Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 18/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco alla Chiesa asiatica: fate conoscere Gesù in ogni ambiente
  • Il Papa: dal Messale in inglese, rinnovato dinamismo evangelizzatore della Chiesa
  • Il Papa riceve il presidente del Camerun: impegno per la pace nell’Africa subsahariana
  • Il Papa: non dimentichiamoci di preti e suore nelle case di riposo, veri santuari di santità
  • Altre udienze
  • 30 anni del Ctv. Il Papa: mantenete prospettiva evangelica nell’autostrada globale dei media
  • Verso la Giornata missionaria mondiale. Mons. Rugambwa: Chiesa africana ricca di vocazioni
  • Don Costa (Lev): la Fiera di Francoforte conferma che l'editoria cattolica è in salute
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: annunciate nuove manifestazioni pro-Morsi
  • Siria: ancora molti ostacoli per la conferenza di pace "Ginevra 2"
  • Obama-Letta. Italia sulla giusta via delle riforme
  • Giornata europea contro la tratta di esseri umani. La drammatica realtà del Messico
  • Legge stabilità. Scuole cattoliche deluse: cifra inferiore rispetto allo scorso anno
  • Facebook più permissivo per i minorenni. Buttarelli: urge normativa Ue uniforme
  • Da San Marino a Roma. Oltre 100 i partecipanti all'VIII Ecorally Internazionale
  • Milano. Concluso Convegno su "Religioni, libertà e potere" per l'Anno Constantiniano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Chiese europee: a Kosice l'incontro dei vescovi cattolici di rito orientale
  • Filippine: oltre 170 i morti del sisma. Gli aiuti della Chiesa
  • Egitto: per il patriarca copto cattolico il Paese sta tornando al suo popolo
  • Card. Ouellet: in Sant'Hurtado "la forza profetica di Papa Francesco"
  • Malaysia: per il governo la sentenza su “Allah” si applica solo all’Herald, non a Bibbia e liturgia
  • Pakistan. Conclusione dell’Anno della fede: nuovo slancio per la missione e per l’unità
  • Panama: vertice Iberoamericano. Assente il re di Spagna
  • Onu: al Consiglio di sicurezza 5 nuovi Paesi membri non permanenti
  • Camerun: alle legislative vince il partito di governo
  • Togo: conclusa la Plenaria dei vescovi
  • Brasile: il ruolo della Chiesa prima e dopo il Mondiale di calcio
  • Francia: appello di Giustizia e pace per una moratoria sull’arsenale nucleare
  • Palermo: al via il 1° Colloquio sulla convivenza nel Mediterraneo dopo il Trattato di Barcellona
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco alla Chiesa asiatica: fate conoscere Gesù in ogni ambiente

    ◊   Portate la giustizia e la pace nelle Filippine e in Asia. Con queste parole Papa Francesco si rivolge in un videomessaggio ai partecipanti alla Conferenza sulla Nuova evangelizzazione che si chiude oggi a Manila, dopo due giorni di lavori. I circa cinquemila delegati – provenienti anche da Taiwan, Vietnam, Brunei, Malaysia, Thailandia e Myanmar – hanno aderito all’invito della Chiesa locale per un confronto sulle sfide dell’evangelizzazione nell’Anno della Fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Dagli angoli dove annida la miseria ai banchi del parlamento, dai letti degli ospedali alle cattedre universitarie. Lo spazio di annuncio del Vangelo è immenso come immensa è l’Asia, dove la Chiesa vive nuove primavere e persecuzioni. Papa Francesco spinge i partecipanti alla Conferenza di Manila sulla Nuova evangelizzazione a non lasciare vuoto nessuno di questi spazi:

    “Do not get tired of bringing the mercy of the Father…
    Non stancatevi di portare la misericordia del Padre ai poveri, ai malati, agli abbandonati, ai giovani e alle famiglie. Fate conoscere Gesù al mondo della politica, dell’impresa, della cultura, della scienza, della tecnologia e dei media sociali. Permettete allo Spirito Santo di rinnovare il Creato e portare la giustizia e la pace nelle Filippine e nel grande continente asiatico che è vicino al mio cuore”.

    Papa Francesco abbraccia con calore i rappresentanti della Chiesa asiatica presenti al grande raduno di Manila, che si sono posti un triplice obiettivo: creare una “esperienza di Dio” nel contesto delle sfide del nuovo millennio, rafforzare i legami e la comunione dei cattolici e fornire spunti di ispirazione e di direzione imbevuti dello spirito della Nuova evangelizzazione. Auspici sui quali piove la benedizione del Papa:

    “Through this conference, I hope you would experience again…
    Spero che con questo congresso possiate conoscere ancora una volta la presenza amorevole di Gesù nelle vostre vite, amare di più la Chiesa e comunicare il Vangelo a tutte le persone con umiltà e gioia”.

    “Lo Spirito Santo opera attivamente in voi”, assicura Papa Francesco. “La Chiesa di Cristo è viva!”.

    inizio pagina

    Il Papa: dal Messale in inglese, rinnovato dinamismo evangelizzatore della Chiesa

    ◊   Col proprio lavoro, ha reso possibile che fedeli di tutto il mondo possano pregare con un linguaggio comune. È l’"International Commission on English in the Liturgy" (Icel) nelle parole di Papa Francesco, che nel 50.mo anniversario della creazione dell’organismo stamani ne ha ricevuto i membri e gli officiali, accompagnati dall’arcivescovo Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e già presidente dell’Icel. La Commissione riunisce i rappresentanti delle Conferenze episcopali dei Paesi in cui l’inglese è usato come lingua di riferimento nella celebrazione della Liturgia. Il servizio di Giada Aquilino:

    Un immenso lavoro “per predisporre le traduzioni in lingua inglese dei testi della liturgia” e un contributo “nel progredire nello studio, nella comprensione e nell’appropriazione della ricca tradizione eucologica e sacramentale della Chiesa”. È l’impegno lungo cinquant’anni della Commissione internazionale per le traduzioni del Messale in lingua inglese, ricordato da Papa Francesco. Il Pontefice ha sottolineato che l’organismo “ha contribuito anche in modo significativo aì una consapevole, attiva e devota partecipazione alla liturgia” richiesta dal Concilio Vaticano II e giustamente richiamata da Benedetto XVI per arrivare ad “una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rapporto con l’esistenza quotidiana”:

    “I frutti del vostro lavoro sono serviti a dare forma alla preghiera di innumerevoli cattolici e hanno anche contribuito alla comprensione della fede, all’esercizio del sacerdozio comune dei fedeli e al rinnovamento del dinamismo evangelizzatore della Chiesa, tutti temi centrali nell’insegnamento conciliare”.

    Come sottolineato dal Beato Giovanni Paolo II, ha aggiunto Papa Francesco, per molti il messaggio del Vaticano II “è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica”. La Commissione, segno “dello spirito di collegialità episcopale”, ha contribuito proprio alla messa in opera del grande rinnovamento liturgico invocato dai padri conciliari:

    “Nel rendere possibile ad un vasto numero di fedeli sparsi nel mondo il pregare con un linguaggio comune, la vostra Commissione ha dato il suo aiuto per il rafforzamento dell’unità della Chiesa nella fede e nella comunione sacramentale. Questa unità e comunione, che trova la propria origine nella Santissima Trinità, costantemente riconcilia ed accresce la ricchezza della diversità”.

    Il Santo Padre ha quindi unito il proprio auspicio alla speranza espressa da Paolo VI nel promulgare il Messale Romano: che “nella grande diversità delle lingue, un’unica preghiera si elevi come offerta bene accetta al Padre nostro dei cieli, mediante il nostro Sommo Sacerdote Gesù Cristo, nello Spirito Santo”.

    inizio pagina

    Il Papa riceve il presidente del Camerun: impegno per la pace nell’Africa subsahariana

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani in udienza, in Vaticano, il presidente della Repubblica del Camerun, Paul Biya. Durante il colloquio, informa una nota della Sala Stampa vaticana, è stato espresso compiacimento per le buone relazioni bilaterali esistenti, “ulteriormente rafforzate dalla conclusione delle trattative per la stipula di un Accordo-quadro sullo statuto giuridico della Chiesa cattolica nel Camerun, la cui firma è prevista in tempi brevi”. In tale prospettiva, prosegue la nota, “è stato espresso apprezzamento per l’opera della Chiesa nella società camerunese, particolarmente in campo educativo e sanitario, come pure in favore della pace e della riconciliazione”. Infine, conclude la nota, “sono state passate in rassegna alcune sfide che interessano l’Africa subsahariana ed è stato illustrato l’impegno camerunese in favore della sicurezza e della pace nella Regione”.

    inizio pagina

    Il Papa: non dimentichiamoci di preti e suore nelle case di riposo, veri santuari di santità

    ◊   Mosé, Giovanni Battista, San Paolo. Papa Francesco ha incentrato l’omelia di stamani nella Messa alla Casa Santa Marta su queste tre figure, sottolineando che a ognuno di loro non sono state risparmiate le angosce, ma il Signore mai li ha abbandonati. Pensando poi ai tanti preti e suore che vivono nelle case di riposo, ha invitato i fedeli a visitarli perché questi, ha detto, sono veri “santuari di santità e apostolicità”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’inizio della vita apostolica e il tramonto dell’Apostolo Paolo. Papa Francesco ha preso spunto dalle letture del giorno per soffermarsi su questi due estremi dell’esistenza del cristiano. All’inizio della vita apostolica, ha osservato commentando il Vangelo odierno, i discepoli erano “giovani” e “forti” e anche i “demoni se ne andavano davanti” alla “loro predicazione”. La Prima Lettura, ha proseguito, ci mostra invece San Paolo alla fine della sua vita. “E’ il tramonto dell’Apostolo”:

    “L’Apostolo ha un inizio gioioso, entusiasta, entusiasta con Dio dentro, no? Ma anche non gli è risparmiato il tramonto. E a me fa bene pensare al tramonto dell’Apostolo… Mi vengono in mente tre icone: Mosé, Giovanni Battista e Paolo. Mosé è quello che è capo del Popolo di Dio, coraggioso, lottava contro i nemici e anche lottava con Dio per salvare il popolo: forte! E alla fine è solo, sul Monte Nebo, guardando la terra promessa, ma spogliato dall'entrare lì. Non poteva entrare nella promessa. Giovanni Battista: negli ultimi tempi, non gli sono risparmiate le angosce”.

