nelle loro famiglie…

    R. - Non è sempre facile. Soprattutto adesso nel mondo d’oggi. Però, ci proviamo in tutti i modi, soprattutto dando loro esperienze, mettendo loro davanti esperienze.

    Sicuramente con la gioia che ogni domenica riscopriamo nel Vangelo e molte volte non è facile neppure per noi. Però, con la forza della fede si cerca di trasmettere gioia.

    R. - Bisognerebbe trovare un’innovazione anche nei metodi, dal punto di vista didattico, o metodologico, per far comprendere il Messaggio nella maniera più efficace.

    D. - Cosa le hanno lasciato queste giornate di incontri con Papa Francesco…

    R. - La sua testimonianza; ciò che lui ha vissuto. Ha detto che lui stesso era un catechista; quindi, è la sua testimonianza di catechista.

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    L’impegno della Gendarmeria vaticana: intervista con il direttore Domenico Giani

    ◊   Evitiamo di parlare male uno dell’altro: così ieri Papa Francesco nella Messa che ha celebrato nei pressi della Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani, al cospetto del Corpo della Gendarmeria Vaticana. Papa Francesco ha parlato della “guerra del buio contro la luce, della notte contro la luce”, alla quale contrapporre l’impegno all’unità. Giovedì scorso si è celebrata la Festa della Gendarmeria. Dell’impegno al servizio della Chiesa e del Pontefice, Luca Collodi ha parlato con il Direttore del Corpo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani:

    R. – Abbiamo celebrato giovedì la Festa della Gendarmeria, il 197.mo anniversario della sua fondazione: abbiamo alle spalle una storia di servizio alla Chiesa e al Romano Pontefice. Oggi abbiamo avuto la grazia di poter partecipare alla Messa celebrata dalSanto Padre e ricevere la sua parola. Il Papa ci ha ringraziato per il servizio che svolgiamo e ci ha chiesto di fare un servizio speciale: non solo la difesa dello Stato o della sua persona, ma la difesa del nostro ambiente dalla maldicenza, dal chiacchierio pernicioso. E’un suggerimento interessante e originale. Certamente quest’avvertimento vale per tutti, non solo per noi che viviamo nel vaticano, ma per tutti cristiani. Io credo che dire questo alla Gendarmeria, a un Corpo come il nostro chiamato a svolgere attività investigativa, di ricerca della verità è una spinta a non andare dietro alle voci, ma badare solo ai fatti veramente concreti e reali. Ripeto: questa è una consegna che il Papa ci ha dato, che facciamo nostra e che dobbiamo continuare a seguire e non solo come poliziotti, ma soprattutto come credenti. Insomma, dopo le significative raccomandazioni del Santo Padre rivolteci questa mattina, dobbiamo combattere il Diavolo in tutte le sue forme, dalle tentazioni, cui tutti siamo soggetti, ai puri pettegolezzi finalizzati non solo alla distruzione dell’altro, ma ancor più alla divisione che è – come ha detto il Papa – opera tipica del Maligno. Giovedì sera abbiamo promesso al Papa che sempre di più cercheremo di fare nostre le parole che egli ha usato in due occasioni importanti, al Centro Astalli e a Cagliari, quando egli ha ricordato che “solidarietà non è una parolaccia, ma è un modo di essere, un modo anche di vivere”. In una società attanagliata da una grave crisi economica, sociale e anche di valori, noi come gendarmi siamo chiamati a essere ovunque testimoni della verità.


    D. – Comandante Giani, come coniugate il mantenimento della sicurezza con l’elemento umano di rapporto, ad esempio, con i tanti fedeli che vogliono vedere e stare vicino al Papa?

    R. – Molto giocano le radici da cui provengono i gendarmi che sono quelle del mondo ecclesiale. Prima di tutto devono amare la Chiesa, devono amare il Signore. Ci sentiamo parte di un Corpo, che è il Corpo della Chiesa. Nonostante le difficoltà del quotidiano - perché a volte gestire migliaia e migliaia di pellegrini non è semplice e questo lo facciamo con grande armonia con la Guardia Svizzera e con l’Ispettorato di Polizia, con i Carabinieri, con la Polizia di Stato e le altre forze di polizia. Questa è una cosa molto bella: vedere quanto sia l’impegno comune per fare questo servizio - noi ci dobbiamo sforzare ogni giorno di più di coniugare - come ha detto lei – le esigenze primarie di sicurezza, fatte come le desidera oggi il Santo Padre e cioè con l’essere prossimo alle persone. E questo è un impegno che ci riguarda e non solo a noi gendarmi, ma anche agli altri colleghi tutti. Insieme a questo impegno, anche quello di essere accoglienti e portatori, anche qui, di una luce positiva.

