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Sommario del 04/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • "Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace!": l'appello del Papa a partecipare alla giornata di preghiera e digiuno
  • Udienza generale. Il Papa ricorda la Gmg: i giovani aprano le porte verso un mondo nuovo di speranza
  • Le voci dei fedeli in Piazza San Pietro: la preghiera può fermare le guerre
  • Dicasteri per l'ecumenismo e dialogo interreligioso "grati" a chi condividerà la Veglia di sabato
  • Lettera di mons. Paglia alle famiglie: "Cari genitori non abbiate paura di spiegare il digiuno ai vostri figli"
  • Veglia per la pace. Mons. Negri: i potenti ripensino alle loro intenzioni
  • Mons. Twal: prima di decidere sul Medio Oriente il mondo ci consideri
  • Veglia per la pace. Enzo Bianchi: iniziativa profetica e coraggiosa
  • Papa Francesco incontra i capitani reggenti di San Marino: soluzione pacifica al conflitto in Medio Oriente
  • Account Twitter del Papa: superati i nove milioni di follower
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Alla vigilia del G20, Mosca chiede prove certe e l’avallo Onu per intervento in Siria
  • Mali. Cambio al vertice: il presidente eletto Keïta a Traoré
  • Si è conclusa la tre giorni di cammino sui passi di Francesco
  • A Venezia "L'intrepido" di Amelio, storia di un uomo più forte della sua precarietà
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Lettera del Gran muftì di Damasco al Papa: “Lavoriamo insieme per la pace”
  • Fermare la violenza: digiuno e preghiera dei vescovi e dei fedeli a Damasco
  • Iniziativa dei vescovi Usa per la Giornata di preghiera per la Siria
  • Il preposito dei Gesuiti padre Nicolás: un intervento militare in Siria sarebbe un abuso di potere
  • Russia: la Chiesa cattolica si unisce alla preghiera del Papa per la Siria
  • I musulmani italiani aderiscono alla preghiera del Papa per la Siria
  • Amman. Re Abdallah II: cristiani e musulmani si alleino contro il settarismo
  • Papa a Cagliari: dono dei vescovi della Sardegna per i poveri di Buenos Aires
  • Fao: nel Sahel 11 milioni di persone soffrono la fame
  • Somalia: dopo il fallito attentato al presidente, mons. Bertin invoca il dialogo
  • Ordine di Sant'Agostino. Eletto il nuovo priore generale: è lo spagnolo Alejandro Moral
  • Sudafrica: 80 mila minatori in sciopero, rivendicano aumenti salariali
  • Laos. Abiurare la fede cristiana o partire: così le autorità a 11 famiglie convertite
  • “Non sei un nemico!”: nasce il Laboratorio di comunicazione dell’Università Europea di Roma
  • Il Papa e la Santa Sede



    "Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace!": l'appello del Papa a partecipare alla giornata di preghiera e digiuno

    ◊   Il Papa - riprendendo oggi dopo la pausa estiva gli incontri in Piazza San Pietro per l’udienza generale del mercoledì - ha lanciato un appello a partecipare sabato prossimo alla speciale giornata di digiuno e di preghiera da lui promossa per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Una giornata da dedicare alla pace nel mondo ma – ha detto il Papa - "anche per la pace nei nostri cuori, perché la pace comincia nel cuore". Di qui il suo appello:

    “Rinnovo l’invito a tutta la Chiesa a vivere intensamente questo giorno, e, sin d’ora, esprimo riconoscenza agli altri fratelli cristiani, ai fratelli delle altre religioni e agli uomini e donne di buona volontà che vorranno unirsi, nei luoghi e nei modi loro propri, a questo momento. Esorto in particolare i fedeli romani e i pellegrini a partecipare alla veglia di preghiera, qui, in Piazza San Pietro alle ore 19.00, per invocare dal Signore il grande dono della pace. Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace!”.

    Erano presenti all’udienza generale anche tanti fedeli giunti dal Medio Oriente, in particolare dall’Iraq, dalla Giordania e dall’Egitto. Il Papa lancia loro questa esortazione:

    “Unitevi sempre a Cristo edificando il suo Regno con la fraternità, la condivisione e le opere di misericordia. La fede è una forza potente capace di rendere il mondo più giusto e più bello! Siate una presenza della misericordia di Dio e testimoniate al mondo che le tribolazioni, le prove, le difficoltà, la violenza o il male non potranno mai sconfiggere Colui che ha sconfitto la morte: Gesù Cristo”.

    Sabato prossimo gli ingressi in Piazza San Pietro saranno aperti alle 16.30. L’ingresso è aperto a tutti; non sono necessari biglietti. Per le Confessioni saranno predisposti alcuni confessionali sotto il Colonnato e al Braccio di Costantino presso il Portone di Bronzo. Il Papa arriverà sul sagrato alle 19.00. Dopo l’intronizzazione dell’immagine della Vergine “Salus Populi Romani” si reciterà il Santo Rosario seguito dalla meditazione di Papa Francesco. Verrà poi esposto per l’adorazione il Santissimo Sacramento. La veglia verrà conclusa dall’Ufficio delle Letture e dalla Benedizione eucaristica.

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    Udienza generale. Il Papa ricorda la Gmg: i giovani aprano le porte verso un mondo nuovo di speranza

    ◊   L'udienza generale di questa mattina era stata aperta da Papa Francesco con una catechesi interamente dedicata al ricordo della Gmg di Rio de Janeiro. Riandando a quei giorni in Brasile, il Papa ha una volta ancora esortato tutti i giovani a essere “speranza” per il mondo. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Il dialogo è ripreso da dove si era interrotto, come se l’ultima eco dell’applauso scoppiato sull’incredibile colpo d’occhio di Copacabana avesse lentamente viaggiato sull’oceano per riesplodere un mese dopo fra le colonne del Bernini. E il dialogo di Papa Francesco con le migliaia di giovani in Piazza San Pietro è stato un raggio di sole in un momento cupo per il pianeta. Il ricordo della Gmg come motore di una speranza che solo i giovani possono donare con pienezza al mondo degli adulti, troppe volte impegnati a pianificare la guerra. Papa Francesco si è concentrato sui ricordi di Rio de Janeiro decantati da una distanza che, ha osservato, consente di inquadrarne “meglio il significato”. Il primo, dei tre messi in luce, è stato l’accoglienza:

    “Brava gente questi brasiliani. Brava gente! Hanno davvero un grande cuore. Il pellegrinaggio comporta sempre dei disagi, ma l’accoglienza aiuta a superarli e, anzi, li trasforma in occasioni di conoscenza e di amicizia. Nascono legami che poi rimangono, soprattutto nella preghiera. Anche così cresce la Chiesa in tutto il mondo, come una rete di vere amicizie in Gesù Cristo, una rete che mentre ti prende ti libera”.

    E i “bravi” brasiliani, assieme ai giovani della Gmg, hanno offerto – ha proseguito Papa Francesco – anche una testimonianza indelebile di “festa”:

    “Quando una città si riempie di ragazzi e ragazze che girano per le strade con le bandiere di tutto il mondo, salutandosi, abbracciandosi, questa è una vera festa. E’ un segno per tutti, non solo per i credenti. Ma poi c’è la festa più grande che è la festa della fede, quando insieme si loda il Signore, si canta, si ascolta la Parola di Dio, si rimane in silenzio di adorazione: tutto questo è il culmine della GMG, è il vero scopo di questo grande pellegrinaggio, e lo si vive in modo particolare nella grande Veglia del sabato sera e nella Messa finale”.

    Poi, come spesso accade, l’energia di Papa Francesco è diventata corrente di entusiasmo che ha fatto vibrare chi lo stava ascoltando. E i giovani presenti in Piazza sono stati i primi a reagire all’invito del Papa, che si è soffermato sul terzo degli elementi offerto dalla Gmg: la “missione”. Voi – ha affermato incrociando lo sguardo con ragazze e ragazzi – non fate notizia perché portate Cristo risorto nella società e non gli scandali, la fraternità e non la violenza. Ma anche un ragazzo o una ragazza, “che agli occhi del mondo conta poco o niente”, può giocare un ruolo di enorme importanza per il futuro di quel mondo che lo, o la, ignora. E dunque, ha concluso, Papa Francesco, è necessaria da parte dei giovani una precisa assunzione di responsabilità:

    “A tutti i giovani vorrei chiedere con forza, ma io non so se oggi in Piazza ci sono giovani: ci sono giovani in Piazza? Ce ne sono alcuni... Vorrei, a tutti voi, chiedere con forza: volete essere una speranza per Dio? Volete essere una speranza, voi? (Giovani: “Si!”) Volete essere una speranza per la Chiesa? (Giovani: “Si!”) Un cuore giovane, che accoglie l’amore di Cristo, si trasforma in speranza per gli altri, è una forza immensa! Ma voi, ragazzi e ragazze, tutti i giovani, dovete trasformarci in speranza, trasformarvi in speranza! Aprire le porte verso un mondo nuovo di speranza. Questo è il vostro compito. Volete essere speranza per tutti noi? (Giovani: “Si!”)”.