    Giovanni Battista, ha proseguito il Papa, deve anche affrontare un’“angoscia dubbiosa che lo tormentava” e “finisce sotto il potere di un governante debole, ubriaco e corrotto, sotto il potere dell’invidia di un’adultera e del capriccio di una ballerina”. E anche l’Apostolo Paolo, nella Prima lettura, ci parla di quelli che lo hanno abbandonato, di chi gli ha procurato danni accanendosi contro la sua predicazione. Racconta che in tribunale nessuno lo ha assistito. Tutti lo hanno abbandonato. Però, dice San Paolo, “il Signore mi è stato vicino. Mi ha dato forza perché io potessi portare a compimento l’annunzio del Vangelo”:

    “Questo è il grande dell’Apostolo, che con la sua vita fa quello che Giovanni il Battista diceva: ‘E’ necessario che Lui cresca e io diminuisca’. L’Apostolo è quello che dà la vita perché il Signore cresca. E alla fine questo tramonta così… Anche Pietro con la promessa: ‘Quando sarai vecchio ti porteranno dove tu non vorrai andare’. E quando penso al tramonto dell’Apostolo, mi viene nel cuore il ricordo di quei santuari di apostolicità e di santità che sono le case di riposo dei preti e delle suore: bravi preti, brave suore, invecchiati, col peso della solitudine, aspettando che venga il Signore a bussare alla porta del loro cuore. Questi sono veri santuari di apostolicità e di santità che abbiamo nella Chiesa. Non li dimentichiamo, eh!".

    Se guardiamo “più al profondo”, ha detto il Papa, questi luoghi “sono bellissimi”. Sento spesso, ha affermato, che “si fa un pellegrinaggio al Santuario della Madonna”, “di San Francesco, di San Benedetto”, “tanti pellegrinaggi”:

    “Ma mi chiedo se noi cristiani abbiamo la voglia di fare una visita - che sarà un vero pellegrinaggio! - a questi santuari di santità e di apostolicità, che sono le case di riposo dei preti e delle suore? Uno di voi mi diceva, giorni fa, che quando andava in un Paese di missione, andava al cimitero e vedeva tutte le tombe dei vecchi missionari, preti e suore, lì da 50, 100, 200 anni, sconosciuti. E mi diceva: ‘Ma, tutti questi possono essere canonizzati, perché alla fine conta soltanto questa santità quotidiana, questa sanità di tutti i giorni'. Nelle case di riposo, queste suore e questi preti aspettano il Signore un po’ come Paolo: un po’ tristi, davvero, ma anche con una certa pace, col volto allegro”.

    “Ci farà bene a tutti noi – ha concluso il Papa – pensare a questa tappa della vita che è il tramonto dell’Apostolo e pregare il Signore: ‘Custodisci loro che sono in quel momento della spoglia finale, per dire soltanto un’altra volta: ‘Sì, Signore, voglio seguirti!’”.

    inizio pagina

    Altre udienze

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo Ramiro Moliner Inglés, nunzio apostolico in Albania, il vescovo Ernesto Vecchi, amministratore apostolico di Terni-Narni Amelia, e il vescovo Javier Echevarría Rodríguez, prelato dell’Opus Dei.

    inizio pagina

    30 anni del Ctv. Il Papa: mantenete prospettiva evangelica nell’autostrada globale dei media

    ◊   “Trent’anni del Centro Televisivo Vaticano. La tv che racconta il Papa al mondo”. Questo il tema del Convegno celebrato oggi a Roma per celebrare tre decenni di vita del Ctv e per riflettere sul ruolo di questa struttura, nata il 22 ottobre 1983 per volontà del Beato Giovanni Paolo II. Durante l’incontro, sono stati letti i messaggi di Papa Francesco e del presidente italiano, Giorgio Napolitano. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il lavoro del Ctv – scrive il Papa – “è un servizio al Vangelo e alla Chiesa”. In questi decenni, la tecnologia ha viaggiato a grandi velocità ed è necessario – si legge nel messaggio – mantenere la prospettiva evangelica in questa specie di “autostrada globale della comunicazione”. L’ottica del Ctv – aggiunge il Santo Padre – non sia mai “mondana”, ma ecclesiale. Raccontare gli avvenimenti legati alla Chiesa richiede “una responsabilità particolare, una forte capacità di leggere la realtà in chiave spirituale”. Non si tratta di una funzione “puramente documentale, neutrale degli eventi” ma di contribuire ad avvicinare la Chiesa al mondo. Grazie alle immagini, il Ctv – aggiunge il Pontefice – è in cammino con il Papa per “portare Cristo nelle tante forme di solitudine dell’uomo contemporaneo”. Il messaggio del presidente italiano, Giorgio Napolitano, è incentrato sula lunga storia della presenza della Santa Sede nel campo dell’informazione. Una storia scandita dai 150 anni dell’Osservatore Romano, dagli 80 anni della Radio Vaticana, e dai tre decenni del Centro Televisivo Vaticano. “Le tematiche legate al rispetto della persona, il messaggio di pace e di speranza di cui la Chiesa si fa portatrice in una fase storica di notevoli cambiamenti culturali, politici e sociali, il senso di responsabilità verso le generazioni presenti e quelle future – scrive Napolitano – sono le linee portanti della programmazione del centro di produzione della Santa Sede”.

    Il Centro Televisivo Vaticano compie dunque trent’anni. Un’esperienza che attraversa tre Pontificati, una storia di rilievo nel panorama del mondo televisivo. Il direttore del Ctv, mons. Dario Edoardo Viganò:

    R. – E’ una storia densa di incontri, di occasioni. Certamente, poi sono 30 anni in cui il gruppo stesso del Centro Televisivo Vaticano è andato assumendo e acquisendo sempre maggiore professionalità. Trent'anni anni scanditi anche da innovazione tecnologica: pensiamo, ad esempio, al momento in cui si è passati a produrre tutto in high definition. In questo momento, un altro snodo tecnologicamente importante è l’acquisizione di un media "backbone", che ci permetterà di archiviare in file certamente ciò che stiamo girando adesso, ma anche recuperando tutto l’archivio, che è un bene prezioso.

    D. – Quali le novità nel futuro, proprio all’insegna della digitalizzazione?

    R. – Certamente, la digitalizzazione permetterà appunto una disponibilità del materiale sia internamente sia esternamente ai broadcaster internazionali. Poi, c’è un recupero anche dal punto di vista del linguaggio, perché un Pontificato, ad esempio come quello di Papa Francesco, ha bisogno di una cura delle immagini che abbia un sapore cinematografico.

    D. – Come il Ctv accompagna questo Pontificato? Quali le esigenze peculiari?

    R. – Papa Francesco è un uomo dell’inclusione, dell’abbraccio, del tatto, delle carezze, quindi è un uomo del contatto personale. Ed è per questo che, molto spesso, noi costruiamo le immagini, creando anche quello che viene chiamato un controcampo: lo spettatore non ha solo lo sguardo della folla verso il Pontefice, ma ha anche, in qualche modo, il punto di vista del Papa verso la gente. Un incontro, quindi, di sguardi, che è un incontro, un abbraccio.

    Trent’anni segnati anche dalla collaborazione del Ctv con emittenti di tutto il mondo. Preziosa, in particolare, quella con la Rai. La presidente dell’azienda pubblica televisiva italiana, Anna Maria Tarantola:

    R. – E’ stato un periodo in cui, da un lato, all’inizio, noi abbiamo affiancato il Centro Televisivo Vaticano anche con le nostre strutture. Poi, via, via il Centro Televisivo Vaticano è riuscito a svilupparsi, anche con grande incisività ed efficacia, nel mondo della comunicazione. Il nostro rapporto, quindi, è cambiato da un rapporto di assistenza ad un rapporto di collaborazione vera e propria.

    D. – Una relazione che sarà sempre più forte, anche in futuro?

    R. – Io spero di sì, perché abbiamo una comunanza su diversi aspetti e su due in particolare. Facciamo missione di servizio, servizio diverso: noi informiamo tutti su tutto e voi informate soprattutto sull’attività della Chiesa e del Santo Padre, ed è, però, una missione di servizio. L’altro aspetto è quello della documentazione, perché entrambi siamo molto attenti ed impegnati nell’avere la documentazione della storia: la storia del nostro Paese e la storia della Chiesa cattolica nel mondo. Credo che su questi due aspetti si possa continuare a costruire una collaborazione molto importante e molto fattiva, per il bene di tutti.

    Mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali e del Consiglio di Amministrazione del Centro Televisivo Vaticano, ha infine ricordato che accompagnando il Pontificato di Papa Francesco, la missione del Ctv è quella di diffondere le immagini del Santo Padre esaltando la dimensione della vicinanza e promuovendo la cultura dell’incontro.

    inizio pagina

    Verso la Giornata missionaria mondiale. Mons. Rugambwa: Chiesa africana ricca di vocazioni

    ◊   “Siamo missionari con la nostra parola ma soprattutto con la nostra vita cristiana? Con la nostra testimonianza?” O siamo “cristiani di sagrestia, solo di parole ma che vivono come pagani?” Le parole del Papa nell’udienza generale di mercoledì scorso risuonano oggi nella Giornata missionaria mondiale, in cui si chiede a tutti i fedeli di aprire il cuore alle esigenze della missione ed esprimere gesti di solidarietà a sostegno delle giovani Chiese. Roberta Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Protase Rugambwa, tanzaniano, segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente delle Pontificie Opere Missionarie:

    D. – Eccellenza, Lei che viene da un Paese africano, come raccoglie questo invito del Papa espresso con la consueta schiettezza?

    R. – L’invito del Papa è veramente molto attuale, soprattutto per noi che siamo nelle Chiese giovani, nelle Chiese che stanno crescendo, perché possiamo avere, fin dall’inizio, questa visione di Chiesa come una, la Chiesa missionaria che deve andare, veramente uscire… Quindi, noi come cristiani in Africa, dal punto di vista della missionarietà stiamo crescendo, in Africa le vocazioni ci sono … Ma dobbiamo fare in modo che non sia la “Chiesa africana”, ma la Chiesa intesa come Chiesa universale. E avere questa Chiesa che cresce ma guardando sempre anche al di là dell’Africa, al di là dei nostri confini.

    D. – Lei crede che nelle Chiese dei Paesi più ricchi, più sviluppati dell’Occidente, siano presenti abbastanza i bisogni delle Chiese più giovani?

    R. – Sicuramente. Adesso, stiamo parlando anche della cooperazione missionaria. Quando si parla di Chiese giovani – dove, ringraziamo il Signore, ci sono le vocazioni al presbiterato, per esempio, alla vita consacrata – quando da noi si va nelle comunità oppure nei seminari che sono pieni, dopo che sono pieni cosa possiamo fare con questa realtà, o con questa fortuna, che è un dono? Dobbiamo pensare, adesso, anche ad andare fuori, al di là dell’Africa, ad evangelizzare. Quindi, per esempio, l’Europa, o in America o in altre parti del mondo, dove c’è bisogno, dobbiamo aprire i nostri occhi e vedere che possiamo andare anche lì a svolgere questo lavoro importante, perché c’è una preparazione adeguata per svolgere questo lavoro, questa missione. Quindi, anche la validità di questa visione di collaborazione missionaria.