    D. – Comandante Giani, lei è anche interessato al volontariato, anche come elemento personale…

    R. – E’ stata un’esperienza che mi ha formato nell’età giovanile, adolescenziale con un grande rapporto con La Verna, Camaldoli e una comunità ad Arezzo (l’associazione Rondine Città della Pace) da sempre molto impegnata nella ricerca dell’unità tra i cristiani e nel dialogo interreligioso. Credo che oggi non possiamo fare a meno del dialogo. Io lo vedo anche nell’attuale servizio che stiamo svolgendo, con la nostra adesione ad alcune agenzie internazionali, come sia importante anche nella nuova legislazione vaticana il contatto con le altre Forze di Polizia e con le altre Agenzie di Sicurezza: tutto al servizio del Papa, al servizio della Chiesa, ma soprattutto anche al servizio del dialogo. Oggi avere un Papa che si rifà al poverello di Assisi, a me che sono anche affiliato all’Ordine dei Frati Minori, mi dà un ulteriore impegno personale a servire il Successore di Pietro senza risparmio, come una Grazia del Signore.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: 13 vittime in raid aereo su Raqqa; anche dall'opposizione sì alla conferenza di pace

    ◊   Si continua a morire in Siria, dove oggi un raid aereo delle forze lealiste su Raqqa, ha ucciso almeno 13 studenti di un liceo. Ieri, per la prima volta, il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha incontrato il capo dell’opposizione siriana Jarba per parlare della Conferenza di pace. E proprio per la pace in Siria e in tutto il Medio Oriente è tornato a pregare oggi all’Angelus Papa Francesco. Il servizio di Roberta Barbi:

    I jet militari dell’aviazione di Damasco hanno bombardato questa mattina l’istituto scolastico Ibn Tufayl, della città di Raqqa, nel nord della Siria, dove sono ospitati diversi studenti profughi della guerra con le loro famiglie. La maggior parte delle vittime, infatti, secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani, è costituita da minorenni e tra gli studenti ci sarebbero anche decine di feriti. Dal 6 marzo scorso Raqqa è nelle mani degli insorti e controllata dal gruppo jihadista dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Intanto si muove anche la diplomazia: ieri per la prima volta il segretario delle Nazioni Unite Ban-ki-moon ha incontrato il capo della coalizione nazionale siriana, Ahmed Jarba, che gli ha assicurato l’invio di una delegazione alla prossima conferenza di pace sulla Siria, denominata Ginevra 2, che l’Onu vorrebbe organizzare per metà novembre, per la cui preparazione anche il governo siriano si dice “pienamente impegnato”. E dopo il sì del Consiglio di sicurezza dell’Onu allo smantellamento dell’arsenale chimico di Damasco, oggi gli ispettori hanno ripreso i sopralluoghi, concentrandosi in particolare su sette casi sospetti: tre nei pressi della Capitale e gli altri nel nord del Paese.

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    L'appello di MSF: rimuovere il blocco umanitario in Siria e garantire le cure alla popolazione

    ◊   Le parti in conflitto in Siria e i loro alleati collaborino per rimuovere il blocco umanitario che impedisce di portare aiuti alle persone. In una lettera aperta, Medici Senza Frontiere sollecita un rapido intervento per supplire ad un sistema sanitario ormai incapace di rispondere ai bisogni di una popolazione stremata dalla guerra e alla quale mancano ormai totalmente sia l’assistenza medica sia i farmaci essenziali. Francesca Sabatinelli ha intervistato Gabriele Eminente, direttore generale di MSF Italia:

    R. – Nonostante gli sforzi, sicuramente meritori, promossi dalle Nazioni Unite, e nonostante i risultati, inaspettati fino a qualche giorno fa, raggiunti all’interno dello stesso Consiglio di Sicurezza, comunque c’è un tema che è assente dalle decisioni recentemente prese: quello dell’assistenza umanitaria a milioni di siriani, che purtroppo continuano a subire le conseguenze della guerra.

    D. – Tali richieste Medici senza Frontiere le sollecita nel contesto di ogni conflitto. Quello siriano si sta caratterizzando per qualcosa in particolare dal punto di vista umanitario?

    R. – Sicuramente si sta caratterizzando per il peggioramento, che nel corso del conflitto stesso abbiamo registrato. Noi lo vediamo, perché molti degli operatori umanitari italiani sono passati su progetti siriani negli ultimi due anni, e verifichiamo che quelli che rientrano ci raccontano di una situazione che è decisamente molto peggiore rispetto a quella che c’era l’anno scorso. Uno degli elementi, forse l’elemento principale, che appunto ha portato a questo peggioramento, è il blocco di fatto posto da entrambe le parti in conflitto rispetto agli aiuti umanitari. Ed è questa la ragione per cui noi ci appelliamo alle parti in conflitto, ma ci appelliamo anche, soprattutto, in questo momento, agli Stati, ai Paesi, che li supportano rispettivamente. Quindi, da un lato, la Russia e l’Iran, per quanto riguarda il governo siriano, ma al tempo stesso, la stessa richiesta la facciamo anche a quei Paesi, come gli Stati Uniti, la Turchia, il Qatar, l’Arabia Saudita, che invece supportano in maniera più o meno diretta gruppi armati di opposizione.

