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Sommario del 19/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai nuovi vescovi: il popolo ha bisogno di voi, scendete in mezzo alla gente
  • La pace in Medio Oriente e Siria al centro del colloquio del Papa col premier della Lituania
  • Lettera del Papa all'Imam di al-Azhar: comprensione tra cristiani e musulmani costruisce pace nel mondo
  • La vicinanza di Papa Francesco alle popolazioni messicane colpite dall'uragano
  • Tweet del Papa: "Siamo tutti peccatori ma viviamo la gioia del perdono di Dio"
  • Santa Sede-Vietnam: prosegue il dialogo
  • Anno della Fede. Mons. Fisichella presenta tre eventi e una App dedicata ai catechisti
  • Plenaria delle Comunicazioni Sociali su "La rete e la Chiesa": intervista con mons. Celli
  • Udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, attentato in villaggio alawita: 19 morti. Assad: pronto a consegnare armi chimiche
  • Mons. Dahdah: le guerre in Medio Oriente sono conflitti tra sunniti e sciiti
  • L'Egitto nega "arresti politici recenti". Ridotto di altre due ore il coprifuoco
  • Voto legislativo domenica in Germania: questioni sociali in primo piano
  • La sofferenza dei civili in Centrafrica vittime dei raid delle milizie Seleka
  • Mali: prospettive di pace per il Nord, ma nel Paese continuano gli scontri
  • Legge contro omofobia: maggioranza divisa, ma una ricerca dice che in Italia non c'è urgenza sociale
  • Il card. Caffarra: lo Stato non violi il patto sociale con tasse troppo elevate
  • Torna Loppianolab, appuntamento dei Focolari per rilanciare la speranza nel Paese
  • Campagna di Save the Children contro la mortalità infantile
  • Giornata dell'Azheimer: l'impegno della Fondazione Manuli al fianco dei malati
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Messico: mobilitazione di tutte le realtà religiose in soccorso dei senza tetto
  • Nord Irlanda: Chiese cristiane sostengono i colloqui di riconciliazione
  • Filippine: vicina la fine del conflitto. Restano sacche di resistenza
  • Iran: anche due donne cristiane tra i prigionieri liberati
  • Congo. La società civile: sta riprendendo la guerra nel Nord Kivu
  • Il card. Sede: "Napoli, patria amara sull'orlo del collasso"
  • India: a Mumbai profanata una chiesa cattolica
  • India: grandi disparità tra ricchi e poveri per le risorse idriche
  • Svizzera: incontro a Ginevra di migranti di diverse Chiese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai nuovi vescovi: il popolo ha bisogno di voi, scendete in mezzo alla gente

    ◊   Siate sempre in mezzo al gregge, non cadete nello spirito del carrierismo e testimoniate con la vita ciò che insegnate: sono alcune delle esortazioni che Papa Francesco ha rivolto stamani ai presuli che hanno partecipato al Convegno per i nuovi vescovi, promosso a Roma dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congregazione per le Chiese Orientali. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Siamo chiamati e costituiti Pastori non da noi stessi, ma dal Signore e non per servire noi stessi, ma il gregge che ci è stato affidato”. Papa Francesco è partito da qui per svolgere la sua riflessione sulla natura e la missione del vescovo. Il Papa si è soffermato in particolare sul verbo “pascere” che, ha detto significa “accogliere con magnanimità, camminare con il gregge, rimanere con il gregge”. Il vostro cuore, ha detto, “sia così grande da saper accogliere tutti” coloro che “incontrerete lungo le vostre giornate” e che “andrete a cercare”:

    “Fin d’ora chiedetevi: coloro che busseranno alla porta della mia casa, come la troveranno? Se la troveranno aperta, attraverso la vostra bontà, la vostra disponibilità, sperimenteranno la paternità di Dio e capiranno come la Chiesa sia una buona madre che sempre accoglie e ama”.

    “Accogliere tutti – ha aggiunto – per camminare con tutti”. E ha invitato i nuovi vescovi a “mettersi in cammino con i propri fedeli”, “condividendone gioie e speranze, difficoltà e sofferenze, come fratelli e amici, ma ancora di più come padri, che sono capaci di ascoltare, comprendere, aiutare, orientare”. Quindi, ha rivolto un pensiero speciale ai sacerdoti, i più prossimi al vescovo, “indispensabili collaboratori di cui ricercare il consiglio e l’aiuto, di cui prendersi cura come padri, fratelli e amici”:

    “Tra i primi compiti che avete c’è la cura spirituale del presbiterio, ma non dimenticate le necessità umane di ciascun sacerdote, soprattutto nei momenti più delicati ed importanti del loro ministero e della loro vita. Non è mai tempo perso quello passato con i sacerdoti! Riceverli quando lo chiedono; non lasciare senza risposta una chiamata telefonica (…) davanti alla chiamata di un prete: se non posso questo giorno, almeno il giorno seguente rispondere e poi vedere quando possiamo incontrarci essere in continua vicinanza, in contatto continuo con loro”.

    Ha poi rivolto il pensiero alla “presenza nella diocesi” del vescovo, ribadendo che i pastori devono “avere l’odore delle pecore”. La vostra presenza, ha proseguito, “non è secondaria, è indispensabile”. Questa presenza, ha detto, “la chiede il popolo stesso che vuole vedere il proprio vescovo camminare con lui, essere vicino a lui”:

    “Ne ha bisogno per vivere e per respirare! Non chiudetevi! Scendete in mezzo ai vostri fedeli, anche nelle periferie delle vostre diocesi e in tutte quelle ‘periferie esistenziali’ dove c'è sofferenza, solitudine, degrado umano. Presenza pastorale significa camminare con il Popolo di Dio: camminare davanti, indicando il cammino; indicando la via; camminare in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; camminare dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare nuove strade”.

    Un vescovo che vive in mezzo ai fedeli, ha soggiunto, “ha le orecchie aperte” per ascoltare “la voce delle pecore”. E questo anche attraverso gli organismi diocesani che “hanno il compito di consigliare il vescovo”. Questa presenza pastorale, ha proseguito, “vi consentirà di conoscere a fondo anche la cultura, le usanze, i costumi del territorio”. E ha aggiunto che i vescovi devono “immergersi nel proprio gregge!”. Il Papa ha quindi rivolto il pensiero allostile di servizio al gregge” che, ha affermato, deve essere quello dell’umiltà, e “anche dell'austerità e dell’essenzialità”:

    “Noi Pastori non siamo uomini con la 'psicologia da principi', uomini ambiziosi, che sono sposi di una Chiesa, nell’attesa di un'altra più bella, più importante o più ricca. Ma questo è uno scandalo (...). State bene attenti di non cadere nello spirito del carrierismo! E' un cancro quello eh! Non è solo con la parola, ma anche e soprattutto con la testimonianza concreta di vita che siamo maestri ed educatori del nostro popolo. L'annuncio della fede chiede di conformare la vita a ciò che si insegna. Missione e vita sono inseparabili. E’ una domanda da farci ogni giorno: ciò che vivo corrisponde a ciò che insegno?”

    Il Papa è dunque tornato a sottolineare quanto sia importante per il vescovo “rimanere con il gregge”. Rimanere nella diocesi, “senza cercare cambi o promozioni”. Ma, ha osservato anche che “l’antica legge della residenza non è passata di moda! E’ necessaria per il buon governo pastorale”. Certo, ha affermato, “c’è una sollecitudine per le altre Chiese e per quella universale che possono chiedere di assentarsi dalla diocesi”, ma ciò deve avvenire “per lo stretto tempo necessario e non abitualmente”. La residenza, ha proseguito, “non è richiesta solo per una buona organizzazione, non è un elemento funzionale; ha una radice teologica! Siete sposi della vostra comunità”:

    “Evitate lo scandalo di essere ‘Vescovi di aeroporto’! Siate Pastori accoglienti, in cammino con il vostro popolo, con affetto, con misericordia, con dolcezza del tratto e fermezza paterna, con umiltà e discrezione, capaci di guardare anche ai vostri limiti e di avere una dose di buon umorismo. E questa è una grazia che dobbiamo chiedere, i vescovi, noi. Tutti noi dobbiamo chiedere questa grazia: ‘Ma, Signore, dammi il senso dell’umorismo’. Trovare la strada di ridere di se stessi, prima, e un po’ delle cose. E rimanete con il vostro gregge! E rimanete con il vostro gregge!”.

    “La presenza di due vescovi siriani – ha concluso il Papa – ci spinge ancora una volta a chiedere insieme a Dio il dono della pace. Pace per la Siria, pace per il Medio Oriente, pace per il mondo”.

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    La pace in Medio Oriente e Siria al centro del colloquio del Papa col premier della Lituania

    ◊   Questa mattina, Papa Francesco ha ricevuto in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il primo ministro della Repubblica di Lituania, Algirdas Butkevičius, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nei cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono stati rilevati i buoni rapporti esistenti fra la Santa Sede e la Repubblica di Lituania. Ci si è soffermati, in particolare, sul contributo che da secoli la Chiesa cattolica offre alla società in campo educativo e sociale, come pure con il suo impegno in favore della famiglia e della formazione delle coscienze ai valori spirituali. Alla luce dell’attuale Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea da parte della Repubblica di Lituania, sono stati passati in rassegna alcuni temi internazionali ed europei di mutuo interesse. Uno speciale cenno – rileva infine il comunicato - è stato riservato alla necessità di assicurare la pace in Medio Oriente e, in particolare, in Siria, privilegiando una soluzione politica della crisi attraverso il dialogo e il negoziato”.

