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Sommario del 11/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla comunità ebraica di Roma: l'antisemitismo sia bandito dal cuore di tutti
  • Il rabbino Di Segni: colpito dalla disponibilità del Papa, lo abbiamo invitato a visitarci
  • Dal Papa il capo dell'europarlamento. Schultz: Papa ha enorme impatto sulle questioni mondiali
  • Il Papa: il demonio non si vince con atteggiamenti a metà, seguire Gesù senza sfumature
  • Il Papa riconosce la santità di Angela da Foligno, grande mistica medievale
  • Altre udienze e nomine di Papa Francesco
  • Per la "Giornata Mariana" a Roma la Statua originale della Madonna di Fatima
  • Tweet del Papa: quando incontriamo la croce chiediamo aiuto alla Madonna per accettarla
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: Ue condanna persecuzione dei cristiani. 190 vittime nei villaggi alawiti
  • All'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche il Nobel per la Pace
  • Amnesty: cessino le violenze contro i copti in Egitto
  • Ritorna la Manif pour tous-Italia contro la legge sull'omofobia: a rischio libertà di espressione
  • Studenti in piazza: più finanziamenti all'istruzione e meno austerity
  • Alitalia, c'è l'intervento delle Poste, ma Confindustria è scettica
  • Roma. nel week-end i medici del Gemelli offrono esami gratuiti della tiroide
  • Festival Dottrina Sociale. Mons. Vincenzi: al centro la ricchezza delle differenze
  • Religion Today Film Festival 2013: oggi l'inaugurazione dell'evento
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Lampedusa: Caritas e Save the children aprono uno spazio per bambini e adolescenti
  • Ue. Il card. Marx a Barroso: impegno comune sulle migrazioni dopo Lampedusa
  • Nigeria. Delta del Niger: uccisa una missionaria laica italiana
  • Al vertice dell'Unione Africana il rapporto con la Corte penale internazionale
  • Congo: violenze contro la popolazione civile nel territorio di Masisi
  • Siria. Mons. Hindo: non vogliamo uno “Stato curdo” nella provincia siriana di Jazira
  • Egitto: a due anni dalla strage di Maspero, i copti attendono ancora giustizia
  • India: nuove violenze e arresti arbitrari contro i cristiani
  • Pakistan. Appello società civile al governo: abolire pena di morte e garantire giusto processo
  • Giappone: approvata la Convenzione di Minamata per il bando del mercurio
  • Cina. Wenzhou: chiese aperte per offrire un riparo a chi fugge dai tifoni
  • Madagascar: il passaggio del ciclone Haruna
  • Rapporto Censis-Ucsi: la Tv mantiene il suo valore. Cresce divario giovani-anziani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla comunità ebraica di Roma: l'antisemitismo sia bandito dal cuore di tutti

    ◊   “L’antisemitismo sia bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo e di ogni donna”. Lo ha esclamato Papa Francesco questa mattina, nel ricevere in udienza in Vaticano una delegazione della Comunità ebraica di Roma, guidata dal rabbino capo, Riccardo Di Segni. Il Papa ha riconosciuto il percorso di dialogo tra ebrei e cattolici, compiuto negli ultimi decenni a Roma e nel mondo, e ha auspicato il radicarsi di una “vera e concerta cultura dell’incontro”, al di là del confronto teologico. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il punto esclamativo sul foglio del testo ufficiale è in realtà il segnale di una convinzione da esprimere non perché la circostanza lo richiede, ma perché è un sentimento che in Papa Francesco nasce dal profondo del cuore: l’antisemitismo è un veleno da bonificare in chiunque, soprattutto se si dice cristiano. Il Papa sta parlando del prossimo anniversario del rastrellamento del ghetto ebraico di Roma, avvenuto il 16 ottobre di 70 anni fa, e le sue parole strappano l’applauso alla trentina di persone guidate dal rabbino capo Riccardo Di Segni, che poco prima ha salutato il Papa ponendo in rilievo la “continuità” ma anche la “novità” dell'incontro:

    “Sarà anche l’occasione per mantenere sempre vigile la nostra attenzione affinché non riprendano vita, sotto nessun pretesto, forme di intolleranza e di antisemitismo, a Roma e nel resto del mondo. Lo ho detto alcune volte e mi piace ripeterlo adesso. E’ una contraddizione che un cristiano sia antisemita: le sue radici sono ebree. Un cristiano non può essere antisemita! L’antisemitismo sia bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo e di ogni donna!”.

    Prima e dopo questo passaggio, Papa Francesco si sofferma sulla storia, invero antichissima, del rapporto tra cattolici ed ebrei a Roma, per decifrarne il presente e il futuro. Sono quasi duemila anni, ricorda e riconosce, in cui non sono mancati “incomprensioni” e anche “autentiche ingiustizie”. E tuttavia, soggiunge:

    “E’ una storia, però, che, con l’aiuto di Dio, ha conosciuto ormai da molti decenni lo sviluppo di rapporti amichevoli e fraterni. A questo cambiamento di mentalità ha certamente contribuito, per parte cattolica, la riflessione del Concilio Vaticano II, ma un apporto non minore è venuto dalla vita e dall’azione, da ambo le parti, di uomini saggi e generosi, capaci di riconoscere la chiamata del Signore e di incamminarsi con coraggio su sentieri nuovi di incontro e di dialogo”.

    Se in queste parole è evidente il riconoscimento di quanto maturato negli anni dal Concilio in qua, Papa Francesco non dimentica il paradosso della Seconda Guerra mondiale, tragedia che – nella paura di quei giorni – insegnò ad ebrei e cattolici di Roma il valore di un’amicizia solidale ben più di mille discorsi, come dimostrano i gesti di accoglienza del Papa, del clero e di tanti cristiani, che aprirono le porte di monasteri e case per salvare chi era perseguitato, senza porsi troppe domande sulla sua diversa fede:

    “Ebbero (...) il coraggio di fare ciò che in quel momento era la cosa giusta: proteggere il fratello, che era in pericolo. Mi piace sottolineare questo aspetto, perché se è vero che è importante approfondire, da entrambe le parti, la riflessione teologica attraverso il dialogo, è anche vero che esiste un dialogo vitale, quello dell’esperienza quotidiana, che non è meno fondamentale. Anzi, senza questo, senza una vera e concreta cultura dell’incontro, che porta a relazioni autentiche, senza pregiudizi e sospetti, a poco servirebbe l’impegno in campo intellettuale”.

    Ed è esattamente in questo che definisce il “sentiero dell’amicizia” che Papa Francesco si augura di inserirsi nella sua veste di Vescovo della Città eterna:

    “Spero di contribuire qui a Roma a questa vicinanza e amicizia, così come ho avuto la grazia, perché è stata una grazia, di fare con la comunità ebraica di Buenos Aires. Tra le molte cose che ci possono accomunare, vi è la testimonianza alla verità delle dieci parole, al Decalogo, come solido fondamento e sorgente di vita anche per la nostra società, così disorientata da un pluralismo estremo delle scelte e degli orientamenti, e segnata da un relativismo che porta a non avere più punti di riferimento solidi e sicuri”.

