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Sommario del 08/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Angelus. Il Papa: cessi violenza in Siria, no a guerre fatte per vendere armi. La pace chiede pazienza
  • Il Papa alla Veglia per la pace: non più la guerra! Idolo del potere trasforma gli uomini in nuovi Caino
  • In 100 mila in Piazza San Pietro: "Basta con le guerre, Dio ha messo nel cuore dell'uomo la pace!"
  • Veglia pace. Mons. Zenari: siriani hanno pregato col Papa, sue parole fanno sperare
  • Il Papa ricorda la festa della Natività di Maria. Mons. Tonucci: il "sì" di Nazareth sia il nostro
  • Oggi in Primo Piano

  • Usa. Obama consulta i membri del Congresso in vista del voto sulla Siria
  • Corte Amsterdam: Stato olandese responsabile morte di 3 musulmani nel massacro di Srebrenica
  • Giornata per l’alfabetizzazione. L'Opam: troppi bambini non possono andare a scuola
  • Chiuso il 70.mo Festival di Venezia. Leone d'Oro a "Sacro GRA" di Rosi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Russia, elezioni amministrative: attenzione puntata sull’elezione del sindaco di Mosca
  • Afghanistan: i talebani assaltano la sede dei servizi segreti a sud di Kabul
  • Niger: al via campagna di prevenzione contro la malaria
  • Repubblica Dominicana: allarme nel nord per epidemia di dengue
  • Loreto: padre Alessandro Tesei nuovo rettore della basilica della Santa Casa
  • Dal Giappone la solidarietà di una ragazza ai poveri e ai bisognosi del Nepal
  • Il Papa e la Santa Sede



    Angelus. Il Papa: cessi violenza in Siria, no a guerre fatte per vendere armi. La pace chiede pazienza

    ◊   “Andiamo avanti con preghiere e opere di pace” e preghiamo perché soprattutto in Siria “cessi subito la violenza e la devastazione”. In stretta continuità con la Veglia di preghiera e digiuno celebrata ieri sera in Piazza San Pietro, anche all’Angelus di questa mattina, Papa Francesco è tornato a invocare la pace per tutto il Medio Oriente. Davanti a decine di migliaia di persone, il Papa ha ripetuto con forza: “No all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Basta con l’odio tra popoli fratelli e basta con le guerre che mascherano interessi più biechi degli obiettivi ufficiali che si propongono. Dodici ore dopo, i protagonisti sono ancora insieme per lo stesso motivo e nello stesso posto. Cambiano le angolazioni della Piazza, c’è il sole di mezzogiorno e non del tramonto, e cambia il tono di Papa Francesco. Se l’aderenza di preghiera e di intenzioni tra la sera del sabato e l’Angelus della domenica è sempre stringente, al momento della preghiera mariana l’impeto del Papa contro l’inutilità della guerra si leva alto come alto si era levato l’appello per la pace in Siria e nel mondo:

    “A che serve fare guerre, tante guerre, se tu non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male? Non serve a niente! Non va… Questo comporta, tra l’altro, questa guerra contro il male comporta dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve. Dire no alla violenza in tutte le sue forme. Dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Ma ce n’è tanto! Ma ce n’è tanto!”.

    E abbondante è anche quel “dubbio” che, obietta con realismo Papa Francesco, “rimane” quando qualcuno spinge per dare la parola alle armi:

    “Questa guerra di là, questa di là, perché dappertutto ci sono guerre, è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale?”.

    Papa Francesco si appella alle coscienze di cristiani, non cristiani, uomini e donne di buona volontà, perché facciano una scelta di campo in favore della “logica del servizio”, “non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune”. E a tutti costoro rinnova il grazie col quale aveva concluso la sera precedente le quattro ore della Veglia per la pace:

    “Ma l’impegno continua: andiamo avanti con la preghiera e con opere di pace! Vi invito a continuare a pregare perché cessi subito la violenza e la devastazione in Siria e si lavori con rinnovato impegno per una giusta soluzione al conflitto fratricida”.

    Quindi, come guardando a un drammatico atlante di guerra, Papa Francesco si sofferma sui Paesi del Medio Oriente quasi uno ad uno. Prega il Libano, “perché trovi – dice – la desiderata stabilità e continui ad essere modello di convivenza”. Per l’Iraq, “perché la violenza settaria lasci il passo alla riconciliazione”. E prega per altri due conflitti, uno antico l’altro recente:

    “Per il processo di pace tra Israeliani e Palestinesi, perché progredisca con decisione e coraggio. E preghiamo per l’Egitto, affinché tutti gli Egiziani, musulmani e cristiani, si impegnino a costruire insieme la società per il bene dell’intera popolazione. La ricerca della pace è lunga, e richiede pazienza e perseveranza. Andiamo avanti con la preghiera”.

    Prima di congedarsi dalla folla, Papa Francesco ha ricordato la Beatificazione di Maria Bolognesi, avvenuta ieri a Rovigo. “Spese tutta la sua vita – ha commentato – al servizio degli altri, specialmente poveri e malati, sopportando grandi sofferenze in profonda unione con la passione di Cristo. Rendiamo grazie a Dio per questa testimone del Vangelo”. Una serie di saluti sono stati indirizzati dal Papa ai vari gruppi presenti nella Piazza, tra cui i fedeli di Venezia, guidati dal patriarca mons. Francesco Moraglia.

