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Sommario del 25/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: le famiglie cristiane siano comunità d’amore, genitori giocate con i vostri figli!
  • Il Papa: la lotta di un cristiano contro il male è anche confessare con sincerità e concretezza i peccati
  • Episcopato è servizio, non onore: così il Papa per l'Ordinazione episcopale di mons. Gloder e mons. Speich
  • Incontro in Vaticano tra il Papa e il presidente della Guinea Equatoriale
  • Il contributo dei papiri nella ricerca sui Vangeli al Simposio sulla ricerca di Joseph Ratzinger
  • In udienza dal Papa i nuovi vescovi Speich e Gloder ordinati ieri
  • Tweet del Papa: cultura dello scarto causa spreco di alimenti e isolamento degli anziani
  • Mons. Parolin lascia l'ospedale per la convalescenza: "Grazie al Papa per la vicinanza"
  • Per il Papa, vicini i 10 milioni di follower su Twitter. Mons. Celli: pillole di speranza nel cammino della vita
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Faccia a faccia Europa-Stati Uniti sullo scandalo delle intercettazioni telefoniche
  • Vertice Ue sull'immigrazione: accordo sulla condivisione della responsabilità
  • Conferenza sull'Africa a Pechino: cooperazione tra gli Stati del continente, chiave dello sviluppo
  • Pakistan: nei colloqui con i talebani anche i vaccini anti-poliomielite
  • 16.mo Convegno Consultori familiari: sostegno educativo e progetti al fianco delle famiglie
  • Movimento dei Focolari: avviata costituzione rete di 40 opere sociali nell'America Latina
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria, appello di un vescovo siro-ortodosso per salvare le popolazioni di Qalamoun
  • Dichiarazioni dei superiori Gesuiti su migrazioni e Siria
  • Rogo di libri cristiani nella città siriana di Raqqa
  • I vescovi del Secam: la tragedia di Lampedusa è anche una responsabilità africana
  • Il cardinale Pell: in Australia nuove sfide legate alle erosioni della libertà religiosa
  • Germania, mons. Zollistch: il lavoro non diventi un ostacolo per le famiglie
  • Dibattito sull’eutanasia: il contributo su Internet dei vescovi canadesi
  • Minori, campagna di sensibilizzazione in Colombia sul dramma del turismo sessuale
  • Attività marittime, il cardinale Bagnasco: servono chiare norme internazionali
  • L’Agenzia per la ricerca sui tumori: l’inquinamento atmosferico è cancerogeno
  • Zambia, concessa ai vescovi l’autorizzazione all'apertura di un’emittente televisiva
  • Arabia Saudita: giornata di protesta contro il divieto di guida per le donne
  • Dedicate ai Paesi arabi le Giornate di studio promosse dal Centro Pio Manzù
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: le famiglie cristiane siano comunità d’amore, genitori giocate con i vostri figli!

    ◊   Le famiglie cristiane si riconoscono dalla fedeltà, dalla testimonianza e dall’apertura alla vita. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza di stamani al Pontificio Consiglio per la Famiglia, in occasione della plenaria del dicastero. Il Pontefice ha messo l’accento sulla dimensione comunitaria della famiglia, che va valorizzata in un tempo che vede il prevalere dei diritti individuali. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal presidente del dicastero per la famiglia, mons. Vincenzo Paglia. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Una “comunità” dove “si impara ad amare”, fatta di volti e persone “che dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita”, specie “quella più fragile”. Papa Francesco tratteggia così l’unicità della famiglia che, aggiunge, si potrebbe definire “senza esagerare”, “il motore del mondo e della storia”. La famiglia, ha proseguito, è il luogo dove “la persona prende coscienza della propria dignità” e, “se l’educazione è cristiana”, riconosce “la dignità di ogni persona, in modo particolare di quella malata, debole, emarginata”:

    “Tutto questo è la comunità-famiglia, che chiede di essere riconosciuta come tale, tanto più oggi, quando prevale la tutela dei diritti individuali. Eh, dobbiamo difendere il diritto di questa comunità: la famiglia! Per questo avete fatto bene a porre una particolare attenzione alla Carta dei Diritti della Famiglia, presentata proprio trent’anni or sono, il 22 ottobre 1983”.

    La famiglia, ha proseguito, si fonda sul matrimonio. Ed ha sottolineato che “gli sposi cristiani testimoniano che il matrimonio, in quanto sacramento, è la base su cui si fonda la famiglia”:

    “Il matrimonio è come se fosse un primo sacramento dell’umano, ove la persona scopre se stessa, si auto-comprende in relazione agli altri e in relazione all’amore che è capace di ricevere e di dare. L’amore sponsale e familiare rivela anche chiaramente la vocazione della persona ad amare in modo unico e per sempre, e che le prove, i sacrifici e le crisi della coppia come della stessa famiglia rappresentano dei passaggi per crescere nel bene, nella verità e nella bellezza”.

    Nel matrimonio, ha osservato, “ci si dona completamente senza calcoli né riserve, condividendo tutto, doni e rinunce”, sempre confidando nella Provvidenza di Dio. E’ questa, ha detto, l’esperienza che “i giovani possono imparare dai genitori e dai nonni”. Si tratta, ha soggiunto, di “un’esperienza di fede in Dio e di fiducia reciproca” ma anche di santità, perché “la santità suppone il donarsi con fedeltà e sacrificio ogni giorno della vita”. Certo, ha riconosciuto, “ci sono problemi nel matrimonio”, “diversi punti di vista, gelosie” e si litiga anche:

    “Ma dire ai giovani sposi che mai finiscano la giornata senza fare la pace fra loro! Il Sacramento del matrimonio viene rinnovato in questo atto di pace dopo una discussione, un malinteso, una gelosia nascosta, anche un peccato. Fare la pace, che dà unità alla famiglia. Ma questo dirlo ai giovani, alle giovani coppie che non è facile andare su questa strada, ma è tanto bella questa strada. Tanto bella! Dirlo!”.

    Il Papa ha quindi messo l’accento su due fasi della vita familiare: “l’infanzia e la vecchiaia”. Ed ha confidato che quando confessa un adulto sposato sempre gli domanda dei figli:

    “'Mi dica signore o signora, lei gioca con i suoi figli?'… 'Come Padre?'. 'Lei perde il tempo con i suoi figli, lei gioca con i suoi figli?'. 'Ma, sa, quando io esco da casa al mattino – mi dice l’uomo – ancora dormono e quando torno sono a letto'. Anche la gratuità, quella gratuità del papà e della mamma con i figli. E’ tanto importante perdere il tempo con i figli, giocare con i figli!".

    “Una società che abbandona i bambini e che emargina gli anziani – è stato il suo monito – recide le sue radici e oscura il suo futuro”:

    “Voi fate la valutazione su questa nostra cultura oggi, con questo: ogni volta che un bambino è abbandonato e un anziano emarginato, si compie non solo un atto di ingiustizia, ma si sancisce anche il fallimento di quella società. Prendersi cura dei piccoli e degli anziani è una scelta di civiltà”.

    La Chiesa che si prende cura dei bambini e degli anziani, ha evidenziato, “diventa la madre delle generazioni dei credenti” e al tempo stesso “serve la società umana” aiutandola a “riscoprire la paternità e la maternità di Dio”. La “buona notizia” della famiglia, ha proseguito, “è una parte molto importante dell’evangelizzazione, che i cristiani possono comunicare a tutti”. Comunicarlo, ha osservato, soprattutto “con la testimonianza della vita” specie “nelle società secolarizzate”. “Le famiglie veramente cristiane – ha osservato – si riconoscono dalla fedeltà, dalla pazienza, dall’apertura alla vita, dal rispetto degli anziani”:

    “Il segreto di tutto questo è la presenza di Gesù nella famiglia. Proponiamo dunque a tutti, con rispetto e coraggio, la bellezza del matrimonio e della famiglia illuminati dal Vangelo! E per questo ci avviciniamo con attenzione e affetto alle famiglie in difficoltà, a quelle che sono costrette a lasciare la loro terra, che sono spezzate, che non hanno casa o lavoro, o per tanti motivi sono sofferenti; ai coniugi in crisi e a quelli ormai separati. A tutte vogliamo stare vicino con l’annunzio di questo Vangelo della famiglia, di questa bellezza della famiglia”.

