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Sommario del 01/09/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco all’Angelus: mai più la guerra! Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria e nel mondo: appuntamento il 7 settembre in Piazza San Pietro
  • Tweet del Papa: "preghiamo per la pace"
  • Il posto giusto per noi è quello vicino a Cristo che scende per servire. Così il Papa emerito nella Messa con i suoi ex-allievi
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: entro il 15 settembre voto del Congresso Usa sull'intervento
  • Cecenia: nono anniversario della strage nella scuola di Beslan
  • Un'organoide cerebrale dalle staminali adulte. Don Colombo: passo nella giusta direzione
  • Giornata nazionale del Creato incentrata sulla famiglia: intervista a mons. Domenico Sorrentino
  • Il Sentiero di San Francesco, pellegrinaggio da Assisi a Gubbio sulle orme del Poverello
  • Settimana teologica degli intellettuali cattolici del Meic a Camaldoli
  • L'Eco di San Gabriele compie cent'anni, una storia dalla litografia a internet
  • A Venezia "Philomena", storia vera di una ragazza madre, apre riflessione piu che temute polemiche
  • La fine del comunismo in Europa in un libro di Luigi Geninazzi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria: nuove violenze di Boko Haram nel nord-est, decine i morti
  • Fukushima: preoccupazione per i livelli di radioattività dopo l'incidente di agosto
  • Mandela dimesso dall'ospedale. Le autorità: "Condizioni ancora critiche"
  • Messaggio della Cei: "gratitudine" per la nomina di mons. Pietro Parolin
  • "Portatore della speranza che deriva dalla fede":così il cardinale Scola ricorda Carlo Maria Martini
  • Cortile dei Gentili: il 25 settembre dedicato ai giornalisti
  • Bulgaria: tutto pronto per il primo incontro nazionale dei cattolici
  • Serbia: il cardinale Scola alle celebrazioni per l'Editto di Milano a Nis
  • Canada: il 28 e 29 settembre colletta nazionale della Chiesa
  • Armenia: i cristiani promuovono un incontro sulla libertà religiosa
  • Nord Corea: in gravi condizioni il missionario cristiano condannato a 15 anni di lager
  • Mauritius: l’8 settembre, pellegrinaggio alla tomba di padre Laval
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco all’Angelus: mai più la guerra! Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria e nel mondo: appuntamento il 7 settembre in Piazza San Pietro

    ◊   Accorato appello del Papa all’Angelus per la pace in Siria, in tutto il Medio oriente e nel mondo intero. Francesco si è detto “profondamente ferito” per quanto sta accadendo in quel "martoriato Paese" e in altri luoghi di conflitto. Per questo ha indetto una Giornata di preghiera e digiuno il 7 settembre e dato appuntamento in piazza San Pietro dalle 19 alle 24, estendendo l’invito a tutti i cristiani, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato”.

    “Con angoscia crescente” - ha detto il Papa – “il grido della pace” “sale da ogni parte della Terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità”.

    “Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitti che ci sono in questa nostra Terra, ma in questi giorni il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria, e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano”.

    “Quanta devastazione, quanto dolore - ha sottolineato - ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese”.

    “Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche”.

    “Pensiamo quanti bambini – ha esclamato - non potranno vedere la luce”.

    “C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della Storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!”.

    “Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace”, ha ammonito:

    “Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione”.

    Quindi il richiamo alla comunità internazionale perché compia ogni sforzo, promuova senza indugio iniziative chiare per la pace, basate sul dialogo e sul negoziato per il bene dell’intera popolazione siriana:

    “Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini”.

    Si è chiesto quindi Francesco: che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? La pace è un bene – ha ricordato - che supera ogni barriera perché è un bene di tutta l’umanità:

    “Ripeto a voce alta: Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma quella – la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo, questa è l’unica strada per la pace. Il grido della pace si levi alto, perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare da un anelito di pace”.

    Da qui l’invito esteso a tutti i cattolici, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti a partecipare ad una Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero:

    “Il 7 settembre, in piazza San Pietro, qui, dalle ore 19 alle ore 24, ci riuniremo in preghiera e in spirito di penitenza per invocare da Dio questo grande dono per l’amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di conflitto e di violenza nel mondo. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace”.
    Nel dopo Angelus, il Papa ha reso omaggio a due “esemplari testimoni del Vangelo”: il sacerdote martire Vladimir Ghika, beatificato ieri a Bucarest e il prelato ordinario Antonio Franco, vissuto tra ‘500 e ‘600, che sarà beatificato domani a Siracusa, dove oggi ricorre il 60mo anniversario delle lacrime della Madonna. Si è poi soffermato sull’odierna Giornata per la custodia del creato.

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    Tweet del Papa: "preghiamo per la pace"

    ◊   Dopo l’Angelus, Francesco è tornato sul tema della pace nel tweet lanciato sul suo account in 9 lingue @Pontifex. Si legge : “Preghiamo per la pace: la pace nel mondo e nel cuore di ciascuno”.

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    Il posto giusto per noi è quello vicino a Cristo che scende per servire. Così il Papa emerito nella Messa con i suoi ex-allievi

    ◊   Ci troviamo sulla via giusta se proviamo a diventare persone che “scendono” per servire e portare la gratuità di Dio. Così in sintesi il Papa emerito Benedetto XVI nella Messa celebrata stamani, alle 9.30, nella cappella del Governatorato in Vaticano, in occasione del tradizionale seminario estivo dei suoi ex-allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis. L’incontro degli studenti si è tenuto come di consueto a Castel Gandolfo ma quest’anno Benedetto XVI non vi ha partecipato. Questa 38.ma edizione è stata dedicata a “La questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione” alla luce della produzione filosofica e teologica di Rémi Brague, teorico francese premiato l'anno scorso con il "Premio Ratzinger" per la teologia. Una cinquantina di persone hanno partecipato alla Messa concelebrata con il Papa emerito dai cardinali Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; gli arcivescovi Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia e Barthelemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e il vescovo ausiliare di Amburgo, mons. Hans-Jochen Jaschke. Il servizio di Debora Donnini:

    Ognuno nella vita vuole trovare il suo posto buono. Ma quale è veramente il posto giusto? L’omelia di Benedetto XVI nella Messa celebrata in occasione dell’incontro dei suoi ex-allievi è, in fondo, una risposta a questa domanda e parte dal Vangelo di oggi, nel quale Gesù invita a prendere l’ultimo posto. “Un posto che può sembrare molto buono, può rivelarsi per essere un posto molto brutto”, nota il Papa emerito facendo riferimento a quanto accaduto già in questo mondo, anche negli ultimi decenni, dove vediamo come “i primi” sono stati rovesciati e improvvisamente sono diventati “ultimi” e quel posto che sembrava buono era invece “sbagliato”. Anche nei discorsi che si tennero durante l’Ultima Cena, i discepoli si litigano i posti migliori. Gesù si presenta invece come Colui che serve. Lui “nato nella stalla” e “morto sulla Croce” “ci dice” – afferma Benedetto XVI – che il posto giusto è quello vicino a Lui, “il posto secondo la sua misura”. E l’apostolo, in quanto inviato di Cristo “è l’ultimo nell’opinione del mondo”, e proprio per questo è vicino a Gesù:

    Wer in dieser Welt und in dieser Geschichte vielleicht nach vorn gedrängt wird, …
    “Chi, in questo mondo e in questa Storia forse viene spinto in avanti e arriva ai primi posti, deve sapere di essere in pericolo; deve guardare ancora di più al Signore, misurarsi a Lui, misurarsi alla responsabilità per l’altro, deve diventare colui che serve, quello che nella realtà è seduto ai piedi dell’altro, e così benedice e a sua volta diventa benedetto”.

