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Sommario del 12/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: servizio e non servitù, la Chiesa valorizzi il ruolo della donna
  • La Giornata mariana. Mons. R. Carballo: il cuore di Papa Francesco è di Maria
  • Lampedusa, tweet del Papa: tante volte non vediamo quelli che muoiono vicino a noi
  • Il Papa nomina mons. Montanari segretario del dicastero dei Vescovi
  • Canonizzazione Roncalli e Wojtyla: partecipazione aperta a tutti, senza biglietti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: la diplomazia prepara "Ginevra 2". Proseguono controlli su armi chimiche
  • Pakistan, cristiani vite a rischio. Mons. Coutts: siamo cresciuti nella fede
  • Nigeria: dolore e sconforto per l'omicidio di Afra, missionaria laica al servizio di giovani e studenti
  • Ostello Caritas. Mons. Feroci: dal Papa in regalo una "Harley-Davidson" per la raccolta fondi
  • Roma, manifestazione a difesa della Costituzione: commento del costituzionalista Balboni
  • Morto a Roma Erich Priebke, responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine
  • Giornata nazionale dell'Aism, 65 mila i malati di sclerosi multipla in Italia
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Vescovi del Nord Africa: le preoccupazioni per il futuro della Chiesa e il dramma dell'immigrazione
  • L'India si prepara per Phailin, il ciclone peggiore degli ultimi 14 anni
  • Bosnia-Erzegovina: il card. Puljic chiede di non manipolare i dati del censimento
  • Filippine: le campane delle chiese suonano contro la corruzione
  • Malaysia. Vicina la sentenza sull’uso del termine “Allah” per i cristiani: in ballo la libertà religiosa
  • Honduras: i vescovi invitano ad un voto libero e responsabile
  • Amazzonia: a Manaus il primo incontro di vescovi e operatori pastorali
  • Guatemala: tra povertà e violenza si celebra la Giornata Internazionale della Bambina
  • Irlanda. Appello dei vescovi al governo: il bilancio 2014 sia all’insegna della solidarietà
  • Assisi: quattro giorni di convegno sulla 'consolazione' da riservare ai sofferenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: servizio e non servitù, la Chiesa valorizzi il ruolo della donna

    ◊   Bisogna valorizzare la donna sia in ambito civile che ecclesiale. E’ quanto auspicato da Papa Francesco stamani nell’udienza ai partecipanti al 25.mo anniversario della Lettera Apostolica Mulieris dignitatem del Beato Giovanni Paolo II. Il Papa ha sottolineato che non si può ridurre la maternità ad un ruolo sociale, né promuovere un’emancipazione che abbandoni i tratti che caratterizzano il mondo femminile. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Papa Francesco ha iniziato il suo intervento sottolineando la rilevanza della Mulieris dignitatem del Beato Wojtyla. “Un documento storico – ha osservato – il primo del Magistero pontificio dedicato interamente al tema della donna”. Quindi, si è soffermato sul punto della Lettera dove si dice che Dio “affida in modo speciale l’uomo, l’essere umano alla donna”. Uno speciale affidamento, ha detto, che si riferisce in modo evidente alla maternità:

    “Tante cose possono cambiare e sono cambiate nell’evoluzione culturale e sociale, ma rimane il fatto che è la donna che concepisce, porta in grembo e partorisce i figli degli uomini. E questo non è semplicemente un dato biologico, ma comporta una ricchezza di implicazioni sia per la donna stessa, per il suo modo di essere, sia per le sue relazioni, per il modo di porsi rispetto alla vita umana e alla vita in genere”.

    “Chiamando la donna alla maternità – ha proseguito – Dio le ha affidato in una maniera del tutto speciale l’essere umano”. Tuttavia, ha avvertito, “ci sono due pericoli sempre presenti, due estremi opposti che mortificano la donna e la sua vocazione”:

    “Il primo è di ridurre la maternità ad un ruolo sociale, ad un compito, anche se nobile, ma che di fatto mette in disparte la donna con le sue potenzialità, non la valorizza pienamente nella costruzione della comunità. Questo sia in ambito civile, sia in ambito ecclesiale. E, come reazione a questo, c’è l’altro pericolo, in senso opposto, quello di promuovere una specie di emancipazione che, per occupare gli spazi sottratti dal maschile, abbandona il femminile con i tratti preziosi che lo caratterizza”.

    La donna, ha così sottolineato, ha “una sensibilità particolare per le ‘cose di Dio’, soprattutto nell’aiutarci a comprendere la misericordia, la tenerezza e l’amore che Dio ha per noi”:

    “Anche a me piace pensare che la Chiesa non è 'il' Chiesa: è 'la' Chiesa. La Chiesa è donna, è madre, e questo è bello. Dovete pensare e approfondire su questo”.

    La Mulieris dignitatem, ha affermato, “si pone in questo contesto, e offre una riflessione profonda, organica, con una solida base antropologica illuminata dalla Rivelazione”. Da qui, è stata la sua esortazione, “dobbiamo ripartire per quel lavoro di approfondimento e di promozione che già più volte ho avuto modo di auspicare”. “Anche nella Chiesa – ha detto – è importante chiedersi: quale presenza ha la donna? Può essere valorizzata maggiormente?”

    “Io soffro - dico la verità - quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni ecclesiali che il ruolo di servizio – che tutti noi abbiamo e dobbiamo avere – che il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di servidumbre. Non so se si dice così in italiano. Mi capite? Servizio. Quando io vedo donne che fanno cose di servidumbre, è che non si capisce bene quello che deve fare una donna”.

    Questa realtà, ha concluso Papa Francesco, “mi sta molto a cuore”. Ha così benedetto l’impegno dei partecipanti al Simposio, un impegno cha ha assicurato di volere portare avanti “assieme”, accompagnati dalla Madre di Gesù.

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    La Giornata mariana. Mons. R. Carballo: il cuore di Papa Francesco è di Maria

    ◊   In preghiera di fronte alla Madonna di Fatima. È ciò che faranno Papa Francesco e la folla attesa oggi pomeriggio in Piazza S. Pietro, quando la “Giornata mariana” – organizzata per l’Anno della Fede – vivrà dalle 17 uno dei momenti spiritualmente più intensi, con la catechesi del Papa. Al termine, la statua della Vergine verrà portata al Santuario romano del Divino Amore per la recita del Rosario, in collegamento con i Santuari mariani nel mondo, quindi tornerà domattina in Piazza S. Pietro per la Messa presieduta dal Pontefice alle 10.30. In questi sette mesi, Papa Francesco ha mostrato in molte occasioni le sua profonda devozione a Maria. Lo conferma l’arcivescovo José Rodriguez Carballo, segretario del dicastero della Vita Consacrata, intervistato da Alessandro De Carolis:

    R. – Papa Francesco si sta rivelando un Papa mariano. In pochi mesi è andato, se non ricordo male, quattro volte a Santa Maria Maggiore. Questo vuol dire tanto. Si rivela Papa mariano anche in piccoli gesti. A me sempre colpisce che dopo le celebrazioni eucaristiche in San Pietro o in altre parti, dove c’è un’immagine o un’icona della Madonna, lui si fermi davanti a questa icona o immagine e la tocchi. Questo dimostra o mostra una grande sensibilità verso la Madre di Dio. E anche qui c’è un parallelismo con San Francesco d’Assisi, al quale lui fa tanto riferimento. Francesco d’Assisi è profondamente mariano e non a caso ha voluto che la Porziuncola fosse la culla dell’Ordine: lì è nato l’Ordine dei Frati minori. Francesco è mariano e il Papa Francesco è mariano. E qui torniamo sempre ad una certezza: che la strada più corta per arrivare a Gesù è sempre Maria. La devozione mariana, quindi, non si chiude in Maria, ma ci porta a Gesù.

    D. – “Beata perché hai creduto”, è il titolo della Giornata mariana. Ma queste parole di Elisabetta suonano come un invito ai cristiani a fare altrettanto, a credere al Figlio imitando la Madre…

    R. – Dalla Sacra Scrittura, sappiamo che Maria era con la Chiesa nascente, nell’attesa dello Spirito Santo. Maria era con la Chiesa. Ed è importante questo “era”, perché indica che Maria è stata con la Chiesa, è con la Chiesa e sarà con la Chiesa. E’ una giornata importante quindi, in quanto possiamo dire che il cammino della Chiesa non si può fare senza Maria. In un Anno della Fede come questo, in cui la Chiesa ha voluto celebrare, confessare, testimoniare la fede, non può essere assente la figura della Madre. D’altra parte, in quest’Anno della Fede, Maria si presenta a noi prima di tutto come la donna credente, come una donna di fede, una donna che si fida totalmente di Colui per il quale nulla è impossibile. Ed è da questa prospettiva che si capisce quel: “Eccomi, avvenga in me secondo la tua Parola”.