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    Il Papa alla Veglia per la pace: non più la guerra! Idolo del potere trasforma gli uomini in nuovi Caino

    ◊   "Non più la guerra, non più la guerra!": è il grido lanciato da Papa Francesco dinanzi a circa centomila persone, credenti e non credenti, giunte in Piazza San Pietro per partecipare alla Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria e nel mondo intero. "La guerra - ha detto il Papa - non è mai la via della pace", mentre l'idolo del potere trasforma gli uomini in nuovi Caino che rendono sempre più sottili le ragioni per giustificare la loro violenza. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il mondo che vogliamo è “un mondo di armonia e di pace” – come Dio lo ha creato – eppure ci sono anche “la violenza, la divisione, lo scontro, la guerra”. Papa Francesco parte dal racconto biblico della creazione, opera stupenda di Dio, ferita quando l’uomo “lascia di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà” e “si chiude nel proprio egoismo”:

    “Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto”.

    Quando l’uomo “rompe l’armonia con il creato, arriva ad alzare la mano contro il fratello per ucciderlo”, diventa come Caino – afferma il Papa – e “il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere”:

    “In ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello”.

    Dall’età della pietra al terzo millennio è in fondo un atteggiamento che non è cambiato:

    “Abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte!”.

    Ma “dopo il caos del Diluvio – ha sottolineato il Pontefice - ha smesso di piovere: si vede l’arcobaleno e la colomba porta un ramo di ulivo”:

    “Penso anche oggi a quell’ulivo che rappresentanti delle diverse religioni abbiamo piantato a Buenos Aires, in Piazza de Mayo nel 2000, chiedendo che non sia più caos, chiedendo che non sia più guerra, chiedendo pace”.

    Il Papa si domanda: “E’ possibile percorrere un’altra strada? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace?”:

    “Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: Sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le Nazioni, rispondesse: Sì, lo vogliamo!”.

    La fede cristiana spinge a guardare alla Croce. “Come vorrei – afferma Papa Francesco - che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio”:

    “Lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani, i fratelli delle altre Religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace!”.

    Di qui l’esortazione “a guardare nel profondo della propria coscienza” per ascoltare quella parola che dice “esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione”:

    “Guarda al dolore del tuo fratello - ma penso ai bambini, soltanto a quelli - guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità. Risuonino ancora una volta le parole di Paolo VI: 'Non più gli uni contro gli altri, non più, mai!... non più la guerra, non più la guerra!' (Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965)”.

    “La pace si afferma solo con la pace – ribadisce il Papa – quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità” (Messaggio per Giornata Mondiale della pace 1976). E conclude:

    “Perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo! Preghiamo per la riconciliazione e per la pace, lavoriamo per la riconciliazione e per la pace, e diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace. Così sia”.

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    In 100 mila in Piazza San Pietro: "Basta con le guerre, Dio ha messo nel cuore dell'uomo la pace!"

    ◊   Le parole del Papa arrivano nel cuore della Veglia iniziata alle 19.00, in una Piazza San Pietro gremita da circa 100 mila persone, di varie confessioni cristiane, di altre religioni e anche non credenti, da ogni parte del mondo. Con l’ingresso del Papa sul sagrato e l’intronizzazione dell’icona di Maria Salus popoli romani è iniziata la recita del Rosario, quindi dopo l’intervento del Pontefice, il momento eucaristico con l’adorazione del Santissimo Sacramento guidata da letture, musica e preghiere sul tema della pace. La meditazione personale e il silenzio, gli ultimi atti prima della Benedizione eucaristica finale. Si sono uniti alla preghiera anche molti musulmani tra cui diversi siriani. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    “Veni Creator …”

    Piazza San Pietro è gremita, ma talmente silente e assorta da sembrare vuota: il mondo osserva questi fedeli e a loro si unisce. Qui ognuno, al di là dell’età, della provenienza e del credo, medita, prega, canta, invoca il dono della pace nei cuori e tra gli uomini, specie nella martoriata Siria. C’è ancora la luce del tramonto quando il Papa raggiunge a piedi il Sagrato e l’icona di Maria è portata in processione dinanzi a lui …

    “Ave Maria”...

    Con la recita dei Misteri gaudiosi a Lei, Regina della pace, si chiede aiuto perché prevalga la forza della riconciliazione su violenza e guerre. Poi, i volti e i cuori si rivolgono all’Ostia candida esposta sull’altare. E’ un’adorazione del tutto speciale sul tema della pace: silenzio e preghiera personale si alternano all’ascolto delle Sacre Scritture e delle preghiere dei Pontefici. Cinque le coppie che da Siria, Egitto, Terra Santa, Stati Uniti e Russia offrono l’incenso alla fiamma che arde dinanzi all’icona di Maria. “Principe della pace, Gesù risorto”, scriveva Giovanni XXIII, “illumina i reggitori dei popoli”:

    (Lettrice)
    “Accendi le volontà di tutti a superare le barriere che dividono”…

    “… ferma la logica della ritorsione e della vendetta”, pregava Giovanni Paolo II.

    (Lettrice)
    “Mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza, minaccia per le tue creature in Cielo, in Terra e in Mare. In comunione con Maria, la Madre di Gesù, ancora Ti supplichiamo: parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli …”.

    “Dio di tutti i tempi, muovi i cuori di quanti invocano il tuo nome”, chiedeva Benedetto XVI.

    (Lettore)
    “Tu sei l’inviato del Padre per la nostra salvezza: donaci la tua pace”.