    E, dunque, qualunque sia il posto che la Storia vorrà assegnarci, quello che è determinante – sottolinea il Papa emerito – è “la responsabilità davanti a Lui, e la responsabilità per l’amore, per la giustizia e per la verità”. Nel Vangelo di oggi il Signore ricorda che chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. E Benedetto XVI fa notare che “Cristo, il Figlio di Dio, scende per servire noi e questo fa l’essenza di Dio” che “consiste nel piegarsi verso di noi: l’amore, il ‘sì’ ai sofferenti, l’elevazione dall’umiliazione”:

    Wir sind auf dem Weg Christi auf dem richtigen Weg, wenn wir als Er und wie Er …
    “Noi ci troviamo sulla via di Cristo, sulla giusta via se in Sua vece e come Lui proviamo a diventare persone che “scendono” per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell’amore”.

    Benedetto XVI fa dunque nell’omelia una catechesi sul senso dell’abbassamento di Cristo e sull’essenza dell’amore di Dio. “La Croce, nella Storia, è l’ultimo posto” e il “Crocifisso non ha nessun posto, è un ‘non-posto’”, è stato spogliato, “è un nessuno” eppure – nota Benedetto XVI – Giovanni nel Vangelo vede “questa umiliazione estrema” come “la vera esaltazione”:

    Höher ist Jesus so; ja, Er ist auf der Höhe Gottes weil die Höhe des Kreuzes …
    “Così, Gesù è più alto; sì, è all’altezza di Dio perché l’altezza della Croce è l’altezza dell’amore di Dio, l’altezza della rinuncia di se stesso e la dedizione agli altri. Così, questo è il posto divino, e noi vogliamo pregare Dio che ci doni di comprendere questo sempre di più e di accettare con umiltà, ciascuno a modo proprio, questo mistero dell’esaltazione e dell’umiliazione”.

    Infine il Papa emerito ricorda che Gesù esorta a “invitare” a prescindere dai vantaggi, cioè a invitare i paralitici, gli storpi, i poveri perché Lui stesso lo ha fatto invitando “noi alla mensa di Dio”, e in questo modo mostrandoci cosa sia la gratuità. Giustamente l’economia si poggia sulla “giustizia commutativa”, sul do ut des, ma perfino in questo ambito rimane qualcosa di gratuito, ricorda Benedetto XVI sottolineando che “senza la gratuità del perdono nessuna società può crescere”, tanto è vero che le più grandi cose della vita, cioè “l’amore, l’amicizia, la bontà, il perdono” “non le possiamo pagare”, “sono gratis, nello stesso modo che in cui Dio ci dona a titolo gratuito”:

    So dürfen wir, mitten in allem Ringen für die Gerechtigkeit in der Welt, nie vergessen …
    “Così, pur nella lotta per la giustizia nel mondo, non dobbiamo mai dimenticare la ‘gratuità’ di Dio, il continuo dare e ricevere, e dobbiamo costruire sul fatto che il Signore dona a noi, che ci sono persone buone che ci donano ‘gratis’ la loro bontà, che ci sopportano a titolo gratuito, ci amano e sono buone con noi ‘gratis’; e poi, a nostra volta, donare questa ‘gratuità’ per avvicinare così il mondo a Dio, per diventare simili a Lui, per aprirci a Lui”.

    Quindi Benedetto XVI si sofferma sulla liturgia, sull’umiltà della liturgia cristiana che è insieme “incommensurabilmente grande” perché ci si unisce alle schiere degli angeli e dei santi nella festosa gioia di Dio. E il sangue di Cristo, che è al centro dell’Eucaristia, significa proprio “entrare nello splendore del raduno gioioso di Dio”: “questo Sangue è il suo amore - conclude Benedetto XVI – è il Monte di Dio e ci apre alla gloria di Dio”.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: entro il 15 settembre voto del Congresso Usa sull'intervento

    ◊   Il Congresso degli Stati Uniti voterà tra il 9 e il 15 settembre sul possibile uso della forza in Siria, per cui il presidente Obama ha presentato una bozza di risoluzione. E dopo la frenata del capo di Stato americano, anche il resto della comunità internazionale resta in attesa della decisione. I dettagli nel servizio di Davide Maggiore:

    “Prevenire, ostacolare e degradare il potenziale per futuri usi di armi di distruzione di massa”: questo lo scopo di un eventuale intervento contro la Siria, secondo il documento preparato dall’Amministrazione statunitense. Il Congresso Usa voterà sul testo dopo il G20, che si svolgerà in Russia il 5 e il 6 di questo mese, e durante il quale i leader mondiali affronteranno probabilmente la questione. Da Damasco il vicepremier siriano Qadri Jamil afferma che la determinazione della Siria “ha sventato l’aggressione”, mentre l’opposizione si dice “delusa”. “Ci aspettavamo un attacco diretto ed imminente, ma pensiamo che il Congresso approverà i raid”, ha fatto sapere da Beirut Samir Nashar, alto dirigente della Coalizione nazionale, il principale raggruppamento dei ribelli. E mentre Washington ha reso noto che le navi inviate nel Mediterraneo orientale resteranno nell’area, il premier britannico Cameron ha dichiarato di “comprendere e sostenere” la posizione di Obama. E anche la Francia ha annunciato che parteciperà ad un’azione in Siria solo all’interno di una coalizione. “Israele è sereno” e pronto “ad affrontare ogni evenienza”, ha dichiarato da parte sua il capo del governo Netanyahu. Dall’Egitto, invece, è arrivato ad Obama il monito dei teologi sunniti di al-Azhar, per cui “colpire la Siria mette in pericolo la pace e la sicurezza internazionale”. Ma da parte di tutti c’è attesa per il discorso che il segretario di Stato americano Kerry pronuncerà oggi sui cinque principali canali televisivi statunitensi.

