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Sommario del 26/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: non si può conoscere Gesù in prima classe, bisogna coinvolgersi con Lui
  • Tweet del Papa: “Il perdono di Dio è più forte di ogni peccato”
  • Udienze e nomine di Papa Francesco
  • 50.mo "Pacem in Terris". Presentate le tre giornate celebrative in Vaticano
  • Catechisti: al via il Congresso internazionale. Con noi mons. Ruiz Arenas e don Guido Benzi
  • Comunicato congiunto della Commissione bilaterale S. Sede e Stato di Palestina a conclusione della riunione plenaria in Vaticano
  • "La lista di Bergoglio": le storie di quanti furono salvati durante la dittatura militare in Argentina
  • ll Centro Televisivo Vaticano compie 30 anni e guarda al futuro
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Kenya: attacco terroristico contro una chiesa cattolica, un morto e tre feriti
  • Siria. Assad torna a parlare: "Esiste ancora la possibilità che gli Usa attacchino Damasco”
  • Sierra Leone. Confermata la condanna del presidente liberiano Taylor per crimini contro l'umanità
  • Presentata la Marcia della pace Perugia-Assisi 2014: non un evento ma un percorso di fratellanza
  • Genetica: in calo le diagnosi prenatali, in aumento le analisi di studio dei tumori
  • Politica e Tv, a picco i talk show. Barberio: sono lontani dal Paese reale e creano guasti culturali
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan. La Chiesa denuncia la situazione critica dei cristiani. Welby chiede la protezione delle minoranze
  • Kenya: il cordoglio della stampa cattolica africana per le vittime dell’attacco al Westgate
  • Siria. Fatwa degli ulema: “E’ lecito confiscare beni a cristiani, alawiti e drusi per acquistare armi”
  • Siria: il monastero di Santa Tecla a Maaloula una presenza di pace e fraternità
  • Libano. Il patriarca caldeo Sako: l'Occidente non favorisca la fuga dei cristiani
  • Terra Santa: i cristiani arabi di Beit Jala in difesa della terra
  • Sudan: in aumento gli atti intimidatori contro la Chiesa
  • Vescovi africani: plenaria dell’Apostolato biblico su nuovi media ed ecumenismo
  • Bolivia: a un mese dalla tragedia nel carcere di Palmasola la Chiesa chiede un nuovo indulto
  • Messico. La Chiesa: “Ci sono ancora parrocchie isolate e una città sepolta dalla frana”
  • Canada: mons. Paul-André Durocher, nuovo presidente della Conferenza episcopale
  • Istanbul: simposio islamo-cristiano sul tema dell'altruismo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: non si può conoscere Gesù in prima classe, bisogna coinvolgersi con Lui

    ◊   Per conoscere Gesù, bisogna coinvolgersi con Lui. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che Gesù non si può conoscere in “prima classe”, ma nella vita quotidiana di tutti i giorni. Quindi, ha indicato i tre linguaggi necessari per conoscere Gesù: “della mente, del cuore e dell’azione”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Chi è costui, da dove viene? Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dalla domanda che Erode si pone su Gesù. Un interrogativo, ha detto, che in realtà pongono tutti coloro che incontrano Gesù. E’ una domanda, ha affermato, “che si può fare per curiosità” o si “può fare per sicurezza”. E osserva che, leggendo il Vangelo, vediamo che “alcuni incominciano a sentire paura di questo uomo, perché li può portare a un conflitto politico con i romani”. “Ma chi è questo che fa tanti problemi?”, ci si chiede. Perché davvero, ha detto il Papa, “Gesù fa problemi”:

    “Non si può conoscere Gesù senza avere problemi. E io oserò dire: ‘Ma se tu vuoi avere un problema, vai per la strada di conoscere Gesù. Non uno, tanti ne avrai!’. Ma è la strada per conoscere Gesù! Non si può conoscere Gesù in prima classe! Gesù si conosce nell’andare quotidiano di tutti i giorni. Non si può conoscere Gesù nella tranquillità, neppure nella biblioteca… Conoscere Gesù!”.

    Certo, ha aggiunto, “si può conoscere Gesù nel Catechismo”, perché “il Catechismo ci insegna tante cose su Gesù”. E, ha detto, “dobbiamo studiarlo, dobbiamo impararlo”. Così “conosciamo il Figlio di Dio, che è venuto per salvarci; capiamo tutta la bellezza della storia della Salvezza, dell’amore del Padre, studiando il Catechismo”. E tuttavia, ha osservato, quanti hanno letto il Catechismo della Chiesa Cattolica da quando è stato pubblicato oltre 20 anni fa?

    “Sì, si deve conoscere Gesù nel Catechismo. Ma non è sufficiente conoscerlo con la mente: è un passo. Ma Gesù è necessario conoscerlo nel dialogo con Lui, parlando con Lui, nella preghiera, in ginocchio. Se tu non preghi, se tu non parli con Gesù, non lo conosci. Tu sai cose di Gesù, ma non vai con quella conoscenza che ti dà il cuore nella preghiera. Conoscere Gesù con la mente, lo studio del Catechismo; conoscere Gesù col cuore, nella preghiera, nel dialogo con Lui. Questo ci aiuta abbastanza, ma non è sufficiente... C’è una terza strada per conoscere Gesù: è la sequela. Andare con Lui, camminare con Lui”.

    Bisogna “andare, percorrere le sue strade, camminando”. E’ necessario, ha affermato, “conoscere Gesù col linguaggio dell’azione”. Ecco allora come si può conoscere davvero Gesù con questi “tre linguaggi - della mente, del cuore e dell’azione”. Se, dunque, “io conosco Gesù così – è stata la sua conclusione - mi coinvolgo con Lui”:

    “Non si può conoscere Gesù senza coinvolgersi con Lui, senza scommettere la vita per Lui. Quando tanta gente - anche noi - si fa questa domanda ‘Ma chi è questo?’, la Parola di Dio ci risponde: ‘Tu vuoi conoscere chi sia questo? Leggi quello che la Chiesa ti dice di Lui, parla con Lui nella preghiera e cammina sulla sua strada con Lui. Così, tu conoscerai chi è quest’uomo’. Questa è la strada! Ognuno deve fare la sua scelta!”.

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    Tweet del Papa: “Il perdono di Dio è più forte di ogni peccato”

    ◊   “Il perdono di Dio è più forte di ogni peccato”: è il tweet lanciato stamani da Papa Francesco sul suo account in 9 lingue @pontifex, seguito da oltre 9 milioni di follower in tutto il mondo.

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    Udienze e nomine di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani in udienza il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, la presidenza della Conferenza Episcopale del Venezuela e infine mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok.

    Il Santo Padre ha nominato Consultori dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice i Reverendi: p. Silvano Maria Maggiani, O.S.M., docente di sacramentaria e di liturgia presso la Pontificia Facoltà Teologica «Marianum» e presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant'Anselmo in Roma, membro del Consiglio Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale; p. Corrado Maggioni, S.M.M., capo Ufficio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, membro del Consiglio Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale; p. Giuseppe Midili, O. Carm., direttore dell'Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma, docente di liturgia pastorale presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant'Anselmo in Roma; mons. Angelo Lameri, del Clero della Diocesi di Crema, docente di liturgia presso la Pontificia Università Lateranense in Roma; p. Archimandrita Manuel Nin, O.S.B., rettore del Pontificio Collegio Greco in Roma.

    Il Santo Padre ha nominato Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze l'Illustrissima Professoressa Erna Möller, docente di Immunologia al Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia).

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    50.mo "Pacem in Terris". Presentate le tre giornate celebrative in Vaticano

    ◊   Presentate in Sala Stampa Vaticana le tre Giornate Celebrative del 50.mo Anniversario della pubblicazione dell’Enciclica “Pacem in terris” del Beato Giovanni XXIII che si terranno dal 2 al 4 ottobre prossimi in Vaticano. Presenti all’incontro con i giornalisti il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e mons. Mario Toso segretario del medesimo dicastero. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Non una semplice commemorazione, ma l’occasione per mettere a fuoco l’attualità della Pacem in terris. Questo saranno le tre giornate di studio in Vaticano che vedranno il culmine giovedì 3 ottobre nell’udienza dei partecipanti da Papa Francesco. Tra i temi emersi in conferenza stampa la necessità di riforma dell’Onu auspicata in primis dal card. Peter Turkson:

    “La riforma di un organismo che può consentire di dare voce a tutti i membri partecipando alla realizzazione del bene comune di tutti”.

    Centrale anche il tema delle persecuzioni ai danni dei cristiani dopo i recentissimi fatti di violenza in Kenya e Pakistan. Il card. Turkson chiede che così come è stato fatto per la legge antidiffamazione, in sede Onu si lavori ad una legge a tutela dei cristiani e delle minoranze religiose:

    “Purtroppo queste persecuzioni vengono rese note dai media, ma poi vengono dimenticate. Il Santo Padre ha detto che la Chiesa è una sola e per questo ci invita a sentirci perseguitati come coloro che lo sono veramente".