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    Lettera del Papa all'Imam di al-Azhar: comprensione tra cristiani e musulmani costruisce pace nel mondo

    ◊   Papa Francesco ha inviato un messaggio a Ahmed al-Tayyeb, grande Imam della università islamica al-Azhar, la principale istituzione culturale dell'islam sunnita. Ne ha dato notizia in un comunicato ufficiale pervenuto a Fides la stessa Università con sede al Cairo, riferendo che il messaggio papale esprime stima e rispetto «per l'islam e i musulmani» insieme all'auspicio che ci si impegni nella «comprensione tra cristiani e musulmani nel mondo, per costruire la pace e la giustizia». La lettera personale del Papa è stata recapitata martedì scorso al grande Imam di al-Azhar dal nunzio apostolico in Egitto, mons. Jean-Paul Gobel, congiuntamente al messaggio al mondo islamico firmato anch'esso dal Pontefice per la fine del Ramadan, diffuso recentemente dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Negli ultimi tempi il dialogo tra la Santa Sede e al-Azhar era stato interrotto per volontà dell'istituzione islamica, che aveva interpretato come indebita interferenza occidentale le dichiarazioni di Papa Benedetto XVI sulla necessità di proteggere i cristiani in Egitto e in Medio Oriente, pronunciate dopo l'attentato alla cattedrale copta di Alessandria del Capodanno 2011. “La lettera di Papa Francesco all'Imam al-Tayyeb” dichiara all'Agenzia Fides padre Hani Bakhoum, segretario del Patriarcato di Alessandria dei copti cattolici, “è un modo di esprimere il profondo sentimento di stima e affetto che la Chiesa cattolica, la Santa Sede e il Papa hanno nei confronti di tutti i musulmani e in particolare di al-Azhar, che è l'istituzione più rappresentativa dell'islam sunnita moderato. Sicuramente questa lettera aiuterà col tempo a mettere da parte ogni incomprensione e anche a riprendere il dialogo bilaterale con la Santa Sede”.

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    La vicinanza di Papa Francesco alle popolazioni messicane colpite dall'uragano

    ◊   Papa Francesco si è detto “profondamente addolorato” per le “drammatiche conseguenze” che stanno causando sul Messico l'uragano "Ingrid" e la tempesta tropicale "Manuel": finora sono almeno 80 i morti, 58 i dispersi a causa di una frana, migliaia i senza tetto. In un messaggio inviato a suo nome dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone al cardinale José Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara e presidente della Conferenza episcopale messicana, il Papa, assicurando le sue preghiere per i defunti, esprime “le sue condoglianze alle famiglie delle vittime e la sua paterna sollecitudine e vicinanza spirituale ai feriti e ai senza tetto” e “li affida alle materne mani di Nostra Signora di Guadalupe”.

    Nello stesso tempo chiede a Dio di donare la sua consolazione alle popolazioni interessate dalle alluvioni, ispirando “in tutte le persone di buona volontà sentimenti di fraterna solidarietà per collaborare decisamente alla ricostruzione delle aree colpite e aiutare in modo efficace quanti sono nel dolore e nella disperazione”. Infine, impartisce di cuore la Benedizione Apostolica “come segno di affetto per l’amato popolo messicano, così presente nel suo cuore di Pastore della Chiesa universale in tali dolorose circostanze”.

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    Tweet del Papa: "Siamo tutti peccatori ma viviamo la gioia del perdono di Dio"

    ◊   Papa Francesco ha lanciato oggi un nuovo tweet: “Siamo tutti peccatori – scrive - ma viviamo la gioia del perdono di Dio e camminiamo fiduciosi nella sua misericordia”.

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    Santa Sede-Vietnam: prosegue il dialogo

    ◊   Il dialogo fra Santa Sede e Vietnam prosegue su un binario di buone relazioni e collaborazione. E' quanto è emerso dalla visita di una delegazione del Comitato per gli affari religiosi del Governo vietanmita, in Vaticano fino al 20 settembre. La delegazione vietnamita ha avuto incontri con il sottosegretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, mons. Tadeusz Wojda, e con il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Antoine Camilleri, partecipando anche all’Udienza generale tenuta ieri da Papa Francesco, ricevendo un breve saluto dal Pontefice. Nel corso dei colloqui, in un clima disteso e cordiale, la delegazione ha espresso la speranza che i credenti vietnamiti siano coinvolti attivamente nella costruzione e lo sviluppo del Paese. La Santa Sede ha osservato “i positivi sviluppi nelle relazioni bilaterali”, apprezzando il sostegno del governo alle attività della Chiesa cattolica vietnamita, attestate dal Rappresentante non residente della Santa Sede in Vietnam, l'arcivescovo Leopoldo Girelli. La Chiesa – si è concluso – intende operare per il bene del popolo vietnamita e per questo avrebbe il desiderio di impegnarsi anche nel campo dell’istruzione, aprendo scuole e istituti educativi: come auspicato, sarebbe un segno ulteriore di rafforzamento delle relazioni bilaterali. La delegazione, ha compiuto anche una visita alla Radio Vaticana, incontrando il responsabile ed i redattori del Programma vietnamita. (R.P.)

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    Anno della Fede. Mons. Fisichella presenta tre eventi e una App dedicata ai catechisti

    ◊   Tre eventi dell’Anno della Fede interamente dedicati ai catechisti: il Consiglio internazionale per la catechesi, il Congresso internazionale di catechesi e la Giornata dei catechisti, dal 25 al 29 settembre prossimi. Li hanno presentati stamani, nella Sala stampa della Santa Sede, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, mons. José Octavio Ruiz Arenas e mons. Graham Bell, rispettivamente segretario e sottosegretario del medesimo dicastero. Il servizio di Giada Aquilino:

    Una tematica “che avrebbe bisogno di vedere recuperato il ruolo rilevante” che ha sempre avuto nella vita della Chiesa fin dai suoi inizi. È la catechesi, al centro del relativo Consiglio internazionale, il prossimo 25 settembre, del Congresso internazionale, dal 26 al 28, e della Giornata dei catechisti, sabato 28 e domenica 29. Momenti peculiari degli appuntamenti saranno la catechesi di Papa Francesco il 27 pomeriggio alle 17 in Aula Paolo VI e domenica 29 la celebrazione della Santa Eucaristia alle 10.30, seguita dall’Angelus in Piazza San Pietro.

    L’arcivescovo Rino Fisichella, ricordando che l’Anno della Fede celebra “sia la scadenza dei cinquant’anni dell’inizio del Vaticano II, come pure il ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica”, ha rimarcato che tra le competenze del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione figurano la promozione dello stesso Catechismo e la giurisdizione – ereditata dalla Congregazione per il Clero - su tutta la catechesi. Non è escluso, inoltre, che in futuro lo stesso dicastero possa promuovere centri o luoghi di formazione per i catechisti. Un impegno “considerevole” riguardo al quale il presule ha annunciato che a breve sarà a disposizione gratuita degli utenti una App “Catechismo della Chiesa Cattolica” per tablet e smartphone:

    “Siamo particolarmente contenti di aver raggiunto questo obiettivo - con il sostegno generoso della Conferenza Episcopale Italiana - che permetterà di avere a portata di mano sia il Catechismo della Chiesa Cattolica come il suo Compendio con la possibilità e facilità di consultazione dei testi, dei riferimenti biblici (versione della Bibbia Cei del 1974 e 2010), della ricerca dei termini in questione e dei testi di riferimento, con l’opportunità di un loro trasferimento via facebook, twitter e altro”.

    Uno strumento, ha aggiunto mons. Fisichella, che “viene in aiuto a quanti desiderano conoscere meglio la fede trasmessa nei secoli e il patrimonio di dottrina e spiritualità condensato in quelle pagine”. Un patrimonio negli anni trasmesso anche dai catechisti, oggi operativi in oltre 3 milioni in tutto il mondo, al quale contribuiscono pure i Movimenti, le cui catechesi - ha spiegato l'arcivescovo - "sono sempre in relazione con quello che è il cammino che la Chiesa particolare viene a realizzare":

    “Alcune chiese hanno avuto un forte impegno nella formazione dei catechisti. Questo avviene soprattutto per le regioni dell’Africa e per molte zone dell’America Latina. In molti di questi Paesi, i catechisti svolgono realmente un’opera autentica di evangelizzazione e di azione pastorale dove non sono presenti né i sacerdoti, né i diaconi permanenti. Oggi, ci ritroviamo da una parte con un grande impegno delle chiese, delle Conferenze episcopali e delle diocesi, nella formazione dei catechisti e delle catechiste. Vorrei sottolineare il grande impegno che in questo viene messo dalle catechiste: non ho timore ad affermare che la maggioranza delle persone che si impegnano nella catechesi sono certamente le donne. In molti casi, se non ci fosse la presenza qualificante delle donne che aiutano i sacerdoti nella catechesi, noi dovremmo chiudere migliaia di parrocchie, perché non ci sarebbe la forza che viene data, invece, da questo volontariato offerto con grande passione e grande generosità dalle catechiste. Dall’altra parte, sentiamo profondamente il bisogno però di una formazione sempre più diretta, una formazione che prenda il più possibile in considerazione gli elementi basilari della catechesi, del suo rinnovamento e anche dei contenuti della fede”.

    I prossimi eventi che avranno come tema caratterizzante l’espressione: “Il catechista testimone della fede”, saranno dunque occasione di verifica e miglioramento del lavoro svolto fin qui. In particolare, la riflessione si soffermerà sulla formazione degli adulti, soprattutto a livello europeo:

    “La catechesi è importante nella vita della Chiesa, perché non può essere confusa con una formazione generica: ha un suo spazio peculiare, perché è ciò che consente di coniugare la maturazione della fede - proporzionata e coerente con gli stati e con l’età delle persone - con la testimonianza della vita. Quindi la catechesi impegna nella vita, non è uno studio teorico. È l’esigenza che ogni credente è opportuno che senta molto viva in sé stesso, per coniugare la maturazione nella fede e la testimonianza concreta di vita. Noi constatiamo che questo viene a mancare; ecco perché si parla di un profondo analfabetismo della fede e di una incapacità a sentirsi parte della comunità credente. Certo, durante il Congresso e la riunione internazionale probabilmente avremo bisogno di capire quali nuove metodologie saranno da studiare per consentire un’azione più efficace della catechesi legata alla vita".