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    Cecenia: nono anniversario della strage nella scuola di Beslan

    ◊   Sono passati 9 anni da quelle tragiche giornate a Beslan. Da allora il ritorno a scuola per gli studenti russi e per l’intero Paese non è più la festa di prima. L’incubo di quelle drammatiche ore viene rivissuto sui giornali ed in televisione. Manifestazioni vengono tenute ovunque nel gigante slavo. Il ricordo di quell’orrore non deve sopirsi, è il desiderio della società federale. Beslan ha segnato la vera fine del terrorismo nel Caucaso russo. Quel marchio di infamia, determinato dalla morte di centinaia di bambini inermi in una scuola, ha sancito la perdita di fiancheggiatori e sostegni interni ed esterni alla causa separatista ed estremista. La regione, crogiuolo di etnie spesso nemiche tra di loro appartenenti a diverse confessioni religiose, è stata inondata dai petro-rubli dal Centro moscovita. La disoccupazione è un po’ diminuita, ma la pesante situazione socio-economica rimane inalterata. La Cecenia è stata quasi completamente ricostruita ed è governata oggi con metodi criticati dalle organizzazioni umanitarie da Ramzan Kadyrov. La vicina Inguscezia gode di una certa stabilità grazie al prestigio del presidente Evkurov, eroe russo in Kosovo negli anni Novanta. L’Ossezia settentrionale, a parte la tragedia di Beslan, è riuscita a restare fuori sia dall’incendio ceceno che dalla successiva guerra nel 2008 con la Georgia. Per il Cremlino i problemi restano in Kabardino-Balkaria, ma soprattutto in Daghestan, dove non passa giorno che si ha notizia di un attentato. La strategia di attaccare la popolazione civile per seminare terrore è stata comunque sconfessata. (A cura di Giuseppe D'Amato)

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    Un'organoide cerebrale dalle staminali adulte. Don Colombo: passo nella giusta direzione

    ◊   Ha suscitato vasta eco lo studio, pubblicato sulla rivista “Nature”, che ha ottenuto la creazione, in vitro, di un modello del cervello umano. La piccola struttura (del diametro di 4 millimetri), creata grazie a cellule staminali adulte, servirà per esperimenti volti a sconfiggere alcune patologie che colpiscono l’encefalo. Alcuni hanno parlato addirittura della creazione di un “mini-cervello”. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di don Roberto Colombo, bioeticista, docente all'Università Cattolica di Roma:

    R. – Al contrario dei trionfalistici annunci di alcuni mass media non si tratta della creazione, per la prima volta, di un cervello in laboratorio, ma della costruzione di quello che gli studiosi chiamano un “organoide cerebrale”, cioè una copia incompleta e imperfetta, che serve da modello per lo studio dello sviluppo del cervello umano. In questo modello sono presenti alcuni abbozzi di regioni cerebrali, come la corteccia, le meningi, il plesso coroideo, ma mancano altri, quali per esempio l’ippocampo… Lo scopo di questo importante studio è di poter affrontare con un modello nuovo e più efficiente la ricerca su alcune malattie genetiche neurologiche, cioè che riguardano lo sviluppo del cervello e che possono, in questo modo, essere studiate in vitro; oppure per produrre un modello, per attestare nuovi farmaci attivi sul sistema nervoso centrale.

    D. – Questo modello è stato ottenuto, utilizzando delle cellule staminali adulte riprogrammate. Quindi, un buon risultato...

    R. – Si tratta di un notevole risultato proprio perché la comparazione tra l’organoide derivante da cellule di soggetti normali e quello derivante da cellule di soggetti affetti da una malattia, chiamata microcefalia, è stato ottenuto utilizzando cellule staminali pluripotenti indotte, derivate dalla pelle del paziente. Questo mostra come queste cellule siano dotate di una notevole plasticità, che le rende idonee per la generazione di tessuti dell’organismo umano.

    D. – Ancora una volta, quindi, si ribadisce il buon esito dello studio sulle cellule staminali adulte rispetto alle cellule staminali embrionali, che vuol dire uccidere una vita...

    R. – I primi tentativi che hanno condotto a questo esperimento, che sono stati pubblicati nel maggio scorso, erano stati ottenuti utilizzando cellule staminali embrionali, cioè attraverso un processo moralmente inaccettabile. Occorre, dunque, come sempre nella ricerca, saper trovare una strada scientificamente valida, ma anche pienamente rispettosa dell’uomo sin dal suo concepimento.

    D. – Questo ultimo rapporto, invece, fa vedere come esista una scienza percorribile e assolutamente valida...

    R. – Scegliere una via eticamente accettabile non significa rinunciare alle prospettive della ricerca scientifica, anche la più avanzata, ma ricordare che ogni ricerca umana è finalizzata al bene dell’uomo e che non può mai utilizzare l’uomo come mezzo, infliggendogli la morte.

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    Giornata nazionale del Creato incentrata sulla famiglia: intervista a mons. Domenico Sorrentino

    ◊   Si tiene quest’anno in Umbria l’odierna e ottava Giornata nazionale per la salvaguardia del Creato promossa dalla Conferenza episcopale italiana. Stamane la Messa ad Assisi nella chiesa di Santa Maria Maggiore, preceduta da storie e testimonianze nel luogo della “spoliazione“ di Francesco. Il tema cui la giornata è dedicata è “La famiglia educa alla custodia del Creato”. Ma come e perché può svolgere questo compito? Gabriella Ceraso lo ha chiesto al vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino che ha celebrato la Messa :

    R. - Perché la cultura della custodia del creato è una cultura del dono, una cultura del grazie, del riconoscimento della realtà. Niente come la famiglia può dare questi valori fondamentali: in famiglia si fa l’esperienza dell’essere amati, voluti, accolti. C’è, dunque, l’atmosfera giusta perché si possa vedere l’Universo con questi occhi.

    D. – Nel termine “creatura” e “creato” c’è già un valore profondo, qual è?

    R. – Questa è la visione cristiana della vita: un mondo che esiste soltanto perché Dio lo fa essere. E’ tutto quanto un dono di amore. Dire, dunque, creato è far riferimento a questa realtà che ci lega a Dio, con una percezione dell’armonia universale all’insegna dell’amore che Dio ci porta e che noi dobbiamo portare a noi stessi, agli altri, ad ogni essere.

    D. – Anche Papa Francesco, addirittura sin dal suo primo discorso, ha parlato della custodia del creato, intendendola come prendersi cura del mondo, ma anche gli uni degli altri. Un tratto, dunque, fondamentale anche di questo Pontificato?

    R. – Uno dei motivi che il Papa ha dato per aver scelto il nome Francesco: ha colto nel nostro Francesco d’Assisi questa dimensione come fondamentale, mettendola in rapporto ad una esigenza ed una sfida che oggi ci vede tutti quanti impegnati. Quello che ci viene richiesto è uno stile di vita che sappia riconoscere la realtà per quello che essa è, dono di Dio, che ha le sue leggi, e farla sviluppare nella sua stessa direzione. Tutto questo esige uno stile di vita, un modo di guardare il mondo, una sobrietà. Quando tutto si fa all’insegna della voglia di possedere, di accumulare in funzione di politiche di dominio, c’è poco di buono da sperare. Quando invece si instaura un clima di sobrietà, di povertà, intesa come capacità di accoglienza, generosa solidarietà con gli altri, allora si cominciano a mettere le premesse di un mondo bello.