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    Il rabbino Di Segni: colpito dalla disponibilità del Papa, lo abbiamo invitato a visitarci

    ◊   Al termine dell'odierna udienza di Papa Francesco alla Comunità Ebraica di Roma, Fabio Colagrande ha raggiunto al telefono il rabbino capo, Riccardo Di Segni, per un commento sul suo incontro con il Pontefice:

    R. – Sono stato colpito… Siamo stati colpiti dalla sua disponibilità, dalla sua cordialità, dalla possibilità di stabilire un confronto aperto a 360 gradi. Abbiamo parlato di tutto, dall’esegesi biblica a temi riguardanti l’urgenza sociale. Su tutti questi argomenti il clima era molto buono e di reciproco ascolto, quindi un giudizio decisamente positivo.

    D. – Dal Papa anche una condanna forte dell’antisemitismo: che sia bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo…

    R. – Sì, ha sottolineato anche il fatto che l’antisemitismo è una contraddizione per il cristiano ed è bene che questo messaggio esca dalle stanze dei palazzi apostolici e che raggiunga le periferie del mondo.

    D. – Lei, da parte sua ha sottolineato la responsabilità pubblica che ha la vostra vicinanza, la collaborazione tra la Comunità ebraica e la Chiesa di Roma. Che cosa significa?

    R. – Significa che le nostre tradizioni ci insegnano a rispettare dei valori che purtroppo vediamo spesso trasgrediti e dimenticati. Questi valori che oggi sono ad esempio quelli della solidarietà devono essere invece riproposti, e farlo insieme credo che sia un valore aggiunto.

    D. – Lei ha invitato il Papa a venire a trovare la Comunità ebraica di Roma …

    R. – Sì, c’è stato un invito a visitare la Comunità ebraica che il Papa ha accolto positivamente.

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    Dal Papa il capo dell'europarlamento. Schultz: Papa ha enorme impatto sulle questioni mondiali

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani in Vaticano Martin Schulz, presidente del parlamento europeo. Nel corso dell'incontrp, Schulz ha invitato il Pontefice al parlamento di Strasburgo. Intervistato da Fabio Colagrande, il presidente Scultz Ue si sofferma sui primi sette mesi di Pontificato di Papa Francesco:

    R. – I think I’m not the only one in Europe who is deeply impressed by the first…
    Credo di non essere l’unico, in Europa, a essere stato colpito profondamente da questi primi sette mesi… E’ un Papa dalla grande aperture mentale, fortemente convinto dell’apertura e credo anche convinto della necessità di un dialogo diretto tra lui stesso e i credenti, ma anche i non credenti, le persone in generale. Questa mattina, ho sentito un commento acuto da parte di un ambasciatore presso la Santa Sede, che mi ha detto: questo è un Papa che parla un linguaggio simile a quello usato su Twitter: è capace di far passare messaggi che possono essere raccolti anche dalle persone comuni. Ecco, questa è la grande novità. E sì, sono molto impressionato da questo.

    D. – Dopo la tragedia di Lampedusa, il Papa ha parlato di "vergogna". In che modo l’Ue può impedire che si ripetano stragi simili?

    R. – I share the view that for the richest part of the world it is a shame…
    Condivido l’opinione secondo la quale sia una vergogna, per la parte ricca del mondo, che possa accadere che delle persone debbano morire a soli pochi metri dalle nostre frontiere, dalle nostre coste. Quindi, quello che deve fare l’Unione Europea, e in particolare gli Stati membri dell’Unione, è la riforma dell’intero nostro sistema di immigrazione. Noi abbiamo la Convenzione Dublino 2, che copre esclusivamente la questione dell’asilo politico, mentre in Europa manca l’aspetto della protezione temporanea per quelle persone che fuggono da regioni in cui imperversano le guerre civili, da zone in cui si sono manifestati disastri naturali o addirittura un sistema che contempli l’immigrazione legale. Oggi, ci troviamo di fronte a un ritardo di due decenni. Ormai, io sono membro dell’Europarlamento dal 1994 e nel 1994, trattavamo gli stessi argomenti di cui stiamo parlando oggi... Se vado a prendermi i miei comunicati stampa del 1995 sui casi che si sono verificati qui, in Italia – nel 1997 o 1998, forse lei ricorda il caso di Badolato e Soverato – se prendo quei comunicati stampa e sostituisco le date con quelle attuali, il contenuto non cambia. Quindi, dobbiamo accelerare i tempi nella ricerca di soluzioni per la protezione temporanea e abbiamo bisogno anche di un sistema di immigrazione legale per combattere l’immigrazione clandestina.

    D. – Quale contributo possono offrire i cristiani all’Europa in questo momento di crisi sociale ed economica?

    R. – I think, what Christians can offer is described by the messages of the Pope of…
    Penso che quello che i cristiani possono offrire è contenuto nei messaggi del Papa in questi sette mesi: abbiamo bisogno di maggiore impiego, abbiamo bisogno di una maggiore giustizia sociale… L’Europa, ad esempio, è la zona più ricca del mondo ma con una scadente distribuzione del nostro benessere all’interno della stessa Unione Europea, e attraverso l’Unione Europea, nel mondo. Abbiamo bisogno del mutuo rispetto, di una maggiore solidarietà fondata su una maggiore collaborazione internazionale… E’ necessario anche un commercio più equo con altre parti del mondo, serve una maggiore apertura e una politica più “logica” da parte degli Stati membri: ad esempio, inviando i ministri degli Esteri nei luoghi nei quali ci sono rivoluzioni, come in Nord Africa, affinché questi, tornando poi nelle rispettive capitali, possano determinare – insieme con i rispettivi ministri delle finanze – i mezzi necessari per lo sviluppo di quelle popolazioni. I cristiani dovrebbero passare il messaggio secondo cui queste contraddizioni non sono molto credibili e insistere presso i governi e le istituzioni internazionali affinché mantengano le loro promesse. Bisogna avvicinare le promesse e l’azione, affinché si colmi la lacuna tra quello che promettiamo e quello che poi facciamo. Questo è il modo migliore in cui i cristiani possono fare pressione sulle istituzioni pubbliche, magari anche sulle loro stesse istituzioni. Per questo penso che quello che il Papa ha detto in questo suo primo periodo di Pontificato sia incoraggiante per i cristiani…

    D. - Perché ha invitato Papa Francesco a intervenire a una seduta plenaria del Parlamento Europeo?

    R. – Today it is the 25th anniversary of the address of Pope John Paul II to the…
    Ricorre oggi il 25.mo anniversario del discorso di Giovanni Paolo II al parlamento europeo, l’11 ottobre 1988. Ed è anche il 61.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Viviamo in un’epoca di cambiamenti. Il 1988 veramente è stato l’anno di un cambiamento epocale: era un anno prima della caduta della "Cortina di ferro"… Oggi, viviamo in un mondo globalizzato in cui l’Unione Europea dovrebbe svolgere un ruolo di stimolo per ottenere maggiore giustizia, maggiore cooperazione; dovrebbe essere strumento per la creazione di un mondo più giusto e più equo. E il luogo in cui si discute di tutto questo è il parlamento europeo. E la Santa Sede è una realtà, il Papa una persona, che hanno un impatto enorme sul dibattito mondiale sui cambiamenti di cui abbiamo bisogno. Per questo, un uomo con un tale impatto ed una tale importanza, dovrebbe prendere la parola proprio in quel contesto nel quale si discute del ruolo dell’Europa nel mondo. Questa è la ragione per la quale ho tentato di convincerlo a rivolgersi al Parlamento europeo.