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    Plenaria delle Comunicazioni Sociali su "La rete e la Chiesa": intervista con mons. Celli

    ◊   Si è aperta in Vaticano la Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali sul tema “La rete e la Chiesa”. Philippa Hitchen ha intervistato il presidente del dicastero, mons. Claudio Maria Celli:

    R. – La plenaria si situa nell’attuale contesto della comunicazione e oggi la comunicazione si muove soprattutto all’interno di una rete. Certo che rimangono i tradizionali mezzi di comunicazione: vale a dire, la stampa, la radio, la televisione. Però, innegabilmente, le nuove tecnologie hanno dato adito a questa nuova realtà: vuol dire che oggi ormai centinaia di milioni di persone si muovono, abitano la rete. E la preoccupazione della Chiesa è come interagire con questi abitanti della rete, uomini e donne di oggi che hanno i loro problemi, che hanno bisogno di una ricerca di verità, e che devono rispondere ai problemi della loro vita. E quindi, il problema della Chiesa, direi la missione della Chiesa è di entrare in dialogo con queste persone. E dunque il tema della nostra plenaria è proprio questo: Chiesa e rete, e che ruolo può giocare la Chiesa nella rete; come entrare in dialogo con gli uomini e le donne che abitano la rete, come annunciare il Vangelo, e come trasmettere questi fondamentali valori umani. In una parola, come oggi ci dice Papa Francesco, come promuoviamo una cultura dell’incontro nel contesto della rete?

    D. – Negli ultimi anni, il vostro Consiglio ha compiuto vari progressi in questo senso: siti nuovi come news.va, pope2you, adesso una nuova iniziativa di e-book. Come giudica finora questo progresso?

    R. – Io ritengo che abbiamo fatto passi considerevoli. Lei menzionava news.va, questo nuovo strumento di informazione della Santa Sede. Quello che ci lascia stupiti è la risposta che abbiamo. Oggi, il sito è visitato quotidianamente dalle 50 alle 60 mila persone. Ma quello che ci stupisce ancora di più è la dimensione che si è creata su facebook. Come lei sa, news.va è presente su facebook nelle cinque lingue. Oggi possiamo dire – sono dati recentissimi – che ogni mese il sito di news.va su facebook è visitato da più di 10 milioni di persone. La fanno da padroni gli spagnoli, poi i visitatori di lingua inglese; gli italiani sono poco più di 600 mila. Però, quello che a noi interessa è questo: vedere come gli uomini e le donne di oggi cercano. La rete è veramente un grande strumento di conoscenza, di comunicazione, di relazione. Sì, innegabilmente ci sono anche aspetti deteriori e negativi, quindi la nostra analisi così positiva non è ingenua. Conosciamo perfettamente i limiti. Però, amiamo sottolineare la valenza positiva e come queste nuove tecnologie comunicative possano favorire un rapporto, una crescita di amicizie. Ecco perché poco fa citavo la cultura dell’incontro: perché oggi in questi grandi social network lei può incontrare, può dialogare, può conoscere, può relazionarsi con centinaia di migliaia di persone, e questa è un’opportunità che non va perduta. Poi, l’altra cosa che mi sembra molto importante è Twitter: oggi siamo arrivati a 9 milioni e 300 mila followers. Ma quello che più mi interessa è la dimensione del ri-twittaggio. Oggi si pensa che almeno 60 milioni di persone possono avere sul proprio cellulare, sul proprio smartphone, sul proprio ipad e quindi sul proprio tablet, il tweet del Santo Padre. E questo innegabilmente è una dimensione di evangelizzazione di tutto rispetto. Amo molto pensare a questo: il Papa che usa il linguaggio dell’uomo di oggi, un linguaggio certamente “castigato” – potremmo dire così – in 140 caratteri; però, è anche vero che il Papa può raggiungere tante persone!

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    Udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto questa mattina il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’Ufficio di Superiore ecclesiastico della Missio sui iuris di Tadjikistan, presentata dal Rev.mo P. Carlos Antonio Avila, dell’Istituto del Verbo Incarnato (I.V.E.), e, in pari tempo, ha nominato Superiore ecclesiastico della medesima Missio sui iuris padre Pedro Ramiro López. Padre Pedro Ramiro López è nato il 12 settembre 1978 a San Rafael, provincia di Mendoza (Argentina). Nel 1996 ha completato gli studi per la maturità umanistica presso l’Istituto "Alfredo Rodolfo Bufano" a San Rafael, ed ha iniziato il percorso di formazione presso il Seminario "María, Madre del Verbo Encarnado" nella medesima città. Ha emesso i voti di professione perpetua presso l’Istituto del Verbo Incarnato il 15 settembre 2002 ed è stato ordinato sacerdote il 29 agosto 2003. Dal 2004 svolge il ministero pastorale nella Missio sui iuris di Tadjikistan, dove attualmente ricopre l’incarico di Parroco della Parrocchia di San Giuseppe a Dushanbe ed è impegnato, inoltre, nella Caritas nazionale. Oltre allo spagnolo, parla l’italiano, l’inglese, il russo e il tagiko.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Pastori in ascolto del popolo: Papa Francesco ricorda che il ministero episcopale è un servizio d'amore.

    Per sanare le pieghe dei bambini soldato: intervento della Santa Sede a Ginevra.

    Inondazioni senza clamore: il Messico sott'acqua ma pochi se ne accorgono.

    Quella distanza tra due porte: in cultura, Gaetano Valini sui vicini di casa tra indifferenza e diffidenza.

    Quando Orvieto perse la memoria: Maurizio Sannibale recensisce una mostra sulle ultime scoperte archeologiche nell'antico territorio etrusco.

    Gran documentario ma...: Emilio Ranzato sul film di Gianfranco Rosi "Sacro Gra".

    Caro imperatore metti da parte le mondanità: Jean-Pierre De Ryche riguardo al messaggio di Pisanello nascosto nella medaglia dedicata nel 1438 a Giovanni VIII Paleologo.

    Tra storia e memoria: Marcello Filotei spiega come i social network stanno cambiando la nostra percezione del tempo che scorre.

    Tradizione a confronto con la modernità: nell'informazione religiosa, intervista di Felipe J. Monroy all'arcivescovo presidente del Consiglio episcopale latinoamericano, Carlos Aguiar Retes.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, attentato in villaggio alawita: 19 morti. Assad: pronto a consegnare armi chimiche

    ◊   Il presidente siriano Assad ha ammesso il possesso di armi chimiche che ha intenzione di distruggere entro un anno. Allo stesso tempo si è detto disposto a consegnare l'arsenale a qualunque Paese sia disposto ad assumersi il rischio di prenderle in consegna. La Nato, dal canto suo, ha affermato che resta aperta l'opzione militare, mentre sul terreno proseguono i combattimenti: questa mattina 19 persone sono rimaste uccise per l’esplosione di un ordigno a Jabourin, un villaggio nella provincia di Homs abitato in prevalenza dalla minoranza alawita, cui appartiente lo stesso Assad. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    La guerra in Siria continua ad essere combattuta su due piani, quello diplomatico e quello del terreno. Da una parte, infatti, freme l’attività delle cancellerie internazionali, impegnate in difficili identità di vedute sulla risoluzione Onu che dovrebbe mettere nero su bianco l’accordo russo-americano sulle armi chimiche. Armi che il presidente Assad ha ammesso di avere, ma che ha pure detto di consegnare a qualunque Paese sia disposto ad assumersi il rischio di prenderle in consegna. Una mano tesa, la sua, che non allenta la tensione in Consiglio di Sicurezza, dove la Russia resta dell’idea che nel testo della risoluzione non sia opportuno inserire la possibilità di un intervento militare in caso di inadempienza da parte del regime di Damasco. Intervento che invece resta come possibilità nell’agenda della Nato, come ha affermato stamattina il segretario generale Rasmussen. Certo l’azione della Russia resta forte: sempre stamattina ha affermato che è possibile un contatto tra dirigenti siriani e l’opposizione a margine della sessione dell'assemblea generale dell'Onu. Intanto sul terreno si continua a morire: un ordigno collocato sul ciglio della strada è esploso al passaggio di un autobus nella provincia centrale di Homs, uccidendo 19 persone. Miliziani jihadisti, invece, hanno conquistato la città siriana di Azaz, al confine con la Turchia; Ankara, dal canto suo, ha sigillato le proprie frontiere per timore di infiltrazioni terroristiche e per evitare pericolosi sconfinamenti dei combattimenti.

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    Mons. Dahdah: le guerre in Medio Oriente sono conflitti tra sunniti e sciiti

    ◊   La guerra in Siria ha pesanti ripercussioni sul vicino Libano, sia dal punto di vista umanitario che politico. Salvatore Sabatino ha intervistato il vicario apostolico dei latini di Beirut, mons. Paul Dahdah:

    R. - Siamo fortemente e profondamente condizionati dalla guerra in Siria: una delle conseguenze è che le elezioni parlamentari sono state rinviate. Se si continua così, anche le elezioni per il presidente della Repubblica, che sono in programma fra quasi un anno, potrebbero essere rinviate. C’è un clima di attesa e di paura che si riscontra più o meno in tutti i Paesi limitrofi alla Siria: attualmente tutti i Paesi arabi, secondo me, hanno paura.

    D. – Ci sono anche difficoltà dal punto di vista umanitario: sono tantissimi i profughi che sono arrivati in Libano…

    R. – I profughi sono tantissimi. Caritas Libano, che è di tutti i cattolici del Libano, sta lavorando molto, ma questo non rappresenta la soluzione definitiva del problema. Oltre ai profughi ci sono anche famiglie benestanti che sono venute in Libano sin dall’inizio del conflitto: hanno comprato appartamenti e si vedono macchine di lusso; vengono soprattutto da Aleppo e Damasco.

    D. – Il Libano è stato sempre uno straordinario Paese di convivenza, di incontro tra le religioni; anche la Siria in un certo modo lo era. C’è la percezione del pericolo per cui qualche cosa possa cambiare anche in Libano?

    R. – Sì, il pericolo c’è, ma è difficile andare a capire quale possa essere: oggi in Medio Oriente, per la guerra che c’è in Siria, il problema è “musulmano-musulmano”, è “sunnita-sciita” e da noi in Libano questo è molto visibile. Ormai i cristiani sono divisi in due fazioni, una con gli sciiti e l’altra con i sunniti; nella stessa comunità sunnita c’è il problema del Muftì – il capo religioso – che ha problemi con i suoi fedeli e conflitti con i politici … Insomma, è tutto un caos. Che possa venir meno questa convivenza? Tutto è possibile, oggi. Non c’è niente di garantito, né di scontato. Non si sa.

    D. – I cristiani che hanno sempre avuto un ruolo di mantenimento degli equilibri, attualmente che ruolo svolgono in Libano?

