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Sommario del 31/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa convoca per il 22 febbraio il Concistoro per la creazione di nuovi cardinali
  • Il Papa: non si può essere cristiani senza porre l'amore di Cristo al centro della propria vita
  • Siete carezze di Dio, segno della carità di Cristo per i poveri: così il Papa al Circolo San Pietro
  • Sarà presto Beato mons. Antonio Durcovici, martire sotto il regime comunista romeno
  • Tweet del Papa: un cristiano sa affrontare le prove e le sconfitte con serenità e speranza nel Signore
  • Altre udienze e nomine
  • Il card. Turkson a Gerusalemme: la pace non è solo assenza di guerra, ma tutela della dignità umana
  • Lahore. Il card. Filoni: “non è contraddittorio essere pienamente cristiano e pakistano”
  • Il card. Koch all'assemblea del Cec in Corea del Sud: c'è grande nostalgia dell'unità
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iraq, nuova strage. Mons. Sako: islam vuole il dialogo per ristabilire la pace
  • Amazzonia: mons. Frigeni, la Chiesa ha la responsabilità di difendere Indios e ambiente
  • L'Ucsi ricorda 5 donne uccise in Somalia per l'impegno in favore della popolazione
  • Nelle diocesi italiane musica, testimonianze e preghiera per vivere la "Notte dei Santi"
  • Rapporto Caritas: Bologna non è più "sazia e disperata", nuovi poveri causati dal sisma 2012
  • Vent'anni fa moriva Federico Fellini
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: sigillati i siti delle armi chimiche, rispettato accordo Usa-Russia
  • Siria. Fosse comuni a Sadad: uccisi 45 cristiani dalle milizie islamiche
  • Ankara smentisce: i vescovi siriani rapiti non sono in Turchia
  • Myanmar: avviato il dialogo di pace tra governo ed etnie
  • Centrafrica: nell'est è emergenza umanitaria, cinquemila civili nel vescovado di Bouar
  • Congo, Nord Kivu: i ribelli si ritirano in Uganda
  • Panama: sacerdote ucciso in pieno giorno davanti alla casa del vescovo
  • Cile: il pontificato di Papa Francesco e il futuro della Chiesa alla Plenaria dei vescovi
  • Luanda: conclusa l’Assemblea della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé
  • Kenya: i media cattolici esortati a rinnovarsi per rimanere al passo con i tempi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa convoca per il 22 febbraio il Concistoro per la creazione di nuovi cardinali

    ◊   In occasione della riunione del “Consiglio di cardinali” dei primi di ottobre scorso (1-3 ottobre) e nella successiva riunione del Consiglio del Sinodo (7-8 ottobre), il Papa ha informato i partecipanti della sua intenzione di convocare un Concistoro per la creazione di nuovi cardinali in occasione della Festa della Cattedra di San Pietro, 22 febbraio. E’ quanto ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi.

    "Papa Francesco - ha detto il portavoce vaticano - ha deciso di informare per tempo della sua decisione di convocare un Concistoro in febbraio in modo da facilitare anche la programmazione delle altre riunioni a cui devono partecipare cardinali di diverse parti del mondo".

    "Si può infatti prevedere – osserva padre Lombardi - che il Papa intenda far precedere il Concistoro, come già altre volte hanno fatto i suoi predecessori, da una Riunione del Collegio cardinalizio. Prima di questa riunione - si prevede nei giorni 17-18 - avrà luogo anche la terza riunione del 'Consiglio di cardinali' (detto 'degli otto cardinali'), mentre dopo il Concistoro, il 24-25, avrà luogo la riunione del Consiglio del Sinodo. Anche la prossima riunione del Consiglio dei cardinali per i problemi economici e organizzativi della Santa Sede (il cosiddetto 'Consiglio dei 15') sarà prevedibilmente in calendario, come gli altri anni, nel mese di febbraio, probabilmente nella settimana precedente".

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    Il Papa: non si può essere cristiani senza porre l'amore di Cristo al centro della propria vita

    ◊   Papa Francesco ha celebrato questa mattina la Messa nella Basilica di San Pietro presso l’altare dove è custodita la tomba del Beato Giovanni Paolo II. Erano presenti oltre un centinaio di sacerdoti e vari fedeli. Il Papa ha commentato le letture del giorno: la lettera di San Paolo ai Romani in cui l’apostolo delle Genti parla del suo amore per Cristo e il passo del Vangelo di San Luca in cui Gesù piange su Gerusalemme che non ha capito di essere amata da lui. Il servizio di Sergio Centofanti:

    “Nessuno può allontanarmi dall’amore di Cristo”. Il Papa parte da questa certezza di Paolo: “il Signore gli aveva cambiato la vita” e ora “questo amore del Signore” è il centro della sua esistenza. Le persecuzioni, le malattie, i tradimenti, niente di tutto quello che ha vissuto o che potrà accadere può ormai allontanarlo dall’amore di Cristo:

    “Era il centro proprio della sua vita, il riferimento: l’amore di Cristo. E senza l’amore di Cristo, senza vivere di questo amore, riconoscerlo, nutrirci di quell’amore, non si può essere cristiano: il cristiano, quello che si sente guardato dal Signore, con quello sguardo tanto bello, amato dal Signore e amato sino alla fine. Sente... Il cristiano sente che la sua vita è stata salvata per il sangue di Cristo. E questo fa l’amore: questo rapporto d’amore”.

    C’è poi l’immagine della “tristezza di Gesù, quando guarda Gerusalemme” che non ha capito il suo amore che paragona a quello di una chioccia che vuole raccogliere i pulcini sotto le ali:

    “Non ha capito la tenerezza di Dio, con quell’immagine tanto bella, che dice Gesù. Non capire l’amore di Dio: il contrario di quello che sentiva Paolo. Ma sì, Dio mi ama, Dio ci ama, ma è una cosa astratta, è una cosa che non mi tocca il cuore ed io mi arrangio nella vita come posso. Non c’è fedeltà lì. E il pianto del cuore di Gesù verso Gerusalemme è questo: “Gerusalemme, tu non sei fedele; tu non ti sei lasciata amare; e tu ti sei affidata a tanti idoli, che ti promettevano tutto, ti dicevano di darti tutto, poi ti hanno abbandonata”. Il cuore di Gesù, la sofferenza dell’amore di Gesù: un amore non accettato, non ricevuto”.

    Il Papa invita a riflettere su queste due icone: “quella di Paolo che resta fedele fino alla fine all’amore di Gesù” e in questo amore, lui che “si sente debole, si sente peccatore”, “trova la forza per andare avanti, per sopportare tutto”. E dall’altra parte c’è Gerusalemme, il popolo infedele, “che non accetta l’amore di Gesù, o peggio ancora” che “vive quest’amore ma a metà: un po’ sì, un po’ no, secondo le proprie convenienze”:

    “Guardiamo la fedeltà di Paolo e l’infedeltà di Gerusalemme e al centro guardiamo Gesù, il suo cuore, che ci ama tanto. Che possiamo farcene? La domanda: io somiglio più a Paolo o a Gerusalemme? Il mio amore a Dio è tanto forte come quello di Paolo o il mio cuore è un cuore tiepido come quello di Gerusalemme? Il Signore, per intercessione del Beato Giovanni Paolo II, ci aiuti a rispondere a questa domanda. Così sia!”.


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    Siete carezze di Dio, segno della carità di Cristo per i poveri: così il Papa al Circolo San Pietro

    ◊   Continuare “ad essere segno visibile della carità di Cristo” verso i bisognosi. È l’esortazione di Papa Francesco ai circa 200 soci del Circolo San Pietro, ricevuti oggi in Sala Clementina. Il Pontefice li ha ringraziati per l’opera “a sostegno delle attività caritative della Chiesa in favore delle persone più bisognose” e per il tradizionale obolo, raccolto nelle chiese di Roma per la sollecitudine del Papa verso i meno fortunati della città. Il servizio di Giada Aquilino:

    “Una fede vissuta in modo serio suscita comportamenti di autentica carità”. Con queste parole Papa Francesco ha voluto ricordare che nell’Anno della Fede - ormai giunto quasi a conclusione - “la Chiesa ha rinnovato la fede in Gesù Cristo e ha ravvivato la gioia di camminare nelle sue vie”:

    “Abbiamo tante testimonianze semplici di persone che diventano apostoli di carità in famiglia, a scuola, in parrocchia, nei luoghi di lavoro e di incontro sociale, nelle strade, ovunque… Hanno preso sul serio il Vangelo! Il vero discepolo del Signore si impegna personalmente in un ministero della carità, che ha come dimensione le multiformi e inesauribili povertà dell’uomo”.

