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Sommario del 05/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • G20, il Papa scrive a Putin: inutile massacro in Siria, soluzione pacifica attraverso il dialogo
  • Siria. Mons. Mamberti: ogni sforzo per il dialogo. P.Lombardi: Papa non ha telefonato ad Assad
  • Il nunzio in Giordania: preoccupazione per un intervento militare in Siria, ma la preghiera fa miracoli
  • Il Papa riceve il Catholicos Mar Baselios: cultura dell'incontro fa superare pregiudizi e divisioni
  • Papa Francesco: per ogni cristiano Gesù ha una promessa e una missione
  • Il Papa ai Carmelitani: il rinnovamento della Chiesa parte dal ritorno alla semplicità di una vita centrata sul Vangelo
  • Nomina episcopale in Francia
  • Pellegrinaggio a Roma dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. La Consulta lavora alla revisione dello Statuto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: obiettivi e rischi di un intervento militare
  • Prima Giornata Onu sulla carità, nel ricordo di Madre Teresa di Calcutta
  • A Venezia il film di Wajda "Walesa", l'uomo della speranza che diede la libertà alla Polonia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Veglia di pace per la Siria, adesioni continue e senza confini
  • Veglia Siria. Molte le diocesi italiane che pregheranno col Papa
  • G20 a San Pietroburgo: al centro del vertice, la crisi siriana e l’economia mondiale
  • Giordania. Re Abdullah II riceve il presidente dei Focolari, Maria Voce
  • Egitto. Attentato al Cairo contro il ministro degli Interni, 20 feriti
  • Afghanistan. A Kabul uomini sparano in una moschea sciita, 3 feriti
  • I vescovi argentini: dolore per la mancata applicazione della legge sui diritti degli indigeni alle terre
  • Capodanno ebraico. A sorpresa gli auguri del presidente iraniano su Twitter
  • India. Nello Stato del Karnataka aggrediti due pastori protestanti
  • Slovacchia. I vescovi in sostegno della Marcia nazionale per la vita del 22 settembre
  • Cina. L’obiettivo del Seminario di Xing Tai: mettere Cristo prima di tutto
  • Buthan. L’unico sacerdote cattolico ricorda l'incontro con Madre Teresa
  • Il Papa e la Santa Sede



    G20, il Papa scrive a Putin: inutile massacro in Siria, soluzione pacifica attraverso il dialogo

    ◊   Ci sono stati “troppi interessi di parte” nel conflitto siriano, che hanno impedito di "trovare una soluzione che evitasse l’inutile massacro a cui stiamo assistendo”. Lo scrive il Papa in una lettera al presidente russo Vladimir Putin in occasione del G20 di San Pietroburgo. Il Santo Padre chiede quindi ai grandi del mondo di non rimanere “inerti di fronte ai drammi che vive già da troppo tempo la cara popolazione siriana”. Alessandro Guarasci:

    La crisi siriana va risolta attraverso la trattativa. Papa Francesco lo ha detto più volte e in diverse occasioni in questi giorni e oggi lo ha ripetuto in una lettera al presidente russo Putin, in occasione della riunione dei venti Paesi più industrializzati a San Pietroburgo. Il Santo Padre usa la parola “massacro” per definire la guerra in Siria. E si appella appunto a quegli Stati che rappresentano il 90% del Pil mondiale. “I leader degli Stati del G20 non rimangano inerti di fronte ai drammi che vive già da troppo tempo la cara popolazione siriana e che rischiano di portare nuove sofferenze ad una regione tanto provata e bisognosa di pace” sottolinea il Pontefice, che ai grandi del mondo rivolge “un sentito appello perché aiutino a trovare vie per superare le diverse contrapposizioni e abbandonino ogni vana pretesa di una soluzione militare”. Ne consegue che serve “perseguire, con coraggio e determinazione, una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti interessate con il sostegno concorde della comunità internazionale”. I governi poi si adoperino per favorire l’adeguata assistenza umanitaria. Dunque Papa Francesco chiede che la crisi in Siria entri nell’agenda della riunione di San Pietroburgo, dedicata principalmente ai temi finanziari. E questo perché “senza pace non c’è alcun tipo di sviluppo economico. La violenza non porta mai alla pace condizione necessaria per tale sviluppo”. In sostanza il Papa afferma che “l’economia mondiale potrà svilupparsi realmente nella misura in cui sarà in grado di consentire una vita degna a tutti gli esseri umani, dai più anziani ai bambini ancora nel grembo materno”.

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    Siria. Mons. Mamberti: ogni sforzo per il dialogo. P.Lombardi: Papa non ha telefonato ad Assad

    ◊   Si è svolto questa mattina in Vaticano un briefing durante il quale mons. Dominque Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha incontrato gli ambasciatori dei Paesi accreditati presso la Santa Sede. Ricordata la centralità della Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria promossa per sabato prossimo da Papa Francesco. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha informato i giornalisti su questo incontro. Massimiliano Menichetti:

    “Smentisco nel modo più totale” che il Papa abbia “telefonato al presidente Assad”. Così in sintesi padre Federico Lombardi nell’odierno briefing con i giornalisti. “Una notizia” circolata “senza fondamento”, ha detto. Parlando dell’incontro con i rappresentati diplomatici, il direttore della Sala Stampa Vaticana ha riportato alcuni punti dell’intervento del segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti, il quale ha ribadito la posizione della Santa Sede nei confronti della crisi siriana:

    "E’ la linea che cerca di insistere sull’importanza di far cessare comunque la violenza come primo passo, per poter poi instaurare un vero dialogo e soluzioni di carattere negoziale. E poi, come principi generali, il ripristino del dialogo e della riconciliazione di tutto il popolo siriano, la conservazione dell’unità del Paese, evitando la costituzione di zone diverse per le varie componenti".

    Poi, la necessità di attenzione e “rispetto di tutte le minoranze inclusi i cristiani” e della libertà religiosa per tutti. Padre Lombardi ha anche ripreso il concetto di cittadinanza, presentato da mons. Mamberti e le altre priorità:

    "Tutti sono cittadini di pari dignità. Poi, chiedere ai membri dell’opposizione di prendere le distanze dagli estremisti, dai terroristi per isolarsi, opporsi apertamente, chiaramente al terrorismo. Quindi, assicurare la cooperazione e l’assistenza necessarie per il lavoro di ricostruzione del Paese".

    I 71 ambasciatori presenti sono tornati sul tema della tutela delle minoranze, dell’ecumenismo, sulla necessità di strategie per rinalciare una cultura di Pace. Precisando che per la Chiesa punti nodali sono “la dimensione spirituale e religiosa”, padre Lombardi è tornato sulla giornata di sabato, voluta dal Papa, che guarda alla costruzione della pace "attravero la preghiera ed il digiuno":

    "Mons. Mamberti ha reinsistito sull’importanza che il Papa attribuisce proprio al momento specifico di preghiera, al momento spirituale: la Giornata di sabato è il cuore di questo impegno che il Papa propone per la pace attraverso la preghiera e il digiuno: non bisogna dimenticare questa dimensione".