    R. – Non svolgono nessun ruolo! Come ho detto, i cristiani stanno una parte con gli uni e una parte con gli altri. Questo, da un certo punto di vista, fa anche bene per mantenere un certo equilibrio, ma non sono loro che decidono. Certo, noi siamo un po’ più dialoganti, più aperti e concilianti, ma quando ci sono le armi tutto questo finisce male.

    D. – C’è la percezione che la guerra possa arrivare anche in Libano?

    R. – Non si può avere una percezione così sicura, perché la percezione è una cosa soggettiva, non oggettiva.

    D. – C’è paura?

    R. – C’è paura tra la gente. Chi può andar via se ne va, ma si continua a vivere. Ormai siamo abituati: io sono sacerdote da quasi 45 anni e i due terzi della mia vita sacerdotale li ho passati in guerra; tra le guerre civili in Libano e la guerra tra Iraq e Iran, poi l’entrata di Saddam Hussein in Kuwait, l’uscita e l’embargo, abbiamo passato tutta una vita in guerra. Fino ad ora però ci siamo salvati ...

    D. – Voi vescovi del Medio Oriente avete preso una posizione molto netta contro un possibile intervento internazionale in Siria…

    R. – Certo: già in quanto cristiani bisognava farlo! La violenza non crea la pace: è quello che ha detto il Papa e aveva pienamente ragione, e tutti si sono uniti a lui, anche i non cattolici e tanti musulmani. Interventi militari ne abbiamo avuti: guerra e pace non possono stare insieme, è una contraddizione. Perché un intervento militare? Per interessi e per ragioni politiche! Lo capisco, ma questi interessi non sono i nostri, né sono le nostre ragioni. Noi predichiamo la pace e dobbiamo contribuire a stabilirla.

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    L'Egitto nega "arresti politici recenti". Ridotto di altre due ore il coprifuoco

    ◊   Sarà ridotto di altre due ore, a partire da sabato prossimo, il coprifuoco imposto dalle autorità in Egitto. Anche oggi scontri: ucciso un poliziotto a Kerdasa di Giza, a Sud della capitale, mentre è stato arrestato un altro esponente di spicco dei Fratelli Musulmani. Le autorità del Paese, intanto, rispondono agli Usa precisando che non sono stati effettuati di recente "arresti politici". Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Non si fermano le violenze in Egitto. Anche oggi colpi di arma da fuoco sono stati scambiati tra le forze di sicurezza e gruppi armati nei dintorni del Cairo. Un agente della polizia è rimasto ucciso: obiettivo dell'operazione era quello di prendere il controllo dell'area di Kerdasa di Giza, a Sud della capitale, dove il mese scorso 13 agenti di polizia hanno perso la vita in scontri con uomini armati. Intanto nella capitale gli artificieri egiziani hanno disinnescato due ordigni esplosivi rudimentali ritrovati nelle gallerie della metropolitana. E non si fermano le proteste dei sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi, detenuto in un luogo segreto dal 3 luglio scorso. Arrestato anche Mohammed Ali Bishr, esponente di spicco dei Fratelli Musulmani ed ex ministro dello Sviluppo locale. Il suo arresto segue quello del portavoce della fratellanza Gehad el-Haddad. Ieri, all’ex presidente Morsi è stato concesso di telefonare a suoi familiari: ribadite le buone condizioni di salute. Il leader continua a non riconoscere la legittimità dei magistrati che lo stanno giudicando e lo accusano di aver fomentato le uccisioni durante le proteste che gli si contrapponevano. In questo scenario il Ministero degli esteri egiziano ha negato che nel Paese siano stati effettuati, di recente, "arresti politici", dopo le accuse arrivate ieri dal Dipartimento di Stato americano. Intanto sarà ridotto di altre due ore, a partire da sabato prossimo, il coprifuoco dopo lo sgombero ad agosto dei sit-in dei sostenitori di Morsi. La misura sarà in vigore dalla mezzanotte e non più dalle 23, fino alle 5 del mattino invece che alle 6. Continuano a fare eccezione i venerdì, generalmente occasione di proteste di piazza, dove il coprifuoco in questo caso entra in vigore dalle 19.

    Sulla situazione in Egitto, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro studi internazionali:

    R. - La stabilizzazione del Paese è ancora lontana. Le autorità del Cairo stanno portando avanti una sorta di repulisti, in questo momento, della Fratellanza musulmana, che è ancora vista come il maggior nemico della stabilizzazione. Questo divide la popolazione in due schieramenti e, in questo momento, le grandi città dove la Fratellanza ha meno proseliti sono abbastanza tranquille e anche se vanno avanti le manifestazioni, hanno perso l’intensità rispetto ai mesi passati. Invece nelle zone più rurali, lontane dalla città o anche - per esempio - nell’Alto Nilo, le manifestazioni proseguono, perché è lì che la Fratellanza ha il proprio bacino di sostegno non solo politico, ma soprattutto sociale.

    D. - E’ stato concesso all’ex presidente Morsi di telefonare ai suoi familiari…

    R. - Il regime ha dato sicuramente un segno di apertura rispetto alla Fratellanza, ma da entrambe le parti ancora non vi sono segnali della possibilità di un dialogo. Lo stesso Morsi ancora non ha fatto aperture nei confronti delle autorità militari e nei confronti della possibilità di un negoziato con le autorità militari. Questo fa sì che la situazione sia ancora molto tesa e che, appunto, i due schieramenti ancora si contrastino e fa sì anche che il Paese sia ancora bloccato in questo limbo del post-Mubarak: le elezioni dello scorso anno sembravano un passo importante verso la stabilizzazione, ma sono risultate un’ulteriore difficoltà nel processo di novità istituzionale. Tutto questo accade in uno scenario economico sempre più drammatico per il Paese, dove le forze dello Stato sono ormai allo stremo.

    D. - In questo scenario sono stati di fatto approvati degli stanziamenti, 28 milioni di Euro, da parte dell’Unione Europea nei confronti dell’Egitto. Una boccata d’ossigeno?

    R. - Assolutamente sì! In un momento in cui i maggiori sostenitori delle istituzioni, i maggiori sostenitori economici delle istituzioni egiziane provenivano dal Golfo. La strategia delle monarchie del Golfo era soprattutto portata ad un sostegno - se vogliamo - alla Fratellanza musulmana. Quindi questa politica di apertura economica dell’Unione Europea dà ulteriore respiro alle casse egiziane, ma è anche un segnale politico per far sì che l’Egitto riprenda la propria strada da protagonista, nell’area mediorientale e non sia un processo, del post-Mubarak, soffocato politicamente all’interno delle dinamiche regionali con le monarchie del Golfo che prendono il sopravvento rispetto all’Egitto.

    D. - Ma c’è il rischio - secondo lei - di una possibile deflagrazione della situazione egiziana oppure si ha l’idea di un cammino verso una stabilizzazione, anche se lontana?

    R. - Indubbiamente in Egitto l’istituzione delle Forze Armate è un’istituzione che tiene il Paese in piedi non solo politicamente, ma anche economicamente: fin quando l’esercito riesce a mantenere insieme il Paese, non vi è ancora il rischio di deflagrazione. Purtroppo però, più si va avanti e più non si cerca e non si trova un dialogo tra le Forze Armate e la Fratellanza musulmana, più il rischio di uno scontro aperto, di uno scontro violento tra queste due anime del Paese è più forte.

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    Voto legislativo domenica in Germania: questioni sociali in primo piano

    ◊   In Germania, si prepara il voto legislativo di domenica prossima. Dopo la vittoria piena dell’Unione cristiano sociale una settimana fa nelle elezioni in Baviera, in molti prospettano un altro ampio consenso per il partito della cancelliera Angela Merkel. Oggi, però, un sondaggio mette in dubbio che la coalizione della Merkel raggiunga la maggioranza e prospetta, tra l’altro, l’ingresso nel Bundestag del partito anti-euro Afd, (Alternativa per la Germania). Fausta Speranza ha intervistato Gian Enrico Rusconi, germanista ed editorialista de "La Stampa":

    R. – Queste elezioni più di altre sono molto mediate dal sistema giornalistico. E’ chiaro che sul piano strettamente delle previsioni dei numeri, è garantita la vittoria della cancelliera, anche se qualche giornale incomincia a dire: “Ma, forse no …”, come leggevo questa mattina. Però è chiaro che – ed è il punto importante – la sua vittoria personale non vuol dire che possa fare quello che vuole. E quindi vedremo la settimana prossima, e non vorrei che dovessimo aspettare anche altre settimane …

    D. – In che senso? Parla di coalizioni possibili?

    R. – Sì: parlo di coalizioni possibili, che è la cosa importante. In particolare, se i liberali non ce la fanno, si apre la prospettiva di un’alleanza con la "Grande Coalizione". E qui ci sono due opinioni opposte. Una che dice: “Ma, in fondo i socialdemocratici non vedono l’ora di fare il Junior partner”, o altri che dicono: “No, adesso, questa volta, i socialdemocratici punteranno i piedi e non vorranno fare semplicemente i partner della signora Merkel”, e tireranno fuori … che cosa? Perché è qui, il punto da capire: le possibili obiezioni alla Merkel. Il fatto è che non c’è una vera opposizione alla politica interna ed esterna della Cancelliera: questa cosa è molto importante! Non è che i socialdemocratici hanno una politica diversa quando si parla del ruolo e delle competenze della Banca europea, quando si parla di Eurobond … il punto che voglio affermare è che c’è una unanimità di fatto rispetto alla posizione della Merkel. Cioè, la Germania difficilmente tornerà indietro dalla sua attuale posizione, che deve infatti alla signora Merkel che, come qualcuno ha detto, all’interno è molto disponibile, molto sorridente, molto conciliante e all’esterno dura.