    Un analogo invito a “uscire dai recinti” per “ascoltare con amore ogni persona”, il Papa lo ha rivolto in particolare, al momento dei saluti, ai numerosi gruppi di pellegrini provenienti da varie diocesi italiane. L’amore di Dio, ha concluso, va accolto e condiviso, perché così si fa il bene dell’uomo:

    “Soprattutto con le persone più deboli e bisognose dobbiamo condividere questo amore che cambia la vita. L’amore di Dio cambia la vita! Ci cambia a tutti noi, ci fa più buoni, più felici… Non dimenticate che ognuno di noi, diffondendo la carità divina, contribuisce a costruire un mondo più giusto e solidale”.

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    Le voci dei fedeli in Piazza San Pietro: la preghiera può fermare le guerre

    ◊   Erano oltre 70 mila i fedeli presenti in Piazza San Pietro per l'udienza generale: hanno ascoltato con particolare speranza l'appello del Papa a partecipare alla giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria e nel mondo. Amedeo Lomonaco ha raccolto alcune testimonianze:

    R. – La speranza in questi momenti è una: è Gesù, è una persona, è il Re della pace. La pace è possibile, perché c’è stata donata da Lui, gratuitamente. Bisogna coltivarla, ma è necessario partire dal nostro quotidiano, dalle nostre piccole scelte.

    D. – Tu, personalmente, come vivrai questa giornata?

    R. – Mi unirò nella preghiera e nel digiuno personale. Farò delle piccole scelte che solo il Signore vedrà nel segreto.

    D. – Papa Francesco ha rinnovato l’appello ad aderire a questa veglia che ci sarà sabato, una veglia che sarà scandita dalla preghiera e dal digiuno, nella speranza che le armi tacciano e ci sia veramente la pace. Come alimentare oggi questa speranza?

    R. – Noi, come comunità parrocchiale di San Lorenzo in Croce Moschitto, a Sezze Romano, accogliamo con gioia questa richiesta che il Santo Padre fa per tutto il mondo. Faremo l'adorazione eucaristica comunitaria con tutti i giovani della parrocchia.

    R. – Sicuramente il Papa ha chiesto questa Giornata di preghiera e di digiuno, perché con la preghiera si possono fermare anche le guerre. La forza della preghiera è una forza che ci supera, perché è una forza che non viene da noi stessi, ma viene da Dio. Dio vuole la pace. Gesù Cristo è venuto al mondo per portare la pace e Lui stesso è la pace.

    D. – Come personalmente risponderai all’invito del Papa?

    R. – Prima di tutto con il digiuno, che a volte può costare un po’, perché è un sacrificio grande. Proprio, però, attraverso questo sacrificio Dio ascolterà le nostre preghiere. Sicuramente verrò qui a Piazza San Pietro alle 19.00 per pregare con tutti.

    R. – L’unico modo per arrivare al cuore di Gesù è la preghiera. Lui ha detto, infatti, che certi demoni si scacciano solo con il digiuno e con la preghiera. Io credo in questo. Noi, come suore, ci siamo organizzate, nella nostra comunità, per restare unite in preghiera dinanzi al Santissimo.

    R. – E’ importante che il Papa inviti tutti i cristiani e i non cristiani a pregare per la pace. Il Papa ha indetto questa Giornata di preghiera proprio nella vigilia della Natività della Beatissima Vergine Maria. Lui, infatti, raccomanda sempre le preghiere alla Madonna, Regina della Pace. Bisogna, dunque, pregare e digiunare, affinché la pace regni nel mondo.

    D. – Come aderirai a questo appello?

    R. – Sicuramente con la preghiera e con il digiuno, che può essere un digiuno sia alimentare, televisivo, digiuno da internet e così via. Personalmente, mi unirò al Papa e a tutti i cristiani, soprattutto con la preghiera, con la recita del Rosario e anche con l’adorazione di Gesù Eucaristia.

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    Dicasteri per l'ecumenismo e dialogo interreligioso "grati" a chi condividerà la Veglia di sabato

    ◊   “Grati a tutti coloro che vorranno accogliere l'invito di Sua Santità, vivendo momenti di preghiera, digiuno o riflessione”. Con queste parole i Pontifici Consigli per l’Unita dei Cristiani e per il Dialogo Interreligioso, insieme con la Commissione per i Rapporti religiosi con l'ebraismo, chiudono il comunicato congiunto diffuso in occasione della veglia di preghiera e digiuno indetta da Papa Francesco per sabato scorso.

    Il Pontefice, ricordano nella nota i dicasteri vaticani, “ha invitato anche i membri di altre Chiese e Comunità ecclesiali, gli appartenenti alle altre religioni e tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad associarsi all'iniziativa, nelle forme che riterranno più opportune”. La pace, soggiungono, “è un bene al quale tutti aspirano a tutte le persone religiose e di buona volontà possono essere solidali nella speranza the questo bene essenziale trionfi su ogni forma di odio e di violenza”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Lettera di mons. Paglia alle famiglie: "Cari genitori non abbiate paura di spiegare il digiuno ai vostri figli"

    ◊   Un digiuno da spiegare ai bambini, un pranzo fatto di poco cibo e molte parole da condividere con i nonni: a chiederli è mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, in una lettera indirizzata a tutte le famiglie per la giornata di preghiera e di digiuno per la pace in Siria indetta da Papa Francesco per sabato 7 settembre. Il servizio di Tiziana Campisi:

    “Cari genitori, non abbiate paura di proporre ai vostri figli un pranzo austero e minimo”: mons. Vincenzo Paglia si rivolge così alle mamme e ai papà di tutti i continenti, perché spieghino ai loro bambini “cosa sta accadendo nel mondo” e “insieme alla durezza della cronaca” non dimentichino “di comunicare la speranza della pace offerta da Gesù risorto che ha riconciliato il mondo non con gesti violenti e vendicativi ma con il dono di sé”. “Le immagini che hanno fatto il giro del mondo e le continue tragiche notizie interpellano il nostro cuore, la nostra intelligenza, la nostra fede - scrive il presule riferendosi a quanto i media rendono noto sulla realtà della Siria -. Per questo motivo – si legge ancora nella missiva – vi invito ad accogliere la proposta del Papa e a vivere anche a casa vostra un gesto di digiuno e preghiera”. Per il 7 settembre mons. Paglia raccomanda un pranzo cui partecipino anche nonni e anziani, raccomandando a quanti hanno vissuto momenti di guerra di raccontare “cosa significa vivere sotto le bombe e nell’incertezza del domani e quale era il senso del loro pregare in quei giorni”. Ai giovani il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia chiede di esigere spiegazioni dai genitori circa il senso della giornata di digiuno voluta dal Papa e i “motivi per cui vale la pena continuare ad abitare questa terra segnata troppo spesso da lutti e violenza”. “Insieme, a tavola, pregate! – conclude mons. Paglia -. Per le famiglie della Siria, per i bambini che muoiono ogni giorno per l’odio e la fame, per i governanti chiamati a trovare soluzioni di pace e non violente … ogni famiglia scelga il modo che più conosce per intercedere, ovvero per mettersi in mezzo tra il mistero del male che segna la nostra storia e il Dio della pace che la sana e la salva”.

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    Veglia per la pace. Mons. Negri: i potenti ripensino alle loro intenzioni

    ◊   Papa Francesco ha parlato di "preghiera e digiuno" per la giornata di sabato, in risposta alle urgenze della crisi siriana. Ma qual è la portata e la potenza di queste "armi" che la Chiesa mette in campo in questa ora critica per il pianeta? Davide Pagnanelli, ha intervistato mons. Luigi Negri, sull'importanza della preghiera e del digiuno per la pace nel mondo:

    R. - È il potere di Dio. Tutto il resto viene, perché se c’è la preghiera e Dio ci ascolta, ciascuno di noi può dare il suo contributo. I potenti dovrebbero almeno dare il contributo di un ripensamento e il popolo quello di una partecipazione solidale, perché non ci sono soltanto i venti di guerra, ci sono due milioni di siriani che stanno scappando e, tra questi milioni di siriani, c’è un numero impressionante di bambini.