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    Il Papa: la lotta di un cristiano contro il male è anche confessare con sincerità e concretezza i peccati

    ◊   Avere il coraggio davanti al confessore di chiamare i peccati con il loro nome, senza nasconderli. L’omelia di questa mattina, nella Messa celebrata a Casa Santa Marta, è stata interamente incentrata da Papa Francesco sul Sacramento della Riconciliazione. Confessarsi, ha detto, è andare incontro all’amore di Gesù con sincerità di cuore e con la trasparenza dei bambini, non rifiutando ma anzi accogliendo la “grazia della vergogna”, che fa percepire il perdono di Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Per molti credenti adulti, confessarsi davanti al sacerdote è uno sforzo insostenibile – che induce sovente a scansare il Sacramento – o una pena tale che al dunque trasforma un momento di verità in un esercizio di finzione. San Paolo, nella Lettera ai Romani commentata da Papa Francesco, fa esattamente il contrario: ammette pubblicamente davanti alla comunità che nella “sua carne non abita il bene”. Afferma di essere uno “schiavo” che non fa il bene che vuole, ma compie il male che non vuole. Questo accade nella vita di fede, osserva il Papa, per cui “quando voglio fare il bene, il male è accanto a me”:

    “E questa è la lotta dei cristiani. E’ la nostra lotta di tutti i giorni. E noi non sempre abbiamo il coraggio di parlare come parla Paolo su questa lotta. Sempre cerchiamo una via di giustificazione: ‘Ma sì, siamo tutti peccatori’. Ma, lo diciamo così, no? Questo lo dice drammaticamente: è la lotta nostra. E se noi non riconosciamo questo, mai possiamo avere il perdono di Dio. Perché se l’essere peccatore è una parola, un modo di dire, una maniera di dire, non abbiamo bisogno del perdono di Dio. Ma se è una realtà, che ci fa schiavi, abbiamo bisogno di questa liberazione interiore del Signore, di quella forza. Ma più importante qui è che per trovare la via d’uscita, Paolo confessa alla comunità il suo peccato, la sua tendenza al peccato. Non la nasconde”.

    La confessione dei peccati fatta con umiltà è ciò “che la Chiesa chiede a tutti noi”, ricorda Papa Francesco, che cita anche l’invito di S. Giacomo: “Confessate tra voi i peccati”. Ma “non – chiarisce il Papa – per fare pubblicità”, ma “per dare gloria a Dio” e riconoscere che è “Lui che mi salva”. Ecco perché, prosegue il Papa, per confessarsi si va dal fratello, “il fratello prete”: è per comportarsi come Paolo. Soprattutto, sottolinea, con la stessa “concretezza”:

    “Alcuni dicono: ‘Ah, io mi confesso con Dio’. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? Dio è là lontano, io dico le cose e non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi. Paolo confessa la sua debolezza ai fratelli faccia a faccia. Altri: ‘No, io vado a confessarmi’ ma si confessano di cose tanto eteree, tanto nell’aria, che non hanno nessuna concretezza. E quello è lo stesso che non farlo. Confessare i nostri peccati non è andare ad una seduta di psichiatria, neppure andare in una sala di tortura: è dire al Signore ‘Signore sono peccatore’, ma dirlo tramite il fratello, perché questo dire sia anche concreto. ‘E sono peccatore per questo, per questo e per questo’”.

    Concretezza, onestà e anche – soggiunge Papa Francesco – una sincera capacità di vergognarsi dei propri sbagli: non ci sono viottoli in ombra alternativi alla strada aperta che porta al perdono di Dio, a percepire nel profondo del cuore il suo perdono e il suo amore. E qui il Papa indica chi imitare, i bambini:

    “I piccoli hanno quella saggezza: quando un bambino viene a confessarsi, mai dice una cosa generale. ‘Ma, padre ho fatto questo e ho fatto questo a mia zia, all’altro ho detto questa parola’ e dicono la parola. Ma sono concreti, eh? Hanno quella semplicità della verità. E noi abbiamo sempre la tendenza di nascondere la realtà delle nostre miserie. Ma c’è una cosa bella: quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia. E’ una grazia: ‘Io mi vergogno’. Pensiamo a Pietro quando, dopo il miracolo di Gesù nel lago: ‘Ma, Signore, allontanati da me, io sono peccatore’. Si vergognava del suo peccato davanti alla santità di Gesù Cristo”.

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    Episcopato è servizio, non onore: così il Papa per l'Ordinazione episcopale di mons. Gloder e mons. Speich

    ◊   Amate i presbiteri e i diaconi, i poveri e gli indifesi e vegliate con amore su tutto il gregge. Sono alcune delle esortazioni rivolte da Papa Francesco durante la Santa Messa, nella Basilica di San Pietro, per l’ordinazione episcopale di mons. Giampiero Gloder, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, e di mons. Jean-Marie Speich, nunzio apostolico in Ghana. Il Santo Padre ha letto il testo dell’omelia rituale, prevista nel Pontificale Romano per il rito dell’Ordinazione episcopale, aggiungendo spontaneamente alcune integrazioni. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Papa Francesco: “Volete predicare, con fedeltà e perseveranza, il Vangelo di Cristo?".

    Gli eletti: "Si, lo voglio”.

    Papa Francesco: “Volete custodire puro ed integro il deposito della fede...?".

    Gli eletti: "Si, lo voglio”.

    Queste ed altre domande, rivolte in base all’antica tradizione dei santi padri ai due ordinandi vescovi, sono state precedute dall’omelia di Papa Francesco. I vescovi, “custodi e dispensatori dei ministeri di Cristo” - ha detto il Santo Padre - sono chiamati a seguire l’esempio del Buon Pastore e a servire il popolo di Dio. Al presule – come si ricorda nel Pontificale Romano – “compete più il servire che il dominare”:

    “Episcopato infatti è il nome di un servizio, non di un onore ... Sempre in servizio, sempre il servizio”.

    Dopo aver esortato ad annunciare la Parola in ogni occasione, opportuna e non opportuna, Papa Francesco ha ricordato, parlando a braccio, la centralità della preghiera:

    “Un vescovo che non prega è un vescovo a metà cammino. E se non prega il Signore finisce nella mondanità”.

    Il servizio alimentato dalla Parola - ha aggiunto il Santo Padre – deve essere orientato dall’amore:

    “Amate, amate con amore di padre e di fratello tutti coloro che Dio vi affida. Anzitutto, amate i presbiteri e i diaconi. Sono vostri collaboratori, sono i più prossimi dei prossimi, per voi. Mai far aspettare un presbitero, un’udienza, subito rispondere. Siate vicini a loro. Ma anche amate i poveri, gli indifesi e quanti hanno bisogno di accoglienza e di aiuto. Abbiate viva attenzione a quanti non appartengono all’unico ovile di Cristo, perché essi pure vi sono stati affidati nel Signore. Pregate tanto per loro”.

    Oltre a servire e ad amare – ha concluso Papa Francesco – i vescovi sono chiamati a vegliare “su tutto il gregge”, nel nome del Padre, di suo Figlio Gesù Cristo e dello Spirito Santo che dà vita alla Chiesa.

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    Incontro in Vaticano tra il Papa e il presidente della Guinea Equatoriale

    ◊   Stamani il Papa ha ricevuto in udienza il presidente della Repubblica di Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, che poi ha incontrato l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - è stato evocato il positivo contributo della Chiesa cattolica in favore dello sviluppo umano, sociale e culturale del Paese, particolarmente in campo educativo ed assistenziale, come pure la collaborazione con lo Stato per migliorare il tenore di vita della popolazione”.

    Al termine della visita, nella sala dei Trattati del Palazzo Apostolico Vaticano, il presidente e il segretario per i Rapporti con gli Stati hanno proceduto allo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo tra Santa Sede e Guinea Equatoriale sulle relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato, firmato nella città di Mongomo il 13 ottobre 2012. “L’Accordo, che suggella le buone relazioni bilaterali esistenti – afferma il comunicato - riconosce la personalità giuridica della Chiesa e delle sue Istituzioni. Esso riguarda anche il matrimonio canonico, i luoghi di culto, le istituzioni educative, l’assistenza spirituale ai fedeli cattolici negli ospedali e nelle carceri”. Con il solenne atto, l’Accordo, composto da 19 articoli ed un Protocollo Addizionale, è entrato in vigore ai sensi dell’articolo 18.1.