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    Il nunzio in Giordania: preoccupazione per un intervento militare in Siria, ma la preghiera fa miracoli

    ◊   Un nuovo appello a evitare un intervento armato in Siria è giunto da Amman, dove i capi delle Chiese mediorientali hanno concluso ieri un incontro promosso dal Re di Giordania, per riflettere sulle sfide dei cristiani in questa tormentata regione. Era presente anche mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Giordania e in Iraq che nel suo intervento ha parlato delle ingerenze di quei Paesi che con il pretesto di portare aiuti o esportare la democrazia nascondono i loro interessi che non sono sempre nobili. Tracey McLure lo ha intervistato:

    R. - I leader cristiani di questa zona sono stati molto grati al re di Giordania per aver preso l’iniziativa di convocarli e sentire la loro voce, le loro preoccupazioni, le loro domande. Per me è stato interessante vedere la grande unanimità nel ritenere che la sicurezza sia la prima necessità di questa regione e di come l’afflusso così ampio di armi non possa essere una garanzia di pace per il futuro. Quindi, molti anche hanno chiesto di fermare l’afflusso delle armi e si sono mostrati preoccupati per un intervento militare in Siria. Hanno quindi accolto con molto favore e molto piacere la proposta di Papa Francesco di convocare per il 7 settembre una giornata di digiuno e preghiera per la pace.

    D. – Cosa si può fare ora?

    R. – Si può soltanto pregare, perché tante volte le sorti dell’umanità non sono nelle mani dei fedeli, ma la potenza della preghiera può senz’altro fare miracoli.

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    Il Papa riceve il Catholicos Mar Baselios: cultura dell'incontro fa superare pregiudizi e divisioni

    ◊   Fare spazio alla cultura dell’incontro per continuare a camminare verso l’unità: è l’auspicio formulato da Papa Francesco durante il colloquio, oggi in Vaticano, con Sua Santità Moran Baselios Marthoma Paulose II, Catholicos della Chiesa Ortodossa Sira Malankarese. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    La Chiesa ortodossa sira malankarese nasce dalla testimonianza di fede di San Tommaso in Cristo risorto, seguito dall’apostolo fino al martirio, avvenuto secondo la tradizione in India. Il Papa sottolinea che è proprio questa fede che unisce le due Chiese, anche se ancora non possono condividere la mensa eucaristica: “ed è questa fede – ha rilevato - che ci spinge a continuare e ad intensificare l’impegno ecumenico, l’incontro e il dialogo verso la comunione piena”.

    Papa Francesco ricorda tutti i passi compiuti in trent'anni, che hanno portato a progredire nell’amore fraterno e nel dialogo teologico, fino all’istituzione di una Commissione mista e all’Accordo del 1990, nel giorno di Pentecoste. La Commissione – ha osservato – “continua il suo prezioso lavoro" e "ci ha portati a passi significativi su temi quali l'uso comune di edifici di culto e di cimiteri, la mutua concessione di risorse spirituali e persino liturgiche in situazioni pastorali specifiche, e sulla necessità di individuare nuove forme di collaborazione davanti alle crescenti sfide sociali e religiose”:

    “Ho voluto ricordare alcune tappe di questi trent’anni di progressivo avvicinamento tra noi, perché penso che nel cammino ecumenico sia importante guardare con fiducia ai passi compiuti superando pregiudizi e chiusure, che fanno parte di quella ‘cultura dello scontro’, che è fonte di divisione e lasciando spazio alla ‘cultura dell’incontro’, che ci educa alla comprensione reciproca e a operare per l’unità. Da soli, però, questo è impossibile; le nostre debolezze e povertà rallentano il cammino. Per questo è importante intensificare la preghiera, perché solo lo Spirito Santo con la sua grazia, con la sua luce, con il suo calore può sciogliere le nostre freddezze e guidare i nostri passi verso una fraternità sempre maggiore”.

    Questa, infine, la preghiera del Papa:

    “Lo Spirito Santo continui ad illuminarci e a guidarci verso la riconciliazione e l’armonia, superando tutte le cause di divisione e rivalità che hanno segnato il nostro passato. Santità, percorriamo insieme questo cammino guardando con fiducia a quel giorno in cui, con l’aiuto di Dio, saremo uniti presso l'altare del sacrificio di Cristo, nella pienezza della comunione eucaristica. Preghiamo gli uni per gli altri, invocando la protezione di San Pietro e di San Tommaso su tutto il gregge che è stato affidato alla nostra cura pastorale. Essi, che hanno lavorato insieme per il Vangelo, intercedano per noi ed accompagnino il cammino delle nostre Chiese”.

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    Papa Francesco: per ogni cristiano Gesù ha una promessa e una missione

    ◊   Quando viene il Signore “ho paura che passi e non me ne accorga”. Con questa citazione di Sant’Agostino, Papa Francesco ha iniziato l’omelia della Messa di questa mattina presieduta a Casa Santa Marta. Il Papa ha riflettuto sui modi ricorrenti in cui Cristo si manifesta nella vita di un cristiano, offrendo sostegno e affidando a ciascuno un compito. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una promessa che conforta, una richiesta di generosità, una missione da compiere. Così Gesù si rende presente nella vita di un cristiano. Non deroga mai da questa triplice modalità. Papa Francesco lo ha affermato ricordando l’episodio del Vangelo di oggi, quando Cristo si mostra a Pietro, Giacomo e Giovanni con il segno della pesca miracolosa. Anzitutto, Gesù rassicura Pietro, rimasto sconvolto da quel segno, promettendogli di farlo “pescatore di uomini”. Poi, lo invita a lasciare tutto per seguirlo, quindi gli affida una missione. Nel caso degli Apostoli, ha osservato Papa Francesco, “il Signore è passato nella loro vita con un miracolo”. “Non sempre – ha proseguito – passa davanti o dentro di noi con un miracolo”, eppure “sempre si fa sentire”:

    “Sempre il Signore quando viene nella nostra vita, quando passa nel nostro cuore, ti dice una parola, ci dice una parola e anche questa promessa: ‘Vai avanti ... coraggio, non temere, perché tu farai questo!’. E’ un invito alla missione, un invito a seguire Lui. E quando sentiamo questo secondo momento, vediamo che c’è qualcosa nella nostra vita che non va, che dobbiamo correggere e la lasciamo, con generosità. O anche c’è nella nostra vita qualcosa di buono, ma il Signore ci ispira a lasciarla, per seguirlo più da vicino, com’è successo qui: questi hanno lasciato tutto, dice il Vangelo. ‘E tirate le barche a terra, lasciarono tutto: barche, reti, tutto! E lo seguirono’”.