    Preoccupazione in particolare è stata espressa per la condizione dei cristiani in quei Paesi del Medio Oriente, come la Siria, attraversati dalla cosiddetta "primavera araba":

    “Non sembra essere solamente una rivolta contro un dittatore, ma una rivolta influenzata in gran parte dal tentativo di diffusione di una specie, una versione di Islam”.

    Sollecitato dai giornalisti il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha anche commentato i recenti segnali di distensione venuti dal neopresidente iraniano Rohani in materia di nucleare e di rapporti con Israele:

    “Io non ho nessun motivo per dubitare della sincerità di queste parole. Bisogna vedere se le sue azioni in seguito corrisponderanno a ciò che ha detto”.

    Da parte sua mons. Mario Toso ha ribadito come da Giovanni XXIII a Papa Francesco, nella recente Veglia di preghiera per la Pace, la Chiesa abbia chiarito come oggi non sia più opportuno parlare di “guerra giusta”:

    “Nell’era atomica non si può immaginare di realizzare una 'guerra giusta' utilizzando i mezzi nucleari. Il problema non è armare o non armare. Il problema è come fare la pace”.

    “La Pacem in Terris - ha aggiunto mons. Toso - ci aiuta a difendere lo Stato di diritto presentando la lista più completa dei diritti e doveri dell’uomo”. Quindi la denuncia: “Tale figura di Stato è oggi messa in crisi da violazioni plateali in Paesi che lo hanno codificato nelle loro costituzioni”:

    “Oggi ci sono Paesi che mentre vedono sensibilmente diminuita la loro capacità di fissare le priorità dell’economia e di incidere sui dinamismi finanziari internazionali, legiferano puntigliosamente su temi etici e bioetici senza tener conto della legge morale naturale”.

    Tra gli altri temi emersi il problema dell’accesso all’acqua potabile, i nuovi colonialismi, il lavoro, la crisi economica che è innanzitutto morale, l’emergenza educativa, la formazione di nuove generazioni di cattolici impegnati in politica: tutte questioni che esponenti di organizzazioni internazionali, docenti universitari ed esperti a vario titolo affronteranno dal 2 al 4 ottobre prossimi.

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    Catechisti: al via il Congresso internazionale. Con noi mons. Ruiz Arenas e don Guido Benzi

    ◊   Sono 1600 i catechisti, gli operatori pastorali, i docenti e gli esperti di diverse realtà formative che stanno giungendo in Vaticano per il Congresso internazionale di catechesi, da oggi a sabato in Aula Paolo VI. Intitolato “Il catechista, testimone della fede”, l’evento - nell’ambito degli appuntamenti per l’Anno della Fede - punta ad offrire una riflessione sulla prima parte del Catechismo della Chiesa Cattolica. È rivolto, tra l’altro, ai presidenti delle Commissioni delle Conferenze episcopali che si occupano di catechesi ed evangelizzazione, ai responsabili degli Uffici catechistici e, soprattutto, ai catechisti stessi. Momento peculiare dei partecipanti sarà quello di domani, sempre in Aula Paolo VI, con la catechesi offerta da Papa Francesco. Domenica la Santa Messa in Piazza San Pietro in occasione della Giornata dei catechisti. Ad aprire i lavori del Congresso sarà mons. Octavio Ruiz Arenas, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Giada Aquilino lo ha intervistato:

    R. - Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione - che ha ricevuto da Papa Benedetto XVI l’incarico di seguire la catechesi - ha voluto, all’interno dell’Anno della Fede, organizzare un Congresso internazionale di catechesi con lo scopo di rinnovare e rilanciare quel desiderio di conoscere meglio il Catechismo della Chiesa cattolica. Questo Congresso vuole così approfondire soprattutto ciò che si trova nella prima parte: tutto il mistero della rivelazione di Dio, l’offerta della verità che ci dona il Signore per la salvezza e la nostra risposta. C’è anche la necessità di trasmettere la fede con “fedeltà”.

    D. – Uno dei temi, quindi, sarà Dio che cerca l’uomo e si rivela…

    R. – Perché Dio cerca l’uomo in ogni momento e rivela il suo Mistero; un mistero di amore, misericordia e salvezza. La Chiesa ha il compito di trasmettere questo messaggio per aiutare tutti gli uomini a raggiungere la salvezza.

    D. – Oggi i catechisti operativi nel mondo sono oltre tre milioni. Qual è la loro realtà?

    R. – La Chiesa ha sempre stimato profondamente i catechisti, che possiamo considerare i principali collaboratori dei sacerdoti nella trasmissione della fede. Anzi, moltissimi catechisti sono riusciti a conservare la fede viva della Chiesa in tante circostanze, ad esempio le persecuzioni, o per la mancanza di sacerdoti e religiosi. Quindi, i catechisti oggi devono essere incoraggiati, perché compiono veramente un lavoro enorme e di grandissima importanza nella Chiesa. Hanno bisogno di una seria preparazione e questo è uno degli scopi del Congresso: far comprendere che i catechisti devono ricevere una formazione, non soltanto dal punto di vista contenutistico ma soprattutto affinché possano avere una vita che sia testimonianza viva di quella verità che vogliono trasmettere.

    D. – La riflessione si soffermerà anche sulla formazione degli adulti?

    R. – Certo. La formazione degli adulti è una realtà oggi molto necessaria nella Chiesa. Molte volte la gente immagina che la catechesi sia una realtà ristretta ai bambini ed agli adolescenti, o a una preparazione per ricevere i Sacramenti di iniziazione cristiana. Oggi, invece, vediamo che è necessaria una catechesi permanente che possa coinvolgere la famiglia e che sia veramente un accompagnamento nella fede sia dei bambini e degli adolescenti, ma soprattutto degli adulti, perché anche loro possano essere veri testimoni della fede cristiana.

    D. – Oggi quali sono i problemi maggiori da affrontare?

    R. – Da una parte dobbiamo aver presente la grande sfida che abbiamo con la secolarizzazione: processo che sta piano piano coinvolgendo tutto il mondo, anche e soprattutto il mondo occidentale. Pertanto, dobbiamo guardare a quali sono le circostanze per cui oggi la gente non crede, perché il messaggio del Vangelo non arriva al loro cuore. In tal senso, dobbiamo cercare di adattare il nostro messaggio – quello di conoscere le varie situazioni che la gente si trova a vivere – per poter presentare il Vangelo con tutta la sua freschezza, la sua novità in modo da svegliare quel desiderio di incontrare Gesù, di conoscerlo per poterlo amare e seguire.

    Tra le realtà rappresentate al Congresso, anche quella degli oltre 250 mila catechisti italiani. Sulle urgenze dell’attuale momento storico, Giada Aquilino ha intervistato don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana, che partecipa ai lavori in Aula Paolo VI:

    R. - Ci sono due tipi di necessità. La prima riguarda la comunità cristiana, la parrocchia, cioè aiutare i catechisti - e quindi tutta la parrocchia - a pensare che l’opera di educazione della fede non è qualcosa da delegare a specialisti, ma riguarda tutta la vita della comunità. Quindi, il catechista, che poi svolge un servizio con i giovani, con le nuove generazioni, ma anche con gli adulti, non è solo: tutta la comunità educa e quindi il catechista è quella persona che “sintetizza” quest’opera della comunità. La seconda necessità è la formazione, che per quanto riguarda l’Italia è molto presente: in ogni diocesi ogni anno si svolgono i congressi dei catechisti, si organizzano le scuole per catechisti. Però bisognerebbe passare da una formazione episodica ad una formazione permanente. Questo significa anche dedicare risorse alla catechesi.

    D. - Quali sono i problemi che i catechisti, parlando con la gente, con i fedeli, rilevano?

    R. - Far cogliere come la fede, la conoscenza della dottrina cristiana e l’iniziazione all’esperienza della vita cristiana non siano qualcosa di accessorio ma di fondamentale per la persona. La sfida invece più ecclesiale è quella di far comprendere come la formazione permanente alla vita di fede, la dimensione missionaria, si mantiene nella misura in cui la comunità cristiana fa formazione per se stessa. Credo che queste siano le due sfide fondamentali che poi fanno da aggancio a tutte le altre sfide quotidiane, che sono: far capire alle famiglie l’importanza della frequenza del ragazzino nel gruppo, aiutare i bambini - soprattutto quelli che magari hanno alle spalle situazioni familiari non regolari - ad entrare nella dinamica del rapporto tra fede e vita e far vedere che la fede ha sempre una dimensione referenziale vitale.

    D. - I catechisti sono anche catechiste, cioè hanno un volto femminile. Quanto è importante?

    R. - In Italia il numero delle catechiste è decisamente superiore rispetto a quello dei catechisti. Ciò non significa che non ci siano anche uomini ad occuparsi di tale servizio. D’altra parte questo ci deve far pensare. Credo che quella rinnovata riflessione che il Papa chiede alla Chiesa sulla presenza della donna all’interno della comunità cristiana parta proprio da qui: far vedere come sia veramente una presenza necessaria e benedetta.