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    Il contributo dei papiri nella ricerca sui Vangeli al Simposio sulla ricerca di Joseph Ratzinger

    ◊   Secondo giorno di lavori al simposio internazionale “I Vangeli: storia e cristologia. La ricerca di Joseph Ratzinger” in corso presso la Pontificia Università Lateranense. La ricerca sul Gesù dei Vangeli e la proposta di Benedetto XVI tra i temi, ma anche il contributo della papirologia nella ricerca sui Vangeli. Ad affrontare questo aspetto è stato padre Juan Chapa, professore all’università di Navarra in Spagna. Sentiamolo al microfono di Debora Donnini:

    R. – Hemos ido encontrando en los ultimos...
    Negli ultimi anni abbiamo trovato nuovi frammenti dei Vangeli in papiro e tutti sono in formato di codice, una novità rispetto al libro corrente, abituale nell’Antichità. Nel mondo greco-romano il libro aveva il formato di rotolo e anche le Scritture di Israele erano in quel formato. I frammenti cristiani invece appartengono a codici, il formato del libro di oggi. Quello che in qualche modo voglio dire è che questi codici venivano utilizzati nel mondo greco-romano anche per un uso quotidiano, per esempio per libri di ricette mediche o per la consultazione di libri astronomici, e che questo formato viene utilizzato anche per i Vangeli e per i libri del Nuovo Testamento. Questo perché si tratta di qualcosa che è facile da consultare, facile da leggere. Si utilizzavano, dunque, durante le celebrazioni liturgiche e, infatti, i segni che riportano indicano che si usavano soprattutto per essere letti ad alta voce. Questo mi sembra sia un fattore importante, perché non si possono separare i testi dalla comunità che legge questi testi.

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    In udienza dal Papa i nuovi vescovi Speich e Gloder ordinati ieri

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi (India) e l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Inoltre, il Papa ha ricevuto mons. Jean-Marie Speich, nunzio apostolico in Ghana, e mons. Giampiero Gloder, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, assieme ai rispettivi familiari, dopo la cerimonia di ordinazione episcopale di ieri pomeriggio.

    Il Sinodo della Chiesa Arcivescovile Maggiore Greco-Cattolica Ucraina ha accettato la rinuncia all’ufficio di vescovo ausiliare dell’Esarcato Arcivescovile di Donetsk-Kharkiv presentata da mons. Wasyl Ihor Medwit, OSBM, vescovo titolare di Adriane, in conformità al can. 210 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, dandone informazione alla Santa Sede.

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    Tweet del Papa: cultura dello scarto causa spreco di alimenti e isolamento degli anziani

    ◊   Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet: “La cultura dello scarto – scrive - produce molti frutti amari, dallo spreco di alimenti all’isolamento di tanti anziani”.

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    Mons. Parolin lascia l'ospedale per la convalescenza: "Grazie al Papa per la vicinanza"

    ◊   Il nuovo segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin, viene dimesso oggi dall’ospedale e comincerà la convalescenza in seguito all’intervento chirurgico subito nei giorni scorsi a Padova. Lo ha comunicato a voce il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in risposta alle domande dei giornalisti che gli chiedevano informazioni al riguardo. Nel riferire che l’operazione ha avuto luogo nel reparto di chirurgia epatobiliare dell’azienda ospedaliera universitaria, padre Lombardi ha affermato che “tutto è andato bene”. Nei prossimi giorni, ha aggiunto, mons. Parolin rimarrà “in Veneto per un opportuno tempo di riposo e convalescenza, in modo da poter assumere pienamente ristabilito le nuove gravi responsabilità”.

    “Mons. Parolin, con cui ho parlato direttamente – ha concluso padre Lombardi – esprime la sua riconoscenza al Papa anzitutto, per la sua comprensione, attenzione e vicinanza, e anche a tutti coloro che gli sono stati vicini o hanno pregato per lui. Si augura di poter presto assumere le nuove responsabilità che il Papa ha voluto affidargli”.

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    Per il Papa, vicini i 10 milioni di follower su Twitter. Mons. Celli: pillole di speranza nel cammino della vita

    ◊   Papa Francesco, col suo account Twitter "@Pontifex", si appresta presumibilmente questa fine settimana a tagliare il traguardo dei 10 milioni di follower, anche grazie al grande raduno delle famiglie che domani e domenica si recano in pellegrinaggio alla Tomba di San Pietro, con due giorni di incontri col Santo Padre. Al momento, i 9 account linguistici di "@Pontifex" - spagnolo, inglese, italiano, portoghese, francese, latino, tedesco, polacco, arabo - totalizzano oltre 9 milioni e 980 mila seguaci, con quello spagnolo che fa registrare più di 4 milioni di follower. Ce ne parla l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Per noi la cosa importante è questa: è il Papa che vuole parlare con gli uomini e le donne di oggi con un linguaggio che è comprensibile e che è molto usato. Utilizza il linguaggio del tweet, quindi 140 caratteri solamente, per far pervenire un suo pensiero, la sua parola, per essere accanto agli uomini e alle donne di oggi. Un tweet del Papa viene “re-tweettato” dai suoi amici e - secondo un calcolo, certamente per difetto - più di 60 milioni di persone ricevono il tweet del Papa. Questo significa che nel cammino della vita, con le difficoltà, i momenti non facili, ciascuno di questi amici riceve sul proprio telefonino il tweet del Papa che possiamo definire “una pillola”, “una doccia di spiritualità, di speranza”.

    D. - Che linguaggio è quello usato dal Papa in questi 140 caratteri?

    R. - È un linguaggio che sa di immediatezza. Certo, i 140 caratteri pongono dei limiti, però abbiamo sempre ripetuto in maniera molto semplice che anche Gesù, nel suo parlare, usava - per capirci - un “mini-tweet”; pensiamo solamente alla formulazione delle beatitudini evangeliche: “Beati i poveri di spirito”; c’è tutto il Vangelo e, nello stesso tempo, ci sono meno di 140 caratteri. Qui, ancora una volta, secondo me - e Benedetto XVI lo ha sottolineato in uno dei suoi ultimi messaggi per la Giornata delle Comunicazioni - è proprio nel silenzio che si può acquistare la capacità di trasmettere concetti e valori che sono fondamentali per la vita dell’uomo contemporaneo con semplicità, con immediatezza, con solo con 140 caratteri.

    D. - Un utilizzo molto importante è stato quello per la mobilitazione per la pace in Siria, lo scorso 7 settembre…

    R. - Certamente. I tweet del Papa in quel momento hanno svolto un ruolo eccezionale. Hanno aiutato a riflettere, a pregare, a capire ciò che stava avvenendo e a prendere una posizione.

    D. - C’è stata la Giornata di preghiera e di digiuno per la Siria, in questi giorni c’è l’incontro delle famiglie, con il pellegrinaggio alla Tomba di San Pietro, gli incontri con il Papa: quale messaggio si trasmette?

    R. - Un messaggio di riscoperta di ciò che è Gesù Cristo nella nostra vita. E' lui che dà un senso al nostro cammino, è lui che ci è accanto e condivide il nostro camminare. E, alle volte, è lo stesso tweet - che possiamo leggere sul nostro cellulare - che ci aiuta a capire che c’è una vicinanza, che non siamo soli.

    D. - Attraverso Twitter e tutti i social media questo Pontificato dove va? Sono previste iniziative nuove, particolari?

    R. - Stiamo notando che, ad esempio, la presenza del Papa su News.va o su Facebook ha una sua risonanza che sta aumentando sempre di più. Quindi direi che oggi stiamo osservando ciò che sta avvenendo, con attenzione, e guardiamo avanti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, in apertura, "Il motore del mondo". Papa Francesco indica nella famiglia il luogo dove si impara ad amare e a difendere la vita. Sotto, "Riprende la guerra nel Nord Kivu. Bambini soldato nei ranghi dei ribelli".

    A pagina 3, sullo stesso tema, "Bambini-bomba addestrati dai talebani", in cui, dopo la denuncia del rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la protezione dei più piccoli nei conflitti armati, si analizzano le cause del riacutizzarsi di un fenomeno così grave in Afghanistan.