    D. – Al centro della venerazione della Giornata mariana, ci sarà l’immagine della Madonna di Fatima. Il suo insegnamento di conversione e preghiera è sempre di grande attualità in questo momento...

    R. – Prima di tutto, dobbiamo dire che l’invito alla conversione e alla preghiera sono inviti che vengono dallo stesso Gesù. Nel Vangelo di Marco, vediamo come il ministero pubblico di Gesù inizi proprio con questo invito: “Convertitevi e credete al Vangelo”, che nella mia opinione sarebbe meglio tradurre in “Convertitevi, cioè credete al Vangelo”. Ecco perché l’invito alla preghiera e alla conversione che ha fatto la Madre di Dio, Maria Santissima, a Fatima è un invito profondamente attuale ed evangelico. Abbiamo bisogno della conversione del cuore, come ci ricorda tante volte Papa Francesco, e abbiamo bisogno della preghiera, per non cadere in tentazione. Il nostro cuore è fatto per Dio e non troverà pace se non in Lui.

    D. – Nel mondo dell’informazione pubblica gridata e di quella privata che fa rumore sui social network quanto è importante sottolineare l’aspetto del silenzio, che è tipicamente mariano?

    R. – In un momento in cui abbiamo troppe parole, diciamo troppe parole, il silenzio è più attuale che mai. Anzi, direi in un momento in cui abbiamo troppe parole che non dicono niente, che non comunicano niente, abbiamo bisogno di parole autentiche e queste nascono soltanto dal silenzio. Ma sempre un silenzio “abitato”: da chi? Da Gesù, dalla Parola di Dio. Allora, le nostre parole saranno parole di speranza, saranno parole costruttive. Da Maria possiamo anche imparare questa lezione: Maria del silenzio. Dovremmo invocarla molto in questi tempi, dove ci sono tante chiacchiere che, come dice anche il Santo Padre Francesco, dividono e non creano comunione, non creano Chiesa.

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    Lampedusa, tweet del Papa: tante volte non vediamo quelli che muoiono vicino a noi

    ◊   Una settimana dopo la strage di Lampedusa, costata la vita ad almeno 339 persone, un nuovo tragico naufragio, avvenuto ieri sera nel canale di Sicilia, ha provocato altre vittime. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 50 morti, tra cui una decina di bambini. Sempre a largo di Lampedusa, sono oltre 400 i migranti soccorsi nelle ultime ore. In un tweet, di oggi, riferendosi alle ultime tragedie nel Canale di Sicilia, Papa Francesco scrive: “Abbi pietà Signore. Tante volte siamo accecati dalla nostra vita comoda e non vediamo quelli che muoiono vicino a noi”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La nuova tragedia è seguita a una disperata richiesta di aiuto. In base alle prime ricostruzioni, un aereo militare maltese, in ricognizione nel Canale di Sicilia, ha avvistato il barcone con a bordo oltre 250 persone. I migranti hanno cominciato ad agitarsi per farsi notare provocando il capovolgimento dell’imbarcazione. L’intervento della Marina Militare italiana con due navi e due elicotteri ha permesso di salvare 200 persone. Il presidente italiano, Giorgio Napolitano, elogia le forze dello Stato intervenute dopo il naufragio, il premier Enrico Letta chiede che il tema dell’immigrazione sia al centro del prossimo vertice dell’Unione Europea. Il primo ministro maltese ringrazia il governo italiano e chiede all’Unione Europea di affrontare l’emergenza. Per il ministro italiano dell’Integrazione, Cecile Kyenge, “bisogna rafforzare i controlli” per fermare il traffico di esseri umani e “la nuova mafia transnazionale sulle rotte del Mediterraneo”.

    Ma il pattugliamento del Mediterraneo con l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani dalle coste nordafricane può essere realmente una soluzione per arginare questa continua emergenza? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Gabriele Del Grande, fondatore di Fortess Europe, osservatorio on line sulle vittime dell'immigrazione verso l’Europa:

    R. – Più che altro, mi sembra che non si cerchi una soluzione a monte. Il problema a monte è la mobilità. Le persone che si imbarcano per la Sicilia senza passaporto, si rivolgono al contrabbando perché prima sono passati nelle nostre ambasciate, ma queste gli hanno negato i visti. Ho conosciuto molte persone arrivate qui che prima di passare per Lampedusa erano andate nelle nostre ambasciate. Fino a quando l’Europa non abbassa la soglia per l’ottenimento dei visti, quindi non permette a queste persone di viaggiare come facciamo noi - con un timbro sul passaporto e imbarcati su un aereo - continueremo ad assistere a queste tragedie. Sono 25 anni che l’Europa va avanti - dal 1988, quando sono cominciati gli sbarchi - firmando accordi di polizia, abbiamo costruito carceri in Libia, abbiamo collaborato addirittura con la polizia di Gheddafi e non siamo mai riusciti a fermare queste tragedie. In fondo è una logica di mercato: sull’altra riva del mare c’è una parte di popolazione che chiede accesso alla mobilità, l’Europa criminalizza quella mobilità e ci sono dei commercianti, dei contrabbandieri, che risolvono la questione con viaggi senza passaporti. Noi possiamo arrestare, militarizzare, fare tutto quello che vogliamo, ma finché ci sarà gente che vuole viaggiare e finché quel viaggio sarà bandito per legge dalle nostre leggi sull’immigrazione, ci sarà qualcuno che quello stesso viaggio lo offrirà in modo diverso, sicuramente più costoso, più pericoloso e con tutti i morti che vediamo in questi giorni.

    D. - Dunque, una politica che alimenta questa logica di mercato. Chi sono i trafficanti di uomini?

    R. – In realtà, c’è tutta una retorica sui trafficanti che solo in alcuni casi poi coincide con la verità. Ad esempio, dalla Tunisia, dall’Algeria molto spesso i viaggi sono “auto-organizzati”: si tratta di gruppi di ragazzi dei quartieri popolari di Tunisi o di Algeri che si organizzano, trovano una barca a motore, un gps, un amico comandante e salpano all’avventura per Lampedusa. La situazione della Libia è molto diversa. Dalla Libia non partono libici, partono persone di altri Paesi, siriani, eritrei, somali. Lì, il contrabbando è libico. Prima era legato a uomini del regime, oggi è legato ad alcune milizie che hanno combattuto contro il regime. Ripeto, loro sono coloro che sfruttano una situazione. Il problema è a monte! Il problema non sono i trafficanti. Il problema è la politica che ha criminalizzato il viaggio, che ogni anno costringe 20-30 mila persone ad affidarsi alle rotte del contrabbando come unica e ultima possibilità per viaggiare verso l’Europa. In Siria, c’è la guerra e ci sono due milioni rifugiati siriani che premono sui Paesi confinanti. Molti di loro stanno tentando di venire in Europa e anche loro non hanno altra possibilità se non quella di bussare alle porte del contrabbando libico e di viaggiare verso Lampedusa, rischiando la vita per poi continuare verso la Svezia, la principale meta dei siriani. Perché i siriani non possono prendere un visto all’ambasciata svedese, anziché affidarsi al contrabbando, andare a morire in mare e pagare tutti quei soldi?

    D. – Chi rischia la vita spesso non riceve i soccorsi adeguati, anche perché manca ancora un coordinamento sufficiente da parte di tutti i Paesi dell’Unione Europea…

    R. – Questo è un problema. Se l’Europa deve dare una mano, la dia per il salvataggio. Non abbiamo bisogno di più navi da guerra per respingere le persone in Libia, non abbiamo bisogno di costruire carceri e formare polizia libica per arrestare le persone che sbarcano. Abbiamo bisogno di un dispositivo di salvataggio maggiore, più importante. Come è possibile che a Lampedusa siano morte più di 300 persone a mezzo miglio dall’isola senza che prima non fossero state intercettate e soccorse? Come è possibile che anche ieri questa nave in mezzo al Mediterraneo sia stata intercettata soltanto da un aereo maltese e non ci fosse lì vicino subito, nell’immediato, una nave per i soccorsi? Serve un dispositivo maggiore, ma un dispositivo di salvataggio. Inoltre, serve una parola chiara sulla legge per l’immigrazione che depenalizzi completamente il salvataggio in mare. Ci sono ancora dei pescatori, dei comandanti di navi civili, che temono di passare guai con la giustizia per essere accusati di favoreggiamento dell’immigrazione. Fino a quando l’Europa non semplifica le sue politiche, le sue procedure per l’ottenimento del visto Schengen, il problema continuerà. Fino a quando le persone che noi oggi vediamo salpare dalla Libia, arrivare in Italia, e poi continuare il viaggio verso la Svezia, la Germania o la Francia, fino a quando quelle persone non potranno salire su un aereo con un visto perché ottenere un visto sarà un po’ più semplice di oggi, noi continueremo ad assistere a queste tragedie. L’Europa deve trovare il coraggio che ha avuto, negli anni passati, quando ha liberalizzato completamente i visti sia per i Paesi dell’Est Europa che per quelli come l’Albania, la Serbia, la Croazia, la Bosnia. Perché l’Europa ha aperto completamente alla libera circolazione verso i Paesi dell’Est - con molto coraggio - e non riesce nemmeno a semplificare un minimo le procedure per i visti nei Paesi della riva sud del Mediterraneo? Perché i siriani, gli egiziani, gli eritrei, i somali non possono viaggiare in aereo con un visto sul passaporto e sono costretti a rischiare la vita in mare in questo modo?