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    Il Sentiero di San Francesco, pellegrinaggio da Assisi a Gubbio sulle orme del Poverello

    ◊   Camminare lungo le strade percorse da San Francesco per andare da Assisi a Gubbio, attraversare quei luoghi che, oltre 800 anni fa, furono visitati dal Patrono d’Italia. Parte questa domenica per concludersi martedì, il pellegrinaggio a piedi “Il sentiero di Francesco” che vede la presenza di oltre cinquecento partecipanti. L’iniziativa, organizzata in occasione dell’ottava Giornata nazionale per la custodia del Creato, è stata promossa dalle diocesi di Assisi e Gubbio in collaborazione con l’associazione per la Salvaguardia del creato Greenaccord onlus. Marina Tomarro ha intervistato Daniele Morini, coordinatore dell’evento:

    R. - Questo viaggio non è solo geografico, ma è soprattutto dello spirito, perché Francesco - dopo la scintilla dell’abbraccio del Crocifisso di San Damiano e l’inizio di quello che sarebbe stato il suo cammino di conversione - approfondisce questo cammino di conversione proprio nei quaranta chilometri che separano Assisi da Gubbio, che non a caso è considerata un po’ la seconda patria di Francesco e del francescanesimo. Nel 1213, Francesco e i suoi frati stabilirono già una loro casa: la Porziuncola Eugubina, come viene chiamata la chiesa della Vittorina, dove si colloca anche l’incontro - un po’ di anni dopo - tra San Francesco e il lupo. Francesco, probabilmente nel giro di qualche settimana o di qualche mese, incontra lungo questo sentiero la nudità: non solo quella fisica per aver abbandonato i vestiti, ma anche il deserto spirituale. Vive la solitudine, vive soprattutto il contatto - senza mediazioni e senza intermediari - con il Creato, con la natura; la natura che ancora oggi si conserva come quella di otto secoli fa, lungo il sentiero fra Assisi e Gubbio. Solitamente i pellegrini, come si fa verso ogni città santa, lo percorrono da Gubbio - o meglio ancora, chi ha più tempo dalla Verna - verso Assisi, ma noi in questo caso vogliamo proprio ripercorrere i suoi passi, da Assisi a Gubbio.

    D. - Cosa spinge oggi a partecipare a questo cammino, a questo pellegrinaggio?

    R. - Questi tre giorni ci permettono di staccare la spina. Fare 40 chilometri in tre giorni non è impegnativo dal punto di vista fisico, tanto è vero che ci saranno molte famiglie e anche bambini di 8-9-10 anni in cammino, proprio perché ogni giorni si propongono 12-13 al massimo 14 chilometri. Però questo ci permette di passare con i nostri piedi, con i nostri passi nelle stesse strade, nello stesso bosco e toccare lo stesso muro che Francesco si era trovato davanti otto secoli fa. Quest’anno i pellegrini sono tantissimi e questo perché il sentiero francescano quest’anno ha avuto un’esplosione: non so se sia la crisi economica o il bisogno di incontrare Francesco o anche magari il suggerimento che ci arriva dall’elezione di Papa Francesco, ma quest’anno il Sentiero di Francesco ha avuto veramente un’esplosione di presenze.

    D. - In questa edizione, oltre ai pellegrini, ci sono anche un gruppo di giornalisti che seguono il Sentiero di Francesco. In che modo si può trasmettere maggiormente il messaggio per la custodia del Creato?

    R. - Condividere anche con i nostri amici giornalisti e della comunicazione in questi giorni il cammino ci aiuta soprattutto a far conoscere questi luoghi spesso dimenticati per secoli, ma che oggi hanno di nuovo un “appeal”, un’attrazione. Francesco era partito da Assisi da uomo vecchio, o comunque da uomo che stava cambiando e ha ritrovato un uomo nuovo: si è riconciliato - questi sono un po’ i temi del pellegrinaggio - innanzitutto con se stesso, poi con gli altri, poi con Dio e infine con la natura, con il Creato. Questo vorremmo comunicare a tutti quelli che si mettono in gioco mettendosi in cammino.

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    Settimana teologica degli intellettuali cattolici del Meic a Camaldoli

    ◊   Ambiente, educazione, ricerca scientifica, ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa dopo l'elezione di Papa Francesco: sono stati questi i temi intorno ai quali si sono confrontati gli intellettuali cattolici al Monastero di Camaldoli nella tradizionale Settimana teologica del Meic, il Movimento ecclesiale di impegno culturale. Ce ne parla Davide Dionisi:

    La perenne vitalità della speranza cristiana. E’ stato questo il tema della Settimana teologica di Camaldoli, tradizionale appuntamento estivo degli intellettuali cattolici, conclusosi giovedì scorso e promosso dal Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic). Oltre cento i partecipanti provenienti da tutta Italia per confrontarsi su “ambiente, educazione, ricerca scientifica, ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa dopo l'elezione di Papa Francesco”. Al presidente del Meic, Carlo Cirotto, abbiamo chiesto il motivo della scelta della speranza come tema della Settimana:

    R. - Perché la speranza cristiana? Perché c’è tanto bisogno di speranza! Siamo in un momento particolarmente critico di quella che è stata definita la “società liquida”. C’è bisogno di una luce di speranza che ci porti soprattutto verso un futuro costruttivo.

    D. - Tracciamo un bilancio di queste giornate di studio. Che cosa si sono detti gli intellettuali cattolici a Camaldoli?

    R. - È una settimana teologica, quindi gli intellettuali sono partiti da una considerazione assolutamente teologica per passare poi all’applicazione di questi principi - idee e progetti teologici - a casi particolarmente urgenti nella Chiesa e nella società. Prima di tutto, non c’è speranza per un futuro migliore, se non viene adeguatamente salvaguardato l’ambiente. Il problema del rispetto dell’ambiente e la salvaguardia dei territori rientrano in ciò che viene definito “La Custodia del Creato”.

    D. - Lei ha detto che l'annuncio del Vangelo deve passare sempre di più anche dalla concretizzazione nella vita di tutti. In che modo l’intellettuale può portare avanti questa missione?

    R. - In tanti modi. Ma il modo fondamentale, la carità fondamentale che gli è richiesta, è inventare un futuro che sia migliore della situazione attuale. Questo non è facile perché ci vuole una conoscenza approfondita della situazione attuale, una conoscenza della storia e anche una grande capacità creativa e di immaginazione, altrimenti non riusciamo ad affrontare il futuro.