    D. - Ma perché alla preghiera si accompagna il digiuno? Che significato ha?

    R. - Il digiuno aggiunge alla preghiera una particolare sottolineatura di sacrificio: dà densità esistenziale ed etica a una preghiera che altrimenti potrebbe essere un po’ verbalistica e un po’ pietistica. La preghiera è una delle cose più impegnative, ma può essere vissuta in modo del tutto astratto se non ci si sacrifica in qualche cosa. Tutte le cose, anche le più grandi, possono essere affermate, ma in modo irrelato alla vita.

    D. - Moltissimi esponenti - anche di altre religioni - hanno detto di voler partecipare a questa veglia di sabato. Ma la preghiera può diventare un punto di contatto tra spiritualità differenti?

    R. - Mi sembra che questa sia la dimostrazione che un gesto autenticamente cattolico rivela la sua capacità di comprendere e di valorizzare anche tutte le differenze. Mi sembra che sia stata per secoli la grande testimonianza della Chiesa. Non è una verità esclusiva, è una verità inclusiva.

    D. - Qual è il significato di questa giornata per chi invece vi si accosta da non credente?

    R. - È un’occasione fondamentale di ripensamento sulla propria identità di uomo, sulle esigenze che costituiscono il cuore umano, tra le quali una delle più fondamentali è certamente la pace, ma la pace non disgiunta dalla verità.

    D. - Qual è invece l’aiuto che la preghiera può dare alla politica?

    R. - La preghiera, al di là dell’intelligenza, al di là del cuore, fa oltrepassare i limiti angusti e deformanti dell’egoismo. E la politica, è una forma eminente di carità.

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    Mons. Twal: prima di decidere sul Medio Oriente il mondo ci consideri

    ◊   Mentre ci si prepara a pregare tutti insieme per la pace in Siria e nel mondo intero, i capi delle Chiese mediorientali sono riuniti ierie oggi ad Amman, su invito del Re di Giordania, per riflettere sulle sfide dei cristiani in quella tormentata regione. "Siamo grati di non sentirci abbandonati", dichiara il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Fouad Twal, al microfono di Xavier Sartre:

    R. – Le sfide dei cristiani sono anche le sfide del mondo arabo musulmano, sono le stesse: sentirsi cittadini al cento per cento di un Paese, con tutti i diritti e con tutti i doveri. I musulmani non devono confondere i cristiani mediorientali con la politica occidentale, che non è sempre a nostro favore. Quello che noi ci aspettiamo dai governi musulmani, e anche quello che ci aspettiamo dalla comunità internazionale, è che si consideri la nostra presenza prima di prendere qualsiasi decisione riguardo al Medio Oriente. E’ vero che in tutte le guerre che hanno avuto luogo in Egitto o in Siria i cristiani sono stati i primi a pagarne il prezzo, i primi a soffrirne, i primi a dover lasciare il Paese, a dover lasciare tutto il patrimonio, a dover lasciare tutto ed emigrare. Il nostro numero si riduce sempre di più. Un Medio Oriente senza cristiani, non è la patria che noi vogliamo e che noi amiamo. Auguriamoci che quelli che ci ascoltano siano coscienti delle nostre sofferenze e non ci lascino soli in questa non facile missione. Anticipo la nostra gratitudine, anche quella del Patriarcato latino di Gerusalemme, per la certezza che questa piccola comunità cristiana, rimasta in Medio Oriente, non è abbandonata e non è sola, che c’è la Chiesa universale che prega per noi e con noi.

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    Veglia per la pace. Enzo Bianchi: iniziativa profetica e coraggiosa

    ◊   Con lo sguardo alla Giornata di preghiera e digiuno, annunciata da Papa Francesco per il 7 settembre, inizia oggi al Monastero di Bose il XXI Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse, quest’anno dal tema “Le età della vita spirituale”. All’appuntamento, che terminerà proprio sabato 7, saranno presenti metropoliti, vescovi e monaci appartenenti alle Chiese ortodosse, alla Riforma e alla Chiesa cattolica, nonché studiosi da tutto il mondo. Tutti in comunione con Piazza San Pietro. Francesca Sabatinelli ha intervistato il priore di Bose, Enzo Bianchi:

    R. – E’ davvero un’iniziativa profetica del Papa. Sta raccogliendo significativamente un riconoscimento e un grazie da parte di tutti gli uomini appartenenti a tutte le religioni e anche da quelli che non credono, ma che seguono la loro coscienza in modo da perseguire una umanizzazione. Il Papa ha chiamato tutti a raccolta contro la guerra. Il magistero del Papa si fa vedere in tutta la sua forza, come servo dell’umanità, ricordando all’umanità qual è il cammino della vita, della felicità possibile per noi uomini: il cammino dell’amore. Un gesto coraggioso quello del Papa, un gesto – secondo me – straordinario. Un segno che si vedrà nella sua origine cristiana, di fede, perché Cristo è davvero la pace tra tutti gli uomini e il Papa con questa iniziativa l’annuncia, senza per questo chiedere agli altri di rinunciare alla loro strada, alla loro ricerca, ma in uno sforzo comune per una vera e propria umanità che sappia riconoscere nella pace, nel dialogo, nella fraternità, il suo cammino di vita.

    D. – Il tema scelto per l’incontro di Bose dimostra la necessità della vita spirituale in un oggi segnato anche da gravi conflitti, come quello siriano. Dunque, qual è la forza della preghiera?

    R. – La preghiera ha una forza che potremmo dire “politica”. Per noi cristiani, la preghiera è addirittura una componente della storia, così nella visione dell’Apocalisse. La preghiera della Chiesa, la preghiera dei Santi, è quella che determina gli eventi della storia e che, in qualche misura, li indirizza verso quel momento finale della trasfigurazione di tutte le cose. Per noi cristiani, la preghiera non è semplicemente un esercizio religioso: è fare un passo con Dio nelle situazioni di conflitto, di discordia, di divisione. Non a caso, il grande nome che ha la preghiera cristiana è "intercessione": intercedo, faccio un passo, mi metto là dove c’è il male, dove c’è la sofferenza, e faccio salire il mio grido a Dio. Questa certamente è una invocazione a Dio, ma è anche una chiamata alla responsabilità di tutti quelli che sono impegnati nel conflitto, nella divisione, nella vicenda del male e della sofferenza.

    D. – Come si unirà, il 7 settembre, la Comunità di Bose a Papa Francesco?

    R. – Si unirà anzitutto con la giornata di digiuno, assolutamente. Poi, nella Liturgia delle Ore abbiamo pensato di fare la Liturgia dei Vespri della pace, quindi una grande invocazione. E poi, alla sera, ci sarà la veglia di preghiera in cui cattolici, ortodossi e protestanti – com’è la nostra Comunità – tutti insieme con gli ospiti presenti ci uniremo alla Veglia di Piazza San Pietro in un’ardente intercessione per la pace e per l’umanità. Ci saranno ancora tanti partecipanti ortodossi al Convegno, monaci e vescovi e alcuni vescovi protestanti: anche loro hanno già dato l’adesione e tutti insieme ci uniremo con Piazza San Pietro e con il Papa.

    D. – Torniamo all’incontro che state vivendo a Bose e al suo titolo, “L’età della vita spirituale”: a dimostrazione che ogni umano passaggio ha la sua spiritualità?

    R. – La vita spirituale cristiana è certamente quella che ci è consegnata dal Vangelo e dalla grande tradizione cristiana. Ma è anche vero che per ogni età della vita dell’uomo, la spiritualità prende dei tratti propri. Altra è la spiritualità nella giovinezza, con altri accenti viviamo la maturità e, poi, pensiamo alla spiritualità della vecchiaia, in cui c’è soprattutto presente la sapienza, l’esperienza, il dovere di essere testimone verso le nuove generazioni, il dovere di passare un’eredità spirituale, che è quella della fede, ma anche quella di tutta un’esperienza che si è fatta come vita nello spirito. Noi vogliamo riportare il cristiano al tempo, in un momento in cui sembra che non ci sia più il passato, che non c’è il futuro, che si rimuove la morte, che si rimuove la vecchiaia, che si vive l’attimo fuggente, che si vive la dittatura delle emozioni… Ecco, occorre far vedere che ogni età è un oggi di Dio che ci è offerto, in cui dobbiamo vivere il Vangelo.

