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Sommario del 20/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: il volto di Cristo nei bambini non nati e negli anziani, primo diritto è la vita
  • Il Papa: no all’idolatria del denaro, non si può andare a Messa e poi farsi i propri affari
  • La Chiesa curi le ferite e riscaldi il cuore dei fedeli: così il Papa alla Civiltà Cattolica
  • Padre Spadaro: esperienza spirituale più che intervista, cancella gli stereotipi sul Papa
  • I risvolti etici e sociali della crisi economica al centro dell'incontro tra il Papa e il presidente ungherese
  • Il Papa riceve il presidente dell'Honduras: continuare impegno per la riconciliazione nel Paese
  • Tweet del Papa: "Cristo è sempre fedele. Preghiamo di essere anche noi sempre fedeli a Lui”
  • Il card. Coccopalmerio: rendere ragione dei valori della famiglia ai non credenti
  • La visita del Papa a Cagliari: interviste con don Marco Lai e padre Maurizio Teani
  • Mons. Tomasi all’Onu: il mondo non dovrebbe permettere la piaga dei bambini soldato
  • Rinunce e nomine episcopali di Papa Francesco
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Possibile mdiazione iraniana per risolvere la crisi siriana
  • Ennesimo assalto di migranti alla frontiera di Ceuta. Msf: subiscono violenze di ogni tipo
  • Legge sull’omofobia. Belletti (Forum famiglie): resta rischio del reato d’opinione
  • Letta: deficit al 3.1%. Le Acli chiedono il reddito minimo
  • Iniziate le delebrazioni per il 1700.mo anniversario dell’Editto di Milano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria: attacco di Boko Haram, oltre 140 morti. Mons. Kaigama: scoprire chi lo finanzia
  • Yemen: al Qaeda rivendica attacco contro base militare, oltre 60 vittime
  • Colpi di mortaio sull’arcivescovado melkita di Aleppo. Mons. Jeanbart: città strangolata
  • Egitto. Copti, al via i seminari di studio sulla riforma della Costituzione
  • I vescovi del Québec: laicità dello Stato implica libertà di coscienza e di religione
  • Plenaria dei vescovi europei in Slovacchia su famiglia, laicità, diritti e ambiente
  • Perù: marcia per la Giornata internazionale contro la tratta degli esseri umani
  • Chicago: sparatoria nel parco, 13 feriti, grave bimbo di 3 anni
  • Veglia in otto città umbre in attesa della visita del Papa ad Assisi
  • La Lev pubblica "I Messaggi del Papa su Twitter"
  • Primo pellegrinaggio della Madonna di Pompei a Malta e Gozo
  • Festival biblico di Vicenza: presentata la decima edizione sul tema “Dio e l’uomo si raccontano”
  • Salesianum di Roma. Seminario internazionale sulla filialità che interpella l’identità mariana
  • Pakistan. Il Gesù Bambino di Praga arriva a Gojra, luogo di massacri anticristiani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: il volto di Cristo nei bambini non nati e negli anziani, primo diritto è la vita

    ◊   Ogni bambino condannato all’aborto “ha il volto del Signore”. Così il Papa, ricevendo oggi in Sala Clementina un centinaio di medici della Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche, riunita a Roma fino al 22 settembre, per la decima Conferenza internazionale sul tema “La nuova evangelizzazione, le pratiche ostetriche e la cura delle madri”. Il servizio di Giada Aquilino:

    Un sì “deciso e senza tentennamenti alla vita”. Lo ha lanciato Papa Francesco incontrando oggi i medici cattolici riuniti in questi giorni a Roma. “Una diffusa mentalità dell’utile”, la cosiddetta “cultura dello scarto”, che - ha detto il Pontefice – “oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ha un altissimo costo: richiede di eliminare esseri umani, soprattutto se fisicamente o socialmente più deboli”:

    “Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni anziano – ho parlato del bambino: andiamo agli anziani, altro punto - anche se infermo o alla fine dei suoi giorni porta in sé il volto di Cristo. Non si possono scartare, come ci propone la “cultura dello scarto”! Non si possono scartare!".

    Va dunque ribadito – come riportato nella Dichiarazione sull’aborto procurato della Congregazione per la Dottrina della Fede - che “il primo diritto di una persona è la sua vita”. Nell’essere umano fragile, ha aggiunto il Santo Padre, “ciascuno di noi è invitato a riconoscere il volto del Signore, che nella sua carne umana ha sperimentato l’indifferenza e la solitudine a cui spesso condanniamo i più poveri, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nelle società benestanti”:

    “Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo. Tante volte ci troviamo in situazioni in cui quello che costa di meno è la vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa”.

    Con i medici cattolici, il Papa ha riflettuto sull’attuale momento storico, in cui si vive una “situazione paradossale” per la loro professione. Da una parte, ha notato, “constatiamo - e ringraziamo Dio - per i progressi della medicina, grazie al lavoro di scienziati che, con passione e senza risparmio, si dedicano alla ricerca di nuove cure”. Dall’altra, però, si riscontra “anche il pericolo che il medico smarrisca la propria identità di servitore della vita”. “Il disorientamento culturale - ha aggiunto - ha intaccato anche quello che sembrava un ambito inattaccabile”: la medicina. “Pur essendo per loro natura al servizio della vita - ha proseguito - le professioni sanitarie sono indotte a volte a non rispettare la vita stessa”. Citando l’Enciclica Caritas in veritate, il Pontefice ha ricordato invece che “l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”.

    “La situazione paradossale si vede nel fatto che, mentre si attribuiscono alla persona nuovi diritti, a volte anche presunti diritti, non sempre si tutela la vita come valore primario e diritto primordiale di ogni uomo. Il fine ultimo dell’agire medico rimane sempre la difesa e la promozione della vita”.

    In particolare per i ginecologi, il mandato è quindi quello di essere “testimoni e diffusori” della cultura della vita.

    "Un tempo, alle donne che aiutavano nel parto le chiamavamo 'comadre': è come una madre con l’altra, con la vera madre, no? Anche voi siete 'comadri' e 'compadri': anche voi".

    L’essere cattolici, poi, “comporta una maggiore responsabilità”, in particolare verso la cultura contemporanea: “contribuire a riconoscere nella vita umana - ha spiegato - la dimensione trascendente, l’impronta dell’opera creatrice di Dio, fin dal primo istante del suo concepimento":

    “È questo un impegno di nuova evangelizzazione che richiede spesso di andare controcorrente, pagando di persona. Il Signore conta anche su di voi per diffondere il ‘vangelo della vita’”.

    In questa prospettiva - ha detto il Santo Padre - i reparti ospedalieri di ginecologia “sono luoghi privilegiati di testimonianza e di evangelizzazione”, perché là dove la Chiesa si fa veicolo della presenza del Dio vivente, “diventa al tempo stesso” quello che la Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione della Congregazione per la Dottrina della Fede definisce “strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo”. In tale prospettiva, come notò Benedetto XVI nel suo discorso del 2012 all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, la struttura sanitaria diventa “luogo in cui la relazione di cura non è mestiere ma missione”.

    L’auspicio finale del Papa ai medici è stato quello di ricordare “a tutti, con i fatti e con le parole”, che la vita “è sempre, in tutte le sue fasi e ad ogni età, sacra ed è sempre di qualità”. E non per un “discorso di fede - no, no - ma di ragione, per un discorso di scienza”:

    “Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non esiste una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra. La credibilità di un sistema sanitario non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita è sempre sacra e inviolabile”.

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    Il Papa: no all’idolatria del denaro, non si può andare a Messa e poi farsi i propri affari

    ◊   Il denaro ammala il pensiero e la fede e ci fa andare per un’altra strada. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha quindi sottolineato che, dall’idolatria del denaro, nascono mali come la vanità e l’orgoglio che ci rendono “maniaci di questioni oziose”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Non si può servire Dio e il denaro”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo dalle parole di San Paolo sul rapporto “fra la strada di Gesù Cristo e il denaro”. C’è qualcosa “nell’atteggiamento di amore verso il denaro – ha osservato – che ci allontana da Dio”. Ci sono “tante malattie, tanti peccati, ma Gesù – ha detto – su questo sottolinea tanto”: “l’avidità del denaro, infatti, è la radice di tutti i mali”. Presi da “questo desiderio”, ha constatato il Papa, “alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti”. E con amarezza ha aggiunto: “E’ tanto il potere del denaro, che ti fa deviare dalla fede, pure”, addirittura “ti toglie la fede: la indebolisce e tu la perdi!”:

    “Ma il denaro anche ammala il pensiero, anche ammala la fede e la fa andare per un’altra strada. Queste parole oziose, discussioni inutili… E va più avanti… Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la religione come fonte di guadagno. ‘Io sono cattolico, io vado a Messa, perché quello mi dà un certo status. Sono guardato bene… Ma sotto faccio i miei affari, no? Sono un cultore del denaro’. E qui dice una parola, che la troviamo tanto, tanto frequentemente sui giornali: ‘Uomini corrotti nella mente’. Il denaro corrompe! Non c’è via di uscita”.

    Se scegli “la via del denaro”, ha aggiunto, “alla fine sarai un corrotto”. Il denaro, ha detto ancora, “ha questa seduzione di farti scivolare lentamente nella tua perdizione”. Ecco perché, ha avvertito, “Gesù è tanto forte” su questo argomento:

    “‘Non puoi servire Dio e il denaro’. Non si può: o l’uno o l’altro! E questo non è comunismo, eh! Questo è Vangelo puro! Queste sono le parole di Gesù! Cosa succede col denaro? Il denaro ti offre un certo benessere all’inizio. Ma. va bene... Poi ti senti un po’ importante e viene la vanità. Lo abbiamo letto nel Salmo che viene questa vanità. Questa vanità che non serve, ma tu ti senti una persona importante: quella è la vanità. E dalla vanità alla superbia, all’orgoglio. Sono tre scalini: la ricchezza, la vanità e l’orgoglio”.

    “Nessuno – ha detto ancora – può salvarsi col denaro!”. Tuttavia, ha osservato, “il diavolo prende sempre questa strada di tentazioni: la ricchezza, per sentirti sufficiente; la vanità, per sentirti importante; e, alla fine, l’orgoglio, la superbia: è proprio il suo linguaggio la superbia”:

    “‘Ma, Padre, io leggo i Dieci Comandamenti e nessuno parla male del denaro. Contro che Comandamento si pecca quando uno fa un’azione per il denaro’”. 'Contro il primo! Pecchi di idolatria! Ecco il perché: perché il denaro diventa idolo e tu dai culto!' E per questo Gesù ci dice: 'Non puoi servire all’idolo denaro e al Dio Vivente: o uno o l’altro'. I primi Padri della Chiesa - parlo del secolo III, più o meno anno 200, anno 300 - dicevano una parola forte: ‘Il denaro è lo sterco del diavolo’. E così, perché ci fa idolatri e ammala la nostra mente con l’orgoglio e ci fa maniaci di questioni oziose e ci allontana dalla fede, corrompe’”.