    D. – Voi denunciate la totale mancanza di farmaci. Quali sono le ricadute? Addirittura avete evidenziato il ricomparire di malattie ormai praticamente debellate…

    R. – Esattamente. Parliamo di un Paese che, sino a due anni fa, aveva un sistema sanitario, e un livello di servizio sanitario, comparabile a quello di molti Paesi europei. Alcune malattie, pensiamo a malattie che colpiscono soprattutto l’infanzia, erano state dimenticate o comunque non erano più pericolose, perché vi era un servizio di vaccinazione attivo, con una copertura pressoché totale della popolazione. Tutto questo sistema è completamente collassato: 91 ospedali in Siria, 55 di questi oggi sono stati seriamente danneggiati o addirittura completamente distrutti. Talvolta gli ospedali stessi sono oggetto di attacchi da parte di una delle parti in conflitto. Malattie come il morbillo, che non spaventavano più nessuno qualche tempo fa, sono diventate di nuovo malattie pericolose, come accade nei Paesi più disastrati dell’Africa sub-sahariana.

    D. – Il collasso del sistema sanitario colpisce ovviamente le categorie più deboli: bambini, donne in gravidanza. Oltretutto ci avvicina all’inverno. Quali le preoccupazioni?

    R. – La paura vale certamente per le categorie più vulnerabili, ma in realtà vale per tutta la popolazione siriana. Se non viene rimosso il blocco umanitario, la situazione non può che peggiorare, anche a causa dell’impatto delle condizioni climatiche. E’, quindi, assolutamente urgente rimuovere questo blocco, che continua a fare vittime. Ripeto, nonostante l’importanza dei risultati diplomatici ottenuti negli ultimi giorni, è più importante e cruciale che gli stessi sforzi diplomatici siano rivolti proprio a rimuovere questo blocco e a permettere di nuovo l’arrivo di assistenza umanitaria a milioni di siriani.

    D. – Medici senza Frontiere sta continuando la sua attività in Siria in mezzo a tante difficoltà. Riuscite a lavorare?

    R. – Noi siamo presenti innanzitutto nel Nord del Paese con sei ospedali e due strutture ambulatoriali , quindi nell’area in qualche modo controllata da gruppi di opposizione. In queste strutture stiamo effettuando circa 100 mila visite al mese e registriamo più o meno 430 interventi chirurgici, sempre nel corso di ogni mese. Nel rispetto del nostro principio di neutralità abbiamo ovviamente fatto forti pressioni sul governo di Damasco, per potere essere presenti anche in altre aree del Paese, in particolare in quelle che invece sono controllate dal governo stesso. Questa possibilità non c’è stata data e quindi purtroppo non siamo presenti altrove, oltre che al Nord, quantomeno direttamente. Siamo invece costantemente in contatto con almeno 28 ospedali e un numero ancora maggiore, oltre 50 cliniche, che invece sono nel resto del Paese, che seguiamo da fuori, per quanto c’è possibile, per supportarli. Questa è la nostra presenza. In questo momento la Siria è uno dei contesti per noi più importanti e più impegnativi, ma è soprattutto importante che organizzazioni come la nostra, così come la Croce Rossa internazionale, le Nazioni Unite, vengano messe nelle condizioni di fare il lavoro, cosa che in questo momento non è garantita.

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    Forti manifestazioni a Khartoum mentre riprendono i combattimenti in Darfur

    ◊   Nella regione sudanese del Darfur sono ripresi gli scontri tribali. Numerose le vittime negli ultimi giorni di combattimenti. A motivo delle violenze soprattutto il possesso della terra e dell’acqua, nonché la gestione dei diritti minerari. Ma quello che preoccupa maggiormente il governo di Karthoum sono le proteste contro il caro carburanti, in varie città del Paese, contro le quali, però, l'esecutivo ha deciso di tenere una linea dura, non tornando indietro sulla cancellazione dei sussidi. Centinaia gli arrestati negli ultimi giorni di dimostrazioni, e decine i manifestanti uccisi: 33 i morti solo nell'ultima settimana. Molti chiedono le dimissioni del presidente al Bashir, già colpito da mandato di cattura internazionale. Sui motivi della protesta Giancarlo La Vella ha sentito Massimo Alberizzi, esperto di Africa e responsabile del sito “www.africa-express.it”.

    R. – E’ veramente spontanea e non è manovrata da nessun partito, neanche da quello islamico di Hassan al Turabi o dall’Umma party di Sadiq al Mahdi. Sappiamo che il prezzo del carburante si ripercuote su tutti i generi alimentari a partire dai trasporti. Quindi qualunque carburante adesso costa molto, molto di più. Si tratta quindi di una protesta cominciata non a Khartoum, ma a Wad Madani poi a El Obeid, ed è arrivata a Khartoum con un giorno di ritardo.

    D. - Potrebbe, questa protesta, sfociare in una sorta di primavera sudanese, secondo te?

    R. - In molti lo sperano. Se per esempio il governo ritirasse questo provvedimento immediatamente, direi che si potrebbe smontare tutto. Il governo però ha dei grossi problemi di bilancio, praticamente è in fallimento. Per questo motivo hanno dovuto aumentare i prezzi.