    Silenzio e preghiera comune anche nell’Ufficio delle letture, che culmina nel maestoso inno del Te Deum, grido di totale affidamento a Dio. E’ l’ultimo atto prima della benedizione eucaristica. Alla folla che applaude, Papa Francesco rivolge il saluto finale:

    "Carissimi fratelli e sorelle, vi ringrazio di questa Veglia di preghiera. Abbiamo pregato tutti insieme: grazie tante della compagnia. Continuiamo a pregare per la pace, tutti questi giorni. Buona notte e buon riposo e buona domenica!".

    Si sono messi in coda in prossimità dei varchi, dalle prime ore del pomeriggio per poter accedere a Piazza San Pietro Alcuni hanno potuto anche confessarsi prima dell’inizio della veglia. Il popolo accorso al richiamo di Papa Francesco è fatto di ragazzi, famiglie, religiosi, gruppi di movimenti e associazioni cattoliche e poi tanti turisti. In loro c’è la certezza che la preghiera fatta insieme è forte e importante. Sentiamo alcune voci raccolte da Gabriella Ceraso:

    R. – Siamo venuti qui per pregare insieme con il Papa, perché noi ci sentiamo parte di tutto il mondo: quindi quello che accade in Siria, quello che accade in questi Paesi appartiene a tutti noi!

    D. - Credete che questo possa servire anche a scuotere le coscienze a chi ha responsabilità?

    R. - Credo sì, perché in fondo l’animo umano è sempre buono…

    D. - E le parole del Papa che effetto le hanno fatto?

    R. - Le parole del Papa mi fanno sentire proprio come il Papa abbia a cuore le sorti di tutto il mondo, ama di tutto il mondo, come ha fatto Gesù Cristo.

    R. - La preghiera è forte. Io credo in questo! Noi riusciremo a fare qualche cosa per il bene del mondo. E poi il Papa, con la sua semplicità e con la sua sincerità, esprime quello che sente nel cuore e chiama le persone a stare con lui, a stare con la Chiesa, a stare con Gesù.

    D. - Che effetto vi hanno fatto le parole del Papa?

    R. - Io penso che questo richiamo del Papa sia un richiamo a tutti e rafforza la nostra fede nella preghiera, rafforza la nostra fede in Dio che ci può aiutare ed è l’Unico che ci può aiutare, che può cambiare il nostro cuore.

    R. - Io credo che il Papa abbia un dono particolare, perché porta questo messaggio di Gesù adesso, attualizzato in questo momento. Anche lui spera che i grandi della terra lo ascoltino. Ce lo auguriamo con tutto il cuore.

    R. - Per questo preghiamo con il Papa, perché Gesù Cristo entri nel cuore di tutti.

    D. - Siete qui anche con i vostri bambini: cosa insegnate ai vostri bimbi su cos’è la pace?

    R. - Abbiamo cominciato a parlare della pace anche nelle nostre relazioni, anche tra fratelli, tra genitori e figli e che la pace bisogna cominciarla a costruire dentro di noi e con chi ci sta vicino. Poi si potrà diffondere in tutto il mondo ed evitare così che ci siano guerre.

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    Veglia pace. Mons. Zenari: siriani hanno pregato col Papa, sue parole fanno sperare

    ◊   In unità spirituale con Piazza San Pietro, numerose veglie di preghiera ieri si sono svolte anche in diverse comunità religiose siriane. Nella cattedrale greco-cattolica melkita di Damasco si sono riuniti vescovi cattolici, ortodossi assieme a qualche rappresentante del governo, del parlamento e della comunità musulmana. L'arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, racconta al microfono di Eugenio Bonanata come siano state accolte le parole del Papa:

    R. - Nelle varie comunità religiose, ciascuna ha elaborato un proprio programma di preghiera secondo anche le possibilità, perché - come si sa - in certe zone era molto difficile fare la veglia di sera. Comunque, ho saputo che dappertutto è stata celebrata. Qui, a Damasco, è stata celebrata in una maniera molto, molto solenne, particolare, direi anche toccante, nella cattedrale greco-cattolica melkista. Erano presenti vescovi cattolici, vescovi ortodossi, qualche rappresentante del governo, del parlamento, qualche rappresentante anche musulmano. Al termine di questa veglia di preghiera - che è durata due ore, dalle 18 alle 20 ora locale, ma la cattedrale è stata aperta fino alle ore 24 - tante persone sono venute a incaricarmi di ringraziare vivamente il Santo Padre per questa bella iniziativa. Erano anche presenti le televisioni locali, i giornali locali e certamente in questi giorni daranno un grande rilievo a questa veglia di preghiera celebrata a Damasco e un po’ ovunque in Siria.

    D. - Cosa l’ha colpita maggiormente delle parole del Papa?

    R. - E’ stato un discorso con delle riflessioni molto, molto profonde e con immagini molto belle, molto parlanti e toccanti, come - per esempio - quando parla del disegno di Dio, che ha voluto creare un mondo come “casa dell’armonia e della pace” - bellissima questa immagine! - e per riscontro vediamo soprattutto in certe zone, come in questo momento in Siria, che non è più questa casa dell’armonia e della pace a causa dell’egoismo umano. E’ risuonata come un alito, un soffio di speranza, qui come in tutto il mondo, quella sua convinzione ferma che si può ritrovare ancora questa armonia, si può ritrovare con l’aiuto di Dio e con la buona volontà. Questa ferma fiducia del Santo Padre è veramente una boccata di ossigeno non solo qui in Siria e in Medio Oriente, ma credo in tutto il mondo in questi giorni in cui si respira un’atmosfera molto, molto tetra e pesante. Ecco, c’era bisogno di sentire questo vento forte di speranza.