    Nello spazio riservato alla cultura, a pagina 4, troviamo un articolo di Roberto Maggi "Contadini per scelta e non per fame. Svelato dagli archeologi un passaggio epocale di oltre undicimila anni fa" e, sotto, "Strada sbagliata", l’America davanti allo specchio del suo cinema horror da «Le colline hanno gli occhi» a «Un tranquillo week-end di paura» tratto dal libro di Emilio Ranzato "Wrong turn".

    Sempre nello spazio dedicato alla cultura, a pagina 5, "Quando padre Bergoglio mi disse: Vai", un'intervista a Renzo De Luca, il direttore del museo dei martiri di Nagasaki. Accanto, "Parola e immagini", in cui Timothy Verdon illustra il progetto dell’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, di un grande Evangeliario da usare in cattedrale e nelle chiese parrocchiali della diocesi.

    A pagina 7, "Capaci di vergognarsi" la sintesi dell'omelia della messa celebrata venerdì 25 ottobre da Papa Francesco a Santa Marta, incentrata sul sacramento della Confessione, mentre a pagina 8 viene pubblicato il testo integrale del discorso pronunciato dal Pontefice, lo stesso giorno, durante l’udienza concessa ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

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    Oggi in Primo Piano



    Faccia a faccia Europa-Stati Uniti sullo scandalo delle intercettazioni telefoniche

    ◊   Rischiano di aumentare le frizioni tra Europa e Stati Uniti in seguito alla vicenda delle intercettazioni telefoniche effettuate dall’intelligence americana. Secondo il quotidiano "The Guardian", l’agenzia di sicurezza nazionale avrebbe spiato le conversazioni di 35 leader mondiali. E ieri al Consiglio Europeo di Bruxelles si è levata alta la protesta, guidata da Francia e Germania, nei confronti di Washington. Sui motivi di questa nuova crisi, Giancarlo La Vella ha intervistato Alessandro Politi, analista politico e strategico:

    R. - La scusa che lo scopo delle intercettazioni sia proteggerci dal terrorismo è una mezza verità. In realtà, quando c’è la capacità di capire velocemente quali sono le intenzioni di un leader straniero, la si sfrutta comunque. Naturalmente quando il leader viene a saperlo è estremamente irritato, perché immaginava ci fosse un minimo di “fair play” soprattutto tra alleati. Ma evidentemente non è così. Anche tutti quelli che parlano dello spionaggio come di una cosa nota, risaputa, dicono un’altra mezza verità; ma dal punto di vista politico la situazione è più problematica di dieci anni fa, quindi le reazioni degli alleati nei confronti di Washington sono molto più secche.

    D. – Da questa situazione, secondo lei, viene fuori un quadro degli Stati Uniti come Paese timoroso di fronte a quello che sta avvenendo nello scacchiere internazionale?

    R. – In realtà è un Paese che sfrutta la cosiddetta “dominanza dell’informazione” senza farsi tanti problemi.

    D. – Quali conseguenze per i rapporti soprattutto con l’Europa?

    R. – Ci sono conseguenze ventilate di sospendere i negoziati per il Trattato di libero commercio transatlantico, di cui si dice un gran bene, perché si spera produca benessere, ripresa e posti di lavoro. Diverse forze politiche in Europa però hanno espresso l’opportunità di darsi quanto meno una pausa di riflessione, che può essere simbolica, ma che ha un suo senso politico. Poi ci saranno gli effetti a più lungo termine: una serie di Paesi adotterà regole molto più restrittive nello scambio di vere informazioni con gli americani e prenderanno precauzioni supplementari; oltre – alcuni Paesi in realtà lo fanno già – restituire la cortesia e spiare a loro volta.

    D. – Questa situazione sta quasi ricompattando l’Europa?

    R. – Sì, si sta creando una certa compattazione nei Paesi dell’Unione. Bisogna vedere però quanto durerà, perché chiunque avrebbe capito che è da 15 anni che bisognava fare un’integrazione politica europea seria, anziché “baloccarsi” con un Trattato di Lisbona, che in realtà è stato la morte dell’Europa. Chiunque avesse avuto un minimo di buon senso avrebbe fatto fronte compatto intorno all’euro, anziché fare alla fine distinzioni abbastanza inutili tra i virtuosi e i cosiddetti “cattivi”. Speriamo che questo serva, anche se la cosa importante non è avere un avversario: la cosa importante è avere un ideale comune ed avere la capacità politica di interpretarlo e di mandarlo avanti.

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    Vertice Ue sull'immigrazione: accordo sulla condivisione della responsabilità

    ◊   Al vertice europeo di Bruxelles è stato raggiunto l'accordo sul tema dell'immigrazione: il presidente Ue Herman van Rompuy ha detto che i 28 si sono impegnati ad "azioni determinate" seguendo "tre principi: prevenzione, protezione e solidarietà", precisando che l’Unione "condivide la responsabilità con i Paesi maggiormente colpiti". Il presidente francese Francois Hollande, da parte sua, ha precisato che bisogna innanzitutto "agire sui Paesi di origine e di transito, rafforzando la capacità di alcuni Paesi della sponda sud del Mediterraneo, in particolare la Libia" di garantire la sicurezza dei propri confini. In secondo luogo, per Hollande bisogna agire sulla "sorveglianza delle frontiere", compito che spetta a Frontex ed Eurosur e "noi – ha aggiunto - dobbiamo fare il possibile perché abbiano tutti i mezzi a disposizione perché questa azione di sorveglianza sia il più efficace possibile". Infine, bisogna "combattere i trafficanti" attraverso il rafforzamento della cooperazione giudiziaria. Dell'azione comune dell’Europa sul fronte immigrazione, Fausta Speranza ha parlato con Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento federativo europeo:

    R. – Innanzitutto diciamo: finalmente! Negli ultimi anni ci sono stati 20 mila morti e finalmente si arriva a stabilire una road map sull’immigrazione. Certamente bisogna rafforzare le strutture "Frontex" ed Eurosur. I governi devono uscire dalla miopia e rafforzare nel concreto queste strutture. E poi, però, bisogna seguire delle politiche, simili a quelle, per esempio, che facemmo con l’Albania, cioè degli accordi con i Paesi rivieraschi, in modo tale da far sì che il problema venga risolto a monte, e non soltanto quando i barconi sono nel Mediterraneo.

    D. – Ci volevano i morti, purtroppo, per arrivare a questo vertice...

    R. – Ci volevano molti morti, purtroppo. Credo che i governi abbiano mostrato in questo, non soltanto miopia, ma un’incapacità di visione, nel governare questi problemi, assolutamente scandalosa.

    D. – Adesso si dovrebbe fare un passo in avanti, ma facciamo anche un po’ di storia. In passato, c’è stato disinteresse ma ci sono stati anche dei tentativi di politiche sul Mediterraneo che sono falliti...

    R. – E’ dagli anni ’60 che l’Europa avvia delle politiche: la prima era una politica mediterranea globale, poi rinnovata; poi gli accordi di associazione; poi il partenariato con il Mediterraneo; poi l’Unione per il Mediterraneo. Ma nulla di questo ha prodotto qualcosa di serio, anzi negli accordi che noi abbiamo fatto, abbiamo guadagnato noi, ma non hanno guadagnato questi Paesi. Quando è scoppiata la cosiddetta "Primavera Araba", la reazione dell’Europa globalmente è stata assolutamente inadeguata e abbiamo quindi contribuito, in qualche modo, affinché queste primavere si avviassero all’autunno e poi all’inverno. C’è da fare molto da questo punto di vista. C’è da fare molto per aiutare i giovani, per esempio fare un "Erasmus" anche con i Paesi del Mediterraneo; aiutare l’imprenditoria giovanile; aiutare una certa mobilità regolare di questi giovani in Europa; non dare contributi ai governi ma piuttosto alle organizzazioni della società civile; i partiti e i sindacati dovrebbero in qualche modo rafforzare i loro legami con le realtà di questi Paesi, inserendosi nelle organizzazioni di partito e sindacali di questi Paesi. Insomma, non c’è soltanto una responsabilità di governi, ma c’è una responsabilità della società europea, che si deve fare carico di relazioni diverse con i Paesi dall’altra parte del Mediterraneo.

    D. – Quali sono stati i punti di maggiore divisione dell’Europa sul Mediterraneo? Evidentemente se non si è arrivati ad una politica comune è perché c’erano punti di vista diversi...