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    Il Papa nomina mons. Montanari segretario del dicastero dei Vescovi

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani il signor Carlos Ávila Molina, ambasciatore di Honduras, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali e il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Papa Francesco ha nominato oggi segretario della Congregazione per i Vescovi mons. Ilson de Jesus Montanari, finora Officiale della medesima Congregazione, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Capocilla, con dignità di arcivescovo. Sempre oggi, il Santo Padre ha nominato Capo Ufficio nella Elemosineria Apostolica mons. Diego Giovanni Ravelli, del clero della diocesi di Velletri-Segni, Officiale della medesima Elemosineria Apostolica.

    In Argentina, il Papa ha nominato vescovo di Reconquista il rev.do Ángel José Macín, finora amministratore diocesano della medesima diocesi.

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    Canonizzazione Roncalli e Wojtyla: partecipazione aperta a tutti, senza biglietti

    ◊   La Prefettura della Casa Pontificia comunica che per la Canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, domenica 27 aprile 2014, "la partecipazione sarà aperta a quanti troveranno posto in Piazza San Pietro, Piazza Pio XII e Via della Conciliazione, senza bisogno di alcun biglietto". Come già avvenuto in altre occasioni, sottolinea un comunicato, “si mettono in guardia i fedeli da atti di bagarinaggio e di richieste di denaro da parte di agenzie o operatori turistici per ottenere biglietti”. Si ricorda infine che “i biglietti per partecipare a udienze o celebrazioni presiedute dal Santo Padre sono totalmente gratuiti”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Chiesa è donna e madre: il Papa ai partecipanti al convegno per il venticinquesimo anniversario della "Mulieris dignitatem".

    Dolore del Pontefice per le decine di vittime nel Canale di Sicilia.Quelli che muoiono vicino a noi

    Prima di tutto la testimonianza: il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, sullo stile pastorale come eredità del Concilio Vaticano II.

    Fascino e potere di una donna: Alessia Amenta recensisce una mostra su Cleopatra (al Chiostro del Bramante), con un articolo di Emilio Ranzato sul mito della regina nel cinema mondiale.

    Con lo sguardo della misericordia: Nicola Gori intervista il vescovo di Leiria-Fatima, monsignor Antonio Augusto dos Santos Marto, sul pellegrinaggio della statua mariana in piazza San Pietro.

    Vale la pena mettersi al posto dell'altro: fratel Alois sulla veglia di preghiera a Lione promossa dalle riviste "La Vie" e "Prier".

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: la diplomazia prepara "Ginevra 2". Proseguono controlli su armi chimiche

    ◊   In Siria, non si arrestano i combattimenti tra oppositori del regime e militari. Decine i morti ogni giorno in varie parti del Paese. Secondo fonti locali, l'aviazione ha bombardato obiettivi vicini a un impianto chimico nella città di Safira, inserito nella lista dei siti da ispezionare da parte degli inviati dell'Opac, che stanno smantellando l’arsenale delle armi chimiche di Assad. Frattanto, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha autorizzato il piano del segretario generale, Ban Ki-moon, per la missione congiunta di Opac e Nazioni Unite in Siria. Intanto, la diplomazia sta lavorando al varo della Conferenza di pace, la cosiddetta “Ginevra 2”, che dovrebbe tenersi nel novembre prossimo nella città elvetica. Con quali rapporti di forze la comunità internazionale parteciperà al vertice? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente.

    R. – Si arriva al vertice con dei rapporti di forza comunque molto confusi: se da una parte l’intervento forte della diplomazia russa ha spianato un po’ la strada verso questa soluzione diplomatica, restano però tutte le incognite, soprattutto dalla parte della rappresentanza dei ribelli, dove nelle ultime settimane le divisioni si sono fatte più forti.

    D. – L’aver accettato i controlli e lo smantellamento dell’arsenale chimico può allentare i sospetti della comunità internazionale nei confronti del governo di Assad?

    R. – Sicuramente. Assad ha fatto una mossa chiaramente politica: l’apertura rispetto a queste ispezioni e a questo processo di distruzione delle armi chimiche resta un processo molto complesso, che richiederà molto tempo e che avrà mille incognite. Da un certo punto di vista, è stata un’apertura di “credito” nei confronti di Assad. Non dimentichiamo però che la questione delle armi chimiche è solo uno dei nodi sul tappeto e "Ginevra 2" rappresenta la possibilità di arrivare a una soluzione di equilibrio che va ben al di là della questione delle armi chimiche. Senza una condizione in cui si arrivi almeno a una forma di cessate-il-fuoco o di inizio di negoziato, è impensabile che solo queste azioni per la distruzione dell’arsenale chimico possano avere buon fine.

    D. – A "Ginevra 2" ci potrebbe essere anche la sorpresa del nuovo Iran del neopresidente Rohani…

    R. – Credo che questo sia uno degli aspetti di cui si parla meno, ma che invece è fondamentale per capire se c’è davvero una prospettiva reale in questo tentativo di negoziato. Certo, l’intesa tra Stati Uniti e Russia e il fatto che si cominci a lavorare insieme, tra quelle che erano le due grandi superpotenze, è importante. Ma non dimentichiamoci che nella guerra in Siria ci sono altri due attori altrettanto fondamentali: l’Iran e l’Arabia Saudita. Il vero dialogo che può portare ad una soluzione del conflitto in Siria è quello tra l’Iran ed i sauditi. Senza un coinvolgimento forte nell’iniziativa di queste due grandi potenze regionali non si arriverà mai ad una soluzione. Da questo punto di vista, i segnali che Rohani ha lanciato nella visita negli Stati Uniti con il suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu possono far pensare che da parte iraniana ci sia una disponibilità in questo senso.

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    Pakistan, cristiani vite a rischio. Mons. Coutts: siamo cresciuti nella fede

    ◊   In Pakistan, colpito recentemente da un attentato contro una chiesa, che ha provocato oltre 120 morti, desta preoccupazione la condizione dei cristiani. Nel Paese, è in vigore una contestata legge sulla blasfemia: un’accusa rivolta anche ad Asia Bibi, cattolica, madre di cinque figli, in carcere dal 2009. Al microfono di Davide Maggiore, parla di questa norma mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi:

    R. – Questa legge non è rivolta direttamente contro i cristiani. Il problema è che è molto facile usarla in modo cattivo, negativo. Con questa legge, è molto facile accusare qualcuno e può essere usata anche contro un musulmano. Quando qualcuno viene accusato diventa poi molto difficile dare prova della propria innocenza. Quando si viene accusati di blasfemia la seconda cosa pericolosa è quando l’Imam da l’annuncio attraverso l’altoparlante della Moschea che qualcuno ha commesso blasfemia. Così è successo nel 2009 anche in una piccola città che si chiama Gojra dove – senza pensarci, o informarsi sulla legittimità dell’accaduto – hanno attaccato il quartiere abitato da cristiani ed otto di loro sono morti. In quel caso, ci sono stati anche tanti buoni musulmani che, a seguito di questa azione, hanno detto che ciò non sarebbe dovuto accadere.

    D. – Un altro caso molto noto di applicazione della legge contro la blasfemia è quello di Asia Bibi. Avete nuove notizie su di lei?

    R. – Noi abbiamo sia un tribunale di primo grado, sia l’Alta Corte di appello. Per quanto riguarda questo caso, la causa di Asia Bibi si trova ancora in attesa dell’appello all’Alta Corte di Lahore. Dobbiamo ancora aspettare.

    D. – Quindi, non si sa nulla di come lei viva in carcere e di come stia di salute?

    R. – Io non ho notizie dirette perché sono molto lontano, mi trovo a più di mille chilometri verso sud. Ci sono tanti gruppi, come la nostra Commissione “Giustizia e Pace” ed altre Ong, che vogliono aiutare ed aiutano concretamente.

    D. – Purtroppo, a settembre abbiamo visto un terribile attentato colpire una Chiesa di Pashawa. Per quanto riguarda l'affluenza alle Messe, sulle persone che vanno a Messa questi attentati hanno avuto un effetto o continuano a recarsi a Messa e a dare una testimonianza di fede?