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    Il Papa: il demonio non si vince con atteggiamenti a metà, seguire Gesù senza sfumature

    ◊   Dobbiamo sempre vigilare contro l’inganno del demonio. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che non si può seguire la vittoria di Gesù sul male “a metà” e ha ribadito che non dobbiamo confondere, relativizzare la verità nella lotta contro il demonio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Gesù scaccia i demoni e qualcuno comincia a dare spiegazioni “per diminuire la forza del Signore”. Papa Francesco incentra l’omelia sul Vangelo odierno e subito sottolinea che sempre c’è la tentazione di voler sminuire la figura di Gesù come fosse “al massimo un guaritore”, da non prendere “tanto sul serio”. Un atteggiamento, ha osservato, che è “arrivato ai nostri giorni”:

    “Ci sono alcuni preti che quando leggono questo brano del Vangelo, questo e altri, dicono: ‘Ma, Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica’. Non leggono questo qui, no? E’ vero che in quel tempo si poteva confondere un’epilessia con la possessione del demonio; ma è anche vero che c’era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire: ‘Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici’. No! La presenza del demonio è nella prima pagina della Bibbia e la Bibbia finisce anche con la presenza del demonio, con la vittoria di Dio sul demonio”.

    Per questo, ha avvertito, “non dobbiamo essere ingenui”. Il Papa ha, quindi, osservato che il Signore ci dà alcuni criteri per “discernere” la presenza del male e per andare sulla “strada cristiana quando ci sono le tentazioni”. Uno dei criteri è di “non seguire la vittoria di Gesù sul male” solo “a metà”. “O sei con me – dice il Signore – o sei contro di me”. Gesù, ha soggiunto, è venuto a distruggere il demonio, “a darci la liberazione” dalla “schiavitù del diavolo su di noi”. E, ha ammonito, non si può dire che così “esageriamo”. “In questo punto – ha detto – non ci sono sfumature. C’è una lotta e una lotta dove si gioca la salute, la salute eterna, la salvezza eterna” di tutti noi. C’è poi il criterio della vigilanza. “Dobbiamo sempre vigilare – ha esortato il Papa – vigilare contro l’inganno, contro la seduzione del maligno”:

    “E noi possiamo farci la domanda: ‘Io vigilo su di me, sul mio cuore, sui miei sentimenti, sui miei pensieri? Custodisco il tesoro della grazia? Custodisco la presenza dello Spirito Santo in me? O lascio così, sicuro, credo che vada bene?’ Ma se tu non custodisci, viene quello che è più forte di te. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. La vigilanza! Ma, tre criteri, eh! Non confondere la verità. Gesù lotta contro il diavolo: primo criterio. Secondo criterio: chi non è con Gesù, è contro Gesù. Non ci sono atteggiamenti a metà. Terzo criterio: la vigilanza sul nostro cuore, perché il demonio è astuto. Mai è scacciato via per sempre! Soltanto l’ultimo giorno lo sarà”.

    Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, ha rammentato il Papa, “si aggira per luoghi deserti, cercando sollievo e non trovandone dice: ‘Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito’. E quando la trova “spazzata e adorna”. Allora va, “prende altri sette spiriti peggiori di lui, vengono e prendono dimora”. E, così, “l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima”:

    “La vigilanza, perché la strategia di lui è quella: ‘Tu ti sei fatto cristiano, vai avanti nella tua fede, io ti lascio, ti lascio tranquillo. Ma poi quando ti sei abituato e non fai tanta vigilanza e ti senti sicuro, io torno’. Il Vangelo di oggi incomincia con il demonio scacciato e finisce con il demonio che torna! San Pietro lo diceva: ‘E’ come un leone feroce, che gira intorno a noi’. E’ così. ‘Ma, Padre, lei è un po’ antico! Ci fa spaventare con queste cose…’. No, io no! E’ il Vangelo! E queste non sono bugie: è la Parola del Signore! Chiediamo al Signore la grazia di prendere sul serio queste cose. Lui è venuto a lottare per la nostra salvezza. Lui ha vinto il demonio! Per favore, non facciamo affari con il demonio! Lui cerca di tornare a casa, di prendere possesso di noi… Non relativizzare, vigilare! E sempre con Gesù!”.

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    Il Papa riconosce la santità di Angela da Foligno, grande mistica medievale

    ◊   Papa Francesco ha riconosciuto la santità di una grande mistica del Medioevo, la Beata Angela da Foligno, vissuta tra il 1248 e il 1309. Il Papa, informa una nota, ha stabilito la sua iscrizione nel catalogo dei Santi, estenendo il culto liturgico alla Chiesa universale, dopo aver accolto la relazione del cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. La Santa umbra, di famiglia benestante, si convertì sulla scia degli insegnamenti di San Francesco, entrando nel Terz’Ordine e vivendo in povertà attorniata da un gruppo di seguaci. Ebbe straordinarie visioni mistiche e i suoi scritti le guadagnarono la fama di “maestra di teologia”.

    Nei Decreti promulgati oggi su autorizzazione del Papa figura anche una futura Beata, la cofondatrice della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo, Assunta Caterina Marchetti, alla cui intercessione è stato riconosciuto il miracolo. Vissuta a cavallo tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento, la religiosa seguì la spiritualità dello Scalabrini dedicandosi agli orfani, agli emigrati e ai malati.

    I Decreti odierni riconoscono inoltre le virtù eroiche di sei Servi di Dio:

    il Beato Amato Ronconi, fondatore dell'Ospedale-Ospizio dei Pellegrini Poveri di Saludecio (Diocesi di Rimini), chiamato ora "Casa di Riposo Opera Pia Beato Amato Ronconi"; nato a Saludecio (Italia) circa nel 1226, e morto a Rimini (Italia) circa nel 1292;

    il Servo di Dio Pio Alberto Del Corona, Arcivescovo titolare di Sardica, già Vescovo di San Miniato, Fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane dello Spirito Santo; nato a Livorno (Italia) il 5 luglio 1837 e morto a Firenze (Italia) il l5 agosto 1912;

    la Serva di Dio Maria Elisabetta Turgeon, Fondatrice della Congregazione delle Suore di Nostra Signora del Santo Rosario di San Germain; nata a Beaumont (Canada) il 7 febbraio 1840 e morta a Rimouski (Canada) il l 7 agosto 1881;

    le virtù eroiche della Serva di Dio Maria di San Francesco Wilson (al secolo: Maria Giovanna), Fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane di Nostra Signora delle Vittorie; nata a Hurryhur (India) il 3 ottobre 1840 e morta a Camara de Lobos (Portogallo) il 18 ottobre 1916;

    le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Eleonora Giorgi (al secolo: Angela), Suora professa della Congregazione delle Serve della Vergine Maria Addolorata di Firenze; nata a Scheggiano (Italia) il 16 gennaio 1882 e morta a Firenze (Italia) il 6 novembre 1945;

    le virtù eroiche del Servo di Dio Attilio Luciano Giordani, Laico e Padre di famiglia, Cooperatore della Società Salesiana di San Giovanni Bosco; nato a Milano (Italia) il 3 febbraio 1913 e morto a Campo Grande (Brasile) il 18 dicembre 1972.