    D. - Il Papa ha invitato a considerare il mondo come casa comune e come famiglia: un’esortazione diretta al singolo?

    R. - Diretta al singolo, diretta ad ogni persona umana fino, direi, anche a chi ha certe responsabilità nell’ambito della società e della politica. Pensavo anche a questa bella immagine, a questo invito a guardare come Dio ha reagito alla violenza: se guardiamo il Crocefisso, non ha reagito alla violenza con la violenza, ma con il perdono e con la riconciliazione.

    D. - Tra le altre cose, Papa Francesco ha detto: “Abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci”. Come le risuona questo richiamo?

    R. - Mi ha colpito. Direi che c’è da riflettere per tutti quanti e soprattutto per chi ha certa responsabilità nella politica e nel dirigere un po’ i destini di questo mondo. Però, la pace è un bene - come ha detto giustamente il Papa - è un bene di tutti, è un bene universale, e quindi non è lasciata solamente nelle mani di alcuni. Direi che questa catena umana, universale della pace debba continuare e farsi sentire.

    D. - Qual è il peso politico di questa giornata?

    R. - Penso che avrà un grosso impatto. Io vedo già qui sul posto che questa iniziativa del Papa, queste sue parole veramente hanno avuto un’eco straordinaria. La gente, con cui parlo, mi dice che è una cosa eccezionale l’eco che hanno avuto le parole, le riflessioni e l’iniziativa del Papa per la giornata di preghiera e di digiuno. Voglio pensare che in tutto il mondo avrà - senz’altro - un’eco positiva e potrà pesare su certe decisioni.

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    Il Papa ricorda la festa della Natività di Maria. Mons. Tonucci: il "sì" di Nazareth sia il nostro

    ◊   Nel concludere stamattina la riflessione che precede l’Angelus, Papa Francesco ha ricordato la solennità della Natività della Vergine Maria, che la Chiesa celebra oggi. Si tratta, ha detto, di una “festa particolarmente cara alle Chiese Orientali”. e ha esortato la piazza a inviare “un bel saluto a tutti i fratelli, sorelle, vescovi, monaci, monache delle Chiese Orientali, Ortodosse e Cattoliche”. La festa della Natività della Vergine coinvolge da vicino anche la città di Loreto, nel cui Santuario è custodita la Santa Casa di Nazareth. Federico Piana ne ha parlato con l’arcivescovo prelato di Loreto, mons. Giovanni Tonucci:

    R. - Certamente, è una festa che ci collega con l’inizio del piano di salvezza che il Signore ha progettato e ha realizzato attraverso l’incontro con Maria. Noi celebriamo l’Immacolata Concezione di Maria l’8 dicembre, ricordiamo la nascita di Maria l’8 settembre: nove mesi di preparazione umana per un progetto molto grande, che Dio aveva già previsto e che quindi comincia a realizzarsi. Questa festa, che è particolarmente cara a tutti i cattolici, ha un valore speciale qui a Loreto, perché la Festa della Natività di Maria è la festa patronale di Loreto: Loreto nasce attorno al Santuario, vive del Santuario, e quindi tutto quello che è mariano in qualche modo ci è vicino. E’ con gioia particolare che riceviamo questa possibilità di augurare a Maria il “buon compleanno” per una nascita che ha avuto questo grande significato nella storia della salvezza.

    D. - E’ una festività, è una solennità che - come ricordava lei, eccellenza - ci dà la possibilità di non dimenticare Maria…

    R. - Sì, certamente. Il messaggio di Maria si concentra in quelle poche parole che il Vangelo ci consegna, ma che ci consegna assieme a dei gesti talmente grandi e talmente significativi che valgono per tanti, tanti libri di teologia. Ripensare a quel “sì” di Maria - che ovviamente per noi a Loreto ha un significato del tutto particolare - che ha iniziato il progetto per l’Incarnazione del Figlio di Dio, è qualche cosa che ci fa anche pensare alla necessità di un mio, di un nostro “sì” al progetto di redenzione del Signore. Poi, quell'ultima parola, la parola detta da Maria a Cana, l’ultimo messaggio che Maria ci lascia - “tutto quello che vi dirà, fatelo” - diventa un pochino il programma di vita di ogni cristiano: ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica.

    D. - E poi, mons. Tonuncci, non dobbiamo dimenticare che questa festa, questa solennità, coincide con l'appello fatto dal Papa per la pace, non solo in Siria, ma in Medio Oriente e in tutto mondo, e alla giornata di digiuno che c’è stata ieri e alla preghiera, che naturalmente continuerà anche oggi e - speriamo - anche nei prossimi giorni…

    R. - Certamente. L’appello alla pace di Papa Francesco è un appello che fa sentire, attraverso la sua voce, la voce dei Papi di questi ultimi secoli che sempre hanno invocato la pace e hanno indicato nella guerra un evento che ha sempre creato soltanto del male. E’ "straordinaria" questa idea di certi politici di risolvere i problemi con la guerra, quando è evidente - anche dagli anni recenti - che ogni guerra ha creato più problemi di quanti non ha presunto di risolvere... Comunque, la giornata di ieri ha visto una partecipazione immensa a questa volontà del Papa di radunare tutti i credenti. Mi ha commosso in particolare vedere quanti altri membri di altre religioni si siano uniti allo stesso appello per dire: "Pregheremo anche noi". Questo è un segno molto bello, perché significa che ci sono dei valori comuni. Le persone di buona volontà sono per la pace. Eravamo quasi tutti lì ad attirare la misericordia del Signore e a dire: “Per favore, cambia la testa dei violenti, perché ci sia pace e ci sia pace per tutti!”.