    D. – Il Papa, nel suo messaggio per la Giornata, ripete che la Chiesa non è un’organizzazione assistenziale, un’impresa, una Ong, ma è una comunità di persone animate dall’azione dello Spirito Santo: le chiedo se forse in questa nostra epoca pensiamo poco alla presenza tra noi dello Spirito Santo …

    R. – Eh sì, qui bisogna capire bene che, prima delle strutture o prima delle ideologie, c’è Cristo, c’è l’amore, c’è lo Spirito Santo che ci deve spingere. E’ importante capire questo.

    D. – Ma c’è un appello particolare per l’Africa che lei vuole fare?

    R. – Per l’Africa, io vorrei dire che dobbiamo dire anche alla nostra gente che loro devono sapere, devono capire che anche nelle piccole cose che hanno devono partecipare anche loro, collaborare a questo appello che noi facciamo ogni anno. Dobbiamo riconoscere che è necessario essere insieme con il Santo Padre in questa sollecitudine pastorale verso tutte le Chiese. Quindi, anche noi dobbiamo essere persone, credenti, ma sempre con la disponibilità a essere riconoscenti di questo fatto di poter collaborare con tutti gli agenti pastorali, perché il lavoro di evangelizzazione continui.

    inizio pagina

    Don Costa (Lev): la Fiera di Francoforte conferma che l'editoria cattolica è in salute

    ◊   Con i suoi 700 e uno stand di 100 mq, la Libreria Editrice Vaticana (Lev) ha partecipato nei giorni scorsi all’edizione 2013 della Buchmesse, la Fiera del libro di Francoforte, uno degli appuntamenti di settore più importanti al mondo. In controtendenza con i dati di una editoria in debito d'ossigeno un po' ovunque, quella cattolica guadagna spazi e attenzione. Lo conferma, al microfno di Luca Collodi, il direttore della Lev, don Giuseppe Costa, presente in questi giorni a Pordenone per la manifestazione "Asoltare, leggere, crescere":

    R. - Abbiamo partecipato alla Buchmesse di Francoforte. L’editoria cattolica gode buona salute in questo momento, anche se l’editoria in genere e in particolare l’editoria italiana abbiamo visto che ha avuto un calo del 7% quella italiana e del 14% quella complessiva mondiale. L’editoria religiosa segna, invece, un incremento del 4% e questo grazie al nuovo slancio dato da Papa Francesco, alla riscoperta di Giovanni Paolo II in vista della canonizzazione e alla tenuta, in parte, di Benedetto XVI con tutti i suoi scritti.

    D. - Don Costa, la Liberia Editrice Vaticana sta facendo un grande sforzo anche per far conoscere gli scritti di Papa Francesco, anche in qualità di arcivescovo di Buenos Aires…

    R. - Senz’altro. Noi abbiamo pubblicato e continuiamo a pubblicare vari volumi. E’ previsto, ad esempio, un volume di quando Papa Francesco era arcivescovo di Buenos Aires. Ci sarà una grande presentazione di un volume tradotto assieme alla Jaca Book: “Noi come cittadini, noi come popolo”. Sarà presente l’ausiliare di Buenos Aires, mons. Eduardo Horacio Garcia; mons. Mario Toso, mons. Renato De Zan come storico e poi ci sarà il vescovo di Pordenone, mons. Giuseppe Pellegrini. Questo incontro dà - diciamo così - la stura a tutta una serie di incontri legati a libri dell’Editrice Vaticana, ma che hanno un respiro piuttosto ecclesiale e internazionale. Quindi, quest’anno, anche se siamo partiti dalla presentazione di due libri locali, abbiamo dato uno slancio molto ampio alle varie presentazioni.

    D. - Don Costa, a Pordenone è prevista anche la presenza del segretario particolare di Papa Francesco, segretario sia di Giovanni Paolo II che oggi di Papa Bergoglio…

    R. - Sì e in particolare mons. Xuereb darà la sua testimonianza sulla dimensione ecologica e ambientalistica di Papa Benedetto XVI. Ma chiaramente ci darà anche qualche altra testimonianza su Papa Francesco.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, “Pellegrini della comunicazione”, il messaggio di Papa Francesco per i trent’anni del Centro televisivo vaticano.

    Di spalla, “Nuova raffica di attentati colpisce Baghdad”: oltre sessanta morti e centinaia di feriti in un Iraq senza pace.

    A pagina 4, “Volti di uomini, volti di Dio” di Gaetano Vallini: gli esclusi dalla società nella mostra «Homeless» del fotografo inglese Lee Jeffries.

    Sotto, “Si chiamava Augusto ma in realtà era Giano, Ottaviano e la sua duplice identità di tiranno e salvatore” di Andrew Wallace-Hadrill, sulla mostra aperta fino al 9 febbraio alle Scuderie del Quirinale a Roma.

    Sempre nello spazio dedicato alla cultura, a pagina 5, il messaggio di Papa Francesco al Ctv e gli auguri del presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano.

    A fondo pagina, “Quel dvd di «Habemus papam» rimasto su un tavolo a Buenos Aires”, di Silvia Guidi, in cui Julio Rimoldi, direttore generale dell’emittente argentina Canal 21, racconta la sua amicizia con Bergoglio.

    A pagina 8, “Il tramonto dell’apostolo”, sintesi dell'omelia della Messa celebrata venerdì 18 ottobre a Santa Marta, scaturita dal confronto tra le letture della liturgia del giorno: il brano del Vangelo di Luca (10, 1-9) — nel quale si racconta «l’inizio della vita apostolica», quando i discepoli sono stati chiamati ed erano «giovani, forti e gioiosi» — e la seconda lettera di san Paolo a Timoteo (4, 10-17) nella quale l’apostolo, ormai vicino al «tramonto della sua esistenza», si sofferma sulla «fine della vita apostolica». Da questo confronto si capisce, ha spiegato il Papa, che ogni «apostolo ha un inizio gioioso, entusiasta, con Dio dentro; ma non gli è risparmiato il tramonto». E, ha confidato, «a me fa bene pensare al tramonto dell’apostolo».

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Egitto: annunciate nuove manifestazioni pro-Morsi

    ◊   Sale ancora la tensione in Egitto. Nel centesimo giorno della deposizione dell’ex presidente Morsi, annunciate nuove manifestazioni in sostegno del leader dei Fratelli Musulmani. L’esercito ha rafforzato le misure di sicurezza in molte città, mentre il movimento "Tamarod", che ha sostenuto la deposizione di Morsi, critica comunque la bozza di legge che limita le manifestazioni e i raduni in Egitto. Ce ne parla Massimiliano Menichetti:

    L’Egitto aspetta ancora una volta con timore e trepidazione la fine della tradizionale preghiera islamica del venerdì. L’Alleanza per la legittimità che raggruppa i movimenti in favore dell’ex presidente Mohamed Morsi, ha indetto nuove manifestazioni per oggi pomeriggio, nel centesimo giorno dalla deposizione del primo capo dello Stato proveniente delle fila dei Fratelli musulmani. "Il venerdì della responsabilità” è il titolo dato alla giornata, che ha innescato l’intensificarsi delle misure di sicurezza al Cairo e in diverse città egiziane. Raduni sono stati convocati nelle principali piazze e fuori le moschee, oltre che nelle metropolitane del Cairo. Adesioni anche da parte del gruppo estremista Jamaa Islamiya. Intanto prosegue la raccolta firme, in sostegno all'ex presidente e contro la campagna 'Tamarod' che ha portato alla caduta di Morsi. L'iniziativa, che finora ha raccolto 2,1 milioni di adesioni, è stata lanciata tre settimane fa e mira a raccogliere 30 milioni di firme entro il 25 gennaio prossimo, data in cui ricorre il terzo anniversario della rivoluzione che ha portato alla caduta di Hosni Mubarak. A questo scenario si aggiungono le critiche del movimento "Tamarod" alla bozza di legge sulle manifestazioni e sui raduni in Egitto, pensata per contenere le proteste, che hanno provocato decine di morti e feriti nei mesi passati. Normativa bollata come ''repressiva'' dai "Tamarod", posizione condivisa anche dai salafiti del partito al-Nour. La bozza a cui manca solo il via libera presidenziale, secondo indiscrezioni di stampa, vieterebbe l'utilizzo di luoghi di culto per organizzare proteste e la richiesta di un permesso alla polizia almeno 24 ore prima delle manifestazioni, precisando luogo, giorno, orario e obiettivo delle iniziative. I sit-in sarebbero proibiti.

    Sulla complessa situazione egiziana Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Azzurra Meringolo dell'Istituto affari Internazionali:

    R. – Effettivamente, la deposizione è stata richiesta da milioni di egiziani che sono scesi in strada, il 30 giugno, appunto per chiedere l’uscita di scena di Morsi. Quello che è successo è che la Fratellanza musulmana è del tutto esclusa da questo nuovo processo di transizione all’interno del Paese: basti pensare che la Costituente – quindi la nuova assemblea che dovrebbe emendare la Costituzione del 2012 ma di fatto la sta riscrivendo – comprende soltanto un islamista tra i suoi 50 membri, e questo islamista non è neanche della Fratellanza musulmana, ma è del Fronte dei salafiti, quindi degli islamisti più radicali. Diciamo che manca, al momento attuale, un processo di inclusione: quindi, entrambe le parti in causa, in questi anni, non hanno accettato l’avversario politico. Il problema della democrazia egiziana passa, in questo momento, per un pre-requisito, che è quello dell’inclusione: dal voler progettare insieme invece che cercare di dividere sempre di più le fazioni, come di fatto è successo.

    D. – In questo contesto si collocano anche le contestazioni in relazione alla nuova legge che regola le manifestazioni. Il movimento "Tamarod", che di fatto ha portato alla deposizione del presidente Morsi, parla di misure repressive, e così anche i salafiti del partito al-Nur. Però, nessuno si oppone con forza ad una norma estremamente restrittiva a cui manca solo il via libera presidenziale …

    R. – Il gruppo dei "Tamarod" ma anche il "Gruppo del 6 aprile", che è uno storico gruppo giovanile, protagonista della rivoluzione del 2011, è stato uno dei primi a prendere le distanze dall’intervento militare, quindi a dire “sì alla deposizione di Morsi” ma “no al ritorno dei militari al potere”. In questo momento, però, anche all’interno del nuovo governo se questa legge è stata accettata vuol dire che il governo l’ha fatta passare; e dentro questo governo ci sono anche molte figure liberali che probabilmente non hanno ritenuto opportuno opporsi per garantire maggiore “stabilità” al Paese nel corso di queste manifestazioni che sono soprattutto manifestazioni di islamisti.