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    Altre udienze e nomine di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto oggi Jean-Claude Mignon, presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa; il rev.do Don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione; mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Negli Usa, Papa Francesco ha nominato vescovo ausiliare di Saint Paul and Minneapolis il rev.do Andrew H. Cozzens, del clero della medesima arcidiocesi, finora professore Assistente della St. Paul Seminary School of Divinity a Saint Paul, assegnandogli la sede titolare vescovile di Bisica.

    In Etiopia, il Papa ha nominato coadiutore del Vicario Apostolico di Soddo il rev.do Tsegaye Keneni Derera, del clero di Addis Abeba, vicario generale del Vicariato Apostolico di Nekemte, assegnandogli la sede titolare vescovile di Massimiana di Bizacena.

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    Per la "Giornata Mariana" a Roma la Statua originale della Madonna di Fatima

    ◊   La statua originale della Vergine di Fatima sarà eccezionalmente a Roma domani e dopodomani per la “Giornata Mariana” e tornerà in Portogallo domenica sera. L’evento rientra negli appuntamenti per l’Anno della Fede e si svolge in Vaticano alla presenza di Papa Francesco. A presentarlo stamani, in Sala Stampa vaticana, sono stati mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e mons. José Octavio Ruiz Arenas, segretario dello stesso dicatsero. Attesi per domenica oltre 150mila pellegrini. Il servizio di Debora Donnini:

    La statua della Vergine di Fatima torna a Roma. L’ultima volta che aveva lasciato il Santuario portoghese era stato nel Grande Giubileo dell’Anno Duemila, quando il Beato Giovanni Paolo II, il 13 maggio, compì l’Atto di affidamento alla Madonna. Nella conferenza stampa di presentazione della Giornata mariana – che si tiene domani, sabato 12 ottobre, e domenica 13 ottobre – mons. Rino Fisichella ricorda la forte devozione di Karol Wojtyla per le apparizioni di Fatima, tanto è vero che il Papa polacco desiderò che la pallottola che lo aveva ferito il 13 maggio del 1981 venisse incastonata nella corona della Statua. “Egli vide nella protezione della Madonna di Fatima – nota il presule – un intervento del tutto particolare nella sua vita e per questo ne rimase fortemente segnato”:

    “La scelta della Giornata mariana è stata intenzionalmente voluta il 13 ottobre. Come si sa, quella data ricorda l’ultima apparizione della Vergine ai pastorelli Giacinta, Francesco e Lucia nel 1917. In quell’occasione, la Madonna ebbe a dire: ‘Sono la Madonna del Rosario, continuino a dire sempre il Rosario tutti i giorni… Devono cambiare, chiedano perdono dei loro peccati. Non offendano più Dio nostro Signore, che è già tanto offeso’”.

    Un messaggio che vale anche per oggi, ricorda mons. Fisichella, “perché i cristiani facciano ritorno alla preghiera del Rosario come a una devozione quotidiana”, cosa che Papa Francesco ha ricordato diverse volte in questi mesi.

    L’evento si articola in due giornate. Domani, vi sarà il tradizionale pellegrinaggio alla tomba di Pietro, nel pomeriggio l’incontro in Piazza San Pietro con la catechesi del Papa. All’arrivo in Vaticano da Fiumicino, la statua della Madonna di Fatima farà una sosta presso la cappella dell’abitazione di Benedetto XVI per consentirgli un breve momento di preghiera personale, ha detto mons. Fisichella, poi si dirigerà verso Casa Santa Marta, dove verrà accolta da Papa Francesco. Quindi, la Statua passerà in processione attraverso piazza San Pietro, verso le 16, trasportata da alcuni volontari di associazioni mariane e, per indicare la solennità dell’evento, sarà scortata dalla Guardia svizzera e dai Gendarmi del Vaticano. Quando alle 17 il Papa accoglierà l’effige sul Sagrato, saranno gli stessi Sediari a trasportarla. Vi sarà dunque un momento di preghiera e poi l’immagine andrà al Santuario del Divino Amore, dove verrà recitato il Rosario in collegamento con alcuni Santuari del mondo e vi sarà una Veglia di preghiera. Il giorno successivo, la Statua tornerà a piazza San Pietro per la Messa presieduta dal Papa che, al termine della Celebrazione eucaristica, compirà l’Atto di affidamento alla Madonna di Fatima. E in generale, sull’affidarsi a Maria mons. Fisichella ha detto:

    “In ogni caso, si affida la Chiesa, si affida ancora una volta a Maria il compito di protezione ed intercessione. Protezione perché la Chiesa, come il mondo, hanno sempre bisogno della protezione materna della Vergine, ma chiediamo a Lei anche l’intercessione. Lei è Beata perché ha creduto e questo è anche il tema di queste due giornate: ‘Beata perché hai creduto’. Nell’Anno della Fede, il significato profondo è anche quello non solo di chiedere che i cristiani abbiamo sempre davanti il suo esempio come esempio di fede, ma che ci sia anche la capacità di dare testimonianza concreta di cosa significa vivere come credenti”.

    Per assicurarsi che il trasporto della Statua avvenga in una cornice di massima sicurezza, la Santa Sede ha chiesto il supporto della Forza Armata, fa sapere un comunicato dello Stato Maggiore dell’Aeronautica. A tale scopo sarà utilizzato per i trasporti dall’aeroporto di Fiumicino al Vaticano e viceversa e per lo spostamento al Divino Amore, un elicottero HH139A del 15° Stormo, che grazie all’elevato livello di addestramento dell’equipaggio di volo ed alla strumentazione ad alto contenuto tecnologico potrà garantire il trasporto anche in presenza di condizioni anomale per orografia e visibilità.

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    Tweet del Papa: quando incontriamo la croce chiediamo aiuto alla Madonna per accettarla

    ◊   Tweet di Papa Francesco, lanciato oggi dal suo account @Pontifex: “Quando incontriamo la croce, ci rivolgiamo alla Madonna: Madre nostra, dacci la fortezza di accettare ed abbracciare la croce!”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per un mondo senza antisemitismo: appello di Papa Francesco durante l’incontro con rappresentanti della comunità ebraica di Roma.

    Il Nobel per la pace all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.

    Il 13 ottobre la beatificazione di 522 martiri della persecuzione religiosa spagnola degli anni 1934-1939: gli articoli di Jaume Pujol Barcelles, arcivescovo metropolita di Tarragona, Vicente Carcel Orti e Maria Encarnacion Gonzalez Rodriguez, direttrice dell’Ufficio per la Cause dei Santi della Conferenza episcopale spagnola.

    Isabella Farinelli sulle cronache dalla provincia di fra Elia: il monumentale inventario dell’Archivio storico della Custodia francescana di Terra Santa.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Camus contro le maschere del potere”: a cent’anni dalla nascita dello scrittore tradotta in italiano la biografia scritta da Virgil Tanase.