    R. – I cristiani sembrano esser diventati più forti nella fede. Non hanno paura di andare in Chiesa, infatti la domenica dopo l’attentato la Chiesa era piena.

    D. – Abbiamo anche testimonianze di musulmani che aiutano i cristiani e che hanno voluto proteggere le Chiese...

    R. – Non dobbiamo dimenticare che quando parliamo di estremisti e terroristi non dobbiamo credere che tutti i musulmani siano così. La maggioranza dei musulmani in Pakistan sono molto moderati. Viviamo tutti insieme anche nelle nostre scuole cristiane dove vengono anche i musulmani a studiare. C’erano anche tanti musulmani adesso quando sono venuti da me per le “espressioni di simpatia”. Ci sono gruppi – come la Commissione per i diritti umani, o i gruppi indipendenti – dove quasi tutti sono musulmani e sono molto bravi. Azano la voce contro le ingiustizie verso le minoranze religiose, ma anche contro altre ingiustizie.

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    Nigeria: dolore e sconforto per l'omicidio di Afra, missionaria laica al servizio di giovani e studenti

    ◊   La comunità cattolica nigeriana piange la morte della missionaria laica originaria del bresciano, Afra Martinelli. La donna di 78 anni, la metà dei quali spesi per gli ultimi in Africa, non ha retto alle ferite riportate due settimane fa nel corso di una rapina nella sua abitazione a Oguashi-Ukwu, nello stato nigeriano del Delta, dove aveva fondato il “Centro Regina mundi” per giovani e studenti in difficoltà. Al microfono di Marco Guerra, il fratello Enrico Martinelli ricorda lo spirito che animava l’instancabile servizio portato avanti da questa donna:

    R. – Mi diceva, proprio l’ultima volta che l’ho vista, che lei sentiva questo desiderio fin dal periodo delle elementari: “Io voglio andare in Africa!”. Poi più tardi sentiva dentro di lei un comando: “Devi andare in Africa!”. Il suo inserimento è stato graduale, perché prima è andata in un Centro – era ancora agli inizi degli anni Ottanta – dove c’erano corsi per sacerdoti e per laici per prepararli alla nuova evangelizzazione. Poi, in un’altra diocesi, ha creato un suo Centro chiamato Regina Mundi. Lì si è dedicata soprattutto alla formazione e all’educazione dei giovani. Il Centro era una scuola di informatica, dove accoglieva i giovani fornendo loro connessioni Internet per i loro studi. Li formava e li preparava anche ad azioni di carità, tant’è che aveva creato un gruppo che aveva chiamato I servitori del Cristo sofferente. Le offerte che riceveva servivano per darsi delle strutture e per potare un po’ di aiuto ai più poveri, ai più abbandonati.

    D. – C’era una profonda umiltà in sua sorella, sappiamo che ha rifiutato anche dei riconoscimenti…

    R. – In una lettera diceva: “Devo imparare a dimenticarmi, per poter entrare nella mentalità, nel modo di vivere di questa gente. Solo allora riuscirò a dialogare”. Lei era vissuta nel nascondimento, senza apparire mai. Lei era serena, tranquilla… E mi diceva: “Io sono sempre serena, anche quando non riesco. Perché per alcune opere mi arriva subito l’aiuto economico, per altre no! Vuol dire che queste Dio le vuole e le altre non erano necessarie”.

    D. - Quindi era una carità nel segno di Dio, una carità nella verità…

    R. – La sua giornata era: sveglia alle 4.00; alle 5.00 ora di adorazione; alle 6.00 la Messa e poi il lavoro. Era veramente una donna di Dio. Non mi domandava mai libri di qualsiasi genere… Lei mi diceva: “A me basta il Vangelo!”.

    D. – Un’intera comunità adesso la sta piangendo…

    R. – Il console di Lagos è rimasto meravigliato di quanta solidarietà si sia mossa attorno a lei: quasi una passione, quasi un movimento di amore verso lei. La vogliono là, con loro. Abbiamo accettato che venga sepolta là. Lì c’è un cimitero, dove ci sono altri missionari sepolti. Il vescovo di Ibadan - che non è il vescovo della sua diocesi, ma il vescovo che l’aveva chiamata in Africa – in questi giorni sta in Italia a Milano e ha chiesto che non venga sepolta finché non arriverà là lui, perché vuole essere presente.

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    Ostello Caritas. Mons. Feroci: dal Papa in regalo una "Harley-Davidson" per la raccolta fondi

    ◊   E’ stato presentato questa mattina a Roma il progetto di ristrutturazione dell’ostello della Caritas “Don Luigi Di Liegro”, presso la stazione Termini, che ogni sera offre ricovero ai senza dimora. I lavori inizieranno tra pochi giorni ed entro un anno i locali dell’ostello e della mensa saranno ampliati. Il costo totale dell’operazione sfiora i 4 milioni di euro. I tre quarti della somma sono già stati raggiunti, con una gara di solidarietà che ha coinvolto cittadini, istituzioni e fondazioni. La raccolta è partita nel febbraio 2010, con la visita di Benedetto XVI alla struttura. Elvira Ragosta ne ha parlato con il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci:

    R. – Il Papa quando è venuto, ha messo la prima pietra per la riqualificazione dell’ostello. Abbiamo fatto questa raccolta fondi non solamente attraverso le fondazioni, attraverso gli enti, le banche, le parrocchie e così via, ma anche attraverso le piccole offerte di tante persone. Mi sembra di avere visto e toccato con mano l’obolo della vedova, così come Gesù parla nel Vangelo.

    D. – Un dono è arrivato anche da Papa Francesco?

    R. – Sì, anche Papa Francesco ci ha regalato una moto, una Harley-Davidson, una delle due che aveva ricevuto in dono. Quello che ricaveremo dalla vendita di questa moto, l’aggiungeremo a quanto abbiamo raccolto proprio per la riqualificazione dell’ostello. Anche Papa Francesco, quindi, - e noi gli siamo grati - entra nella raccolta fondi per quest’opera che inizierà tra qualche giorno.

    D. – L’ostello diventa più grande, diventa più accogliente e le persone bisognose diventano sempre di più, non solo italiane...

    R. – Troviamo per la strada anche famiglie con bambini. C’è anche il problema di quello che oggi è davanti ai nostri occhi: l’immigrazione di coloro, che scappano da situazioni di guerra, di povertà e vengono, quindi, verso le nostre terre. E’ ovvio che la nostra è una risposta, ed una goccia, in un mare di bisogni.

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    Roma, manifestazione a difesa della Costituzione: commento del costituzionalista Balboni

    ◊   A Roma questo pomeriggio la manifestazione a difesa della Costituzione: “La via maestra” dopo l’appello firmato, tra gli altri, dai costituzionalisti Lorenza Carlassare e Stefano Rodotà, Gino Strada e don Luigi Ciotti. Secondo Rodotà, "non è un problema di chi deve toccare la Costituzione. Il problema è come si modifica”. Ecco dunque il "no" dei manifestanti “a scorciatoie o a percorsi tortuosi''. Per Maurizio Landini della Fiom, preoccupano però anche alcune modifiche proposte dal governo che potrebbero mettere a rischio molti dei principi contenuti nella prima parte della Carta costituzionale. Il presidente, Giorgio Napolitano, ieri in un messaggio aveva ribadito che alla Costituzione serve un “sapiente rinnovamento”. Un testo dunque da attuare meglio, come alcuni sostengono o da modificare? Adriana Masotti lo ha chiesto al costituzionalista Enzo Balboni:

    R. – Tutte e due le cose, perché la Costituzione è divisa in due parti fondamentali. La parte prima è quella che stabilisce i valori, i principi, i diritti, le libertà ed è quella che, in modo un po’ enfatico, diciamo, è la "più bella Costituzione del mondo" ed effettivamente è un bel testo. Qui, in questa parte, c’è molto da attuare: se pensiamo al diritto al lavoro, alla piena occupazione o all’eventuale diritto o comunque attesa legittima della proprietà della casa di abitazione, l’eguaglianza effettiva tra uomo e donna. Questa parte è da attuare… Nell’altra parte, che è la parte organizzativa dei poteri dello Stato, delle Regioni, etc., ci sono delle cose buone – ad esempio tutto il Capitolo IV sulla Magistratura indipendente – e altre che possono e a mio avviso è meglio che siano revisionate, ritoccate e migliorate.

    D. – Perché oggi a Roma una manifestazione a difesa della Costituzione? Che cosa minaccia la Costituzione in Italia?

    R. – A dire il vero mi sembra un po’ eccessivo questo allarme per la Costituzione. In questo momento, non siamo in due situazioni precedenti – nel ’94, la prima volta, e dieci anni dopo, nel 2005-2006 – in cui effettivamente vennero portati degli attentati ad elementi decisivi della Costituzione. L’oggetto della protesta è che la maggioranza di governo ha ritenuto di stabilire un programma molto cadenzato e stringente per arrivare ad alcune riforme – fortunatamente – solo nella parte seconda. Questo programma prevede una procedura in deroga, cioè una tantum, che attraversa la modifica dell’art. 138. E su questo è il casus belli.