    Esprimendo la propria riconoscenza al Circolo San Pietro per l’opera “a sostegno delle attività caritative della Chiesa in favore delle persone più bisognose”, il Santo Padre ha sottolineato come i soci di tale realtà, fondata nel 1869, si sentano “mandati alle sorelle e ai fratelli più poveri, fragili, emarginati”: “lo fate - ha detto - in quanto battezzati, avvertendolo un compito vostro di fedeli laici. E non - ha proseguito - come un ministero eccezionale o occasionale, ma fondamentale, in cui la Chiesa si identifica, esercitandolo quotidianamente”:

    “Ogni giorno si presentano situazioni che ci interpellano. Ogni giorno ciascuno di noi è chiamato ad essere consolatore, a farsi strumento umile ma generoso della provvidenza di Dio e della sua misericordiosa bontà, del suo amore che capisce e compatisce, della sua consolazione che solleva e dà coraggio. Ogni giorno siamo chiamati tutti a diventare carezza di Dio a quelli che forse non dimenticano, non hanno dimenticato le prime carezze; che forse mai nella loro vita hanno sentito una carezza. Voi siete qui per la Santa Sede, qui a Roma, carezze di Dio. Grazie! Grazie tante”.

    Invitando tutti a continuare “ad essere segno visibile della carità di Cristo verso quanti si trovano nel bisogno sia in senso materiale che in senso spirituale, come pure verso i pellegrini che giungono a Roma da ogni parte del mondo”, il Pontefice ha ringraziato il Circolo anche per l’Obolo di San Pietro, raccolto nelle chiese di Roma:

    “È la vostra tipica partecipazione alla mia sollecitudine per le persone più bisognose di questa Città. Vi incoraggio a proseguire in questa vostra azione, attingendo l’amore da dare ai fratelli alla scuola della carità divina, mediante la preghiera e l’ascolto della Parola di Dio”.

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    Sarà presto Beato mons. Antonio Durcovici, martire sotto il regime comunista romeno

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto oggi il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero a promulgare i Decreti riguardanti il riconoscimento del martirio di un vescovo e le virtù eroiche di tre religiose. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    La Chiesa avrà presto un nuovo Beato: si tratta del vescovo di Iasi, in Romania, mons. Antonio Durcovici, ucciso in odio alla Fede nel 1951 durante il regime comunista rumeno. Il presule aveva già passato due anni in un lager della Moldavia durante la prima guerra mondiale, in quanto originario dell’Austria. Durante gli anni della dura persecuzione anticristiana in Romania, noncurante dei pericoli e delle minacce del regime, prese a visitare le parrocchie della sua Diocesi annunciando a tutti il Vangelo dell’amore e della libertà in Cristo. Arrestato nel 1949, fu rinchiuso nel carcere di Sighet, il più duro del Paese, dove morì nel 1951 a 63 anni. Delle sue sofferenze nel carcere non resta nulla: il regime ha voluto cancellare ogni memoria come per tanti altri martiri di questa Chiesa del silenzio.

    La Chiesa ha poi tre nuove Venerabili, Serve di Dio di cui sono state riconosciute le virtù eroiche.
    La prima è Onoria Nagle, detta "Nano," religiosa irlandese del 1700, fondatrice della Congregazione delle Suore della Presentazione della Beata Vergine Maria, impegnata nell’assistenza e istruzione dei poveri e dei giovani.

    C’è poi Celestina Bòttego, fondatrice della Società Missionaria di Maria; nata a Glendale (Ohio, Stati Uniti d'America) nel 1895 e morta a San Lazzaro di Parma nel 1980; non voleva fondare alcuna congregazione perché si riteneva “più adatta a guastare le opere di Dio che a farle” e lei voleva fare solo “gli interessi di Gesù”. Ma Dio ha disposto diversamente: così ha potuto dedicare tutta la sua vita in mezzo agli ultimi, ex carcerati, nomadi e diseredati.

    Infine, diventa Venerabile anche Olga della Madre di Dio, suora professa della Congregazione delle Figlie della Chiesa, nata in provincia di Vicenza nel 1910 e morta a Mestre nel 1943. Visse in particolare l’ideale mistico contemplativo dell’adorazione eucaristica e del servizio apostolico in parrocchia. Di lei si dice che non fece nulla di straordinario, ma vivendo il quotidiano con fede profonda e amore autentico.

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    Tweet del Papa: un cristiano sa affrontare le prove e le sconfitte con serenità e speranza nel Signore

    ◊   Nuovo tweet del Papa alla vigilia della Solennità di Tutti i Santi: “Un cristiano – scrive - sa affrontare le difficoltà, le prove – anche le sconfitte – con serenità e speranza nel Signore”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente emerito della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", e il rabbino Arieh Sztokman, con la consorte.

    Il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Santo Domingo (Repubblica Dominicana), presentata da S.E. Mons. Pablo Cedano Cedano, Vescovo titolare di Vita, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Papa Francesco ha nominato il Rev.do Sacerdote Joseph Gébara, al presente Parroco della chiesa Notre-Dame de la Déliverance a Hadath (Libano) all’ufficio di Vescovo-Coadiutore dell’Eparchia di Nossa Senhora do Paraíso em São Paulo dei Greco-Melkiti (Brasile). Il Rev.do Joseph Gébara è nato ad Amatour (Chouf, Libano)) il 10 giugno 1965. Dopo gli studi istituzionali ha conseguito la licenza in filosofia all’Istituto Teologico Saint Paul di Harissa (1995) ed un master in teologia all’Institut Catholique di Parigi (1998), un diploma di studi approfonditi (DEA) in patristica (2000) ed un dottorato in storia delle religioni ed antropologia religiosa (2003) all’Università Sorbonne di Parigi. È stato ordinato sacerdote per l’Arcieparchia di Beirut e Jbeil dei Greco-Melkiti il 10 luglio 1993. Dopo aver svolto il servizio pastorale nella chiesa Saint Elie di Dekwaneh (1993-1995), durante gli studi di specializzazione a Parigi ha collaborato nelle parrocchie di Saint-Julien-le-Pauvre (1996-1998) e Notre-Dame des Champs a Montparnasse (1998-2003). Ritornato in Libano nel 2003, è stato nominato parroco della chiesa Notre-Dame de la Délivrance di Hadath. È stato Decano della III circoscrizione dell’Arcieparchia di Beirut (2006-2011). È docente all’Istituto Teologico Saint Paul di Harissa (dal 2003), all’Università Saint Joseph di Beirut (dal 2004), all’Università Saint Esprit di Kaslik (dal 2005) e all’Università Antonina di Baabda (dal 2006). Dal settembre 2013 è anche Direttore dell’Istituto di studi islamo-cristiani dell’Università Saint Joseph. Parla l’arabo e il francese e conosce le lingue classiche.

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    Il card. Turkson a Gerusalemme: la pace non è solo assenza di guerra, ma tutela della dignità umana

    ◊   Non la mera assenza di guerra, ma la tutela della dignità e dei diritti della persona umana: è questa la pace nel senso pieno del termine, così come descritta dall’Enciclica Pacem in Terris, siglata da Giovanni XXIII cinquant’anni fa. A ricordarlo, stamani, è stato il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, nel corso di una lectio magistralis tenuta a Gerusalemme, presso la Facoltà di Teologia dell’Università salesiana. Il servizio di Isabella Piro:

    “La dignità ed i diritti delle persone – ha detto il card. Turkson – sono una priorità della società e devono essere riconosciuti, rispettati, tutelati e promossi dalla società stessa”, perché “dove la giustizia regola i rapporti umani e tocca la dignità di ciascuno, allora là predomina la pace”. Nella sua lunga lezione, il porporato – studente egli stesso a Gerusalemme nel 1977 – ha evidenziato come il titolo dell’enciclica di Papa Roncalli rimandi al versetto del Vangelo di Luca “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”: il che significa che “la pace è un dono di Dio per tutti gli uomini, perché Dio ama tutti, e tale dono diventa una realtà solo per coloro che lo accettano”, e che “rispettano quanto stabilito da Dio”. In questo senso, ha continuato il card. Turkson, “la Pacem in Terris offre una visione antropologica cristiana dell’uomo”, i cui fondamenti costitutivi sono “la dignità e la relazione”, dalle quali derivano “diritti e doveri”. Per questo, il presidente di Giustizia e Pace ha evidenziato come l’uomo, fondamentalmente libero, possa scegliere il bene o il male: se quindi i conflitti nascono tra gli uomini, è anche vero che è sempre tra gli uomini che la pace ha possibilità di scaturire. Il card. Turkson si è poi soffermato sui singoli capitoli dell’enciclica di Papa Roncalli, mettendone in risalto alcuni concetti fondamentali: la necessità di eliminare le discriminazioni tra gli uomini; la tutela della libertà da parte delle autorità, perché “ogni potere dovrebbe perseguire il bene comune e proteggere i deboli”; la fiducia tra Stato e Stato che implica l’attuazione dei trattati internazionali, lo stop alla corruzione, il rispetto della legge e le giuste sanzioni in caso di violazioni. “L’autorità politica – ha sottolineato il porporato – se è orientata verso il bene comune universale, deve necessariamente essere fondata sulla dignità della persona umana come essere libero, titolare di diritti e doveri”. Per questo, ha aggiunto, “la pace deve essere fondata su quattro pilastri: verità, giustizia, amore e libertà”, che rappresentano “le basi per uno sviluppo armonioso e per la solidarietà tra le popolazioni”. Guardando, poi, all’obiettivo della formazione portato avanti dall’Università salesiana, il card. Tukson ha evidenziato tre caratteristiche peculiari dell’educazione cattolica: essere completa, ovvero capace di abbattere la separazione tra fede e vita; essere contestualizzata, perché “tutti i fedeli hanno il dovere di partecipare attivamente alla vita pubblica, contribuire alla comunità politica ed aiutare la famiglia umana a realizzare il bene comune”. Infine, la formazione cattolica deve puntare alla collaborazione anche con i non cattolici e i non credenti, dialogando con loro nel campo economico, sociale e politico, “per la promozione dell’autentico bene”. Nell’ultima parte della sua lezione, il porporato ha sottolineato il legame tra Giovanni XXIII e Papa Francesco, mettendo in evidenza i richiami dell’attuale Pontefice a “costruire la pace, costruire ponti” per porre fine alle ingiustizie e alle diseguaglianze nel mondo. “Per esplorare nuove frontiere di pace – ha concluso il card. Turkson – un buon punto di partenza è in noi stessi”. Nella giornata di domani, il presidente del Dicastero vaticano per la Giustizia e la pace parteciperà alla manifestazione “Mine per vigneti”, ideata dall’organizzazione umanitaria “Radici di pace” (“Roots of peace”) che da anni lavora alla bonifica di terreni minati, trasformandoli nuovamente in zone agricole. Gli eventi di domani si svolgeranno nella mattinata, in due località: il luogo del Battesimo di Gesù, lungo il fiume Giordano, e nel villaggio di Husan, non lontano da Betlemme.

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    Lahore. Il card. Filoni: “non è contraddittorio essere pienamente cristiano e pakistano”

    ◊   “È con piacere immenso che oggi posso incontrare tutti voi; direi che attraverso voi incontro tutta la Chiesa di questo nostro amato Paese” ha detto il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nell’omelia durante la concelebrazione eucaristica che ha presieduto questa mattina nella cattedrale di Lahore, presenti vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, seminaristi, catechisti e rappresentanti della comunità diocesana. Il Prefetto del Dicastero Missionario, che domani presiederà l’ordinazione episcopale del vescovo di Faisalabad, ha proseguito: “Desidererei che questi miei sentimenti raggiungessero tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede, e che mai abbiano la sensazione di essere lasciati soli. Voi siete la parte più nobile – anche a motivo delle circostanze e delle difficoltà – della Chiesa Universale, come altre comunità nel mondo che testimoniano con coraggio, ogni giorno, la propria fedeltà a Cristo e alla Chiesa”. Prendendo spunto dalle letture del giorno, il cardinale ha sottolineato che “in ogni circostanza e in ogni occasione, Cristo è il nostro punto di riferimento… anche nelle difficoltà, e persino nelle persecuzioni” come ci insegna l’Apostolo Paolo, ed ha aggiunto: “desidero al tempo stesso rafforzare la vostra perseveranza e incoraggiarvi a proseguire sempre nel bene e nella pace”. Quindi il Prefetto del Dicastero Missionario ha messo in evidenza che “essere pienamente cristiano ed essere pienamente pakistano non è una prospettiva contraddittoria. In questa terra di molte nazionalità etniche, di molteplici espressioni culturali e linguistiche, dove l’Islam è religione predominante, il Cristiano è a casa, e nella diversità trova non opposizione ma ricchezza di vita; l’uniformità, infatti, impoverisce, mentre la diversità stimola”. I cristiani sono chiamati ad essere sale e luce in ogni circostanza e luogo, ha quindi sottolineato il porporato, che ha spiegato: “il sale non sostituisce l’alimento, ma lo rende saporito, né la luce cambia la realtà, bensì la illumina. Avere in sé questa chiara visione ci aiuta a comprendere la vostra vocazione, il perché voi siete qui, il vostro compito e la missione affidatavi dalla Divina Provvidenza”. Al termine dell’omelia, il card. Filoni si è rivolto alla comunità diocesana di Lahore riassumendo in poche parole il senso della vocazione e della missione di ognuno: “pace, comprensione, fedeltà, dialogo, carità, perdono, misericordia, salvezza”. (R.P.)

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    Il card. Koch all'assemblea del Cec in Corea del Sud: c'è grande nostalgia dell'unità

    ◊   Prosegue a Busan, in Corea del Sud, la 10.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec) sul tema: ‘Dio della Vita, portaci alla giustizia e alla pace’. All’organismo sono associate oltre 300 Chiese e Comunità cristiane. La Chiesa cattolica, pur non essendo membro, collabora col Cec in vari modi. Papa Francesco, in un messaggio per l’occasione, ha ribadito “l’impegno della Chiesa cattolica a continuare la cooperazione di lunga data con il Consiglio”, chiedendo “a tutti coloro che seguono Cristo di intensificare la preghiera e la cooperazione a servizio del Vangelo”. Per un commento sul messaggio del Papa, Philippa Hitchen ha sentito il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, presente all’appuntamento di Busan:

    R. – Der Heilige Vater hat natürlich alle begrüßt die hier teilnehmen und hat versprochen, …
    Naturalmente, il Santo Padre ha salutato tutti i presenti ed ha promesso che la collaborazione con il Consiglio Ecumenico delle Chiese debba proseguire nello stesso modo serio come è stato finora, affermando che possiamo ulteriormente approfondire la collaborazione, ma anche che abbiamo bisogno di una nuova visione dell’ecumenismo e dell’unità. Poi ha fatto riferimento soprattutto al tema di questa assemblea plenaria “Dio della vita, portaci alla pace e alla giustizia” ed ha posto un accento particolare sul fatto che nella fede in Dio, nella fede cristiana in Dio è riposta la dignità della persona e che noi dobbiamo impegnarci per la vita delle persone, soprattutto dei più deboli e dei più poveri, dei poveri, dei giovani, degli anziani, dei rifugiati e dei migranti.

    D. – E’ vero che non tutti vedono nell’ecumenismo una parte importante della missione della Chiesa. Cosa possiamo ritenere da questo incontro di Busan che possa aiutarci a convincere le persone che dobbiamo lavorare più intensamente per superare le divisioni?

    R. – Ich glaube, wir haben in allen Kirchen und in allen Orten Leute die sich sehr …
    Credo che in tutte le Chiese e in tutti i luoghi ci siano persone che si impegnano molto nel campo dell’ecumenismo e, dall'altra parte, persone indifferenti. Qui in Corea ho avuto incontri in cui ho percepito grande nostalgia e grande speranza verso una maggiore unità. Ovviamente, questi sentimenti nascono sul desiderio di questo popolo di poter diventare finalmente un unico popolo, tra Corea del Nord e Corea del Sud: la speranza è molto forte. Per questo sperano anche tantissimo che l’unità dei cristiani possa dare un forte contributo a questo processo di unificazione.

    D. – Lei auspica una più ampia collaborazione tra la Chiesa cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese, forse un ruolo più esplicito nella formazione di questa visione sul cammino dell’unità?

    R. – Ich glaube, wir sind auf einem guten Weg weil wir doch zwei Wege gehen, …
    Credo che siamo su una buona strada: in realtà, percorriamo due vie, da molto tempo, ormai. In primo luogo, la collaborazione nel campo di “Faith and Order”, che si occupa sostanzialmente degli aspetti della teologia, della fede e della costituzione della Chiesa e che ha prodotto anche un noto documento sulla Chiesa. Poi, collaboriamo nella “Joint Working Group”, nel gruppo di lavoro comune: questo è un lavoro molto intenso tra il Consiglio Ecumenico delle Chiese e la Chiesa cattolica. Abbiamo rapporti molto buoni e cordiali con il segretario generale del Consiglio e spero che riusciremo a portare avanti e ad approfondire tutto questo nel futuro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il prossimo febbraio, nella festa della Cattedra di San Pietro, il Papa creerà nuovi cardinali.

    Due icone e una domanda: Messa del Pontefice sulla tomba di Giovanni Paolo II nella Basilica Vaticana.

    La carezza di Dio: parlando al Circolo San Pietro Papa Francesco invita all'impegno personale contro la povertà.

    La vergogna della tratta: intervista di Silvina Perez a Gustavo Vera, della Fundacion Alameda, alla vigilia del convegno in Vaticano (2 e 3 novembre).