    San Paolo, ha detto il Papa, ci dice di evitare queste cose, ma di tendere “alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità”. E anche alla pazienza, “contro la vanità e l’orgoglio” e “alla mitezza”. Questa, ha affermato Papa Francesco, è “la strada di Dio, non quella del potere idolatrico che può darti il denaro”. E’ l’umiltà “la strada per servire Dio”. “Che il Signore – ha concluso – aiuti tutti noi a non cadere nella trappola dell’idolatria del denaro”.

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    La Chiesa curi le ferite e riscaldi il cuore dei fedeli: così il Papa alla Civiltà Cattolica

    ◊   "La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: 'Gesù Cristo ti ha salvato!'”. E’ questo uno dei passaggi della lunga intervista a Papa Francesco, pubblicata da La Civiltà Cattolica e contemporaneamente da altre 16 riviste della Compagnia di Gesù in tutto il mondo. Nel lungo colloquio di circa 30 pagine, curato dal direttore padre Antonio Spadaro, Papa Francesco traccia un identikit di se stesso, spiega quale la sua idea della Compagnia di Gesù, analizza il ruolo della Chiesa oggi, indica le priorità dell’azione pastorale e affronta le domande sull’annuncio del Vangelo. Sentiamo una sintesi nel servizio di Debora Donnini:

    Un peccatore che il Signore ha guardato: così si definisce Papa Francesco nella lunga intervista rilasciata alla rivista La Civiltà Cattolica nel suo studio privato a Casa Santa Marta durante tre appuntamenti il 19, il 23 e il 29 agosto. Trenta pagine per raccontare la sua storia di gesuita così come il suo pensiero sulla missione della Chiesa. "La capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità...E bisogna cominciare dal basso”: di questo la Chiesa ha più bisogno oggi per Papa Francesco. "Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E' inutile - dice - chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto". "La Chiesa - prosegue - a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: 'Gesù Cristo ti ha salvato!'. Quindi “i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia" e "le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo” perché “la prima riforma deve essere quella dell'atteggiamento”. Per Papa Francesco, infatti, “i ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio – dice - vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato".

    Sulla pastorale missionaria, il Papa spiega che non deve essere “ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza”. L’annuncio missionario si concentra “sull’essenziale” che è anche ciò che attira di più, “ciò che fa ardere il cuore”. Bisogna quindi “trovare un nuovo equilibrio” altrimenti, nota, “anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte”, di perdere “il profumo del Vangelo”. La proposta evangelica deve quindi essere “più semplice” ed “è da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali”.

    Nell’intervista Papa Francesco rilegge poi la sua storia da gesuita, anche riguardo ad alcuni momenti difficili: "il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni - afferma - mi ha portato ad avere seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore". Un'esperienza difficile che oggi mette a frutto: ricordando il suo ministero episcopale in Argentina, dice di aver capito quanto sia importante "la consultazione". "I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione”, ma devono essere “meno rigidi nella forma”. “Voglio - dice - consultazioni reali, non formali". Il Papa parla poi della sua formazione da gesuita, del discernimento e delle riforme. C’è sempre bisogno “di tempo per porre le basi di un cambiamento vero”. “E questo è il tempo del discernimento”, afferma, anche se “a volte il discernimento invece sprona a fare subito quel che invece inizialmente si pensa di far dopo. Ed è ciò che è accaduto anche a me in questi mesi". Nel lungo colloquio con il direttore della Civiltà cattolica, padre Antonio Spadaro, si fa anche riferimento alla Compagnia di Gesù che per Papa Francesco “è in se stessa decentrata”: il suo centro è Cristo e la Chiesa, due punti di riferimento fondamentali per poter vivere “in periferia”, mentre se mette se stessa al centro “come struttura ben solida”, “corre il pericolo di sentirsi sicura e sufficiente”.

    L’immagine della Chiesa richiamata nell’intervista è quella espressa dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium “del santo popolo fedele di Dio” e “sentire con la Chiesa” per Papa Francesco è “essere in questo popolo”. Una Chiesa che non vuole sia ridotta a contenere “solo un gruppetto di persone selezionate” ma deve essere una “Chiesa Madre e Pastora”. “La Chiesa è feconda, deve esserlo”, dice il Papa raccontando che quando si accorge di “comportamenti negativi di ministri della Chiesa” o consacrate, la prima cosa che gli viene in mente è: “’ecco uno scapolone’ o ‘ecco una zitella’”. “Non sono né padri, né madri, dice. Non sono stati capaci di dare vita”.

    Tra le altre domande il direttore di Civiltà Cattolica torna anche su questioni complesse come divorziati risposati, persone omosessuali e chiede quale pastorale fare in questi casi. "Bisogna - dice il Papa - sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell'uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia".

    Non si dimentica il tema della donna e Papa Francesco evidenzia che “la sfida” è quella di “riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa”. Alla fine la conversazione giunge ad un aspetto che sta molto a cuore a Papa Francesco e cioè che “Dio lo si incontra camminando”. “Dio è sempre una sorpresa – dice – e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui”. Per il Pontefice bisogna dunque “discernere l’incontro”: se il cristiano “vuole tutto chiaro e sicuro”, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono portare ad "aprire nuovi spazi a Dio". Con una visione statica ed involutiva, se si cercano sempre “soluzioni disciplinari” o il passato perduto, “la fede diventa una ideologia fra le tante”. “Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona", dice Papa Francesco sottolineando che “anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere”. Quindi il suo incoraggiamento: “Bisogna fidarsi di Dio”.

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    Padre Spadaro: esperienza spirituale più che intervista, cancella gli stereotipi sul Papa

    ◊   Come è nata l’idea di questa intervista al Papa da parte di Civiltà Cattolica. Fabio Colagrande lo ha chiesto al direttore, padre Antonio Spadaro:

    R. - L’idea è nata parlando con gli altri direttori delle riveste gesuite d’Europa e del continente americano. Parlando insieme, abbiamo espresso il desiderio - nel giugno scorso - di poter intervistare il Papa, rivolgere a lui alcune domande importanti sulla sua vita spirituale, sulla vita da gesuita, cosa significhi essere Papa per un gesuita e, d’altra parte, anche quali sono le prospettive sulla Chiesa… Capire, insomma, un po’ chi è Jorge Mario Bergoglio, chi è questo Papa e capire qual è la sua visione della realtà. Quindi abbiamo deciso insieme di chiedere al Papa questa intervista: lo ho fatto nell’incontro che ho avuto, un incontro previo, con il Papa prima dell’udienza a Civiltà Cattolica, lo scorso 14 giugno. E il Papa, dopo qualche esitazione ha accettato. Ecco, da quel momento abbiamo riflettuto su come fare e alla fine abbiamo deciso di incontrarci.

    D. - Sono stati tre gli appuntamenti durante i quali lei ha, in qualche modo, raccolto questa intervista. Qual è stato l’atteggiamento del Santo Padre durante questo lungo colloquio?

    R. - Posso dire che è stata una vera e propria esperienza spirituale stare con lui. Parlare con Papa Francesco significa stare accanto ad un vulcano, un vulcano di idee, di visione. Quindi anche un’esperienza umana molto forte. Non è stata una tradizionale intervista fatta di domande e di risposte. E’ stata una vera e propria conversazione a tutto campo, una conversazione che abbiamo poi ricostruito - il Papa ha letto il testo ovviamente prima della sua pubblicazione - e dove è apparsa una figura che - come dire - cancella gli stereotipi, capace soprattutto di offrire un modello di Chiesa: questa immagine dell’ospedale da campo, ad esempio, che lui nell’intervista offre per me è splendida... Ecco, un’immagine di Chiesa, una visione della realtà, un modo di annunciare il Vangelo. Tutto questo - direi - alla luce della sua esperienza personale che emerge con grande forza, con grande incisività nelle parole che afferma. Normalmente il Papa fa degli esempi concreti, anche tratti dalla sua esperienza personale.

    D. - Colpisce che nella prima parte di questo lungo colloquio, Papa Francesco si definisca “un peccatore al quale il Signore ha guardato”…

    R. - Sì. Direi che la prima domanda, appunto, che ho posto al Papa è: “Chi è Jorge Mario Bergolio?”. Devo dire una domanda che non avevo previsto, ma che mi è venuta in mente lì. sul momento… Anche il Papa, devo dire, è rimasto un po’ perplesso a pensare su chi egli fosse. Ma la prima risposta che gli è venuta è proprio questa: “Sono un peccatore”. Poi ha voluto continuare a riflettere su questo, trovando quella splendida immagine della vocazione di San Matteo di Caravaggio.

    D. - Rispondendo sul tema delle tanto dibattute riforme, Papa Beroglio - nell’intervista a Civiltà Cattolica - sottolinea l’importanza del discernimento, prima di giungere ad una riforma…

    R. - Sì. Il discernimento è ciò che caratterizza la spiritualità ignaziana e quindi si comprende, leggendo l’intervista, anche lo stile di governo che il Papa ha e ha avuto anche nel passato come arcivescovo cardinale di Buenos Aires. E’ un atteggiamento che si fonda sul discernimento spirituale. Quindi il Papa non è una persona decisionista, nel senso che è appassionato delle decisioni; lui è appassionato del Signore, vuole seguire il Signore e lo segue riconoscendolo in ciò che accade e nella preghiera, nella vita di preghiera di cui si parla nell’intervista. Il discernimento è cercare e trovare Dio in tutte le cose, in tutti gli eventi e quindi un’altra grande impressione che ho avuto dopo questo colloquio è che il Papa non vive in una bolla, ma è perfettamente consapevole di quello che si vive attorno a lui e nel mondo.

    D. - Il primo Papa gesuita della storia dà anche la sua definizione della Compagnia di Gesù: la Compagnia è in se stessa decentrata. Il gesuita è un decentrato. E’ d’accordo con questa definizione come gesuita, padre Antonio?

    R. - La definizione è splendida! Addirittura il Papa dice che il gesuita è un uomo dal pensiero incompleto, nel senso che punta sempre a un di più, a un comprendere meglio. Da qui si comprende anche la vita mistica dalla quale il Papa è affascinato. In fono in questa intervista dice chiaramente chi è per lui Sant’Ignazio: non è un asceta, ma un mistico, un uomo che vive il suo rapporto con Dio.

    D. - Il Papa sottolinea anche la sua idea di Chiesa: “La Chiesa - dice - è feconda e deve esserlo”. E - come ricordava lei, padre Spadaro - sottolinea: “Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia”…

    R. - Questa è un’immagine straordinaria, che penso sia proprio il cuore dell’intervista. Qui il Papa propone la sua visione della Chiesa, che vive in mezzo alle frontiere, che quindi è completamente sbilanciata - come dice, appunto, il Papa - in quelle che sono le situazioni di maggiore urgenza; che è accanto all’uomo; che cammina accanto all’uomo ferito.
    In fondo, il Papa dice: “Il rapporto con Dio si costruisce dal luogo in cui si abita, dal luogo in cui si è”. Non dobbiamo immaginare un rapporto con Dio che nasce dal luogo in cui bisognerebbe essere. E, a volte, l’uomo è ferito: “Non bisogna perder tempo a - come dice lui - misurare il colesterolo, quando c’è una persona che sta morendo”. Quindi tutta l’attenzione del Papa, in questo caso, è alle persone che più hanno bisogno del rapporto con Dio e che magari sono più ferite.