    D. – Ci può spiegare qualcosa di più su questo articolo?

    R. – L’art. 138 è quello che stabilisce le modalità attraverso le quali si revisiona una Costituzione. Rispetto a quella procedura, che è una procedura lunga e che prevede ben quattro approvazioni, c’è stato uno accorciamento di questi tre mesi, che sono 90 giorni, a 45. Questo perché si vuole che l’intero processo non superi i 18 mesi, che sono il tempo che Letta si è dato per arrivare alle riforme, che pure sono la diminuzione del numero dei parlamentari, l’eliminazione del doppione del bicameralismo paritario, etc, e un rafforzamento anche dei poteri del governo. A mio avviso, è un allarme eccessivo. E’ vero che c’è una commissione di soli 40 tra deputati e senatori che porterà avanti l’intero procedimento, ma è una commissione proporzionale. Non ci sarà un solo disegno di legge e quindi non un solo referendum, ma diversi. E in ogni caso, deve esserci la maggioranza dei due terzi. Mi sembrano garanzie sufficienti.

    D. – Il governo vuole accelerare queste riforme. Ma se con un governo di larghe intese sembra essere il momento più propizio e favorevole per arrivare a un risultato, c’è comunque questo non fidarsi gli uni degli altri. E’ questo il problema?

    R. – Sì, probabilmente c’è anche questo. Anche perché una delle questioni grosse che ci stanno sotto è: come rafforziamo il potere di indirizzo e di attuazione da parte del governo? Rafforziamo il governo parlamentare - che sarebbe, ad esempio, la mia scelta – con un primo ministro un po’ più forte o andiamo verso il presidenzialismo? Quelli che difendono ad oltranza la Costituzione temono che si vada verso un presidenzialismo duro. Io penso che questo intanto lo vedremo nel prossimo anno, quando si svolgeranno i lavori; e poi la maggioranza che lo deve approvare è due terzi e anche in questo caso si va a referendum. Quindi io direi attenzione a quello svolgimento del processo, ma non eccessivi allarmi. La mia idea è che se si riuscisse a staccare la parte sulla quale c’è ampia condivisione e non si mettessero dentro – per carità! – cose riguardanti la giustizia, che sono massimamente conflittuali, ma anche il presidenzialismo se può arrivare in porto, sarebbe giusto arrivarci.

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    Morto a Roma Erich Priebke, responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine

    ◊   E’ morto ieri a Roma a 100 anni, Erich Priebke, l’ex capitano delle SS che durante la seconda guerra mondiale operò n Italia. Condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, Priebke scontava gli arresti domiciliari e dal 2009 aveva il permesso di uscire di casa per determinate esigenze: non si è mai pentito dei crimini commessi. Nessuna camera ardente sarà allestita per l’ex ufficiale il cui funerale si svolgerà probabilmente martedì prossimo a Roma, in forma rigorosamente privata, e che sarà sepolto in Argentina dove si rifugiò nel dopoguerra e da dove fu estradato negli anni Novanta grazie all’impegno di Giulia Spizzichino, testimone delle Fosse Ardeatine. Paolo Ondarza l’ha intervistata:

    R. - La cosa non mi tocca né in bene né in male. Non provo neanche la soddisfazione di dire: “Finalmente è morto!”, mi lascia completamente indifferente. Questa notte, come altre centinaia, l’ho trascorsa in mezzo ai ricordi. Inspiegabilmente, ogni notte mi sveglio e sento una mano che mi tocca e una voce che mi dice: "E stanotte? Stanotte dormi?”. E allora, rimango sveglia un’ora, due ore… Per me, non sono passati 70 anni, per me sono passati sette minuti. Per cui, cosa vuole che mi importi che questo signore viva, campi o… Beato lui che ha vissuto fino a cento anni! Mio cugino più piccolo aveva 18 giorni quando è morto. Che cosa aveva fatto di male, povera creatura? Non aveva ancora aperto gli occhi alla vita!

    D. – Alle Fosse Ardeatine, morirono diversi suoi parenti, familiari stretti. Lei fu testimone della loro cattura…

    R. – Quella sera a casa di mio nonno c’erano 18 persone. Gli uomini - tutti e sette - due giorni dopo sono stati mandati alle Fosse Ardeatine, dove sono stati fucilati, i bambini e le donne sono stati spediti prima a Fossoli e poi, dopo nove giorni di viaggio, sono arrivati ad Auschwitz dove sono stati uccisi.

    D. – Tra i principali responsabili delle Fosse Ardeatine ci fu proprio Erik Priebke…

    R. – Sì, proprio lui. Sono venuta a saperlo dalla televisione nel 1994 quando sono andata in Argentina per promuovere la sua estradizione.

    D. – Lei si adoperò moltissimo per l’estradizione di Priebke su sollecitazione di alcuni responsabili della televisione americana che la videro in un documentario italiano sulle Fosse Ardeatine…

    R. – Io ho fatto moltissimo. La televisione americana mi telefonò e mi disse che il responsabile di questo massacro viveva indisturbato in Argentina e che non si era potuta ottenere l’estradizione perché il ministro Biondi aveva fatto la richiesta sbagliata: la sua richiesta era stata fatta “per crimini di guerra”, un tipo di richiesta che dopo qualche tempo decade. Bisognava quindi ritornare in Argentina per fare la richiesta di “crimini contro l’umanità”. L’Abc - la televisione americana - mi chiese se volevo andare e io sono andata, ho ottenuto questa estradizione, lo abbiamo portato in Italia dove è stato processato. Ci sono stati tre processi. Con l’ultimo - quello risolutivo - è stato condannato all’ergastolo, un ergastolo all’acqua di rose.

    D. – Priebke non ha mai rinnegato il suo passato, neanche nel suo testamento…

    R. – Lui non ha mai rinnegato nulla. Lui ha sempre detto che erano dei terroristi. Mio nonno a 75 anni era terrorista? Se gli davi un fucile in mano cadeva, vecchio com’era... Per avere 75 anni era vecchio. E mio cugino? Compiva 17 anni il giorno in cui è stato arrestato, era un terrorista? Lui non si è mai pentito. Ancora oggi mi domando come sia possibile che io non riesca a trovare pace: non ci riesco... Lo so che sono passati tanti anni, e ieri mi dicevo: “Giulia, oggi quel pupo di 18 giorni avrebbe 70 anni. Probabilmente, sarebbe morto per altri motivi”. È vero, ma io non voglio sentire ragioni. Per me, è morto un bambino di 18 giorni! Lo hanno preso, lo hanno buttato nelle camere a gas , lo hanno spogliato, lo hanno buttato giù dal camion insieme a quelli di due o tre anni che piangevano perché volevano andare dalle loro mamme. E loro, con la baionetta gli spezzavano le gambe e le braccia, li buttavano nelle camere a gas e poi li mandavano nei forni crematori. Non riesco a trovare pace, questa è la verità!

    D. – Lei poi ha raccontato la sua storia in un libro che sta avendo molto successo…

    R. – Ho scritto questo libro. L’ho regalato anche al Papa. Su Internet, ci sono delle foto bellissime dove il Papa molto affettuosamente mi stringe la mani insieme al libro. In questi giorni, mi chiamano le scuole per andare a dare la mia testimonianza. E io non posso rifiutare il loro invito. Finché ci sono io, una persona che possono vedere, conoscere, parlerò… Anche i presidi mi chiamano, cosa devo fare? E non andare, non mi sembra leale, o sbaglio?

    Il massacro delle Fosse Ardeatine vide la barbara uccisione di 335 persone e fu ordinato dai nazisti come rappresaglia all’attentato di via Rasella condotto dai Gruppi di Azione Patriottica nel quale morirono 33 soldati tedeschi. La legge di guerra avrebbe permesso la fucilazione di 330 prigionieri, 10 per ogni soldato tedesco ucciso. Sulla morte di Erich Priebke, Paolo Ondarza ha sentito Marcello Pezzetti, storico e direttore scientifico della fondazione Museo della Shoah di Roma:

    R. – La prima cosa cui ho pensato sono state le vittime di Priebke. Ho pensato che loro non hanno vissuto la loro vita e Priebke sì.

    D. – Da un punto di vista storico, quali le responsabilità di Erich Priebke?

    R. – L’aver ucciso persone in rappresaglia è già un crimine, ma il suo crimine sta nel fatto – ed è provato – che lui abbia ucciso oltre quello che già una legge stabiliva.