    D. – L’Informazione nazionale egiziana ribadisce che i Fratelli musulmani sono il 5,5 per cento della popolazione, e di fatto minimizza le proteste …

    R. – Credo che si debba comprendere la copertura mediatica che i media egiziani stanno dando e di cui i giornali sono parte: è una rappresentazione mediatica molto polarizzata e molto schierata. Se pensiamo, ad esempio, agli eventi che abbiamo visto sia a luglio sia ad agosto, le televisioni sia statali sia private hanno mostrato soltanto una parte della realtà in strada: nessuno, nessun giornalista delle fazioni più liberali si è assunto il compito di andare a vedere realmente quali siano stati, ad esempio, gli eventi, le rappresaglie dei militari a piazza Rabaa el Adaweya, dove c’era il sit-in dei sostenitori di Morsi. Quello che possiamo dire è che effettivamente i Fratelli musulmani, gli islamisti, hanno vinto le prime elezioni del post-Mubarak – per tre volte le hanno vinte: referendum, parlamentari e presidenziali – e ogni volta la loro percentuale, il loro margine di successo diminuiva. In aggiunta, il 30 giugno, quando abbiamo visto i milioni di egiziano scesi in piazza, queste manifestazioni non ci sono state solo al Cairo, ma anche in zone dove la Fratellanza musulmana ha avuto per anni le sue roccaforti. Quindi, questo faceva presagire che qualora si fosse andati al voto a ridosso di quelle date, avrebbero perso ulteriormente voti: questo, sì. Non si è andati alle elezioni e probabilmente la repressione sui Fratelli musulmani potrebbe anche far loro guadagnare qualche voto.

    D. – Comunque, si guarda alle prossime elezioni. Chi e cosa garantiranno che quel risultato sarà rispettato?

    R. – Bè, si è creato di sicuro un precedente pericoloso: il primo appuntamento elettorale sarà quello sulla Costituzione, che dovrebbe essere entro la fine dell’anno. A quel punto ci saranno le parlamentari e le presidenziali. Sappiamo che potrebbero esserci anche degli ispettori internazionali. La macchina organizzativa non è ancora entrata a regime: bisognerà vedere chi supervisionerà al meccanismo. Quindi, effettivamente, c’è il rischio che si sia creato un precedente che ci si possa ritrovare.

    inizio pagina

    Siria: ancora molti ostacoli per la conferenza di pace "Ginevra 2"

    ◊   Il vicepremier siriano Qadri Jamil da Mosca ha annunciato ieri che la conferenza di pace “Ginevra 2” si terrà il 23 e 24 novembre. La notizia è stata riportata con cautela dalle cancellerie internazionali, che non si sono volute sbilanciare sulla data. Di certo questo appuntamento, rimandato più volte, si conferma di primaria importanza per il futuro della Siria, nonostante molti rimangano gli ostacoli: tra i principali figurano le divisioni tra forze dell'opposizione, sia a livello politico sia sul campo. Ma chi rappresenterà la Siria a Ginevra? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Stefano Torelli, ricercatore Ispi:

    R. - Questo chiaramente è uno dei nodi che in realtà sono ancora da sciogliere. C’è da vedere se si riuscirà a raggiungere un compromesso sul fatto che la Siria sia rappresentata dal regime di Assad; probabilmente non da Assad in persona, però comunque da figure a lui vicine che ancora oggi rappresentano in via ufficiale il governo siriano. L’opposizione siriana su questo è totalmente in disaccordo e già in altre occasioni aveva minacciato di non partecipare o comunque di boicottare la Conferenza internazionale qualora vi fosse la presenza di uomini vicini al regime o comunque appartenenti al regime di Assad.

    D. - Una grande incognita è rappresentata anche dal coinvolgimento nella conferenza dell’Iran che, come potenza regionale, ambisce ad una presenza importante. Le aperture del neo presidente Rohani porteranno la Repubblica islamica a Ginevra, o no?

    R. – Ora, rispetto a qualche settimana fa, è più probabile che l’Iran possa essere coinvolto in maniera non ufficiale; questo è stato comunque ribadito anche dagli stessi Stati Uniti, ma in parte anche da altre cancellerie occidentali. Sicuramente "Ginevra 2" potrà essere un altro banco di prova, non solo per quanto riguarda la crisi siriana, ma anche per questioni a latere, tra cui quella del maggior coinvolgimento o meno dell’Iran all’interno di questioni che conivolgono la Comunità internazionale.

    D. - Altro attore importante dell’intricata vicenda siriana è sicuramente la Turchia di Erdogan che, dall’inizio ha puntato sull’opposizione e che ora, proprio per la deriva islamista di quest’ultima, si trova molto in difficoltà anche nei confronti della Comunità internazionale. Come si comporterà Ankara?

    R. - La posizione della Turchia ormai è comunque abbastanza chiara. Il Paese continua a perseguire la propria politica, che è quella volta a far sì che il regime di Assad cada. Erdogan più di una volta, e anche il ministro degli Esteri, Davutoglu, hanno insistito affinché gli sforzi della Comunità internazionale verso un intervento diretto in Siria portassero effettivamente a un’azione militare che potesse far cadere Assad. La Turchia continuerà a seguire questa strada. Sicuramente il fatto che ci siano elementi islamisti, radicali, jihadisti - se così vogliamo chiamarli -, all’interno della galassia dell’opposizione siriana, mette un po’ in difficoltà la Turchia, come del resto mette in difficoltà tutti gli altri attori internazionali tra cui gli Stati del Golfo, gli Stati Unti, che hanno questo dilemma: da un lato, appoggiare l’opposizione siriana, ma dall’altro dover fare i conti con un’opposizione siriana al cui interno si trova una delle frange più importanti che sembra essere proprio quella dell’islam radicale.

    inizio pagina

    Obama-Letta. Italia sulla giusta via delle riforme

    ◊   L’Italia con le sue riforme economiche si muove nella giusta direzione. Roma è un partner eccezionale. Non risparmia i complimenti il presidente americano Barack Obama nel suo incontro a Washington con il premier italiano Enrico Letta, il quale a sua volta parla di positive ricadute sull’Italia dell’accordo sul debito raggiunto mercoledì negli Usa, che ha permesso di evitare il default. "La prossima legislatura europea – aggiunge poi Letta a margine dell’incontro con Obama – deve essere basata sulla crescita, e dunque per questo l’Italia lavorerà sodo. Francesca Baronio:

    Non poteva andare meglio. Obama si dice: “impressionato dalla leadership e dall’integrità’ del primo ministro italiano”. Letta risponde: “ abbiamo bisogno della guida americana, e si rallegra per l’accordo sul tetto del debito“. Un balletto di complimenti, in cui non manca neanche l’invito di rito in toscana. Al centro del colloquio la questione economica, e la situazione in Libia e Siria, oltre alle missioni internazionali dal Libano all’Afganistan dove spiega Obama, le truppe italiane sono state straordinarie. Poi la svolta iraniana, ed i difficili rapporti con Mosca, dove l’Italia può giocare un ruolo distensivo. Infine, il dramma dell’immigrazione, l’importanza di mettere in sicurezza il Mediterraneo e il ruolo strategico delle sedi americane in Italia. Insomma, il riconoscimento di un legame solido e duraturo, sostenuto dai numeri: L’export italiano negli Usa si attesta sui 35 miliardi di dollari, quello americano verso l’Italia e’ di 16 miliardi. Un patto generazionale di due leader quasi coetanei, alle prese con le turbolenze delle larghe intese l’uno, con le bizze dei Tea Party l’altro. Per entrambi una certezza: la necessità della stabilità politica, al di qua e al di là dell’oceano.

    inizio pagina

    Giornata europea contro la tratta di esseri umani. La drammatica realtà del Messico

    ◊   Si celebra oggi l’ottava Giornata europea contro la Tratta di esseri umani. In questa occasione, "Soleterre onlus" pubblica un Rapporto sulla tratta dei migranti in Messico, per sensibilizzare l’Italia sulle continue violazioni dei loro diritti umani. Soleterre denuncia soprattutto la grave situazione dei minori: si parla di 20 mila bambini vittime di tratta ogni anno. In Messico, è la denuncia, i piccoli migranti sono ad alto rischio. Francesca Sabatinelli ha intervistato Valentina Valfrè, coordinatrice del Rapporto:

    R. – Sono sempre più le bambine che finiscono nel circolo della tratta e del traffico, ma in particolare dello sfruttamento sessuale, e non solo. [Vengono rapiti] anche per poter chiedere un riscatto alle loro famiglie, usano poi i bambini anche per attirare altri migranti. Vengono rapiti, chiusi in quelle che chiamano “case di sicurezza”, costretti a dare il numero di telefono delle famiglie affinché le famiglie paghino il riscatto e solo allora – forse – li lasciano andare.

    D. – Che tipo di violenze subiscono questi bimbi?

    R. – Guarda, di tutti i tipi. Come gli adulti, ma in più vengono usato come schiavi sessuali, quindi fatti lavorare – soprattutto le bambine – nei bordelli… C’è un altissimo tasso di lavoro minorile in Messico, e quindi vengono impiegati anche nel settore agricolo.

    D. – Quanti di questi bambini potranno essere salvati?

    R. – Il problema è che spesso finiscono nelle maglie dell’Istituto della migrazione. Quindi, vengono fermati, tenuti in questi posti al confine tra uno Stato federale e l’altro, e nella maggior parte dei casi vengono rimpatriati, anche nel caso in cui abbiano difficoltà familiari, cioè una situazione molto brutta alle spalle. Quindi, anche qualora fossero “salvati”, nel senso che vengano salvati dai trafficanti, nella maggior parte dei casi poi succede che appena tornano a casa, ripartano. Io, per esempio, ho incontrato nella Casa del migrante di […] questo ragazzino di 16 anni, Manuel. Era la terza volta – mi raccontava – che passava il confine. E diceva: “Non c’è nessun problema: tu paghi il trafficante e lui ti porta di qua”. E lui lo dice con una naturalezza sconvolgente…

    D. – Parliamo del confine con gli Stati Uniti?

    R. – In questo caso, no: parliamo del confine tra Guatemala e Messico. In questo momento, secondo i dati che noi abbiamo, il confine sud è forse il confine più pericoloso. Molti pensano sempre al confine nord, quindi al famoso muro tra gli Stati Uniti e il Messico. In realtà, il confine sud in questo momento – forse anche perché è meno visibile – è quello dove veramente succedono le cose peggiori. Ci dicono le Associazioni che lavorano con i migranti che praticamente tra tutti i centramericani che cercano di dirigersi verso il Messico, solamente il 20% arriva: l’80% si perde, il che vuol dire che o torna indietro, o viene sequestrato o viene ucciso o finisce nella tratta per sfruttamento sessuale… Quel confine, nella prima parte – quindi ancora prima di arrivare a Città del Messico – è quello dove in questo momento stanno succedendo le cose peggiori, dove i bambini sono ancora più vulnerabili. L’obiettivo, tendenzialmente, è quello di dirigersi verso gli Stati Uniti. Il problema è che la maggior parte di loro non arriva nemmeno all’altezza di Città del Messico…

    D. – Queste bande che si occupano della tratta e che sono così prive di scrupoli nei confronti di bambini e bambine, chi sono?