    D. - Attese e speranze di un futuro migliore perché, secondo lei, il tempo anche grazie all’impegno pastorale del Papa è davvero propizio per un vigore rinnovato nel nostro rendere testimonianza con i fatti…

    R. - Sì. Potrà sembrare strano ma, per dirla come Bauman, quando la società si fa liquida, allora vuol dire che il cambiamento sta arrivando, sta arrivando una nuova struttura. Bisogna semplicemente lavorare perché questa nuova struttura che sta per venire, non sia peggiore di quella precedente, ma sia migliore.

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    L'Eco di San Gabriele compie cent'anni, una storia dalla litografia a internet

    ◊   Compie 100 anni “L’Eco di San Gabriele”, la rivista del Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, uno dei Santuari più visitati in Italia che sorge in uno scenario suggestivo ai piedi del Gran Sasso, in provincia di Teramo. Il mensile è oggi pubblicato in varie nazioni, grazie soprattutto agli emigrati che hanno diffuso in tutto il mondo la devozione al Santo dei giovani. Davide Pagnanelli ha chiesto al direttore dell'Eco di San Gabriele, Pierino di Eugenio, come sia nata l'idea di questa rivista:

    R. – Nasce nel 1913, per diffondere il culto del Santo e per restare in collegamento con i devoti del Santo. Già di Stanislao Battistelli, nello stesso tempo, - di cui attualmente è in corso il processo di canonizzazione - dicevano che, pur parlando del Santo e della devozione, volevano concorrere nel modo più efficace a consolidare le basi del vivere, del progresso civile. Nasceva già, quindi, come rivista di informazione, di attualità.

    D. – Quali sono le sfide per una rivista cattolica nel terzo millennio?

    R. – Si tratta di decodificare gli eventi, il vivere sociale, alla luce del Vangelo, di trasmettere cioè la verità di sempre con i mezzi attuali. Si tratta, dunque, di trasmettere sempre lo stesso messaggio, attualizzandolo. Oggi si lavora molto sul web e bisogna, quindi, sfruttare anche questi mezzi.

    D. – Quale missione si propone il giornale per il presente e il futuro?

    R. – Essere una voce libera. La rivista ha subìto pesanti censure già al tempo del governo Salandra e ancor più dal ’41 al ’45, quando fu censurata e dovette chiudere. Non ha mai, comunque, voluto transigere sul fatto di parlare liberamente e quindi trasmettere la verità, senza scendere mai a compromessi di nessuna sorta.

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    A Venezia "Philomena", storia vera di una ragazza madre, apre riflessione piu che temute polemiche

    ◊   Proiettato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia uno dei film più attesi, “Philomena” del regista britannico Stephen Frears, ispirato alla vera storia dell’oggi ottantenne irlandese Philomena Lee. Un remoto tragico passato, un recente perdono, due visioni del mondo e della vita, fede e laicità, una Chiesa sulla strada della purificazione e del dialogo con il mondo moderno. Un film su cui riflettere. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Forse anche nel cinema, così come dimostra il lavoro di alcuni suoi autori più amati, è giunto il momento di disinnescare le polemiche. E’ giusto e storicamente doveroso affrontare le piaghe della Chiesa e tergerle, come accadde alle ferite di chi stava sulla croce, recuperando una memoria che sia di esempio, monito e purificazione per tutti. Stephen Frears, pur nell’indipendenza del suo pensiero e nella ribadita adesione a una ferma laicità - con la quale sempre dialogare nel reciproco rispetto - porta in concorso a Venezia Philomena, riceve tributi e applausi incondizionati, prudentemente anche da parte della stampa cattolica, pur se proprio gli anni post-bellici nella tribolata Irlanda presentavano ancora tanti lati oscuri e tragici, frutto di un passato saldamente ancorato alla tradizione e talvolta non esente, purtroppo, dal fanatismo religioso e dal rigorismo morale. Il film è spirato alla vera storia di Philomena Lee, ragazza madre che viene sottratta al probabile destino di un aborto, inglobata nel convitto di suore tristemente famose per il loro rapporto ben poco cristiano con tante ragazze. Condotte al parto con mezzi sommari, i neonati erano poi strappati alle madri e affidati a ricchi, prevalentemente americani. Accadde così, ma allo scoccare dei cinquant’anni del figlio perduto, la madre decide di mettersi alla sua ricerca, aiutata da un cinico giornalista. In America scoprirà della sua morte in giovane età e poi altre tristi verità, delle quali ferisce soprattutto il suo pervicace e difensivo occultamento da parte delle religiose. Due mondi si fronteggiano, e il più delle volte non si capiscono: quello della donna, ancorato ancora e sempre a une fede semplice e luminosa che rimane il suo inossidabile sostegno; quello dell’uomo, che tra derisione e incredulità ben manifestate, non comprende i percorsi di chi per i suoi aguzzini invoca il perdono. Per Philomena è l’unico, doveroso approdo, perché, come dice agli attoniti suoi interlocutori, “vivere nella rabbia è sfibrante”. Una regia prudente, equilibrata, forte di una sceneggiatura impeccabile, condita di umorismo che stempera il dolore e il possibile orrore, Judi Dench che si conferma come una delle più grandi attrici viventi, un cast che è un vero gioiello. Tutto concorre a fare del film non lo scandalo che forse tanti cercavano per riaprire battaglie che si sperano oggi finalmente fuori moda, ma una compiuta rivisitazione di un difficile momento storico e di un percorso umano e cristiano che brilla di esempio per tanti e che per questo, com’è stato chiesto dagli artisti presenti a Venezia, non si dovrebbe evitare. Con spirito critico e senza paura. Perché oggi i tempi sono maturi.

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    La fine del comunismo in Europa in un libro di Luigi Geninazzi

    ◊   “L’Atlantide Rossa: la fine del comunismo in Europa”. Questo il titolo del volume di Luigi Geninazzi, pubblicato da Edizioni Lindau. Il giornalista di Avvenire, esperto dell’area est europea, ripercorre gli eccezionali eventi che, dalla fine degli anni ’80, hanno cambiato la storia del Vecchio Continente, con la svolta democratica in Polonia, la caduta del Muro di Berlino, il crollo del colosso sovietico e la nascita di nuove entità nazionali. Che cosa è rimasto oggi dell’epoca della guerra fredda e dei blocchi contrapposti? Giancarlo La Vella ne ha parlato con lo stesso Luigi Geninazzi:

    R. – A prima vista uno può avere uno sguardo disincantato e dire che è rimasto poco nella memoria. Ormai sono passati circa 25 anni dalla caduta del Muro e l’Europa orientale si è integrata con grande successo nell’Unione Europea. Noi, oggi, in una situazione molto critica, con una devastante crisi economica e finanziaria, vediamo come alcuni Paesi dell’Est, come la Polonia, riescano a tenere ancora una marcia positiva. Ci sono stati fenomeni negativi, come per esempio un capitalismo selvaggio, ma, nonostante tutto, credo che il bilancio debba essere considerato positivo e, in generale, tutto l’euroscetticismo che dilagava ad Est nei confronti di Bruxelles e di una integrazione più stretta, oggi sia diventato quasi un “euro-entusiasmo”, se paragonato ai sentimenti di frustrazione che dominano qui in Occidente.