    R. – Primo motivo è che ciascun Paese ha ritenuto che la politica estera fosse un affare esclusivamente nazionale. Ciascuno, quindi, ha gestito le relazioni di questi Paesi soltanto in una dimensione nazionale e qualche volta anche post coloniale. In secondo luogo, perché non abbiamo mai avuto una posizione chiara e netta comune sulla questione del conflitto arabo-israeliano e quindi non abbiamo contribuito affinché si facessero passi avanti da questo punto di vista. In terzo luogo, perché l’Europa, per molti anni, ha dato la priorità ad una dimensione che era quella dell’Europa centrale ed orientale, dimenticando la dimensione mediterranea. E, in quarto luogo, perché noi stiamo trattando in maniera assolutamente inadeguata la questione dei negoziati con la Turchia, che evidentemente, da questo punto di vista, è un Paese chiave, cerniera, per le nostre relazioni con il Mediterraneo.

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    Conferenza sull'Africa a Pechino: cooperazione tra gli Stati del continente, chiave dello sviluppo

    ◊   “Africa: 54 Stati, una unione”. È il titolo di una Conferenza che ieri e oggi ha riunito a Pechino dirigenti europei, africani, statunitensi e cinesi. A organizzarla è stato Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea e primo ministro italiano, ora alla guida della Fondazione per la collaborazione tra i popoli e rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per il Sahel. Il servizio di Vincenzo Giardina, inviato dell'agenzia Misna a Pechino:

    La cooperazione tra gli Stati africani, è stato sottolineato a Pechino, è un elemento chiave per lo sviluppo del continente. Una regione del mondo dove negli ultimi dieci anni il numero dei conflitti armati si è ridotto e dove il Prodotto interno lordo è aumentato in media del 4,8%, molto più dell’Europa o degli Stati Uniti. Una regione, però, dove la frammentazione politica ed economica, il deficit di infrastrutture e l’inadeguatezza delle reti dell’energia continuano ad ostacolare la lotta contro la povertà. Secondo studi presentati alla Conferenza, la scarsa qualità delle strade, dei porti e delle ferrovie aumenta fino al 40% il costo dei prodotti africani. Le strozzature della rete elettrica, i problemi di approvvigionamento idrico, il ritardo nelle telecomunicazioni mangerebbero invece ogni anno il 2% del Pil e ridurrebbero la produttività delle imprese fino al 40%. Il futuro, ha sottolineato Prodi, si conquista solo attraverso la cooperazione: tra i 54 Paesi africani, certo, ma anche con il contributo dell'Europa, degli Stati Uniti, della Cina e delle altre potenze emergenti.

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    Pakistan: nei colloqui con i talebani anche i vaccini anti-poliomielite

    ◊   Il ministro pachistano della Salute, Saira Afzal Tarar, ha chiesto di inserire la questione delle vaccinazioni contro la poliomielite nell'agenda dei colloqui di pace con i talebani. Secondo i dati divulgati, ieri dall’Oms, in occasione della “Giornata della poliomielite”: sono 260 mila i bambini pakistani a quali il vaccino è stato negato e che - a causa dello stop alle campagne per debellare il virus imposto dai fondamentalisti - ora rischiano la propria salute. Cecilia Sabelli ha chiesto al prof. Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica di Milano, qual’è lo stato attuale dei colloqui di pace tra il governo e i talebani:

    R. – In questo momento i colloqui non è che abbiano prodotto chissà quali risultati. Siamo in una fase estremamente interlocutoria e soprattutto i talebani non si muovono senza destare l’impressione di voler guadagnare tempo in realtà per poter poi arrivare eventualmente anche a ribaltare il tavolo nel momento in cui le forze internazionali si saranno ritirate dalla maggior parte dell’Afghanistan. Per quanto riguarda poi la specifica questione: lì – purtroppo – quello che preoccupa è la doppiezza dell’atteggiamento del governo pachistano. Abbiamo imparato in questi anni come le autorità pachistane siano spesso conniventi, se non in aperta protezione nei confronti dei talebani. Questo nonostante il fatto che nelle zone tribali, nelle province occidentali, alla frontiera occidentale gli stessi talebani pachistani stiano costituendo un problema crescente per il governo di Islamabad.

    D. – Anche l’ex ambasciatore pachistano negli Usa, Husain Haqqani, nel suo libro lanciato in questi giorni, ha riconosciuto che di fatto il governo di Islamabad sostiene quegli stessi gruppi terroristici…

    R. – Riconosce quello che è noto da anni ormai, ahimè! La verità è che in quelle aree della West Frontier, nelle province tribali, in realtà, lì non si capisce più chi comanda: perché i talebani, protetti e alimentati dalle autorità governative e dai servizi, di fatto ormai hanno infiltrato i servizi e anche alcune parti dei comandi militari.

    D. – E’ lecito, dunque, sperare in una revoca futura del divieto di vaccinazione antipolio da parte dei militanti?

    R. – Si deve, anche perché non abbiamo molto di meglio da fare. Quindi quando abbiamo queste carte in mano non possiamo che sperare, appunto, nella fortuna. Dopo di ché è assurdo che si possa pensare che una cosa del genere possa entrare in un negoziato politico. Siamo alla follia pura! Però purtroppo questa gente è oltre quello che considereremmo noi follia.

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    16.mo Convegno Consultori familiari: sostegno educativo e progetti al fianco delle famiglie

    ◊   Si è aperto oggi a Roma il XVI Convegno nazionale della Confederazione italiana dei Consultori familiari d’ispirazione cristiana che riunisce circa 300 strutture sul territorio. Il tema è “Generare alla vita buona del Vangelo in famiglia” e l’occasione vuole rappresentare soprattutto un confronto aperto per individuare insieme ambiti, metodi, progetti per un’azione educativa e di sostegno alle coppie e alle famiglie, sempre più accurata. Anche gli operatori e i convegnisti parteciperanno domani all'incontro con il Papa e al pellegrinaggio delle Famiglie alla Tomba di Pietro. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    I consultori d’ispirazione cristiana italiana raccolgono l’invito della Conferenza episcopale e s’incamminano con le famiglie nell’attuazione del tema pastorale del decennio “Educare alla vita buona”, cioè alla vita felice e piena, che ha le sue radici nel Vangelo, ma che si apre al mondo e alla ricerca del bene comune. Con quale contributo specifico? Lo ha spiegato, aprendo i lavori, mons. Enrico Solmi, presidente della Commissione episcopale della famiglia:

    “Innanzitutto, stimolando la comunità cristiana a mantenere alto il carattere educante delle proprie iniziative ed anche a formulare progetti di educazione. Il secondo ruolo è quello di formazione. Io penso alle tre vie che la Cei sollecita: la via della verifica e del rilancio dell’iniziazione cristiana; la via degli oratori e la preparazione al matrimonio. I consultori possono offrire per ognuna di queste vie strumenti importanti. In ultimo luogo, i consultori hanno la forza della consulenza pedagogica”.

    Il sostegno educativo alla famiglia, oggetto spesso di attacchi nella sua identità e nei suoi fondamenti, oggi è più urgente che mai, ribadisce il presidente della Confederazione dei consultori, Domenico Simeone:

    “Credo che le famiglie oggi abbiano bisogno di non essere lasciate sole, di potersi incontrare, di sapere che esistono dei luoghi in cui possono essere ascoltate, accompagnate e possono recuperare il protagonismo, la responsabilità della propria azione educativa. Allora, il compito dei consultori sta proprio in questa vicinanza. Credo che, se rendiamo più forte la famiglia da questo punto di vista, ce ne sia un guadagno per tutta la società”.

    Ma il Convegno vuole tradursi per i consultori anche in un laboratorio di confronto e di apprendimento per migliorare la propria presenza sul territorio e al fianco delle famiglie:

    “Si vede anche la creatività che nelle varie diocesi i consultori riescono ad interpretare. Ci sono progetti di sostegno alla neogenitorialità; ci sono progetti che accompagnano i genitori nel difficile compito dell’educare figli adolescenti; ci sono iniziative che permettono alle famiglie di mettere in comune le proprie risorse, per costruire una comunità educante. Forse, la cosa nuova è poterli raccontare, poterli dire, perché ogni consultorio provi a sperimentare delle nuove forme di presenza sul territorio e di vicinanza alle famiglie”.