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    Papa Francesco incontra i capitani reggenti di San Marino: soluzione pacifica al conflitto in Medio Oriente

    ◊   Questa mattina i capitani reggenti della Serenissima Repubblica di San Marino, Antonella Mularoni e Denis Amici, hanno reso visita a Papa Francesco. Precedentemente, i capi di Stato, accompagnati dall’on. Pasquale Valentini, segretario di Stato per gli Affari Esteri e Politici, hanno incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni intercorrenti tra la Santa Sede e la Repubblica di San Marino. Si è, inoltre, constatata la gravissima situazione che interessa l’area mediterranea orientale e si è rilevato che solo l’impegno concorde di tutte le Nazioni può assicurare una soluzione pacifica del conflitto in atto e la sicurezza nell’intera regione. Le due Parti hanno confermato la volontà di continuare la costruttiva collaborazione a livello bilaterale e nel contesto della comunità internazionale”.

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    Account Twitter del Papa: superati i nove milioni di follower

    ◊   L'account Twitter del Papa @Pontifex in nove lingue ha superato oggi i nove milioni di follower a quasi nove mesi dalla sua apertura. Il maggior numero di follower sono di lingua spagnola, oltre 3 milioni e 600 mila, seguiti da quelli di lingua inglese (2 milioni e 920 mila), italiana (1 milione e 53 mila), portoghese (738 mila), francese (186 mila), latina (159 mila), tedesca (138 mila), polacca (121 mila) e araba (86 mila).

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina: "Da tutta la terra un grido di pace"; all’udienza generale Papa Francesco rinnova l’invito alla giornata di preghiera e di digiuno di sabato prossimo, e ricordando l’incontro di Rio de Janeiro chiede ai giovani di essere forza di amore e misericordia che trasforma il mondo.

    Sotto l'articolo di apertura, "Insieme per il bene di tutti": la lettera al Papa del Gran muftì di Damasco, Ahmad Badreddin Hassoun, che definisce l’appello per la pace come "figlio delle leggi celesti".

    Nella pagina seguente, un'analisi della difficile situazione in Somalia, dove, a un anno dalla fine della transizione, restano irrisolte molte questioni interne e internazionali.

    A pagina 3: "Lotta all’ultimo smartphone", sulla corsa al controllo di un settore multimiliardario, riaperta dall’acquisizione di Nokia da parte di Microsoft.

    Nella pagina della cultura, in apertura, un brano del gesuita Paul Valadier, tratto da una sua relazione sulla teologia a confronto con la contemporaneità. Segue "E lo chiamarono traditore" di Emilio Ranzato, dedicato al regista Renato Castellani a cento anni dalla nascita e, a fondo pagina, "Se le pellicole d’autore non arrivano nelle sale" in cui Ranzato prende spunto dal ritiro del maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki per una riflessione sul cinema contemporaneo.

    Di Siria si torna a parlare a pagina 6: "Esistono demoni che possono essere allontanati solo con le armi della preghiera e del digiuno" ha detto Eustathius Matta Roham, arcivescovo metropolita siro-ortodosso di Jazirah e Eufrate alla sua comunità citando un passo evangelico spesso trascurato.

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    Oggi in Primo Piano



    Alla vigilia del G20, Mosca chiede prove certe e l’avallo Onu per intervento in Siria

    ◊   Nella crisi siriana, la Commissione esteri del Senato Usa fa sapere di aver trovato un accordo su una bozza di risoluzione che autorizza un attacco militare, fissando un limite massimo di 90 giorni. Obama arriva in Svezia alla vigilia del vertice del G20 di San Pietroburgo, sul quale la crisi siriana aleggia pesantemente e mentre si pronuncia il presidente russo. Vladimir Putin non esclude l'appoggio della Russia a un'operazione militare in Siria, ma solo se fosse ben provata la responsabilità di Damasco nell'uso di armi chimiche e vi fosse l'approvazione dell'Onu. Il capo del Cremlino avverte: fare passi unilaterali in Siria in mancanza di approvazione del Consiglio di sicurezza sarebbe come "un atto di aggressione". Delle dichiarazioni della Russia alla vigilia dell’apertura del G20 e dei possibili sviluppi, Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:

    R. – In un primo momento, stamattina, sembrava che Putin avesse quasi abbandonato l’alleato siriano. Invece poi, andando a leggere con attenzione le sue dichiarazioni – una versione registrata e un’altra scritta – Putin non ha fatto un passo indietro, anzi lancia degli avvertimenti ben precisi: chiede chiaramente agli Stati Uniti di stare fermi e parla di un attacco soltanto in caso ci fossero prove assolutamente certe, fornite dagli ispettori delle Nazioni Unite.

    D. – In questo momento, è possibile aspettarsi decisioni al G20?

    R. – Al G20 credo di no. Sul tavolo ci sono alcune notizie da aspettare: la richiesta di Obama al Congresso di esprimersi anche se, attenzione, Obama si può muovere anche a prescindere dalla decisione del Congresso, e questo vuol dire che forse anche lui è abbastanza indeciso ed è anche un suo tentativo di prendere tempo e vedere cosa succede anche all’incontro del G20, dove sicuramente la questione siriana sarà al centro dell’agenda. Questo mi fa pensare che – a prescindere da tutte le dichiarazioni fatte precedentemente sull’annullamento dell’incontro tra Putin e Obama – probabilmente in qualche modo la questione i due dovranno affrontarla da soli.

    D. – Proprio in vista di questo cruciale bilaterale, pesa la dichiarazione di Putin sulla fornitura di missili a Damasco. Il presidente russo ha detto che è stata congelata ma non interrotta e soprattutto ha detto che sarà possibile una fornitura di missili anche ad altri Paesi del mondo, se sulla Siria verrà violato il diritto internazionale. Che dire di questo?

    R. – Sì, è un chiaro avvertimento. Putin sottolinea il fatto che è stata congelata la fornitura degli S300 a Damasco, ma dall’altra parte è pronto a rifornire Damasco, a rifornire i Paesi nell’area. In più, aggiungerei quello che è successo ieri, cioè la prova, il test missilistico di Israele che è stato fatto. E’ vero che rientrava nelle operazioni del sistema di difesa nazionale israeliano, ma certo è stato scelto un momento particolarmente delicato. Stamattina, sul quotidiano Haaretz un analista diceva che Israele era stato un po’ "naif" nel dare il via ieri al lancio dei missili. Probabilmente, avrebbe potuto aspettare un momento diverso. Tutte queste cose, quindi, messe insieme – l’esperimento missilistico ieri di Israele, l’affermazione successiva di Putin – fanno capire che c’è, sì, un gioco delle parti, ma in cui si cerca anche di chiarire cosa faranno le parti.

    D. – Parliamo anche di Onu. In questo momento, Ban Ki-moon ha lanciato un accorato appello al diritto internazionale e a muoversi sotto l’egida dell’Onu, ma sembra che nessuno se ne preoccupi: né del risultato degli ispettori né del pronunciamento dell’Onu...

    R. – Purtroppo, non è la prima volta che accade. Tutti, in un primo momento, si dicono pronti ad aspettare il lavoro e ci si lamenta quando gli ispettori non possono fare il loro lavoro. Ma una volta che il lavoro è stato fatto, non si aspettano i risultati. Oppure, si fa riferimento ad analisi o a dichiarazioni che vengono da altre fonti e, a quel punto, sembra che l’Onu diventi sempre di più una scusa o per prendere tempo o per sottolineare la totale debolezza di questa organizzazione.

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    Mali. Cambio al vertice: il presidente eletto Keïta a Traoré

    ◊   Passaggio del testimone, oggi in Mali, tra il presidente ad interim Dioncounda Traoré e il nuovo presidente, eletto l’11 agosto scorso, Ibrahim Boubacar Keïta, la cui cerimonia d’insediamento è prevista per il 19 settembre prossimo. In questo contesto, i ribelli tuareg del nord sono tornati a chiedere l’indipendenza dell’Azawad. Alla vigilia della fine del suo mandato, Traoré ha tracciato un bilancio positivo di questi 18 mesi di transizione. Roberta Barbi ha fatto il punto della situazione con Enrico Casale, africanista della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. - Il fatto che si siano tenute delle elezioni giuste, libere è stato il grande successo di questo periodo di transizione. Le elezioni sono state organizzate abbastanza velocemente in una situazione molto difficile, perché una parte della nazione, cioè le regioni del nord, erano state appena liberate dalle milizie fondamentaliste islamiche e da quelle indipendentiste. Il Mali è comunque un Paese in cui c’è una tradizione democratica, anche se abbastanza recente. Negli ultimi 20 anni, si sono tenute elezioni e c’è stato un ricambio della classe politica.