    D. – Il sottotitolo del tuo volume “La fine del comunismo in Europa” è emblematico di quella situazione di cui tra l’altro fu protagonista un elettricista polacco, poi diventato famosissimo, Lech Wałęsa, che guarda caso è autore della prefazione del tuo volume...

    D. – E’ stato un po’ un mio puntiglio. Io ho sempre mantenuto contatti con Lech Wałęsa e gli ho chiesto di fare una prefazione; lui con molta gentilezza ha accettato, proprio ricordando che tutto è partito da lui nel 1980, con lo sciopero degli operai polacchi nei cantieri navali di Danzica, ma è partita da lui anche la mia vita professionale, perché ho iniziato a fare il giornalista sul campo proprio nell’agosto del 1980. Appena sono arrivato giovane reporter nei cantieri navali e ho chiesto chi fosse il loro capo, mi hanno presentato un signore con i baffi. Gli ho chiesto di farmi la prefazione per questo motivo. Credo che in poche righe sia riuscito a dare l’idea della solidarietà, quando dice con parole commoventi che l’idea di solidarietà è molto semplice: quando tu non riesci a sollevare un peso da solo, chiedi a qualcun altro che ti aiuti. Ed allora, liberarsi del comunismo sembrava davvero un’impresa assolutamente più che ciclopica, un’impresa assolutamente impossibile.

    D. – La grande spiritualità dell’Europa dell’Est è rimasta forse per troppo tempo soffocata dal regime totalitario e poi è esplosa improvvisamente, con quali frutti?

    R. – In Polonia e anche in altri Paesi. Vorrei ricordare che prima della caduta del Muro di Berlino c’era stata per anni e anni una grande mobilitazione dei giovani nelle Chiese protestanti, non solo in Polonia. Ma è chiaro che la Polonia, dove la religione cattolica coincide con la tradizione nazionale, sia stata l’emblema di questo risveglio di una fede religiosa capace di giudicare le cose e capace di intervenire, anche a livello sociale. Questo patrimonio di fede c’è sempre stato e si è risvegliato a livello sociale con l’apparire del Papa polacco, di Giovanni Paolo II. Quel grido “Non abbiate paura” ripetuto in varie forme e con molto vigore, durante il suo primo viaggio in patria nel 1979, ha ridestato gli animi e ha risvegliato i cuori.

    D. – La crisi economica in corso, la guerra civile in Siria e tutta la situazione mediorientale ad un tiro di schioppo, forse l’Europa dell’Est sta entrando nell’Europa di Bruxelles in un momento non troppo felice, ma con quale spirito sta effettuando questo passo?

    R. – A me piacerebbe – e questo libro è un invito - che nel mondo, non solo nei Paesi arabi, ma anche nel mondo occidentale, tutta la gente imparasse, riflettesse almeno sul metodo non violento che è stato usato in quella rivoluzione del 1980. Credo che ci sia molto da imparare da quello che è successo nell’Europa dell’Est.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria: nuove violenze di Boko Haram nel nord-est, decine i morti

    ◊   In Nigeria, un nuovo attacco dei miliziani fondamentalisti di Boko Haram ha fatto almeno 24 morti a Monguno, nel nord-est del Paese. Ad essere colpito, ieri, è stato uno dei gruppi di vigilantes che affiancano l’Esercito nella lotta alla setta integralista. Durante una missione che avrebbe dovuto condurre alla cattura di alcuni esponenti di Boko Haram, i vigilantes sono caduti in un’imboscata, organizzata da guerriglieri che si erano camuffati con uniformi dell’Esercito. Un responsabile locale ha dichiarato alla stampa che altri 36 vigilantes, su un totale di circa 100, sono ancora considerati dispersi. In un’altra località dello Stato di Borno, lo stesso in cui si trova Monguno, un secondo attacco ha provocato la morte di almeno 12 pastori nomadi, assaliti da un commando di uomini armati. Non accenna a diminuire, dunque, la violenza nelle aree del Paese dove la presenza dei fondamentalisti è più forte, malgrado il massiccio dispiegamento di forze di sicurezza ordinato dal presidente Goodluck Jonathan negli scorsi mesi: queste operazioni hanno portato – secondo quanto sostengono le autorità – anche alla morte del più noto tra il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, alla fine di luglio. (D.M.)

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    Fukushima: preoccupazione per i livelli di radioattività dopo l'incidente di agosto

    ◊   Torna l’allarme per la centrale nucleare giapponese di Fukushima, teatro del grave incidente seguito allo tsunami del marzo 2011. Secondo la Tepco, società che gestisce l’impianto, il livello di radiazioni intorno a uno dei serbatoi che contengono acqua contaminata, è cresciuto di 18 volte dal 22 agosto, raggiungendo i 1.800 millisievert all’ora: una persona esposta a una radioattività simile resterebbe uccisa dopo quattro ore. Il serbatoio su cui sono state fatte le rilevazioni è lo stesso che, il mese scorso, era stato interessato da una perdita di materiale radioattivo, incidente che le autorità avevano considerato di livello 3, ovvero “grave”. (D.M.)

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    Mandela dimesso dall'ospedale. Le autorità: "Condizioni ancora critiche"

    ◊   L’ex presidente sudafricano Nelson Mandela ha lasciato l’ospedale di Pretoria nel quale era ricoverato da quasi tre mesi per un’infezione polmonare. Nel comunicato della presidenza che ne ha dato l’annuncio, si legge anche che le condizioni del 95enne ex capo di Stato “continuano a essere critiche e a tratti instabili”. Lo staff medico, tuttavia, prosegue la nota “è convinto” che Mandela “potrà ricevere lo stesso livello di cure intensive nella sua casa di Houghton”, a Johannesburg: viene precisato anche che “qualora le condizioni di Mandela richiedessero un altro ricovero in futuro, lo si farà” e che Madiba – il nome di clan con cui l’ex leader è familiarmente chiamato – nonostante le difficoltà mostra sempre una grande forza e serenità”. Già nella giornata di ieri si era diffusa la notizia che l’ex presidente fosse stato dimesso dall’ospedale, ma era stata poco dopo smentita ufficialmente da un comunicato delle autorità sudafricane. (D.M.)