    D. – Priebke non ha mai rinnegato il suo passato, ne è conferma anche la lettera di testamento che ha lasciato...

    R. – Infatti, lui non ha mai mostrato segni di pentimento, mai, quando i suoi connazionali, la maggior parte, lo hanno fatto. Questo fa sì che per lui non si possa avere nessun tipo di compassione.

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    Giornata nazionale dell'Aism, 65 mila i malati di sclerosi multipla in Italia

    ◊   Oggi e domani torna nelle piazze italiane “La mela di Aism”. L’iniziativa, promossa dall’Associazione italiana sclerosi multipla, ha l’obiettivo di raccogliere fondi per sostenere la ricerca scientifica su questa patologia. Che incidenza ha questa malattia in Italia? Eliana Astorri lo ha chiesto a Claudio Conforti, della sezione Aism di Roma:

    R. – Ogni anno, aumentano e siamo arrivati a più di 65 mila persone con sclerosi multipla in Italia, anche perché è una patologia che si manifesta in età giovanile, massimo fra i 20 e i 30 anni fino ai 40. Adesso, però, stiamo accorgendoci che c’è anche una sclerosi multipla di tipo, diciamo, infantile. La ricerca scientifica sta andando avanti: negli ultimi anni, dopo la scoperta degli effetti dell’interferone, che ormai risale a più di 10 anni fa, molti altri farmaci sono stati messi a punto, prima sperimentati e poi utilizzati come gli ultimi Natalizumab – hanno dei nomi un po’ complicati, ma le persone con sclerosi li cono sconosco – che riescono sempre a rallentare gli effetti, a ridurre il numero delle ricadute. In più, c’è anche una ricerca internazionale, a cui l’Italia partecipa, sulla sclerosi multipla progressiva primaria, che pure fino adesso è stata poco studiata, perché non era la forma prevalente. Comunque, il tipo di disabilità si è un pochino ridotto, nel senso che con questi farmaci si cerca di ridurre gli effetti, di rallentare gli effetti e quindi di portare la vita a un tipo di vita più normale: oggi, la qualità di vita delle persone con sclerosi multipla è senz’altro migliore di quello che poteva essere 15-20 anni fa. Bisogna però continuare a fare ricerca e fare assistenza per tutte le persone che hanno i problemi più grossi. Di lavoro ce n’è parecchio e quindi abbiamo bisogno dell’aiuto e della solidarietà del pubblico.

    D. – “Fai correre con noi la ricerca e le speranze dei giovani” è lo slogan dell’evento. Si svolgerà in che modo?

    R. – Si svolge nelle piazze di Italia, con i sacchetti di mele che diamo al pubblico a fronte di un contributo minimo di 8 euro e poi aperti alle offerte in più. Diamo soprattutto informazione e facciamo capire cosa fa Aism e cosa facciamo noi come volontari dell’Aism, perché l’Aism si regge, come molte associazioni di volontariato, soprattutto sul volontariato. Quindi, tutto quello che si fa – io parlo per la sezione di Roma – è frutto all’80-90% dell’azione dei volontari: sia come diffusione delle informazioni, sia proprio come presenza vicino alle persone e sia anche come assistenza interpersonale. Il gruppo dei giovani che c’è nella nostra sezione – così come in tante altre sezioni – fa dialogo giovani-giovani: giovani con sclerosi multipla, giovani senza sclerosi multipla che vivano questa atmosfera insieme non come malati e assistenti dei malati, ma come giovani insieme per crescere insieme e formarsi e cercare di costruirsi un futuro migliore.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella 28.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù guarisce dieci lebbrosi. Solo uno di essi, un samaritano, lo ringrazia. Gesù allora dice:

    «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di questa domenica esalta la misericordia gratuita del Signore e la fede che diventa gratitudine a Dio. Dieci lebbrosi si trovano nei pressi di un villaggio dove passa Gesù nel suo viaggio verso Gerusalemme. La Legge era severissima con i malati di lebbra, ne imponeva l’allontanamento dalla comunità d’Israele. Gesù si fa incontrare da questi dieci lebbrosi, che lo riconoscono e gridano a Lui: “Abbi pietà di noi”! Questo grido non è solo l’espressione del loro dolore: essi riconoscono in Gesù la visita di Dio. Gesù accoglie il loro grido e risponde: “Andate a presentarvi al sacerdote”. Era la via legale per essere dichiarati guariti ed accolti nuovamente tra il popolo. Tutti e dieci riconoscono in Gesù Dio che passa, gli obbediscono e vanno a presentarsi al sacerdote. E mentre vanno sono guariti. A nove di loro basta la guarigione: non cercano altro da Dio. Il decimo – un samaritano, uno straniero – non si accontenta di questo e riceve la grazia della “fede che salva”. Non vuole un “Dio a suo servizio”, sa che la vita è un dono di Dio per una missione. Torna a rendere grazie al Signore, che si meraviglia che solo questo straniero desideri la fede che salva. Non è solo la gratitudine in gioco qui: è la fede. La fede che ribalta la vita, che la strappa dalla banalità, dal vuoto, dalla solitudine, e la mette dentro il disegno di Dio, che ci permette di vedere tutto come un dono suo, che ci stabilisce nella gratitudine, nel rendimento di grazie. Un dono che ci riporta grati nella comunità dei fratelli dove c’è Cristo, a rendere grazie, a celebrare l’Eucarestia.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Vescovi del Nord Africa: le preoccupazioni per il futuro della Chiesa e il dramma dell'immigrazione

    ◊   L’attuale situazione delle Chiese nei Paesi del Maghreb; la discussione di un documento sulla presenza della Chiesa nella regione; il punto sul dialogo con l’Islam; il dramma delll’immigrazione e il nuovo pontificato di Papa Francesco. Sono stati questi i temi che hanno caratterizzato la riunione annuale della Conferenza episcopale regionale del Nord Africa (Cerna), riunita dal 6 al 9 ottobre a Roma. Durante i lavori presieduti dal Presidente mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat, i presuli hanno condiviso le speranze e le difficoltà delle rispettive Chiese nella regione, dopo lo scoppio della Primavera araba. A preoccupare i vescovi del Nord-Africa – riporta il comunicato conclusivo - è in particolare la Libia, dove a causa della permanente insicurezza e instabilità politica, le comunità religiose, impegnate in particolare nel campo sanitario, sono state invitate dalle nuove autorità di Tripoli a lasciare il Paese. Meno allarmante la situazione in Tunisia, in cui tuttavia, a distanza di più di due anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini, continua a regnare un clima di forte incertezza. Incertezza che si registra anche in Algeria nell’attesa delle prossime elezioni presidenziali, e in Marocco, a causa soprattutto della crisi economica, ma anche dell’emergere di un timido dibattito sulla questione della libertà di coscienza alla quale l’opinione pubblica del Paese non sembra pronta. Altro punto all’esame della riunione della Cerna la bozza di un documento sulla presenza della Chiesa nel Maghreb, una versione aggiornata di un analogo documento pubblicato nel 2000. I vescovi del Nord-Africa hanno anche incontrato il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, con il quale hanno fatto il punto sul difficile dialogo con l’Islam. Il card. Tauran ha inoltre parlato degli incontri interreligiosi “L’Immagine dell’altro”, promossi in questi mesi dal Centro internazionale per il dialogo interreligioso e culturale “Re Abdullah Bin Abdulaziz” (Kaiciid) con la partecipazione della Santa Sede. Un altro importante tema affrontato dai vescovi del Maghreb è stato infine il dramma dell’immigrazione che coinvolge in modo particolare i Paesi nord-africani. Alla luce della recente tragedia di Lampedusa, i presuli hanno sottolineato la necessità di “considerare il fenomeno migratorio nella sua globalità”, analizzandone le cause e le conseguenze, e di individuare i “mezzi adeguati per sostenere le persone migranti” tra le quali figurano anche cristiani. A conclusione dei lavori i vescovi della Cerna hanno partecipato all’Udienza generale di Papa Francesco, il cui invito ad andare verso le periferie, affermano nella nota conclusiva, è per i vescovi del Nord-Africa uno “stimolo a vivere la chiamata dell’incarnazione nell’umiltà, nel servizio e nella speranza”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    L'India si prepara per Phailin, il ciclone peggiore degli ultimi 14 anni

    ◊   Il governo centrale indiano ha ordinato l'evacuazione di più di 400mila persone che vivono sulla Baia del Bengala, la zona che sarà colpita dal ciclone Phailin. Secondo i meteorologi - riferisce l'agenzia AsiaNews - si tratta della tempesta peggiore che si abbatte sull'India dal 1999, quando un super-ciclone colpì l'Orissa uccidendo 10mila persone. I funzionari statali dicono di essere "preparati molto meglio", ma in ogni caso hanno ordinato la fuga dalle aree nel mirino di Phailin. Di solito, queste tempeste provocano una serie di danni a catena: prima cadono gli alberi, che poi si abbattono sulle case - costruite senza alcun parametro di sicurezza. I detriti intasano i canali di scolo creando dei "fiumi metropolitani", che aumentano i rischi sanitari e il diffondersi delle epidemie. Secondo il Dipartimento meteo sono previsti venti a 220 chilometri orari: il Centro meteo statunitense delle Hawaii parla di correnti fino a 270 chilometri. Il ciclone colpirà gli Stati dell'Orissa e dell'Andhra Pradesh, e non è chiaro per quanto tempo durerà la sua furia. L'esercito è in allerta nei due Stati e si prepara a operazioni di primo soccorso e di recupero: creano molta preoccupazione le case di fango che si trovano sulla costa di Gopalgur. (R.P.)