    D. - Traoré fu investito presidente meno di un mese dopo il colpo di stato militare nel Paese e, tra le sue priorità, c’era la restaurazione dell’integrità territoriale del Mali. Ma il nord, sappiamo, resta nella mani dei gruppi jihadisti…

    R. - Alcune zone del Nord rimangono ancora in mano ai gruppi jihadisti, ma le grandi città del nord sono state liberate. Ora qual è il rischio? Che dalle loro basi, i fondamentalisti creino instabilità compiendo attentati nei grandi centri o inibendo il passaggio grandi arterie che portano verso il nord.

    D. - Un altro obiettivo che ci si poneva era l’organizzazione di elezioni politiche trasparenti e credibili. In effetti - dicevamo - le elezioni del mese scorso, vinte da Keïta, si sono svolte senza incidenti. Un altro segno che la situazione si sta normalizzando?

    R. - Il Mali ha una sua tradizione democratica. Di fronte alla crisi, il fatto di avere organizzato delle elezioni che si sono rivelate libere e senza brogli è un grandissimo successo. Lo stesso riconoscimento, da parte dello sfidante, della vittoria del presidente Keïta ne è un’ulteriore conferma. Keïta è una personalità importante per il Mali, perché ha una grandissima esperienza politica.

    D. - Negli ultimi giorni del suo mandato, Traoré ha ringraziato tutte le presenze straniere che hanno contribuito a sciogliere la situazione in Mali, come la Costa d’Avorio che schierò diverse truppe nel Paese nell’ambito dell’intervento internazionale guidato dalla Francia. Quanto ha pesato questa operazione nella stabilizzazione?

    R. - Ha pesato molto. La Francia sia per motivi interni, si per motivi legati alla tradizionale influenza nei Paesi dell’Africa occidentale, ha deciso di intervenire in Mali. Questo intervento è stato determinante per schiacciare i movimenti fondamentalisti a nord, riportando la pace e la stabilità, togliendo influenza a questi gruppi estremisti.

    D. - Il conflitto, però, ha provocato anche l’esodo di massa della popolazione: si parla di circa 500 mila tra sfollati interni e rifugiati. Può essere questo il primo problema che la nuova presidenza dovrà affrontare?

    R. - Non so se sarà il primo nell’agenda, ma certamente sarà uno dei primi. I maliani si sono rifugiati in tutti i Paesi che confinano soprattutto con il nord del Paese. Sarà necessario farli ritornare, garantendo loro una certa sicurezza e stabilità.

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    Si è conclusa la tre giorni di cammino sui passi di Francesco

    ◊   Si è conclusa ieri pomeriggio con l’arrivo a Gubbio nella chiesa di Santa Maria della Vittorina , la tre giorni di cammino degli oltre 500 partecipanti all’ iniziativa “Il sentiero di Francesco”, partita da Assisi la scorsa domenica. Il cammino, promosso in occasione della giornata nazionale per il creato, è stato organizzato dalle diocesi di Gubbio e Assisi. Il servizio di Marina Tomarro:

    La chiesa di Santa Maria della Vittorina che si intravede all’ orizzonte, la gioia dell’arrivo alla meta, l’emozione di entrare in quella che era la casa di Francesco quando si recava a Gubbio. Ma cosa rimane di questa tre giorni di cammino? Ascoltiamo alcuni commenti.

    R. - Di questa edizione 2013, sicuramente rimane la bellezza della diversità, perché abbiamo camminato insieme a persone di età differenti, di diverse vocazioni. C’erano famiglie, sacerdoti, religiosi, giovani, laici e addirittura non credenti. Quindi la bellezza della diversità che camminando diventa una ricchezza.

    R. - Venti giorni fa sono tornata dall’esperienza della Gmg. Essendo molto legata agli organizzatori, mi è stata proposta questa iniziativa. Sulla scia di questa esperienza precedente, mi sono detta: “Perché no?”. Cosa mi porterò dietro? Sicuramente la serenità, la tranquillità, questi momenti di riflessione su di sé, sulla vita che si porta avanti, cosa che magari non si fa nella vita di tutti i giorni.

    D. - Francesco, giovane del 1200. Qual è il messaggio che dà ad un giovane della nostra epoca?

    R. - Io penso che è il ritorno ad una semplicità e ad una condivisione che tutt’ora si fa fatica a vivere.

    R. - Dirò sicuramente anche ai miei amici di fare questo percorso, perché è un modo per riflettere sulla figura di Francesco e per riflettere su noi stessi. Infatti camminare per ore, insieme a persone, suore, altri compagni per lo stesso motivo, lascia un molo per riflettere su sé stessi, per abbandonare un po’ le strutture che ci portiamo durante la vita e per riflettere sull’essenzialità che ci può aiutare nella vita di tutti i giorni.

    Anche il vescovo di Gubbio mons. Mario Ceccobelli ha camminato con i pellegrini lungo il percorso. Ascoltiamo il suo commento.

    R. - Francesco venendo a Gubbio ha fatto anche un percorso interiore, profondo, di riflessione, di ripensamenti vari. E quindi abbiamo pensato di chiamare questo sentiero di Francesco, come il sentiero della riconciliazione perché in questo percorso, Francesco si è riconciliato con sé stesso, con Dio, con i fratelli e con il Creato.

    D. - Il sentiero di Francesco è il sentiero della spoliazione. Cosa si lascia alla partenza e cosa si trova invece all’arrivo?

    R. - Credo che dovremmo lasciare gli idoli che ci portiamo addosso che sono di tipi diversi; anche le nostre stesse idee possono diventare degli idoli che ci impediscono di creare relazioni con i nostri fratelli. Spogliarci delle nostre certezze, delle nostre sicurezze, non perché dobbiamo essere delle banderuole che non hanno contenuti, idee, ma per mettersi continuamente in discussione. Il cammino di fede e il cammino di conversione che dura tutta la vita è un continuo mettersi in discussione.

    Tra i partecipanti alcuni pellegrini speciali, un gruppo di giornalisti portati dall’associazione Greenaccord. Martina valentini tra i coordinatori dell’iniziativa.

    R. - Quest’anno abbiamo deciso di aderire, su invito del vescovo di Gubbio, al pellegrinaggio sul sentiero di Francesco. Questo perché pensiamo che per trasmettere nel migliore dei modi i valori di fratellanza, di solidarietà, di riconciliazione e anche di riscoperta dell’importanza di tutelare gli ecosistemi naturali e il Creato, non basta stare dietro una scrivania. È importante vivere questo tipo di esperienza in prima persona. Camminare insieme a tante persone con esperienze diverse è stato importante sotto il profilo umano, culturale e anche giornalistico, perché ognuno aveva con sé il proprio bagaglio di esperienze che, camminando insieme, è stato possibile cogliere e raccontare.

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    A Venezia "L'intrepido" di Amelio, storia di un uomo più forte della sua precarietà

    ◊   Oggi, in concorso, a Venezia il secondo dei film italiani, “L’intrepido”, del regista Gianni Amelio: una storia di bontà, nella quale un padre dal lavoro sempre precario affronta la vita, i rapporti e il futuro con un semplice ottimismo, un’inesausta capacità di amare il prossimo e di essergli vicino, pronto al sorriso e a tanti piccoli gesti quotidiani di carità. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Antonio Pane sbarca il lunario sostituendo chi lavorare non può, nella livida Milano delle albe e in quella chiassosa delle notti. E’ un uomo dal cuore puro, per questo spiazzato e spiazzante nella società cinica, sporca, sorda e disonesta che lo circonda. Operaio che arriva sempre per ultimo alla vigna e che aspetta la sua mercede non certo dagli uomini, che sono tutti assai poco propensi all’onestà. Incontra anche qualche anima inquieta, che fa parte della classe dei perdenti come lui. Ma a differenza di lui non ha felicità negli occhi, non ha la semplicità dei virtuosi e degli ottimisti. Una ragazza della borghesia di cui non sappiamo i problemi compie un gesto estremo, ma le lavoratrici di un laboratorio di cucito gli si fanno intorno; gli immigrati non capiscono le sue origini, ma lo confortano e forse per questo deciderà alla fine di migrare in Albania. Antonio Albanese dà splendidamente vita a questo protagonista. Abbiamo chiesto a Gianni Amelio se la sua bontà naïve è una difesa o un’incapacità di prendere coscienza della realtà:

    R. – Mi sembra la prima che ha detto, vale a dire una persona che non è candida perché è nata così, perché è il suo carattere. E’ una persona che attraversa il mondo con la volontà di cambiarlo, ma con i mezzi suoi: vale a dire senza usare i cazzotti, senza usare i pugni, ma usando una specie di arrendevolezza che in realtà è la sua forza, la forza delle persone buone, la forza delle persone oneste, la forza delle persone che hanno dignità e volontà di essere persone.