    Tuttavia, ha assicurato Papa Francesco, Gesù non chiede di lasciare tutto per un fine che resta oscuro a chi ha scelto di seguirlo. Al contrario, l’obiettivo è subito dichiarato ed è un obiettivo dinamico:

    “Gesù mai dice ‘Segui me!’, senza dire la missione. No! ‘Segui me ed io ti farò questo’. ‘Segui me, per questo'. ‘Se tu vuoi essere perfetto, lascia e segui per essere perfetto’. Sempre la missione. Noi andiamo sulla strada di Gesù per fare qualcosa. Non è uno spettacolo andare sulla strada di Gesù. Andiamo dietro di Lui, per fare qualcosa: è la missione”.

    Promessa, richiesta, missione. Questi tre momenti, ha sostenuto alla fine Papa Francesco, non hanno a che fare solo con la vita attiva, ma anche con la preghiera. Intanto, ha affermato, “una preghiera senza una parola di Gesù e senza fiducia, senza promessa, non è una buona preghiera”. Secondo, è buono chiedere a Cristo di essere pronti a lasciare qualcosa e questo predispone al terzo momento, perché non c’è preghiera in cui Gesù non ispiri “qualcosa da fare”:

    “E’ una vera preghiera cristiana sentire il Signore con la sua Parola di conforto, di pace e di promessa; avere il coraggio di spogliarci di qualcosa che ci impedisce di andare in fretta nel seguirlo e prendere la missione. Quello non vuol dire che poi non ci siano tentazioni. Ce ne saranno tante! Ma, guarda, Pietro ha peccato gravemente, rinnegando Gesù, ma poi il Signore lo ha perdonato. Giacomo e Giovanni ... hanno peccato di carrierismo, volendo andare più in alto, ma il Signore li ha perdonati”.

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    Il Papa ai Carmelitani: il rinnovamento della Chiesa parte dal ritorno alla semplicità di una vita centrata sul Vangelo

    ◊   Ossequio a Cristo, preghiera e missione: sono le tre indicazioni che Papa Francesco offre ai Padri carmelitani, riuniti fino al 21 settembre nel loro Capitolo generale. In un messaggio inviato al priore dell’Ordine, padre Fernando Millán Romeral, il Pontefice ricorda l’importanza della semplicità del Vangelo, come via di rinnovamento della Chiesa. Il servizio di Isabella Piro:

    Portare Cristo al mondo: è questa la missione della Chiesa, scrive il Papa nel suo messaggio ai Carmelitani. Una missione da portare avanti innanzitutto nell’ossequio a Cristo, lasciando spazio alla contemplazione, perché la vocazione dei Carmelitani è quella di “essere profeti di speranza”. “In un mondo che spesso misconosce Cristo e, di fatto, lo rifiuta”, scrive Papa Francesco, l’Ordine del Carmelo viene invitato ad “accostarsi e ad aderire sempre più profondamente al Signore”, perché ciò è “di vitale importanza” nell’attualità “così disorientata”. Poi, il Papa si sofferma sulla preghiera: “strada reale” la definisce, via che “apre alle profondità del mistero di Dio”, ma anche “sentiero obbligato in mezzo al popolo di Dio”. E in quest’ottica, il Pontefice sottolinea l’importanza della lectio divina, “intima amicizia con Dio che ci rende capaci di vedere con i Suoi occhi e di parlare con la Sua Parola”.

    “Siate grandi predicatori e maestri di preghiera”, scrive ancora il Papa ai Carmelitani, perché è dal “ritorno alla semplicità di una vita centrata sul Vangelo” che parte “la sfida per il rinnovamento della Chiesa”. Di qui, l’accento forte posto dal Pontefice sulla dimensione contemplativa: “Un carmelitano senza vita contemplativa è un corpo morto!”, spiega il Papa, soprattutto oggi in cui è più facile “farsi affascinare da falsi idoli”, in un mondo “frantumato in molti modi”. Al contrario, “il contemplativo torna all’unità e costituisce un forte richiamo all’unità”. Per questo, preghiera, contemplazione, predicazione e missione “non sono inutili scorciatoie”, ma un modo per offrire alla gente la sapienza di Dio. Allo stesso tempo, il Papa esorta i Carmelitani alla “austerità di vita”, alla lontananza dalla “mondanità e dai criteri del mondo”, perché “lo spirito del mondo è nemico della vita di preghiera”.

    Infine, la terza parola: la missione. Il Pontefice non nasconde “le ardue sfide” che comporta l’essere missionari oggi, perché “il messaggio evangelico non è sempre accolto e talvolta viene addirittura respinto con violenza”. Tuttavia, “anche se veniamo gettati in acque torbide e sconosciute”, continua Papa Francesco, non bisogna dimenticare che Colui che “chiama alla missione dà anche il coraggio e la forza di attuarla”. Per questo, i Carmelitani vengono esortati ad essere “missionari dell’amore, della tenerezza e della misericordia di Dio”, perché la loro testimonianza “di amore e di speranza” sia come “una brezza leggera che rinnova e rinvigorisce la missione ecclesiale nel mondo di oggi”.

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    Nomina episcopale in Francia

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo di Montevideo, Nicolás Cotugno Fanizzi, e Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale.

    In Francia, il Papa ha nominato vescovo di Coutances il sacerdote Laurent Le Boulc’h, del clero della diocesi di Saint-Brieuc, finora Parroco di Lannion. Mons. Laurent Le Boulc’h è nato il 4 settembre 1960 a Loudéac, nella diocesi di Saint-Brieuc. Ha compiuto gli studi secondari al College Saint-Joseph e al Liceo cattolico di Pontivy. Nel 1980, dopo un’ anno alla Facoltà di Fisica e Chimica, è entrato nel Seminario interdiocesano di Vannes per i corsi di filosofia e di teologia, interrotti nel bienno 1982-1984 per il servizio militare. Nel 1991 si è iscritto alla Facoltà di Teologia dell’Institut Catholique di Parigi, dove ha ottenuto la Licenza in Teologia. E’ stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1988, per la diocesi di Saint-Brieuc. Dopo l’ordinazione, ha ricoperto gli incarichi seguenti: Vicario della cattedrale di Saint-Brieuc (1988-1991); Studi all’Institut Catholique di Parigi (1991-1993); Vicario episcopale per la pastorale giovanile (1993-2005); Responsabile della formazione permanente (2003-2005). Dal 2005, è Parroco di Lannion e Responsabile dell’omonima zona pastorale. Inoltre, dal 1993, è Responsabile della pastorale delle scuole cattoliche.