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    Comunicato congiunto della Commissione bilaterale S. Sede e Stato di Palestina a conclusione della riunione plenaria in Vaticano

    ◊   Oggi la Commissione bilaterale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, che sta elaborando un Accordo Globale a seguito dell’Accordo di Base, firmato il 15 febbraio 2000, ha tenuto una sessione plenaria in Vaticano per prendere atto del lavoro svolto a livello informale dal gruppo tecnico congiunto, dopo l’ ultimo incontro ufficiale tenuto a Ramallah, presso il Ministero degli Affari Esteri dello Stato di Palestina, il 30 gennaio 2013, e per programmare gli sviluppi futuri, con l’intento di accelerare la conclusione dell’ Accordo. I colloqui sono stati guidati da mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, e dall’ambasciatore Rawan Sulaiman, ministro degli Affari Esteri aggiunto per le Questioni Multilaterali dello Stato di Palestina. I lavori si sono svolti in un’atmosfera cordiale e costruttiva. Affrontando i temi già presi in considerazione a livello informale, la Commissione ha rilevato con viva soddisfazione i progressi compiuti nell’elaborazione del testo dell’Accordo, che tratta degli aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa Cattolica in Palestina, ed ha incoraggiato gli sforzi del gruppo tecnico congiunto, esortandolo a completare la discussione delle restanti parti del testo, la cui elaborazione è già in fase avanzata. Le due Parti si sono accordate affinché il gruppo tecnico congiunto continui i lavori in preparazione della prossima Riunione Plenaria della Commissione Bilaterale, in programma per l’inizio del 2014.

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    "La lista di Bergoglio": le storie di quanti furono salvati durante la dittatura militare in Argentina

    ◊   Arriverà in libreria ad ottobre “La lista di Bergoglio", edito da Emi e scritto dal giornalista di Avvenire, Nello Scavo. Si tratta di un’inchiesta che tramite documenti inediti e testimonianze rivela quanto Papa Francesco, allora provinciale dei gesuiti in Argentina, fece per salvare molte persone dalle persecuzioni della dittatura militare, che iniziò nel 1976 e nella quale, negli anni, sparirono almeno 30 mila persone. Debora Donnini ha intervistato l’autore del libro, Nello Scavo:

    R. – L’immagine che esce di Bergoglio è quella di un uomo abile, che si è mosso con la prudenza e anche le astuzie di uno 007, che si era dato il compito di mettere al riparo la vita di decine di persone perseguitate dalla giunta militare. E’ un uomo che ha agito a rischio della propria vita e della propria reputazione.

    D. – Quante persone ha salvato l’allora padre Bergoglio dal rischio di finire come desaparecidos?

    R. – E’ difficile fare delle stime precise, soprattutto perché padre Bergoglio di questo non ha mai voluto parlare. Noi abbiamo raccolto una ventina di testimonianze tutte in periodi diversi fra loro, di persone che non si conoscono e che hanno conosciuto Bergoglio in epoche differenti. Ognuna di queste persone, a sua volta, si dice testimone di almeno una ventina di salvataggi. Diciamo che per prudenza possiamo affermare che sono più di cento le persone sicuramente salvate da padre Jorge Mario Bergoglio a quel tempo. Poi ci sono i salvati "indirettamente", perché riuscendo ad evitare l’arresto e le torture rivolte a questi giovani, si è evitato che questi potessero fare nomi di altri giovani durante gli interrogatori molto violenti cui venivano sottoposti quanti finivano nel mirino della dittatura.

    D. – Dalla ricostruzione che lei ha fatto, emerge che padre Bergoglio mise su una rete clandestina, praticamente, il cui perno era il Collegio Maximo a San Miguel, nell’area metropolitana di Buenos Aires, dove appunto Bergoglio risiedeva. Lui qui nascondeva delle persone?

    R. – Lui aveva organizzato una rete clandestina per il salvataggio delle persone. Nessuno sarà probabilmente mai disposto ad ammetterlo in questa chiave, soprattutto Bergoglio, il quale si serviva della sua sfera d’influenza, di amicizie, di conoscenze, per poter ottenere piccoli, singoli favori da ciascuna di queste persone: chi si occupava magari di far ottenere i documenti per l’espatrio, chi forniva notizie su arresti e sequestri di persona. Di certo lui nascondeva gli studenti, uomini o donne, nel Collegio Maximo di San Miguel e lo faceva all’oscuro dei suoi stessi confratelli gesuiti, dicendo loro che si trattava di ragazzi in fase di discernimento spirituale o di seminaristi in ritiro spirituale. In realtà, durante il periodo di “soggiorno” a San Miguel, Bergoglio studiava un piano per permettere la fuga di queste persone e molti, infatti, ci hanno raccontato come hanno potuto raggiungere clandestinamente, per esempio, il Brasile, dove poi una rete, costituita ancora una volta dai gesuiti, consentiva l’infiltrazione verso l’Europa.

    D. – Tra l’altro, emerge che Bergoglio s’impegnò per la liberazione dei due gesuiti rapiti: Yorio e Jalics…

    R. – Emerge con assoluta chiarezza dall’inchiesta che abbiamo svolto, basandoci sulle testimonianze dirette ed anche sugli atti giudiziari. Bergoglio s’interessò in prima persona, a rischio personale. Noi per esempio ricostruiamo un incontro, un faccia a faccia molto duro tra padre Bergoglio e l’ammiraglio Massera, il capo della Marina, un uomo terribile. A quel tempo, Bergoglio lo affronta per ottenere la restituzione di questi due sacerdoti. Peraltro, uno di essi, padre Jalics, ha svolto indagini in proprio, perché lui per primo ha sospettato all’inizio che Bergoglio fosse coinvolto ed è arrivato alla conclusione che Bergoglio non fu assolutamente coinvolto e che, anzi, si interessò a rischio della sua vita e della sua reputazione, per poter ottenere la salvezza. Tant’è vero che i gesuiti sono l’unico Ordine che non ha registrato morti durante la dittatura argentina.

    D. – Qual è la storia che l’ha colpita di più?

    R. – Sono tutte toccanti. Certamente colpisce il fatto che a finire nell’orbita salvifica di Bergoglio erano credenti e non credenti, giovani e meno giovani. Andiamo da Gonzalo Mosca, che oggi è un noto sindacalista uruguayano alla storia di Sergio e Ana Gobelin, che furono sposati da Bergoglio. Successivamente, Sergio finì nel mirino della dittatura, fu arrestato e torturato per tre settimane e Bergoglio riuscì ad ottenerne la liberazione e lo fece ricoverare clandestinamente in un ospedale di Buenos Aires. Poi riuscì a farli arrivare in Italia, dove vivono da allora. La loro storia è molto particolare, perché racconta il vento nuovo del Concilio Vaticano II, che aveva spinto questi giovani di buona famiglia a vivere tra i poveri di Buenos Aires e, tra l’altro, ci hanno rivelato che Bergoglio, ancora una volta all’insaputa dei confratelli, abitualmente, svolgeva dei ritiri spirituali tra i poveri in una baracca di lamiera e terra battuta.

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    ll Centro Televisivo Vaticano compie 30 anni e guarda al futuro

    ◊   La digitalizzazione del prezioso archivio, un nuovo sito Internet e una innovativa piattaforma per la gestione dei contenuti. Sono alcune delle iniziative per i 30 anni del Centro Televisivo Vaticano, istituito il 22 ottobre 1983 per volere di Giovanni Paolo II, che comprendono anche un libro sulla storia della “Tv del Papa”, con analisi di esperti sul messaggio dei Pontefici attraverso le immagini; un cofanetto con 5 DVD con le più importanti dirette televisive degli ultimi anni e un convegno che si terrà a Roma il prossimo 18 ottobre. L’annuncio, informa un comunicato del CTV, è del suo direttore mons. Dario Edoardo Viganò in vista della sua partecipazione alla tavola rotonda intitolata “La Tv del futuro. Nuovi scenari e nuove tecnologie: HD-3D-4K-IPTV”. L’appuntamento, alla presenza di rappresentanti del settore broadcast come Discovery, HD Forum Italia, LA7, Mediaset, Rai e SKY, è organizzato da Eutelsat e si terrà a Vicenza il prossimo 4 ottobre nell’ambito della manifestazione All Digital.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nelle periferie dell'anima: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su "Sacro Gra", il film vincitore a Venezia.

    Per conoscere Gesù: Messa del Papa a Santa Marta.

    Comunicato congiunto della commissione bilaterale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina.

    L'obiettivo della priorità intellettuale è il sostegno di una cultura democratica: intervento della Santa Sede a Ginevra.

    Napolitano contro le dimissioni di parlamentari Pdl.

    Il senso nuovo delle parole: sul cambiamento del significato dell'espressione "hacer lio" dopo la Giornata mondiale della gioventù, anticipazione dell'articolo di Jorge Milia in uscita sul sito Internet "Terre d'America. News e analisi dell'America Latina".

    Porte aperte nel Sol levante: da Fukuoka, intervista di Cristian Martini Grimaldi al vescovo giapponese Dominic Ryoji Miyahara.

    Quel nesso che lega tutti: Romano Penna sul tema della paternità divina nel mondo antico tra pagani e cristiani.