    D. - Si sta riaprendo anche il fronte del Darfur. Sono ripresi gli scontri interetnici, c’è una situazione già molto preoccupante …

    R. - Sì. Possiamo dire che il Darfur ha una situazione sempre un po’ ondivaga, nel senso che in alcuni momenti c’è un po’ di tranquillità e di pace, in altri c’è una ripresa dei combattimenti. La situazione è praticamente incancrenita dal 2003. Ogni tanto si registrano nuovi scontri, nuove battaglie. In questo momento è di nuovo rinvigorita la resistenza. Dipende anche dall’invio di armi, di aiuti, finanziamenti … La situazione politica internazionale gioca un ruolo. In questo momento i combattimenti sono ripresi in maniera abbastanza forte.

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    La denuncia di don Patriciello: rifiuti del Nord nella Terra dei Fuochi in provincia di Napoli

    ◊   “Ci sono stati industriali che hanno sversato qui dal Nord e politici che si sono venduti per un piatto di lenticchie in cambio dello scempio delle nostre terre''. E' quanto racconta don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, in provincia di Napoli. Da anni denuncia gli sversamenti abusivi nella cosiddetta “Terra dei Fuochi” e in questi giorni ha incontrato il presidente Napolitano durante la sua visita a Napoli. Fabio Colagrande lo ha intervistato.

    R. - Sì, ho avuto modo di incontrare il presidente Napolitano al Maschio Angioino e gli ho consegnato le cartoline autografe delle mamme che sono ritratte nelle cartoline stesse. In questi giorni ne stanno arrivando a migliaia; ne abbiamo fatte stampare 110 mila di cui metà per il Papa e metà per il presidente della repubblica. Ho detto: “Presidente sono parroco nella “Terra dei Fuochi” dove è in atto uno sterminio incredibile”. Lui mi ha risposto che il termine non gli piace, che vorrebbe tornare a poterla chiamare “Campania felix”, una terra che dà vita e lavoro. A nessuno piace chiamarla “Terra dei Fuochi” ma di fatto ogni sera si levano fumi neri dai roghi tossici che stanno avvelenando un popolo intero. Ho avuto modo di riferirgli che proprio l’altro giorno la polizia forestale ha rinvenuto almeno 60 bidoni interrati che contenevano sostanze tossiche, nocive, sempre nella zona di Caivano, alle porte di Caserta.

    D. - Proprio a questo proposito, in occasione di questo incontro il presidente della regione Campania, Caldoro, ha ribadito assieme a lei che non bastano le risorse ordinarie per la “Terra dei Fuochi”; servono più fondi e risorse aggiuntive…

    R. - Finché non arrivano i fondi, questi terreni sono completamente abbandonati. Ci siamo solamente noi; in questi nostri territori ci sono solamente i volontari. Si vede poca gente e poco interesse da parte delle istituzioni, ma anche delle amministrazioni comunali e di chi deve sorvegliare. Loro parlano di bonifiche ed ovviamente chi è che non è d’accordo con le bonifiche… Ho detto però al presidente: “Come fa a parlare di bonifiche se non si blocca il traffico di questi maledetti tir che trasportano, dal Nord verso il Sud, ogni sorta di immondizie industriali…”

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    Al via a Roma il XXVII incontro internazionale tra le religioni promosso da Sant'Egidio

    ◊   Inizia oggi a Roma l’annuale incontro internazionale tra le religioni e per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Stamattina, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, il cardinale vicario Agostino Vallini ha celebrato una Messa, mentre oggi pomeriggio l’assemblea inaugurale darà il via ufficiale ai lavori del meeting che, da domani e fino a martedì, sarà animato da una serie di panel sui temi più attuali. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Il coraggio della speranza, è il titolo di questo XXVII incontro, pensando soprattutto alla Siria, e a tutti gli altri conflitti in atto nel mondo. Quest’anno Sant’Egidio riporta il dialogo tra le religioni a Roma, a distanza di anni dall’ultima volta nella capitale, era il 1996 e dopo aver parlato la lingua della pace in diverse altre città europee. A ispirare il tema sono stati i ripetuti appelli di Papa Francesco a non perdere la speranza e la visione di un mondo nuovo, e con questo intento si snoderanno le 32 tavole rotonde con la partecipazione di rappresentanti di tutte le religioni, ma anche esponenti della vita politica e culturale provenienti da vari Paesi, circa 60, che si confronteranno su temi quali la convivenza pacifica tra culture e fedi diversi, su migrazione e accoglienza, sulla violenza contro le donne, sul dialogo tra laici e credenti. Centinaia gli ospiti, molti dei quali saranno ricevuti in udienza domani dal Papa. Questa mattina i rappresentanti delle Chiese cristiane e delle comunità ecclesiali hanno preso parte alla messa celebrata dal cardinale vicario Agostino Vallini che ai presenti, partendo dalla parabola del ricco e del povero Lazzaro, ha chiesto di non vivere solo per se stessi, di essere responsabili gli uni degli altri, di comprendere domande, ansie e sofferenze, di chi ci è accanto, e di lenirle. “Credere in Cristo – sono state le parole del porporato – seguirlo, accoglierlo nel cuore, non vuole dire ammirarlo, significa assumere ogni giorno i valori e lo stile di vita di Cristo: amare il fratello, prendersi cura di lui, condividere ciò che si ha”. Oggi pomeriggio l’assemblea inaugurale darà il via ufficiale al meeting, che si chiuderà il primo ottobre, martedì, con la lettura dell’appello per la pace durante la cerimonia finale in Campidoglio.