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    Pellegrinaggio a Roma dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro. La Consulta lavora alla revisione dello Statuto

    ◊   Presentato stamani in Sala Stampa vaticana il pellegrinaggio dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che si terrà a Roma dal 13 al 15 settembre nel contesto dell'Anno della Fede. L’evento è preceduto dalla riunione della Consulta che, composta dai rappresentanti delle 62 luogotenenze dell’Ordine, dal 10 al 12 settembre è chiamata discutere la revisione del vigente Statuto. La nuova stesura sarà poi sottoposta all’approvazione del Papa, è stato spiegato in conferenza stampa. Il servizio di Debora Donnini:

    Promuovere l’incremento della pratica della vita cristiana nei suoi membri e “fornire un aiuto morale e materiale alla Chiesa che è in Terra Santa”: sono i due scopi fondamentali dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, ricordati in conferenza stampa dal cardinale Edwin Frederick O’Brien, Gran Maestro dell’Ordine, i cui membri sono circa 30mila. L’attenzione è dunque rivolta in particolare ai bisogni del Patriarcato latino di Gerusalemme, ma l’Ordine non opera a beneficio solo della Terra Santa in senso stretto, ma anche di Libano e Egitto. L’impegno dell’Ordine per la Terra Santa tra il 2002 e il 2012 è consistito in oltre 98 milioni di dollari per la costruzione o ristrutturazione di chiese, scuole ed ospedali. E ancora, per aiutare i cristiani a non abbandonare la loro terra d’origine, ha promosso iniziative come concessioni di microcrediti alle piccole imprese familiari. L’Ordine ha una storia antica: la sua nascita si fa risalire all’XI secolo anche se non si ha prova certa dell’esistenza dei cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme anteriormente alla prima metà del XIV secolo.

    A spiegare in cosa consista la revisione del vigente Statuto, che è quello promulgato da Paolo VI nel 1977, il prof. Agostino Borromeo, governatore generale dell’Ordine. L’attuale testo, nota, non sembra più consono all’ecclesiologia sviluppatasi dopo il Concilio Vaticano II e per certi aspetti alla sensibilità dei nostri tempi. La bozza del nuovo testo punta infatti a sviluppare in modo più organico l’impegno spirituale dei membri, a radicare più profondamente l’azione delle articolazioni periferiche nella vita delle Chiese locali e ad estendere l’azione caritativa dell’Ordine ad un’area geografica del Medio Oriente più ampia:

    “Cavalieri e Dame sono inoltre invitati, sia individualmente sia collettivamente, quale struttura locale nell’ambito dell’Ordine, a mettersi a servizio delle rispettive Chiese particolari, con piena corresponsabilità nella vita e nell’attività pastorale di queste ultime. I membri sono incoraggiati ad offrire la propria collaborazione alle parrocchie, alle diocesi e alle Conferenze episcopali regionali e nazionali, anche mettendo a disposizione delle autorità ecclesiastiche locali una parte delle offerte finanziarie, raccolte nel promuovere iniziative a favore della Terra Santa. Si tratta di una proposta radicalmente innovativa. Infatti, pur rimanendo lo scopo prioritario dell’Istituzione, il sostegno della presenza cattolica in Terra Santa, l’Ordine non può ignorare che in certi Paesi, in cui i suoi membri sono attivi, vi sono persone che vivono situazioni di disagio, anche più drammatiche di quelle subite dalle popolazioni cristiane del Medio Oriente”.

    I lavori della Consulta saranno dunque dedicati alla revisione del vigente Statuto. La nuova stesura sarà poi sottoposta dal cardinale Gran Maestro all’approvazione del Papa. E ancora il prof. Borromeo si sofferma su quello che potrebbe delinearsi in futuro:

    “Senza allentare i tradizionali vincoli che legano l’Ordine al Patriarcato latino di Gerusalemme, esistono pertanto i mezzi per avviare un’azione caritativa a più vasto raggio. Sotto il profilo geografico, l’Istituzione potrebbe far beneficiare del proprio sostegno istituzioni cattoliche esistenti in Iraq, Siria e Turchia ove l’Ordine per ora non ha il mandato pontificio di intervenire. Se l’attuale mandato venisse ampliato nel senso auspicato, la giurisdizione, per così dire, della nostra istituzione, verrebbe di fatto ad estendersi a tutte quelle regioni in cui nacque e dalle quali si propagò la Chiesa primitiva. Solo sotto il profilo dei soggetti beneficiari occorre anche essere più sensibili alle esigenze delle Chiese cattoliche, appartenenti ai vari riti orientali, le cosiddette Chiese sui iuris, come la Chiesa greco-melkita o la Chiesa maronita, presente soprattutto in Libano”.

    Il pellegrinaggio prevede il 13 settembre in Aula Paolo VI l’incontro del Papa con 3mila partecipanti e la catechesi di mons. Rino Fischella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Una catechesi che, come ha ricordato lo stesso mons. Fisichella stamani, spiegherà come la fede provochi un impegno concreto per una società migliore. Il presule descrive il compito dell’Ordine come “un impegno diretto per la concreta costruzione della pace soprattutto in quelle terre e tra i molti innocenti e poveri che soprattutto in questi giorni stanno vivendo tensioni e timori straordinari per la violenza che incombe su di loro e sul mondo intero”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, la lettera di Papa Francesco al presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.

    I leader degli Stati del G20 prendano coscienza che è vana la pretesa di una soluzione militare della crisi in Siria, scrive il Papa in occasione del vertice a San Pietroburgo.

    Le linee guida dell’impegno della Santa Sede per «una giusta soluzione del conflitto» sono state presentate giovedì 5 settembre, dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, al Corpo diplomatico riunito in Vaticano.

    A fondo pagina, "I vescovi statunitensi scrivono a Obama"; un attacco aggraverebbe la tragedia già in atto.

    Nella lettera si precisa chiaramente qual è la posizione della Conferenza episcopale: "Il popolo siriano ha urgente bisogno di una soluzione politica" .

    Insieme per superare la «cultura dello scontro» e dare spazio a quella «cultura dell’incontro» che aiuta a guardare con fiducia al raggiungimento della piena comunione; è quanto ha auspicato il Papa rivolgendosi a sua Santità Moran Baselios Marthoma Paulose II, Catholicos dell’Oriente e Metropolita della Chiesa ortodossa siro malankarese, ricevuto in udienza nella mattina di giovedì 5 settembre. Il discorso del Pontefice è pubblicato integralmente a pagina 6, accanto dell’indirizzo di saluto rivolto al Pontefice dal Catholicos.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: obiettivi e rischi di un intervento militare

    ◊   Prende corpo l'opzione dell'intervento militare in Siria dopo l'ok della Commissione Esteri del Senato Usa ad una possibile azione nel Paese. Sul terreno intanto sono in corso scontri a nord di Damasco in prossimità di un villaggio a maggioranza cristiana. Sui motivi che hanno portato ad un’accelerazione dell’intervento internazionale, Marco Guerra ha sentito Pietro Batacchi direttore della Rivista Italiana Difesa:

    R. - Negli ultimi mesi - a partire dal gennaio di quest’anno - il regime siriano si è rafforzato sul terreno. Grazie all’intervento dei guerriglieri libanesi di Hezbollah e l’assistenza ricevuta dall’Iran, i ribelli hanno iniziato a perdere le posizioni che avevano guadagno e il cosiddetto equilibrio di potere sul terreno è mutato a vantaggio del regime siriano. Questo ha innescato una serie di processi: a cominciare dal fatto che gli israeliani non potevano più tollerare che Hezbollah fosse così pesantemente intervenuta in Siria e che comunque potesse essere in grado eventualmente di poter accendere un secondo fronte contro Israele - oltre a quello libanese - anche in Siria; e dall’altra parte le monarchie arabe del Golfo, cominciando dall’Arabia Saudita e dal Qatar, si sono rese conto che il regime di Assad doveva essere, in qualche misura, riportato entro certi confini. Questa serie di processi ha innescato, a prescindere dall’impiego di armi chimiche, la reazione da parte degli Stati Uniti, della Francia e della coalizione dei volonterosi che si va costituendo, ma dietro la quale ci sono le monarchie arabe e Israele.

    D. - Alcuni analisti sostengono che in realtà gli Usa non intendono far cadere Assad, ma indebolire l’asse tra il regime di Damasco, Hezbollah e Iran…

    R. - La risoluzione approvata dalla Commissione Esteri del Senato americano non a caso parla di “significativi cambiamenti all’equilibrio militare in Siria”. Per cui l’indebolimento dell’asse tra Iran, Siria ed Hezbollah è uno degli obiettivi dell’intervento americano. Questo non significa che debba portare alla caduta del regime siriano: significa soltanto che un certo stato di cose che si è andato consolidando sul terreno negli ultimi mesi, deve essere cambiato a beneficio di una serie di interessi, che sono essenzialmente quelli delle monarchie del Golfo e di Israele. Non dimentichiamo il ruolo che le monarchie del Golfo hanno sempre avuto nel finanziamento e nel supporto del fronte ribelle, che non ha nulla a che fare con la democraticità e che un domani potremmo trovarci a dover fronteggiare come esattamente sta succedendo adesso in Libia.

    D. - L’amministrazione americana ha valutato questi rischi?

    R. - Credo che un’eventuale caduta di Assad possa provocare una ripetizione dello scenario libico, ma su scala ben maggiore e ben peggiore, perché la Siria - per la sua importanza geopolitica come cerniera del sistema mediorientale - è ben più importante della Libia. Un’eventuale caduta di Assad, che è sempre stato una sorta di fattore di certezza e di prevedibilità, sarebbe una sorta di bomba nucleare lanciata sul Medio Oriente.

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    Prima Giornata Onu sulla carità, nel ricordo di Madre Teresa di Calcutta

    ◊   Si celebra oggi la prima Giornata della carità indetta dall’Onu, nel giorno della morte di Madre Teresa di Calcutta, il 5 settembre 1997. Ricorrenza che rafforza gli impegni in vista della Veglia di preghiera e digiuno, sabato prossimo, indetta dal Papa per fermare la guerra in Siria, in Medio oriente e nel mondo intero. Roberta Gisotti ha intervistato don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana:

    D. – “Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza”, ha ribadito il Papa, chiedendo “gesti di pace e parole di speranza”. Don Soddu: ognuno può fare qualcosa?

    R. – Sì, ognuno può fare tutto! Perché se il mare, come comunemente si dice, è formato da tante gocce, direi che il “mare del bene” non può che esser fatto dall’apporto di ciascuno.

    D. – La Siria è in primo piano in questi ultimi giorni per l’uso delle armi chimiche che sarebbero state utilizzate dall’esercito e forse anche dai ribelli. Nonostante l’orrore per le vittime di queste armi, ci si chiede perché un intervento armato degli Stati Uniti ed eventuali alleati sia solo adesso, quando la lista dei morti è arrivata in due anni e mezzo di conflitto ad oltre 100 mila…

    R. – Sì, questo spaventa veramente. Ecco, se dovessimo seguire questa ondata di violenze non faremmo altro che aggiungere violenza a violenza, come ha sottolineato il Santo Padre nell’Angelus domenica scorsa. Così come un antico detto latino che diceva: “Se vuoi la pace prepara la guerra”. Noi invece sulla parola del Signore siamo fermamente convinti che se si vuole la pace si deve essere "costruttori di pace", attraverso strumenti che non possono essere diversi dalla stessa pace. Quindi, l’incontro, il confronto, il dialogo devono essere gli strumenti e le tappe che probabilmente fino ad oggi non sono state neanche minimamente affrontate.

    D. – Voi come Caritas avete lanciato la campagna "La Siria grida pace": a che punto è la campagna?

    R. – La campagna a questo punto non può essere quantificata. Il nostro impegno naturalmente è sempre vivo, momento per momento, oggi in modo particolare. E, non possiamo non gioire nell’accogliere la Giornata odierna delle Nazioni Unite, che mette in primo piano l’aspetto fondamentale del nostro lavoro e del nostro impegno nell’apostolato della Chiesa, cioè la carità, ben consapevoli che la carità non è semplicemente dare un aiuto magari molto lontano dalla nostra persona. Per noi, la carità è Dio stesso che manifesta la vicinanza con l’altro attraverso il rapporto personale. Quindi, la campagna a favore della Siria diventa molto inadeguata, però è adeguata nella misura in cui noi non perdiamo mai la speranza di fronte all’anelito di pace, seguendo appunto l’invito di Papa Francesco di preghiera e di digiuno per questo.

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    A Venezia il film di Wajda "Walesa", l'uomo della speranza che diede la libertà alla Polonia

    ◊   L’ottantasettenne regista polacco Andrzej Wajda porta fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia il suo ultimo film “Wałęsa. Uomo della speranza”, con il quale affronta un periodo cruciale nella vita di un popolo, una nazione e un uomo, un capitolo fondamentale nella storia del Novecento. Un’opera diretta con grande tensione e passione, con ottimi attori tra cui Maria Rosaria Omaggio nei panni della giornalista Oriana Fallaci, dalla cui intervista il noto Premio Nobel comincia a raccontarsi. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Sono tempi della storia ancora attuali, perché ne viviamo l’eredità politica, sociale e anche spirituale. In cui la parola chiave è stata e resta: libertà. Parola semplice, ma per realizzarla sono state sacrificate vite, sono stati compiuti orrori. Per ogni polacco e per ogni europeo i fatti di Danzica, Solidarność, e tutto ciò che riguarda la figura di Wałęsa, fanno parte del patrimonio e della memoria. Andrzej Wajda, decano e maestro del cinema, era consapevole che questo suo film sarebbe stato il soggetto più difficile e delicato della sua lunga carriera. Ma importante perché si rivolge a tutti, e ci mette a contatto con la realtà drammatica che visse il suo Paese nel ventennio che inizia con il massacro di Danzica nel 1970 e termina con la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Ed è un Wałęsa diverso quello che sullo schermo interpreta Robert Więckiewicz: irruento, pragmatico, decisionista, caparbio, devoto, legatissimo alla famiglia, al suo ambiente operaio, impermeabile a qualsiasi richiamo o offerta che non fosse il bene del popolo e della sua Polonia. Abbiamo chiesto al regista se il vero Wałęsa è stato soddisfatto del film.