    Per realizzare la collegialità episcopale: intervista di Nicola Gori all’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: Ue condanna persecuzione dei cristiani. 190 vittime nei villaggi alawiti

    ◊   Il parlamento europeo ha condannato la persecuzione dei cristiani in Siria, approvando una risoluzione votata durante la seduta plenaria di ieri a Strasburgo. Nel conflitto, continuano intanto a pagare un prezzo altissimo tutte le minoranze: Human Rights Watch denuncia il massacro di almeno 190 persone in un attacco dei ribelli jihadisti contro dieci villaggi alawiti. Il servizio di Marco Guerra:

    Almeno 190 civili sottoposti a esecuzioni sommarie e altri duecento, in prevalenza donne e bambini, presi in ostaggio nei villaggi a maggioranza alawita - la setta islamica a cui appartiene il presidente Assad - della provincia costiera di Latakia, lo scorso mese di agosto. La denuncia arriva da un Rapporto di 105 pagine di Human Rights Watch. Il documento punta il dito contro le milizie di estremisti stranieri dello “Stato Islamico dell'Iraq e del Levante” e dell'"Esercito degli emigranti", che avrebbe giustiziato intere famiglie. La coalizione nazionale siriana, principale piattaforma dell’opposizione, condanna il massacro degli alawiti, dissociandosi dalle formazioni integraliste straniere che, tuttavia, rafforzano la loro posizione sul terreno, come dimostra l’attentato suicida compiuto stamani da un musulmano francese, in una base militare a sud di Aleppo, in cui sono morti 10 soldati. Intanto, truppe governative hanno strappato ai ribelli due sobborghi a Damasco. E mentre prosegue il lavoro degli ispettori dell’Opec per distruggere gli arsenali chimici siriani, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, accusa i ribelli siriani di essere stati addestrati all’uso delle armi chimi che in Afghanistan. Su sulla situazione dei cristiani nel Paese, sentiamo la testimonianza di padre Juan Pedro Degandt, collaboratore del Patriarca di Damasco Gregorios Laham III:

    "La situazione cambia a seconda dei luoghi. In alcuni posti, i cristiani sono veramente perseguitati dalle sedicenti forze dell’opposizione. Sono stati costretti ad andare via da molti luoghi. Qui, a Damasco, il Patriarcato sta aiutando ogni giorno i rifugiati che provengono da Homs e adesso anche quelli che scappano da Maaloula. Al momento, sembra che i jihadisti non siano totalmente assenti da Maaloula, ma che ci siano ancora combattimenti. A Maaloula ci sono stati tre veri e propri martiri".

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    All'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche il Nobel per la Pace

    ◊   Il Premio Nobel per la Pace 2013 è stato assegnato all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, l’Opac, attualmente impegnata nello smantellamento dell’arsenale chimico in Siria. L’annuncio stamani ad Oslo. Nella motivazione, si sottolinea proprio che i recenti eventi a Damasco e non solo hanno messo in luce “la necessità di rafforzare gli sforzi per mettere al bando” le armi chimiche. Il riconoscimento verrà consegnato il 10 dicembre. Il servizio di Giada Aquilino:

    Fondata nel 1997, quattro anni dopo la firma della convenzione contro l'uso delle armi chimiche, l’Opac è rimasta sconosciuta ai più fino al 28 settembre scorso, quando con un’apposita risoluzione il Consiglio di sicurezza dell'Onu l’ha incaricata di controllare - fino al 30 giugno 2014 - lo smantellamento dell'arsenale chimico del regime di Bashar al Assad. Ha sede all'Aja ed è diretta dal diplomatico turco, Ahmet Uzumcu. Composta da 189 Stati membri, dà lavoro a circa 500 persone, con un budget annuale di circa 70 milioni di euro. Il presidente del Comitato per il Nobel, Thorbjoern Jagland, ha sottolineato come il riconoscimento sia “un messaggio ai Paesi che non hanno ratificato il Trattato di messa al bando delle armi chimiche". Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nelle scorse settimane ha pensato di creare una "missione comune" Onu-Opac, composta di 100 uomini operativi sul territorio siriano. La missione iniziale è cominciata il primo ottobre con l'invio di un team di esperti. La seconda, fino al primo novembre, dovrebbe consentire la distruzione di tutti gli impianti di produzione delle armi chimiche. Mentre l'ultima fase, dal primo novembre al 30 giugno 2014, comporterà la distruzione di circa 1.000 tonnellate di prodotti tossici. Gli esperti dell'Opac si occupano soprattutto della parte tecnica, mentre l'Onu ha un ruolo di coordinamento strategico. Di certo si sa che gli esperti delle Nazioni Unite hanno detto di aver trovato prove dell’utilizzo di gas sarin il 21 agosto alla periferia di Damasco: allora ci furono 1429 morti. Sul Nobel all'Opac, ascoltiamo Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo:

    R. - Si tratta di un premio assolutamente di attualità che ha colto bene il momento: oggi in Siria la situazione consente una soluzione congiunta politica non armata proprio grazie all’esistenza del sistema delle Nazioni Unite e del sistema dei Trattati, tra cui la Convenzione per la messa al bando delle armi chimiche, che tra i suoi organi include proprio l’Opac. Questo ente oggi ha il compito – dopo aver controllato – di distruggere le armi chimiche.

    D. – Nella motivazione si sottolinea che i recenti eventi in Siria hanno messo in luce la necessità di “rafforzare gli sforzi per mettere al bando le armi chimiche”, sollecitando i Paesi che non lo hanno ancora fatto a ratificare il relativo Trattato. Qual è la situazione?

    R. – La situazione è di complessiva e soddisfacente soluzione a questo controllo di armi assolutamente disumane e per lo più letali, come sono le armi chimiche. In tutto il mondo hanno firmato 189 Stati. Il punto è che c’è ancora una pattuglia di Paesi che non hanno firmato o ratificato il Trattato: la ‘solita’ e ‘irriducibile’ Corea del Nord; Paesi magari non in prima linea dal punto di vista anche del rischio, come l’Angola; c’è poi l’Angola; e ci sono soprattutto i Paesi del Medio Oriente: l’Egitto, la Siria ed Israele. Quest’ultimo ha firmato la Convenzione per le armi chimiche ma non l’ha ancora ratificata. E’ la volta buona per cui Egitto e Siria facciano questo passo senza invocare continuamente la presenza del vicino Israele che non adempie al proprio compito fino in fondo; e che Israele – consapevole della grandissima utilità di questo strumento che oggi sta evitando una guerra – voglia unirsi definitivamente al Trattato per il bando delle armi chimiche.

    D. – E’ di queste ore la notizia che il termine per la distruzione per le armi chimiche in Siria, cioè la prima metà del 2014, sarebbe realistica secondo il direttore dell’Opac...

    R. – Sì, sicuramente. Assad si è impegnato a procedere con la distruzione delle armi chimiche. L’unico punto interrogativo sono alcune aree in conflitto: la guerriglia in questo momento è ancora forte e presente in vaste aree del Paese. Lì si tratterà di trovare una soluzione, anche in questo caso negoziata con le forze in campo, per consentire alla delegazione mista formata da Opac e Onu di poter intervenire tempestivamente. Se la volontà politica c’è, è veramente possibile prendere una soluzione e forse servirà anche come cartina di tornasole per vedere chi vuole veramente la pace in Siria.

    D. – L’Onu ha detto di aver trovato già prove certe dell’utilizzo di gas sarin il 21 agosto alla periferia di Damasco, quando ci furono 1429 morti. Secondo lei l’esperienza delle armi chimiche in Siria potrà ad un certo punto dirsi conclusa?

    R. - Sarà conclusa quando in effetti verranno individuati e puniti i colpevoli. La punizione potrà variare e probabilmente essa stessa sarà frutto di un negoziato politico.