    Accompagnare, dunque, custodire la famiglia: questo l’obiettivo, secondo Domenico Simeone, dei consultori familiari. Domani, in Piazza San Pietro, si potrà anche camminare proprio fisicamente al fianco di queste famiglie. Ancora Domenico Simeone:

    “Questo essere in cammino con le famiglie, in un itinerario che è anche un itinerario di fede, verso una meta comune, mi sembra davvero un bel segno di come i consultori possano stare nella comunità cristiana”.

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    Movimento dei Focolari: avviata costituzione rete di 40 opere sociali nell'America Latina

    ◊   Avviata la costituzione di una rete tra le oltre 40 opere e iniziative sociali latinoamericane nate dal carisma dell’unità dei Focolari. Il seminario, appena concluso, che ha riunito in Brasile i rappresentanti di queste organizzazioni nella Mariapoli Ginetta di Vargem Grande Paulista, ha segnato un nuovo deciso passo in questo processo di integrazione. Il servizio di Carla Cotignoli:

    Periferie esistenziali. La parola che più è risuonata in questi giorni. Non come progetto futuro, ma già in atto da anni. Le periferie latinoamericane dove il narcotraffico semina morte specie tra i giovani; dove i bambini già in tenerissima età vivono in strada perché nella loro casa c’è solo povertà e discordia; dove i contadini non hanno fonti di sussistenza ed emigrano nelle città, moltiplicando le favelas. E potremmo proseguire. C’è chi ha riconosciuto in queste piaghe il grido di abbandono del Crocefisso, vi è entrato, e ha gettato semi di resurrezione attraverso le più diverse opere di riscatto sociale. Non senza enormi difficoltà, non ultime quelle di scarsità di risorse materiali e umane. Di qui la comune esigenza di mettersi in rete, per uno scambio permanente di esperienze, problematiche, risorse. Una rete che tende ad estendersi anche alle altre espressioni dei Focolari nate nel campo dell’economia, della politica, dell’educazione, dei diritto, della famiglia, dei giovani. Per citarne solo alcune. Per una maggiore incidenza nella trasformazione sociale. Il seminario è stato anche un confronto con il panorama socio-politico del continente, con la dottrina sociale della Chiesa, con le potenzialità di trasformazione del carisma dell’unità. Che ha impresso nuova forza e impulso all’impegno assunto. Non solo. Dal coro di voci di questi giorni sono emersi interrogativi inquietanti che fanno eco a Papa Francesco e alla presidente dei Focolari, Maria Voce, rivolti a noi tutti: “Non riteniamo forse normale che nel continente continuino a sussistere forti squilibri sociali? Non ci siamo forse imborghesiti? Non abbiamo messo a tacere la nostra coscienza, perché c’è già chi è impegnato in prima persona a portare soluzione a questi drammi?

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria, appello di un vescovo siro-ortodosso per salvare le popolazioni di Qalamoun

    ◊   Il vescovo siro-ortodosso, Silwanos Boutros Naameh, ha lanciato un appello perché le popolazioni di Sadad e Hofar, nella regione siriana di Qalamoun, circa tremila persone, siano liberate dall'assedio e possano essere trasferite in luoghi sicuri vicino ad Homs. Gruppi di ribelli “proibiscono loro di uscire dalle case”. Il vescovo si rivolge a tutte le personalità religiose del mondo e a tutti i responsabili delle nazioni, oltre che agli uomini di buona volontà, ricordando che “da quattro giorni questa popolazione è assediata”. “Sono senza elettricità, senza acqua, senza comunicazioni”. Hanno poco cibo e fra loro – aggiunge il presule – vi sono bambini e malati che hanno bisogno di medicine. “Diffondete questo appello sui vostri blog e sui vostri siti, trasmettetelo ai giornali, alle riviste e agli altri mezzi di informazione”. “Inviatelo anche a tutti coloro – scrive il presule – che potrebbero avere un ruolo positivo per aiutare le popolazioni” della regione di Qalamoun. La zona, ricorda AsiaNews, è controllata dai ribelli islamisti di Liwa al-Islam. (A.L.)

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    Dichiarazioni dei superiori Gesuiti su migrazioni e Siria

    ◊   I provinciali della Compagnia di Gesù di Europa e Medio Oriente, durante il loro incontro annuale, che si è tenuto a Roma dal 17 al 23 ottobre scorsi, hanno approvato due dichiarazioni. La prima, insieme con i provinciali dell’Africa e Madagascar, sulle condizioni dei migranti e dei rifugiati che tentano di raggiungere l'Europa. “L'imperativo morale che chiede di salvare vite umane” deve fare i conti con alcuni impegni dell'intera comunità internazionale, tra i cui quelli di fermare il commercio delle armi con l'Africa e rivedere l'Accordo di Dublino che “non facilita un’equa condivisione dei flussi dei richiedenti asilo". Si incoraggiano, inoltre, gli sforzi di tante Conferenze episcopali d’Europa che fanno del servizio pratico a rifugiati e migranti, e dell’advocacy a loro favore, "una priorità". La seconda dichiarazione riguarda la tragedia in Siria. Si chiede alle parti in causa e alla comunità internazionale “di cercare con urgenza un cessate-il-fuoco garantito da un’autorità internazionale, di stabilire una road-map per preparare un incontro di tutte le parti in conflitto e di convocare una conferenza di pace che raggiunga un accordo comune a salvaguardia della vita del popolo siriano”. Si richiama, inoltre, “l’attenzione sulla necessità di riconoscere e identificare i veri interessi in gioco, sia a livello locale che regionale o internazionale, che, purtroppo, non sempre sono in sintonia con quelli del popolo siriano”. (A.L.)

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    Rogo di libri cristiani nella città siriana di Raqqa

    ◊   I miliziani dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante, la fazione quaedista che in diverse regioni della Siria ha monopolizzato l'insurrezione armata contro il regime di Damasco, nei giorni scorsi hanno organizzato un rogo di libri cristiani davanti alla chiesa greco-cattolica di Nostra Signora dell'Annunciazione a Raqqa, la città siriana da diversi mesi è sotto il controllo delle milizie anti-Assad. E’ quanto rende noto l'Agenzia curda indipendente Ara News, ricordando che la regione di Raqqa nel mese di marzo è stata teatro di scontri tra l'esercito di Assad e le milizie dell'opposizione. Dopo il ritiro dell'esercito governativo, controllano la zona i gruppi quaedisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante. Lo scopo dichiarato di questa fazione è la creazione di un califfato islamista nelle aree cadute sotto il proprio controllo. Già lo scorso settembre diversi video circolati online avevano documentato le azioni vandaliche compiute contro le due chiese della città di Raqqa dai militanti integralisti, con la distruzione di croci, statue e immagini sacre. Proprio a Raqqa – ricorda l’agenzia Fides – è stato rapito il gesuita romano Paolo Dall'Oglio. (A.L.)

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    I vescovi del Secam: la tragedia di Lampedusa è anche una responsabilità africana

    ◊   La mancanza di libertà e la ricerca di migliori condizioni di vita sono alla base di tragedie come quella accaduta il 3 ottobre al largo dell’isola italiana di Lampedusa. E’ quanto si legge in un comunicato inviato all’Agenzia Fides dal Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam). “È sorprendente – afferma la nota – che così tanti rifugiati dall’Africa orientale continuino a intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa alla ricerca della 'libertà’ a causa delle gravi condizioni politiche ed economiche dei loro Paesi di origine”. I vescovi africani sottolineano in particolare le condizioni di Somalia ed Eritrea, i due Paesi da dove provengono la maggior parte delle persone coinvolte nella tragedia di Lampedusa. “Nel caso della Somalia le milizie al Shabaab terrorizzano la popolazione sin dal 1994. Questa lunga guerra ha provocato gravi problemi sociali ed economici. Anche la situazione politica in Eritrea ha spinto molti di questi migranti a fuggire dal loro Paese. Non esiste alcuna forma di liberà, non esiste libera stampa, né libertà religiosa e nessun diritto di assemblea. Queste persone affermano che cercano di dare un senso alla loro vita”. Ricordando la Lettera pastorale dei vescovi africani, “Governance, bene comune e transizioni democratiche in Africa”, nel comunicato si sottolinea che “il dramma della migrazione, con un crescente numero di giovani che rischiano la vita per abbandonare l’Africa, riflette la profondità del malessere di un Continente dove ancora sono forti le resistenze ad assicurare alle proprie popolazioni lavoro, educazione e salute”. “Dopo oltre 50 anni di indipendenza – aggiungono i presuli – l’Africa è ancora alle prese con violenze senza fine, gruppi armati illegali che continuano a minacciare la sicurezza della popolazione e dei loro beni che a loro volta provocano la fuga delle persone, come nel caso dell’incidente di Lampedusa”. I presuli lanciano infine un accorato appello alla responsabilità delle istituzioni africane, perché operino per coordinare le politiche di controllo dei flussi migratori e soprattutto inizino un processo di miglioramento delle condizioni di vita dei loro Stati. Si richiede anche all’Europa di rivedere la propria legislazione immigratoria e tratti i “migranti con maggiore compassione”. (A.L.)