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    Bosnia-Erzegovina: il card. Puljic chiede di non manipolare i dati del censimento

    ◊   “È fondamentale che i numeri non vengano manipolati, ma che emerga la vera immagine della popolazione che vi abita”. Con queste parole l’arcivescovo di Sarajevo, il card. Vinko Puljiæ, in un’intervista all'agenzia Sir, commenta il censimento in corso in Bosnia e Erzegovina, il primo del dopoguerra. L’ultimo, infatti, data al 1991. Il censimento rappresenta una delle condizioni richieste dall’Ue per avviare i negoziati di ammissione in Europa. Per il porporato “è rilevante che ogni cittadino della Bosnia ed Erzegovina si senta appartenente a questo Stato e a questo Paese” così come “è importante che dal censimento emerga la realtà di uno Stato. Nella Bosnia ed Erzegovina convivono diversi popoli in base all’appartenenza etnica (nazionale) e religiosa. Con l’identità nazionale si acquisisce anche la lingua con cui parliamo. Per questo motivo ho invitato i cittadini a pronunciarsi in piena libertà come cittadini della Bosnia ed Erzegovina, ma secondo la nazionalità (etnia) e la lingua con la quale parlano”. Chiaro il riferimento ai cattolici, una minoranza nel Paese, esortati dall’arcivescovo, sin dall’agosto scorso, a dichiararsi cattolici e appartenenti al popolo croato. “Poiché in Bosnia ed Erzegovina vivono tre popoli costitutivi (il bosgnacco, il serbo, il croato, ndr) e come tali costituiscono questo Paese e questo Stato, l’esito del censimento è molto importante, così come lo è il fatto che il risultato sia reale e non manipolato, perché esso influenzerà la costruzione del governo del Paese. È importante - conclude - che si eviti ogni tipo di manipolazione della maggioranza sulla minoranza”. (R.P.)

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    Filippine: le campane delle chiese suonano contro la corruzione

    ◊   Le campane di numerose chiese cristiane, in tutte le diocesi filippine, hanno suonato e continueranno a suonare per dire “no” alla corruzione: come riferito all'agenzia Fides, l’iniziativa – che sta riscuotendo grande successo in tutto il territorio nazionale – ha coinvolto le chiese di cattoliche e di altre confessioni, che hanno suonato contemporaneamente ieri, all’una di pomeriggio, e d’ora in poi lo faranno ogni venerdì alla stessa ora. Le chiese intervengono, in tale simbolica modalità, per “dare l’allarme” e lanciare alla politica un appello alla trasparenza e a lottare contro il clientelismo e la corruzione. In particolare ci si riferisce al dibattito in corso nel paese che riguarda il “Fondo prioritario per l'assistenza allo sviluppo” (Pdaf), detto anche “pork barrel”: si tratta del contributo finanziario stanziato dal Congresso a ogni parlamentare per le sue attività politiche e sociali a livello locale. Secondo gli osservatori, in realtà il contributo viene usato per intascare denaro pubblico e perpetrare la pratica corruttiva del voto di scambio. Nei giorni scorsi nel paese si è levata una forte ondata di protesta contro il governo di Benigno Aquino jr, che si è rifiutato di abolire il contributo. Come comunica a Fides una nota inviata dalla Conferenza episcopale delle Filippine, le chiese chiedono una decisa azione del governo contro gli abusi dei fondi pubblici e invitano il Congresso a eliminare il “pork barell”. Il prete cattolico padre Ben Alforque, coordinatore del gruppo “Church People’s Alliance”, composto da vescovi, sacerdoti, suore e laici di diverse confessioni, e promotore dell’iniziativa, spiega: “I cristiani vogliono esprimere un grido per i poveri, per la giustizia, per la prosperità di tutti. Il suono profetico delle campane è un segno contro la corruzione l’abuso di potere. Richiama i leader del paese a pentirsi e a smettere di rubare al popolo quanto gli appartiene”. La Chiesa aveva già preso posizione ufficialmente contro il “pork barrel” in una imponente manifestazione pubblica tenutasi alla fine di agosto a Manila. (R.P.)

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    Malaysia. Vicina la sentenza sull’uso del termine “Allah” per i cristiani: in ballo la libertà religiosa

    ◊   E’ previsto per lunedì 14 ottobre il verdetto della Corte di Appello di Kuala Lumpur sul ricorso presentato dal governo malaysiano contro la sentenza di primo grado, emessa nel 2009, sul caso dell’uso del termine “Allah” per i cristiani. Nel processo di quattro anni fa, conclusosi davanti un tribunale di prima istanza, la Chiesa cattolica, come editore del settimanale cattolico “Herald”, aveva visto riconosciuta la legittima possibilità di usare la parola “Allah” per indicare “Dio” nei suoi riti e nelle pubblicazioni in lingua malaysiana. Infatti la parola “Allah” è usata da secoli dai cristiani nella lingua locale, il “Bahasha Malaysia”, in cui non esiste altro termine equipollente. Secondo alcuni membri dell’esecutivo e secondo alcuni leader religiosi islamici, il termine sarebbe invece appannaggio esclusivo dei musulmani. Alla vigilia della sentenza, i cristiani rivendicano tale diritto, affermando che un divieto “violerebbe l'accordo costituzionale del 1963, fondativi della Malaysia, che garantisce il diritto inalienabile alla libertà religiosa per i non musulmani”, afferma una nota inviata all'agenzia Fides dalla “Associazione delle Chiese a Sarawak”, provincia della Malaysia. “Una limitazione del genere trasformerebbe in criminali 1,6 milioni di cristiani che vivono nelle province di Sabah e Sarawak (che utilizzano la lingua bahasha Malaysia per il culto,ndr)”, spiega Bolly Lapok, presidente dell’Associazione. “Questi fedeli – aggiunge – costituiscono i due terzi dei cristiani malaysiani e nella loro lingua madre, si riferiscono a Dio come Allah”. Mons. Thomas Zeni, presidente del “Consiglio delle Chiese” a Sabah, rimarca: “Con il massimo rispetto per le autorità dello Stato – siano il potere esecutivo, legislativo o giudiziario – chiediamo che non si lasci che il fanatismo religioso, il razzismo e l'estremismo avvelenino la nostra nazione malaysiana”. Dopo la sentenza del 2009, fra le Chiese cristiane e il governo fu sottoscritto, nel 2011, un accordo in 10 punti che consente la stampa, l'importazione e la distribuzione della Bibbia “Alkitab”, come è chiamata quella in lingua malaysiana, che contiene il termine “Allah”, specificando che si tratta di “pubblicazione riservata ai cristiani”. (R.P.)

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    Honduras: i vescovi invitano ad un voto libero e responsabile

    ◊   A poco più di un mese dalle elezioni presidenziali, la Conferenza episcopale dell'Honduras chiede al popolo honduregno di andare alle urne “senza pressioni o minacce, senza vendere il proprio voto, e neanche per semplice abitudine; ma con la consapevolezza che questo evento sarà una garanzia per la convivenza giusta, libera e promotrice di dignità”. I vescovi cattolici, riuniti in assemblea ordinaria nella capitale, hanno infatti presentato in un documento, inviato anche all’agenzia Fides, le loro riflessioni in vista delle elezioni generali del 24 novembre. Nella dichiarazione ufficiale, esortano gli elettori ad "essere vigili e pronti a rilevare e segnalare eventuali frodi o pratiche illegali che possono alterare la trasparenza e il risultato delle elezioni". Il documento, strutturato in 21 punti, solleva interrogativi concreti sulla realtà nazionale e sullo svolgimento dell'evento, ma segnala anche "segni positivi" nella comunità civile: il lavoro del Tribunale Supremo Elettorale, la maturità dei candidati, l'interesse delle istituzioni internazionali e il protagonismo della Chiesa cattolica, presente in ogni settore della società. I vescovi propongono un suffragio serio e consapevole, esprimendo la fiducia della Chiesa nella popolazione libera e preparata per l'occasione. Infine esprimono la loro fiducia nel futuro del Paese, con un primo passo verso la riorganizzazione sociale e politica che permetta l'elaborazione di un progetto nazionale, pluralista, giusto e responsabile, che rispetti la dignità umana e difenda i diritti di tutti. Il testo porta la data del 9 ottobre 2013. (R.P.)