    Per interpretare le ombre del mondo moderno: Michael Paul Gallagher ricorda quando Giovanni Battista Montini recensiva "La luce nelle tenebre" di Giulio Bevilacqua.

    La tutela dell'acqua è diventata sfida globale: Donatella Coalova sulla celebrazione nazionale, ad Amalfi, della Giornata mondiale del Turismo su iniziativa della Cei.

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    Oggi in Primo Piano



    Kenya: attacco terroristico contro una chiesa cattolica, un morto e tre feriti

    ◊   Dopo la sanguinosa azione terroristica dei miliziani somali al Shabaab nel centro commerciale Westgate di Nairobi, ieri in Kenya nuovo grave attentato contro una chiesa cattolica al confine con la Somalia. Un morto e tre feriti il bilancio dell’azione armata. Da segnalare oggi anche il raid contro un posto di polizia nel Nord-Est del Paese da parte di un gruppo di uomini armati. Due i morti. Sul perché dell’ennesimo coinvolgimento nelle violenze della comunità cristiana, Giancarlo La Vella ha intervistato don Renato Sacco, di "Pax Christi Italia":

    R. - Credo che, in parte, si possa trovare una spiegazione nel fatto stesso dell’essere cristiani. Se il cristiano fa riferimento a quel Gesù, processato, cui viene dato lo schiaffo, prima ancora di essere messo in Croce, perché sceglie una strada di dialogo, non di violenza e di contrapposizione, è chiaro che in una situazione così diventa più pericoloso chi sceglie la mitezza evangelica che non la forza. Chi usa la forza, infatti, vorrebbe che anche l’antagonista usasse la forza e la violenza. Allora il prevalere dell’integralismo, sotto ogni forma, calpesta i più deboli. Molte volte ho visto questa sofferenza in Iraq e adesso la vediamo in tanti altri posti: dal Pakistan a quel piccolo villaggio in Siria, dove si parla, infatti, ancora l’aramaico antico, simbolo di una presenza cristiana antica. Io credo che la presenza dei cristiani sia la garanzia della convivialità delle differenze, del pluralismo, di una vita con persone diverse da te, che ti aiutano a capire il valore stesso della vita. Le diversità fanno paura e quindi, se sono diversità deboli e miti è facile che vengano eliminate da chi adotta la logica della violenza. Io credo che questi siano i martiri dei nostri giorni, perché testimoniano davvero il Vangelo, come mitezza, come coerenza con una logica evangelica, che non è quella della “guerra contro guerra”.

    D. - Non si può quindi parlare di guerra di religioni?

    R. - Mi sembra di intuire che si cavalchi a volte la religione, ma in modo subdolo. Si usa, cioè, la religione per dei giochi di potere. Il potere, gli interessi, i conflitti tra potenti che diventano guerre all’ultimo sangue, a volte cavalcano anche la religione, ma la religione non c’entra, soprattutto perché la religione vera - musulmana, ebraica o cristiana - non può mai appellarsi alla violenza e alla distruzione dell’altro. Chi usa la religione per giustificare qualcos’altro, sa di farlo in malafede.

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    Siria. Assad torna a parlare: "Esiste ancora la possibilità che gli Usa attacchino Damasco”

    ◊   Il presidente siriano Assad torna a parlare. Lo fa in un’intervista all’emittente venezuelana Telesur, sottolineando che esiste ancora “la possibilità che gli Stati Uniti lancino un attacco contro Damasco”. “La Siria – aggiunge poi Assad – ribadisce il suo impegno rispetto all'iniziativa firmata da Usa e Russia sulle armi chimiche e ritiene che non ci siano ostacoli per la sua implementazione”. Sulla posizione assunta dal numero uno di Damasco, Massimiliano Menichetti ha intervistato Maurizio Simoncelli, di Archivio Disarmo:

    R. - Certamente la posizione di Assad in questo momento è una posizione "di forza”, perché ha messo in difficoltà tutto il fronte che spingeva per un intervento armato immediato, anche al di là dei risultati dell’ispezione delle Nazioni Unite. Mettendo a disposizione il territorio per le ispezioni, rendendosi disponibile a consegnare alla Comunità internazionale l’arsenale chimico, Assad si trova in una “botte di ferro”: ha dimostrato una disponibilità che praticamente impedisce, a chi voleva intervenire militarmente, un’azione di questo genere.

    D. – In questo contesto Assad torna a ribadire che ancora c’è il rischio di un attacco militare americano. Che valore hanno queste dichiarazioni?

    R. – Sicuramente all’interno degli Stati Uniti ed anche altrove ci sono forze che spingono per un intervento disarmato. Il presidente francese Hollande riteneva necessario fare questo intervento anche per segnalare a Teheran che gli occidentali non scherzavano e che sono pronti ad usare le armi. Quindi, stiamo andando addirittura verso un altro scacchiere e verso un’altra problematica ovvero quella del nucleare iraniano. Certamente, all’interno degli Stati Uniti ci sono anche forze politiche che spingono invece verso un intervento del genere, considerando che Obama nonostante tutto ha mostrato in questi anni di essere molto titubante. Per cui, le parole di Assad non cadono nel vuoto ed effettivamente rispecchiano una situazione molto complessa sia a livello statunitense, sia a livello internazionale.

    D. – A livello Onu si continua a lavorare alla risoluzione per la messa al bando delle armi chimiche in Siria. Nel frattempo, anche il presidente iraniano Rohani ha detto che prenderà parte alla conferenza di pace Ginevra 2. E’ un ruolo importante quello dell’Iran?

    R. – Ci auguriamo che questo avvenga: da parte della nuova dirigenza politica iraniana ci sono persone che mostrano una disponibilità ed una capacità diplomatica che non ha nulla a che fare con il precedente Ahmadinejad. Quindi, da questo punto di vista le esperienze passate, le trattative che l’Unione Europea a suo tempo aveva avviato proprio con Rohani hanno portato a dei risultati. Rohani ha detto nuovamente che il nucleare iraniano è a scopo civile e questo rientra perfettamente nel Trattato di non proliferazione nucleare che l’Iran ha firmato. Le voci che circolano – bisognerà infatti capire esattamente questa misteriosa intervista della Cnn in cui è stato affermato da parte di Rohani che l’Olocausto è stato una tragedia, che ha tra l’altro poi smentito – sono comunque segnali che potrebbero prospettare una ripresa dei colloqui. Quindi, teoricamente, le premesse ci potrebbero essere.

    D. – Ci potrebbero essere tensioni rispetto alla posizione politica di Rohani, magari diversa da quella dell’Ayatollah Kamenei?

    R. – Certamente, all’interno dell’Iran ci sono posizioni più diplomatiche, più disponibili ad un accordo e posizioni più intransigenti. Non dimentichiamo che il precedente governo aveva posizioni molto molto più dure e rappresentava una parte dell’establishment iraniano. Quindi, non ci dovrebbe sorprendere se ci fosse anche un gioco di questo genere all’interno dello stesso Iran e quindi tra fazioni che invece si scontrano ancora una volta - nonostante Rohani al governo - e che cercano comunque di mettere i bastoni tra le ruote al tentativo di dialogo e di distensione a livello internazionale.

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    Sierra Leone. Confermata la condanna del presidente liberiano Taylor per crimini contro l'umanità

    ◊   La Corte speciale delle Nazioni Unite per la Sierra Leone, con sede all'Aja, ha confermato oggi in appello la condanna a 50 anni di carcere per l’ex presidente liberiano Charles Taylor, colpevole di crimini contro l’umanità commessi proprio in Sierra Leone durante la guerra civile, durata dal 1991 al 2002. Le responsabilità riconosciute a Taylor sono di aver reclutato bambini soldato, torturato, ucciso e aver garantito rifornimenti di armi ai ribelli facendosi pagare con i tristemente conosciuti “diamanti di sangue”. Davide Pagnanelli ha chiesto a mons. Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni all’epoca dei fatti, quale fosse il ruolo di Charles Taylor:

    R. – Era un ruolo di supporto ai combattenti, anzitutto perché l’incursione in Sierra Leone è partita con un gruppo che si riteneva sostenuto dalla Liberia. Quando questo gruppo di ribelli era in possesso di una quantità enorme di armi, ci si è chiesti come venissero finanziate. Una delle prime aree occupate da tali combattenti era quella delle zone diamantifere: quindi si è tirata la conclusione che venissero passati diamanti in cambio di armi. Quando poi sono state pubblicate le statistiche di quanti diamanti la Liberia esportasse, ci si è accorti che era una quantità molto superiore alle possibilità della Liberia. Era chiaro allora che venissero da altrove, da altri territori. Questo è stato accertato dalla Corte: c’è stato un ruolo attivo da parte del presidente della Liberia Taylor nel fomentare la guerra in Sierra Leone, con i crimini che sono stati commessi.