    R. – E’ il crimine organizzato: sono gli stessi gruppi che gestiscono il traffico di droga e il traffico di armi. Quindi, parliamo in primo luogo dei Los Zetas o del cartello di Sinaloa. Quello dei migranti è un traffico che genera un flusso di denaro e di liquidità altissimo ed è lì che loro hanno trovato il business, per cui a loro interessa che ci siano delle politiche repressive e quindi che i migranti centramericani siano clandestini. Questo significa che nel momento in cui entrano in Messico sono vulnerabili e questo fa comodo prima di tutto ai gruppi del crimine organizzato.

    D. – Che tipo di azione di contrasto c’è? Le autorità messicane in che modo intervengono? Voi denunciate, nel Rapporto, anche le violenze commesse nelle stazioni migratorie controllate dalle forze dell’ordine…

    R. – Esattamente, sì. Ma, le forze dell’ordine sono le prime: sono il primo interlocutore che i migranti trovano nel momento in cui passano la frontiera. Infatti, la frontiera riescono a passarla grazie al trafficante che, di solito, li ha contattati nel Paese d’origine. Dopo di che, devono pagare una serie di dazi. I primi a cui pagano questi dazi sono le autorità di frontiera che li derubano, li minacciano, tolgono loro tutto quello che hanno. Prima ancora dei gruppi del crimine organizzato, ci sono le autorità: in Messico c’è un livello di corruzione altissimo.

    D. – All’Italia e all’Europa, in generale, cosa chiedete?

    R. – Che i governi si parlino e cerchino di pensare ad una politica sulla migrazione che sia comune. E’ un problema globale! Per cui, sicuramente pensare a politiche che in tutti i Paesi possano per lo meno aiutare immediatamente le categorie più vulnerabili, in primo luogo i minori e le donne. In Messico, ad esempio, il minore non accompagnato viene rimpatriato come un adulto, cosa che per esempio in Italia – per fortuna! – non avviene.


    inizio pagina

    Legge stabilità. Scuole cattoliche deluse: cifra inferiore rispetto allo scorso anno

    ◊   Continua a far discutere la legge di stabilità. Il presidente, Giorgio Napolitano, ha detto che “il problema è di vedere nell'insieme su quali risorse possiamo contare seriamente senza inventarci delle coperture fasulle”. Nel provvedimento, per le scuole non statali è prevista una spesa di 220 milioni di euro nel 2014. Una cifra che non soddisfa la Fidae, la Federazione che riunisce le scuole d’ispirazione cattolica. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente don Francesco Macrì:

    R. – Nei vari passaggi, c’è stato un emendamento, perché il testo originario continuava a recitare "a decorrere dall’anno 2014". E’ stato cancellato questo “a decorrere”, per cui rimane “dall’anno 2014”. Rispetto a questa cifra, siamo fortemente delusi perché è una cifra inferiore rispetto a quella dell’anno scorso, in più non garantisce quel minimo di progettualità che ogni scuola deve avere. Ecco perché a noi sarebbe andata molto meglio quell’espressione “a decorrere dall’anno 2014”, appunto per dare alle scuole questa possibilità di potersi programmare, senza l’angoscia di sapere anno per anno se ci sarà o non ci sarà il finanziamento.

    D. – Se dovessero chiudere le scuole paritarie, quali sarebbero i contraccolpi per lo Stato?

    R. – Il costo medio di un alunno di scuola statale, calcolando solo le spese correnti, è all’incirca di settemila euro all’anno. Quindi, se questi ragazzi delle scuole paritarie, che sono all’incirca 300 mila, rifluissero nelle scuole statali, immagini che sovraccarico di spese avrebbe lo Stato.

    D. – Lei vorrebbe rivolgere un appello al governo, al ministro Carrozza, affinché la legge di stabilità cambi in meglio in Parlamento?

    R. – Avevamo già parlato con diversi parlamentari dei diversi schieramenti. Abbiamo partecipato ad alcuni tavoli tecnici presso il Ministero. Io, come altri rappresentanti di associazioni di scuole paritarie, abbiamo avuto un’audizione alla settima Commissione della Camera, dove si discuteva appunto il disegno di legge sulla scuola. Ho chiesto che i dispositivi previsti per la scuola statale – che riguardavano la ristorazione, il trasporto, le borse di studio, i testi scolastici, le varie connettività, la prevenzione della dispersione scolastica e così via – potessero includere anche la scuola paritaria. Purtroppo, la discussione di questo disegno di legge si è chiusa tagliandoci fuori, per cui la conclusione è che la scuola paritaria in Italia rimane ancora marginale, non è considerata parte integrante dell’unico sistema scolastico nazionale, contraddicendo in questo modo la legge 62 del 2000. E non solo. Si vanno a contraddire tante risoluzioni che sta emanando l’Unione Europea. L’ultima di queste risoluzioni è del 2012, nella quale si afferma espressamente che gli Stati dell’Unione Europea non devono assolutamente stabilire discriminazioni tra le scuole cosiddette statali e le scuole cosiddette paritarie.

    inizio pagina

    Facebook più permissivo per i minorenni. Buttarelli: urge normativa Ue uniforme

    ◊   “Siamo pronti a denunciare al Garante della Privacy, Facebook, che continua ad essere terra di nessuno, dove regole e controlli sono risibili e dove al genitore non é consentito l'esercizio di alcun controllo sulla vita virtuale del proprio figlio minorenne”. Così il Movimento genitori risponde in Italia all’ultima decisione di Facebook: la possibilita' di rendere pubblici i post, quindi il profilo, degli under 18 come succede con gli utenti adulti. Cosa fare e come difendersi? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Giovanni Buttarelli, Garante europeo aggiunto per la protezione dei dati personali:


    R. – Per quanto riguarda i genitori, nel futuro c’è una riforma in corso. Avremo, per i minori sotto i 13 anni, una tutela molto più forte, perché non sarà possibile in ogni caso prescindere da un consenso dei genitori, prestato in chiave di verificabilità e di autenticità. Per quanto riguarda il momento attuale, c’è il problema della capacità di agire dei genitori che, in questa procedura per esempio, potrebbe non essere previsto. Purtroppo, finché non si realizzerà il principio uniforme che i social network devono tenere conto, non solo di ciò che è "fashion", ma anche dei diritti della personalità, continueremo a soffrire e ad allarmarci su questi temi.

    D. – Ai genitori cosa dire nell’immediato? Cosa si può fare? Ovviamente comprendendo che i ragazzi hanno mille stimoli da tantissime fonti...

    R. – Nei casi estremi ovviamente ci sono rimedi giuridici, ma prima ancora ci sono una serie di soluzioni di dialogo, di verifica attenta con i propri figli, per cercare di guidarli meglio e renderli più consapevoli, autonomamente, delle conseguenze che ne deriveranno. E’ facile disseminare i propri dati in un secondo al resto del mondo, mentre è, a volte, missione impossibile cancellare queste tracce, quando ci si accorge un momento dopo degli effetti negativi, e spesso anche non voluti, di alcune estensioni di informazione.

    D. – Quando parla di conseguenze negative cosa intende?

    R. – Io posso postare un “mi piace” perché ho gradito una foto, posso postare i miei contatti, con amicizie che oggi ci sono e domani no, posso postare alcune foto di gruppo, prese in un momento di allegria, foto e informazioni che un domani saranno assemblate, saranno disponibili in Rete, dove i datori di lavori, le società di assunzione, andranno regolarmente a prendere informazioni. Quindi tutto questo creerà un profilo di noi, di cui nemmeno noi siamo consapevoli, che potrà non corrispondere affatto alla nostra attuale personalità o alla personalità di ieri, di quando abbiamo postato queste foto.

    D. – Questo, ovviamente, tenendo fuori tutta la sfera di chi invece va sui social network per adescare e per offendere. E’ tutto un mondo che non può che godere di questo permissivismo o no?

    R. – Su questo, per fortuna, come Italia, abbiamo più carte in regola: siamo tra i Paesi che hanno la migliore normativa e anche le migliori forze investigative. Io non vorrei che con tutte queste analisi noi arrivassimo a criminalizzare il social network, che dovrebbero essere invece un’occasione contemporanea per sviluppare meglio la personalità. E’ proprio il contrario: un approccio sobrio, meditato, informato che permetta di capire meglio quali sono le conseguenze dei nostri comportamenti, potrebbe aiutare a valorizzare gli aspetti socialmente positivi dei social network.

    D. – Molti lasciano Facebook per Twitter. Le chiedo: Twitter è più garantista? Ha più tutele?

    R. – No, pongono sempre gli stessi problemi. In cambio di un benefit immediato, che sembra di grande valore in quel momento, noi cediamo molto di più della nostra privacy. Non è tanto un problema di mettere su piazza ciò che sappiamo di noi stessi, ma piuttosto l’effetto devastante sulle personalità di cui gli utenti non sono resi consapevoli. Quindi, i gestori dei social network dovrebbero pensare meno al mercato e più alle persone.