    D. - E, infatti, proprio su questioni complesse - come quella dei divorziati risposati, come quella delle persone omosessuali - il Papa - nella vostra intervista - sottolinea l’importanza di “accompagnare con misericordia”. E ancora dice, parlando in qualche modo della nuova evangelizzazione, “l’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale”…

    R. - Sì, il Papa è affascinato dal mistero dell’uomo ed è affascinato dal modo in cui il Signore parla ad ogni singola persona, come dicevo, a partire dal punto di "vita" - direi quasi - in cui si trova. Quindi, questa dimensione di misericordia, che è presente anche nel suo motto episcopale in maniera molto chiara e che nell’intervista ha riconfermato, rivela il volto di Dio. Quindi nessuno è escluso dalla grazia di Dio. Nessuno è lontano: per quanto si possa sentire lontano, non lo è mai perché il Signore ci cerca prima ancora che noi lo cerchiamo.

    D. - C’è, infine, un passaggio dell’intervista di Civiltà Cattolica al Papa che riprende un tema già toccato dal Pontefice nella sua ormai nota lettera ad Eugenio Scalfari, laddove scriveva che “la verità è innanzitutto relazione. Non è assoluta”. Il Papa vi ha detto: “Dio lo si incontra camminando, nel cammino”… Chiudiamo con questo concetto molto profondo, sottolineato dal Papa sulle pagine di Civiltà Cattolica.

    R. - Sì, la verità è Cristo, la verità è una persona. Quindi non esiste una verità assoluta, nel senso della verità sciolta, che va quindi al di là di ogni legame. La verità è sempre relativa a un contesto, a una persona, perché è Cristo che si relaziona con ogni singola persona. Interpretare queste parole come un inno al relativismo, è perdere completamente la dimensione corretta di lettura delle parole del Papa. In fondo il Papa qui sta dicendo che se non c’è un rapporto vero tra me e Dio, non ci può essere una norma o un concetto astratto che può farmi vivere una vita di fede. Allora la verità si incarna in un contesto personale e tocca il cuore di ciascuno, inteso come il suo centro vitale, la sua vitalità.

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    I risvolti etici e sociali della crisi economica al centro dell'incontro tra il Papa e il presidente ungherese

    ◊   Stamani Papa Francesco ha ricevuto, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il presidente ungherese János Áder, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei colloqui, svoltisi in un clima di cordialità – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - dopo aver evocato la lunga tradizione cristiana dell’Ungheria, è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni bilaterali e per la proficua collaborazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato, sancita anche dagli Accordi vigenti. Ci si è poi soffermati sulla situazione internazionale, particolarmente sulle persistenti conseguenze in Europa della crisi economica internazionale, come pure sulla necessità di affrontarne gli aspetti etici e sociali. In tale contesto è stato illustrato l’impegno del Governo ungherese in favore della vita e della famiglia. Infine, sono state trattate questioni di comune interesse come la salvaguardia del creato, l’impegno per la pace e per la libertà religiosa, con particolare attenzione alla situazione in Siria e ai problemi dei Cristiani nel Medio Oriente, ribadendo l’auspicio che si persegua con decisione la via del dialogo e del negoziato per porre una rapida fine al conflitto”.

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    Il Papa riceve il presidente dell'Honduras: continuare impegno per la riconciliazione nel Paese

    ◊   Dopo l’udienza al capo di Stato ungherese, il Papa ha ricevuto il presidente della Repubblica di Honduras, Porfirio Lobo Sosa, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - è stato espresso compiacimento per le buone relazioni tra Honduras e Santa Sede e per il dono di una statua di Nuestra Señora de Suyapa, Patrona della Nazione, offerta al Pontefice dal Capo dello Stato, che è stata collocata nei Giardini vaticani. Ci si è poi soffermati sul prezioso contributo che la Chiesa dà al Paese, specialmente in campo educativo e sanitario, come pure nei settori della carità e del contrasto alla povertà ed alla criminalità organizzata. Nel prosieguo della conversazione si sono toccati alcuni temi etici quali la difesa della vita umana e della famiglia. È stata inoltre rilevata l’importanza di continuare l’impegno per favorire nel Paese la riconciliazione ed il bene comune”.

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    Tweet del Papa: "Cristo è sempre fedele. Preghiamo di essere anche noi sempre fedeli a Lui”

    ◊   Papa Francesco ha lanciato oggi un nuovo tweet: “Cristo è sempre fedele. – scrive - Preghiamo di essere anche noi sempre fedeli a Lui”.

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    Il card. Coccopalmerio: rendere ragione dei valori della famiglia ai non credenti

    ◊   “Siamo in una fase in cui è necessario saper portare i contenuti della famiglia ai credenti e non credenti”. Così, in sintesi, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, in Sala Stampa Vaticana parlando del Convegno Internazionale “I Diritti della Famiglia e le sfide del mondo contemporaneo”. All’incontro con i giornalisti era presente anche mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il quale ha ribadito la necessità di difendere la famiglia "dagli attacchi violentissimi a cui è sottoposta". Il convegno è stato organizzato dal dicastero della Famiglia, assieme all’Associazione dei Giuristi Cattolici Italiani. Massimiliano Menichetti:

    Tre giorni di incontri, nel XXX anniversario della “Carta dei Diritti della Famiglia”, per fare il punto della situazione, rilanciare il documento che nel 1983 concepì, affianco alla dottrina, un impianto organico dei diritti della famiglia vista come soggetto giuridico autonomo. Circa 200 i giuristi, provenienti di vari Paesi del mondo, stanno riflettendo sui cambiamenti, le tante difficoltà, aggressioni e destrutturazioni a cui la famiglia è sottoposta, ma anche sul ruolo centrale e imprescindibile che essa ha. A sottolineare i cambiamenti di contesto, dalla redazione del documento, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi:

    “Una volta il messaggio della dottrina cristiana lo si riteneva vero, ma difficile da accettarsi dal punto di vista pratico; oggi lo si ritiene non vero! Quindi siamo in una fase, in una cultura di confusione teoretica. Che cos’è il matrimonio? Che cos’è la famiglia? Che cos’è la filiazione? Una volta tutto questo era un edificio, composto di tante pietre. La cultura odierna ha fatto sì che siano pietre scomposte”.

    Poi il porporato ha focalizzato la sfida attuale:

    “Non dobbiamo presupporre la fede e abbiamo davanti il legislatore, non confessionale. Allora a questi interlocutori noi dobbiamo proporre la fede cristiana nel matrimonio e nella famiglia, ma soprattutto dobbiamo proporre loro, dialogando con loro, i valori antropologici che sono contenuti nella dottrina cristiana”.

    Mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, citando più volte la Carta del 1983 ne ha ribadito l’originalità e l’attualità:

    “Che la famiglia abbia diritto ad evitare l’invasione drammatica per esempio dei social network nei confronti dei bambini, era un diritto che 30 anni fa c’era scritto. Poi un’adeguata politica familiare nell’ambito giuridico, economico, sociale e fiscale; l’aiuto quando c’è la disoccupazione, quando ci sono gli incidenti, la malattia, l’invalidità; il diritto delle famiglie dei migranti ad avere le stesse protezioni e gli stessi diritti di tutte le famiglie del mondo!”.

    Auspicata anche la nascita di una Carta internazionale dei diritti della famiglia, come nel desiderio di Giovani Paolo II. “La famiglia è una realtà in più del 95 % dei popoli - ha detto mons. Paglia – ma di questo non se ne parla mai”:

    “Eppure sono quelle che tengono in vita, spesso, nei momenti di crisi, anche i nostri Paesi”.

    E’ necessario abbattere l’egoismo ha aggiunto mons. Paglia a tutto vantaggio di un “Noi” capace di costruire:

    “C’è bisogno, a mio avviso, di ridare forza a quel 'noi' che nella famiglia trova il suo primo coagulo. Se questo si allenta e cresce solamente l’individuo, si riverbera su tutta la scala della società. Allora si vede che nelle città si sgretola il senso comune; all’interno delle nazioni, i gruppi più ricchi pretendono un distacco dalle regioni più deboli; a livello continentale, se c’è un problema in un Paese, gli altri culturalmente si ritengono giustificati per la distanza; L’Europa che si distacca dall’Africa non solo non è un problema, ma viene addirittura sollecitato. E così via”.

    Serve maggiore audacia ha ribadito il Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che citando Benedetto XVI ha sottolineato come la famiglia sia un “patrimonio dell’umanità” che deve essere riportata anche nel cuore della riflessione giuridica; così come indicato da Papa Francesco che “fa della famiglia uno dei cardini della sua missione apostolica”.

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    La visita del Papa a Cagliari: interviste con don Marco Lai e padre Maurizio Teani

    ◊   Fervono i preparativi a Cagliari per la visita pastorale che Papa Francesco compirà domenica prossima, la seconda in Italia dopo Lampedusa. Una giornata ricca di appuntamenti che inizierà con l’incontro con il mondo del lavoro e quindi con le difficoltà economiche che sta vivendo la Sardegna. Ascoltiamo in proposito don Marco Lai direttore della Caritas di Cagliari, al microfono della nostra inviata, Antonella Palermo:

    R. - Noi come Sardegna viviamo “l’insularità” e viviamo anche gravi problemi di carattere economico; la povertà incombe ed invade anche le famiglie. Queste assonanze con fiducia ci permettono di accogliere il Santo Padre, sicuri di essere da lui ascoltati e di essere capiti. Siamo anche certi che le parole che ci rivolgerà ci aiuteranno a ripensare un po’ a noi stessi e sicuramente anche al nostro modo di essere Chiesa, al nostro modo di pensare Dio. Ascolterà le voci che vengono dal disagio del mondo del lavoro, dei cassintegrati, la difficoltà delle Partite Ive; quindi dei pastori, delle ditte individuali… Qui in Sardegna l’impresa si basa al 93% sullo sviluppo a livello individuale e familiare. Il Papa ascolterà quindi tutti questi disagi.

    D. - Perché è importante che il Papa incontri i poveri?

    R. - Non perché dobbiamo quasi stigmatizzare una categoria, bensì perché si incontra veramente una comunità partendo dagli ultimi. Papa Francesco non escluderà nessuno ma ci aprirà al mondo, perché sicuramente quando oggi si parla di povertà non si può ragionare in maniera chiusa per venirne fuori.