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    Amnesty: cessino le violenze contro i copti in Egitto

    ◊   Amnesty International ha presentato un Rapporto sulle violenze subite dalle comunità cristiano copte, nello scorso mese di agosto. Dopo gli sgomberi di due manifestazioni in favore del deposto presidente Morsi, i copti egiziani sono stati oggetto di attacchi che hanno provocato la morte di 4 persone e il danneggiamento di 43 chiese e quasi 200 abitazioni private. Elvira Ragosta ne ha parlato con Riccardo Noury, direttore della Comunicazione di Amnesty Italia:

    R. - Ci sono stati attacchi con armi da fuoco, con tubi metallici, con coltelli, grida contro coloro che definiscono “cani cristiani”… Chi ha eseguito questi attacchi? Chi li ha tollerati? É tutto molto chiaro e chiamano in causa le nostre denunce tanto contro la Fratellanza musulmana - i cui aderenti che hanno preso parte a questi attacchi e i cui leader li hanno stimolati - quanto contro le forze di sicurezza egiziane che non sono intervenute. È come se i copti dovessero essere i capri espiatori per qualcosa in cui non c’entrano nulla, e cioè con le centinaia di morti causate dalle forze di sicurezza egiziane al Cairo. Quella dei copti che sono in Egitto vittime di attacchi, di violenze, di discriminazioni, come se fossero la causa di tutto ciò che non va in quel Paese, è una storia molto lunga. Occorre che la discriminazione e la violenza nei confronti dei copti cessi e che le parole di condanna delle autorità egiziane, la promessa di ricostruire gli edifici distrutti vengano seguite da misure concrete. Intanto, deve cambiare questa modalità molto blanda della riconciliazione con cui cerca sempre di risolvere le dispute per motivi religiosi.

    D. - Ci sono delle sedute di riconciliazione per distendere la tensione…

    R. - Sì, distenderanno anche la tensione, può essere che in alcuni casi riescano a favorire una convivenza pacifica. Però, poi, se il risultato complessivo è quello che gli esecutori materiali degli attacchi e i loro mandanti rimangano impuniti, che la retorica anticristiana prosegua e che non vengano presi provvedimenti per garantire l’incolumità fisica dei fedeli copti e la protezione dei loro luoghi di culto, queste sedute di riconciliazione mostrano la corda e non sono un meccanismo assolutamente adeguato per proteggere il diritto alla libertà di religione e la possibilità per una minoranza religiosa di vivere in pace e in sicurezza nel suo Paese.

    D. - Minoranza copta che già deve alla comunità musulmana egiziana una tassa per avere salva la vita…

    R. - Sì, questo fa parte della discriminazione che è di leggi, di prassi, di abitudini, tasse, balzelli, ostacoli burocratici di altra natura che impediscono o rendono comunque molto difficile poter costruire luoghi di preghiera o ripristinarli quando non sono più in funzione. È una lunga storia: da Mubarak al Consiglio superiore delle forze armate, poi a Morsi e di nuovo ai militari… La situazione purtroppo non è cambiata. Sotto la presidenza Morsi, quando la Fratellanza musulmana ha avuto il controllo - di fatto - dalle istituzioni egiziane, la retorica e i soprusi sono stati molto più evidenti.

    D. - Dopo questa ondata di violenza nei confronti dei copti, come vive la comunità cristiano-copta in Egitto?

    R. - Vive nella paura. Noi abbiamo ascoltato, durante i sit-in pro Morsi della metà di agosto, parole incendiarie in cui i copti venivano accusati di stare dalla parte dell’esercito, di essere scesi in piazza con loro, di averlo invocato e di averlo accolto.

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    Ritorna la Manif pour tous-Italia contro la legge sull'omofobia: a rischio libertà di espressione

    ◊   Oggi a Roma e in altre quattro città e sabato a Milano e Venezia nuove manifestazioni contro la legge sull’omofobia, approvata recentemente alla Camera e che deve andare in seconda lettura al Senato. A organizzarle è la "Manif pour tous"-Italia, che significa “Manifestazione per tutti”, movimento nato sulla scia di quello francese in difesa del matrimonio fra uomo e donna. Sui motivi della manifestazione, Debora Donnini ha sentito il portavoce di "Manif pour tous"-Italia, Gianfranco Pillepich:

    R. – I motivi fondamentali della manifestazione sono due, dai quali discendono alcune declinazioni. Il primo è che questa legge pensiamo sia inutile dal punto di vista giuridico. L’attuale giurisprudenza garantisce già la punizione – anche esemplare – per chi in qualche modo discrimina per motivi futili. Quindi, c’è anche l’aggravante di punizione esemplare per discriminazione di orientamento sessuale. In secondo luogo, la legge di per sé continua a mantenere un’interpretabilità molto pericolosa nei riguardi del diritto di espressione, quindi è ancora lesiva della libertà di espressione del singolo proprio perché – nonostante l’emendamento che è stato approvato alla Camera – di fatto non viene tutelata la libertà d’espressione del singolo, perché all’interno dell’emendamento si fa cenno preciso ad associazioni di carattere religioso, culturale e quant’altro. Quindi, il singolo non è tutelato. E in più, a livello giuridico, rimangono ancora degli spazi di interpretabilità da parte di giudici che, laddove fossero contrari all’idea che difendiamo, potrebbero prendere posizione. Quindi rimane ancora il problema.

    D. – Voi, lo ribadite, siete contrari ovviamente a ogni forma di discriminazione in base all’orientamento sessuale …

    R. – Assolutamente. Lo abbiamo già fatto nelle precedenti occasioni. Siamo contro ogni tipo di discriminazione, compresa quella per orientamento sessuale, e non siamo contro nessuno. Ribadiamo la completa contrarietà ad ogni forma di discriminazione.

    D. – Nel comunicato che avete diffuso come Manif pour tous-Italia, voi dite che questa manifestazione è anche per la difesa dell’unicità del matrimonio tra uomo e donna, che verrebbe messa in discussione dalla proposta di legge sul matrimonio egualitario: in che senso voi legate questa legge sull’omofobia alla proposta di legge sul matrimonio egualitario?

    R. – Abbiamo sempre pensato che questo iter di leggi fosse in qualche modo consequenziale. La prima legge, quella sull’omofobia, viene logicamente prima della seconda, nel senso che in qualche modo funge da trampolino. In questo senso, il matrimonio egualitario parla chiaro, come termine: ogni tipo di unione sarebbe equiparabile a quella attualmente prevista dalla Costituzione, cioè tra uomo e donna. E a quel punto verrebbero aperti i diritti delle attuali coppie tra uomo e donna anche a coppie dello stesso sesso, ledendo, in questo caso, quello che noi difendiamo: i diritti dei più piccoli ad avere un padre ed una madre. Dal 18 giugno scorso, è iniziato alla Camera l’iter della legge per il matrimonio egualitario, quella che permetterebbe a persone dello stesso sesso di accedere agli stessi diritti delle coppie formate da uomo e donna, e quindi la possibilità consequenziale di adottare bambini e così, secondo noi, si lederebbe il diritto fondamentale di un bambino di avere un padre e una madre.