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    Messaggio della Cei: "gratitudine" per la nomina di mons. Pietro Parolin

    ◊   “Come vescovi italiani, accompagniamo questa nomina con la preghiera e con la disponibilità a una piena e serena collaborazione per il bene della Chiesa e dell’umanità”. Con questo messaggio la presidenza della Conferenza episcopale italiana – a nome di tutti i vescovi del Paese – esprime la propria “gratitudine” al Papa per la nomina di mons. Pietro Parolin a segretario di Stato. In tale scelta - prosegue la nota della Cei – riconosciamo la volontà di portare nel cuore della cristianità il respiro e l’esperienza della Chiesa universale, con particolare attenzione alla voce delle giovani Chiese, dei poveri, di quanti sono in attesa dell’annuncio liberante del Vangelo. Al nuovo segretario di Stato la Cei rivolge “i più vivi e affettuosi rallegramenti” per la nuova responsabilità “a servizio della Chiesa universale”. (D.M.)

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    "Portatore della speranza che deriva dalla fede":così il cardinale Scola ricorda Carlo Maria Martini

    ◊   Il cardinale Carlo Maria Martini “fu indomito portatore” della speranza “che deriva dalla fede incrollabile nella Resurrezione di Gesù”: lo ha ricordato ieri l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, durante la Messa in suffragio dell’arcivescovo emerito, nel primo anniversario della morte. Durante l’omelia, il cardinale Scola ha definito questa celebrazione “un’occasione privilegiata” per misurarsi con gli interrogativi cruciali che riguardano la morte e “il bene della vita”, oltre che per rendere grazie a Dio “del bene compiuto” dal cardinale Martini “nel suo ministero episcopale”. “Il suo sguardo appassionato per tutti – ha proseguito il porporato – continua ad accendere la «grande luce»” citata dal vangelo di Matteo “e, in essa, la speranza «che non delude». Non delude, ha detto l’arcivescovo richiamando le parole della Lettera di san Paolo ai Romani, “perché proviene dall’amore stesso di Dio che gratuitamente si riversa nei nostri cuori e non viene meno neppure quando siamo «deboli…», «peccatori…» e «nemici»”. Il cardinale Scola ha poi ricordato alcune tra le molte pagine scritte dal card. Martini, soffermandosi in particolare su quelle dedicate alla Resurrezione di Gesù, che, reincontrando la Maddalena, i discepoli di Emmaus e Pietro “li inoltra, in pienezza di verità, sulla strada di una responsabile novità”. Gesù Cristo morto e risorto, ha poi proseguito l’arcivescovo di Milano, citando ancora il suo predecessore, è “un grande tesoro” che offre a tutti, come dice San Paolo “la speranza della gloria di Dio”. Il porporato ha quindi ricordato la prima lettera pastorale del cardinale Martini, dedicata alla preghiera contemplativa, notando come in essa sia messa in luce “la tensione positiva alla vita, e alla vita “per sempre” che inquieta il cuore in ogni uomo, rendendolo consapevole di non essere lontano da nessun altro uomo”. “La dimensione contemplativa della vita del cardinale Martini – ha concluso l'arcivescvo di Milano – rappresenta l’antefatto, l’orizzonte, il precedente di tutta la sua riflessione e di tutta la sua azione”. (D.M.)

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    Cortile dei Gentili: il 25 settembre dedicato ai giornalisti

    ◊   Il dialogo fra il fondatore del quotidiano “Repubblica”, Eugenio Scalfari, e il cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, Gianfranco Ravasi, sarà il momento “forte” dell’appuntamento romano che il “Cortile dei Gentili” dedica il 25 settembre ai giornalisti. Teatro dell’evento, la splendida cornice del Tempio di Adriano, in Piazza di Pietra. “Etica della società ed etica della comunicazione”; “Libertà e responsabilità nell‘informazione. Obiettività e verità”; “Giornalismo, cultura e fede. Credere e comunicare” sono i temi sui quali il “Cortile” intende “mettere a confronto personalità significative del mondo del giornalismo - si legge nella presentazione - con l‘intento di stabilire un dialogo fra i protagonisti dell‘informazione credenti e non credenti”. Alla conversazione tra Scalfari e Ravasi seguiranno due dibattiti con la partecipazione, tra gli altri, di alcuni direttori dei principali quotidiani nazionali - Ferruccio de Bortoli, Mario Calabresi, Ezio Mauro, Roberto Napoletano - e di editorialisti come Lilli Gruber e Marcello Sorgi. Il “Cortile dei gentili” è la struttura creata dal cardinale Ravasi, su ispirazione di Benedetto XVI, all’interno del Pontificio Consiglio della Cultura. Diretto da padre Laurent Mazas, ha l’obiettivo di promuovere il dialogo fra credenti, agnostici e atei attraverso il confronto su grandi temi culturali e sociali. (R.P.)

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    Bulgaria: tutto pronto per il primo incontro nazionale dei cattolici

    ◊   Conoscersi meglio, incontrarsi e rafforzare la propria adesione al messaggio evangelico nell'Anno della fede. Questo lo scopo del primo incontro nazionale dei cattolici di tutta la Bulgaria, che si svolgerà dal 6 al 7 settembre nella città di Rakovski, nella diocesi di Sofia-Plovdiv. L’iniziativa, che ha per motto “Con fede tenace”, vedrà la partecipazione di ogni diocesi, parrocchia, ordine religioso e movimento del Paese balcanico, che avranno la avrà la possibilità di presentarsi sottolineando le proprie particolarità storiche, pastorali o folkloristiche. “Con questo primo raduno dei cattolici in Bulgaria vogliamo dare uno slancio alla Chiesa cattolica locale – spiega all'agenzia Sir l'organizzatore don Dimitar Dimitrov – perché essendo una piccola minoranza è importante conoscersi e sentirsi parte di una comunità più grande”. Don Dimitrov è parroco di una delle tre parrocchie nella città di Rakovski, scelta come luogo dell'incontro essendo l'unica città nel Paese dove risiedono solo cattolici. Secondo lui anche qui “si sentono le conseguenze del secolarismo e del materialismo che invadono l'Europa e la ‘fede tenace’ dei nostri padri non è così forte”. Per questo nel programma è prevista anche una visita omaggio al cimitero del quartiere General Nicolaevo dove riposano molti dei vescovi e dei sacerdoti bulgari perseguitati duramente durante il comunismo. L'incontro si concluderà con una Messa per la nuova evangelizzazione celebrata dal nunzio apostolico in Bulgaria mons. Janusz Bolonek. (M.G.)