    D. – Parliamo di temi più dibattuti nel Paese in questa campagna elettorale?

    R. – Dunque, in realtà sembra – almeno, all’inizio sembrava – che i temi fossero soprattutto interni, cioè su una maggiore perequazione sociale. Infatti, tutti sono d’accordo nel dire: “Sì, la Germania sta bene, la disoccupazione è felicemente bassa, i ragazzi, i giovani sono occupati ma ci sono milioni di persone che vengono in qualche modo non dico sottopagati, ma che non rispondono a questa immagine tutta positiva”. Nel senso che la forbice sociale si sta allargando, anche in Germania, anche se in maniera meno drammatica che altrove. Poi, c’è il discorso dell’ambiente. Poi c’è il dibattito sui diritti civili che è un po’ comune dappertutto. Ad avere più peso è il problema di una maggiore equità sociale interna. Il tema “Europa” è sempre sottinteso, contrariamente a quanto pensiamo noi, e dibattuto per interposta persona, per esempio litigando con i radicali della “Alternative für Deutschland”, che sono quelli che dicono: “Usciamo dall’Euro”, o addirittura “Facciamo un Euro-Nord e un Euro-Sud”, che comunque chiedono di rimettere in discussione quello che invece la cancelliera non vuole rimettere in discussione, il suo slogan dall’inizio: “Si salva l’Europa salvando l’Euro”.

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    La sofferenza dei civili in Centrafrica vittime dei raid delle milizie Seleka

    ◊   Si discuterà il 25 settembre prossimo a New York, a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu, la possibilità di ampliare la presenza delle truppe internazionali in Repubblica Centrafricana. Nel Paese, dopo l’ascesa al potere del presidente Djotodia, la situazione non è affatto pacificata e i miliziani golpisti del gruppo Seleka, ormai sciolto, si lasciano andare a razzie di ogni genere ai danni della popolazione civile. In mancanza di un potere centrale forte, la gente cerca di reagire, mentre la situazione umanitaria è sempre più grave. Giancarlo La Vella ha intervistato Enrico Casale, africanista della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. – La coalizione Seleka, che ha portato al potere il presidente Djotodia, è formata anche da miliziani provenienti da Paesi confinanti con la Repubblica Centrafricana. Questi, una volta invasa la Repubblica Centrafricana e abbattuto il regime di Bozizé, si sono spartiti il Paese con l’intento di saccheggiarlo. Tutto ciò ha portato a una crescente insoddisfazione e paura da parte della popolazione civile che, dopo mesi di vessazioni, ha iniziato a reagire creando delle milizie di autodifesa sul territorio.

    D. – La creazione di queste milizie è una cosa illegale, che si aggiunge ad una situazione che già è di illegalità?

    R. – Se la vediamo con occhi occidentali, forse sì. Dobbiamo pensare però ad un Paese che è stato distrutto, nel quale non esistono più forze di polizia e forze armate organizzate. Di conseguenza, la popolazione civile è in totale balia di questi miliziani e quindi certamente le milizie di autodifesa, pur non rientrando in un assetto istituzionale classico, in questo momento sono l’unico mezzo che la gente ha per reagire alle violenze.

    D. – Ci vorrebbe, secondo te, un ampliamento dell’intervento internazionale a cominciare da quello dell’Unione Africana?

    R. – In realtà, sul territorio esiste già una missione dell’Unione Africana che conta 3.600 effettivi; però sino ad ora non ha ancora operato sul territorio in maniera efficace. Teniamo presente poi che, sempre nella Repubblica Centrafricana, esiste una guarnigione con 600 militari francesi: anche questi, per il momento, non sono intervenuti negli affari interni del Paese. Però, la Francia - che, lo ricordiamo, è ex-potenza coloniale - e l’Unione Africana potrebbero intervenire per stabilizzare la situazione politica dello Stato.

    D. – A margine di tutto questo, una situazione umanitaria sempre più difficile …

    R. – Certamente. La situazione umanitaria è terribile. La gente spesso e volentieri torna nei villaggi di giorno per portare avanti le proprie occupazioni, ma di notte si reca nelle foreste per sfuggire alle violenze e alle vessazioni dei miliziani.

    D. – Dietro a questa situazione ci sono interessi particolari?

    R. – La Repubblica Centrafricana è un Paese abbastanza ricco: innanzitutto di risorse naturali. Penso soprattutto al legno pregiato, ma anche oro e uranio, che fanno gola a molti Paesi occidentali, ma anche ad alcuni Paesi africani. Quindi è uno Stato il cui controllo può garantire grandi entrate, grazie a queste risorse naturali, che sono preziosissime.

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    Mali: prospettive di pace per il Nord, ma nel Paese continuano gli scontri

    ◊   A Bamako, in Mali, si celebra oggi la cerimonia di insediamento del nuovo presidente Boubacar Keità, mentre si sono concluse, con dichiarazioni molto positive, le trattative del governo con i ribelli e le tribù tuareg della regione dell’Azawad. Prosegue intanto, nel Nord del Paese, l’azione congiunta di Onu e Francia per combattere i ribelli ancora attivi e oggi un drone francese ha ucciso sei miliziani nel Nord-Est. Sui risultati dei colloqui e le prospettive per il Paese, Davide Pagnanelli ha intervistato Luigi Serra, esperto di questioni della zona del Magreb:

    R. - Porterà come risultato sicuro, certo e praticabile una sorta di rallentamento delle tensioni. Ma, ho il grande sospetto che questa fase interlocutoria porterà più ad una riorganizzazione da parte dei ribelli, della loro azione, della loro politica di destabilizzazione del governo, piuttosto che a risultati definitivi. Quindi credo che il nuovo contesto degli accordi sia da guardare come un momento di grande attenzione per prepararsi a governare i sussulti, i rigurgiti che sicuramente i ribelli avranno.

    D. - A che novità dobbiamo abituarci con il nuovo presidente Keita?

    R. - Ad una maggiore disponibilità di apertura a colloqui con “gli occidentali”.

    D. - In questo momento in Mali c’è una missione congiunta composta dall’Onu e dai francesi...

    R. - Esattamente. Anche all’interno di questo binomio - che pare coeso - l’Europa dovrebbe essere guardinga per un verso e per l’altro disponibile a dare risposte che guardino ad essere più meritoriamente presenti con il sostegno alle popolazioni locali. Comunque va fatta una distinzione tra l’Onu, che probabilmente può avere una visualizzazione del problema in termini più generalmente multinazionali, e la presenza della Francia, che tiene a tutelare i suoi interessi storici.

    D. - Che prospettive di collaborazione ci sono tra Francia e Mali?

    R. - Ci sono buone prospettive in teoria. Dal punto di vista pratico, dei risultati, si attende trasparenza della volontà di intervento francese. È tempo di uscire dagli equivoci! Il Mali potrebbe diventare una "palestra" dove le forze terroristiche potrebbero trovare lo spazio sia per punire il governo maliano che per scompaginare le forze internazionali e gli spiragli di una pacificazione in quelle aree, una pace a tutto vantaggio delle relazioni internazionali e del rispetto della dignità umana.

    D. - Quali interessi hanno i terroristi nel disorganizzare proprio la regione del Mali?

    R. - La regione del Mali è nevralgica, perché centrale, sulla quale innanzitutto si scaricano le attenzioni delle realtà statuali africane: dal Marocco, all’Algeria, alla Libia, che sono Paesi maggiormente organizzati, più forti economicamente e da tutti i punti di vista. È un Punto di convergenza con gli altri Paesi del Sahel che si ritrovano in una situazione di forza, senza eccessiva differenza rispetto al Mali: se in Mali il terrorismo riuscirà a passare si troverà davanti una diga che non lo conterrà, come una slavina violentissima che si abbatterà sulle altre aree africane.

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    Legge contro omofobia: maggioranza divisa, ma una ricerca dice che in Italia non c'è urgenza sociale

    ◊   In Italia, la Camera dei Deputati ha respinto stamane gli emendamenti che chiedevano la soppressione del primo articolo della proposta di legge sull’omofobia, dove s’inserisce l’aggravante nei reati “fondati sull’omofobia o transfobia”. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Il voto a scrutinio segreto è arrivato dopo 24 ore a Montecitorio di estenuanti trattative. A proporre gli emendamenti al provvedimento contro l’omofobia, che tante polemiche sta suscitando anche nell’opinione pubblica, sono stati alcuni deputati del Pdl, insieme alla Lega e al partito Fratelli d’Italia. I no sono stati 395 , i sì 73, gli astenuti 39. Resta dunque l’aggravante di omofobia nei reati voluta dal Pd, da inserire nella Legge Mancino che già prevede aggravanti nei reati per motivi razziali, etnici nazionali o religiosi. Lo scontro nella maggioranza si è consumato con il Pdl che chiedeva l’aggravante solo quando la motivazione omofoba emergesse “pubblicamente” o “apertamente”. Oggetto di contesa anche l’aggravante omofoba per reati di opinione. Maggioranza dunque divisa ma la legge potrebbe in realtà passare con i voti di Pd, Sel e M5S.

    Un testo contro l’omofobia che ha assunto i caratteri di un’urgenza sociale forse immotivata, visto che l’Italia risulta tra i Paesi al mondo con un maggiore livello di accettazione nella pubblica opinione dell’omosessualità. Lo ha documentato una ricerca condotta in 39 Stati di ogni continente dall’Istituto di ricerca statunitense “Pew Research Center”. Nella classifica l’Italia è all’ottavo posto nella tolleranza omosessuale e al quarto posto tra i Paesi che hanno fatto maggiori passi avanti negli ultimi sei anni. Se in Italia il 74 per cento dichiara di accettare serenamente l’omosessualità, negli Stati Uniti il dato scende al 60 per cento, e così anche in Brasile mentre sale all’88 per cento in Spagna; in fondo alla lista la Nigeria e la Tunisia con tolleranza minima dell’1 e 2 per cento, mentre Russia e Cina sono a quota 16 e 19 per cento. Certo sarebbe da valutare cosa s’intenda per tolleranza, quando in questa parola sovente si vuol comprendere da parte degli attivisti dei diritti omosessuali anche l’accettazione – tutta da dimostrare nelle pubbliche opinioni - dei matrimoni delle coppie gay e della possibilità di adozione o la negazione dell’identità sessuale ‘maschio’ e ‘femmina’, perfino del divieto di usare le parole ‘madre’ e ‘padre’ per iscrivere un figlio a scuola.