    D. - Anche la questione del lavoro è al centro del suo film: precario, sottopagato, pericoloso…

    R. – Il centro di questo film non è solo il lavoro o la mancanza di lavoro, perché altrimenti avrei fatto un film – diciamo – di denuncia sociale, come si usava una volta. Invece, è un film che ha molte facce e forse la faccia più importante è quella intima, privata, perché – per usare un’antica frase – il privato è pubblico e quindi se tu all’interno della società hai un ruolo di precario, probabilmente anche a casa tua sei precario nei rapporti con tuo figlio, con tua moglie, con una ragazza che incontri… Questa è forse la cosa che a me stava più a cuore nel racconto. Un uomo di 50 anni ha una devastazione quando perde il lavoro, ma anche chi ancora non lo ha avuto pensa di non poterlo avere mai e quindi a 20 anni è forse altrettanto drammatico il problema. Penso sia un film da scoprire e forse un aggettivo solo non basta: non si può dire è una commedia, è un dramma… Forse ha ragione il produttore, che sostiene assomigli a una nuvola perché dice: tu stai guardando una nuvola e mentre la guardi la nuvola cambia aspetto, cambia forma.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Lettera del Gran muftì di Damasco al Papa: “Lavoriamo insieme per la pace”

    ◊   In piazza san Pietro (se sarà possibile) o nella grande moschea degli Omayyadi a Damasco, il Gran muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassou, leader spirituale dell’islam sunnita, accoglie l’appello del Papa e ci sarà, pregando e digiunando per la pace nel suo Paese. Il muftì ha inviato, tramite la nunziatura apostolica a Damasco, una lettera ufficiale a Papa Francesco e si prepara a partecipare alla speciale giornata pro-Siria del 7 settembre, proponendo alla Santa Sede di organizzare un meeting interreligioso. Nel testo della missiva, pervenuto all’agenzia Fides, il muftì definisce l’appello di Papa Francesco “figlio delle leggi celesti”, lodando l’iniziativa di “pregare per la pace in Siria” come “buona e per il bene per l'umanità”. “Sua Santità – recita il testo – la ringraziamo per questo appello di grande umanità, basato sulla fede, a digiunare e pregare insieme Dio Onnipotente perché possa portare pace sulla terra e proteggerci dal potere del male e dell'oppressione”. Parole che, secondo il muftì, sono in contrasto “con tutti coloro che nascondono la luce splendente della fede, della carità, della misericordia e della pace, che lei chiede e che tutti noi chiediamo, come chiesero i Profeti e i messaggeri di Dio”. Mostrando “profonda gratitudine per la sua attenzione spirituale” il muftì esprime il desiderio di “essere accanto al Papa nell'istante in cui la preghiera sarà alzata a Dio Altissimo” e ribadisce: “Saremo comunque insieme, il 7 settembre, per elevare la nostra supplica a Dio”, proponendo alla Santa Sede di “organizzare un summit spirituale con i leader religiosi, a Damasco o in Vaticano: così forse riusciremo a fermare il fuoco di quanti vogliono distruggere la terra di Abramo, di Mosè, di Gesù, di Maometto”. “Restiamo, mano nella mano – prosegue la missiva – nel diffondere pace e sicurezza per tutti i popoli del mondo, per contrastare gli estremisti e le divisioni su base della confessione religiosa o dell’etnia. Continuiamo il nostro viaggio sulle orme dei Profeti, dei Santi, dei giusti e degli uomini buona volontà”. “Possa lei rimanere, Santità – conclude il testo giunto a Fides – sotto la protezione, la guida e la Provvidenza di Dio, così arriveremo insieme al luogo della pienezza della fede e della luce”. (R.P.)

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    Fermare la violenza: digiuno e preghiera dei vescovi e dei fedeli a Damasco

    ◊   “Tutti i vescovi e i fedeli cristiani a Damasco accolgono l’appello a digiunare e pregare per la pace in Siria sabato 7 settembre. La preghiera è la nostra ultima possibilità di fermare la violenza”: lo riferisce all’agenzia Fides mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, che vive queste giornate con la sua comunità in un atteggiamento di “preghiera e di speranza per fermare la guerra”. L’arcivescovo informa Fides che “molti musulmani si uniranno a noi” e che, dunque, la preghiera a Damasco si annuncia ecumenica e interreligiosa, segno della volontà forte di pace della intera popolazione siriana. Come appreso da Fides, le diverse comunità e parrocchie stanno preparando momenti e veglie di preghiera. Una iniziativa molto sentita e molto partecipata sarà quella presso il santuario di “Tabbaleh”, a Damasco, che è il “Memoriale di San Paolo”, luogo dove ogni sabato si celebra una santa messa e una veglia ecumenica, nello spirito paolino. Al santuario, affidato alla cura pastorle dei frati francescani della Custodia di Terrasanta, “vivremo il 7 settembre una intensa giornata di digiuno, penitenza e preghiera per implorare la paca da Dio”, racconta a Fides il frate francescano padre Romualdo Fernandez, rettore del santuario. “La Veglia di preghiera, a cui parteciperanno i frati, le suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria e numerosi fedeli, sarà animata dai giovani e dai bambini”, seguiti in loco nella loro crescita umana e spirituale. “Tutte le chiese francescane hanno accolto con grande gioia l’appello di pace di Papa Francesco, un uomo che ha a cuore la sorte della Siria. I fedeli avvertono la sua vicinanza e sono entusiasti e commossi per le sua parole”, conclude padre Fernandez. (R.P.)

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    Iniziativa dei vescovi Usa per la Giornata di preghiera per la Siria

    ◊   Anche i vescovi degli Stati Uniti aderiscono alla Giornata di preghiera e di digiuno per la Siria indetta per il 7 settembre da Papa Francesco e invitano tutti i fedeli e “le persone di buona volontà a testimoniare la speranza per la pace” nel Paese. In una dichiarazione diffusa ieri, il Presidente della Conferenza episcopale, card. Timothy Dolan e mons. Richard Pates presidente della Commissione per la giustizia e la pace internazionale della Usccb, esprimono a nome dei vescovi tutta la loro “angoscia per le terribili sofferenze del popolo siriano” e ribadiscono “la necessità del dialogo e di una soluzione negoziata al conflitto che ha portato tanta devastazione”. I presuli giudicano “particolarmente ripugnante l’uso delle armi chimiche” ed elogiano il lavoro di quanti sono impegnati ad alleviare le sofferenze dei fratelli e sorelle siriani. Con riferimento al paventato intervento militare contro il Governo Assad, si ribadisce infine l’appello, espresso venerdì scorso in una lettera al Segretario di Stato John Kerry, a “lavorare insieme agli altri governi” per ottenere il cessate-il–fuoco, avviare seri negoziati di pace, a procurare assistenza umanitaria in modo imparziale a tutte le vittime del conflitto e “ad incoraggiare la costruzione in Siria di una società inclusiva che protegga diritti di tutti i cittadini, compresi i cristiani e le altre minoranze”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Il preposito dei Gesuiti padre Nicolás: un intervento militare in Siria sarebbe un abuso di potere

    ◊   Un intervento militare contro la Siria sarebbe un “abuso di potere” e “sicuramente accrescerà le sofferenze di cittadini innocenti che hanno già sofferto oltre ogni misura”. A tre giorni dalla Giornata di preghiera e di digiuno per la Siria, il preposito generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás, esprime la piena adesione della Compagnia di Gesù all’appello di Papa Francesco e forti critiche all’ipotesi di un attacco militare contro la Siria. “La violenza o le azioni violente, come quella che si sta preparando, sono giustificabili unicamente come estremo tentativo e devono essere usate in modo da colpire solo il colpevole. Nel caso di un Paese ciò è chiaramente impossibile e quindi mi sembra completamente inaccettabile”, dichiara il religioso in un’intervista pubblicata oggi in italiano dal Servizio Informazione dei Gesuiti e in inglese dall’agenzia cattolica ICN. Tre sono, secondo padre Nicolás, gli argomenti chiave contro l’intervento: uno è appunto che si tratta di un abuso di potere da parte di una potenza; il secondo è la mancanza di prove inconfutabili sui responsabili dell’impiego di armi chimiche contro la popolazione civile siriana: non basta la dichiarazione di un governo a certificarla. La terza obiezione riguarda i cosiddetti “danni collaterali”, la perdita di vite umane innocenti che inevitabilmente l’attacco produrrà, come dimostrano le guerre di questi ultimi anni: “E' molto preoccupante che in nome della giustizia si pianifichi un attacco che aumenterà la sofferenza delle vittime. Non abbiamo paura dell'attacco, ci spaventa la barbarie verso cui siamo condotti”, dice padre Nicolás. L’iniziativa del Santo Padre, sottolinea in conclusione il preposito dei Gesuiti, serve a “renderci consapevoli dell'urgenza del momento”: essa ci ricorda, come dice Gesù nel Vangelo, che il male può essere esorcizzato se con la preghiera e la penitenza, non con la violenza (L.Z.)