    D. – Come si mosse la Chiesa per rispondere a questa situazione?

    R. – La Chiesa è sempre stata parte integrante del tessuto sociale della Sierra Leone, attraverso ovviamente le opere educative e assistenziali. In quel momento, i vescovi hanno scritto lettere per la pace e contro le violenze. La Chiesa è sempre stata molto coinvolta a livello anche locale, attraverso i catechisti, attraverso i sacerdoti, attraverso i missionari nell’assistenza ai bambini soldato, agli emigrati interni, a quelli che hanno dovuto poi scappar via nella vicina Guinea. Dopo c’è stato tutto il processo di riconciliazione attraverso il Consiglio interreligioso: era ovvio che la Chiesa fosse molto presente.

    D. – Qual è, invece, la situazione della Sierra Leone oggi?

    R. – La pacificazione è avvenuta. I bambini soldato ovviamente sono cresciuti e reinseriti nella società, ci sono state le elezioni, che sono state pacifiche. La situazione oggigiorno è di pace e di sicurezza nazionale. C’è molto sviluppo delle infrastrutture, ci sono investimenti stranieri. La nazione sta marciando. Il progresso continua e, quando si guarda alla nazione, sembra di essere in un cantiere aperto, da un confine all’altro del Paese. La Chiesa continua la propria missione evangelizzatrice, perché non sia conosciuta come una ong e su questo Papa Francesco ci ha messo in guardia. La Chiesa è comunque ancora molto radicata.

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    Presentata la Marcia della pace Perugia-Assisi 2014: non un evento ma un percorso di fratellanza

    ◊   Sarà un’edizione del tutto speciale quella della prossima Marcia della pace Perugia-Assisi in programma per il 19 ottobre del 2014. Non un evento, ma un percorso a cui si arriverà durante tutto l’anno a partire da domenica prossima, con l’apertura della Settimana della Pace. Il programma lo hanno presentato oggi a Perugia, rappresentanti della provincia e del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i Diritti Umani. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    “Una catena di impegno per la pace che unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà”. Le parole del Papa sono l’ispirazione per la nuova veste della Marcia Perugia-Assisi del 2014 - che si svolgerà a 100 anni dalla Grande Guerra – che sarà organizzata dai giovani ed che avrà al centro il tema della "Fraternità". Sarà l’occasione per avviare tanti percorsi di pace sul territorio nazionale e stimolerà la costruzione di un’Europa solidale e non violenta. Così l’hanno pensata gli organizzatori: “La pace – dicono – chiede un impegno serio, maturo, non occasionale”. Cosa fare concretamente? Gli spunti verranno dalla Settimana della pace, che si apre il 29 settembre e si chiude il 6 ottobre; occasione per aderire a percorsi scolastici, istituzionali e cittadini. Il commento di Flavio Lotti, coordinatore del Tavola per la Pace:

    "Il primo percorso si chiama 'Sui passi di Francesco', che attraverserà tutte le scuole; nel secondo invece vogliamo promuovere tante 'Marce della pace' a partire dalle città, dai luoghi dove abitiamo; fino ad arrivare al 19 ottobre del 2014 quando si svolgerà la Marcia nel tradizionale percorso da Perugia ad Assisi".

    Durante la settimana due eventi importanti: il 2 ottobre Giornata Mondiale dell’Onu della “non violenza” ed il 4 ad Assisi con la Giornata della Pace, della Fraternità e del Dialogo in cui si attende dal Papa – in visita proprio ad Assisi - un messaggio forte:

    "Credo che sarà improntato innanzitutto a questo bisogno di liberarci dagli orpelli di una corsa, anzi di un’ansiosa rincorsa al denaro che stiamo facendo da troppo tempo e che ci sta distruggendo. Credo che il Papa proporrà l’idea di una Chiesa vicina ai poveri, una Chiesa impegnata nella difesa e nella promozione della pace e dell’ambiente: fare pace dunque tra gli uomini e con la natura di cui san Francesco è certamente il simbolo più significativo. E noi vogliamo fare in modo che il 4 ottobre non venga vissuto come uno spettacolo da aprire e chiudere nell’arco di 24 ore e per fare questo abbiamo messo in campo le proposte presentate oggi: un percorso educativo, un percorso di sensibilizzazione, di formazione, di responsabilità che deve coinvolgere tutti a partire dalle città dove abitiamo".

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    Genetica: in calo le diagnosi prenatali, in aumento le analisi di studio dei tumori

    ◊   Diminuisce in Italia il numero delle indagini cromosomiche prenatali, mentre aumentano significativamente le analisi finalizzate allo studio dei tumori. E’ quanto emerge dal censimento della Società Italiana di Genetica Umana, presentato ieri a Roma. Più di 500 i laboratori e servizi di genetica operanti sul territorio nazionale, in prevalenza al Nord; oltre 580mila i test genetici effettuati in un anno, mentre non decolla la medicina “personalizzata”. Al microfono di Paolo Ondarza, la riflessione di Bruno Dalla Piccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: 00:02:10:37

    R. – Sono, in Italia, presenti più di 500 servizi che fanno attività di genetica medica: un numero spropositato rispetto a quello che capita negli altri Paesi europei. Quindi c’è bisogno di razionalizzare questa rete: ci sono troppi servizi al Nord; meno al centro e al Sud; e, ancora a decrescere nell’isole. Cosa vuol dire razionalizzare la rete? Vuol dire fare meno strutture, ma che lavorino di più, che lavorino meglio e che costino di meno. E’ inoltre un dato interessante l’aver capito che il boom della diagnosi prenatale, che era esploso negli anni passati, si è fermato: c’è un calo addirittura del 5 per cento in questo tipo di censimento.

    D. – Parlando di genetica umana, viene fuori il tema della “medicina personalizzata”: qual è la situazione in Italia?

    R. – La “medicina personalizzata” sta a significare l’analisi intera del genoma per vedere quelle differenze a livello molecolare che fanno una persona più suscettibile nei confronti di malattie comuni come il diabete o le malattie cardiovascolari o malattie di questo tipo. Tutto questo è rappresenta una ricerca in divenire. Oltreoceano, soprattutto negli Stati Uniti, ci sono tanti laboratori privati che vendono questi test come promesse per capire il nostro futuro biologico; ma le cose non stanno proprio così, nel senso che noi oggi abbiamo conoscenze troppo frammentarie a riguardo e questo mercato fortunatamente in Italia non è ancora arrivato. Ma ci dobbiamo attrezzare per il futuro verso il quale andiamo. Il miglioramento delle conoscenze porterà ad una maggiore affidabilità della “medicina personalizzata” – forse fra 5-10 anni – e quindi bisogna prendere atto di questa evoluzione.

    D. – Quali sono gli obiettivi su cui si stanno concentrando gli studi e che interesseranno i prossimi anni?

    R. – Abbiamo lavorato essenzialmente in questi anni sulla conoscenza delle malattie semplici: distrofie muscolari, fibrosi cistica, talassemia. Oggi si incomincia a capire anche la componente ereditaria delle malattie complesse: diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, malattie psichiatriche e quant’altro. Questo farà parte proprio della “medicina personalizzata”. Questo è un settore nel quale si deve investire, anche perché con questa conoscenza migliore avremo anche cure migliori.

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    Politica e Tv, a picco i talk show. Barberio: sono lontani dal Paese reale e creano guasti culturali

    ◊   Politica e Tv: dibattito aperto in Italia - in apertura della nuova stagione televisiva d’autunno - sull’insuccesso dei talk show, che in prima e in seconda serata stanno raccogliendo ascolti molto bassi. Roberta Gisotti ha intervistato Raffaele Barberio, fondatore e direttore del Sito web dedicato alla comunicazione “Key4biz”:

    D. - Barberio è la crisi della Tv generalista che sta affossando la politica o è e la crisi della politica italiana che sta risucchiando nel vortice del dissenso popolare la Tv che se ne fa specchio?

    R. - Sono due fenomeni che si trovano ad essere sovrapposti e, in un certo senso, in questo disastro di percezione si rafforzano a vicenda cercando di tirare sott’acqua sia il pubblico che il cittadino. La Tv è stanca, è logora. Non ha molte cose da dire, non è più attenta al Paese, non intercetta quello che il Paese esprime, e la stessa cosa fa la politica. È una politica che corre su un binario parallelo, completamente schizofrenica rispetto al Paese reale. Poi c’è il Paese reale, che guarda alla politica e guarda alla Tv: è un Paese in sofferenza e in difficoltà, e ancor più in difficoltà perché è privo di interlocutori ed avverte di essere privo di rappresentanti. Quindi è una situazione particolarmente difficile. Credo che tutti quanti noi, tutti, ciascuno di noi nel proprio ruolo abbia il dovere di fare la sua parte.

    D. - Ecco, c’è un altro aspetto. Un tempo in pochi abbiamo gridato allo scandalo di fronte alla spettacolarizzazione della politica piegata ai tempi televisivi e sottomessa alle regole dell’audience. Forse è tempo che la politica torni a conquistare credibilità nelle sedi opportune e la Tv torni ad intrattenere, a divertire ed informare, distinguendo i generi ed adattandoli - possiamo dire - ai tempi della multimedialità?