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    Oggi in Primo Piano



    Usa. Obama consulta i membri del Congresso in vista del voto sulla Siria

    ◊   Il presidente statunitense, Barack Obama, continua a mediare con i membri del Congresso in vista del voto sull’intervento militare in Siria previsto per la prossima settimana. Per la decisione finale, si aspetta anche la pubblicazione del rapporto Onu sull’uso di armi chimiche nel Paese, che potrebbe arrivare a breve. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Quella che si apre sarà una settimana chiave per la Casa Bianca. Obama, però, è ancora incerto se considerare vincolate il voto del congresso e il report degli ispettori delle Nazioni Unite. Il presidente americano, dopo aver detto che è impossibile chiudere gli occhi a fronte di quello che succede in Siria, continua spiegare ai deputati e all’opinione pubblica l’importanza dell’intervento militare. E infatti, domani registrerà sei interviste che saranno trasmesse dai principali network televisivi del Paese. In queste ore, il segretario di Stato americano, Kerry, ha affermato che sono almeno una decina i Paesi pronti ad appoggiare l’azione statunitense. In prima fila, c’è la Francia con il capo di Stato, Francois Hollande, che ha già avvertito i connazionali di un suo discorso alla nazione entro la fine della prossima settimana. Invece, è sempre più prudente la posizione di Germania e Gran Bretagna, mentre l’Unione Europea – ieri da Vilinius, dove si sono riuniti i ministri degli Esteri dell'Unione – ha chiesto ufficialmente e all’unanimità di aspettare l’Onu, pur sottolineando la necessità di una risposta forte all’uso di armi chimiche. Infine, arrivano notizie allarmanti sulla portata del conflitto in Siria. L’opposizione, attraverso Rete siriana dei diritti umani con sede a Londa, ha denunciato la barbara uccisione di oltre 10 mila bambini dall’inizio delle ostilità. Infine, oggi, dopo giorni di battaglia contro l’esercito di Assad, i ribelli, assieme ad alcuni jihadisti legati ad al Qaeda del fronte Jubathad, hanno ripreso il controllo di Maalula, considerato il luogo simbolo del cristianesimo alle porte di Damasco.

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    Corte Amsterdam: Stato olandese responsabile morte di 3 musulmani nel massacro di Srebrenica

    ◊   La Corte di Cassazione di Amsterdam ha giudicato lo Stato olandese responsabile per la morte di tre musulmani nel massacro di Srebrenica del luglio 1995. I tre uomini erano stati respinti da una 'zona protetta' sotto il controllo dei caschi blu olandesi. La sentenza conferma il pronunciamento di una Corte d'appello emesso nel 2011 in una causa civile promossa dai familiari delle tre vittime. La sentenza - da vari osservatori definita storica - apre varie questioni. Davide Pagnanelli ha ascoltato Andrea Rossini, esperto di questioni balcaniche:

    R. - Nel luglio del ’95 le truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, sono entrate nell’enclave che doveva essere protetta dal contingente dei Caschi blu olandesi. Nei giorni successivi hanno avviato il massacro della popolazione maschile. È un genocidio, secondo tante e diverse fonti giuridiche internazionali che hanno accertato l’uccisione nei giorni seguenti all’11 luglio del ’95 di oltre ottomila musulmani bosniaci e il loro interramento in fosse comuni.

    D. - Quali sono le responsabilità che sono state imputate agli olandesi e sono state riconosciute?

    R. - C’è stata una causa civile durata circa dieci anni intentata contro lo Stato olandese da alcuni sopravvissuti e familiari di vittime. Secondo la loro denuncia si sarebbe trattato, nei fatti, di una responsabilità per mancata protezione. È stata una storia giudiziaria abbastanza complessa che si è conclusa con il giudizio definitivo, il quale ha dato ragione ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime. In particolare, Hasan Nuhanović, aveva chiesto ai militari olandesi per cui lavorava di accogliere all’interno della loro base anche suo fratello, sua madre e suo padre. I militari olandesi hanno rifiutato e, nei giorni successivi, il padre, il fratello e la madre di Nuhanović sono stati uccisi. Sono stati ritrovati un paio di anni dopo sepolti in fosse comuni.

    D. - Quali saranno le conseguenze di questa sentenza?

    R. - Da una lato apre la strada ad un prevedibile ricorso anche da parte di altri familiari sopravvissuti contro lo Stato olandese. Secondo alcuni osservatori, dal momento che la giustizia olandese ha detto che è lo Stato olandese ad essere il responsabile di quanto avvenuto, ora verosimilmente, gli Stati saranno meno disponibili a prestare i propri contingenti per missioni di pace.

    D. - A che punto sono altri processi relativi al massacro?

    R. - In questo momento sono in corso i processi contro Radovan Karadžić e contro Ratko Mladić, il capo militare. Dopo una lunga latitanza, entrambi questi rappresentanti sono stati consegnati alla giustizia internazionale. Teniamo presente che Srebrenica è stata una strage che ha richiesto anche la partecipazione di molte persone per essere portata a termine. Per cui, ci sono centinaia di persone che dovrebbero essere portate a giudizio per quei fatti.