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    Amazzonia: a Manaus il primo incontro di vescovi e operatori pastorali

    ◊   Si terrà dal 28 al 31 ottobre a Manaus, la prima riunione della Chiesa cattolica dell’Amazzonia. L'incontro, riferisce l’agenzia di notizie Fides, è promosso dalla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), attraverso la Commissione episcopale per l'Amazzonia e riunirà i vescovi delle regioni dell'Amazzonia, i coordinatori pastorali, religiosi e laici. Al centro dei lavori sarà l’analisi della realtà politica, sociale, economica, culturale e religiosa della regione, insieme al contributo della Chiesa cattolica per la promozione e la difesa degli abitanti di questa zona e della sua ricca biodiversità. Sono già state confermate le presenze del presidente della Commissione episcopale per l'Amazzonia, il card. Cláudio Hummes, arcivescovo emerito di Sao Paulo, del segretario generale della Cnbb, mons. Leonardo Steiner, vescovo ausiliare di Brasilia, del nunzio apostolico in Brasile, mons. Giovanni D'Aniello e, infine, dei rappresentanti del Celam, (Consiglio episcopale latinoamericano) e di Adveniat. Secondo quanto reso noto dalla diocesi di Santarem, nello Stato brasiliano del Parà, il programma, articolato in quattro giorni, sarà incentrato sui conflitti che vive la popolazione locale. Il primo giorno verrà offerta una visione panoramica della regione attraverso dei video girati dai diversi partecipanti all’incontro. Il secondo giorno verranno affrontati i temi del "Mondo Urbano" e i progetti del governo del Brasile per la regione. Il terzo giorno sarà dedicato alle sfide della Chiesa cattolica, con il tema della tratta delle persone in primo piano. L'ultimo giorno verranno tratte le conclusioni dell’incontro e indicati gli impegni dei diversi gruppi ecclesiali per la Comunità amazzonica. (C.S.)

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    Guatemala: tra povertà e violenza si celebra la Giornata Internazionale della Bambina

    ◊   Le bambine guatemalteche, che secondo le cifre ufficiali rappresentano il 26% dei 15 milioni di abitanti di questo paese centroamericano, celebrano oggi la Giornata Internazionale della Bambina, tra povertà, violenza e indifferenza dello Stato di fronte alla loro incresciosa situazione. Nel corso del I Congresso “Le bambine al centro”, celebrato nella capitale all’interno della campagna “Essere una bambina”, un gruppo di adolescenti hanno fatto esplicita richiesta di avere le stesse opportunità dei bambini, oltre a rispetto in qualità di esseri umani e tutela da parte dello Stato. All'iniziativa, promossa dalla ong umanitaria Plan International, che opera in 50 Paesi in via di sviluppo ed è impegnata in prima linea nella tutela dei diritti dell’infanzia, soprattutto delle bambine, hanno preso parte i rappresentanti del Parlamento, la Procura dei Diritti Umani, organismi sociali e accademici. Le cifre ufficiali presentate hanno messo in evidenza le condizioni di violenza, abuso e mancanza di tutela di migliaia di bambine guatemalteche. I grandi ostacoli che queste piccole incontrano per avere accesso all’istruzione vanno dalla carenza sanitaria e nutrizionale, dalla mole di lavoro domestico alla quale sono sottoposte, dall’assistenza ad altri bambini, alla salute precaria e violenze subite nell’ambito familiare. Secondo le cifre ufficiali, solo 77 bambine su 100 che iniziano la scuola primaria riescono a portarla a termine; solo 41 accedono alla educazione di base, delle quali appena 22 finiscono l’intero ciclo. Nell’arco dei primi 5 mesi del 2013, 810 bambine tra 10 e 14 anni di età sono rimaste incinte e la legislazione guatemalteca sta cercando di far classificare questo fenomeno come violenza sessuale. Lo scorso anno le gravidanze registrate sempre in quella fascia di età sono state oltre 4 mila. (R.P.)

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    Irlanda. Appello dei vescovi al governo: il bilancio 2014 sia all’insegna della solidarietà

    ◊   La solidarietà sia il valore di base per il bilancio di previsione del 2014: è quanto chiede la Conferenza episcopale irlandese al governo locale, in vista della pubblicazione dell’impegno di spesa pubblica per il nuovo anno, prevista per martedì prossimo, 15 ottobre. In una nota ufficiale, i presuli uniscono la loro voce all’appello lanciato da altri gruppi impegnati nel campo sociale. In totale, i firmatari di tale appello sono sette: il Consiglio Giustizia e pace e il Consiglio Ricerca e sviluppo della Conferenza episcopale irlandese; Crosscare, ovvero l’agenzia caritativa dell’arcidiocesi di Dublino; il Centro dei gesuiti per la fede e la giustizia; la Società di San Vincenzo de’ Paoli; Trócaire, ossia l’organismo caritativo irlandese; l’Agenzia per lo sviluppo dei vescovi locali e la Società vincenziana per la giustizia sociale. Nell’appello congiunto si chiede, quindi, al governo di “porre fine alla devastante e demoralizzante politica di austerità che ha caratterizzato i bilanci annuali degli ultimi tempi”. Al contempo, i firmatari della nota ribadiscono “la schiacciante necessità di dare speranza a coloro che stanno lottando per mantenere un tenore di vita accettabile”, come ad esempio “le famiglie”. Di qui, tre suggerimenti: “Riconoscere ed affrontare l’impatto dell’inflazione e delle nuove tasse su coloro che dipendono dai sussidi sociali o che hanno un salario al minimo sindacale; proteggere e sostenere le famiglie mantenendo gli assegni familiari ed individuando aiuti mirati per i nuclei a basso reddito”; infine, “tornare al livello dello 0,5% del Pil per gli aiuti allo sviluppo, attraverso un impegno finanziario pluriennale che permetterebbe una pianificazione più efficace e darebbe una maggiore sicurezza ai beneficiari degli aiuti stessi”. La nota si conclude con un richiamo alla solidarietà “come valore di definizione del bilancio 2014” e con un invito alle autorità a “dare speranza alle famiglie e agli individui” in difficoltà. (A cura di Isabella Piro)

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    Assisi: quattro giorni di convegno sulla 'consolazione' da riservare ai sofferenti

    ◊   La parola ‘consolazione’, ben nota a chi sceglie di accompagnare il prossimo nella sofferenza e nella solitudine, ha un significato preciso: stare accanto a chi è solo in modo che non lo sia più. Nel tentativo di spogliare questo termine dai connotati di illusorietà e irrealtà attribuitigli dall’uso comune e, dunque, di approfondire le problematiche di chi sperimenta la malattia, il dolore e l’isolamento che ne deriva, si apre ad Assisi, dal 14 al 17 ottobre, il convegno nazionale A.I.Pa.S. (Associazione italiana di Pastorale Sanitaria), intitolato: “Il ministero della consolazione. Icone evangeliche di speranza”. L’isolamento che spesso colpisce chi è solo e nella malattia, creando un danno anche alla società, privata di un contributo che si rivela sempre prezioso quando è condiviso, sarà al centro dell’incontro, che, per illuminare i vari volti della consolazione che apre alla speranza e ispirare il cammino dei partecipanti, guarderà ad alcune icone evangeliche in particolare. A dare il via alla riflessione (lunedì 14 ottobre) sarà mons. Benigno Papa, che in qualità di arcivescovo di Taranto, istituì qualche anno fa un vero e proprio “ministero della consolazione”, al fine di stimolare l’intera comunità cristiana a prendersi cura dei malati. Lo seguirà nel corso della giornata successiva (martedì 15 ottobre), mons. Luca Bressan, vicario episcopale della diocesi di Milano, che commenterà il brano del cieco nato, a cui farà seguito la presentazione di un documento sul ministero della consolazione preparato dai Camilliani e presentato da padre Angelo Brusco. Nel pomeriggio dello stesso giorno, alcuni laboratori faranno il punto su aspetti della consolazione in riferimento a diverse categorie di persone colpite nella loro fragilità. Mercoledì 16 ottobre sarà la volta del biblista padre Alberto Maggi, il quale offrirà una riflessione che, a partire dal brano dei discepoli di Emmaus, traccerà le linee di una pastorale evangelicamente ispirata. Chiuderà, infine, il convegno (17 ottobre) un intervento al femminile della teologa Ina Siviglia. All’incontro, organizzato presso la Domus Pacis, Santa Maria degli Angeli, presenzieranno anche il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, e il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute, don Carmine Arice, fino allo scorso anno presidente dell’Aipas. (C.S.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 285

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