    R. - Facciamo una prima considerazione. Perché tutte le Tv si sono buttate sul format del talk show? Perché - si dice - costa poco. E in questo periodo di ‘stagione magra’ costa molto di più fare lo show, costa molto di più acquistare i diritti di un film … Ma questo argomento ha veramente le gambe corte, perché si potrebbero fare tante cose che costano poco come i talk show, ma non si fanno. Quindi il problema è capire perché ciò avviene. Allora guardiamo gli elementi che costituiscono la catena: anzitutto abbiamo i giornalisti, sono i padroni di casa. Hanno i loro ospiti, scelti in base a criteri dettati spesso dalla litigiosità della persona invitata; si è capito che la rissa fa audience, che al pubblico - in qualche modo - piacerebbe vedere scorrere il sangue del litigio durante la trasmissione. Poi, in effetti, il pubblico scompare e allora viene fuori che anche il pubblico, in un certo senso, si è disaffezionato completamene al fenomeno. Il problema è che i giornalisti non fanno i padroni di casa in rappresentanza del loro pubblico; fanno da spalla, un po’ come l'onorevole Trombetta che nello scompartimento del treno fa da spalla a Totò. Quindi sono dei convitati che non danno un contributo, un valore aggiunto al confronto con l’ospite, il quale non si sente per nulla messo sotto i raggi x e quindi obbligato a dare il meglio di sé al giornalista e al pubblico che segue la trasmissione, ma sanno di avere lì un amico il cui compito è quello di fare da ponte con una certa dose di complicità verso il pubblico. Quindi il ruolo dei giornalisti è veramente disdicevole e in qualche modo da criticare. Parliamo poi degli argomenti. Gli argomenti sono tutti logori! Ormai si parla sempre delle stesse cose! Ma questo non è soltanto un argomento che riguarda i talk show, vale anche per i giornali! Proviamo a levare le vicende di Berlusconi e - parallelamente - proviamo a levare le vicende legate al congresso del Pd: sembra che questo Paese non abbia alcun’altra anima. E dove sono 60 milioni di italiani che hanno ciascuno di loro tanti problemi condivisi e anche tante aspettative, progetti, e tante famiglie con tante individualità e tante emozioni? Non c’è spazio per nulla di questo! Quindi è evidente che non è un problema soltanto di difficoltà di un format, non è un aspetto tecnico! C’è un grave problema culturale di cui nessuno sembra voler prendere atto.

    D. - Possiamo dire che è la rivincita di chi ha puntato l’indice contro la cosiddetta “infotainment”, ovvero quel misto di informazione e intrattenimento che poi porta ad informare solo su quello che fa audience, purtroppo questo vale anche per i Tg …

    R. - Il punto è che qui non c’è più l’intrattenimento. I talk show ormai si caratterizzano per il livello di rissosità ed è indubbio - e questo lo sanno anche i telespettatori - che alcuni giornalisti invitano specificamente questo o quell’ospite su versanti opposti sapendo e sperando che prima o poi scatti la provocazione e quindi la rissa. Siamo ormai abituati all’ospite che si stacca il microfono dalla cravatta o dal tailleur e corre via guadagnando l’uscita in modo stizzoso … Il punto è che la rissosità nei programmi televisivi fa dei guasti culturali incalcolabili! Uno show di intrattenimento dovrebbe essere un show che intrattiene il pubblico, che fa comprendere degli argomenti, che fa approfondire, che dà l’opportunità all’ospite di dire la sua, se ha qualcosa da dire. Ma quando c’è la rissa, afferma un principio fondamentale: si possono violare le regole del gioco, ovvero dell’intrattenimento e dell’interlocuzione con un’altra persona che la pensa diversamente da noi. Ma se noi lasciamo affermare in modo così devastante la logica della violazione delle regole, nella rissa televisiva posso vederci l’abusivismo edilizio, l’uomo che passa con il rosso, la maleducazione per strada … perché sembra che tutto abbia diritto di cittadinanza e non venga sottoposto ad un giudizio severo di chi sta dall’altra parte. E anche qui - ripeto - c’è un grosso problema di guasto culturale che viene perpetrato e digerito ogni giorno senza che nessuno dica qualcosa.

    D. - Vogliamo chiamare in causa anche una televisione alla ricerca spasmodica del massimo ascolto? Ed ecco qui il puntare alla rissosità. Vogliamo puntare l’indice contro un sistema unico di rilevamenti degli ascolti ormai obsoleto, rispetto al reale ascolto della televisione che poi viene anche fruita attraverso molti altri mezzi …

    R. - Il sistema di rilevazione dell’ascolto che noi abbiamo ormai da decenni, ed è molto criticato, è un sintema di ascolto che proprio in questo caso specifico dimostra quanto sia inadeguato. Abbiamo sempre detto che la rissosità porta pubblico, che i talk show sono il formato che la gente gradisce di più. Ma perché allora da qualche tempo a questa parte diciamo che il talk show è un formato logoro …? C’è un approccio ormai schizofrenico a questa dinamica. Allora, il punto è che il formato talk show non porta più pubblico e anche le rilevazioni d’ascolto danno questo risultato. Allora, possibile che queste rilevazioni d’ascolto che si fanno, non indichino anche degli elementi di qualità attraverso le quali individuare delle linee di ricostruzione del rapporto tra televisione e pubblico? La televisione è uno strumento importantissimo nella vita di un Paese! Ma se viene usato in modo così depauperato può solo contribuire a fare ulteriori danni nell’opinione pubblica! E anche qui, un sistema di rilevazione dovrebbe essere talmente sofisticato nell’era digitale nella quale viviamo, in cui possiamo raccogliere anche il battito di ali di farfalla nell’opinione pubblica, che è veramente inconcepibile che la televisione non si sappia dotare di strumenti adeguati per capire effettivamente in quale direzione vada il Paese. Perché se comprendesse in quale direzione va il Paese, sarebbe nelle migliori condizioni per intercettare anche un filone di emozioni attraverso cui poter offrire un’offerta televisiva adeguata al Paese reale.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan. La Chiesa denuncia la situazione critica dei cristiani. Welby chiede la protezione delle minoranze

    ◊   “E’ un momento davvero molto triste per la Chiesa pakistana. La situazione è molto critica. I fedeli cristiani morti nell’attentato alla chiesa di Peshawar sono martiri innocenti della fede, in quanto sono stati uccisi mentre erano in chiesa a pregare. Nelle nostre Chiese stiamo organizzando veglie di preghiera per loro. Chiediamo a tutti i fedeli del mondo di pregare per noi”: lo dice all’agenzia Fides padre Waseem Walter, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Pakistan, descrivendo l’atmosfera di alta tensione fra le minoranze religiose dopo l’attacco kamikaze alla chiesa anglicana di tutti i Santi a Peshawar, il 22 settembre scorso. Dopo i tre giorni di lutto per ricordare le vittime dell’attentato, in diversi luoghi della nazione si continuano a organizzare veglie di preghiera ecumeniche, come quella prevista oggi, alla Chiesa di Sant’Antonio a Lahore, a cui partecipano membri e operatori della Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Pakistan. In una nota inviata a Fides, l'avvocato cristiano Nasir Saeed, responsabile dell’Ong Claas (“Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement”), impegnata nella difesa dei cristiani in Pakistan, afferma: “Temo che l’attacco a Peshawar possa segnare una svolta negativa per la persecuzione dei cristiani in Pakistan. Finora per colpirli si è usato il pretesto della blasfemia, spesso con false accuse. Ora l’intimidazione diventa barbaro assassinio e si tenta di eliminare i cristiani dal Paese”. Un appello al governo del Pakistan perché protegga le minoranze e parole di solidarietà alla comunità cristiana di Peshawar è stato rivolto dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby in un’intervista rilasciata a Radio 4 della Bbc, ripresa oggi su tutti i giornali britannici e nel corso della quale ha parlato degli attacchi mirati alle comunità cristiane nel mondo. “Chiediamo di garantire che i cittadini di tutte le minoranze siano adeguatamente protetti”. In particolare Welby punta il dito sulla legge sulla blasfemia in Pakistan adottata qualche tempo fa e la cui applicazione varia di volta in volta. Tali leggi - ha detto - “sono state spesso utilizzate in modi che ci sembrano essere ingiusti". Un forte appello alla preghiera, in solidarietà con i cristiani pakistani, è stato lanciato – riferisce una nota giunta a Fides – dalla “Asia Evangelical Alliance”, che unisce le comunità cristiane evangeliche dell’intero continente. Anche la Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale dell’India, in un comunicato inviato all’agenzia Fides, chiede “giustizia per le vittime e risarcimenti per le famiglie”, invocando protezione per i cristiani. Si moltiplicano, intanto, l’iniziativa di aiuto e solidarietà verso le famiglie cristiane di Peshawar, colpite dalla strage, da parte di associazioni di pakistani cristiani all’estero. (R.P.)