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    Studenti in piazza: più finanziamenti all'istruzione e meno austerity

    ◊   Studenti in piazza in circa 80 città italiane per chiedere il rifinanziamento totale dell’istruzione pubblica. Nella manifestazione organizzata a Milano qualche incidente con la polizia, quando il corteo studentesco ha provato a sfondare il cordone in via Donizetti. E lungo tutti i cortei i giovani si sono fermati per tributare un minuto di silenzio ai morti nella tragedia di Lampedusa. Da Palermo a Milano, secondo gli organizzatori erano circa 50 mila, con cortei, sit-in, slogan e striscioni. Il servizio di Elvira Ragosta:

    “Non c’è più tempo” è lo slogan, e si riferisce alle politiche di austerity che penalizzano il diritto allo studio in un sistema scolastico che, per gli studenti in corteo, usa didattica e metodi di valutazione antichi e non inclusivi. Il bilancio del Ministero dell’istruzione ammonta a 50 miliardi di euro: bastano per la scuola pubblica italiana? Francesco Scrima, segretario nazionale Cisl scuola:

    “I 50 miliardi per più del 90% sono utilizzati per pagare gli stipendi al personale. Bisogna considerare altri soggetti coinvolti in termini di responsabilità e di gestione della partita della scuola: le Regioni come i Comuni, per quanto riguarda il diritto allo studio, l’edilizia scolastica …”.

    Solo 500 mila euro: è la quota riservata alle scuole paritarie che dal 2000 sono entrate a far parte del sistema pubblico integrato; cosa diversa sono le scuole private e i cosiddetti “diplomifici”:

    “La questione del finanziamento alla scuola paritaria non può mai essere affrontata in termini ideologici. Ci sono alcuni segmenti, quali quello della scuola dell’infanzia, dove si raggiungono addirittura percentuali quasi del 50%, e sono presenti laddove non è presente la scuola dell’infanzia statale. Oggi, la competitività avviene a livello di sistemi e vincono quei Paesi che non sono ricchi di materie prime: sono ricchi di materia "grigia". La materia grigia non si estrae dal sottosuolo: la materia grigia si crea, si forma, si plasma nella scuola, nell’università, nella ricerca”.

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    Alitalia, c'è l'intervento delle Poste, ma Confindustria è scettica

    ◊   Governo soddisfatto per la soluzione trovata per il salvataggio di Alitalia. Per il ministro dei Trasporti, Lupi, l’esecutivo ha fatto la sua parte e l’intervento di Poste nel capitale della compagnia non è di natura pubblica. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Un piano complesso, da 500 milioni di euro, in parte sostenuto da una linea di credito delle banche e per 300 milioni da un aumento di capitale. Parte fondamentale lo hanno le Poste che interverranno con 75 milioni di euro. Positivo il ministro dei Trasporti Lupi, che comunque mette in guardia: se Air France non sottoscriverà l’aumento di capitale bisognerà trovare un altro partner internazionale. Perplesso invece il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, sia per la natura dell’intervento di Poste, definito pubblico, sia perché non è di medio-lungo termine. Una visione condivisa da molti economisti, il prof. Alberto Quadrio Curzio:

    "La visione di Alitalia è ormai ben nota nei suoi assetti negativi dal 2008: a quel tempo, Prodi e Padoa Schioppa avevano combinato – quasi conclusivamente – un buon accordo con Air France che avrebbe rilevato i debiti, investito un miliardo, assicurato i livelli occupazionali. Il governo Berlusconi ha buttato all’aria questo progetto e quindi bisognerà fare un’operazione concordata con Air France, operazione di lungo termine, perché altrimenti tra qualche anno ci ritroveremo con una società indebitata".

    Attendista l’amministratore delegato dell’Eni, Scaroni. Se verranno fornite assicurazioni sufficienti sulla continuità di Alitalia – dice – "continueremo a rifornirla" di carburanti. L’Eni infatti vanta crediti per 100 milioni di euro.

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    Roma. nel week-end i medici del Gemelli offrono esami gratuiti della tiroide

    ◊   Nel 2014, il Policlinico Gemelli festeggerà il 50.mo anniversario di attività. La struttura, che oggi è un punto di riferimento a livello locale e nazionale, la scorsa primavera ha presentato il progetto “Gemelli Insieme”. Si tratta di un percorso che l’ospedale porterà avanti fino al prossimo anno e che vede i medici del Policlinico romano uscire dalla storica sede per informare la popolazione su alcune malattie. A settembre, è stata la volta della prevenzione del tumore al seno, che ha avuto luogo a Piazza Re di Roma. Sabato 12 e domenica 13 ottobre, invece, i medici e gli operatori sanitari si troveranno al Circolo del Tennis del Foro Italico per promuovere la prevenzione delle malattie tiroidee. Verranno effettuati visite ed esami diagnostici per individuare le persone che soffrono di queste patologie. Quali sono le patologie più comuni della tiroidee? Eliana Astorri lo ha chiesto al prof. Alfredo Pontecorvi, ordinario di endocrinologia e direttore dell’Unità Operativa di endocrinologia e malattie del metabolismo del Policlinico Gemelli:

    R. – I problemi più comuni della tiroide sono i noduli tiroidei che possono essere riscontrati nel 50% circa della popolazione, soprattutto se di sesso femminile. Ed è questo l’argomento che affronteremo nella giornata “Tennis and Friends”, che si inserisce in questo progetto “Gemelli insieme” per festeggiare 50 anni del nostro Policlinico.

    D. – I cittadini che verranno al Circolo del Tennis in occasione di queste due giornate dedicate alla prevenzione delle malattie della tiroide, cosa troveranno? Potranno fare degli esami, un check up?

    R. – Certo. Verranno inquadrati prima da un punto di vista generale rispondendo ad alcune domande, ad esempio, se sanno già di avere le malattie della tiroide o se non hanno mai effettuato uno specifico esame diagnosticotiroide. In questo caso, il soggetto verrà avviato all’esecuzione di un’ecografia della tiroide, mentre coloro che sanno già di avere malattie della tiroide verranno visitati – una visita endocrinologa vera e propria – e risponderanno ad alcune domande. Eventualmente, se sarà necessario, potranno approfondire effettuando analisi del caso presso il nostro Policlinico per vedere se, ad esempio, servirà effettuare un’agoaspirazione tiroidea, oppure degli accertamenti diagnostici ormonali, esami di laboratorio… Quindi, la popolazione verrà divisa in due grandi gruppi. Uno screening viene effettuato prevalentemente sulle persone che non sanno di avere problemi alla tiroide ed una visita endocrinologica con successivo approfondimento al policlinico per coloro che sanno già di avere problemi alla tiroide. Tutto questo per arrivare a dare numeri molto precisi e chiari sulla prevalenza dei noduli della tiroide nelle persone e nella popolazione romana. Ma c’è da dire che l’anno scorso abbiamo avuto persone che sono venute da fuori regione. Ricordo che una famiglia era arrivata addirittura dalla Calabria... Molti sono venuti dalla Campania, dall’Abruzzo… È una manifestazione – quella di “Tennis and Friends” – che ormai è al terzo anno. Lo scorso anno, parliamo quindi della seconda edizione, abbiamo avuto davvero un grande successo anche sui mezzi di informazione.