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    Russia: la Chiesa cattolica si unisce alla preghiera del Papa per la Siria

    ◊   La Chiesa cattolica a Mosca si unirà alla preghiera di Papa Francesco per la pace in Siria con una celebrazione nella cattedrale dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria a Mosca nella serata del 7 settembre. Lo annuncia la diocesi russa sul sito ufficiale: “Mons. Paolo Pezzi invita tutti i fedeli dell’arcidiocesi della Madre di Dio a prendere parte a questa giornata di digiuno e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre”. Già domenica scorsa, nella sua omelia domenicale mons. Pezzi ha chiesto la preghiera per la pace in Siria. “Cari fratelli e sorelle, desidero incoraggiare tutti voi a pregare affinché l’amore disinteressato torni a regnare in Siria”. E ha aggiunto: “Non possiamo rimanere indifferenti. Noi possiamo fare qualcosa: pregare, pregare profondamente e intensamente per questa regione del mondo, perché regni e si diffonda l’amore incondizionato, che è l’unica base per una comunità di pace, che solo può aiutare le persone non solo a vivere in pace con gli altri, ma anche a costruire la civiltà dell’amore a cui Dio ci chiama”.Ieri l’arcivescovo, che è in visita a San Pietroburgo, ha presieduto in serata la Messa e l’adorazione nella chiesa dell’Assunzione della Beata vergine Maria, per invocare la pace. (R.P.)

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    I musulmani italiani aderiscono alla preghiera del Papa per la Siria

    ◊   Anche le Comunità islamiche presenti in Italia aderiscono alla giornata di preghiera e di digiuno indetta da Papa Francesco per la pace in Siria “invitando la nostra Comunità ad affiancare i cristiani cattolici con la preghiera e l’invocazione a Colui che è Pace affinché conceda la pace e la giustizia a quel popolo martoriato e offeso”. Ad annunciarlo - riporta l'agenzia Sir - è il presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità islamiche in Italia) nonché imam di Firenze, Izzedin Elzir. “La guerra in corso in Siria - afferma l’imam - sembra essere giunta alla vigilia di una svolta drammatica e preoccupante. Il rischio di un allargamento del conflitto in atto da due anni con l’intervento diretto di potenze straniere si fa sempre più vicino. La memoria di quanto avvenuto, e avviene ancora, in Iraq, in Afghanistan e più recentemente in Libia ci fa ritenere che altre bombe su un Paese già martoriato non possano che provocare un sovrappiù di macerie umane e materiali e non contribuiscano in nulla alla necessaria pacificazione. Siamo pertanto molto felici che Papa Francesco, la massima autorità religiosa del mondo cattolico, sia intervenuto con un accorato appello alla pace invitando i credenti a un giorno di digiuno per sabato 7 settembre”. (R.P.)

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    Amman. Re Abdallah II: cristiani e musulmani si alleino contro il settarismo

    ◊   La protezione dei diritti dei cristiani nei conflitti di matrice religiosa che dilaniano il Medio Oriente “non è una questione di cortesia, ma un dovere”, anche perchè “i cristiani arabi hanno esercitato un ruolo chiave nella costruzione delle società arabe e nella difesa delle giuste ragioni della nostra nazione”. Così Re Abdallah II di Giordania si è rivolto ai partecipanti alla Conferenza in corso ad Amman - che si conclude oggi - sulle sfide che attendono i cristiani arabi. Il Monarca hascemita, parlando a più di settanta alti rappresentanti delle Chiese e delle comunità ecclesiali radicate in Medio Oriente, nel discorso ha sottolineato la necessità di una alleanza tra cristiani e musulmani per affrontare e sconfiggere insieme le derive settarie che alimentano i conflitti in tutta la regione, presentate come un corpo estraneo rispetto alle “nostre tradizioni e all'eredità umanitaria e culturale”. Cristiani e musulmani – ha detto Re Abdallah nel suo intervento, pervenuto all'agenzia Fides - devono “coordinare gli sforzi e la piena cooperazione” accordandosi su un “codice di condotta unificante”, perchè proprio l'isolamento tra i seguaci delle diverse religioni può “minare l'edificio sociale”. In questa prospettiva, il capo della Monarchia Hascemita – che rivendica la propria discendenza dalla famiglia del Profeta Mohammad – ha ribadito il suo impegno a collaborare “con ogni sforzo” alla custodia dell'identità araba cristiana. “Gli arabi cristiani” ha riconosciuto Re Abdallah “sono in grado di comprendere più di ogni altro l'Islam e i suoi veri valori” e per questo possono difendere l'Islam dai pregiudizi diffusi da chi “ignora l'essenza di questa fede, che predica tolleranza e moderazione e rigetta estremismo e isolazionismo”. Tra i possibili terreni di collaborazione tra cristiani e musulmani, Re Abdallah ha riproposto anche la comune difesa della fisionomia plurale della Città Santa: “Noi tutti” ha detto il Monarca di Giordania “abbiamo il dovere di difendere l'identità araba di Gerusalemme, e proteggere i suoi Luoghi Santi islamici e cristiani”. (R.P.)

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    Papa a Cagliari: dono dei vescovi della Sardegna per i poveri di Buenos Aires

    ◊   “Oggi la nostra terra ha particolarmente bisogno di speranza e Papa Francesco viene a ripeterci: 'Non lasciatevi rubare la speranza’”: queste le parole espresse in un messaggio dai vescovi della Sardegna, in preparazione alla visita pastorale di Papa Francesco a Cagliari il 22 settembre, quando si recherà alla chiesa di N.S. di Bonaria, patrona della Sardegna, a sottolineare il legame che lega Buenos Aires a Cagliari. Furono infatti dei marinai sardi emigrati in Argentina - riferisce l'agenzia Sir - ad ispirarsi alla loro patrona per dare il nome a Buenos Aires. Il pellegrinaggio alla Madonna di Bonaria, affermano i vescovi, “gli permette di abbracciare insieme una Regione italiana molto provata e la sua città di Buenos Aires, della quale non cessa di essere Padre premuroso”. I vescovi ricordano il bisogno di speranza della Sardegna, “perché la mancanza di lavoro, la precarietà in cui vivono molti padri e madri di famiglia, l’emorragia di giovani costretti ad emigrare, la disperazione di chi cede alla tentazione di compiere gesti estremi, i ritardi della politica che penalizzano ulteriormente una Regione ricca di potenzialità ma bisognosa di avere pari opportunità rispetto al resto del Paese, concorrono a rubarci speranza. Ne fanno le spese in modo particolare i giovani, più esposti a essere preda di illusioni e false speranze, che spengono sogni e progetti di vita”. I vescovi sardi invitano i fedeli a stringersi “con affetto filiale intorno a Papa Francesco, sia a quanti potranno convenire a Cagliari il 22 settembre, sia a quanti seguiranno la giornata del Papa pellegrino attraverso i mezzi di comunicazione”: “Vi invitiamo a prepararvi alla grande giornata del 22 settembre con la preghiera assidua, specialmente con una corale e intensa novena nei giorni 13-21 settembre, durante la quale una giornata sarà dedicata al sacramento della Riconciliazione in ciascuna delle nostre parrocchie”. Inoltre, “affinché il legame tra la Sardegna e Buenos Aires sia concreto e fruttuoso per noi e per loro, vi invitiamo ad aderire all’iniziativa di solidarietà che vogliamo offrire alla Caritas di Buenos Aires, accogliendo l’indicazione dell’arcivescovo di quella città, mons. Mario Aurelio Poli. Un euro donato da ciascuno di noi potrà regalare un po’ di speranza a famiglie molto più povere di noi. Le donazioni, attraverso le parrocchie e le diocesi, confluiranno alla Caritas regionale della Sardegna, che è già in contatto diretto con la Caritas di Buenos Aires. Sarà questo il nostro regalo a Papa Francesco”. (R.P.)