    Angela da Foligno e il suo lungo cammino: il vescovo di Foligno, Gualtiero Sigismondi, e Mario Sensi sulla mistica canonizzata da Papa Francesco lo scorso 9 ottobre.

    Porta speciosa: Giulia Galeotti sull'inaugurazione, domani a Camaldoli nella festa di Ognissanti, dell'opera di Claudio Parmiggiani.

    Nell'informazione internazionale, la visita in Kuwait dell'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato.

    Gabriele Nicolò sulla missione del premier Nouri Al Maliki a Washington per cercare risposte alla crisi irachena.

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    Oggi in Primo Piano



    Iraq, nuova strage. Mons. Sako: islam vuole il dialogo per ristabilire la pace

    ◊   Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, riceve oggi a Washington il primo ministro iracheno, Nuri al-Maliki, giunto alla Casa Bianca per cercare soluzioni alla più grave escalation di violenza registratosi nel Paese dal 2008 con oltre settemila morti dall'inizio dell'anno. Anche oggi la notizia di almeno 12 persone uccise in attentati condotti tra Baghdad e il nord del Paese. Intanto, l’appello per la pace in Iraq, pronunciato ieri all’Angelus domenicale da papa Francesco, ha suscitato apprezzamento proprio nel Paese del Golfo. Ricordiamo che la Santa Sede ha annunciato l’istituzione di un Comitato permanente di dialogo tra le comunità religiose irachene. Iniziativa, questa, che si affianca alla proposta sciita di aprire un confronto tra le realtà del Paese. Marie Duhamel ne ha parlato con Sua Beatitudine, Louis Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei:

    "Veramente, è la prima volta che in Iraq questa iniziativa del dialogo viene dai musulmani. Sono loro che hanno chiesto di poter avere un dialogo con la Santa Sede. Il gruppo sciita ha invitato anche alcune autorità sunnite e cristiane. Questa presa di coscienza verso l’importanza del dialogo è molto importante: vuol dire che non c’è soluzione alla crisi attraverso la violenza, la distruzione, la guerra, ma solo il dialogo. Un dialogo equilibrato e capace di aiutare a vedere il bene comune, per realizzare la convivenza tra tutta la comunità, nonostante le diverse appartenenze religiose o etniche differenti. Bisogna rispettare tutti e tutti sono uguali davanti alla Costituzione. Tutti hanno diritto di essere liberi e di essere rispettati. Penso che questi valori debbano essere molto apprezzati".

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    Amazzonia: mons. Frigeni, la Chiesa ha la responsabilità di difendere Indios e ambiente

    ◊   Si conclude oggi a Manaus, capitale dello Stato brasiliano di Amazonas, il primo incontro della Chiesa cattolica dell’Amazzonia, che ha riunito vescovi, laici, coordinatori pastorali, responsabili di varie istituzioni della Conferenza episcopale brasiliana. Ai lavori, a cui ha partecipato anche il presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia, il card. Cláudio Hummes, arcivescovo emerito di Sao Paulo, si è fatto il punto sulla realtà politica, sociale, economica, culturale e religiosa della regione; in primo piano, il ruolo della Chiesa nella promozione e nella difesa degli abitanti e dell’ambiente amazzonici. La nostra inviata a Manaus Cristiane Murray ha intervistato mons. Giuliano Frigeni, vescovo di Parintins, nel basso Amazonas:

    R. - Sono il quarto vescovo di Parintins e arrivo dopo 50 anni di storia di evangelizzazione in quell’area, dove i miei predecessori hanno creato tantissime comunità lungo i fiumi e i laghi. Sono cresciute delle cittadine che inizialmente contavano tre - quattromila abitanti e ora ne contano 30 - 40 mila. È la naturale urbanizzazione di quelli che, vivendo lungo i fiumi, poi riescono ad avere una casa in città. E dopo una, due, tre o più ore di barca possono tornare presso il loro terreno nella foresta, in un equilibrio tra l’urbano e il rurale.

    D. - Di cosa si è discusso ai lavori?

    R. - In questo primo incontro in Amazzonia è come se fossero arrivate tutte le notizie di questi ultimi anni: dal lavoro che si fa con gli Indios, ai grandi progetti economici, al drammatico problema dl disboscamento della foresta amazzonica. Dicono che nello Stato dell’Amazzonia non avviene questa pratica, ma io stesso ho ricevuto 750 metri cubi di legno pregiato da distribuire alle comunità: qualcuno aveva tagliato illegalmente della legna da destinare alla costruzione, che poi è stata sequestrata dalle autorità e destinata appunto alla ridistribuzione. Si trattava di una chiatta che conteneva questo carico di legna, ma chissà quanti di questi carichi riescono a superare i controlli… E ciò accade nella piccola città in cui mi trovo, figuriamoci altrove. Poi in questi giorni c’è stata la questione delle famose centrali idroelettriche: tra l’altro, per vari anni mi sono occupato di quella di Balbina, a 160 km da Manaus, perché andavo a celebrare la Messa per i quattromila operai. Lì c’è una diga che, in quanto a produzione elettrica, ha dato un risultato veramente ridicolo per le necessità di Manaus. Per non parlare del disastro ecologico provocato e dell’aera abitata da un popolo indigeno locale che è stata pregiudicata: è vero, la popolazione è stata ricompensata con del denaro, ma il denaro però non riesce a ricompensare il modo con cui per secoli o millenni l’uomo ha convissuto con l’Amazzonia, senza distruggerla. Abbiamo inoltre riflettuto sui rischi dei grandi progetti estrattivi: gli indios estraggono dalla foresta, però la foresta è così grande che produce e si riproduce; ma la situazione è diversa quando si disbosca e si estrae un tipo di prodotto che serve per il grande commercio, per i grandi guadagni in poco tempo.

    D. – Allora qual è il ruolo della Chiesa in questo contesto?

    R. - Ci troviamo davanti una responsabilità grandissima. Come Chiesa, come sacerdoti, laici, vescovi noi siamo presenti praticamente in tutti gli angoli, arriviamo in tutti i posti. E allora dobbiamo preoccuparci di far capire cos’è il Vangelo. Il Vangelo è proprio Dio che si è fatto uomo e si è interessato dell’uomo. Quindi non possiamo assolutamente ignorare ciò che sta avvenendo con l’uomo, non soltanto in Amazzonia, ma in Brasile, in l’America Latina e nel mondo intero.

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    L'Ucsi ricorda 5 donne uccise in Somalia per l'impegno in favore della popolazione

    ◊   “Le 5 donne di Somalia”: è il titolo del dibattito che, stamattina a Roma, ha ricordato la volontaria Annalena Tonelli, suor Leonella Sgorbati, la giornalista Ilaria Alpi, la dottoressa Graziella Fumagalli, la crocerossina Maria Cristina Luinetti, che in vicende diverse hanno dato la vita nell'arco degli ultimi 20 anni nel Paese africano, svolgendo ognuna la propria professione o vocazione missionaria a favore della popolazione. A promuovere l’iniziativa è stato il gruppo Lazio dell’Unione Stampa Cattolica Italiana (Ucsi). Il servizio di Fausta Speranza:

    “Chi si impegna per creare coscienza pubblica del fatto che può esistere una società basata su valori diventa target di violenza, innanzitutto del terrorismo”. Così Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale stampa italiana, ha dato il via al dibattito ospitato proprio dalla Fnsi. La sociologa Elisa Manna ha sottolineato che normalmente i media, troppo presi a raccontare un femminile da soubrette, dimenticano donne come queste impegnate per il bene, in questo caso in un Paese come la Somalia che, in diversi modi, dal colpo di Stato del 1991 non trova vera pace. Suor Matildina Galliano delle Suore della Consolata, che ha trascorso diversi anni in Somalia, racconta il dramma dell'espandersi del fondamentalismo:

    “Le difficoltà sono arrivate quando è cominciata la politica. Poi, il fondamentalismo islamico ha cominciato a crescere in un Paese dove sono comunque tutti musulmani. Il fondamentalismo è stato una cosa disastrosa, che ha portato alla rovina: noi non abbiamo mai potuto dire una parola con la popolazione per quanto riguarda Gesù Cristo. Il vescovo ci obbligò a mettere il crocifisso sotto l’abito perché quando ci incontravano per strada ci dicevano 'cristiani, cristiani' in modo dispregiativo.”