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    Il card. Caffarra: lo Stato non violi il patto sociale con tasse troppo elevate

    ◊   Quando lo Stato viola il patto sociale diventa ingiusto. E’ il pensiero del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, espresso questa mattina nel capoluogo emiliano nel corso dell’annuale festa dei finanzieri in onore del loro patrono San Matteo apostolo. Un’occasione per riflettere sul rapporto tra Stato e cittadini in un momento così delicato per la crisi economica in atto. Da Bologna, Luca Tentori:

    "Tu hai cercato salvezza nell’organizzazione, che non può altro produrre che altra organizzazione". Cita Pierpaolo Pasolini il card. Carlo Caffarra per spiegare la terribile malattia della burocrazia, che anche se necessaria, tende a generare altra burocrazia. E’ uno degli errori in cui lo Stato può cadere nel rapporto con il cittadino. Il punto di partenza di questo passaggio dell’omelia rivolto ai militari della Guardia di finanza di Bologna, è molto semplice: “Il sistema fiscale è parte cospicua del patto sociale, per cui il cittadino ha il diritto di avere quei servizi pubblici, in ragione dei quali paga le tasse”. Da qui le conseguenze:

    “Lo Stato viola il patto sociale e diventa ingiusto se non rende i servizi; oppure se questi sono di pessima qualità; oppure se i più poveri non sono ugualmente trattati nell’accesso ai medesimi”.

    Si può parlare persino di egoismo pubblico quando la spesa dello Stato, basata sulle tasse richieste ai contribuente, diventa esorbitante:

    “Lo Stato viola il patto sociale e diventa ingiusto se i cittadini sono costretti, decidendo di esercitare un loro diritto fondamentale, a pagare due volte lo stesso servizio. Come avviene a chi esercita il diritto alla libertà di educazione dei propri figli”.

    L’attenzione va poi alla crisi economica che in questi anni coinvolge - non poche - piccole e medie imprese. C’è uno Stato che viola il patto sociale quando la tassazione è talmente elevata da rendere impossibile la tutela e la promozione di beni comuni fondamentali, quale il lavoro.

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    Torna Loppianolab, appuntamento dei Focolari per rilanciare la speranza nel Paese

    ◊   Dal 20 al 22 settembre torna a Loppiano, cittadella del Movimento dei Focolari vicino Firenze, l’appuntamento annuale con Loppianolab. Saranno tre giorni aperti a giovani, imprenditori, amministratori, e cittadini comuni che si confronteranno sul tema “Custodire l'Italia, generare insieme il futuro" attraverso workshop, convegni e laboratori. Venerdì l’inaugurazione della Scuola di Economia civile con il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Ha ancora senso rilanciare l’Italia e l’Europa, oggi? Nonostante la recessione, la risposta da più parti è sì, ma occorre mettere insieme e far dialogare forze, idee, progetti a favore della rinascita. A Loppiano si proverà a farlo. Michele Zanzucchi è direttore della rivista “Città Nuova” che è tra i promotori dell’evento:

    “Loppianolab è organizzata da alcune realtà del Movimento dei Focolari, ma non solo, che vogliono cercare di mettere il dito sulle criticità, ma non solo per denunciare, quanto per proporre attraverso il laboratorio qualche motivo di speranza al Paese”.

    Una cinquantina gli eventi in programma: confronto imprenditori economisti cittadini giovani studenti, un workshop per i ragazzi che cercano un lavoro o che pensano di diventare imprenditori, una expo, una convention per le aziende. Due i temi-chiave: la cultura della legalità e l’economia legata alla società civile, la cosiddetta economia civile a cui sarà dedicata una scuola di formazione, ideata dalle realtà del Movimento ma anche da Banca etica e Acli. L’auspicio è che sia incubatore di una nuova cultura che coniughi mercato e bene comune. Ma quale il messaggio che Loppiano vuole lanciare ai rappresentanti istituzionali che saranno presenti? Ancora Michele Zanzucchi:

    “La proposta della scuola di economia civile è un invito al governo ad occuparsi sempre di più di questo mondo sommerso dell’economia italiana, di questo mondo ricco di iniziative, molto poco favorite, in questo momento. D’altra parte, quando si parlerà di legalità, noi cercheremo di mostrare come la legalità abbia bisogno di una risposta collettiva per poter diventare effettiva”.

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    Campagna di Save the Children contro la mortalità infantile

    ◊   Raccontare come si può sconfiggere la mortalità infantile. Questo il messaggio lanciato da Save the Children con l’inaugurazione del villaggio "Every One" costruito in Piazza del Popolo a Roma. La struttura itinerante farà tappa anche a Napoli, Firenze e Milano ed è il proseguimento della campagna che la onlus ha iniziato nel 2009 contro la mortalità infantile, una piaga che colpisce ogni anno 6,6 milioni di bambini in tutto il mondo. La raccolta fondi sarà destinata alla realizzazione di progetti in Etiopia, Malawi, Mozambico, Egitto e Nepal. Federica Baioni ha intervistato sull’iniziativa Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia:

    R. - Ci siamo impegnati in quasi tutti i Paesi dove la mortalità infantile è più alta e quindi soprattutto la fascia sub-sahariana, l’India, il Pakistan, il Bangladesh, dove la mortalità è veramente terribile, una falcidia, una strage degli innocenti. Sono ancora 6 milioni e 600 mila i bambini che muoiono per cause - ed è questo l’incredibile! - veramente ridicole, perché lavarsi le mani e quindi non infettare l’acqua, non sviluppare dissenteria, dobbiamo considerarla una causa di morte inaccettabile, no? Come ancora il freddo: se alla nascita il bambino è coperto e prende un raffreddamento, facilmente poi sviluppa una bronchite fino ad arrivare ad una polmonite, con conseguente morte! Quindi la cosa è veramente gravissima, perché non solo dobbiamo accettare la morte di questi bambini innocenti, ma per cause che il mondo è capacissimo di risolvere! Quindi la nostra campagna si batte, affinché tutto ciò abbia un termine. Come? Soprattutto preparando personale paramedico, perché capite che il problema non è l’intervento al cuore qui, ma è la base dell’igiene; quindi personale paramedico che riesca a raggiungere anche i luoghi più remoti di questi Paesi, soprattutto le campagne, portando quei piccoli esempi e aiutando le persone a comprendere quelle piccole pratiche salvavita per tutti i bambini. Il villaggio che oggi viene inaugurato è un esempio di questi salvavita molto semplici: il sapone, la zanzariera oppure anche l’assistenza al parto con 2-3 piccoli aggeggi che vengono usati anche nelle capanne e cioè una pompetta per far partire la respirazione al neonato se non è immediatamente partita e cosi via…

    D. - Un villaggio, quindi, itinerante che avrà diverse tappe nelle piazze di Italia. Cosa volete dire al pubblico che vi verrà a visitare?

    R. - E’ così semplice salvare la vita di milioni di bambini, dunque facciamolo! Poi ognuno deve metterci del proprio: già solo parlare ai propri figli, far capire loro come il mondo ricco e il mondo povero, in questo momento, siano un contrasto così stridente. Dando una donazione a Save the Children o ad altre organizzazioni che si impegnano su questo tema, facendo sentire in tutti i luoghi in cui anche la politica è presente, che gli italiani sono un popolo solidale e che quindi vorrebbero aiutare ancora di più chi - ancorché l’Italia sia in un momento difficile - sta veramente molto peggio di noi!

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    Giornata dell'Azheimer: l'impegno della Fondazione Manuli al fianco dei malati

    ◊   Ricorre oggi la Giornata mondiale dell’Alzheimer, una malattia che in Italia colpisce circa 70 mila anziani ogni anno e che per questo è definita la peste silente del secolo. La patologia, che interessa la fascia anziana della popolazione, comporta una progressiva perdita di memoria che altera le facoltà cognitive. La Fondazione Manuli Onlus, che da vent’anni si occupa di persone affette da questa patologia, ha presentato oggi l’iniziativa “Due passi nei musei di Milano”, un progetto di arte-terapia per i malati di Alzheimer e per i loro familiari presso tre musei milanesi: Gallerie di Intesa San Paolo, Museo Poldi Pezzoli e Pinacoteca di Brera. Quanti sono oggi i malati di Alzheimer in Italia e come sono curati? Elvira Ragosta ne ha parlato con Ornella Mazza della Fondazione Manuli:

    R. - Stime recenti ci parlano di 600 mila casi in Italia. Sono 30 milioni i malati stimati nel mondo. La demenza con l’Alzheimer rappresenta la quarta causa di morte negli ultrasessantacinquenni, perché oggi s’invecchia di più. Esistono farmaci che ritardano l’evoluzione della malattia, ma in realtà non esiste ora una cura vera e propria. Bisogna investire sempre di più sulla persona e sulla sua famiglia attraverso le terapie non farmacologiche, quelle terapie cioè che mettono il paziente al centro della cura.

    D. - Quali sono i disagi maggiori per un malato di Alzheimer nel suo vivere quotidiano?

    R. - Il malato, una volta che ha superato le prime fasi della malattia, in cui ancora c’è comunque una consapevolezza, si chiude nel suo mondo. Chi è più toccato da questo problema è la famiglia, i familiari, che devono accudire questo paziente 24 ore su 24: lentamente poi perdono tutti i rapporti sociali e quindi cadono in un isolamento totale, in una solitudine.

    D. - Come può l’Arte-terapia aiutare un malato di Alzheimer?

    R. - Attraverso la visione di opere e l’utilizzo di materiali artistici, il paziente può in qualche modo esprimere la sua emozione. Abbiamo visto che l’Arte-terapia può recuperare l’autostima e permette al malato di verbalizzare un qualcosa che non è più in grado di fare con le parole, perché spesso questi pazienti perdono l’uso della parola: attraverso semplicemente un segno può esprimere che c’è!

    D. - L’iniziativa “Due passi nei musei di Milano” è il proseguimento di un laboratorio iniziato in primavera: quali sono stati i risultati?