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    Kenya: il cordoglio della stampa cattolica africana per le vittime dell’attacco al Westgate

    ◊   Timore, commozione e grande tristezza: sono i sentimenti di cordoglio espressi dall’Unione della stampa cattolica africana (Ucap) per l’attentato compiuto nel Centro commerciale di Westgate, a Nairobi, dal gruppo estremista somalo degli Shabaab. In un messaggio a firma di Alexandre Le Grand Roumba, presidente dell’Ucap e indirizzato alla stampa cattolica del Kenya, si sottolinea che quello al Westgate “è stato il peggior attacco terroristico, dopo l’attentato contro l’ambasciata statunitense a Nairobi, nel 1998, che provocò 200 vittime”. “Immaginiamo il dolore che state vivendo – scrive ancora l’Ucap – Ci uniamo alle vostre preghiere affinché tali terribili episodi non si ripetano mai più”. Il messaggio si conclude con una preghiera a Dio, perché dia conforto alla popolazione del Kenya. L’attacco al Centro commerciale di Nairobi è stato sferrato sabato scorso, 21 settembre, e si è concluso due giorni fa, dopo quattro giorni di combattimenti. Il bilancio ancora provvisorio dell’assalto è di 67 morti, dei quali 61 civili. (I.P.)

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    Siria. Fatwa degli ulema: “E’ lecito confiscare beni a cristiani, alawiti e drusi per acquistare armi”

    ◊   Si fa sempre più difficile la vita per le minoranze religiose siriane che, nel conflitto, risultano i settori più vulnerabili della società. Come appreso dall’agenzia Fides, 36 ulema (leader religiosi islamici) di Douma, uno dei maggiori sobborghi di Damasco, hanno emanato una “fatwa” (un decreto giuridico) che legittima il diritto dei fedeli musulmani sunniti a requisire e appropriarsi di beni, case, proprietà appartenenti a cristiani, drusi e alawiti e membri di altre minoranze religiose “che non professano la religione sunnita del Profeta”. La fatwa invita apertamente a “boicottare e rompere qualsiasi relazione con gli abitanti di Damasco che hanno tradito i rivoluzionari o li hanno abbandonati”. Le proprietà confiscate, precisala fatwa – di cui la Fides ha ricevuto copia – saranno utilizzate in parte “per acquistare armi”, in parte per aiutare orfani, poveri, le famiglie dei martiri e delle vedove. “Chiediamo al nostro popolo di aggrapparsi alle nostre tradizioni islamiche e a frequentare regolarmente la case di Dio (moschee) al fine di salvaguardare la nostra anima e la società”, conclude il testo degli ulema. Come riferito a Fides, gli esponenti delle diverse Chiese cristiane hanno appreso i contenuti della fatwa con grave preoccupazione, notando che anche provvedimenti di tal genere non fanno altro che “acuire la violenza su base confessionale, che è lo sfregio della società siriana”. (R.P.)

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    Siria: il monastero di Santa Tecla a Maaloula una presenza di pace e fraternità

    ◊   “Siamo pienamente consapevoli del fatto che la presenza del monastero nella regione costituisce un chiaro invito all’amore, alla pace e alla fraternità tra i figli della stessa Patria. Noi desideriamo fortemente rimanere lì per testimoniare il nostro amore per il Paese e per tutti i suoi figli e per manifestare il nostro assoluto rifiuto della violenza e dei flagelli che travolgono il suolo della nostra patria e i suoi abitanti”. Con queste parole il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente spiega all'agenzia Sir, la ragione per cui le suore e gli orfani del monastero di Santa Tecla hanno scelto di rimanere lì, nonostante i continui scontri armati. Ieri il Patriarcato si era rivolto alla Croce rossa siriana e internazionale perché invii uno o più convogli speciali di approvvigionamento. “Questo permetterà loro di rimanere nel monastero e nella città come testimoni della loro appartenenza a questa terra che amiamo”. E in un tempo di difficili trattative diplomatiche, la richiesta di aiuto del monastero si trasforma in un appello alle coscienze perché “si fermi lo spargimento di sangue; si rigetti l’uso della violenza” e si adotti “il dialogo come unica via per risolvere i conflitti, rispettare l’essere umano, preservare e proteggere la sua libertà e la sua dignità”. “Possa Dio proteggere Maaloula, la Siria e il mondo intero, e riversare nel mondo la sua pace”. (R.P.)

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    Libano. Il patriarca caldeo Sako: l'Occidente non favorisca la fuga dei cristiani

    ◊   I Paesi occidentali che facilitano la concessione di permessi di soggiorno per i cristiani in fuga dalle convulsioni mediorientali finiscono per provocare un “incitamento” al loro esodo, e quindi all'estinzione della presenza cristiana in Medio Oriente. Lo ha detto ieri il patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako al suo arrivo in Libano, all'inizio della sua prima visita da patriarca nel Paese dei cedri. Secondo il card. Sako, i conflitti e le operazioni terroritiche che stanno martoriando la regione mediorientale rivelano l'esistenza di un “piano per un 'nuovo Medio Oriente'” diviso secondo frontiere religiose e “'cantonizzato' su base etnica e settaria”. In particolare, il card. Sako ha evocato lo spettro dei uno smembramento dei Paesi mediorientali provocato dallo scontro intra-musulmano tra sciiti e sunniti. “Io capisco una guerra in difesa di un Paese, o per preservarlo” ha notato il patriarca, “ma è incomprensibile combattere per prendere il predominio tra persone dello stesso Paese”. Durante la sua visita in Libano, oltre a partecipare a incontri ecumenici e inter-religiosi, il patriarca Sako sarà ricevuto anche dal Presidente libanese Michel Sleiman. (R.P.)

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    Terra Santa: i cristiani arabi di Beit Jala in difesa della terra

    ◊   Una lettera per raccontare il dolore delle famiglie provocato dall’oppressione israeliana. A indirizzarla a Papa Francesco è la popolazione della città cristiana di Beit Jala che sta vivendo, da tempo, il dramma dell’occupazione israeliana sotto forma di espropriazione di terra per permettere la costruzione di una strada, d’insediamenti e del Muro di separazione. A consegnarla al Papa nei giorni scorsi, nel corso di un’udienza - riferisce l'agenzia Sir - è stato lo stesso parroco del villaggio palestinese, padre Ibrahim Shomali, che ha anche denunciato l’espropriazione da parte d’Israele di terreni di proprietà del convento di Cremisan. Nella missiva si evidenzia come il popolo palestinese sia molto legato alla sua terra e lotta per restarvi. Tuttavia il mantenimento dei terreni richiede delle misure concrete per contrastare ogni tentativo di acquisizione e per consentire al popolo palestinese di vivere con dignità in uno Stato libero. L’esproprio di terre appartenenti al convento di Cremisan e l’annessione di quelle di 58 famiglie palestinesi di Beit Jala era stato oggetto di giudizio da parte di un Tribunale israeliano di Tel Aviv che ne aveva ribadito la legittimità. I leader della Chiesa cattolica in Terra Santa all’epoca avevano chiesto la modifica del tracciato del muro, in conformità con il diritto internazionale, segnalando che l’esproprio dei terreni in nessun modo avrebbe aiutato la causa della pace. (R.P.)

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    Sudan: in aumento gli atti intimidatori contro la Chiesa

    ◊   Sono in aumento gli atti intimidatori nei confronti di sacerdoti e missionari da parte delle autorità del Sudan. Lo denunciano all’agenzia Fides fonti della Chiesa locale che per motivi di sicurezza hanno richiesto l’anonimato. In particolare nel mese di settembre quattro sacerdoti sono stati convocati a più riprese dai servizi di sicurezza (Sudan National Security Intelligence Agency) per essere interrogati. Un sacerdote ha riferito che nel corso degli interrogatori gli uomini della sicurezza lo hanno accusato di essere una spia al servizio di un altro Paese africano, avendo tra l’altro trascorso un periodo di addestramento all’estero. Il sacerdote ha risposto con calma che le accuse sono ingiustificate come dimostrato dal suo passaporto nel quale sono assenti timbri recenti di entrata e di uscita dal Paese. Sia il passaporto sia il cellulare del religioso sono stati trattenuti dagli ufficiali della sicurezza “per accertamenti”. Secondo le nostre fonti questo episodio è solo un esempio degli atti intimidatori condotti dalle autorità sudanesi nei confronti della Chiesa cattolica. Negli ultimi tempi infatti alcuni centri ecclesiali sono stati chiusi, diversi sacerdoti e missionari stranieri sono stati costretti a lasciare il Paese, mentre ad altri non è stato rinnovato il permesso di soggiorno oppure rifiutato l’ingresso nel Paese. Infine le riunioni ecclesiastiche e i movimenti dei fedeli sono controllati da una rete di informatori. Il governo di Khartoum ha già espulso tutti i missionari stranieri delle altre chiese cristiane. Si teme ora che anche il futuro della Chiesa cattolica in Sudan sia a rischio. (R.P.)