    D. – Denunciare Facebook al garante serve?

    R. – Il garante non è un’autorità di polizia. Si possono fare segnalazioni, reclami circostanziati. Quando c’è un caso specifico, l’autorità può anche intervenire di sua iniziativa. Sarebbe semplicemente l’ennesimo episodio di una saga che purtroppo non ha fine. E’ un fenomeno esploso di recente. Gli strumenti del diritto europeo e nazionali sono ancora imperfetti, salvo il profilo della prevenzione dei reati. Ci vorrà ancora un po’ per venirne a capo.

    inizio pagina

    Da San Marino a Roma. Oltre 100 i partecipanti all'VIII Ecorally Internazionale

    ◊   Da San Marino fino a Roma, passando attraverso i luoghi dove camminò Francesco d’Assisi nel suo percorso da Rimini alla Verna. E’ l’ottava edizione dell’"Ecorally", una gara internazionale che vede protagoniste le auto più ecologiche e che parte domattina da San Marino, per concludersi domenica nella capitale, dove i partecipanti assisteranno all’Angelus a piazza San Pietro. Alla competizione, partecipano oltre 100 concorrenti di cui una trentina di giornalisti di diverse testate nazionali. Marina Tomarro ha intervistato Carlo Ennio Morri, tra gli organizzatori dell’evento:

    R. – La manifestazione è nata per cercare di divulgare l’educazione ecologica sulla mobilità, cercando di utilizzare auto che non inquinino. Abbiamo sempre fatto riferimento a San Francesco, perché l’abbiamo considerato patrono dell’ecologia. Quest’anno, ricorre l’800.mo anniversario del passaggio di San Francesco per la Valle del Marecchia, che è una valle ai piedi di San Marino, nel tragitto da Rimini fino a Laverna. Noi abbiamo pensato di percorrere una parte del tragitto di San Francesco per onorarlo ancora di più.

    D. – Ma cosa vuol dire Ecorally?

    R. – Non è una corsa di velocità, ma una corsa di regolarità. Praticamente, è una gara cui possono partecipare – e partecipano anche – famiglie addirittura con bambini a bordo. Sono auto che hanno un basso impatto ambientale: parliamo di quelle alimentate a gas, quelle alimentate con bio carburanti, elettriche ed ibride. Questo è un po’ il mondo attuale della mobilità sostenibile.

    D. – Ma oltre al rally, secondo lei, sarebbe possibile una maggiore diffusione di queste auto nell’uso quotidiano di tutti i giorni, anche per le famiglie?

    R. – Sono auto comodissime, che sono in commercio. Il nostro messaggio quindi è quello che quando uno acquista un’auto, dovrebbe acquistarla con queste alimentazioni ecologiche, per contribuire al non inquinamento dell’ambiente, soprattutto dell’aria, che dall’Oms è stata considerata la causa più importante per la proliferazione dei tumori.

    D. – Quindi, l’Ecorally è anche un modo per promuovere l’ambiente e per andare verso un’auto più pulita...

    R. – Questo è il nostro scopo principale, cercando di fare anche una manifestazione sportiva che diverta e che nello stesso tempo possa dare un messaggio forte. Vedo che qualche cosa si sta muovendo.

    inizio pagina

    Milano. Concluso Convegno su "Religioni, libertà e potere" per l'Anno Constantiniano

    ◊   Laicità non è ridurre la religione a fatto privato. Dal Convegno milanese concluso ieri, promosso nell'Anno Costantiniano sul tema "Religioni, libertà e potere", sono emerse piste pratiche per impostare correttamente il rapporto fra religioni e spazio pubblico. Il servizio di Fabio Brenna:

    Silvio Ferrari, dell’Università Statale di Milano ha evidenziato l’inesorabile processo che ha toccato la nozione stessa di religione: meno associata alla pratica e ai simboli fin quasi una privatizzazione nella sfera della coscienza e delle sue convinzioni, quindi invisibile. Una religione che è così finita emarginata dalla vita pubblica, ridefinendo il concetto della scelta individuale nella sfera privata.

    Si è così imposta una visione di laicità intesa come neutralità tesa ad assicurare la coesione sociale, rendendo problematico, però, il punto di osservazione super-partes da cui qualcuno può decidere il comportamento di tutti. Un modo più efficace di considerare la laicità - non filosofico, ma giuridico - è invece quello di mantenere l’imparzialità delle istituzioni per evitare che si privilegi chi professa la stessa fede di chi comanda. In questa dimensione, lo stato non si propone di educare i cittadini, ma di regolare i rapporti fra di loro. Una visione di questo tipo consente uno sviluppo più ampio della libertà di religione, non ridotta a un fatto privato, ma che traduce in pubblico i valori sottesi, contribuendo così all’evoluzione della società stessa.

    Dopo la sessione dedicata più specificamente al cristianesimo e alla libertà di credere, è toccato al vicario episcopale di Milano, mons. Luca Bressan trarre le conclusioni del Convegno, che segna anche il punto di arrivo delle celebrazioni dell’Anno Costantiniano per il 1700.mo anniversario dell’Editto di Milano, che si ritiene diede il primo riconoscimento della libertà religiosa:

    “Noi non celebriamo semplicemente in modo archeologico la libertà religiosa, così come la ha immaginata Costantino, ma ci interessa vedere la libertà religiosa come sfida oggi, soprattutto di fronte a quel cambiamento che sta vivendo la città di Milano, che sta diventano una società sempre più plurale per la presenza degli immigrati, ma anche per un’evoluzione culturale in atto nel modo di intendere il rapporto tra società e religione”.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Chiese europee: a Kosice l'incontro dei vescovi cattolici di rito orientale

    ◊   “Siamo radunati qui per cercare le risposte alle domande del mondo di oggi”. Con queste parole mons. Milan Chautur, eparca di Kosice, ha accolto ieri sera i vescovi cattolici di rito orientale riuniti nella cittadina slovacca per il loro incontro annuale. Dall’Albania, all’Ucraina. E ancora Romania, Bielorussia, Francia, Inghilterra. Sono vescovi rappresentanti 14 Chiese cattoliche di rito orientale presenti in Europa. L’incontro, che ha per tema “Evangelizzare la cultura - inculturare il Vangelo”, si è aperto con una solenne celebrazione dei vespri in rito orientale nella cattedrale della Natività della Santa Vergine di Kosice. Al termine della cerimonia, l’eparca Chautur ha preso la parola ed ha detto: “La cultura, nei tempi passati, sollevava lo spirito. Ma oggi spesso uccide dentro, nell’uomo, gli ultimi buoni sentimenti. Spesso ci troviamo davanti a un fatto: questa cultura non alza lo spirito dell’uomo verso Colui che è fonte di bellezza eterna”. L’incontro si svolge a Kosice perché quest’anno si celebrano i 1150 anni dell’arrivo dei Santi Cirillo e Metodio in terra slava. Nel ricordare questa ricorrenza, mons. Chuatur ha detto: “Vogliamo imparare da loro come penetrare anche la cultura e colmarla con il Vangelo” e “condurre l’uomo di oggi alla fonte della gioia, offrendogli la possibilità di accettare il Vangelo”. A patrocinare l’incontro è il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e in un messaggio ai partecipanti il card. Péter Erdő, arcivescovo di Budapest e presidente del Ccee, ha fatto riferimento al tema scelto per l’incontro “Evangelizzare la cultura”. “È sicuramente urgente, nel nostro continente - ha sottolineato - ricordare le comuni radici cristiane, incarnate lungo i secoli nella ricchezza delle culture che lo compongono”. “Ancora oggi l’Europa ha bisogno di persone e comunità che, vivendo il Vangelo nella gioia, riescano a incarnare in modo efficace il Vangelo nella propria cultura testimoniando la comunione in Cristo”. Il cardinale ha ricordato anche che domani a Budapest, si celebrerà la beatificazione del salesiano Stefano Sándor, definendolo parte di quella “schiera di uomini e donne che hanno dato la vita per Cristo in Europa”. A riattualizzare lo stile di evangelizzazione dei due co-patroni di Europa è stato questa mattina mons. Cyril Vasiľ, arcivescovo segretario della Congregazione per le Chiese orientali, il quale nel suo intervento ha invitato a "sviluppare una maggiore capacità comunicativa, essere in grado di evangelizzare con la nuova “grammatica” del web, dare voce alla difesa dei diritti umani, soprattutto nel mondo del lavoro. In una parola, uscire da uno “spirito di conservazione” per aprirsi a tutti. Ecco la riforma della Chiesa secondo il carisma dei santi Cirillo e Metodio di cui quest’anno si celebrano i 1150 anni dal loro arrivo in terra slava. “I santi Cirillo e Metodio - ha detto mons. Vasiľ - sono stati in primo luogo missionari. Le nostre Chiese devono rinnovare lo slancio missionario, uscire da uno spirito di 'manutenzione', di conservazione delle posizioni acquisite per aprirsi verso una missione fra i nostri contemporanei che sono lontani dalla fede”. Riguardo al contributo che i santi Cirillo e Metodio hanno dato grazie all’introduzione della lingua liturgica del posto, Vasiľ ha posto oggi la domanda circa “la comprensibilità della lingua ecclesiastica nell’annuncio del Vangelo”. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: oltre 170 i morti del sisma. Gli aiuti della Chiesa

    ◊   Il violento terremoto che si è abbattuto su Bohol e Cebu, nelle Filippine, martedì scorso, il cui epicentro si trova a circa 33 km al di sotto di Carmen, Bohol, ha causato ingenti danni, distrutto infrastrutture, ed ha fatto crollare edifici, conventi e parrocchie. Secondo le notizie inviate all’agenzia Fides dalla Camillian Task Force (Ctf), “il numero di morti è di oltre 170 ma continua ad aumentare. I soccorritori cercano di raggiungere i pazienti di un ospedale crollato e villaggi di montagna dove si teme che un numero non identificato di persone sia rimasto intrappolato a causa di una frana. Le famiglie colpite sono finora 441.709.” Diverse chiese di pietra, vecchie di secoli, si sono frantumate e vaste zone sono senza corrente elettrica. Molte strade e ponti sono rimasti danneggiati, rendendo difficili le operazioni di soccorso. Mentre gli interventi continuano, ci si aspetta purtroppo che il numero di morti aumenterà,” - si legge tra le notizie ricevute. Bohol è una Provincia dalla quale provengono numerosi religiosi Camilliani e seminaristi. La città di Maribojoc è una di quelle maggiormente colpite. Secondo un ultimo aggiornamento inviato a Fides da fr. Dan Cancino, della Commissione Sanitaria della Conferenza episcopale delle Filippine, “nelle quattro città di Carmen, Maribojoc, Cortes e Loon manca ancora l’elettricità, le ultime 3 sono isolate e raggiungibili solo con le barche via mare. Fr. Yking si è recato in questi luoghi per fare una prima valutazione. I primi soccorsi, medicine, cibo e acqua, vengono trasportati da Cebu o da Manila a Tagbilaran.” La Ctf Filippine sta ora facendo una rapida valutazione delle urgenze attraverso l’aiuto degli ex-seminaristi Camilliani di Bohol, che si stanno spostando qua e là per le città colpite, per raccogliere dati e informazioni. La Ctf Central ha lanciato un appello di preghiera per i sopravvissuti a tutte le famiglie o comunità. (R.P.)