    Suor Matildina ha conosciuto la volontaria Annalena: ne ricorda in particolare l'impegno contro la pratica delle mutilazioni genitali femminili e la gioia evangelica di spendersi per il prossimo. La fede torna nell'impegno di Suor Leonella e di altre delle donne citate. Laica invece la passione per la verità della giornalista Ilaria Alpi. A ricordarla, la collega di Rainews Elisa Marincola che ha sottolineato la sua grande professionalità e l'importanza della sua inchiesta contro gravi contaminazioni ambientali e alcune deviazioni dei meccanismi della cooperazione internazionale. Per tutte, si ricorda l'obiettivo di contribuire a una società migliore. Miela Fagiolo D’Attilio, che ha scritto un libro dedicato alla volontaria Tonelli, ricordandone alcuni insegnamenti dai quali emerge la consapevolezza del rischio della morte. Ma dopo anni di sangue versato, in Somalia sembra aprirsi uno spiraglio di luce, come ci spiega Silvio Tessari della Caritas italiana:

    R. – Con un cauto ottimismo si può affermare che c’è un certo miglioramento: dal settembre dell’anno scorso, quando è stato eletto il nuovo presidente della Repubblica, che ha un vasto consenso, indubbiamente la situazione è un po’ migliorata. C’è una piccola avvisaglia positiva: l’amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti, monsignor Giorgio Bertin, è potuto recarsi quest’anno ben 4 volte a Mogadiscio per vedere quel po’ che la Caritas Somala, nonostante tutto, è riuscita a fare con piccoli gruppi. Ha anche avuto contatti con alcuni ministri, i quali non vedono l’ora che la situazione si calmi dopo 20 anni e più di confusione e violenze. C’è una certa speranza. Penso si possa condividere questa speranza, si possa auspicare che le cose migliorino veramente.

    D. – Cosa dire del controllo del territorio e soprattutto della lotta contro il fondamentalismo?

    R. – Il controllo del territorio è ancora incompleto, a macchia di leopardo: ci sono zone in mano ai banditi, i famosi shaabab ma non solo loro. È chiaro che dove non c’è una presenza istituzionale, anche dal punto di vista della sicurezza, il banditismo ha via libera. Bisogna aiutare il governo attuale – e naturalmente la comunità internazionale dovrebbe aiutarlo – a mantenere il controllo del territorio. È il minimo che bisogna chiedere a un governo. In quanto al fondamentalismo, è un "buco nero": è presente in Somalia, anche se i somali non sono di tendenza fondamentalista. Quindi, c’è una presenza tenuta su molto probabilmente dall’estero, da forze esterne, perché il fondamentalismo pesca nel torbido, pesca nella violenza, nelle sequele della siccità che fino all’anno scorso hanno colpito moltissimo la Somalia. Credo, però, che se tornasse la pace, dopo 20 anni di anarchia, anche il fondamentalismo avrebbe poca vita.

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    Nelle diocesi italiane musica, testimonianze e preghiera per vivere la "Notte dei Santi"

    ◊   Alla vigilia della di festa Ognissanti, nelle diocesi italiane si stanno creando iniziative per proporre ai ragazzi il senso di questa ricorrenza cristiana, in una società dove invece il 31 ottobre sta sempre più diventando la notte di Halloween. Tanti, dunque, gli eventi nella Chiesa, che ripercorriamo con il servizio di Debora Donnini:

    Musica, preghiera e adorazione eucaristica: così i giovani cattolici vivono la "Notte dei Santi". Roma, Torino, Venezia, Pistoia e altre le città che hanno messo in piedi iniziative per “valorizzare questa notte alla luce della fede cristiana, della speranza e della testimonianza dei santi”, afferma don Luca Ramello, direttore dell’Ufficio giovani dell’arcidiocesi di Torino. Tema dell’evento è quest’anno a Torino: “Generati da Dio”, luogo dell’incontro il centro della città piemontese, dove un popolo di giovani attraverserà piazza Vittorio fino alla Chiesa della Gran Madre di Dio, come racconta don Ramello al microfono di Luca Collodi:

    “La prospettiva è quella di attraversare questa piazza in maniera lieta, serena. La Chiesa della Gran Madre sarà illuminata con effetti un po’ speciali, a indicare il senso luminoso del nostro cammino. E il messaggio sarà quello di di un popolo di giovani che cammina nella notte, portando nel cuore la letizia del Vangelo per coinvolgere quelli che incontra per la strada, altri ragazzi, in questo cammino. Quindi, non un camminare ‘contro’, ma un camminare ‘con’. In una festa in cui si rischia di parlare più di morte che di vita, noi vorremmo rileggere la santità in questa prospettiva della ‘generazione’. Noi vivremo la Notte dei Santi con questa prospettiva: il Santo è colui che, generato da Dio, dalla sua Grazia, è capace di generare vita secondo le varie forme della vocazione cristiana. Quindi, una notte per affermare la bellezza della vita generata”.

    Alla Notte dei Santi, al Teatro Don Orione di Roma, il concerto dei The Sun e l’adorazione eucaristica. Luca Collodi ha intervistato Francesco d’Orazio, responsabile della Notte dei Santi della diocesi di Palestrina che, assieme alla Comunità Nuovi Orizzonti, alla Comunità Gesù Risorto e all’ Azione Cattolica Italiana, ha organizzato l’evento:

    R. – La serata è stata pensata con un mix di musica, tematiche cristiane e sociali, positive. In questo mix di musica abbiamo voluto anche portare la visione dei Santi. Abbiamo scelto due figure molto, molto attuali, perché una è Chiara Luce Badano, che in realtà è beatificata, e l’altro è Pier Giorgio Frassati, anche lui beatificato. Dopodiché, vivremo l’Adorazione eucaristica, sempre in teatro, con tutta l’animazione curata da noi e dalla Comunità Gesù Risorto.

    D. – Nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre, noi pensiamo a tanti bambini che si vestono un po’ da fantasmi, un po’ da vampiri, che vanno a bussare alle porte degli adulti per chiedere dei dolcetti. Ora, messa così, questa tradizione sembra abbastanza inoffensiva, sembra quasi un gioco…

    R. – Sì, in apparenza sembrerebbe del tutto inoffensiva. In realtà, è la cultura che noi cerchiamo di contrastare. Noi cerchiamo di riproporre una cultura della vita, della luce, contro questa cultura di tenebre, di buio, perché noi crediamo, come cristiani, che dopo la morte c’è un’altra vita, per cui non vaghiamo in questo mondo alla ricerca di una pace come vuol farci passare la cultura di Halloween. Noi, in realtà, sappiamo che dopo il nostro passaggio in questa vita, dopo la morte, ci sarà la risurrezione insieme a Gesù. Quindi, il messaggio è completamente differente: il messaggio di Halloween è tendenzialmente un messaggio di dispersione delle anime che vagano nel mondo, mentre noi non crediamo a questo. Poi, certo, ci rendiamo conto che la nostra iniziativa è una delle tante che ci sono in Italia, ma dall’altra parte ce ne stanno altrettante che vogliono proporre questa cultura di Halloween che - al di là del business che sta portando e per cui c’è anche una scelta legata al business - porta fondamentale un messaggio che non è proprio giusto per chi ha scelto la via del Signore.

    Perché ora si tende sempre di più ad aiutare i giovani a festeggiare la notte del 31 ottobre in modo cristiano? Luca Collodi lo ha chiesto a Carlo Climati, giornalista e direttore del Laboratorio di Comunicazione presso l’Università Europea di Roma:

    “Perché c’è maggiore consapevolezza del problema di Halloween, che è una festa sempre più popolare. Non è soltanto una festa che si può considerare come un secondo carnevale, in cui la gente si traveste, ma è una festa che dà occasione anche di creare incontri con il mondo dell’occultismo. Intorno ad Halloween, fioriscono le feste nelle discoteche con tematiche esoteriche, dove i ragazzi, oltre a ballare, possono addirittura incontrare dei maghi o dei cartomanti, che hanno una loro postazione. Quindi, partendo da questa esperienza di ballo e di tempo libero, in realtà si avvicinano poi al mondo dell’occultismo. Questo cocktail micidiale che c’è a volte tra un certo tipo di musica, di feste in discoteca e certe suggestioni, in un terreno come quello di oggi – che è un terreno di incomunicabilità, di sofferenza, di disagio sociale, di famiglie distrutte, di giovani che non hanno punti di riferimento – può stimolare un avvicinamento molto più forte al mondo dell’occultismo e del satanismo, che diventa una risposta e colma dei vuoti. Quindi è bene – ed io sono veramente contento – che ci siano queste belle iniziative, in cui si propone una visione diversa di questa festa: si propone la luce al posto dell’oscurità e si recupera la nostra vera tradizione, la tradizione dei santi e della commemorazione dei defunti”.