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    Il cardinale Pell: in Australia nuove sfide legate alle erosioni della libertà religiosa

    ◊   “La Chiesa cattolica nel mondo anglofono a cinquant’anni dal concilio Vaticano II”. Questo il titolo della prolusione del cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, in occasione ieri del “Dies Academicus dello Studium Generale Marcianum”. La cerimonia si è tenuta nella Basilica di San Marco a Venezia. In Australia – ha osservato il porporato – le sfide che dobbiamo affrontare derivano “dalla determinazione delle autorità governative, delle corti e dei tribunali di promuovere una particolare visione del mondo, specialmente in due ambiti strettamente interconnessi: l’ambito relazionale, la famiglia e la sessualità, da un lato; l’aborto e la tecnologia riproduttiva dall’altro”. Nello Stato di Vittoria, l’atto di riforma della legge sull’aborto (2008) impone ai medici obiettori di coscienza rispetto all’aborto di inviare i pazienti a colleghi che possano mettere in atto la procedura. “All’inizio di quest’anno, il Governo federale – ha ricordato il cardinale Pell il cui intervento è stato ripreso dall’osservatore Romano – ha cambiato la legge per rimuovere le garanzie che assicurano agli enti sanitari religiosi finanziati dal Governo di operare nei vari servizi secondo le proprie convinzioni”. Un legislatore del parlamento del Nuovo Galles meridionale si è ispirato allo stesso principio per proporre di eliminare nelle leggi di quello Stato “le protezioni alla libertà religiosa che consentono alle scuole confessionali di accertarsi che il loro personale condivida l’etica e la testimonianza di queste scuole”. Recentemente, all’Università di Sidney un gruppo pro-life ha creato "Life Choice", un’Associazione che promuove il dibattito sull’aborto e sull’eutanasia. “La loro prima domanda di finanziamento all’Unione studentesca – ha sottolineato il porporato – è stata respinta perché, è stato detto, questo gruppo non avrebbe promosso la vita studentesca”. È stato poi presentato ricorso al direttivo plenario dell’Unione studentesca e “il gruppo Life Choice ha ottenuto il riconoscimento per un voto”. Alcune persone “vorrebbero che le voci e le testimonianze religiose fossero escluse dallo spazio pubblico”: il sospetto – ha concluso l’arcivescovo di Sydney – è che “questo obiettivo verrà perseguito attraverso piccole modifiche progressive a leggi e regolamenti piuttosto che con un assalto frontale”. “Se coloro che in Australia puntano a questo obiettivo pensano che i parroci, le scuole e le istituzioni cattoliche si adegueranno a queste richieste, stanno facendo un grosso errore di calcolo”. (A.L.)

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    Germania, mons. Zollistch: il lavoro non diventi un ostacolo per le famiglie

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, l’arcivescovo Robert Zollitsch, in occasione del Congresso federale dell’Unione dei sindacati cattolici, apertosi oggi a Dresda, ha riconosciuto ai sindacati un ruolo di grande responsabilità sociale. I sindacati cattolici – scrive l’arcivescovo Zollitsch nel proprio indirizzo di saluto – invece di puntare sulla lotta di classe hanno sempre cercato delle soluzioni condivise nella risoluzione delle controversie. Il presule ha anche elogiato la difesa della libertà costituzionalmente garantita dei sindacati, rammentando come essa fosse stata già evocata anche da Papa Leone XIII nella Rerum Novarum, la prima Enciclica sociale della Chiesa. In particolare, l’arcivescovo Zollitsch ha indicato due sfide importanti per i sindacati cattolici nel prossimo futuro. In primo luogo, la difesa del valore della domenica di riposo nel mondo del lavoro. Una conquista che poco a poco rischia di venire erosa. Il secondo punto riguarda la compatibilità tra famiglia e condizioni di lavoro. Bisogna infatti evitare che le esigenze il profitto – sottolinea mons. Zollitsch – non devono divenire un ostacolo al desiderio di uomini e donne di dare vita a una propria famiglia. Un mondo del lavoro che non tenga conto di queste esigenze rischia di minare le basi della società. Per arrivare a un’inversione di tendenza in questi ambiti, mons. Zollitsch invita tutte le parti sociali a collaborare ancora più strettamente. (A.L.)

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    Dibattito sull’eutanasia: il contributo su Internet dei vescovi canadesi

    ◊   Nel quadro dell’attuale dibattito in Canada sull’eutanasia e sul suicidio assistito, l’organismo dei vescovi canadesi per la vita e la famiglia (Ocvf) ha aggiunto nel proprio sito Internet (www.colf.ca) una nuova sezione dedicata all’argomento. L’obiettivo è di arricchire, con ulteriori contributi ed analisi, la riflessione su questo delicato tema, tornato al centro del dibattito pubblico nel Paese dopo la presentazione del controverso progetto di legge n. 52 “sull’aiuto medico a morire”, in caso di morte imminente o inevitabile. Una legge contro la quale si sta battendo in questi mesi l'piscopato canadese, sostenuto da diverse associazioni e gruppi che insistono invece sulla necessità di incrementare le cure palliative e l’accompagnamento dei malati e delle loro famiglie. Tra i documenti pubblicati sulla pagina dell’Ocvf, figura la Relazione presentata lo scorso settembre dalla Conferenza episcopale del Québec sulla Legge 52 e una Dichiarazione congiunta del Collettivo dei medici per il rifiuto dell’eutanasia e della rete “Vivre dans la Dignité”. Citando la Carta dei diritti e delle libertà del Canada e la Carta dei diritti e delle libertà della persona del Québec, si boccia il provvedimento come immorale e incostituzionale. La pagina propone anche una serie di link con articoli di stampa e di riviste specializzate. In questi mesi, l’Ocvf è intervenuto a più riprese contro la legge 52. In una dichiarazione ufficiale, pubblicata lo scorso giugno, ha denunciato il tentativo, sotteso al provvedimento, di camuffare con la formula “dell’aiuto medico a morire” la legalizzazione dell’eutanasia che per il Codice penale canadese è un delitto. La nota richiamava anche l’attenzione sul fatto che nei Paesi in cui l’eutanasia è stata legalizzata, “si è assistito ad una crescente perdita di valore della vita umana e, in nome dell’efficienza, persone particolarmente vulnerabili sono state incoraggiate a chiedere aiuto per morire”. Di qui, l’esortazione a tutelare e proteggere le persone più deboli, poiché in gioco ci sono la “dignità delle persone, la compassione e la solidarietà”. (L.Z.)

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    Minori, campagna di sensibilizzazione in Colombia sul dramma del turismo sessuale

    ◊   Il Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli (Cisp) e l’Agenzia presidenziale per la cooperazione internazionale colombiana (Apc) danno il via alla campagna di sensibilizzazione “¡Abre tus ojos Colombia!” (Apri gli occhi Colombia!) per tenere alta l’attenzione sulla prevenzione e la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale. L’iniziativa, sostenuta dal Ministero del lavoro colombiano, dall’Istituto colombiano per il benessere familiare, l’ente colombiano per l’Immigrazione e altri istituti nazionali, mira a informare il pubblico sulla drammatica realtà degli abusi sui diritti di bambine, bambini e adolescenti e su come salvaguardarli dai rischi di sfruttamento. Sono oltre 80 mila gli italiani che ogni anno si recano in Kenya, Colombia, Santo Domingo e in molti altri Paesi per un turismo che non ha niente di culturale. Cartagena è una delle mete turistiche di maggior richiamo, nazionale e internazionale, ma si tratta di un contesto socio-economico segnato da una povertà diffusa e da un alto tasso di disoccupazione. In tale situazione, lo sfruttamento sessuale raggiunge livelli allarmanti. Si invita la popolazione a prestare attenzione e denunciare gli episodi di sfruttamento e commercio sessuale infantile. Molti casi rimangono infatti anonimi e non denunciati. “Per questo – spiega Luigi Grando, direttore del Cisp – cerchiamo di richiamare l'attenzione delle famiglie, delle entità territoriali, delle istituzioni educative, ong, polizia e operatori turistici a vigilare e lavorare in modo congiunto per combattere e prevenire questo problema sociale”. “Combattere lo sfruttamento dei minori non è un problema di denaro – aggiunge Alvaro Santos, coordinatore Cisp del progetto – ma di volontà. Non servono grandi risorse economiche, ma tanto sforzo e capacità di gestione. La responsabilità è di tutti”. (A.L.)