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    Aquileia celebra i 1700 anni dall'Editto di Costantino con la mostra “Costantino e Teodoro. Aquileia nel IV secolo”

    ◊   Rimarrà aperta al pubblico fino al il 3 novembre prossimo la mostra "Costantino e Teodoro. Aquileia nel IV secolo”, allestita nella località friulana, in occasione dei 1700 anni dall'Editto di Costantino che confermava la libertà religiosa, sancita solo due anni prima, e quindi decretava la tolleranza per il culto cristiano. In esposizione gli ultimi reperti archeologici restaurati, oltre a quelli già da tempo visitabili come i mosaici del pavimento della Basilica. Obiettivo è ripercorrere un momento particolarmente fecondo per quella che è stata nel IV secolo una delle città più importanti dell'impero romano e punto di irradiazione della nuova fede. La mostra è promossa dalla Fondazione Aquileia, in collaborazione con il Ministero per i Beni Culturali, la Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia, l'arcidiocesi di Gorizia e il Comune di Aquileia. Per saperne Adriana Masotti ha intervistato il presidente della Fondazione, Alviano Scarel:

    R. - Noi abbiamo voluto inserirci in questo 1700.mo dell’Editto di Costantino, che ha coinvolto Milano, che ha coinvolto Roma, e Aquileia non poteva rimanerne fuori. La mostra presenta tutta una serie di documenti che riguardano in buona parte la città, anche se ospita anche dei ritrovamenti che provengono da altre zone della regione e un bellissimo ritratto di Costantino proveniente dai Musei Vaticani. Ci sono dei reperti particolarmente importanti, come il mosaico cosiddetto del “Buon Pastore dall’abito singolare”: un mosaico policromo, proveniente da una Domus del IV secolo, che raffigura un personaggio che imita il Buon Pastore, indice di una temperie in cui c’è un cristianesimo che si sta affermando, ma ci sono ancora forti resistenze da parte dei diversi ceti della società romana, che comunque tendono ad appropriarsi dei modelli e dei linguaggi di quel nuovo messaggio. Noi l’abbiamo proprio recentemente strappato dalla sua sede originaria, restaurato e riportato all’antica bellezza.

    D. - C’è poi un’altra serie di reperti restaurati: “affascinanti e problematici”, dite voi…

    R. - E’ quella di una serie di clipei di marmo, provenienti dalla Turchia, che riproducono le principali divinità del Pantheon romano. Una serie di elementi lapidei che - per la loro bellezza, la loro importanza - non potevano non appartenere ad un edificio importante, che noi riteniamo possa essere stato il Palazzo Imperiale, che - secondo le cronache - ha ospitato l’imperatore Costantino. Quel Palazzo Imperiale che portava anche, nell’abside di uno dei suoi saloni, un affresco storicamente molto importante, che è quello del dono da parte di Fausta, la futura moglie di Costantino, dell’elmo d’oro al giovane imperatore.

    D. - Per non parlare poi di altri pezzi di mosaici, come quello che raffigura il pavone, e ancora il vasellame, i monili e gli oggetti di vita quotidiana, anche lì con tracce dell’adesione a questa nuova fede, al cristianesimo…

    R. - Assolutamente sì. Oggetti spesso di non grande valore venale, ma importanti in quanto portano i segni dell’affermarsi del cristianesimo e il fatto che questa adesione venisse poi anche esibita con orgoglio, come distintivo appunto di questa adesione.

    D. - Non abbiamo citato la Basilica, altrettanto ricca di tracce d’arte…

    R. - La Basilica è senza dubbio il monumento più rilevante del IV secolo, il monumento cristiano più rilevante: due aule parallele, collegate tra di loro, coperte ininterrottamente da un mosaico estremamente importante e non solo dal punto di vista stilistico, ma anche dal punto di vista dei contenuti. Una Basilica, che si svilupperà successivamente su queste fondamenta, che ha una caratteristica: la continuità che va, appunto, dall’inizio del IV secolo fino ai giorni attuali.

    D. - Alla luce di tutti questi ritrovati archeologici, quale importanza rivela di aver avuto Aquileia nell’Impero Romano?

    R. - Direi soprattutto in questo IV secolo. Noi abbiamo non solo testimonianze materiali, ma anche letterarie che indicano Aquileia come la quarta città d’Italia - dopo Roma, Milano e Capua - e la nona città di tutto l’Impero Romano. Aquileia - sede, tra l’altro, di questa macroregione che andava sostanzialmente dal Veneto all’Istria; sede della Flotta dell’Adriatico, sede della Zecca, che batteva moneta nei tre metalli. Era una città importante per dimensione; importante per la sua collocazione strategica, vicino ai confini con l’Impero; importante per i suoi rapporti con il Mediterraneo orientale, attraverso il quale arrivarono ad Aquileia non solo merci preziose, ma anche idee, filosofie e stimoli di vario genere.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq. Serie di esplosioni ad Erbil, nel Kurdistan

    ◊   Una serie di esplosioni, la cui causa non è ancora accertata, hanno scosso questa mattina Erbil, il capoluogo del Kurdistan iracheno, regione autonoma solitamente non coinvolta nelle violenze che infiammano il resto del Paese. Lo ha riportato la tv locale al Arabiya senza, però, fornire dettagli su eventuali vittime. Secondo alcuni testimoni, le deflagrazioni, seguite da colpi di arma da fuoco, sarebbero avvenute nei pressi della sede del direttorio di sicurezza della città. (R.B.)