    R. – Ha visto il film – lo abbiamo guardato insieme – e lo ha guardato con occhio indulgente. Credo, comunque, che chiunque si veda sullo schermo, vorrebbe essere chiaramente nella luce più favorevole possibile. Robert Więckiewicz fa la parte di un personaggio molto caratteristico, anche molto divertente. Forse, Wałęsa si voleva vedere com’è oggi, ma all’epoca era così.

    D. – Giovanni Paolo II e la Chiesa polacca sono quasi tenuti al margine: se ne sente la forza spirituale e morale, ma si vedono pochissimo. C’è una ragione?

    R. – Non volevo mescolare tutto insieme. Sono stati fatti già tre film sul Papa, che hanno mostrato il suo ruolo in quella situazione. Io ho pensato di mostrare maggiormente il segno della Croce fatto dai Servizi di sicurezza, in una scena del film, quando si vede il Papa alla televisione inginocchiato, piuttosto che mostrarlo in maniera esplicita.

    D. – “Non c’è libertà senza solidarietà”: è ancora attuale e sentito tra i giovani questo motto che contraddistinse il Sindacato e le lotte del popolo contro la dittatura comunista?

    R. – Ho fatto apposta questo film: perché durasse questa memoria.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Veglia di pace per la Siria, adesioni continue e senza confini

    ◊   E' sempre più ampia e senza confini l'adesione alla Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria indetta da Papa Francesco per sabato prossimo. Nel piccolo villaggio cristiano di Maaloula, a nord di Damasco, simbolo della cristianità in Siria e luogo di pellegrinaggio per fedeli cristiani e musulmani, si prega già per la pace, mentre si è sotto la minaccia diretta di gruppi armati. L’importanza che ha per le comunità locali la vicinanza del Santo Padre è testimoniata anche da padre Nawras Sammour, responsabile per il Medio Oriente e il Nord Africa del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, che in una telefonata alla Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) da Aleppo condanna la possibilità di un intervento armato, ricordando che le parole del Papa sono state apprezzate anche dal Gran Muftì del Paese, Ahmad Badreddin Hassou, che ha espresso il desiderio di poter pregare sabato in piazza San Pietro. Anche Maria Saadeh, deputato al parlamento di Damasco e di fede greco-cattolica, si sente vicina al Papa e alla “Santa Sede che conosce bene la nostra cultura e può sostenere i nostri sforzi per la pace e per fermare la violenza”. Forti si levano voci anche altrove, nel mondo: in Indonesia, cattolici e musulmani pregheranno uniti in comunione con il Papa, sottolineando che “le armi non rappresentano la soluzione per dirimere i conflitti”, mentre a Hong Kong il cardinale John Tong esorta i fedeli alla preghiera e a celebrare la giornata di digiuno per ottenere la pace mondiale a lungo termine. Molte le iniziative intraprese dalle Chiese dell’America Latina, mentre vicinanza e solidarietà è stata espressa anche dai Paesi geograficamente più vicini alla Siria: le comunità maronite libanesi, ad esempio, invitano tutto il popolo del Libano e pregare con il Santo Padre, mentre dal Paese Issam Bishara, responsabile della Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), l’associazione fondata nel 1926 da Pio XI per l’aiuto spirituale e materiale dei cattolici nel Medio Oriente e nell’Europa Orientale, torna a puntare l’attenzione sulla questione dei rifugiati siriani. Dall’Iraq, il Patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael Sako I, richiama tutta la Chiesa locale a condividere la Giornata di preghiera e digiuno, mentre in Egitto – altro Paese sconvolto dalle violenze – il portavoce dei vescovi cattolici, padre Rafic Greiche, testimonia l’ottima accoglienza che l’iniziativa ha trovato presso la popolazione, che nelle notti di venerdì e sabato prossimi si raccoglierà nelle chiese per momenti speciali di preghiera comunitaria, adorazioni e celebrazioni eucaristiche. (A cura di Roberta Barbi)

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    Veglia Siria. Molte le diocesi italiane che pregheranno col Papa

    ◊   Anche in Italia, da nord a sud, le diocesi si mobilitano in vista della Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria indetta dal Santo Padre, per pregare in comunione con Papa Francesco sabato 7 settembre, come riferisce il Sir. Molte le iniziative in programma: a Lamezia Terme, in Calabria, il vescovo, mons. Luigi Acanfora, a tal proposito ha scritto una lettera ai sacerdoti invitandoli a celebrare domenica Messe per la pace e a lasciare aperte le chiese per momenti di adorazione eucaristica e preghiera comunitaria. Un momento di preghiera è previsto anche nella chiesa del Carmine di Pavia, persuasa che “l’unica strada per la pace è il dialogo”, mentre il vescovo di Terni-Narni-Amelia, mons. Ernesto Vecchi, invita religiosi e laici a riunirsi e pregare insieme nel santuario di Sant’Antonio di Terni, in modo che “il grido della pace si levi in alto”. Punta sulla preghiera familiare, invece, il vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Gianni Ambrosio, che esorta i fedeli ad accogliere in prima persona l’invito alla preghiera del Papa per ottenere “la grazia della pace”, mentre la diocesi di Arezzo scenderà in piazza per una fiaccolata. A Perugia, è l’arcivescovo, mons. Gualtiero Bassetti, a rilanciare l’appello del Santo Padre per il 7 settembre, al quale parteciperà attivamente anche la Caritas diocesana. Celebrazioni ad hoc anche a Ragusa e in diverse chiese dell’arcidiocesi di Messina, alle quali l’arcivescovo invita a chiedere l’intercessione di Maria Regina della Pace. Anche la Chiesa di Udine, infine, raccoglierà l’invito accorato del Papa e si riunirà in preghiera in cattedrale. (R.B.)