    R. - La possibilità di portare questi pazienti in gruppo, ma anche con dei familiari, all’interno delle sale del museo con il supporto dell’arte-terapeuta e l’esperienza che abbiamo fatto nel passato, appunto la primavera scorsa. Si componeva di dieci sedute e in ogni seduta veniva mostrata un’opera, che era stata precedentemente scelta dall’arte-terapeuta, veniva spiegata; dopo di che potevano, con l’ausilio dei materiali artistici, esprimere le loro emozioni. E’ stata veramente un’esperienza bellissima!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Messico: mobilitazione di tutte le realtà religiose in soccorso dei senza tetto

    ◊   Sono circa 400 i Centri di accoglienza temporanei per i senza tetto in seguito alle inondazioni e alle frane seguite alle forti piogge che hanno colpito il Messico, allestiti negli Stati di Guerrero, Oaxaca, Hidalgo, Chiapas, Tamaulipas, Veracruz, Colima, Durango e Michoacan. L’iniziativa è stata presa dalla Chiesa cattolica insieme alle altre realtà religiose: metodisti, presbiteriani, battisti, Assemblee di Dio, avventisti, Centri di fede, speranza e amore, Esercito della Salvezza. In questi luoghi di accoglienza è prevista non solo la possibilità di pernottare, ma anche la distribuzione di cibo e indumenti, mentre qualche volontario organizza delle attività per i bambini delle famiglie colpite. L'Esercito della Salvezza ha organizzato due unità di volontari che si occupano delle "cucine mobili" nella zona di Guerrero, che preparano fino a 10.000 pasti al giorno. Altre due unità operano a Veracruz e Tamaulipas per i più bisognosi. Forse è la prima volta che le realtà religiose hanno predisposto i soccorsi con una tale velocità ed efficienza per aiutare le famiglie che in questo momento hanno perso tutto. Mentre la Chiesa cattolica, con la Croce rossa e la Caritas, coordina i Centri di accoglienza ed assistenza, i metodisti hanno preparato 14 luoghi di pernottamento. La Chiesa nazionale presbiteriana ha predisposto 120 centri in diversi Stati, allestiti come mense per le famiglie colpite, in cui si offre non solo un pasto caldo ma anche una ricarica per il cellulare, in modo che riescano a comunicare con gli altri parenti. Ci sono anche 38 radio locali, delle chiese evangeliche, che indicano via radio i "nuovi Centri di accoglienza" che la popolazione non conosce. Allo stesso tempo ricevono telefonate dai piccoli centri ancora isolati dalle piogge. Caritas Mexico, in un comunicato inviato all’agenzia Fides, informa di aver predisposto un piano d’emergenza: ogni parrocchia ha già aperto un Centro di raccolta per gli aiuti che vengono poi distribuiti nelle zone colpite. Lunedì scorso la Coordinacion Nacional de Proteccion Civil ha dichiarato lo stato di emergenza in 49 Comuni dello Stato di Guerrero (la parte più colpita) a causa delle piogge provocate dal passaggio dell'uragano "Ingrid" e della tempesta tropicale "Manuel" che hanno devastato una gran parte del territorio messicano. La stampa locale segnala 55 morti e più di 8 mila sfollati, ma ancora non ci sono rapporti ufficiali al riguardo. Si parla di un milione di persone senza casa: una situazione senza precedenti nella storia recente del Paese. Solo nello Stato di Veracruz, nel Messico orientale, il bilancio è pesantissimo: una frana ha ucciso 12 persone. Le piogge hanno fatto danni in 20 dei 32 stati del Messico, interrompendo le vie di comunicazione. (R.P.)

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    Nord Irlanda: Chiese cristiane sostengono i colloqui di riconciliazione

    ◊   Leader delle Chiese metodista e presbiteriana, della Chiesa d‘Irlanda e della Chiesa cattolica sono scesi in campo insieme con una campagna di sensibilizzazione per sostenere la ripresa dei colloqui condotti da Richard Haass per il processo di riconciliazione nel Paese. Dopo la sanguinosa guerra civile tra unionisti e repubblicani degli anni Settanta e Ottanta - riferisce l'agenzia Sir - nel 1988 si è arrivati agli accordi di Belfast del 10 aprile. Nonostante i progressi di pace compiuti, ci sono ancora nodi da chiarire. In questi giorni Haass dovrà tentare di trovare un consenso su questioni controverse, che riguardano in modo particolare l’uso di bandiere ed emblemi sugli edifici pubblici; la memoria del passato e la questione delle sfilate, che alcune volte sono causa di grandi tensioni. La campagna delle Chiese è finalizzata a sostenere i colloqui che su questi temi Haass sta avendo in questi giorni con i leader politici e i rappresentanti delle società civile, comprese le Chiese. La campagna intitolata “Speranza e Storia - costruzione della pace in Irlanda del Nord” invita i membri delle Chiese a firmare una dichiarazione che dà incoraggiamento positivo a tutti coloro che sono impegnati nel processo di riconciliazione. Tre le parole contenute nella dichiarazione da sottoscrivere via web al sito www.hopeandhistory.com: “umiltà, guarigione e speranza”. “Crediamo - si legge alla parola 'umiltà’ - che in tutti gli atti di riconciliazione dobbiamo accettare umilmente la nostra parte nel modo in cui il passato ha plasmato il presente, la nostra complicità nelle divisioni all‘interno della nostra società e il nostro contributo al dolore che le persone hanno sperimentato. Dobbiamo cercare il perdono per il passato e cambiare il modo in cui viviamo e parliamo nel presente, al fine di favorire un futuro condiviso e pacifico”. La campagna ha il sostegno del cardinale Seán Brady (Primate cattolico d‘Irlanda), del rev. Richard Clarke (Chiesa d‘Irlanda Primate di tutta l‘Irlanda), del rev. Rob Craig (Moderatore della Chiesa presbiteriana in Irlanda) e del rev. Heather Morris (presidente della Chiesa metodista in Irlanda). “Le parole - dice il pastore metodista Morris - non daranno la risposta definitiva, non ci sono parole sufficienti per compensare o coprire il dolore dei nostri popoli. Tuttavia, come persone di fede, possiamo unirci nella preghiera e nella speranza, nell‘impegno e nella convinzione che questi colloqui possono e devono rappresentare un passo avanti verso questa importante realtà”. (R.P.)


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    Filippine: vicina la fine del conflitto. Restano sacche di resistenza

    ◊   La resa di 15 ribelli indipendentisti e la riapertura dell’aeroporto questa mattina hanno rafforzato la speranza di una prossima fine del conflitto che interessa la città filippina meridionale di Zamboanga da lunedì 9 settembre. È anche la convinzione di un portavoce dell’esercito, il colonnello Harold Cabunoc, che ha anche segnalato come la situazione militare consenta una qualche ripresa della vita cittadina. Restano tuttavia sotto assedio alcune delle aree inizialmente occupate dai ribelli - riferisce l'agenzia Misna - e da dove ancora stamattina sono partiti colpi di fucile e di mortaio contro i corpi speciali dell’esercito e della polizia impegnati nell’azione di rastrellamento. Almeno un soldato è stato ucciso da un cecchino nel rione di Santa Catalina, uno di quelli più devastati dagli undici giorni di confronto armato fra centinaia di guerriglieri del Fronte nazionale di liberazione Moro (Mnlf) e migliaia di militari e poliziotti. Con l’ucciso di oggi sono ufficialmente 10 i militari rimasti vittima del conflitto, 86 i guerriglieri. Altri 93 insorti sarebbero stati catturati. Secondo altre fonti sarebbero 11 i soldati deceduti a cui si aggiungono tre poliziotti e 127 i feriti tra le forze di sicurezza. Fonti accreditate indicano in 152 gli ostaggi della guerriglia liberati, ma ancora un centinaio di cittadini sarebbero usati come scudi umani o come potenziale salvacondotto dagli indipendentisti, poche decine, che ancora resistono. Tra questi, con ogni probabilità, anche il comandante dell’Mnlf che ha coordinato l’attacco a Zamboanga, Habier Malik, in precedenza da alcune fonti dato per ucciso nei combattimenti. Intanto, il ministro dell’Interno Manuel Roxas ha confermato che una settantina di combattenti catturati sono stati incriminati per ribellione, mentre le indagini proseguono per accertare altri reati. Nessuna incriminazione verso il leader storico dell’Mnlf, Nur Misuari, le cui responsabilità nell’attacco restano indefinite. (R.P.)

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    Iran: anche due donne cristiane tra i prigionieri liberati

    ◊   Nella lista di prigionieri rilasciati in Iran tra martedì e mercoledì scorsi figurano anche i nomi di due donne cristiane, Mitra Rahmati e Maryam Jalili. Ne dà notizia l'organizzazione Middle East Concern, ricordando che ambedue le cristiane, provenienti da famiglie musulmane, erano state arrestate per la prima volta il 24 dicembre 2009 insieme a altri 13 battezzati mentre si apprestavano a celebrare il Natale in una casa privata a Pakdasht, nei dintorni di Teheran. Come riferisce la nota pervenuta all'agenzia Fides, dopo essere state temporaneamente rilasciate, Mitra e Maryam avevano subìto un altro arresto nella primavera del 2011, con successiva condanna a due anni e mezzo di detenzione per “appartenenza a organizzazione illegale”. Attualmente erano detenute nella prigione di Evin. Sono almeno 11 i detenuti per reati politici e d'opinione liberati in Iran negli ultimi giorni. Tra loro ci sono anche noti oppositori politici e attivisti delle campagne a difesa dei diritti civili come l'avvocatessa Nasrin Sotoudeh e Moshen Aminzadeh, già viceministro degli Esteri sotto l'ex presidente riformista Khatami. La loro liberazione è avvenuta mentre il nuovo Presidente iraniano Hassan Rohani si appresta a intervenire a New York all'Assemblea generale dell'Onu. (R.P.)

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    Congo. La società civile: sta riprendendo la guerra nel Nord Kivu

    ◊   Un comandante guerrigliero accusato di aver commesso crimini di guerra, è pronto a guidare l’offensiva dell’M23 contro l’esercito congolese nel territorio di Rutshuru, nel Nord Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo). Lo afferma una nota del Coordinamento della Società civile del Nord Kivu. Secondo la nota, inviata all’agenzia Fides, il colonnello Innocent Kaina, detto “indian Queen”, sta preparando le truppe dell’M23, “rinforzate da quelle dell’esercito rwandese e di quello ugandese” oltre che da un battaglione di mercenari eritrei. In un’ulteriore nota il Coordinamento della Società civile del Nord Kivu denuncia il reclutamento forzato di un centinaia di giovani nel distretto di Rubavu (Rwanda). “Abbiamo appreso che i giovani vengono condotti al campo di Rumangabo (nel territorio di Rutshuru) dove saranno sottoposti a un addestramento militare sommario, prima di essere inquadrati nelle file dell’M23 e dell’esercito rwandese che si trovano già sulla linea del fronte, in previsione delle prossime ostilità contro i militari congolesi” afferma la nota. “Queste informazioni sono molto serie e vanno portate all’attenzione del governo e della Monusco (Missione Onu nella Rdc)” conclude la nota. (R.P.)