    D. - A questo proposito, proprio dalla Caritas Sarda arriva un’iniziativa per non dimenticare gli ultimi di Buenos Aires…

    R. - Certamente. I nostri vescovi hanno lanciato due iniziative. La prima sarà realizzata a Buenos Aires: una casa di accoglienza per i disabili di strada; questa iniziativa la collochiamo nell’accordo di collaborazione, di amicizia che esiste tra la regione Sardegna e lo Stato di Buenos Aires. In un certo senso, viene data in tal modo continuità a questo “ponte”, legato alla presenza di immigrati sardi a Buenos Aires - oltre i 15 mila - nei sette circoli di sardi che si trovano proprio in Argentina. Per quanto riguarda l’altra iniziativa, dedicheremo a Papa Francesco un centro di accoglienza per i poveri di Cagliari, che stiamo già predisponendo con grandi sacrifici.

    Nel pomeriggio di domenica il Papa incontrerà il mondo della cultura nell’Aula Magna della Pontificia Facoltà teologica della Sardegna. Antonella Palermo ha intervistato il preside, il padre gesuita Maurizio Teani, chiedendogli innanzitutto in quali direzioni si stia muovendo l’istituto:

    R. - La nostra Facoltà teologica, insieme agli istituti superiori di scienze religiose ad essa collegati, cerca di muoversi in due direzioni: da una parte favorire la formazione seria a livello teologico, a livello di approfondimento della fede non soltanto di coloro che si preparano al sacerdozio ma anche di tutta la comunità ecclesiale sarda; e favorire un confronto con la cultura laica in modo tale da poter testimoniare la fecondità dell’Evangelo anche al di fuori della comunità ecclesiale. La facoltà teologica è stata fondata nel 1927 e da subito è stata affidata alla compagnia di Gesù. Dopo il Concilio, nel ’71, con l’arrivo della facoltà a Cagliari l’alta direzione è passata sotto la responsabilità della Conferenza episcopale sarda; mentre alla Compagnia è stata affidata la direzione accademica. Alcuni anni fa abbiamo addirittura ricordato i 450 anni della presenza della Compagnia in Sardegna.

    D. - Vogliamo tentare un bilancio?

    R. - La facoltà ha operato molto nel campo della cultura ma non solo della cultura “alta”- l’università di Sassari è stata fondata proprio dai gesuiti - ma anche nel campo della formazione della gente “semplice”. Ci sono diversi collegi che sono stati fondati dalla Compagnia in varie parti dell’isola, poi anche tutte le missioni popolari che svolgevano i padri soprattutto in passato che avevano proprio lo scopo di trasmettere esperienza cristiana, la formazione cristiana anche a gente che aveva meno strumenti a livello culturale, intellettuale.

    D. - A proposito di dialogo con la cultura laica: nella lettera ad Eugenio Scalfari, il Papa ha scritto che la verità è una “relazione”…

    R. - … se una persona ascolta la coscienza - come ha ricordato il Papa - e cerca, è disponibile ad un confronto; ed insieme a questa persona si può percorrere un pezzo di strada, cercando insieme naturalmente quello che aiuta la concordia e la fraternità. Quello che possiamo riconoscere attraverso diversi segnali è questo atteggiamento di umile consapevolezza che il Papa trasmette: Cristo non è estraneo alla libertà dell’uomo e alla sua verità. Questo colpisce, interroga ed apre spazi di confronto: la gente invece di sentirsi giudicata, o di pensare che la controparte abbia già tutte le risposte ai problemi, avverte invece un desiderio di capire e di ascoltare.

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    Mons. Tomasi all’Onu: il mondo non dovrebbe permettere la piaga dei bambini soldato

    ◊   “I bambini soldato continuano a costituire una sfida per la comunità internazionale, che ancora sta lottando per proteggerli dall’impatto della violenza”. E’ quanto affermato da mons. Silvano Maria Tomasi nel suo intervento all’Onu di Ginevra. Il presule ha sottolineato, con amarezza, che ancora oggi almeno 250 mila bambini combattono in tutto il mondo. Il diritto internazionale, ha poi aggiunto, “offre una protezione particolare ai bambini, ma il divario tra legislazione e attuazione continua ad essere molto grande”. Del resto, ha detto l’Osservatore vaticano presso l’Onu di Ginevra, il “legame che esiste tra povertà estrema e privazioni sociali favorisce i conflitti e l’arruolamento” dei bambini nei gruppi armati. Pertanto, ha aggiunto, “per creare un ambiente protettivo per i bambini sono necessari uno sviluppo economico e sociale, e soprattutto, l’accesso all’educazione”. La comunità internazionale, è stato il suo monito, “non dovrebbe permettere che le capacità e le energie dei bambini e dei giovani si disperdano nella ricerca di obbiettivi distruttivi”. Dovrebbe invece assistere queste energie per convogliarle “verso il bene comune e la costruzione di una cultura della pace, del dialogo e della solidarietà”. Mons. Tomasi ha infine ribadito l’impegno della Chiesa cattolica per sostenere i bambini sopravvissuti a tale violenze. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Rinunce e nomine episcopali di Papa Francesco

    ◊   Negli Usa, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Saint Cloud, presentata da S.E. Mons. John Francis Kinney, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Vescovo di Saint Cloud mons. Donald J. Kettler, finora Vescovo della diocesi di Fairbanks.

    Sempre negli Usa, il Papa ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Fairbanks mons. Roger Lawrence Schwietz, O.M.I., Arcivescovo di Anchorage.

    Nella Papua Nuova Guinea, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Wewak, presentata da S.E. Mons. AnthonyJoseph Burgess, per sopraggiunti limiti d’età, e ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Wewak S.E. Mons. Stephen Joseph Reichert, O.F.M. Cap., Arcivescovo di Madang.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il cuore del Papa: in prima pagina, un editoriale del direttore sull'intervista concessa dal Pontefice a "Civiltà Cattolica". In cultura, un commento del vice direttore dal titolo "Dalle parole alla Parola".

    Ai medici cattolici Papa Francesco ricorda che il fine del loro agire professionale è essere servitori della vita.

    Passi concreti contro le schiavitù moderne: intervento della Santa Sede a Ginevra.

    Domani la Chiesa celebra la memoria di san Matteo: Antonio Paolucci sulla "Chiamata di Matteo" dipinta da Caravaggio per la chiesa di San Luigi dei Francesi, e Inos Biffi sull'evangelista nella poesia di Paul Claudel.

    Miserando atque eligendo: l'omelia di Beda e il motto del Papa.

    Se sparisce la coscienza: Ferdinando Cancelli sul nuovo Codice di deontologia medica in Italia.

    Il monsignore che scoprì l'enzima: Giulio Madeddu ricorda Ottorino Pietro Alberti, il vescovo di Cagliari che nella storia amava la Chiesa.

    I missionari di Gregorio Magno: Fabrizio Bisconti sull'origine e la diffusione del cristianesimo in Sardegna.

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    Oggi in Primo Piano



    Possibile mdiazione iraniana per risolvere la crisi siriana

    ◊   Il presidente iraniano Rohani si è detto pronto a facilitare il dialogo tra il regime di Assad e l’opposizione per mettere fine al conflitto siriano. Un’apertura importante per la crisi nel Paese mediorientale, ma anche per la stessa Repubblica Islamica, che punta sul dialogo e sulla rottura dell'isolamento internazionale. Salvatore Sabatino ne ha parlato con il giornalista iraniano Ahmad Rafat:

    R. - La Repubblica Islamica ha adottato, dopo le ultime elezioni presidenziali, una linea diversa da quella precedente, che è quella della ricerca del dialogo sia a livello regionale che a livello internazionale. Per quanto riguarda la Siria, la mediazione iraniana è importante ma l’opposizione al regime di Assad attende prima di ogni altra decisione iraniana quella del ritiro dei consiglieri militari iraniani che stanno in Siria e del ritiro dei reparti di Hezbollah che combattono al fianco dei militari fedeli a Bashar al-Assad.

    D. - Quindi situazione in divenire, però certamente l’Iran finora è stato messo a margine nei summit internazionali per via del suo controverso programma nucleare. Quanto influirà l’apertura di Rohani sugli equilibri internazionali e regionali?

    R. - Il tentativo del presidente Rohani è quello di cambiare l’atteggiamento del mondo nei confronti dell’Iran, modificando sia in forma che in sostanza la politica che l’Iran ha avuto sul nucleare e, più in generale nella regione, a livello internazionale, nei rapporti con gli altri Paesi. Un compito difficile per Rohani, perché deve combattere sia sul fronte interno a chi si oppone a questa apertura, sia sul fronte internazionale per conquistare la fiducia dei capi di Stato con i quali si incontrerà probabilmente nei prossimi giorni a New York, a margine del Vertice dell’Onu.

    D. - La rottura dell’isolamento voluta da Rohani si può spingere fino ad una ripresa dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, interrotti ormai dal 1979?

    R. - Questo è l’obiettivo primario dell’Iran. Se l’Iran farà passi indietro sulla questione nucleare, i principali obiettivi saranno due: ridurre le sanzioni e ristabilire rapporti con gli Stati Uniti, che è una priorità in questo momento per il governo Rohani.

    D. - Tutto questo stia scuotendo gli equilibri interni al Paese?

    R. - Gli equilibri interni del Paese si stanno modificando. Lo stesso Khamenei, leader indiscusso del Paese, nei giorni scorsi ha detto che a lui piace una certa flessibilità nel trattare con i nemici e con il mondo. Il che significa che Rohani ha ottenuto non proprio carta bianca, ma almeno una “carta grigia”, che gli permette di prendere delle decisioni. Dopo di che lo stesso Rohani ha detto che sulla questione nucleare e sui rapporti con gli Stati Uniti, ha pieni poteri. Cosa, questa, molto nuova per quanto riguarda il ruolo dei presidenti in Iran.

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    Ennesimo assalto di migranti alla frontiera di Ceuta. Msf: subiscono violenze di ogni tipo

    ◊   Ennesimo assalto ieri da parte di circa 200 migranti che hanno cercato di oltrepassare la barriera che segna il confine tra il Marocco e l’enclave di Melilla, città autonoma spagnola che, con quella di Ceuta, rappresenta il baluardo tra Africa e Europa. Anche nei giorni scorsi si erano registrati tentativi da parte degli immigrati giunti clandestinamente in Marocco di oltrepassare la frontiera. Secondo fonti del governo di Madrid, circa 600 migranti di origini subsahariane si ammassano lungo la linea frontaliera, in attesa di entrare clandestinamente nelle enclave iberiche in Nord Africa. Francesca Sabatinelli ha intervistato Enrica Picco, responsabile affari umanitari di Medici Senza Frontiere Spagna:

    R. - Negli ultimi dieci anni le politiche dell’Unione Europea sul controllo della migrazione si sono rafforzate molto. E questo ha fatto diventare il Marocco un Paese non solo di transito, ma di destinazione per i migranti. Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento delle persone che, arrivando in Marocco e non potendo poi passare in un modo o nell’altro la frontiera, si trovano bloccati in quel Paese. Inoltre, i controlli di polizia sulla frontiera, sia da parte delle autorità spagnole delle enclave di Ceuta e Melilla, sia da parte delle autorità marocchine, sono sempre più stretti. Queste persone cercano quindi di superare questi controlli in ogni modo e con ogni mezzo. I tentativi di massa come quelli che abbiamo visto negli ultimi giorni sono un’eccezione, ma purtroppo questa è una realtà che i nostri team sul terreno testimoniano di continuo.