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    Vescovi africani: plenaria dell’Apostolato biblico su nuovi media ed ecumenismo

    ◊   Nuove tecnologie e dialogo ecumenico: sono questi i due strumenti da rafforzare per facilitare la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli. La raccomandazione arriva a conclusione dell’ottava Plenaria del Centro dell’Apostolato biblico per l’Africa ed il Madagascar (Cibam), svoltasi dal 17 al 23 settembre a Lilongwe, in Malawi, sul tema “L’animazione biblica di tutta l’azione pastorale”. 75 i partecipanti all’incontro, informa una nota del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, che hanno riflettuto su alcuni punti in particolare: gli elementi basilari della Bibbia; la recezione dell’esortazione apostolica post-sinodale “Verbum Domini”, siglata da Benedetto XVI nel 2010 e dedicata alla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa; l’apostolato biblico nel contesto africano, con particolare attenzione alle famiglie ed ai giovani; il dialogo tra l’ermeneutica biblica e le culture africane; il confronto tra pastori, teologi ed esegeti. Alla luce di tutto ciò, il Cibam ribadisce l’importanza sia della Bibbia come “fonte di ispirazione e fede in tutte le comunità religiose e le società”, sia dell’apostolato biblico come efficace mezzo di contrasto contro l’avanzare delle sètte. Soprattutto perché, evidenzia ancora il Cibam, “la crescita del fondamentalismo, anche islamico, e la cattiva governance sono una minaccia per il cristianesimo”. Di qui, alcune risoluzioni e raccomandazioni proposte dal Cibam: creare un network tra i coordinatori regionali e nazionali di apostolato biblico; porre particolare attenzione alla formazione dei laici nella pastorale biblica; usare le moderne tecnologie per insegnare la Parola di Dio e catturare, così, l’interesse dei giovani; rendere accessibili ai fedeli i testi biblici traducendoli nelle lingue locali, possibilmente attraverso sforzi ecumenici. Infine, il Cibam raccomanda la promozione la stretta cooperazione tra Centri di catechesi e Associazioni bibliche, e l’indizione, da parte delle Conferenze episcopali africane, di Mesi o Settimane della Bibbia. (A cura di Isabella Piro)

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    Bolivia: a un mese dalla tragedia nel carcere di Palmasola la Chiesa chiede un nuovo indulto

    ◊   “Purtroppo, il decreto presidenziale di indulto approvato senza prendere in considerazione le osservazioni e le proposte delle diverse istituzioni che si occupano del settore penitenziario non corrisponde agli intenti umanitari del presidente Evo Morales e non contribuisce neanche a mitigare la scandalosa situazione provocata dai ritardi della giustizia e la crescente violenza nei carceri”. E’ la posizione espressa dalla Chiesa boliviana in un comunicato nel quale giudica negativamente la portata limitata dell’indulto dello scorso 16 settembre che “vedrà fuori dal carcere appena 601 persone” in un sistema penitenziario segnato dal sovraffollamento causato in gran parte dai ritardi della giustizia. La nota afferma che a beneficiare dell’indulto per sentenze penali di meno di otto anni saranno solo 18 adulti, 34 adolescenti e giovani, 12 malati, 15 malati gravi, 2 handicappati e 3 padri o madri di famiglia, mentre gli altri sono detenuti in via cautelare per delitti la cui pena è di meno di 4 anni. “Di conseguenza, siamo convinti che ci sia stato un errore di valutazione, perchè se la decisione è stata presa deliberatamente sulla base di questa previsione, rappresenta una beffa contro la popolazione carceraria”, si legge nel comunicato firmato da mons. Jesús Juárez Párraga, arcivescovo di Sucre e responsabile della Pastorale penitenziaria e dal sacerdote Leonardo da Silva Costa, Coordinatore nazionale della Pastorale penitenziaria. Tra le proposte della Chiesa spiccano un nuovo provvedimento presidenziale di clemenza che contempli l’estensione dell’amnistia e la riorganizzazione integrale del sistema penitenziario: nuove strutture carcerarie, efficienza del sistema giudiziario e programmi di riabilitazione e di reinserimento sociale. La Chiesa rinnova il suo impegno pastorale ad accompagnare spiritualmente le persone private della loro libertà e ad appoggiare le istituzioni responsabili della formazione e dell’assistenza sanitaria, giuridica, psicologica ed economica dei detenuti. Nella nota i vescovi colgono l’occasione per rinnovare la vicinanza della Chiesa alle famiglie e alle persone che hanno perso i loro cari nella tragica rivolta del 23 agosto nel carcere di Palmasola, nella quale persero la vita 30 persone tra cui un bambino. (A cura di Alina Tufani)

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    Messico. La Chiesa: “Ci sono ancora parrocchie isolate e una città sepolta dalla frana”

    ◊   Oltre 115 morti, circa 60 dispersi, 40.000 turisti bloccati, inondazioni, frane, la fame, la disperazione, l'incertezza e circa 238.000 vittime senza tetto: è il bilancio del passaggio dell'uragano Manuel nello stato di Guerrero, in un primo rapporto stilato dalle autorità messicane, dopo il tragico evento del 15 settembre. Guerrero, situato a sud-ovest della Repubblica Messicana, è diviso in 7 regioni (Acapulco, Costa Chica, Zona Centro, Costa Grande, Montagna, Zona Nord e Tierra Caliente) tutte danneggiate in qualche modo dagli eventi meteorologici. “La tempesta tropicale Manuel, che ha colpito tutto il Messico e specialmente lo stato di Guerrero, ha danneggiato la città di Acapulco, in particolare la parte chiamata Acapulco Diamante. Nella regione di Costa Grande diversi ponti sono crollati e le parrocchie di Coyuca, Espinalillo, San Jeronimo e Tecpan sono isolate, e non riescono a ricevere aiuto” ha detto l'arcivescovo di Acapulco, mons. Carlos Garfias Merlos, ad una fonte locale dell’agenzia Fides. L’arcivescovo ha inoltre sottolineato che, nella zona della Costa Grande, il crollo della montagna ha sepolto metà della popolazione della città di La Pintada, dove c'è la parrocchia Paradiso. “E' una vera tragedia perché purtroppo molte persone sono rimaste sotto il fango e la terra” ha detto mons. Carlos Garfias Merlos, chiedendo alla comunità cattolica di tutto il Paese di essere solidale e di aiutare chi ha perso tutto. La Chiesa cattolica, tramite la Caritas, ha attivato una rete di assistenza per accogliere i senza tetto e aiutare le famiglie colpite. (R.P.)

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    Canada: mons. Paul-André Durocher, nuovo presidente della Conferenza episcopale

    ◊   Mons. Paul-André Durocher, arcivescovo francofono di Gatineau, è il nuovo presidente della Conferenza episcopale del Canada (Cecc). E' stato eletto dall'assemblea plenaria della Cecc in corso a Sainte-Adèle in Québec. Mons. Durocher succede a mons. Richard Smith, arcivescovo anglofono di Edmonton. Come è noto infatti, in Canada, la presidenza della Conferenza episcopale è una carica in cui si alternano ogni due anni vescovi anglofoni e francofoni. 59 anni, originario dello Stato canadese dell’Ontario, mons. Durocher ha studiato al seminario dell’Università St. Paul di Ottawa dove ha conseguito una laurea e un dottorato in teologia. Ordinato sacerdote nel 1982, ha successivamente ottenuto una laurea in Diritto Canonico a Strasburgo in Francia e quindi una nuova laurea in Teologia presso l’Università Gregoriana a Roma. Prima di essere nominato da Benedetto XVI arcivescovo di Gatineau, il 12 ottobre 2011, è stato vescovo ausiliare di Sault di -Ste-Marie e quindi vescovo di Alexandria-Cornwall. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Istanbul: simposio islamo-cristiano sul tema dell'altruismo

    ◊   Domani mattina, 27 settembre, inizieranno nella Casa di accoglienza aperta accanto alla parrocchia di S. Stefano a Yeşilköy (nelle vicinanze di Istanbul) i lavori del Simposio islamo-cristiano sul tema dell’altruismo. Organizzato dalle famiglie francescane residenti nella metropoli turca e patrocinato dalla Fondazione dei giornalisti e scrittori, il Simposio si inserisce in una serie di iniziative che intendono favorire il dialogo interreligioso partendo dalla conoscenza degli interlocutori. L’esperienza di questi anni (il Simposio è giunto all’11.ma edizione) dimostra che i rapporti fra le due parti stanno lentamente cambiando: c’è più stima, più comprensione, più tolleranza reciproche. Il tema del Simposio di quest’anno, “Altruismo” (in turco Diğerkamlik) è stato scelto perché, in un tempo dominato dall’individualismo, è opportuno risvegliare sentimenti di di stima, di fiducia, di collaborazione e di sensibilità verso agli altri. Come sempre, l’argomento sarà trattato da relatori musulmani e cattolici, che ne parleranno rifacendosi ai testi sacri (Bibbia/Corano), alla sua dimensione spirituale e all’etica. Non mancheranno testimonianze di vita vissuta, che verranno soprattutto dal mondo giovanile (al Simposio è sempre presente un bel gruppo di universitarie musulmane), quello più impegnato nelle attività a fianco di gente che ha bisogno di una mano che l’aiuti in momenti difficili, senza pretendere nulla in contraccambio.Il Simposio terminerà nel pomeriggio di sabato 28 con una liturgia della Parola nella chiesa cattolica di S. Stefano, cui parteciperanno tutti, come tutti parteciperanno venerdì alla preghiera nell’antica e vicina moschea. (Da Istanbul, padre Egidio Picucci)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 269

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