    Richiamare il senso cristiano della vigilia di Ognissanti, senza restare culturalmente passivi, è anche una possibile risposta all’invito di Papa Francesco a non essere “cristiani all’acqua di rose”. Su cosa questa festa rappresenti per un cristiano, Cecilia Sabelli ha intervistato mons. Marek Jedraszewski, arcivescovo metropolita di Lodz, in Polonia:

    R. - Per noi, naturalmente la festa di Ognissanti è la celebrazione della verità. Tutti noi, nel corso della vita, andiamo verso l’incontro con Cristo, con quel Padre che ha dimore per noi preparate. Noi vorremmo già prepararci al momento in cui si deciderà la nostra eternità, momento in cui, in un certo senso, si compirà tutto quello che ha così perfettamente dipinto Michelangelo nella Cappella Sistina: naturalmente noi vorremmo stare alla destra del Signore per entrare con Lui nella gioia eterna. Quella è la fine della nostra vita, iniziata al momento del Battesimo, e questa è proprio quella verità che dobbiamo celebrare e insieme pregare per la grazia della salvezza eterna. Nel giorno che segue la festa di Ognissanti, si celebra la Commemorazione di tutti i fedeli defunti: è nostro dovere ricordarli ed esprimere il nostro amore solidale verso quelli che adesso si trovano in Purgatorio per poi entrare nella Gloria di Dio. Loro si stanno preparando a questo momento e noi li possiamo aiutare con le nostre preghiere e le nostre buone azioni. Per questo motivo, pregare per loro è indispensabile soprattutto quando andiamo presso le tombe dei nostri defunti: genitori, amici, tutti quelli che erano per noi una “grazia”.

    D. – Ma come si può riportare Cristo al centro della vigilia di Tutti i Santi: quali idee e risorse suggerisce alle famiglie e alle comunità?

    R. – Posso dire cosa faccio io: nella mia cattedrale, durante la notte che precede la celebrazione della festa di Ognissanti, arriverà una grande folla di giovani per la commemorazione dei Santi. Bisogna comunque sempre ricordare che Halloween è una festa pagana e perciò anti-cristiana. Bisogna fare un grande sforzo educativo, anche per i bambini, per far capire che quel costume che si sta diffondendo in Europa affonda le sue radici nel mondo passato, di tanti secoli fa: un mondo pagano, che non si accorda per niente con la visione piena di gioia e speranza, che ci ha dato Gesù Cristo.

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    Rapporto Caritas: Bologna non è più "sazia e disperata", nuovi poveri causati dal sisma 2012

    ◊   La casa e il cibo: due coordinate chiare per tracciare il grafico della povertà sociale. Dalla ricca Bologna arriva una fotografia allarmante sugli effetti della recente e prolungata crisi finanziaria. I dati presentati ieri dalla Caritas, dalla Provincia e dalle associazioni regionali gettano luce sul disagio economico in cui versano le famiglie del territorio. E il sisma del maggio 2012 non ha di certo aiutato la ripresa, pur offrendo qualche chance di riscatto. Il servizio di Luca Tentori.

    Un salto indietro di trent’anni. Le mense della Caritas bolognese tornano a registrare le percentuali degli anni Ottanta, dove la maggior parte degli ospiti erano italiani. In due anni, la situazione si è rovesciata e gli stranieri dal 70% sono passati a poco meno del 40%. Preoccupa il costante abbassamento dell’età media di chi bussa alle porte della Caritas: 45 anni. Correva l’anno 1985 quando l’allora arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Biffi, definì la città “sazia e disperata”. Due aggettivi che entrarono ben presto nel lessico nazionale. Ma a vent’anni di distanza, morso dalla crisi, il produttivo capoluogo emiliano si è risvegliato molto meno sazio. Con l’aggravante, secondo l’analisi del cardinale Caffarra, attuale arcivescovo di Bologna, di un “sistema imploso” e di “una società scompaginata”.

    Il terremoto, a un anno e mezzo di distanza, ha lasciato il terreno a macchie di leopardo con zone di ripresa e fabbriche destinate invece a non riaprire più. L’impegno assistenziale della Chiesa oggi in quelle terre con “nuove povertà da terremoto”, nelle parole del direttore della Caritas diocesana, Paolo Mengoli:

    “Abbiamo attivato una serie di provvidenze per famiglie terremotate per le caritas parrocchiali che si sono quantificate complessivamente in circa 960 mila euro, a partire dal giorno del terremoto ad oggi. I nuovi poveri sono coloro che hanno perso il lavoro per il crollo dei capannoni in una zona industriale molto importante per l’economia italiana”.

    In tutta la regione le cose non vanno meglio: secondo il quadro di “Coldiretti Emilia Romagna” sono più di 228 mila i cittadini che nei primi 9 mesi del 2013 hanno dovuto chiedere un sostegno per mangiare, con un aumento del 14% rispetto al 2012 e del 40% rispetto al 2010. L’assistenza per il nutrimento comprende nel dettaglio una voce drammatica: 27 mila bambini di età inferiore ai 5 anni e 24.500 anziani over 65.

    Il lavoro che non c’è porta a fare i conti anche con l’emergenza sfratti. E’ nata proprio la scorsa settimana a Bologna, per venire incontro a questa nuova piaga sociale, l’Agenzia metropolitana degli affitti coordinata dalla Provincia. Garantisce alle famiglie bisognose un alloggio da privati a equo canone e le assicura per una morosità di 6 mesi. Ma i dati sono chiari: in 10 anni, il numero di sfratti nei 60 Comuni della provincia sono triplicati, arrivando nel 2012 a coinvolgere 1600 famiglie.

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    Vent'anni fa moriva Federico Fellini

    ◊   Esattamente vent’anni fa moriva Federico Fellini. Nato a Rimini nel 1920, è stato autore di una lunga serie di capolavori, conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo. Quattro gli Oscar vinti, l’ultimo dei quali - assegnatogli dall’Accademy Awards nel 1993 - è sicuramente il più prestigioso: quello alla carriera. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Sono vent’anni che Federico Fellini se n’è andato. Il suo modo onirico di guardare e raccontare il mondo, invece, no; quello resta per sempre, così come resteranno per sempre i suoi film. Poesie in immagini, capaci di trasportare chiunque in un mondo che era il suo mondo, il suo modo di intenderlo. Fellini seppe raccontare il rigore, la semplicità e l’umanità della provincia italiana, arricchendola di personaggi e luoghi al limite della realtà. Quasi caricature di una quotidianità mai banale; quotidianità fatta anche di malinconia, solitudine, inquietudine. Tutti aspetti di un’Italia divenuta, anche grazie al maestro di Rimini, patrimonio del mondo.

    "Amarcord", le "Notti di Cabiria", La "Dolce Vita", "Otto e mezzo" sono solo alcuni dei suoi lavori. Difficile, difficilissimo definire il suo capolavoro assoluto, perché tutti lo sono; perché tutti sono unici, irripetibili, mai banali. E poi come tralasciare la sua spiritualità, per lungo tempo criticata e avversata. La sua fede, anch’essa così semplice, genuina, trasmessagli dalla madre, Ida Barbiani, che soffrì non poco per le critiche riservate al figlio in ambito ecclesiale dopo l’uscita de “La dolce Vita”. Critiche che ferirono profondamente anche lo stesso Federico Fellini, poi riabilitato grazie a padre Angelo Arpa, critico cinematografico della rivista dei Gesuiti, Civiltà Cattolica. Angelo Arpa, amico personale del regista, che conobbe la sua arte vivendola sui set, nelle sale di montaggio, nelle riunioni delle produzioni, condividendo anche il cestino del pranzo con troupe e figuranti. Una fede pura, quella di Fellini, riconosciuta anche da Papa Francesco, che ha definito “La Strada” il film più bello e più francescano.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: sigillati i siti delle armi chimiche, rispettato accordo Usa-Russia

    ◊   Il regime siriano ha rispettato la scadenza del 2 novembre per la prima fase dello smantellamento delle armi chimiche, previsto dall'accordo tra Stati Uniti e Russia sulla distruzione delle armi chimiche. L'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac) ha annunciato che tutto l'arsenale di cui ha dato comunicazione il regime siriano è stato sigillato dagli ispettori. Al momento le armi e gli agenti chimici sotto controllo sono inutilizzabili, perché i sigilli "sono a prova di manomissione", ha sottolineato l'Opac. Si tratta di "1000 tonnellate di agenti chimici utilizzabili per preparare armi, e 290 tonnellate di armi chimiche", ha spiegato il portavoce Christian Chartier, aggiungendo che "queste armi e questi agenti resteranno nei loro siti, non siamo ancora alla fase di rimozione". L'Opac ha anche annunciato che tutte le attrezzature per la produzione delle armi chimiche in Siria sono state distrutte. Sul fronte politico si continua a lavorare in vista della Conferenza di pace Ginevra-2, anche se la scadenza del 23 novembre si avvicina, ma appare difficile portare intorno al tavolo una valida rappresentanza dell'opposizione siriana. Oggi la Russia ha fatto sapere che alla guida del Paese accetterebbe qualsiasi persona che abbia la fiducia del suo popolo. Il vice ministro degli Esteri Mikhail Bogdanov ha spiegato che Mosca, "nel rispetto dei principi del diritto internazionale e della Carta Onu, non interferisce mai nella questioni interne di uno Stato sovrano. Accettiamo al posto di presidente siriano qualsiasi figura, se questa gode di un'adeguata fiducia da parte della popolazione", ha affermato. Intanto, un fotoreporter polacco, Marcin Suder, sequestrato lo scorso luglio, è riuscito a fuggire ed è già stato rimpatriato. Ne ha dato notizia il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, nel suo account su Twitter. Giornalista indipendente che collabora con diversi mezzi di informazioni, Suder era stato sequestrato il 24 luglio nella provincia di Idlib, nel nord-ovest della Siria, probabilmente da un gruppo islamista. Un commando di una quindicina di uomini armati e con il volto coperto lo aveva prelevato da un centro stampa nel villaggio di Saraqeb. Il rapimento non era mai stato rivendicato.