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    Pakistan. Attentato a Peshawar, 38 morti

    ◊   Almeno 38 persone, tra cui sei bambine e due donne, sono rimaste uccise questa mattina in un attentato avvenuto a Peshawar, nel nordovest del Pakistan, che ha causato anche il ferimento di circa 70 persone. Secondo le prime ricostruzioni della polizia riferite dalle tv locali – che mostrano auto e negozi in fiamme – una bomba con almeno 200 chili di esplosivo sarebbe deflagrata all'interno di un’auto parcheggiata vicino a un posto di polizia che in passato aveva già ricevuto minacce, ma l’attentato di oggi non è ancora stato rivendicato. L’esplosione è avvenuta nei pressi del mercato di Qissa Khwani Bazaar, il più frequentato della città, e non lontano dalla chiesa dove domenica scorsa un kamikaze si è fatto esplodere uccidendo 80 persone. Immediata la condanna del presidente Hussain che ha bollatto l'attacco come "un atto barbarico" e ha ribadito il proprio impegno in favore della lotta contro il terrorismo. Intanto, nella provincia del Beluchistan, la popolazione del distretto di Awaran continua a soffrire per la nuova forte scossa di terremoto che ieri ha colpito la zona causando almeno 12 morti. (R.B.)

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    Nigeria: si rovescia un traghetto nel Niger mentre Boko Haram torna ad attaccare nel Nord, vittime

    ◊   Tragedia della navigazione, in Nigeria, dove un traghetto – probabilmente sovraccarico – è affondato nel fiume Niger venerdì scorso. Secondo un primo bilancio, le vittime sarebbero almeno 42 e i dispersi un centinaio. L’imbarcazione trasportava commercianti di ritorno dal mercato settimanale di Malili, nell’area di Borgu, ed era diretto a Tunga Illo, quando è naufragato più o meno a metà strada tra le due località. Intanto, nel nord del Paese, tornano a farsi sentire i miliziani di Boko Haram che vorrebbero creare uno Stato islamico della parte settentrionale della Nigeria: oggi in un attacco al dormitorio di un college nella città di Guiba, Stato di Yobe, nel nord, avrebbero causato un numero ancora imprecisato di vittime, almeno 26 secondo alcune fonti, mentre un migliaio di studenti si sono dati alla fuga. (R.B.)

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    India: 61 le vittime del crollo del palazzo di Mumbai, terminate le ricerche

    ◊   È salito a 61 morti e 32 feriti, il bilancio della tragedia avvenuta venerdì scorso a Mumbai, nell’India centrale, dove un palazzo di cinque piani dove risiedevano molti dipendenti municipali, è improvvisamente crollato. Il bilancio è definitivo perché le autorità, dopo che ieri sono stati estratti dalle macerie altri 8 corpi, hanno deciso di sospendere le ricerche, ritenendo che non vi sia più nessuno, anche se secondo gli abitanti del quartiere i dispersi sono ancora diverse decine. Il proprietario dell’immobile è stato arrestato. Si tratta del secondo crollo più grave mai avvenuto a Mumbai: un altro, nell'aprile scorso, aveva ucciso 74 persone. (R.B.)

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    Terminato in Turchia il Simposio sull’altruismo

    ◊   E’ terminato ieri pomeriggio a Yeşilköy, nei pressi di Istanbul, l’XI Simposio cristiano-islamico sul tema dell’altruismo, al quale, tra cristiani e musulmani, hanno partecipato oltre cento persone. Notevole, anche quest’anno, la presenza di un bel numero di studentesse della facoltà teologica musulmana della locale università di Marmara, insieme ad alcuni loro professori. Nelle ultime relazioni si è parlato dell’etica dell’altruismo e della sua dimensione spirituale, sottolineando come esso sia presente in tutte le religioni, o come sinonimo di elemosina (islam), o come gesto umanitario di aiuto e di soccorso, o come amore (cristianesimo). Un relatore ha detto che i musulmani aiutano l’altro perché Dio sia contento di loro. Da parte cattolica, il domenicano padre Alberto Ambrosio ha risposto che per i seguaci di Cristo la cosa è diversa: essi si prendono cura degli altri perché, dopo aver narrato la parabola del buon samaritano, Gesù disse giovane che gli aveva chiesto chi fosse il suo prossimo, di “fare altrettanto”, cioè di amare gli altri, compresi i nemici, come il samaritano ha amato l’ebreo malmenato dai ladroni. I cristiani, infatti, vedono l’altruismo come un dono di se stessi legato all’esistenza, il primo dono in assoluto. “Se è vero che siamo stati creati senza averne nessun diritto - è stato detto - vuol dire che siamo il risultato d’una radicale gratuità che ci obbliga sia a ringraziare, sia a non pensare solo a noi stessi, ma a ‘farci dono’ agli altri, come Cristo si è fatto dono per noi. L’uomo non “può realizzarsi imponendosi, ma solo ponendosi a servizio del bisognoso in modo aperto e creativo”. Molto interessanti le testimonianze con cui si è concluso il Simposio perché hanno fatto conoscere come, accanto alle Onlus di ispirazione cattolica, ci siano anche quelle di ispirazione musulmana, come la Kimse Yok Mu? (C’è nessuno?), fondata dal dissidente Fethullah Gülen, che opera sia in Turchia con i rifugiati provenienti soprattutto dall’Iraq e dalla Siria, sia in Africa, e precisamente nel Burkina Faso, dedicandosi all’assistenza delle famiglie e dell’infanzia. (Da Istanbul, padre Egidio Picucci)