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    G20 a San Pietroburgo: al centro del vertice, la crisi siriana e l’economia mondiale

    ◊   Massima attenzione al tema “Siria” al G20, oggi al via a San Pietroburgo, in Russia, dove i leader delle 20 economie più avanzate del mondo parleranno anche di superamento della crisi mondiale e del rallentamento delle economie emergenti a causa delle politiche messe in atto dalla Fed. Ma sarà soprattutto il conflitto in Siria ad avere ampio spazio nell’agenda del vertice. Da ieri in Europa, il presidente Usa, Barack Obama, ha spiegato che la credibilità del Congresso americano “è messa alla prova su come risponderemo al presunto utilizzo di armi chimiche da parte di Damasco”. Da sempre contrari all’intervento, invece, Russia e Cina, ed è proprio Pechino che apre al G20 le dichiarazioni sulla crisi siriana: “Un’azione militare avrebbe un impatto negativo sull’economia globale – ha detto il viceministro delle Finanze cinese, Zhu Guangyao – in particolare sul prezzo del petrolio, causandone l’aumento”. Mosca, intanto, aveva ipotizzato una revisione della propria posizione nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a patto che fosse dimostrato “in maniera incontrovertibile” l’uso di armi chimiche da parte di Assad, ma il portavoce di Putin ha confermato che il presidente non avrà in questi giorni incontri bilaterali, né con Obama né con l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la crisi in Siria, Lakhdar Brahimi, che a sorpresa è partito per la Russia, dove – ha detto il segretario generale Ban ki-moon – premerà in favore di una soluzione politica e della convocazione di una conferenza internazionale, la cosiddetta “Ginevra 2”. (R.B.)

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    Giordania. Re Abdullah II riceve il presidente dei Focolari, Maria Voce

    ◊   Il re giordano. Abdullah II, ha ricevuto ieri in udienza ad Amman Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, che da oltre una settimana si trova nel Paese per incontrare le delegazioni dei Focolari presenti nei Paesi mediorientali e nordafricani. Il sovrano le ha subito espresso la gioia di aver incontrato Papa Francesco con queste parole, riportate dall’agenzia Sir: “Abbiamo sentito di essere fratelli”. Le ha quindi fatto vedere le sue foto con il Santo Padre apparse sugli organi di stampa, ribadendo che si è trattato “di una delle visite più belle fatte in questi anni”. Maria Voce, dal canto suo, ha ringraziato il re a nome di tutto il Movimento “per l’accoglienza che il Paese ci ha riservato” e lo ha informato della presenza di cristiani e musulmani provenienti da Medio Oriente e Nord Africa, “tutti legati da questo spirito di fratellanza universale”. “La reazione di re Abdullah – ha concluso Maria Voce – è stata di chiedere cosa poteva fare per continuare questo lavoro e ha espresso la propria preoccupazione per la situazione nella regione, senza nascondere i timori per le comunità cristiane presenti, per le quali è necessario che queste crisi siano affrontate tutti insieme”. (R.B.)

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    Egitto. Attentato al Cairo contro il ministro degli Interni, 20 feriti

    ◊   È di 20 feriti, tra cui un adolescente che versa in gravi condizioni, il bilancio ancora provvisorio dell’attentato avvenuto oggi nella zona di Nasr City, al Cairo, in Egitto, contro il ministro degli Interni, Mohyammed Ibrahim, che ne è uscito illeso. Questa la ricostruzione dei fatti secondo gli inquirenti: un ordigno, e non un’autobomba come detto in precedenza, è stata lanciata da un gruppo di uomini armati – probabilmente jihadisti – contro il convoglio sul quale viaggiava l’esponente del governo, a poca distanza dalla sua abitazione, la cui facciata risulta completamente distrutta, come pure quattro auto parcheggiate nelle vicinanze, non lontano dai luoghi in cui si sono svolte le proteste egiziane degli ultimi due mesi. Più tardi, il ministro è apparso alla tv di Stato egiziana assicurando di stare bene e puntando il dito contro gli autori di quello che definisce “un attacco vile” e che considera “solo l’inizio di una serie di operazioni terroristiche”. Se questo è stato il primo attentato al Cairo, condannato ufficialmente anche dalla Fratellanza musulmana e dalla coalizione islamista, non si arrestano, invece, gli attacchi nel Sinai: nell’assalto a un checkpoint ad al Arish, nel nord, sono rimasti feriti alcuni soldati, ma non ci sarebbero fortunatamente vittime. (R.B.)

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    Afghanistan. A Kabul uomini sparano in una moschea sciita, 3 feriti

    ◊   Sono tre i feriti nell’attacco a una moschea sciita avvenuto oggi a Kabul, capitale dell’Afghanistan. Due uomini armati sono penetrati questa mattina nel luogo di culto travestiti da poliziotti e hanno sparato sui fedeli in preghiera, come riferisce il viceministro dell’Interno, generale Salangi. Il fatto è avvenuto nel quartiere a maggioranza sciita di Dashte Barche e gli assalitori – probabilmente di nazionalità pakistana e vicini ai talebani – erano armati di tutto punto con fucili, coltelli ed esplosivo. Secondo le stime della missione Onu nel Paese (Unama) nella prima metà di quest’anno sono aumentate del 23% le vittime civili in Afghanistan, anche se finora gli attentati di matrice islamica erano stati rivolti prevalentemente contro funzionari di governo o membri delle forze di sicurezza, pur essendoci sempre state tensioni tra la maggioranza sunnita e la minoranza sciita. (R.B.)

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    I vescovi argentini: dolore per la mancata applicazione della legge sui diritti degli indigeni alle terre

    ◊   La Chiesa argentina ha denunciato la mancata trasparenza nell’applicazione della legge sul riconoscimento della proprietà terriera alle comunità indigene, messa in evidenza dal contrasto tra il basso livello di esecuzione della norma e l’elevato uso delle risorse assegnate per i progetti di sviluppo. In conferenza stampa, mons. Jorge Eduardo Lozano, vescovo di Gualeguaychú, presidente della Commissione episcopale della Pastorale Sociale, insieme a mons. Fernando Maletti, vescovo di Merlo-Moreno e membro della Commissione episcopale per la Pastorale Aborigena, ha presentato un rapporto di verifica dell’attuazione della legge 26.160, sancita nel 2006, sulle assegnazioni dei titoli di proprietà terriera alle comunità indigene. Nel suo intervento mons. Lozano ha sottolineato che i popoli originari dell’Argentina sperano da molto tempo che giustizia sia fatta e possano vedere i loro diritti riconosciuti. La norma in questione prevedeva che, indipendentemente dalle persone o dalle figure giuridiche che apparivano nei titoli di proprietà iscritte nel Registro statale, i popoli aborigeni potessero avere il riconoscimento della proprietà terriere da loro tradizionalmente occupate. Inoltre, la legge stabiliva la sospensione degli sfratti e l’assegnazione di 60 milioni di pesos (circa 8 milioni di euro) all’Istituto Nazionale di Affari Indigeni (INAI) per l’attuazione delle norme in collaborazione con i governi provinciali. Lo studio presentato dall’episcopato denuncia che dal 2009 l’INAI non ha presentato alcun rapporto sull’esito dei programmi e l’uso delle risorse stabilite dalla legge, e smentisce che il programma di riconoscimento delle terre sia stato compiuto per un 40 per cento. Secondo lo studio della Commissione pastorale, a sei anni della promulgazione della legge, è stato fatto solo un 12, 48 per cento, il che significa, secondo il documento, che ci “vorrebbero circa 40 anni per concludere il lavoro”. I ritardi più gravi si sono presentati nelle province di Salta, Jujuy, Formosa, Chaco e Neuquén, dove risiede il 65% delle comunità indigene del Paese, perché il programma di rilevamento delle proprietà arriva solo a un 4,11 %. Nonostante ciò, secondo l’ente pubblico sono stati impiegati circa il 76 % cento delle risorse assegnate dallo Stato. “Siamo perplessi per la freddezza con la quale lo Stato ha assunto questo impegno nei confronti dei diritti universalmente riconosciuti dei nostri fratelli indigeni” ha detto mons. Maletti nell’esprimere anche dolore perché a pagare sono sempre i più poveri e deboli. “Le terre indigene non possono continuare a essere terre di sfratto, di repressione e di morte” hanno affermato i membri delle Commissioni episcopali di Pastorale sociale e aborigene che hanno chiesto rapidità nelle pratiche di assegnazione delle proprietà e trasparenza nell’utilizzo delle risorse. (A cura di Alina Tufani)