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    Serbia: il cardinale Scola alle celebrazioni per l'Editto di Milano a Nis

    ◊   Il 20-21 settembre, nella città di Nis, nel sud della Serbia, avrà luogo il momento culminante delle celebrazioni in occasione del 1700° anniversario dell‘Editto di Milano, organizzato dall‘arcidiocesi cattolica di Belgrado. In qualità di inviato speciale di Papa Francesco interverrà anche l‘arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola, che presidierà la messa solenne il 21 settembre nello stadio “Čair”. Si attendono molti pellegrini da tutti i Paesi balcanici ma anche dall‘Italia e da altri Stati europei. Parte importante nelle celebrazioni - riferisce l'agenzia Sir - sarà riservata ai giovani che animeranno la Via Crucis nella città natia dell‘imperatore Costantino e prepareranno un apposito editto che sarà proclamato alla fine della messa. Per l‘occasione sarà allestita anche la mostra "Costantino il Grande e l‘Editto di Milano del 313 - la nascita del cristianesimo nella provincia romana della Serbia". “Vogliamo promuovere il dialogo e la riconciliazione nella nostra regione”, ha detto l‘arcivescovo di Belgrado, mons. Stanislav Hočevar, aggiungendo che “non bisogna mai dimenticare che l‘editto di Milano è stato proclamato quando il cristianesimo era unito”. Durante la sua visita in Serbia, il card. Scola incontrerà anche il patriarca ortodosso Irinej ed il presidente della Repubblica Nikolić. (R.P.)

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    Canada: il 28 e 29 settembre colletta nazionale della Chiesa

    ◊   Portare avanti l’impegno della Chiesa “nella carità, nel servizio e nella solidarietà”: questa la motivazione con cui la Conferenza episcopale canadese spiega la colletta nazionale in programma per il 28 e 29 settembre. In una lettera ai fedeli, firmata da mons. Richard Smith, presidente dei vescovi di Ottawa, si ricorda che nel 2013, anno di passaggio dal pontificato di Benedetto XVI a quello di Papa Francesco, “la Chiesa continua ad essere chiamata alla missione ed al servizio del mondo”. “I vescovi – continua la lettera – sono testimoni e strumenti della carità e della solidarietà, ciascuno nella propria diocesi e tutti uniti nella collegialità episcopale”. Richiamando, poi, il discorso di Papa Francesco al Consiglio episcopale latinoamericano, pronunciato a Rio de Janeiro il 28 luglio scorso, la Chiesa canadese sottolinea la necessità, per tutti i vescovi, di collaborare “in modo solidale e sussidiario per promuovere, stimolare e rendere dinamica la collegialità episcopale e la comunione” all’interno della Chiesa. Infine, i presuli esortano i fedeli a partecipare generosamente alla colletta, affidandone i frutti all’intercessione di Maria. (A cura di Isabella Piro)

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    Armenia: i cristiani promuovono un incontro sulla libertà religiosa

    ◊   L’edizione 2013 dell’incontro del Consiglio d’Europa sulla libertà religiosa si concentrerà sul tema“libertà di religione nel mondo di oggi: sfide e garanzie”. L’appuntamento è a Yerevan, capitale dell’Armenia, il 2 e 3 settembre, ed è promosso dalla presidenza del consiglio dei ministri armeno. Ad aprire il dibattito sarà il ministro degli esteri armeno Edward Nalbandian insieme con Karekin II, patriarca supremo e “catholicos” di tutti gli armeni. Il dialogo interculturale è al centro dei lavori del governo armeno e l’on. Nalbandian, presidente del Consiglio dei ministri armeno, spiega che il suo lavoro è teso a “rafforzare l’azione di contrasto all’intolleranza e la promozione della libertà religiosa”. A riempire le giornate dell’incontro saranno sessioni plenarie e gruppi di lavoro sul tema della libertà religiosa, conferenze sul tema “coscienza e pensiero come diritto umano fondamentale”, tutela degli appartenenti alle minoranze, per concludere con delle linee guida per un’azione futura in Europa. (D.P.)

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    Nord Corea: in gravi condizioni il missionario cristiano condannato a 15 anni di lager

    ◊   La famiglia di Kenneth Bae, missionario coreano cristiano, meglio conosciuto come Pae Jun-ho, ha diffuso nel mese di agosto un appello per la sua salute. Bae - nelle carceri coreane dal novembre del 2012, processato nello scorso mese di maggio e condannato a 15 anni di lager, con l’accusa di “crimini contro lo Stato” - sarebbe ricoverato in un ospedale nei pressi della capitale nordcoreana. La sua famiglia è preoccupatissima per le sue condizioni di salute - perché Bae soffre di diabete ed ha una malformazione cardiaca - e la diplomazia americana (Bae è cittadino americano) si sta adoperando per il suo rilascio. Secondo il regime, Bae avrebbe usato il proprio lavoro - tour operator attraverso il 38° parallelo - per “fomentare e addestrare dei gruppi mirati a rovesciare il legittimo governo coreano”. Diverse fonti - riferisce AsiaNews - sostengono invece che Bae ha semplicemente portato aiuti umanitari ad alcuni gruppi di nordcoreani nei pressi del confine. (R.P.)

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    Mauritius: l’8 settembre, pellegrinaggio alla tomba di padre Laval

    ◊   “Vieni, segui me, segui Cristo”: questo il tema del pellegrinaggio che i fedeli delle Isole Mauritius compiranno, l’8 e 9 settembre, sulla tomba del Beato padre Giacomo Laval, evangelizzatore del Paese. Vissuto alla metà dell’800, padre Laval fu soprannominato “l’Apostolo dei neri” perché si dedicò alla cura ed alla predicazione della Parola di Dio tra la popolazione indigena delle Mauritius, che era stata appena liberata dalla schiavitù, ma abbandonata a se stessa. Oggi, le spoglie del Beato – il primo beatificato da Giovanni Paolo II nel 1979 - riposano a Saint-Croix, poco distante dalla capitale, Port-Louis, e in occasione del pellegrinaggio verranno esposte alla venerazione dei fedeli l’8 settembre nell’ambito di due messe solenni. Seguirà quindi una Veglia di preghiera a partire dalle ore 20.00, mentre il giorno seguente ulteriori celebrazioni eucaristiche concluderanno il pellegrinaggio. In vista dell’evento, la diocesi di Port-Louis ha esortato i fedeli a riflettere sui tre momenti del pellegrinaggio, ovvero “il prima, il durante ed il dopo”: “Il prima serve a comprendere le motivazioni del pellegrinaggio, ossia il nutrirsi della Parola di Dio; il durante consiste nel mettersi in cammino in una dimensione spirituale e penitenziale, così da prepararsi a ricevere la grazia e la benedizione di Dio; infine, il dopo deve essere inteso come un’occasione per diffondere la pace e la gioia del cuore che deriva da questa esperienza forte”, perché “un vero pellegrino non torna mai a casa esattamente identico a come è partito”. Inoltre, in occasione, del 150.mo anniversario della morte di padre Laval, che si celebrerà il prossimo anno, la Chiesa delle Mauritius ha lanciato una raccolta fondi per ingrandire il mausoleo del Beato: quello attuale, costruito nel 1870 con una capienza di cento persone, è divenuto troppo piccolo e si vuole quindi ampliarlo per accogliere almeno 250 fedeli. “Tutti i mauriziani – scrivono i vescovi – senza distinzione di razza o di religione, sono invitati a contribuire a questa opera, segno d’amore per padre Laval che ci ha uniti gli uni agli altri”. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 244

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.