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    Sud Corea: visita pastorale del card. Filoni per il giubileo della diocesi di Suwon

    ◊   Il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, sarà in visita pastorale in Corea del sud da domani al 6 ottobre. Il motivo principale è la celebrazione del 50° anniversario della creazione della diocesi di Suwon, eretta il 7 ottobre 1963 da Papa Paolo VI. Suffraganea dell’arcidiocesi di Seoul, la diocesi di Suwon conta oggi 7.563.969 abitanti, di cui 787.073 cattolici, 198 parrocchie, 383 sacerdoti diocesani, 73 sacerdoti religiosi, 177 religiosi non sacerdoti, 1.433 suore, 227 seminaristi maggiori. Oltre a presiedere la celebrazione giubilare, il 3 ottobre, il Prefetto del Dicastero Missionario si recherà in visita di cortesia dal Presidente, signora Park Geun-hye, e durante il suo soggiorno incontrerà i vescovi della Conferenza episcopale della Corea, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi ed i laici. Si recherà inoltre al santuario di Chonjinam, il luogo natale della Chiesa cattolica in Corea dove sono venerate le tombe dei cinque padri fondatori, ed al Santuario dei martiri di Choltusan. (R.P.)

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    Centrafrica: ancora uccisioni e distruzioni dei ribelli Seleka nonostante siano fuorilegge

    ◊   Come riferisce all’agenzia Fides padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano, da Bozoum, nel nord-ovest della Repubblica Centrafricana, “da qualche tempo gli uomini di Seleka hanno stabilito una base e alcuni posti di blocco a Ngutere, un villaggio a 80 km da Bozoum, sulla strada Bozoum-Bocaranga”. Dalla loro base di Ngutere i ribelli si dirigono nei villaggi vicini, soprattutto nei giorni di mercato, per rapinare la popolazione. “Tra questi villaggi, occorre citare soprattutto Tolle e Herba” afferma padre Aurelio. “Quest’ultimo è all’incrocio di una strada che porta a Bohong, dove i ribelli hanno bruciato più di 1.500 abitazioni. Per questo motivo a Herba la popolazione è quasi raddoppiata, con l’arrivo degli sfollati di Bohong. Il villaggio contava 1.835 abitanti”. “Tra i ribelli - continua padre Aurelio - c’è un residente della zona, un peul, che è particolarmente pericoloso”. Questa persona si è reso protagonista di un episodio che dimostra il livello di minacce ed estorsioni al quale è sottoposta la popolazione. “Il 20 settembre, questo ribelle insieme ad altri due, si è recato nel villaggio a Herba per taglieggiare la gente durante il giorno di mercato” racconta il missionario. “Il ribelle ha incontrato un giovane del villaggio, che 12 anni fa aveva contratto con lui un debito. Gli uomini di Seleka hanno iniziato a insultarlo e picchiarlo fino ad ucciderlo”. Alcuni giovani del villaggio hanno reagito all’uccisione del giovane costringendo gli uomini di Seleka alla fuga dopo aver ferito altre due persone. I ribelli però sono tornati con i rinforzi provenienti da Ngutere, ed hanno messo a ferro e fuoco il villaggio. Su 300 abitazioni di Herba, 206 sono state bruciate. “In queste abitazioni, c‘erano tutti gli effetti personali degli abitanti, che hanno perso tutto. Anche il Centro sanitario è stato saccheggiato. I ribelli hanno anche fermato un’automobile che trasportava uno dei feriti che è stato ucciso sul posto” conclude il missionario, che ha reclamato alla dirigenza di Seleka un’inchiesta sull’accaduto. (R.P.)