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    Fao: nel Sahel 11 milioni di persone soffrono la fame

    ◊   Riavviare la produzione agricola e zootecnica è la ricetta della Fao per la grave insicurezza alimentare che colpisce gli Stati africani nel sud del Sahara. Esaurite le scorte di cibo a disposizione, le famiglie più povere del Sahel non possono sostenere l’elevato costo dei generi alimentari in attesa del prossimo raccolto. In particolare, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione denuncia il continuo aumento dei prezzi di sorgo, miglio e mais. La diminuzione degli investimenti internazionali nel Sahel – che quest’anno rappresentano solo il 17% dei 113,1 milioni di dollari chiesti dalla Fao – peggiorerà la situazione di malnutrizione acuta che interessa i bambini sotto i cinque anni e che ha già fatto registrare un aumento dei ricoveri nei centri di riabilitazioni in Ciad, Mali, Niger e Nigeria. Le ragioni di questa grave insicurezza alimentare vanno ricercate nella stagione di magra di quest’anno, che, aggiungendosi alla crisi del 2012, ha determinato l’aumento dei prezzi e il depauperamento delle famiglie dei contadini. Anche l’esodo delle popolazioni di Mali e Nigeria verso zone ospitanti, già gravate dalla crisi alimentare, contribuisce all’aumento dei prezzi nella Regione. Per combattere il rischio di malnutrizione per 1, 4 milioni di bambini, la Fao auspica l’attenzione della comunità internazionale, affinchè aumentino i fondi necessari a fornire sementi e fertilizzanti ai contadini e per aiutare i pastori a migliorare la gestione del bestiame. (E.R)

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    Somalia: dopo il fallito attentato al presidente, mons. Bertin invoca il dialogo

    ◊   Sul fallito attentato al Presidente somalo Hassan Sheikh Mohamoud interviene mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, dichiarando all’agenzia Fides “gli oppositori, Shabaab o altri, hanno preso di mira i rappresentanti del governo e le organizzazioni straniere con il loro personale perché vogliono destabilizzare le istituzioni somale in fase di ricostruzione.” L’imboscata tesa dal commando Shabaab lo scorso 3 settembre al corteo di auto su cui viaggiava il presidente è per mons. Bertin il segnale della difficile situazione in cui versa il Paese, sia per le divisioni interne al governo, sia per le interferenze dei paesi vicini, che sfrutterebbero le ambizioni claniche e regionali somale per promuovere i propri interessi. Importante per il vescovo di Giubuti è non abbandonare la Somalia e favorire la collaborazione con le potenze regionali, “in particolare Kenia ed Etiopia - continua mons. Bertin - spero si convincano che conviene avere uno Stato somalo forte anziché l’attuale situazione caotica che non giova a nessuno, né ai somali né ai Paesi vicini”. Un dialogo, a carte scoperte, che coinvolga anche l’intera comunità internazionale potrebbe, per il prelato italiano in Somalia, congiungere gli interessi di tutti con il bene e la pace della regione. (E.R.)

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    Ordine di Sant'Agostino. Eletto il nuovo priore generale: è lo spagnolo Alejandro Moral

    ◊   Padre Alejandro Moral è il nuovo priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino. Il religioso, di nazionalità spagnola, succede a padre Robert Prevost in carica da due sessenni dal 2001 ed è stato eletto questa mattina a Roma durante i lavori del Capitolo Generale apertosi il 28 agosto con la Messa presieduta da Papa Francesco nella basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, nei pressi di piazza Navona. Padre Moral fa parte del Consiglio Generale dal 2001 e ha rivestito la carica di vicario generale, consigliere e di procuratore generale. Il 97.mo priore generale dell’ordine agostiniano è stato scelto dal capitolo dei frati riunito all’Istituto Patristico Augustinianum. Durante l'ultimo mandato di padre Prevost, padre Moral è stato responsabile del Segretariato Giustizia e Pace e lo scorso anno è stato fra gli organizzatori del Convegno internazionale dei Laici Agostiniani. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Sudafrica: 80 mila minatori in sciopero, rivendicano aumenti salariali

    ◊   Da ieri sera incrociano le braccia gli 80.000 minatori impegnati nell’estrazione dell’oro, bloccando in maniera significativa la produzione in 17 siti del Sudafrica. L’agenzia Misna riferisce che sarebbero in atto trattative tra i rappresentanti sindacali e quelli delle multinazionali coinvolte. L’agitazione è stata indetta dal National Union of Mineworkers, che aveva respinto la settimana scorsa una prima proposta di aumenti per le categorie più basse di lavoratori da 5000 a 5300 rand al mese (da circa 360 a 381 euro). “Se loro sono pronti a fare concessioni – ha detto Lesiba Seshoka, un portavoce del sindacato – lo siamo anche noi”. L’estrazione dell’oro resta il volano principale per l’economia sudafricana, pur avendo registrato negli ultimi anni una forte battuta d’arresto. Se nel 1970 valeva il 68% della produzione mondiale, oggi non supera il 6%. L’agitazione dei minatori si aggiunge alle ormai ricorrenti tensioni tra mondo del lavoro e imprese in Sudafrica, che nell’ultimo mese hanno interessato il comparto automobilistico e che nella cintura del platino, a nord-ovest di Johannesburg, hanno registrato l’avvio delle procedure per il licenziamento di 3300 lavoratori da parte della multinazionale Amplats. (E.R)

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    Laos. Abiurare la fede cristiana o partire: così le autorità a 11 famiglie convertite

    ◊   Le autorità del villaggio Nongdaeng, nel distretto Borikan, Provincia di Borikhamsai, hanno ordinato a 11 famiglie convertitesi al cristianesimo (in tutto circa 50 persone) di abiurare la loro fede cristiana e di ritornare alla loro religione animista, pena la cacciata dal villaggio. I rappresentanti delle famiglie - riferisce l'agenzia Fides - sono stati convocati il 30 agosto dai funzionari civili per gli affari religiosi, che li hanno invitati ad abbandonare “la religione di una potenza occidentale straniera, che è distruttiva per la nazione laotiana”. Ai cristiani sono stati dati tre giorni di tempo per adeguarsi. Domenica 1° settembre, però, le famiglie cristiane si sono riunite in una casa per una cerimonia liturgica, ribadendo di avere pieno diritto a praticare liberamente la propria fede, come garantito dalla Costituzione del Laos. La conversione di queste famiglie nel villaggio di Nongdaeng è avvenuta tra aprile e maggio 2013. Tre famiglie hanno iniziato a pregare nelle loro case e altre otto famiglie del vicinato si sono pian piano unite a loro, abbracciando la fede cristiana. In un appello inviato a Fides, l’Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” chiede al governo laotiano di permettere alle persone che vivono a Nongdaeng di praticare il culto della fede cristiana, rispettando la libertà di coscienza e di religione. L’Ong, inoltre, invita il governo a punire i funzionari per un “ordine di abiura e di sfratto dal villaggio” che, secondo la normativa vigente, risulta “del tutto illegale”. (R.P.)

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    “Non sei un nemico!”: nasce il Laboratorio di comunicazione dell’Università Europea di Roma

    ◊   Un laboratorio per sensibilizzare i giovani ad una nuova forma di comunicazione, che non veda nell’altro un nemico. E’ il progetto dell’Università Europea di Roma (www.unier.it) che prende il via quest’anno. “Troppo spesso, oggi, il linguaggio della comunicazione utilizza toni esasperati e aggressivi”, spiega il giornalista Carlo Climati, direttore del laboratorio. “La nostra iniziativa ha lo scopo di trasmettere una nuova idea di comunicazione basata sul dialogo e su una serena accoglienza dell’altro”. Il laboratorio, teorico e pratico, esplorerà le diverse forme di comunicazione del mondo di oggi: dal giornalismo ai social network, dalla musica alla radio, dalla televisione al dialogo nella vita quotidiana. “Non sei un nemico!” sarà il motto, l’idea di base del laboratorio. I giovani saranno incoraggiati a vedere gli altri con uno sguardo nuovo, a creare linguaggi che possano rappresentare un ponte verso tutti, contribuendo all’abbattimento di muri, ostacoli, sospetti e diffidenze. Il laboratorio di comunicazione fa parte delle attività di responsabilità sociale proposte agli studenti dell’Università Europea di Roma, che ha tra i suoi obiettivi principali la formazione della persona. Una formazione che consenta non solo l’acquisizione di competenze professionali, ma che orienti anche i giovani ad una crescita personale e ad uno spirito di servizio per gli altri.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 247

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