    inizio pagina

    Egitto: per il patriarca copto cattolico il Paese sta tornando al suo popolo

    ◊   "Finalmente gli egiziani sono liberi e l’Egitto appartiene di nuovo al suo popolo". Il patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak definisce così la situazione nel suo Paese. Il patriarca - che questa settimana ha visitato la sede di Aiuto alla Chiesa che Soffre - individua «due fasi della rivoluzione». La prima è quella che ha portato alla caduta di Hosni Mubarak, «colpevole di aver abusato del proprio potere», la seconda coincide invece con la deposizione dell’ex presidente Mohammed Morsi. «Il leader della Fratellanza – afferma - è stato eletto democraticamente, ma anziché rappresentare gli egiziani, ha salvaguardato unicamente gli interessi dei Fratelli musulmani, servendosi della religione per fini politici». L’instabilità degli ultimi mesi ha aggravato la situazione economica e sociale dell’Egitto e rafforzato i gruppi estremisti, in particolar modo nelle regioni meridionali. «L’Alto Egitto è stato a lungo trascurato dal governo e ciò ha permesso ai fondamentalisti di sostituirsi alle autorità - spiega il patriarca – non deve stupire se molti degli ultimi attacchi hanno avuto luogo in quest’area». Uno dei simboli delle violenze settarie del dopo-Morsi è il piccolo villaggio rurale di Dalga, nel governatorato di Minya, dove due chiese, un monastero di oltre 1600 anni e una trentina di abitazioni cristiane sono state distrutte. Dal colpo di stato del 3 luglio fino al 17 settembre scorso, il piccolo centro è stato sotto il controllo dei sostenitori di Morsi, alcuni dei quali avrebbero perfino costretto gli abitanti cristiani a pagare la gizya: una tassa di protezione imposta dall’impero ottomano ai non musulmani. "Fortunatamente l’esercito e la polizia sono riusciti a liberare Dalga ed altri villaggi in cui si nascondevano i fondamentalisti", racconta il prelato che è stato vescovo di Minya per più di dieci anni. Un altro argomento di grande interesse sono le modifiche alla Costituzione egiziana, che dovrebbero essere note a breve. «La maggior parte dei membri della costituente vuole uno Stato civile, ma non dobbiamo dimenticarci che la mentalità islamica è ancora molto diffusa nel Paese», afferma il patriarca. Tra i punti che fanno maggiormente discutere l’ormai noto articolo 2, che indica i “principi della sharia quale principale fonte di diritto”. I membri del partito al-Nour vorrebbero eliminare la parola principi e lasciare come unico riferimento la legge coranica. "Se parliamo dei principi della sharia intendiamo valori comuni a tutti, quali il rispetto, l’amore, i diritti umani – spiega il patriarca – ma se cancelliamo la parola principi l’articolo si presta ad interpretazioni pericolose. Ad ogni modo non credo che il tentativo salafita avrà successo». Il patriarca guarda comunque con fiducia al nuovo testo costituzionale ed al futuro dei suoi fedeli. «I cristiani in Egitto sono rispettati e tantissimi nostri connazionali hanno apprezzato il modo in cui abbiamo reagito agli attacchi subiti questa estate. Non abbiamo cercato vendetta, né aiuti dall’estero. Non ci siamo fatti trascinare in una guerra civile ed abbiamo sempre continuato a collaborare con i nostri fratelli musulmani". (R.P.)

    inizio pagina

    Card. Ouellet: in Sant'Hurtado "la forza profetica di Papa Francesco"

    ◊   “L’opportunità di questa memoria viva del gesuita cileno ottiene potente illuminazione alla luce dell’attuale pontificato di Papa Francesco, primo Pontefice gesuita, anche lui del cono sudamericano, molto devoto a San Alberto Hurtado”. Lo ha detto il card. Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, aprendo ieri, presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma, il seminario sulla figura di san Alberto Hurtado, a otto anni dalla sua canonizzazione avvenuta il 23 ottobre 2005 ad opera di Benedetto XVI (venne beatificato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1994). Il pastore gesuita - riferisce l'agenzia Sir - fondatore tra le altre cose, dell’Hogar de Cristo (1944) e della rivista dei gesuiti cileni Mensaje (1951), in vita sempre mostrò quell’opzione preferenziale per i poveri e gli emarginati che lo collocano in una linea di continuità con l’attuale Pontefice. “Negli echi delle parole di San Alberto Hurtado - ha infatti continuato il cardinale - risuona anche la forza profetica di Papa Francesco che vuole dal profondo della sua anima una Chiesa povera e per i poveri. Benvenuta, pertanto - ha detto il porporato - la memoria di san Hurtado che non è ricordo nostalgico ma presenza viva che ci interpella e ci chiama alla conversione”. (R.P.)

    inizio pagina

    Malaysia: per il governo la sentenza su “Allah” si applica solo all’Herald, non a Bibbia e liturgia

    ◊   Il divieto di uso della parola “Allah” vale solo per il settimanale cattolico Herald, e non per altre pubblicazioni cristiane o per la Bibbia in lingua malese, chiamata “Al-kitab”, ampiamente usata negli stati di Sabah e Sarawak: lo ha specificato il vice ministro degli Interni malaysiano, Wan Junaidi Tuanku Jaafar. Come appreso dall'agenzia Fides, è in corso nel Paese un vivace dibattito pubblico sulla sentenza della Corte di Appello che alcuni giorni fa ha proibito al settimanale l’uso del termine “Allah” per riferirsi a Dio. Leader politici e religiosi, insieme a intellettuali e membri della società civile, stanno cercando di spiegare il verdetto alla cittadinanza, per evitare che gruppi radicali possano darne una interpretazione restrittiva, fomentando conflitti o attacchi ai cristiani. Le comunità cristiane di diverse confessioni, infatti, come reso noto dai vescovi, continueranno a usare il termine “Allah” per il culto e nella bibbia. In una nota giunta a Fides, ieri la “Federazione Cristiana della Malaysia” (Cfm) aveva messo in guardia dal pericolo che il divieto di uso della parola “Allah” potesse avere “implicazioni di vasta portata e interessare tutte le pubblicazioni cristiane stampate nella lingua locale, il bahasa”. Questo, infatti, è proprio quanto chiedono apertamente gli attivisti musulmani del gruppo “Perkasa” che hanno invocato l’estensione del divieto a “tutte le chiese e alle pubblicazioni cristiane di Sabah e Sarawak”. Un appello a “comprendere la sentenza e a non strumentalizzarla” è giunto anche dalla “Associazioni degli avvocati musulmani malesi”. Il Presidente Zainur Rijal Abu Bakar ha confermato che “la sentenza riguarda solo la pubblicazione del settimanale Herald, e niente oltre questo”. Sarebbe un grave fraintendimento, prosegue l’Associazione in un comunicato inviato a Fides, “ritenere che la decisione della Corte ponga il divieto generale di usare la parola Allah a qualsiasi cittadino non musulmano in Malaysia”. (R.P.)

    inizio pagina

    Pakistan. Conclusione dell’Anno della fede: nuovo slancio per la missione e per l’unità

    ◊   L’Anno della Fede lascerà nei cristiani pakistani un profondo rinnovamento spirituale e un nuovo slancio per la missione. Rafforzerà l’unità fra i credenti e infonderà anche “nuovo coraggio” in un momento difficile per i credenti in Pakistan, segnati dalla recente strage di Peshawar. E’ quanto ha detto il mons. Sebastian Francis Shaw, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Lahore, parlando a un raduno ecumenico di oltre 230 fedeli cristiani, tenutosi nella Chiesa di San Giuseppe a Lahore. Come ha appreso dall’agenzia Fides, il raduno è stato organizzato da padre Francis Nadeem, coordinatore del “Comitato di Solidarietà Ecumenica” di Lahore, con l’intento di coniugare la chiusura dell’Anno della fede e la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale. Mons. Shaw, parlando all’assemblea ha sottolineato: “L'Anno della Fede ci ha fatto riflettere sulla nostra vita, ci ha aiutato a conoscere meglio la persona di Gesù Cristo e da questo la nostra fede esce rafforzata”. “Ogni cristiano – ha ribadito mons. Shaw – ha bisogno di sperimentare personalmente chi è Gesù nella sua vita”, concludendo con l’auspicio che “l'Anno della Fede porti frutti di pace nella vita di ognuno”. L’iniziativa di proclamare un “Anno della Fede” è stata apprezzata anche da leader cristiani di altre confessioni, presenti all’incontro, che hanno rimarcato come la fede sia “un elemento che unisce tutti credenti in Cristo”. La serata è stata caratterizzata dalla presenza di numerosi cori di comunità cristiane di varia confessioni, che hanno mandato un messaggio di fede e di speranza attraverso musica e inni sacri. All’inizio dell’Anno della Fede, i leader delle quattro chiese cristiane ufficialmente riconosciute in Pakistan (Chiesa cattolica, Chiesa Presbiteriana, Esercito della Salvezza, Chiesa anglicana del Pakistan), hanno approvato una dichiarazione congiunta in cui si impegnavano a “lavorare insieme nella proclamazione del Regno di Dio; a concentrasi sulle cose che uniscono, evitando quelle che dividono”; a continuare a incontrarsi e pregare insieme nelle occasioni liturgiche più importanti; a promuovere manifestazioni con scopi e obiettivi comuni”. (R.P.)

    inizio pagina

    Panama: vertice Iberoamericano. Assente il re di Spagna

    ◊   E’ tutto pronto a Panamá per accogliere i presidenti dei 22 Paesi che parteciperanno oggi e domani al XXIII Vertice Iberoamericano, assente per la prima volta, per problemi di salute, il re di Spagna, Juan Carlos. I lavori - riporta l'agenzia Misna - saranno inaugurati dal presidente Ricardo Martinelli nelle vicinanze del Canale e avranno come principale scopo quello di promuovere il rinnovamento del blocco, di fronte ai cambiamenti radicali della geopolitica mondiale portati dal nuovo millennio. Martinelli presenta come biglietto da visita un Paese con un’economia florida e una crescita stimata, per quest’anno, del 7,5%, la seconda in America Latina dopo il Paraguay, con proiezioni del 12% (secondo il Fondo Monetario Internazionale). America Latina, Spagna e Portogallo vivono oggi una realtà ben diversa rispetto a quando il blocco nacque, nel 1991, nella città messicana di Guadalajara unendo le 22 nazioni essenzialmente sul sostegno ad alcune democrazie nascenti e la cooperazione allo sviluppo. Il cosiddetto ‘decennio perduto’ in America Latina – ovvero la crisi economica e finanziaria che colpì la regione negli anni ‘80 del secolo scorso – ha poi lasciato spazio a un periodo di vigoroso sviluppo che ha consentito di far uscire dalla povertà 70 milioni di persone e farne entrare altri 50 nella cosiddetta classe media. Dal canto loro, Spagna e Portogallo cercano oggi di superare una profonda crisi potenziando le loro capacità di esportazione con l’America Latina che resta fra i loro principali partner commerciali. Al vertice di Panamá, l’ex presidente cileno Ricardo Lagos presenterà tra l’altro un rapporto che raccomanda, a partire dal summit in programma nel 2014 a Veracruz (Messico), che gli incontri divengano biennali e si focalizzino sui programmi di cooperazione. (R.P.)