    D. - Queste persone di cui parliamo da dove arrivano? Sono migranti di tipo economico, fuggono dalle guerre?

    R. - Per la maggior parte provengono dall’Africa Sub sahariana e sono uomini, le donne e i bambini sono una minoranza. La maggioranza di questi migranti ha deciso di lasciare il proprio Paese per ragioni economiche, per cercare un futuro migliore in Europa o in altre parti del mondo. Soltanto un terzo della popolazione ha lasciato il proprio Paese per ragioni legate a conflitti o per cercare asilo politico da un’altra parte. Le leggi marocchine ritengono le persone entrate illegalmente nel Paese come criminali. Quindi, pur se sul piano giuridico potrebbero accedere a cure mediche o a sostegni, non lo fanno proprio per la paura di essere poi arrestati.

    D. - Negli anni "Medici Senza Frontiere" ha redatto diversi rapporti sulla condizione degli immigrati clandestini in Marocco. E ha testimoniato anche che spesso queste persone sono vittime di ripetuti episodi di violazione dei diritti umani ...

    R. – Assolutamente! Anche nell’ultimo rapporto che abbiamo pubblicato a marzo del 2013, è stato evidenziato come una larga maggioranza di migranti che riceviamo nelle nostre strutture hanno subito ripetute violenze, sia lungo il cammino che li ha portati in Marocco, sia in Marocco stesso. E queste violenze provengono, in primo luogo, dalle forze di sicurezza, perché il controllo a livello di polizia è divenuto molto più severo negli ultimi anni, sia alla frontiera con l’Algeria, - che rappresenta il punto di ingresso di immigrati in Marocco - sia alla frontiera tra Spagna e Marocco. Qui i controlli delle forze di sicurezza sono stati spesso molto violenti, e hanno portato spesso alla violazione dei diritti umani dei migranti con violenze, raid ed espulsioni ripetuti, anche di minori o donne incinte, assolutamente vietate dalle convenzioni che il Marocco stesso ha sottoscritto. Poi c’è un altro tipo di violenza: quella delle bande criminali di contrabbando, dei gruppi di trafficking, che hanno un peso notevole nelle sofferenze dei migranti in Marocco e che, purtroppo, per ora non sono ancora stati contrastati adeguatamente, né dal governo del Marocco, né dai vari governi dell’Unione Europea che comunque si ritrovano poi a pagare le conseguenze delle azioni di queste bande criminali.

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    Legge sull’omofobia. Belletti (Forum famiglie): resta rischio del reato d’opinione

    ◊   Primo via libera alla legge sull'omofobia alla Camera dei deputati. Ieri, l’Aula di Motecitorio ha approvato il testo investito da molte critiche e sul quale la maggioranza di governo si è di nuovo spaccata. Pd e Scelta Civica hanno votano sì all’aggravante di omofobia inserita nella Legge Mancino, contrario il Pdl. Una misura attenuata dal cosiddetto emendamento "salva associazioni" che garantisce il pluralismo delle idee alle organizzazioni politiche e religiose. Per un commento, Marco Guerra ha intervistato Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari:

    R. - Restiamo dell’idea che l’impianto originario della legge sia comunque molto ideologico. Riteniamo il lavoro parlamentare ancora troppo affrettato e questo ha impedito un serio dibattito nel Paese su un tema che meriterebbe maggiore cautela. Ogni intervento che impedisce le conseguenze più pericolose rispetto alla libertà di espressione è benvenuto e mi sembra che qualche cosa in questo senso sia stata inserita nell’attuale testo. Anche il riferimento diretto alla Legge Mancino per introdurre l’aggravante dell’omofobia ci sembra particolarmente complesso da gestire. In sostanza restiamo dell’idea che questa legge non dovrebbe essere approvata.

    D. - Il “salva associazioni” - come è stato denominato l’emendamento che garantisce il diritto d’opinione nell’ambito di correnti ideologiche, religiose, politiche - è sufficiente per garantire la libertà di opinione o si rischia comunque di incorrere in provvedimenti giudiziari?

    R. - Io credo che il “salva associazioni” dimostri proprio l’esistenza di una criticità grave. L’incertezza della definizione dell’omofobia, l’incertezza nel distinguere tra comportamenti e opinioni che questa proposta di legge porta dietro con sé conferma questo. Quindi è certamente un intervento positivo e indebolisce i rischi più pesanti di azioni contro chi la pensa diversamente. Resto sempre preoccupato del fatto che un’affermazione del tipo: “Un bambino per crescere in modo equilibrato ha bisogno di un padre e di una madre”, possa essere portata davanti ad un tribunale con l’accusa di omofobia. Già sta accadendo nel dibattito pubblico, non vedo con quali meccanismi protettivi questa cosa sarà impedita se questa legge viene approvata. Quindi siamo ancora molto preoccupati.

    D. - Di fatto si sta creando un soggetto giuridico ultra tutelato rispetto ad altre categorie ...

    R. - È emerso un "luogo sociale" nuovo, senza fondamenti giuridici. Le definizioni di trans gender, di transessualità, di omofobia sono tutte poggiate su un percorso “più culturale ideologico” che non “giuridico fondativo”. Quindi, costruiamo un diritto sulle sabbie mobili; peccato che poi le implicazioni siano di tipo penale, che quindi porteranno delle persone davanti a tribunali. Bisogna trovare una nuova forma per combattere qualunque atteggiamento di discriminazione verso qualunque persona fragile. Non capisco perché la condizione dei disabili non debba essere assimilata a questa specifica condizione. Di fatto, le nostre leggi sono già uno strumento adeguato per proteggere le persone che vengono discriminate. Quindi, questa legge ci sembra veramente frutto di una lobby e non di un progresso del Paese.

    D. - C’è un ulteriore rischio: quello che questa legge possa fare da battistrada a una normativa che intervenga realmente sulla composizione antropologica dell’uomo e della famiglia ...

    R. – Tra i diversi promotori e sostenitori questa affermazione è già stata fatta nei mesi scorsi come linea strategica complessiva. Quindi non è un rischio sotterraneo, appartiene a una strategia generale. Siamo costretti a confrontarci con una revisione dell’identità della famiglia iscritta nella nostra Costituzione, sul tema delle adozioni a coppie omosessuali ... Insomma, la questione è l’inizio di una lunga riflessione. Io sfido chiunque a dire che sul tema dei cosiddetti “diritti civili” si fermeranno a questa legge contro l’omofobia. Hanno già dichiarato che prossimo passo sarà il riconoscimento delle unioni e l’adozione ai gay. Quindi non è un rischio, è un progetto!

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    Letta: deficit al 3.1%. Le Acli chiedono il reddito minimo

    ◊   Il governo si impegna a rimanere entro il 3,1% del rapporto deficit/pil, mentre la ripresa arriverà solo a fine anno, Lo dice la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, il def, approvata oggi dal Consiglio dei Ministri. Per la Ue un impegno senza ambiguita' per conti pubblici sani e' fondamentale per ricostruire la fiducia dei mercati nell'Italia. Alessandro Guarasci:

    “L’interruzione della discesa dei tassi e la ripresa dell’instabilità politica pesa sui conti e per questo non siamo stati in grado di scrivere oggi 3%” nel Def. Così il premier Enrico Letta sullo sforamento al 3,1% del rapporto deficit/pil, anche se assicura che il governo rispetterà gli impegni presi. La ripresa quando arriverà sarà modesta. Quest’anno il Pil calerà dell’1.7%, solo a fine anno ci sarà un modesto rialzo e nel 2014 il prodotto interno loro crescerà dell’1%. Quanto all’Iva “affronteremo e discuteremo di tutte le questioni aperte” a partire da quelle fiscali, dice Letta. Il premier ha affermato che nel triennio sono stati investiti 12 miliardi per la crescita. Dal loro convegno di Cortona le Acli chiedono che l’esecutivo metta in campo misure per contrastare la povertà. Il presidente Gianni Bottalico:

    R. - Possiamo fare delle scelte politiche ben precise, lo abbiamo detto al governo. Mi pare che anche il ministro Giovannini si sia impegnato nell’elaborazione del patto interno di stabilità. Chiaramente, le risorse vanno trovate e vanno effettuate delle scelte politiche. Stiamo dicendo e stiamo continuando a sostenere che ci sono due motivazioni fondamentali: prima di tutto è una scelta europea, quella del reddito di inclusione "come lo abbiamo chiamato noi", perché l’Italia è l’unico Paese insieme alla Grecia in Europa che non ha alcuna politica intorno a questo; poi perché riteniamo comunque che una seria analisi della situazione, consenta invece di risparmiare una serie di risorse che oggi vengono comunque investite anche dai privati, dal mondo delle associazioni, nel mondo della povertà assoluta rispondendo senza una razionalità, cosa che invece consentirebbe l’introduzione, a livello di politiche di governo, di un reddito di inclusione sociale.

    D. - In questo momento abbiamo bisogno di rafforzare il welfare. La politica invece sembra andare nella direzione opposta ...

    R. - Noi abbiamo bisogno di tenere, nel nostro Paese, la coesione sociale. Questo è il vero rischio che, tra l’altro, è un’emergenza anche democratica e, ancora di più, di sostenibilità. Quindi a maggior ragione, oggi, riflettere, riformare il welfare è la condizione per concorrere e uscire dalla crisi.

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    Iniziate le delebrazioni per il 1700.mo anniversario dell’Editto di Milano

    ◊   Con l’arrivo a Belgrado del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano ed inviato speciale del Papa, hanno preso ufficialmente il via le cerimonie per la celebrazione del 1700.mo anniversario dell’Editto di Milano, con cui l’Imperatore Costantino nel 313 garantiva, non soltanto per i cristiani, la libertà di culto. Evento centrale per la piccola comunità cattolica di Serbia è il grande pellegrinaggio regionale nella città di Niš, dove sono attesi migliaia di giovani da tutti i paesi della ex Jugoslavia. Il servizio dell’inviato a Belgrado Stefano Leszczynski:

    La Chiesa cattolica serba ha riservato una calorosa accoglienza all’inviato speciale del Papa, cardinale Angelo Scola, che questa mattina è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica serba, Tomislav Nikolic insieme alla delegazione della diocesi di Milano e ai rappresentanti della Conferenza episcopale Internazionale dei Santi Cirillo e Metodio, guidata da mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo di Belgrado. Nel corso dell’incontro il presidente Nikolic ha rinnovato l’invito al Santo Padre a visitare la Serbia. Sempre questa mattina, il cardinale Scola ha avuto occasione di incontrare il Patriarca serbo ortodosso Irinej, con il quale si è intrattenuto in un lungo e cordiale colloquio. Il porporato ed il patriarca hanno così potuto condividere le comuni iniziative portate avanti dalle rispettive Chiese per celebrare il Giubileo dell’editto di Costantino. Non è mancata l’occasione per sottolineare come i valori comuni che questo storico documento stilato all’epoca dell’unità dei cristiani ancora oggi siano di grande attualità. Fondamentale – è stato sottolineato dal Patriarca – il dialogo tra le due Chiese sorelle che egli stesso ha definito un’unica Chiesa di Cristo per affrontare, le sfide di questo momento storico. In particolare, il cardinale Scola, parlando del fenomeno migratorio che interessa l’Europa e l’Italia ha spiegato il ruolo di ponte che la Chiesa d’oriente può giocare nel dialogo con il mondo musulmano. Mons. Hocevar, metropolita ed arcivescovo della capitale serba ha invece parlato dell’alto valore simbolico del grande pellegrinaggio dei giovani a Niš. Il Giubileo che si sta celebrando in Serbia infatti ha richiamato diverse migliaia di pellegrini provenienti da Macedonia, Kosovo, Montenegro, Bosnia, Croazia, Slovenia, Austria e Italia. Incontrando ieri la stampa locale il cardinale Scola ha ricordato le parole di Papa Francesco che ha definito le celebrazioni in corso per l’editto di Costantino un’occasione per «rendere solennemente grazie a Dio per il dono della libertà religiosa e di coscienza». Un dono – ha sottolineato il porporato – affidato alla libertà di ciascuno, personalmente e comunitariamente. Un’occasione privilegiata, dunque, per guardare al futuro ed assumere la responsabilità per l’edificazione di una società dal volto umano. La dimensione ecumenica ed interreligiosa di questo evento, che coinvolge tutte le componenti della società serba, ha detto mons. Stanislav Hocevar, trovano il loro significato più profondo anche nel motto scelto per questo evento: Liberati per la libertà. Parole che assumono un senso di grande speranza per il futuro, ancor più perché condivise da popoli che hanno saputo intraprendere non senza fatiche un promettente percorso di sviluppo democratico dopo i drammatici eventi che negli ultimi anni del Novecento avevano lasciato aperte laceranti ferite. Domani presso il Santuario dell’Esaltazione della Santa Croce dove è custodita una reliquia con un frammento della Santa Croce donata dalla Diocesi di Modena il cardinale Scola celebrerà una Messa solenne a conclusione del pellegrinaggio dei giovani.

    Sul significato dell’Editto di Milano, Stefano Leszczynski ha intervistato don Paolo Notari, parroco di Nonantola e priore del Capitolo abbaziale che custodisce la reliquia della Santa Croce:

    R. - Si può dire che quell’Editto o meglio, la vittoria di Costantino, è stata quella che probabilmente secondo la tradizione lo ha portato a scoprire l’importanza della Croce e quanto questa fosse in grado di unire già allora un impero che non trovava più motivi di unità, di accordo, che si stava un po’ sfilacciando. Anche ora, la riproposta di questo tema è forse un modo per riscoprire anche in noi la centralità e il Mistero della Croce.

    D. - In particolare quello che lega il vostro santuario al santuario di Nis, adesso, è un elemento particolare molto concreto ...

    R. - Sì. È proprio una reliquia della Santa Croce, donata dalla nostra diocesi all’arcivescovo di Belgrado, il quale l’anno scorso venne da noi per partecipare ad un evento ecumenico e visitò la nostra abbazia, il museo e la relativa reliquia. In quell’occasione chiese al nostro arcivescovo, in previsione di questo evento, se gli poteva regalare una reliquia della Santa Croce. Ed eccoci qui.

    D. - Quanto è importante oggi l’ecumenismo? Quanto è importante l’elemento ecumenico nell’Europa attuale e soprattutto nella crescita della società europea di oggi?

    R. - È importante perché consente di unire diverse sensibilità intorno alla proposta cristiana per quanto riguarda l’ecumenismo tra le diverse confessioni cristiane e consente anche di trovare per la nuova Europa radici unitarie, perché non dobbiamo dimenticare che in qualche modo l’Europa affonda le sue radici più profonde nell’evento cristiano.

    D. - L’evento che si celebrerà in questo fine settimana a Niš è particolarmente significativo per i Balcani, e non solo perla Serbia, perché avviene, tra l’altro, non a grandissima distanza da un terribile conflitto che ha distrutto le popolazioni di questa regione, colpite in maniera molto forte anche da un punto di vista religioso. Il fatto che sia un pellegrinaggio con tantissimi giovani che arriveranno a Nis per questa occasione cosa ci dice?

    R. - È la speranza che le contrapposizioni etniche e territoriali non trovino più un pretesto nella scelta di fede, nella scelta religiosa per approfondirsi, ma trovino invece in questo evento qualcosa che aiuti a superare le divergenze e le lontananze.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria: attacco di Boko Haram, oltre 140 morti. Mons. Kaigama: scoprire chi lo finanzia

    ◊   È salito a 143 vittime il bilancio dell’attacco del gruppo islamista Boko Haram nella Nigeria settentrionale. Nelle ultime ore l'Agenzia di protezione dell'ambiente ha recuperato altri 87 cadaveri tra quelli che erano stati abbandonati nei boschi. Le violenze risalgono alla notte di martedì, quando diversi uomini armati con uniformi militari hanno assaltato la città di Benisheik, nello Stato del Borno. I membri di Boko Haram hanno bruciato un centinaio di case e di veicoli, sparando contro i residenti mentre altri sono stati rapiti. Dal canto suo l'esercito ha affermato di aver ucciso almeno 150 membri di Boko Haram la settimana scorsa, dopo che qualche giorno prima erano morti in diversi attacchi 40 soldati nigeriani e altri 65 risultano dispersi. L’azione delle milizie islamiste appare come una sfida alla dura campagna di repressione lasciata dall’esercito nigeriano contro Boko Haram. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria ha detto all’Agenzia Fides che “Boko Haram non è più un fenomeno locale. Non siamo più di fronte, come qualche anno fa, a gruppi di guerriglieri armati solo di archi e frecce, ma dobbiamo affrontare un’organizzazione ben finanziata”. “Tra i membri di Boko Haram – sottolinea mons. Kaigama - vi sono persone abili ad utilizzare Internet, guerriglieri ben addestrati e gestori di un’efficace organizzazione logistica e di intelligence”. “Le nostre autorità devono identificare da dove provengono i fondi e le armi che alimentano Boko Haram e dove i suoi uomini vengono addestrati, in modo da fermare le loro azioni. Sfortunatamente questo non è ancora accaduto e Boko Haram continua provocare lutti e sofferenze, imbarazzando le autorità del nostro Paese”. “Il problema – afferma ancora il presule - è che Boko Haram non obbedisce alle regole della guerra convenzionale, ma agisce con tattiche di guerriglia. Questo significa che mentre l’esercito deve operare evitando di colpire cittadini innocenti, gli uomini di Boko Haram attaccano invece luoghi affollati di civili: mercati, scuole e luoghi di culto. Boko Haram non si fa assolutamente scrupolo di uccidere non combattenti innocenti”.

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    Yemen: al Qaeda rivendica attacco contro base militare, oltre 60 vittime

    ◊   Oltre 65 militari hanno perso la vita e 38 sono rimasti feriti nell’attacco lanciato questa mattina contro una base dell’esercito a protezione di un impianto petrolifero nella provincia di Shabwa, nel sud dello Yemen. Al-Qaeda nella Penisola arabica ha subito rivendicato la responsabilità dell’azione terroristica condotta con tre attentati kamikaze. Secondo la fonte di al-Qaeda, gli attacchi sono stati condotti qualche minuto dopo che un drone americano ha colpito un'auto di un militante nella zona, uccidendo tutti coloro che erano a bordo.

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    Colpi di mortaio sull’arcivescovado melkita di Aleppo. Mons. Jeanbart: città strangolata

    ◊   In una Aleppo "assediata", il conflitto tocca anche le chiese. Come riferisce all’Agenzia Fides Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo melkita di Aleppo, nella notte di ieri “due colpi di mortaio hanno danneggiato la sede del nostro arcivescovado greco-cattolico: non vi sono vittime solo perché i colpi sono esplosi di notte”. Il presule afferma: “La città è strangolata e la situazione peggiora di giorno in giorno. Come cittadini ci sentiamo intrappolati, e non sappiamo quale sarà il nostro destino. Le merci scarseggino o hanno prezzi altissimi, la gente ha problemi per la sussistenza quotidiana”. Per questo, prosegue l’arcivescovo, “i fedeli continuano a fuggire, l’esodo prosegue e se vedono gli effetti anche sulle coste delle nazioni europee”. “Da due anni offriamo ai fedeli consolazione sostegno morale, ma più passa il tempo, più diventa difficile persuaderli a restare”, racconta. “Eppure noi cristiani in Siria abbiamo una missione: quella del dialogo, della pace, della riconciliazione, di tenere accesa una luce di fede, di speranza e carità. E vogliamo tener fede a questa missione”. Ma, per farlo, le armi debbono tacere. Oggi, in una intervista al quotidiano inglese “Guardian”, il vice primo ministro siriano Qadri Jamil ha detto, a nome del suo governo, che “la situazione è in stallo, dato che né il regime, né l'opposizione armata sono in grado di prevalere”, lanciando la proposta di un “cessate-il-fuoco e l'avvio di un processo politico pacifico”. La proposta trova il favore della Chiesa siriana: “Siamo senz’altro favorevoli a una tregua, a ogni passo utile per fare cessare le violenze e promuovere una soluzione pacifica”, nota mons. Jeanbart. “Se ci fosse un impegno delle parti in lotta a far tacere le armi, sarebbe un raggio di speranza”. Il punto è che “oggi vi sono miriadi di gruppi armati incontrollabili e anche irriducibili”, spiega. Secondo informazioni raccolte da Fides, sia i gruppi di militanti jihadisti, sia le milizie degli “shabiha” pro regime, sono fuori controllo ed è difficile garantire una tregua effettiva sul terreno. Tuttavia “la comunità internazionale ha il dovere di provarci, per porre fine alla immane sofferenza che il popolo siriano vive da due anni e mezzo”, conclude l'arcivescovo.

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    Egitto. Copti, al via i seminari di studio sulla riforma della Costituzione

    ◊   E' fissato per questa domenica il primo dei seminari di studio organizzati dal Centro culturale copto ortodosso sul processo di revisione costituzionale avviato per riformare la Costituzione di taglio islamista approvata nel periodo del governo Morsi. Il Centro culturale copto ortodosso è presieduto dal vescovo Jeremiah Armiah, già segretario del Patriarca Shenouda III. Nei seminari verranno messi a fuoco tutti i punti controversi della Costituzione già al centro del dibattito pubblico. Ieri Ayman Ramzy Nakha, rappresentante di un gruppo di atei egiziani, ha riferito che una lettera della sua organizzazione è stata inviata al Comitato costituente per chiedere l'abolizione dell'articolo 2, quello che riconosce l'islam come religione di Stato e la Sharia come fonte della legislazione. Sul fronte opposto, lunedì 16 settembre il rappresentante del Partito salafita nel Comitato costituente Younes Makhioun ha abbandonato la sessione di lavoro del Comitato costituente che aveva respinto la sua proposta di inserire l'espressione “regole della Sharia” al posto di quella – più generica – che fa riferimento ai “principi della Sharia” come sorgente ispiratrice della legislazione.