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    Attività marittime, il cardinale Bagnasco: servono chiare norme internazionali

    ◊   “Quello dei marittimi è un lavoro di cruciale importanza, pur se spesso sottovalutato, sottopagato o addirittura sfruttato”. “Si deve invece non piccola gratitudine ai marittimi che, sparsi per i mari di tutto il mondo, trasportano l’80% delle merci e contribuiscono a uno sviluppo economico, che giova al bene di tutti”. E’ quanto ha dichiarato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, intervenendo ieri a Salerno al Convegno nazionale per l’Apostolato del Mare. Il Rapporto Censis del 2011 – ha ricordato il porporato – mette in luce che “il cluster marittimo italiano, pur se profondamente colpito dalla crisi economica, sa riorganizzarsi e acquisire nuova competitività contribuendo al 2,6% del Pil nazionale”. “E’ sempre più urgente la conformità a chiare normative internazionali, essendo le legislazioni nazionali del tutto insufficienti a regolare attività che si svolgono in Paesi e continenti sempre diversi”. Si deve affermare con forza che anche in mare, come in ogni altro luogo, “l’attenzione primaria va accordata all’uomo, che del lavoro è il centro e il fine”. I centri Stella Maris – ha poi affermato il presidente della Cei – “svolgono un’azione di avanguardia nell’apostolato del mare, sostenendo i marittimi nelle loro concrete necessità e nei loro bisogni materiali, spirituali e relazionali”. “Facendo visita, ove sia possibile, alle navi giunte in porto, i volontari dei centri, insieme al cappellano che ne dirige e ispira l’azione, portano un messaggio di vicinanza e di pace”. “È un ministero di incontro e di ascolto, di condivisione e reciproca conoscenza, un segno dell’universalità del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa, che si rivolge indistintamente a tutti gli uomini”. (A.L.)

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    L’Agenzia per la ricerca sui tumori: l’inquinamento atmosferico è cancerogeno

    ◊   L’inquinamento atmosferico è cancerogeno. E’ quanto si legge nel Rapporto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori. Nel dossier, viene stabilito un legame diretto tra polveri sottili e ozono e il cancro. L’aria inquinata è pericolosa quanto amianto, radiazioni ultraviolette, fumo di tabacco. Nel 2010, secondo l’agenzia, oltre 200 mila decessi nel mondo per cancro ai polmoni sono stati provocati dall’inquinamento atmosferico. “C‘è una concentrazione di inquinamento elevato in Asia, ma anche in Africa, cosa che è sorprendente”, afferma il dott. Dana Loomis nella sede dell’agenzia a Lione. “In Cina e in India è dovuto all’industria a carbone, allo sviluppo industriale di questi Paesi”. “In Nord Africa – in gran parte desertico e poco abitato – l’inquinamento da particolato proviene dalla polvere sollevata dai venti del deserto, quindi è davvero differente dall’inquinamento causato dall’industria”. (A.L.)

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    Zambia, concessa ai vescovi l’autorizzazione all'apertura di un’emittente televisiva

    ◊   “È stata una lunga attesa, ma ne è valsa la pena”: così la Conferenza episcopale in Zambia (Zec) esprime la sua soddisfazione dopo che l’autorità locale per le telecomunicazioni ha concesso l’autorizzazione a costruire una stazione televisiva. Era, infatti, il 2002 quando la Zec presentava la prima richiesta in materia alle autorità competenti. Da allora, i vescovi hanno sempre continuato a seguire la vicenda. “I presuli – si legge in una nota – sono naturalmente grati al governo per questo permesso, rilasciato il 18 ottobre”. Citando l’Enciclica Redemptoris Missio, promulgata da Giovanni Paolo II nel 1990, i vescovi in Zambia ricordano: “Il primo areopago del tempo moderno è il mondo delle comunicazioni, che sta unificando l'umanità rendendola ‘un villaggio globale’; i mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali”. “La nuova stazione televisiva cattolica – sottolineano inoltre i presuli – sarà aperta sia ai cattolici che ai non cattolici, quindi in sostanza a tutti i cittadini del Paese”, così come avviene per gli altri organismi della Chiesa cattolica, ovvero “ospedali e scuole, che sono accessibili a tutto il pubblico a prescindere da ogni orientamento religioso”. Appellandosi, poi, all’intera popolazione locale affinché sostenga la Chiesa in questa “opera mastodontica di istituire un’emittente tv”, la Conferenza episcopale in Zambia ribadisce che la stazione televisiva “punterà a diventare il canale preferito dalle famiglie, grazie ad un appropriato palinsesto”. Al contempo, i presuli ribadiscono il loro impegno anche nell’attuazione di progetti radiofonici a livello diocesano. (I.P.)

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    Arabia Saudita: giornata di protesta contro il divieto di guida per le donne

    ◊   Amnesty International ha sollecitato le autorità saudite a rispettare il diritto delle donne a guidare in vista della giornata di protesta, indetta per domani, sabato 26 ottobre, contro il divieto emesso nel 1990. Mercoledì scorso, il ministro dell’Interno saudita ha ammonito che se la giornata di protesta fosse andata avanti, le autorità avrebbero risposto "fermamente e con la forza". “E’ incredibile che nel 21.mo secolo le autorità dell’Arabia Saudita continuino a negare il diritto delle donne a guidare legalmente un’automobile”, ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. L’Arabia Saudita è l’unico Paese al mondo in cui le donne non possono guidare. Sebbene il divieto non sia contenuto in alcuna legge, nel 1990 un decreto ministeriale formalizzò una consuetudine e da allora le donne che hanno tentato di infrangerlo sono andate incontro agli arresti. Con la campagna di domani per il diritto delle donne a guidare, si chiede al governo di decretare la fine del divieto. Già almeno 35 donne si sono messe alla guida della loro automobili, filmando e pubblicando la loro protesta su YouTube. (A.L.)

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    Dedicate ai Paesi arabi le Giornate di studio promosse dal Centro Pio Manzù

    ◊   “Favorire il dialogo e ogni possibile apertura verso gli Stati arabi”. E’ questo l’obiettivo delle Giornate di studio promosse dal Centro Pio Manzù. Il programma prevede una serie di incontri e dibattiti, domani e domenica, al teatro Novelli di Rimini. Saranno due giorni per riflettere, insieme ad ospiti internazionali, su argomenti di attualità, tra cui la crisi siriana. Dagli anni Settanta, ricorda il Sir, il Centro Pio Manzù si adopera per coinvolgere i Paesi arabi in convention, ricerche e attività culturali, ma anche in occasioni di confronto economico finalizzate alla costruzione di accordi commerciali, finanziari e industriali. Il titolo di questa edizione è “La Palma e l’Abete”. “Sono i due simboli arborei che richiamano le identità del Mediterraneo e dell’Europa - spiega il segretario generale del Centro, Gerardo Filiberto Dasi - ma possono anche diventare simboli di vincolo e reciprocità di prestazione”. Al centro delle Giornate, anche l’analisi delle vie che possano garantire una vera economia dello sviluppo. Tra gli ospiti, domenica mattina, il segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, padre Miguel Angel Ayuso Guixot. Il Centro Pio Manzù è un organismo in status consultivo generale con le Nazioni Unite di New York, che promuove l’approfondimento di temi economici e scientifici. Per maggiori informazioni si può consultare il sito: www.piomanzu.org (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 298

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