    inizio pagina

    Onu: al Consiglio di sicurezza 5 nuovi Paesi membri non permanenti

    ◊   Arabia Saudita, una prima assoluta, Ciad, Cile, Nigeria e Lituania: sono i Paesi designati ieri come membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un mandato di due anni che comincerà il 1° gennaio 2014. Sui 193 Paesi membri dell’Assemblea generale - riferisce l'agenzia Misna - l’Arabia Saudita ha ottenuto 176 voti, il Ciad 184, Nigeria e Cile 186 e la Lituania 187. I Paesi scelti non avevano altri ‘sfidanti’ nelle rispettive regioni: rimpiazzeranno dal prossimo anno Marocco, Togo, Pakistan, Guatemala e Azerbaijan. Gli altri cinque Paesi membri non permanenti sono Rwanda, Argentina, Lussemburgo, Corea del Sud e Australia: termineranno il mandato alla fine del 2014. Alcuni dei nuovi Paesi del Consiglio hanno interessi particolari in casi di rilievo globale seguiti da vicino dall’organo esecutivo delle Nazioni Unite, composto da 15 Stati, di cui 5 con diritto di veto (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina). Siria e Iran interessano principalmente l’Arabia Saudita che sostiene la ribellione a Damasco e si oppone a Teheran. Ciad e Nigeria partecipano alla Minusma, la missione dei ‘caschi blu’ in Mali. (R.P.)

    inizio pagina

    Camerun: alle legislative vince il partito di governo

    ◊   Netta vittoria, prevista, per il partito del Presidente Paul Biya alle elezioni legislative del 30 settembre: secondo i risultati diffusi dalla Corte suprema, il Rassemblement démocratique du peuple camerounais (Rdpc) ha ottenuto ben 148 dei 180 seggi disponibili in parlamento. Il partito di Biya continuerà dunque a disporre di una maggioranza assoluta, pur potendo contare su cinque deputati in meno rispetto all’ultima legislatura. In crescita, ma comunque non in grado di condizionare le scelte di governo, gli oppositori del Social Democratic Front (Sdf): il partito ha conquistato 18 seggi, due in più rispetto al voto del 2008. Secondo la Corte suprema, a esprimere la propria preferenza è stato quasi il 77% dei circa cinque milioni e mezzo di aventi diritto. L’Rdpc è risultato primo partito in gran parte del Paese, anche nella provincia anglofona di Douala, ma non nelle zone nord-occidentali roccaforte dell’Sdf. In parlamento entrano anche tre nuovi partiti, l’Union des populations du Cameroun (Upc), il Mouvement pour la défense de la République (Mdr) e il Mouvement pour la renaissance du Cameroun (Mrc). Biya guida il Paese dal 1982. Anche in occasione di queste legislative le forze di opposizione hanno denunciato irregolarità, in particolare rispetto ai finanziamenti della campagna elettorale. (R.P.)

    inizio pagina

    Togo: conclusa la Plenaria dei vescovi

    ◊   La missione della Chiesa in Togo, la sua testimonianza, le sfide di oggi e ancora la vita nei seminari, la riforma dei tribunali ecclesiastici, l’insegnamento cattolico: sono gli argomenti affrontati dai vescovi del Togo riuniti in assemblea ordinaria a Dapaong. Nel corso dei lavori, si legge in un comunicato pubblicato sul portale della conferenza episcopale togolese www.cetogo.org, è stato presentato ufficialmente a tutti i vescovi il nuovo nunzio apostolico mons. Brian Udaigwe, che ha presentato le proprie lettere credenziali al capo dello stato togolese Faure Gnassingbé lo scorso 26 settembre. Ai vescovi hanno presentato i rapporti finanziari gli economi dei due grandi seminari e del seminario propedeutico. A proposito dell’insegnamento cattolico, i presuli hanno ribadito la necessità di lavorare insieme agli insegnanti e ai genitori per assicurare ai bambini un’educazione degna. Hanno incontrato la conferenza episcopale anche religiosi e religiose ai quali è stata espressa gratitudine per il prezioso lavoro svolto nella Chiesa a beneficio di molte persone in materia di sanità, educazione e sostegno ai giovani. (T.C.)

    inizio pagina

    Brasile: il ruolo della Chiesa prima e dopo il Mondiale di calcio

    ◊   Si è concluso ieri, a Brasília, il primo incontro tra i rappresentanti delle 12 arcidiocesi brasiliane che ospiteranno le partite dei Mondiali di Calcio nel 2014. "Manca poco ai Mondiali e sappiamo che un evento così grande incide sulla vita quotidiana nel Paese", ha affermato mons. Anuar Battisti, responsabile per la Pastorale del Turismo della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb). Tra i principali punti al centro del convegno il problema degli sgomberi forzati nelle aree vicine ai cantieri dei lavori di costruzione dei nuovi stadi. "La Chiesa non può tacere di fronte agli sgomberi, dobbiamo essere vicini agli sfrattati", ha detto mons. Battisti. Il presule riconosce l'importanza dell'evento per il turismo in Brasile, ma avverte anche sui rischi e le sfide per la Chiesa. "Il turismo è necessario, tuttavia dobbiamo fare attenzione alle situazioni a rischio come l'aumento della prostituzione giovanile, che purtroppo è già una realtà in nostro Paese". Intanto, l'ufficio della Pastorale del Turismo sta lavorando all'accoglienza pastorale di turisti e tifosi che arriveranno da tutto il mondo nella prossima estate. "Vogliamo essere Chiesa anche nell'accoglienza, offrendo insieme alla nota ospitalità brasiliana, opportunità di preghiera". (R.B.)

    inizio pagina

    Francia: appello di Giustizia e pace per una moratoria sull’arsenale nucleare

    ◊   Una moratoria per la modernizzazione dell’arsenale nucleare, almeno fino alla prossima conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione (Tpn), fissata per il 2015: è quanto chiede, in un articolo pubblicato su La Croix, mons. Yves Boivineau, vescovo di Annecy e presidente di Giustizia e pace all’interno della Conferenza episcopale francese. Il presule fa quindi eco a quanto affermato da mons. Dominique Mamberti, che lo scorso 27 settembre è intervenuto all'Incontro di alto livello sul disarmo nucleare dell'Assemblea generale dell’Onu. “In base ai termini del Trattato di non proliferazione – ha detto in quell’occasione il segretario per i rapporti con gli Stati - agli Stati viene imposto di compiere sforzi in buona fede per negoziare l’eliminazione delle armi nucleari; ma possiamo dire che c’è buona fede quando i programmi di modernizzazione degli Stati possessori di armi nucleari proseguono, malgrado le loro dichiarazioni riguardo a un futuro disarmo nucleare?”. A breve, spiega mons. Boivineau, il Parlamento francese esaminerà la legge di programmazione militare per gli anni 2014-2019, tema che ha richiamato l’attenzione dei media in generale, ma non sulla questione dell’arsenale nucleare. Di qui, la sottolineatura del vescovo francese al fatto che “il Tpn è fondato su un equilibrio: in cambio della rinuncia della quasi totalità degli Stati agli armamenti nucleari, coloro che li possiedono si impegnano a ridurli progressivamente fino all’eliminazione”. In quest’ottica, il presule evidenzia che “la modernizzazione delle armi nucleari contraddice gli impegni internazionali presi, suscita la riprovazione degli Stati che non ne sono dotati, indebolisce i possibili negoziati con l’Iran e soprattutto scoraggia le popolazioni che aspirano alla pace senza voler correre il grave rischio legato alla presenza di tali armamenti”. Infine, mons. Boivineau suggerisce che la Francia proponga agli Stati con armi atomiche di “esaminare insieme i possibili modi per limitarne la crescita”. (I.P.)

    inizio pagina

    Palermo: al via il 1° Colloquio sulla convivenza nel Mediterraneo dopo il Trattato di Barcellona

    ◊   Il Trattato di Barcellona del 1995 ha posto le basi per una futura unione del Mediterraneo in ambito economico, sociale e culturale. Oggi indica una strada da percorrere che parte dalla cultura e dalle relazioni fra le persone e fra le comunità dell’aerea euro-mediterranea. In questa visione è necessario fondare un ethos comune: una convivenza basata sulla cooperazione, sul dialogo e sul rispetto reciproco. Di questo discuterà il 1° Colloquio del Mediterraneo, su ‘La cultura del Mediterraneo dopo il trattato di Barcellona’, in programma oggi e domani a Palermo, presso la Sala delle Capriate di Palazzo Steri, sede dell’università di Palermo. Guardando alla cooperazione multilaterale tra i Paesi del bacino del Mediterraneo, il Colloquio palermitano prevede due sezioni di lavoro. La prima sarà volta a individuare i problemi prioritari del Mediterraneo, sui quali concentrare prossimamente lo studio, mentre la seconda sarà orientata a cogliere la situazione attuale delle relazioni: movimenti in atto con riferimento all’economia, alla politica, alle culture e alle relazioni. Nel corso della due giorni, organizzata su iniziativa della Cattedra del Rezzara “Studi sul Mediterraneo”, sono previsti gli interventi di Roberto Lagalla, rettore dell’Università degli studi di Palermo, card. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, mons. Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi, Francesca Corrao, Università Luiss di Roma, Marino Breganze, presidente di Banca Nuova, Università di Padova, Abderrazak Sayadi, Università di Manouba, Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto Rezzara, Antonio La Spina, Università Luiss di Roma, Francesco Viola, Università degli studi di Palermo, Isabel Trujillo, Università degli studi di Palermo, Giuseppe Notarstefano, Università degli studi di Palermo, Franco Miano, presidente nazionale Ac, Università Tor Vergata di Roma, Adnane Mokrani, Pontificia università Gregoriana, Sherazad Houshmand, Pontificia università Gregoriana, Patrizia Spallino, Università degli studi di Palermo. (A.T.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 291

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.