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    I vescovi del Québec: laicità dello Stato implica libertà di coscienza e di religione

    ◊   Il principio della laicità dello Stato implica il diritto fondamentale alla libertà di religione e di coscienza: così, in sintesi, i vescovi del Québec, in una nota diffusa a conclusione della loro Assemblea generale. Nel documento, a firma di mons. Pierre-André Fournier, presidente dei vescovi, si fa riferimento alla così detta “Carta dei valori”. Proposta del Partito del Québec circa un anno fa, tale documento mira ad interdire l’esposizione di tutti i simboli religiosi, compresa la croce cristiana, in tutti gli uffici pubblici: ministeri, caserme, tribunali, scuole ed ospedali. Restano escluse le scuole private, mentre il divieto riguarderebbe anche i cittadini: in pratica, chi volesse usufruire di un servizio statale, non dovrebbe, ad esempio, indossare il burqa, ma presentarsi a viso scoperto. Tutto questo - nelle intenzioni del Partito promotore – in nome della salvaguardia della laicità dello Stato. Contraria, invece, la Chiesa locale: “Sul piano spirituale e religioso – si legge nella nota – le persone sono libere di credere o di non credere; nessuna religione ufficiale, quindi, ma neanche ateismo ufficiale”. Questa è “la vera neutralità”, continuano i vescovi, ossia quella in cui “lo Stato rispetta ciò che le persone vivono ed esprimono”. Se vuole essere “davvero neutrale”, infatti, “lo Stato deve prendere misure adeguate che permettano alla popolazione di vivere e di esprimere liberamente il proprio credo o il proprio non-credo”. Di qui, il richiamo che i vescovi del Québec fanno ad una “neutralità e laicità” che non sia “limitazione dello sviluppo delle religioni”, bensì “creazione di un ambiente in cui ogni persona gode effettivamente della libertà di coscienza e di religione”. In quest’ottica, mons. Fournier ribadisce la contrarietà della Chiesa alla “Carta dei valori” e sottolinea che “ciò che importa, per gli impiegati pubblici, è la competenza, la capacità di accoglienza, il rispetto”. Altro punto affrontato dai vescovi del Québec è il progetto di legge n. 52 che mira ad introdurre, nell’ordinamento giuridico nazionale, l’eutanasia in caso di morte imminente o inevitabile. Una proposta normativa osteggiata, naturalmente dalla Chiesa locale: esprimendo vicinanza, solidarietà e compassione nei confronti dei malati, i vescovi ricordando che “Gesù non è mai indifferente davanti alla sofferenza” e insistono sulla necessità di incrementare le cure palliative. “Bisogna veramente investire risorse ed energie in tali cure – scrivono i vescovi – È inaccettabile che un’iniezione letale o altri mezzi che pongono fine alla vita di un paziente siano considerati come una soluzione”. Medici ed infermieri, afferma la Chiesa del Québec, accudiscono i malati “per guarirli, mai per dare loro la morte”. Ed è per questo che “un vero aiuto per i sofferenti è l’accompagnamento non solo dei malati stessi, ma anche delle loro famiglie che vivono il grande dolore di vedere spegnersi la vita di una persona amata”. Infine, i presuli auspicano che, in futuro, la società dibatta su questi temi in modo “fiducioso e sereno”, in nome di uno “sviluppo collettivo” del Paese. (A cura di Isabella Piro)

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    Plenaria dei vescovi europei in Slovacchia su famiglia, laicità, diritti e ambiente

    ◊   La presenza della Chiesa nello spazio pubblico, tra laicità e laicismo; le ricadute della crisi sui popoli d’Europa e i loro effetti di lungo periodo, che interrogano le comunità credenti; il ruolo della famiglia; la tutela dei diritti, la salvaguardia dell’ambiente. Sono molteplici i fronti sui quali è impegnato in questa fase il Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa), che terrà l’assemblea plenaria, alla presenza dei presidenti delle Conferenze episcopali del continente, dal 3 al 6 ottobre a Bratislava (Slovacchia). Negli ultimi giorni – riferisce l’agenzia Sir - il Ccee ha fra l’altro proposto un incontro per riflettere sul tema “Custodire una terra dove abiti la giustizia”, dal quale sono emerse analisi della realtà e spunti per le chiese in Europa. Il seminario di studio, svoltosi il 18 settembre a Lussemburgo, è stato promosso dalla sezione “Salvaguardia del Creato” della Commissione “Caritas in veritate” del Ccee. “Se non sapremo essere educatori di una vera ecologia umana, non saremo profeti di una responsabile ecologia ambientale”, è stato detto a Lussemburgo, secondo quanto riferisce il Ccee stesso dalla sede di San Gallo (Svizzera). “Ecologia umana ed ecologia ambientale appaiono strettamente legate. La difesa dell’ambiente - dono da custodire e amministrare saggiamente - è innanzitutto difesa dell’uomo contro la sua auto-distruzione”. L’incontro è stato ospitato dall’arcivescovo di Lussemburgo, mons. Jean-Claude Hollerich, e ha visto la partecipazione di esperti delle Conferenze episcopali, della Santa Sede e del segretario di European Christian Environmental Network. “Riprendendo il cammino svolto negli ultimi anni, l’incontro - spiega il Ccee - è stato un’occasione per approfondire l’impegno dell’episcopato europeo a favore della custodia del creato alla luce dei numerosi interventi di Papa Francesco, che con il suo continuo magistero, richiama i cristiani a questa responsabilità”. Mons. André Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles, ha aperto i lavori con una relazione sulla missione della Chiesa nella cura del creato a partire da una prospettiva teologica, antropologica, etica ed educativa. Per Léonard “la custodia del creato è un’espressione alta della carità cristiana”, che non può essere realizzata senza custodire la dimensione metafisica della vita umana. I partecipanti si sono soffermati quindi sulla dimensione sociale ed economica della protezione dell’ambiente con un contributo di Stanislas de Larminat, già direttore generale di un’azienda agro-alimentare in Francia. È necessario, ha affermato de Larminat, ribadire il concetto di solidarietà economica verso le generazioni future, perché “è moralmente illecito ed economicamente controproducente scaricare il peso e le conseguenze delle nostre scelte attuali sulle generazioni future”.

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    Perù: marcia per la Giornata internazionale contro la tratta degli esseri umani

    ◊   Come parte del programma della Campagna di Solidarietà "Compartir" ("Condividere") 2013, lunedì 23 settembre si svolgerà a Lima una marcia in occasione della Giornata internazionale contro la tratta degli esseri umani. La manifestazione avrà inizio alle 17 (ora locale) accanto al Palazzo di giustizia, al centro della capitale peruviana, da lì i partecipanti si dirigeranno verso la Plaza Francia. Questa mobilitazione, secondo la nota inviata all’Agenzia Fides dai Vescovi peruviani, avrà come slogan: "Per una società senza tratta di persone", ed è organizzata dalla Red Kawsay Perù, insieme ai responsabili della Campagna di Solidarietà "Compartir" della Commissione per la Pastorale della Mobilità Umana della Conferenza Episcopale Peruviana, con lo scopo di far crescere la consapevolezza riguardo alla piaga del traffico di persone in tutto il mondo. La Campagna di Solidarietà "Compartir" affronta infatti quest’anno il tema della tratta degli esseri umani e del traffico dei migranti, puntando l’attenzione sul tema degli emigranti, per sensibilizzare l’intera società sul problema, considerato una forma di schiavitù contemporanea legata allo sfruttamento degli esseri umani. La Chiesa cattolica in Perù ha parlato in diverse circostanze su questo argomento, che costituisce "un problema sociale molto grave e complesso che non ci può lasciare indifferenti", come ha riferito mons. Héctor Vera, Vescovo di Ica, Presidente della commissione pastorale della Mobilità Umana della Conferenza Episcopale Peruviana, la quale ha proposto diversi sussidi alle comunità per lavorare e riflettere su questa situazione.

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    Chicago: sparatoria nel parco, 13 feriti, grave bimbo di 3 anni

    ◊   Stati Uniti sconvolti per l’ennesima tragedia legata alla diffusione indiscriminata delle armi. A Chicago, 13 persone, tra cui un bambino di tre anni in gravi condizioni e due adolescenti, sono rimaste ferite nel corso di una sparatoria avvenuta in un parco nella zona sud della città. Al momento la dinamica dei fatti è ancora incerta e non è stato compiuto alcun arresto. Un testimone ha riferito che a sparare sarebbero stati uomini con i capelli rasta a bordo di un'auto. Secondo alcuni esperti la vicenda rientra nella lotta fra bande che insanguina la città. Proprio ieri erano state pubblicate le statistiche dell'Fbi secondo le quali Chicago è diventata nel 2012 la città con più omicidi d'America, in cifra assoluta, battendo per la prima volta New York. Nella metropoli l'anno scorso ci sono stati 500 morti ammazzati, in aumento rispetto ai 431 del 2011.

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    Veglia in otto città umbre in attesa della visita del Papa ad Assisi

    ◊   Una notte di preghiera, canti, adorazione, evangelizzazione: è quanto hanno organizzato per la notte tra sabato e domenica, le otto diocesi umbre in preparazione alla celebrazioni francescane del 4 ottobre cui prenderà parte Papa Francesco. La manifestazione nelle otto città sedi di diocesi (Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio, Perugia, Spoleto, Terni e Todi) ha per titolo “Fede, perdono, riconciliazione” e vi parteciperanno – riferisce il Sir - i vescovi diocesani, sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli. L’ obiettivo è - spiega un comunicato - “proporre a tutti la luce del Vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio per i peccatori, la riconciliazione con Dio e con il prossimo, per poter camminare in una vita nuova sull’esempio di san Francesco”. Per l’occasione, i vescovi “invitato i fedeli e tutte le persone di buona volontà ad una maggiore vicinanza a coloro che vivono situazioni di povertà umana e materiale, promuovendo una raccolta di offerte a sostegno delle diverse iniziative caritative messe in campo da ciascuna Diocesi e dal Fondo regionale di solidarietà delle Chiese umbre per le famiglie in difficoltà a causa della crisi”.