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    Bratislava: summit dei vescovi europei su "Europa tra laicità e laicismo"

    ◊   Verificare in che modo “la religione e Dio sono realtà riconosciute, rispettate e attive nella costituzione, nel sistema giuridico e nella società dei Paesi del continente europeo”. Di questo - riferisce l'agenzia Sir - parleranno dal 3 al 6 ottobre a Bratislava i presidenti delle Conferenze episcopali europee in occasione della loro Assemblea plenaria che ha per tema “Dio e lo Stato. L’Europa tra laicità e laicismo”. “La Chiesa - chiarisce mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) - vuole il bene della persona. Desidera quanto è buono per il suo sviluppo integrale e quello delle società in cui vive. Non ci stancheremo mai di dirlo”. A Bratislava verranno presentate ai vescovi europei le conclusioni di un’indagine svolta presso le Conferenze episcopali, che ha verificato quale laicità viene applicata in vari ambiti (insegnamento, vita amministrativa, politiche sanitarie, vita politica) delle società in Europa. “Le profonde trasformazioni socio-economico-culturali in corso”, spiega in un comunicato il segretario generale del Ccee, sembrano “minare qualsiasi riferimento etico-morale dell’agire umano e delle nostre società. Sembrano voler sostituire la religione con il laicismo, diventata per alcuni la religione di uno Stato che si vuol moderno e democratico”. I vescovi europei tengono invece a ribadire che “uno Stato o una società che non sanno aprirsi a un Assoluto, sono destinati a sprofondare nell’individualismo pratico, dove il desiderio di ognuno, diventa norma anche a scapito dell’interesse degli altri e della comunità. L’uomo invece porta radicato in sé il desiderio di Assoluto”. Da qui la proposta di dar vita a una “sana laicità” o “laicità positiva” che - spiega mons. Da Cunha - “non teme Dio, e quindi, pur mantenendo vivo il principio della separazione fra Stato e istituzioni religiose, garantisce la presenza delle religioni nella sfera pubblica. In questo senso la religione e Dio non sono un ostacolo, ma un aiuto al raggiungimento del bene di ciascuno e della comunità”. A Bratislava, i vertici della Chiesa cattolica in Europa si confronteranno anche su altre sfide sociali e spirituali dell’Europa di oggi: il tema dell’evangelizzazione in un mondo secolarizzato, quello dell’obiezione di coscienza e i lavori dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa. Venerdì 4 ottobre, alle ore 12.30, i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa saranno ricevuti dal presidente della Repubblica di Slovacchia, Ivan Gasparovic. (R.P.)

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    Polonia. Iniziativa per le missioni: “Adotta dei seminaristi missionari”

    ◊   Partirà il primo ottobre, in occasione della festa di Santa Teresa del Bambino Gesù - patrona delle Missioni - la speciale iniziativa ideata per la promozione del sostegno materiale e spirituale dei seminaristi e dei candidati e le candidate alla vita religiosa nei Paesi di missione. La campagna, sotto lo slogan “Adotta dei seminaristi missionari”, è stata illustrata dal segretario nazionale della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo, padre Bogdan Michalski, durante un incontro di presentazione svoltosi a Niepokalanów dal 16 al 18 settembre scorsi. All’evento, dal titolo “Chiamati ai territorio di missione – il futuro della Chiesa”, riferisce l’agenzia Fides, hanno preso parte un centinaio di persone tra direttori diocesani delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) incaricati dalle congregazioni, e missionari laici: “Non si può parlare di una vera crescita sia della Chiesa locale come della Chiesa universale senza la presenza di sacerdoti indigenti”, ha detto in questa sede il direttore nazionale delle Pom in Polonia, padre Tomasz Atlas, che ha aperto l’incontro ricordando il 125.mo anniversario della fondazione dell’Opera di San Pietro e l’80.mo della morte della sua fondatrice, Jeanne Bigard. Una testimonianza dell’esperienza missionaria in nord Africa è stata offerta ai presenti da padre Simone Stachera, direttore nazionale delle Pom in Marocco, che ha ben illustrato le difficoltà che incontra quotidianamente nell’annuncio del Vangelo, mentre mons. Jerzy Mazur ha parlato delle attività della Commissione episcopale per le Missioni, di cui è presidente. In chiusura, la Messa celebrata dal presidente dei vescovi polacchi, mons. Józef Michalok. (R.B.)

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    India. A Sagar la statua alla Divina Misericordia di Gesù: la più grande del Paese

    ◊   Con i suoi 13 metri d’altezza, 5 di larghezza e uno di profondità, la statua “della Divina Misericordia di Gesù” di Sagar è la più grande statua dedicata a Cristo in tutta l’India. Domani la statua sarà benedetta durante una celebrazione che l’arcivescovo maggiore della Chiesa cattolica siro-malabrese, cardinale George Alencherry, terrà proprio a Sagar, nello Stato indiano del Madhya Pradesh, alla presenza di oltre 20 vescovi indiani e di pellegrini provenienti da tutto il Paese. Il villaggio di Khajooria Guru dove si trova la statua, infatti, è chiamato dalla gente “Dayasagar” che significa “oceano di misericordia”, ed è meta di pellegrinaggi per la guarigione spirituale, l’adorazione eucaristica, la meditazione e la preghiera. Secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, l’idea di questa enorme statua, che pesa una tonnellata e mezzo e ha un basamento di 30 metri per proteggerla da inondazioni e terremoti, è venuta al vescovo di Sagar, mons. Anthony Chirayath, che nel 2007 consacrò la sua diocesi alla Divina Misericordia creando un santuario che tra l’altro ospita una cappella con una reliquia di Santa Maria Faustina donata dalla Congregazione delle Suore di Gesù Misericordioso in Polonia: “La grandezza della statua – ha commentato il presule – è un messaggio che intende mostrare plasticamente l’immensità della misericordia di Gesù”. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 272

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.