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    Il card. Sede: "Napoli, patria amara sull'orlo del collasso"

    ◊   “Vogliamo essere una Chiesa che non si rifugia nel silenzio, ma 'canta’ sia per esprimere lode e ringraziamento al Signore della vita, sia per dare più voce contro i mali che ci affliggono come l’ingiustizia che si fa sempre più largo e prevale, calpestando la dignità e spesso distruggendo la vita di fratelli e sorelle”. Lo ha detto, stamattina -riferisce l'agenzia Sir - il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, in occasione della festa di San Gennaro, nell’omelia dopo il prodigioso evento della liquefazione del sangue del protettore della città e della diocesi. “Quanta sofferenza nel mondo e nel nostro popolo! Sofferenza che vediamo, che ascoltiamo, che tocchiamo con mano e che smorza anche la speranza dei più forti, soprattutto dei giovani - ha denunciato il porporato -. È una sofferenza che viene dalla mancanza di lavoro, dalla insufficienza del reddito, dagli egoismi e dalla intolleranza, dalle ingiustizie e dalla prepotenza malavitosa, dalla crudeltà che talvolta diventa ferocia, dalla distruzione dell’ambiente, dalle aggressioni personali, dalle incertezze e inefficienze”. Per il cardinale, “Napoli oggi vive uno dei momenti più difficili e gravi della sua storia. Gli effetti di una crisi, che pure ha origini lontane, sono qui vissuti in maniera drammatica. Per tanti giovani, Napoli è sempre più una patria amara”. “La Chiesa di Napoli - ha sostenuto il card. Sepe - ha dimostrato di saper guardare in faccia la realtà e da essa sono partiti, in più occasioni, segnali di allarme che hanno poi trovato eco più vasta. Penso, in particolare, alla salvaguardia dell’ambiente, un reato, ma anche un vero e proprio 'peccato’, sempre più diffuso in questa società egoista e consumistica”. È “la mentalità del profitto e dell’accaparramento brutale e senza scrupoli che porta alla deriva di una sistematica e vandalica depredazione ambientale: un vero e proprio stupro della natura, pagato a carissimo prezzo dai più poveri, ma che colpisce, attraverso la diffusione di malattie terribili e spesso incurabili, una grande fascia della popolazione”. Per il porporato, “siamo di fronte a varianti diaboliche di quell’unico comparto della violenza organizzata, i cui fronti di attacco alla città sono sempre attivi. Ma il malessere ha molte altre facce: tutte insieme intristiscono e deturpano il volto di quella Napoli splendente di bellezza e di tante virtù civiche che non possono diventare solo un richiamo del passato”. “Napoli, ma non solo Napoli, è sull’orlo di un grave collasso - è l’allarme lanciato dall’arcivescovo -. Si dice che il napoletano si piega ma non si spezza. Ma noi non vogliamo una città piegata”. “Noi vogliamo una città e una comunità forte della sua dignità e ritta sulla spina dorsale delle sue intelligenze e della genialità della sua gente, della sua storia, della sua ricchezza umana e delle sue tante eccellenze”, ha chiarito il card. Sepe, per il quale “non è più tempo di elemosine e di assistenzialismo. Non è questo che chiede Napoli. Questa città vuole lottare per far emergere le tante potenzialità e risorse, camminando sulle proprie gambe, ma ha bisogno di uomini e donne di buona volontà che vogliano e sappiano amarla veramente e accompagnarla in questo cammino che non è impossibile, anzi è doveroso e legittimo”. Con “questi uomini, che pure ci sono e non sono pochi, e con questa città, la Chiesa di Napoli intende proseguire il suo cammino e lottare” per il “bene comune”. “Vogliamo essere Chiesa, sull’esempio e con la protezione di San Gennaro, camminando sulla scia del magistero di Papa Francesco, che non si stanca di esortare a prendere la strada delle 'periferie esistenziali’ - ha aggiunto il porporato -. Non di altro è chiamata a vivere la nostra Chiesa se non dell‘ansia di annunciare il Cristo della speranza. Nostro compito, grave e immenso allo stesso tempo, è quello di spianare la strada, di liberarla il più possibile da intralci e impedimenti, ben sapendo che neppure la Chiesa può compiere un cammino in solitudine”. (R.P.)

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    India: a Mumbai profanata una chiesa cattolica

    ◊   Un gruppo di ignoti ha profanato la chiesa di san Giuseppe a Juhu (Mumbai), dissacrando il Sacramento situato nella cappella dell'Adorazione. Il fatto è stato scoperto ieri mattina: il parroco ha trovato il tabernacolo aperto, alcune ostie consacrate sparse per terra e la cassa con le offerte scardinata e vuota. Anche l'ostensorio e la pisside - contenente le sacre specie - sono stati portati via. La polizia è ancora sulle tracce dei colpevoli. Nella stessa giornata mons. John Rodrigues, nuovo vescovo ausiliare di Mumbai, ha celebrato la messa di riparazione. Durante l'omelia il prelato ha invitato i fedeli a "pregare per chi ha commesso questo gesto e invocare la misericordia di Dio". "Si è trattato chiaramente di un furto - spiega all'agenzia AsiaNews il parroco, padre Vincent D'Mello - perché l'ostensorio nella cappella dell'Adorazione e la pisside del tabernacolo che sta nella chiesa sono placcati in oro. Anche le ostie consacrate contenute nella pisside sono state rubate, ne abbiamo ritrovato qualcuna in un angolo della parrocchia". (R.P.)

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    India: grandi disparità tra ricchi e poveri per le risorse idriche

    ◊   I poveri che vivono nella città di New Delhi sono quelli più gravemente colpiti dalla precarietà dell’approvvigionamento di acqua nella città. Nella maggior parte degli insediamenti urbani non autorizzati, come quello sovraffollato di Sangam Vihar dove vivono circa un milione di persone, il governo locale non fornisce acqua corrente anche se sono stati scavati 118 pozzi dai quali potere attingerla. Imprese edili, solitamente affiliate a partiti politici, hanno costruito, a pagamento, tubi di collegamento con i pozzi per la fornitura alle case. Ma spesso sono a secco. Le statistiche fornite dal governo dimostrano che i 17 milioni di abitanti della città necessitano di 1.025 miliardo di galloni di acqua al giorno. Tuttavia, con sei impianti di depurazione gestiti dal governo che producono 818 milioni di galloni di acqua al giorno, la città si trova di fronte una carenza di circa 207 milioni di galloni al giorno. Da uno studio eseguito dal Comptroller and Auditor General of India, l’organo ufficiale revisore dei conti del settore pubblico nel Paese, emerge la disparità di approvvigionamento idrico tra i quartieri della città. Ad esempio, gli abitanti dell’area benestante di Nangloi Jat ricevono circa 59 galloni di acqua al giorno a persona, mentre quelli dei villaggi più poveri, a poche miglia di distanza da Nangloi Jat, ne ricevono meno di un gallone al giorno per persona. La ricerca evidenzia inoltre che circa 4 milioni di persone a New Delhi non hanno alcuna fornitura idrica né possono fare affidamento su cisterne. Il Delhi Human Development Report 2013, recentemente reso noto dal governo locale, riporta che nelle baraccopoli della città è molto comune trovare file di persone in attesa per ore dei camion cisterna. A Sangam Vihar, sono almeno 500, soprattutto donne, che ogni giorno fanno la fila per riempire l’acqua da una fonte che si trova all’interno di un tempio. La classe borghese medio-alta di New Delhi, invece, paga 50$ per 1,320 galloni di acqua alle aziende private non autorizzate dal governo per riempire le cisterne delle proprie abitazioni. (R.P.)

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    Svizzera: incontro a Ginevra di migranti di diverse Chiese

    ◊   Sono più di 40mila i migranti che in Svizzera prestano lavori domestici in situazione irregolare. Il dato è emerso sabato scorso a Ginevra durante un incontro organizzato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Coe) e da "Testimoniare insieme a Ginevra" – programma del Centro internazionale riformato John Knox – sulla prossima Assemblea del Coe che si svolgerà a Busan, nella Repubblica di Corea, dal 30 ottobre all’8 novembre sul tema “Dio della vita, conducici verso la giustizia e la pace”. Hanno preso parte a “Una giornata alla 10.ma Assemblea” 120 rappresentanti delle comunità migranti presenti in Svizzera di diverse Chiese che si sono confrontati su giustizia, pace e condizioni dei lavoratori migranti. Hyunju Bae, teologa coreana che a Busan animerà una conversazione ecumenica ha affermato che la realtà del mondo di oggi è quella di un villaggio globale dove si assiste all’aumento delle migrazioni ma anche alla moltiplicazione delle sofferenze dovute allo sradicamento, alla discriminazione, all’esclusione e all’alienazione spirituale disumanizzante e debilitante. “In questa situazione la Chiesa deve ridare vita alla sua vocazione originale d’essere una comunità senza esclusività in cui gli ultimi sono accolti a braccia aperte” ha detto ancora Hyunju Bae che ha sottolineato quanto grande sia il contributo all’economia non riconosciuto apportato dai migranti in situazione irregolare che svolgono lavori pericolosi, difficili e degradanti. La teologa coreana ha aggiunto che i migranti sono estremamente stigmatizzati e confinati allo stereotipo di individui pericolosi e che per tale motivo tutti siamo interpellati a rimettere in discussione tali percezioni. Martine Bagnoud, del Sindacato interprofessionale dei lavoratori e delle lavoratrici ha specificato che dei 40mila migranti presenti in Svizzera il 90% sono donne che non hanno protezione sociale ed è per questo necessario trovare soluzioni giuridiche che garantiscano i loro diritti. La giornata di preparazione all’Assemblea di Busan è stata anche caratterizzata da momenti di preghiera, canti e rappresentazioni. (T.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 262

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.