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    Siria. Fosse comuni a Sadad: uccisi 45 cristiani dalle milizie islamiche

    ◊   Sono stati rinvenuti in due distinte fosse comuni i corpi di 30 civili cristiani, inclusi donne e bambini, uccisi dalle milizie islamiste nella città di Sadad. E, nel complesso, i civili cristiani uccisi nella cittadina a metà strada fra Homs e Damasco sono 45. E’ quanto comunica all’agenzia Fides il patriarcato siro ortodosso di Damasco. La città di Sadad, insediamento cristiano, è stata invasa e occupata dalle milizie islamiste il 21 ottobre ed è stata riconquistata nei giorni scorsi dall’esercito regolare siriano. I rappresentanti del patriarcato e le famiglie delle vittime, rientrati in città, vi hanno trovato, nell’orrore generale, due fosse comuni, dove hanno rinvenuto i cadaveri dei loro parenti e amici. In una atmosfera di lutto, sdegno e commozione, i funerali dei 30 cristiani sono stati celebrati dall’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh, metropolita siro-ortodosso di Homs e Hama, che ha fornito a Fides l’elenco delle vittime. Secondo il racconto di testimoni oculari, molti dei civili sono stati uccisi dai miliziani delle bande di “Al- Nusra” e “Daash” mentre cercavano di fuggire o di mettersi in salvo, il giorno dell’invasione improvvisa. La città risulta oggi del tutto distrutta e saccheggiata. Alcuni dei militanti che hanno invaso la città si erano rintanati nella chiesa siro-ortodossa di San Teodoro, che è stata profanata. Sadad è un antico villaggio siriaco risalente al 2000 a. C., situato nella regione del Qalamoon, a nord di Damasco, caratterizzato da chiese, templi, icone storiche e siti archeologici. “Quello avvenuto a Sadad è il più grave e ampio massacro di cristiani avvenuto in Siria da due anni e mezzo”: ha detto a Fides l’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh. “I civili innocenti, martirizzati senza alcun motivo, sono 45 e le persone scomparse sono tuttora 10. Per una settimana, 1.500 famiglie sono state tenute come ostaggi e scudi umani. Fra loro bambini, vecchi, giovani, uomini e donne. Alcuni di loro sono fuggiti a piedi percorrendo 8 km da Sadad ad Al-Hafer per trovare rifugio. Circa 2.500 famiglie sono fuggite da Sadad, portando con sé solo i vestiti che avevano indosso, a causa dell’irruzione dei gruppi armati e oggi sono profughi sparsi tra Damasco, Homs, Fayrouza, Zaydal, Maskane, e Al-Fhayle”. L’arcivescovo prosegue manifestando tutta la sua amarezza: “In città mancano del tutto elettricità, acqua e telefono. Tutte le case di Sadad sono state derubate, e le proprietà saccheggiate. Le chiese sono danneggiate e dissacrate, private di libri antichi e arredi preziosi, imbrattate di scritte contro il cristianesimo. Le scuole, gli edifici governativi, gli edifici comunali sono distrutti, insieme con l'ufficio postale, l'ospedale e la clinica. Ai bambini di Sadad è stato rubato il futuro. Molte case non potranno nemmeno essere ricostruite”. L’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh conclude: “Abbiamo gridato soccorso al mondo ma nessuno ci ha ascoltati. Dov'è la coscienza cristiana? Dov'è la coscienza umana ? Dove sono i miei fratelli? Penso a tutte le persone sofferenti, oggi nel lutto e nel disagio: ho un nodo alla gola e mi piange il cuore per quanto è successo nella mia arcidiocesi. Quale sarà il nostro futuro? Chiediamo a tutti di pregare per noi”. (R.P.)

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    Ankara smentisce: i vescovi siriani rapiti non sono in Turchia

    ◊   Il Ministero degli Esteri turco ha definito “infondate e fuorvianti” le illazioni fatte circolare negli ultimi giorni secondo cui i due vescovi metropoliti di Aleppo rapiti lo scorso aprile sarebbero tenuti sotto sequestro da militanti ceceni fuori dalla Siria, in territorio turco, con la copertura dei servizi segreti di Ankara. La secca smentita, rilanciata dalle agenzie turche e ripresa dall'agenzia Fides, si riferisce alle voci di seconda mano rimbalzate da Mosca – e riprese da alcuni media internazionali – dove la vicepresidente della Società Imperiale Ortodossa di Palestina Elena Agapova aveva attribuito le ipotesi sulla sorte dei due vescovi rapiti al Gran Mufti di Damasco Ahmad Badreddin Hassoun, che il 28 ottobre nella capitale russa aveva incontrato i rappresentanti della Società Imperiale. Secondo la stampa turca, anche i servizi segreti di Ankara starebbero lavorando per ottenere la liberazione dei due vescovi siriani – il greco ortodosso Boulos al-Yazigi e il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim – rapiti lo scorso 22 aprile, e il cui sequestro non è stato mai rivendicato da nessuna delle sigle operanti sullo scenario del conflitto egiziano. La Società Imperiale Ortodossa di Palestina, fondata nel 1882 dallo Zar Alessandro III anche per rafforzare la presenza della Russia zarista in Medio Oriente, fu chiusa dopo la Rivoluzione del 1917, ma dal 1992 è stata di nuovo registrata presso le autorità russe con il suo nome storico. (R.P.)

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    Myanmar: avviato il dialogo di pace tra governo ed etnie

    ◊   Iniziata ieri, si concluderà domani a Laiza, capitale dello Stato di Kachin, la conferenza convocata per discutere una bozza di cessate-il-fuoco nazionale proposto dal governo alle minoranze e, se possibile, per arrivare a un consenso. La prima giornata - riferisce l'agenzia Misna - è stata dedicata alla revisione dei vari accordi firmati finora tra il governo centrale birmano e i gruppi che per molti anni hanno difeso con le armi la propria identità e i propri diritti. Come confermato da Khun Oakka, segretario del Consiglio federato delle nazionalità unite, organizzazione-ombrello di 12 gruppi ribelli, oggi si entrerà nel vivo dell’esame della proposta delle autorità birmane. La tre-giorni di colloqui è un’iniziativa attesa da tempo per risolvere uno gli ostacoli che ancora restano sulla strada delle riforme e della pacificazione nazionale intrapresa nel marzo 2011 dal presidente Thein Sein. Negli ultimi due anni, il governo di Naypyidaw ha firmato accordi separati con quasi la metà dei gruppi ribelli e annunciato la volontà di arrivare a un cessate-il-fuoco definitivo e condiviso all’inizio del 2014. Un’iniziativa fortemente sollecitata dalle diplomazie internazionali. La maggioranza dei gruppi etnici che da decenni combattono per l’autonomia, come Karen, Kachin, Shan e Mon, hanno deciso di accettare una soluzione politica, se questa garantirà una parziale auto-determinazione e il controllo delle proprie risorse naturali. Esistono, tuttavia, ancora posizioni contrarie a un unico accordo. (R.P.)

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    Centrafrica: nell'est è emergenza umanitaria, cinquemila civili nel vescovado di Bouar

    ◊   Circa 5 mila persone sono rifugiate da qualche giorno nel vescovato di Bouar, nel Centrafrica, dopo i violenti scontri di sabato scorso. Uomini delle milizie anti-balakas (anti-machete) pesantemente armati hanno accerchiato la località di 40 mila abitanti entrando in conflitto con i soldati dell’esercito e causando la fuga di più di 6 mila civili. Almeno 12 i morti e diversi i feriti. A Bouar, il missionario betharramita Beniamino Gusmeroli, nei giorni scorsi aveva accolto nella missione di Fatima diverse persone in fuga dai combattimenti. “Abbiamo cercato di dare loro assistenza come potevamo, donando loro acqua, un piatto di riso e di zucca. In tutte le stanza della missione, nella cappella nei corridoi cucina lavanderia, erano stipati come potevano per passare la notte” racconta il missionario all'agenzia Fides. “Adesso queste persone sono rientrate a casa ma nella cattedrale di St Laurent ci sono ancore centinaia di sfollati, che sono assistiti da Medecins Sans Frontière perché la situazione igienica rischiava di degenerare. La Fomac ha assicurato loro che potranno presto rientrare a casa perché la situazione è ormai stabile”. Nelle ultime settimane a Bouar gruppi di ribelli che si rifiutano di disarmare continuano a uccidere, rubare e saccheggiare, spingendo la popolazione ad organizzarsi in milizie. A sette mesi dal colpo di Stato, le nuove autorità di transizione non riescono a ristabilire l’ordine nell’ex colonia francese. Se la situazione è in via di miglioramento a Bangui, la capitale, soprattutto grazie al dispiegamento di soldati di altri Paesi africani, si è invece deteriorata nelle regioni occidentali e settentrionali, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria. Bouar da sabato è una città fantasma, dalle strade vuote, mentre è emergenza nella sede vescovile dove è stato anche allestito un piccolo Centro medico. Ma ogni giorno che passa diventa sempre più difficile provvedere al cibo, ai beni di prima necessità e agli alloggi. Per questo la Chiesa locale, riferisce il portale www.rfi.fr, ha chiesto aiuti per assistere i rifugiati che continuano ad aumentare di giorno in giorno. (T.C.)