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    Capodanno ebraico. A sorpresa gli auguri del presidente iraniano su Twitter

    ◊   Con un messaggio su Twitter, corredato dalla foto di un ebreo in preghiera in una sinagoga, il presidente iraniano Hassan Rohani a sorpresa ha fatto pubblicamente gli auguri agli ebrei per la festività di Rosh Hashanah, il Capodanno ebraico, che segna l’inizio dell’ano 5774. Nel Paese, la comunità ebraica conta circa diecimila fedeli. Questo il testo scritto dal presidente, che marca così un netto cambiamento rispetto alla presidenza precedente di Ahmadinejad: “Ora che il sole sta per tramontare qui a Teheran auguro a tutti gli ebrei, in particolare agli ebrei iraniani, un felice Rosh Hashanah”. (R.B.)

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    India. Nello Stato del Karnataka aggrediti due pastori protestanti

    ◊   Ennesimi casi di violenza anticristiana in India, nello Stato del Karnataka, che detiene il record di episodi di questo genere, nonostante alle elezioni del maggio scorso il partito fondamentalista indù abbia perso il potere. L’agenzia Fides riferisce il pestaggio di due pastori protestanti: nuovi casi, dunque, di violazione della libertà religiosa nel Paese, segnalati dal "Global Council of Indian Christians". Il primo, il pastore Samson a guida di una chiesa a Basavanagar, nel nord, è stato picchiato dagli estremisti indù e accusato di operare conversioni forzate. Sul fatto, la polizia ha rifiutato di accettare una denuncia. Il secondo, padre Devu Kanu pale Gowli, della Blessing Ministry Church a Karvar, è stato aggredito assieme alla moglie ed entrambi, rifiutando di convertirsi all’induismo, sono stati cacciati dal loro villaggio. Le Chiese cristiane del Karnataka tornano a lanciare un appello al governo locale, affinché si adoperi per costruire un futuro di rispetto dei diritti umani, dialogo, giustizia e armonia. Secondo un recente rapporto dell’ong "Catholic Secular Forum", nel 2011 in Karnataka ci sono stati oltre mille attacchi contro i cristiani: una media di 3-5 al giorno. (R.B.)

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    Slovacchia. I vescovi in sostegno della Marcia nazionale per la vita del 22 settembre

    ◊   Manifestare dissenso per tutto ciò che è contrario alla vita: questo l’obiettivo della Marcia nazionale per la vita che si terrà il 22 settembre prossimo a Kosice, in Slovacchia, città capitale europea per la Cultura 2013. In una lettera ai fedeli, i vescovi locali invitano così alla partecipazione all’evento, ribadendo l’importanza del risveglio delle coscienze e dell’attività di sensibilizzazione alla protezione della vita umana minacciata dalla “cultura della morte”. “Questa protesta è legittima poiché la legge sull’eutanasia, quella sull’interruzione volontaria della gravidanza e su vari tipi di manipolazione genetica sono in vigore in molti Paesi – scrive la Conferenza episcopale slovacca – i cristiani devono battersi per il diritto alla vita, perché solo la Chiesa si è sempre impegnata su questo fronte e sentirsi responsabili del corso degli eventi che influenzeranno le generazioni future”. La marcia è stata organizzata in sostegno dei bambini mai nati, ma anche degli anziani e dei malati la cui vita potrebbe essere in futuro minacciata. (R.B.)

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    Cina. L’obiettivo del Seminario di Xing Tai: mettere Cristo prima di tutto

    ◊   Una spiritualità concentrata sull’Eucaristia e sul Sacramento della Penitenza: questa l’esortazione rivolta dal rettore del Seminario propedeutico di Xing Tai, nella provincia cinese dell’He Bei, ai suoi allievi, in tutto 70, di cui 30 nuovi iscritti solo quest’anno. “Mettere Cristo al centro – ribadisce il rettore, le cui parole sono riferite da Fides – nella formazione della nostra personalità come nello studio: solo la fede ci permetterà di realizzare questo progetto”. In 24 anni di attività, il Seminario – che si è sempre concentrato sulla sintonia con la Chiesa universale e sta vivendo l’Anno della Fede con numerose iniziative – ha formato 1200 seminaristi e il prossimo anno festeggerà il 25.mo anno dall’apertura. (R.B.)

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    Buthan. L’unico sacerdote cattolico ricorda l'incontro con Madre Teresa

    ◊   Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria liturgica della Beata Teresa di Calcutta (al secolo Agnes Gonxha Bojaxiu), l’agenzia AsiaNews riporta la storia di padre Kinley Tshering, l’unico sacerdote cattolico del Bhutan, che deve la realizzazione della sua vocazione proprio a un incontro fortuito con la "matita di Dio", avvenuto nel 1986. L’attuale padre gesuita nacque in una devota famiglia buddista, ma ben presto sentì la chiamata del Signore alla quale non ebbe subito il coraggio di rispondere, dato il contesto in cui viveva e le pressioni familiari. Così si avviò a una carriera da manager. Un giorno, di ritorno da Hyderabad, si trovò in aereo seduto vicino a Madre Teresa, la quale era immersa in preghiera. I due iniziarono a parlare e il futuro padre Tshering le rivelò le angosce del suo cuore: “Tu hai una vocazione – gli rispose la Beata – sii generoso con Dio e lui lo sarà con te”. “Avevo chiesto un miracolo a Dio per affermare la mia vocazione e il Signore mi aveva mandato un angelo, proprio come accadde a Maria – ricorda oggi l’episodio padre Tshering – non avevo che da dire ‘eccomi, sono il servo del Signore’”. Dopo la sua ordinazione, il novello sacerdote volle incontrare Madre Teresa, che gli disse: “Per gli ultimi dieci anni ho pregato per te”. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 248

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.