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    Giornata per l’alfabetizzazione. L'Opam: troppi bambini non possono andare a scuola

    ◊   Negli ultimi 20 anni sono stati fatti grandi progressi contro l’analfabetismo, ma ancora troppi bambini non possono andare a scuola. E’ quanto sottolinea il direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, nel messaggio per la Giornata internazionale dell’Alfabetizzazione che si celebra questa domenica. Nel documento si sottolinea, inoltre, che più di due terzi dei 774 milioni di analfabeti nel mondo sono donne e si invitano dunque i governi a fare di più per sradicare l’analfabetismo. Sulla lotta all'analfabetismo, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Aldo Martini, presidente dell’Opam, l’Opera per la promozione dell’alfabetizzazione nel mondo:

    R. – In questo mondo, che è sempre più globalizzato, non è sufficiente garantire la frequenza scolastica, l’alfabetizzazione tradizionale. Bisogna assicurare l’istruzione di qualità che, oltre alle competenze necessarie, offra la possibilità di continuare per tutta la vita un processo di formazione permanente capace di fare sintesi tra le conoscenze personali e le competenze condivise. Per questo mi piace citare una frase del filosofo Edgar Morin: “Il nostro mondo di conoscenza parcellizzato, produce ignoranze globali”.

    D. – In questo periodo in Italia, come in molti Paesi dell’Occidente, riaprono le scuole; questo però non è per tutti, se si guarda un po’ al di fuori del nostro cortile…

    R. – Siamo nel 2013, a due anni dal 2015, che era la data prevista per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio; eppure, nel campo dell’alfabetizzazione scopriamo che almeno 57 milioni di bambini non vanno ancora a scuola. Sono certamente cifre sottostimate se si pensa alla difficoltà di tener conto di tutti i bambini che non vengono registrati in alcuna anagrafe, ad esempio quelli che vivono in territori isolati - nelle foreste o nei deserti di questo mondo - e poi quelli che popolano eterni campi profughi. Quindi, questo numero andrebbe moltiplicato. Bisognerebbe poi pensare a tutti gli adulti e a tutti i giovani che non hanno mai potuto accedere alla scuola dell’obbligo.

    D. – Quali sono oggi i principali ostacoli per garantire proprio a tutti il diritto all’istruzione?

    R. – La prima carenza è che mancano le scuole, mancano proprio gli edifici scolastici, specialmente nelle zone rurali; mancano le risorse per poterle frequentare, perché anche dove ci sono, le scuole costano. Quindi, le famiglie che vivono – come gran parte dell’umanità – con meno di un dollaro al giorno, come fanno a mandare i figli a scuola quando magari si sono famiglie che hanno dai sei agli otto figli? Una delle carenze sulle quali forse si riflette meno è la mancanza degli insegnanti: per garantire il diritto all’istruzione, occorrerebbero almeno 6,08 milioni di insegnanti, che salgono ad almeno 10 milioni se si tiene conto che la metà degli insegnanti attualmente in servizio non è in possesso di un titolo, o di competenze adeguate per affrontare i bisogni educativi del XXI secolo.

    D. – Perché accanto alle adozioni scolastiche – iniziative diciamo tradizionali – l’Opam propone anche gemellaggi fra le scuole del Nord e del Sud del mondo?

    R. – Perché tra le nuove esigenze di formazione, un posto rilevante è occupato proprio da competenze quali la capacità di gestire la diversità, facendo emergere il valore della diversità che non è sempre un ostacolo a comprendersi ma è una fonte di ricchezza. Poi, l’educazione alla condivisione, l’educazione alla solidarietà: vediamo che differenza c’è tra la capacità di condividere e di essere solidali quando i nostri ragazzi entrano in contatto con realtà come quella del Terzo mondo, con cui sono gemellati.

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    Chiuso il 70.mo Festival di Venezia. Leone d'Oro a "Sacro GRA" di Rosi

    ◊   Si è chiusa ieri sera la 70.ma Mostra del Cinema di Venezia con l’assegnazione dei Leoni e dei Premi: successo ampio e riconosciuto per il cinema italiano e per alcuni tra grandi autori viventi che hanno sorpreso e appassionato, pur raccontando solitudini profonde e violenze quotidiane. Soddisfazione del presidente della Biennale, Paolo Baratta, che plaude al lavoro svolto e al coraggio dimostrato in questa ardua e appassionante selezione di film provenienti dal mondo e da tante culture diverse. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Lo aveva dichiarato all’inizio ed è stata la parola che ha contraddistinto tutte le sue scelte e quelle della Giuria: stupire. Bernardo Bertolucci, presidente alle prese con un Concorso dai film ben poco convenzionali – rischiosi, come aveva annunciato il Direttore della Mostra, Alberto Barbera, curiosi e alcuni di assoluto valore, anche morale, smentendo così chi in corso d’opera sollevava dubbi e improvvidi giudizi sulle scelte della Mostra – non si è lasciato intimorire dal peso referenziale degli autori e nemmeno da quello dell’acclarata perfezione, come era gioco forza per “Philomena” di Stephen Frears, che riceve soltanto, ma giustamente, il premio per la migliore sceneggiatura.