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    Congo, Nord Kivu: i ribelli si ritirano in Uganda

    ◊   L’esercito della Repubblica Democratica del Congo ha occupato ieri pomeriggio Bunagana, una località strategica al confine con l’Uganda, a lungo sotto il controllo dei ribelli del Movimento 23 marzo (M23). Secondo Lambert Mende, portavoce del governo di Kinshasa - riferisce l'agenzia Misna - alcune unità dell’M23 si sono ritirate sulle colline di Mbuzi e Chanzu, nella provincia congolese del Nord Kivu, mentre altri gruppi si sono rifugiati in Uganda. Stando a questa versione, a varcare il confine è stato anche il capo politico dei ribelli, Bertrand Bisimwa. La caduta di Bunagana è stata confermata sia da ufficiali dell’esercito di Kinshasa che da rappresentanti della missione delle Nazioni Unite in Congo, la Monusco. Per lo più di etnia tutsi, i ribelli dell’M23 hanno preso le armi nell’aprile dello scorso anno denunciando il mancato rispetto di un accordo di pace risalente al 2009. Le Nazioni Unite e il governo congolese sostengono che il gruppo è appoggiato dall’Uganda e dal Rwanda, un’accusa che Kampala e Kigali hanno sempre respinto. (R.P.)

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    Panama: sacerdote ucciso in pieno giorno davanti alla casa del vescovo

    ◊   La comunità cattolica di Colon (Panama) è costernata per la morte del sacerdote Anibal Gomez (67 anni), di origine spagnola, il cui corpo è stato trovato intorno alle ore 13 (ora locale) di ieri, all'ingresso dell’abitazione del vescovo emerito della diocesi di Colón-Kuna Yala, mons. Carlos María Ariz Bolea, che non era in casa. Secondo fonti locali dell’agenzia Fides, si presume che il motivo dell’assassinio sia stato la rapina, in quanto il sacerdote aveva dei lividi, era stato legato ed è morto a causa di una grande ferita di arma da taglio. L'episodio criminale si è verificato nella zona Davis di Colon, una città considerata particolarmente violenta a causa della delinquenza dilagante. Padre Anibal Gomez era il parroco nella parrocchia Maria Madre di Dio, che si trova nel quartiere José Denominatore Bazan, già Forte Davis. Un sacerdote della zona, padre Teofilo Rodriguez, ha riferito alla stampa locale: "Siamo preoccupati per il livello di violenza a cui stiamo arrivando, vediamo come è stato picchiato a sangue un uomo di Dio. Lo abbiamo trovato con numerose ferite sul corpo e il volto praticamente sfigurato dai colpi". L'arcivescovo di Panama, mons. José Domingo Ulloa Mendieta, ha espresso il suo grande dolore per la morte del sacerdote e la preoccupazione per tali atti di violenza: "E' successo in pieno giorno, tutti dobbiamo riflettere e tutti dobbiamo collaborare per fermare la violenza e gli omicidi che stanno avvenendo". (R.P.)

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    Cile: il pontificato di Papa Francesco e il futuro della Chiesa alla Plenaria dei vescovi

    ◊   Il pontificato di Papa Francesco, il suo messaggio e il suo stile, la preparazione dei nuovi Orientamenti Pastorali della Chiesa cilena per il sessennio 2014-2020 e le prossime elezioni politiche in Cile. Sono questi i punti salienti dell’agenda al centro della 106ª assemblea della Conferenza episcopale cilena che si terrà dal 4 all’8 novembre presso la Casa di Ritiro di Punta de Tralca. Nel corso dei lavori, presieduti dal Presidente uscente mons. Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago del Cile, i presuli discuteranno in particolare delle sfide pastorali che Papa Francesco ha sottoposto all’attenzione dell’episcopato latino-americano durante l’incontro del 28 luglio con i responsabili del Celam a Rio de Janeiro, a cominciare da quella del rinnovamento interno della Chiesa e del dialogo con il mondo di oggi. Altro punto in agenda la preparazione degli Orientamenti Pastorali che dovranno guidare la Chiesa in Cile nei prossimi sei anni. Nella loro elaborazione, i vescovi prenderanno come riferimento le conclusioni della II Assemblea ecclesiale cilena convocata a Santiago dal 12 al 15 giugno scorso, proprio con l’obiettivo di offrire un momento significativo di comunione in cui tutte le realtà ecclesiali con i propri carismi possano contribuire al discernimento del cammino della Chiesa in Cile per i prossimi anni. Durante i lavori, come di consueto, i vescovi cileni faranno poi il punto sull’attuale situazione sociale e politica del Paese, anche in vista delle prossime elezioni politiche del 17 novembre. Infine, l’Assemblea procederà al rinnovo dei membri del Comitato Permanente, tra i quali il Presidente della Conferenza episcopale e di altre cariche direttive. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Luanda: conclusa l’Assemblea della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé

    ◊   Si è conclusa ieri a Luanda la seconda Assemblea annuale della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé (Ceast). Nel documento conclusivo, i vescovi illustrano le decisione prese per il futuro della Chiesa locale. Tra i punti in primo piano nel documento l’emergenza fame nel sud dell’Angola. A questo proposito i presuli hanno “rinnovato la loro solidarietà alle persone che ancora soffrono per la fame e ribadito il loro sostegno alla campagna di aiuto alle popolazioni colpite”. Per altro verso, la Ceast riconosce anche alcuni segnali positivi di crescita in alcune provincie e comuni. I vescovi angolani hanno infine ribadito la loro ferma condanna della profanazione avvenuta domenica scorsa nel Santuario da Muxima, dove 6 persone non identificate hanno compiuto atti vandalici e distrutto alcune immagini della Madonna. (R.B.)

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    Kenya: i media cattolici esortati a rinnovarsi per rimanere al passo con i tempi

    ◊   I media cattolici in Kenya devono “reinventarsi” per rimanere al passo con i rapidi mutamenti nel mondo della comunicazione. È l’appello lanciato da mons. David Kamau, vice-presidente della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale keniana (Kccb), all’apertura dell’assemblea nazionale dei comunicatori cattolici in corso in questi giorni fino al 2 novembre nella capitale Nairobi. “I social network hanno avuto l’effetto di una tempesta nella comunicazione, soprattutto per la velocità con cui fanno arrivare l’informazione e non possiamo rimanere indietro”, ha sottolineato il presule nel suo intervento anticipando anche un nuovo ambizioso progetto allo studio della Chiesa in Kenya nel campo della radiofonia. Entro la fine dell’anno, infatti, è previsto il lancio di otto nuove radio diocesane che si aggiungeranno alle sei esistenti: Radio Waumini (Nairobi), Radio Amani (Nakuru), Radio Maria (Muranga), Radio Akicha (Lodwar) Radio Shahidi (Isiolo) and Radio Thome (Kitui). L’obiettivo - ha spiegato - è di raggiungere tutte le parrocchie e fare della radio il perno dell’evangelizzazione nel Paese. Il presule ha quindi espresso l’auspicio che dalla riunione possano scaturire nuove strategie per una collaborazione più efficace tra comunicatori cattolici keniani: “Dobbiamo condividere le nostre idee ed esperienze. Come ci ricorda spesso il nostro presidente, il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, è ora che il "Gigante Dormiente" si svegli”, ha concluso mons. Kamau. Oltre alle attuali sei emittenti radiofoniche, la Chiesa in Kenya dispone di un mensile a diffusione nazionale, il “National Mirror”, e di un centro di produzione video, l’ “Ukweli Video Productions”, cui sarà affidata la creazione di una stazione televisiva. Le nuove radio cattoliche saranno aperte a Kisumu, Lamu, Marsabit, Kisumu, Eldoret, Maralal, Kabarnet and Nyeri. (A cura di Lisa Zengarini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 304

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