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    La Lev pubblica "I Messaggi del Papa su Twitter"

    ◊   La Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato il volume “I messaggi del Papa su Twitter”, che raccoglie tutti i tweet di Papa Francesco dal 17 marzo allo scorso 10 settembre. L’account @Pontifex in nove lingue ha superato i 9 milioni e 300 mila follower. “Cari amici vi ringrazio di cuore e vi chiedo di continuare a pregare per me. Papa Francesco”, questo il primo tweet del Pontefice. “Il vero potere è il servizio. Il Papa deve servire tutti, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli” scriveva il 19 marzo, nel giorno di inizio del ministero petrino. E in preparazione alla Pasqua il 27 marzo: “Vivere la Settimana Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, quella dell’amore e del dono di sé”. Il 14 aprile Francesco twittava: “Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita”. Poi il 25 aprile: “In questo periodo di crisi è importante non chiudersi in se stessi, ma aprirsi, essere attenti all’altro”, cui faceva eco il tweet del 2 maggio: “Penso a quanti sono disoccupati, spesso a causa di una mentalità egoista che cerca il profitto ad ogni costo”. “Sto arrivando in Brasile fra qualche ora e il mio cuore è già pieno di gioia perché presto sarò con voi a celebrare la 28° GMG” notava il Papa il 22 luglio, in viaggio per Rio. Diverse sono le frasi con slogan efficaci, ad esempio quella del 16 maggio: “Non possiamo essere cristiani ‘part time’! Cerchiamo di vivere la nostra fede in ogni momento, ogni giorno”. “Con la ‘cultura dello scarto’ la vita umana non è più sentita come valore primario da rispettare e tutelare” (9 giugno). “Non esiste un cristianesimo ‘low cost’. Seguire Gesù vuol dire andare contro corrente, rinunciando al male e all’egoismo” (5 settembre). Forti infine gli appelli di Francesco contro la guerra. Il 1° settembre: “Preghiamo per la pace: la pace nel mondo e nel cuore di ciascuno”. E il giorno successivo: “Mai più la guerra! Mai più la guerra!” e così ancora nei giorni seguenti. Nell’introduzione dell’opera, don Gabriele Mangiarotti, responsabile del portale CulturaCattolica.it, rivive due immagini, dalle quali si dice “segnato”: Giovanni Paolo II davanti al computer, “lui, così vecchio, eppure con l’animo così giovane”; e Benedetto XVI che lancia con l’iPad il suo primo tweet, “strana immagine, certo, perché, se ha evidenziato la fragilità del Pontefice nell’uso del mezzo, insieme ha mostrato il suo desiderio di utilizzarlo per lo scopo nobilissimo dell’evangelizzazione. ‘Nulla di ciò che è umano mi è estraneo’: questo ci hanno insegnato i Sommi Pontefici”. La pubblicazione della LEV, impreziosita dalle fotografie di Giovanni Chiaramonte, diviene così strumento efficace per rileggere e meditare su messaggi tanto brevi quanto incisivi, stretti nei 140 caratteri imposti da Twitter, ma senza confini nell’universo digitale.

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    Primo pellegrinaggio della Madonna di Pompei a Malta e Gozo

    ◊   Inizierà domenica prossima, per concludersi il 29 settembre, il primo pellegrinaggio della Vergine di Pompei a Malta e Gozo. L’icona – informa una nota del Santuario campano - visiterà diversi santuari e parrocchie, case per i disabili e residenze per anziani, ma molti saranno anche gli incontri specifici per il clero, le religiose, i bambini e i giovani. Nell’arcipelago maltese esistono, infatti, ben due chiese dedicate alla Madonna di Pompei: una nell’isola di Malta, a Marsaxlokk, fondata nel 1897, ed un’altra a Rabat, nell’isola di Gozo, consacrata nel 1923. Inoltre, un quadro della Vergine di Pompei è custodito nell’antica Chiesa dei Gesuiti di La Valletta. Per l’occasione, l’arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo, che è stato Nunzio Apostolico a Malta dal 2007 al 2012, ha scritto, una lettera ai fedeli maltesi, invitandoli ad accogliere il quadro della Vergine con affetto. “Questa settimana di pellegrinaggio – ha affermato il Prelato sia per tutti voi un’occasione per riprendere in mano il santo Rosario. Guardando a Gesù con gli occhi di Maria, liberi da ogni egoismo, sarete pronti ad accogliere in voi il dono che Dio stesso vorrà farvi: la sua presenza in mezzo a voi”. Il programma dell’iniziativa prevede, domenica 22 settembre, la visita al Santuario della Madonna di “Ta Pinu”, a Gozo, dove il vescovo, mons. Mario Grech, presiederà la santa Messa e guiderà la recita della Supplica alla Madonna di Pompei. Lunedì 23, il quadro della Vergine sarà portato in processione per le strade della città di Rabat. Martedì 24, l’icona andrà a Malta presso la Casa di riposo per anziani del villaggio di Attard. Poi, la visita alla Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria e la processione con la partecipazione dei fedeli delle parrocchie di La Valletta. Mercoledì 25 sarà la volta della visita alla Casa per il Clero, con un momento dedicato ai sacerdoti malati, mentre giovedì 26 l’icona giungerà nella casa per anziane del villaggio di Luqa. Ultima tappa del giorno sarà Marsaxlokk, dove il quadro giungerà nel pomeriggio del 26: qui si terrà una lunga processione. Venerdì 27, gruppi di fedeli provenienti da tutte le parrocchie vicine animeranno le sante Messe e le recite del Rosario, mentre due incontri di preghiera saranno riservati ai bambini e ai ragazzi. In particolare, l’attuale Nunzio apostolico a Malta, mons. Aldo Cavalli, presiederà la santa Messa in cui saranno presentati i bambini a Maria. Domenica 29, ultimo giorno del pellegrinaggio, a celebrare la Santa Messa conclusiva del pellegrinaggio sarà mons. Charles Jude Scicluna, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi maltese. (I.P.)

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    Festival biblico di Vicenza: presentata la decima edizione sul tema “Dio e l’uomo si raccontano”

    ◊   “Le Scritture. Dio e l’uomo si raccontano” sarà il tema del X Festival Biblico di Vicenza, previsto per i giorni dal 22 maggio al 2 giugno 2014. Ne anticipano i contenuti i due enti promotori, la diocesi di Vicenza e la Società San Paolo in un comunicato in cui - in occasione del decimo anniversario - riflettono sul ruolo di questo “festival” che, come le edizioni che l’hanno preceduto, intende offrire l’occasione per “entrare nel mondo della Bibbia che significa anche entrare nel mondo del racconto dell’agire di Dio e della vita dell’uomo”. Il tema scelto – riferisce il Sir - sarà affrontato in modo trasversale: dalla teologia alla filosofia, dall’archeologia alla storia, dall’attualità alla sociologia, passando anche attraverso il linguaggio delle arti. “Da sempre, dice il comunicato, la Bibbia è al centro di continue ri-narrazione e re-interpretazioni, dalla letteratura, al cinema, alla pittura”. Dopo il successo della scorsa edizione, che ha visto oltre 45mila presenze in 160 appuntamenti, la macchina organizzativa della rassegna, che conta su molti volontari, si è già messa in movimento. Per rimanere aggiornati su tutte le novità e gli appuntamenti della prossima edizione si può consultare il sito www.festivalbiblico.it e iscriversi alla newsletter.

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    Salesianum di Roma. Seminario internazionale sulla filialità che interpella l’identità mariana

    ◊   “Filialità”: il tema del Seminario internazionale, che si terrà a Roma da 23 al 28 settembre presso il Salesianum, organizzato dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” e dall’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Filialità ”una categoria che interpella l’identità mariana” delle salesiane. “Ci auguriamo - scrive in una nota introduttiva ai lavori - Madre Yvonne Reungoat, superiora generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e vice gran cancelliere della Facoltà “Auxilium” - di poter offrire un piccolo contributo al ripensamento del principio mariano accanto a quello petrino, auspicato da Papa Francesco sul volo di ritorno dal Brasile nel luglio scorso”. Per la preside della Facoltà “Auxilium”, Pina Del Core, “il Seminario è l’occasione per affrontare - nel contesto globale di una crisi di identità che sta toccando l’esistenza degli uomini e delle donne del nostro tempo e che trova i suoi risvolti, peraltro preoccupanti, sul mondo giovanile - una questione complessa ma vitale: identità e filialità. Si tratta di due compiti umani tra i più rilevanti che si intrecciano con la tematica della maternità/paternità, realtà oggi continuamente rimesse in discussione nella nostra cultura”. Al Seminario prenderanno parte 200 delegate, educatrici provenienti da diversi Paesi e culturali, con il proposito di ‘ricomprendere’ la genuina identità della persona e della famiglia umana; di ‘individuare’ percorsi educativi, che chiariscano l’essere ‘creature’ interdipendenti e motivino il senso dell’essere generati e del generare; e di ‘approfondire’ la dimensione della filialità che è via alla fraternità. Da segnalare in particolare, il 24 settembre, una Tavola rotonda dedicata a tre figure significative di suore salesiane, che hanno operato in America, in Asia e in Europa, nella consapevolezza di essere “figlie” dell’Ausiliatrice: identità che ha motivato, ispirato, plasmato, sostenuto la loro missione educativa, tradotta in atteggiamenti di maternità per i piccoli, i giovani più poveri, le donne. Tante le relazioni in programma che affronteranno la 'filialità' interpellando le varie scienze dell’antropologia alla psicologia, alla pedagogia, alla teologia. I lavori saranno chiusi da una sezione laboratoriale per approfondire il legame esistente tra Maria, la Madre di Gesù, e l’educazione. (R.G.)

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    Pakistan. Il Gesù Bambino di Praga arriva a Gojra, luogo di massacri anticristiani

    ◊   Il suo arrivo è una consolazione, un balsamo spirituale per i cristiani di Gojra, soprattutto per i bambini: una statua del Bambino Gesù di Praga è stata donata ed è giunta nei giorni scorsi nella Chiesa del Sacro Cuore a Gojra in Pakistan, nella provincia del Punjab, e vi resterà per il culto e la devozione della comunità. Gojra è teatro di una nota strage di cristiani: nel 2009 una folla di musulmani attaccò il quartiere cristiano della cittadina, per un supposto caso di blasfemia, bruciando case e uccidendo 8 cristiani, fra i quali un bambino. Come riferisce a Fides il parroco della chiesa, p. Yaqub Yousuf, la statua del Bambino Gesù di Praga, proveniente dal Santuario della capitale della Repubblica Ceca, è stata accolta da oltre 300 bambini e giovani, riunitisi da oltre 30 villaggi del territorio. “Il Bambino viene a rafforzare la nostra fede: è una celebrazione inserita nell’Anno dell’Fede. Riflettiamo sull’infanzia di Gesù, un modello per i nostri piccoli: da lui prendono la saggezza, la fede e la relazione profonda con il Padre”. Con una solenne processione, i bambini hanno condotto Gesù Bambino in luogo preparato, dando vita a uno spettacolo con canti, danze, recite teatrali tratte dalla vita del Bambino Gesù, come è narrata nei Vangeli. Molto toccante il racconto di alcuni giovani che hanno testimoniato “le meravigliose opere che Gesù Bambino ha compiuto nella loro vita”. Alla celebrazione e alla solenne Eucaristia seguita, erano presenti, fra gli altri sacerdoti, p. Emmanuel Parvez, parroco a Pansara (Faislabad), dove già è esiste una statua del Bambino o Gesù di Praga; e p. Waseem Walter, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan e promotore della “Infanzia Missionaria” nel paese. Nella comunità locale, ma anche oltre i suoi confini, vengono già distribuiti i biglietti con la preghiera al Gesù Bambino di Praga in urdu, e si incoraggiano le persone ad avvicinarsi alla speciale devozione, che si sta diffondendo sempre più in Pakistan.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 263

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.