    È andato oltre i confini di un verdetto tranquillo e consolidato e ha deciso, prima di tutto, di assegnare il Leone d’Oro a un documentario italiano. Torna, dunque, all’Italia il massimo riconoscimento, da quel lontano 1998 quando vinse Gianni Amelio con “Così ridevano”. Affreschi realistici di vita, personaggi sconosciuti che rimarranno tali, quelli che Gianfranco Rosi osserva in “Sacro GRA”, tre anni di lavoro spesi in un camper sul raccordo anulare di Roma, film emotivamente impegnativo per lui, sorprendente per noi. Ma l’Italia riappare sul palco nello sguardo sereno e sornione di Elena Cotta, che a ottantadue anni riceve la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile per il film di Emma Dante “Via Castellana Bandiera”, scelta che elogia non solo la bravura e la maturità artistica, ma una vita spesa per la recitazione e anche la bellezza di un’età.

    Di prestigio, e stupore appunto, le altre scelte, tra la poesia assoluta e l’orrore del quotidiano: ricevono Leoni “Miss Violence” del greco Alexandros Avranas, “Stray Dogs” del taiwanese Tsai Ming-liang, “La moglie del poliziotto” del tedesco Gröning. Usciranno tutti in sala, chi ama il cinema non sarà privato di questi tre diversi capolavori. Un festival serve anche a questo. E a guardare al futuro: il Leone per l’opera prima è assegnato a Noaz Deshe, regista di “White Shadow”, ed è il terzo anno consecutivo che questo riconoscimento va a un film selezionato dalla Settimana della Critica. Un anno di vita trascorso in Tanzania per raccontare, in modo quasi onirico, la tragedia dei bambini albini, dei quali poco si sa e per i quali nessuno si muove in aiuto. Fatti terribili che accadono realmente e che il bravissimo regista commenta con queste parole:

    R. - Yes, I mean it’s current, it’s something people should know not about…
    Sì, è attuale, è un qualcosa che la gente dovrebbe conoscere. E questo si riflette anche nella dimensione profonda di questa storia e, alcune volte, si riflette in alcuni conflitti dovuti proprio a queste motivazioni, poiché si tratta dell’alienazione di qualcuno che è differente e rappresenta un gruppo che ne perseguita un altro soltanto in base a delle credenze, delle superstizioni. Quindi, non ci sono ragioni perché questo esista nella realtà, non c’è alcuna logica dietro alla convinzione che gli albini possano portare buona sorte, se vengono asportate loro parti del corpo. Non c’è alcuna spiegazione di tutto questo nella logica di una cultura. Ma qualcuno ha iniziato tutto questo: questa cultura ha delle profonde radici nella storia intellettuale della gente. Le stesse persone al potere consultano questi “dottori-stregoni” per avere da loro consigli: questi “dottori-stregoni” rappresentano una parte importante della cultura, della società e spesso sono anche dei leader. I cattivi "dottori-stregoni" fanno veramente cose cattive, come queste appunto, mentre i bravi "dottori-stregoni" ti curano dalle malattie utilizzando pozioni che esistono da centinaia di anni. Questo è ciò che i medici dovrebbero fare. Tutto questo la gente non lo mette in discussione, lo accetta e basta.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Russia, elezioni amministrative: attenzione puntata sull’elezione del sindaco di Mosca

    ◊   Elezioni municipali oggi a Mosca, le prime dirette dopo 10 anni. La scelta è tra sei candidati, tuttavia, la sfida è tra il sindaco uscente, Serghei Sobyanin, appoggiato dal Cremlino, e Alexei Navalny il noto blogger anti-Putin che con le sue campagne contro la corruzione ha messo più volte alle strette la classe dirigente. Secondo gli analisti, la tornata rappresenta soprattutto un referendum sulla politica del Cremlino e sancirà la leadership della nuova opposizione russa, nata dalle proteste del 2011-2012. A Mosca, sono chiamati a votare 7,2 milioni di elettori in oltre 3300 seggi, di cui quasi un quinto monitorato da webcam contro possibili brogli. Oltre 42 mila i poliziotti per garantire la sicurezza. La Commissione elettorale prevede un afflusso del 50% circa. I primi risultati saranno resi noti intorno alle 22 ora locale (le 20 in Italia), due ore dopo la chiusura dei seggi. Si vota anche in 80 Regioni. Alle urne, 40 milioni di elettori. Sono settemila le elezioni amministrative in tutto per rinnovare sindaci e governatori.

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    Afghanistan: i talebani assaltano la sede dei servizi segreti a sud di Kabul

    ◊   In Afghanistan, un commando composto da sei talebani ha attaccato la sede dell’intelligence a Maidan Shar, capoluogo della provincia di Wardak a sud di Kabul. L’agguato, che ha innescato uno scontro a fuoco durato più di un’ora, ha provocato la morte di almeno 5 agenti e di una trentina di civili. Intanto, ieri un bombmbardamento della missione Nato in Afghanistan nel Paese, avvenuto nella provincia orientale di Kunar, ha colpito un camioncino che trasportava donne e bambini. Secondo fonti della polizia afghana, si contano almeno 10 morti: quattro donne, altrettanti bambini e due autisti. La forza internazionale Isaf non conferma il coinvolgimento di civili e parla di 10 combattenti nemici che hanno perso la vita.

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    Niger: al via campagna di prevenzione contro la malaria

    ◊   Per la prima volta, in Niger è stata avviata una campagna di prevenzione contro la malaria, destinata ad bambini tra i tre mesi e i 5 anni di età. Il metodo utilizzato – riferisce l’agenzia Fides – è noto come "chemioprevenzione". La terapia era stata raccomandata nel 2012 dall’Oms come strategia aggiuntiva di prevenzione della malaria per le aree della sub-regione africana del Sahel, prima dell’arrivo della stagione delle piogge che causa la riproduzione delle zanzare cui si deve la trasmissione della malattia nell’acqua stagnante. La prima delle tre dosi di farmaci previste finora è stata somministrata a oltre 184 mila bambini. I quasi 2 mila operatori comunali che collaborano con l’ong Medici Senza Frontiere (MSF), promotrice della campagna, visitano i villaggi della zona, cercano di sensibilizzare la popolazione sull’importanza di tutelarsi dalla malattia, distribuiscono il farmaco e incoraggiano i genitori affinché i rispettivi figli ricevano le 12 dosi complessive necessarie. Già lo scorso anno, MSF aveva realizzato un programma simile in Mali, dove oltre 200 mila bambini sani hanno ricevuto il trattamento con risultati promettenti. Si è infatti registrato un calo del 65% nel numero dei casi di malaria. Tuttavia, anche se questa strategia riduce sia la mortalità sia il numero di contagi, la priorità resta quella di continuare ad aumentare la fornitura di zanzariere e insetticida, la diagnosi e il trattamento della pandemia. (D.M.)

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    Repubblica Dominicana: allarme nel nord per epidemia di dengue

    ◊   In diverse comunità di Espaillat, una delle 32 province settentrionali della Repubblica Dominicana, sono stati identificati almeno 850 casi sospetti di dengue, uno dei quali si è rivelato mortale. Per far fronte all’epidemia e cercare di limitarla, riporta l’agenzia Fides, le autorità sanitarie locali hanno indetto una giornata durante la quale il personale medico interverrà nei settori dove sono stati registrati il maggior numero di casi. Questa iniziativa rientra nella campagna informativa che ha l’obiettivo di eradicare l’insetto vettore della malattia evitando dunque che questa continui a dilagare. (D.M.)

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    Loreto: padre Alessandro Tesei nuovo rettore della basilica della Santa Casa

    ◊   A partire da oggi, padre Alessandro Tesei è il nuovo rettore della Basilica della Santa Casa di Loreto: sostituisce padre Giuliano Viabile. La nomina – rende noto il Sir – è stata effettuata dalla Provincia Picena (Marche) dei Frati Cappuccini. Padre Tesei sarà anche guardiano del convento loretano e presidente della “Congregazione universale della Santa Casa”, di cui padre Giuseppe Santarelli continuerà ad essere, invece, il direttore. Tra le altre nomine, è previsto il ritorno di padre Marcello Montanari quale segretario della “Congregazione universale della Santa Casa”. Il nuovo rettore, padre Tesei, è nato il 25 settembre 1977 a Sant’Elpidio a Mare. Ha iniziato il noviziato il 7 settembre 2001 e ha fatto la professione religiosa il 14 settembre 2002, mentre la sua ordinazione sacerdotale è avvenuta il 23 gennaio 2010. Appena ordinato sacerdote è stato incaricato dalla Provincia per la pastorale giovanile vocazionale. L’ultimo suo incarico è stato a Recanati, presso il Centro missionario della Provincia. Padre Viabile, dal canto suo, si stabilirà presso il convento di Recanati, ma continuerà il suo servizio di organista presso la Basilica di Loreto e di direttore della Cappella musicale della Santa Casa. (D.M.)

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    Dal Giappone la solidarietà di una ragazza ai poveri e ai bisognosi del Nepal

    ◊   Kyoko Takayasu è una giovane nordcoreana arrivata con le sue sole forze in Giappone, dove ha scelto di aiutare i poveri e i bisognosi del Nepal. La ragazza – racconta AsiaNews - ha 29 anni, risiede a Tokyo e ha donato i propri risparmi per sostenere la costruzione della "Saraswati English School" di Libe, un villaggio situato tra le montagne nepalesi, a un giorno di viaggio da Kathmandu. Takayasu ha deciso di risparmiare denaro per il progetto quando ancora era studentessa a Tokyo, dopo aver visto un programma televisivo sulle condizioni di vita nelle montagne nepalesi. Grazie ai fondi raccolti fin dal 2008, la scuola, fondata tre anni fa, offre oggi corsi in inglese a circa 150 bambini tra i 2 e i 12 anni suddivisi in 7 classi. I prezzi nelle aree rurali del Nepal sono molto inferiori rispetto al Giappone e il salario mensile di un insegnante, che è ricavato dai versamenti degli studenti, ammonta all'equivalente di qualche migliaio di yen, poche decine di euro. Inoltre, quest'anno l'edificio in mattoni è stato restaurato e sono state aggiunte sedie e lavagne. Takayasu spera poi di riuscire a donare due computer alla scuola entro il prossimo anno. Sulla scelta umanitaria della ragazza ha anche influito il ricordo degli anni trascorsi in Corea prima di emigrare, diciannovenne, in Cina attraversando a piedi il confine. "Vedere i bambini nepalesi in televisione ha riportato alla luce i ricordi della mia infanzia - racconta - volevo che anche loro potessero avere dei sogni". Ora la giovane prevede di tornare in Nepal – Paese che ha già visitato nel 2010 – la prossima rimavera per vedere come procede il percorso scolastico intrapreso dai bambini e spera che i suoi coetanei giapponesi si rendano conto di quanto siano fortunati a vivere in un Paese con così tante opportunità. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 251


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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.