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    Festival Dottrina Sociale. Mons. Vincenzi: al centro la ricchezza delle differenze

    ◊   Presentato, ieri a Roma, il Festival della Dottrina Sociale in programma a Verona dal 21 al 24 novembre. L’evento, giunto alla terza edizione, verrà inaugurato dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga ed è incentrato quest’anno sul tema “Meno diseguaglianze. Più differenze”. Proprio sulla scelta di questo tema, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo, ente promotore del Festival:

    R. – Oggi, il rischio è quello di partecipare a riti di massa. Noi riteniamo invece che l’esperienza cristiana, in forza della sottolineatura della dignità di ogni persona, evidenzi anche la differenza, la differenza percepita come ricchezza. L’eguaglianza è stata vista come "egualitarismo" e quindi non si parla più di merito, di diversità, di talenti. Oggi, sembra invece che per rispondere ai numerosissimi bisogni noi dobbiamo andare a cercare le differenze che diventano veramente una ricchezza.

    D. – Come si articolerà per grandi linee il Festival? Quali saranno i momenti salienti?

    R. – Il Festival ha due momenti importanti. Il primo è all’interno di una fiera – "Job Orienta" – dove noi presenteremo degli stand con degli imprenditori che fanno vedere ai ragazzi come hanno lavorato e mostrano i prodotti del loro lavoro. Quindi, una capacità di intraprendere tenendo fede e rispettando la dimensione etica. I ragazzi vedono come si lavora e come si è lavorato bene. Il secondo aspetto importante è la parte più attinente al convegno dove vengono trattati temi abbastanza diversi, ma sempre rilevanti a livello sociale, come ad esempio la fiscalità, il modello cooperativo, la mutualità, l’incontro con il mondo della sanità, il mondo della pubblica amministrazione e l’ipotesi che richiede oggi davvero uno scatto di intelligenza: l’ipotesi di un nuovo welfare.

    D. – Quale contributo può dare alla Dottrina sociale della Chiesa un Papa come Papa Francesco?

    R. – Mi sembra che la Dottrina sociale ce l’abbia dentro. Quando si muove, quando parla si sintonizza con le persone ancor prima dei contenuti. La Dottrina sociale fondamentalmente è il sintonizzarsi con le persone per cogliere il bisogno e responsabilizzarci per dare una risposta. Papa Francesco fa questo. Lui dunque è la figura che meglio, secondo me, traduce visivamente, ancor prima di una definizione, i concetti della Dottrina sociale, perché è l’incontro diretto con una persona, tra l’altro, senza preamboli, premesse e condizioni. La sua diventa quindi un’esperienza accessibile percepita come persona che siamo fortunati di conoscere. Credo che la società cambia così, se io incontro delle persone e dico: “Sono fortunato ad averle incontrate”. Questo per me è Papa Francesco.

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    Religion Today Film Festival 2013: oggi l'inaugurazione dell'evento

    ◊   E’ giunto alla sua 16° edizione il primo Festival itinerante, nato nel 1997 e dedicato al dialogo tra il cinema e le religioni. Organizzato dalla Associazione Bianco-Nero di Trento, in collaborazione con gli Enti locali, il Religion Today, quest’anno dal titolo “Visioni. Realtà ed utopia”, è in programma fino al 22 ottobre prossimo a Trento ed in varie località italiane. Questa sera l’inaugurazione ufficiale. Ma sentiamo da Trento, Mariangela Brunet:

    Cinquantadue i film ammessi, selezionati tra i 250 iscritti provenienti da tutti i continenti. Tra le novità 2013 spicca l’intera sezione dedicata alla Terra Santa, con storie di persone coraggiosamente impegnate sulla via del dialogo e della riconciliazione, pur anche in situazioni di incomprensione e di rifiuto da parte delle rispettive comunità di appartenenza. In collaborazione poi col Forum Trentino per la Pace ed i Diritti Umani, ecco la sezione dedicata a “L’inchiesta sulla pace nel secolo degli assassini”. Altra declinazione emergente, la messa a fuoco del tema tristemente attuale della violenza contro le donne e del femminicidio. E poi workshop, laboratori di convivenza, approfondimenti, dibattiti pubblici, interventi nelle scuole, mostre e testimonianze rivolte alla cittadinanza. La manifestazione propone una riflessione condivisa sulla tensione tra realtà e finzione, in un tempo come il nostro di crisi di ideali ed alla ricerca di una credibile utopia. “Suo obiettivo -afferma la direttrice Katia Malatesta- è esplorare le differenze, da un lato, per trovare, ciò che unisce gli esseri umani, e dall’altro, per imparare ciò che è estraneo…. I pregiudizi infatti nascono dall’ignoranza. E la conoscenza corretta permette a ciascuno una maggior crescita umana, culturale e spirituale”. Religion Today, le fa eco Nibras Breigheche, consulente siriana della manifestazione, è un’occasione di speranza perché rappresenta un momento di incontro, di dialogo, di confronto e di amicizia tra singoli e tra popoli di provenienze e appartenenze religiose e socio-culturali diverse.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Lampedusa: Caritas e Save the children aprono uno spazio per bambini e adolescenti

    ◊   Save the Children e Caritas Italiana uniscono i propri sforzi e le proprie risorse per dare un concreto sostegno ai bambini sbarcati a Lampedusa, sia quelli scampati al tragico naufragio della settimana scorsa che quelli arrivati sull’isola dopo altrettanto terribili viaggi della speranza. All’interno della Casa della Fraternità della parrocchia di San Gerlando verrà allestito uno spazio a misura di bambino e adolescente dove, a partire da sabato, i minori - bambini e adolescenti, sia accompagnati che non - saranno seguiti da un’equipe professionale di Save the Children composta da educatori, uno psicologo e un mediatore culturale, che con attività ludico ricreative li aiuteranno ad elaborare il proprio vissuto e superare i traumi subiti, in base alle procedure dell’organizzazione, consolidate a livello internazionale, e dai volontari coordinati dalla Caritas. “I bambini hanno una forte capacità di resilienza - ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia -, ma bisogna accompagnarli con attenzione in un percorso di recupero, soprattutto in un contesto in cui sono privati dei luoghi e delle attività che in quanto routinarie, rappresentano delle certezze. Hanno compiuto viaggi durissimi, alcuni di loro hanno perso i propri cari nel naufragio della scorsa settimana e ora sono costretti a vivere in un Centro in condizioni disastrose”. Gli operatori specializzati li affiancheranno in un ambiente sereno, svolgendo con loro attività laboratoriali espressive e di gioco. Saranno anche distribuiti beni di prima necessità. “È uno dei segni di sostegno e tutela dei più bisognosi, frutto di una comunione e collaborazione tra organismi che rende concreta la grande solidarietà espressa in questa occasione e rende tangibile la carezza del Papa verso i più piccoli. Un modo per rinnovare la vicinanza alla comunità locale e a tutti coloro che arrivano su quest’isola, a partire proprio dai bambini” ha commentato don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, che nei giorni scorsi da Lampedusa aveva rilanciato con forza la necessità di un approccio globale al tema dell’immigrazione e dell’asilo, auspicando anche l’apertura di corridoi umanitari. Nello spazio, verificati alcuni bisogni dei minori, Save the Children distribuirà anche dei kit con beni di prima necessità per far fronte in particolare al freddo e alla pioggia, mentre Caritas italiana metterà a disposizione dei giochi per i più piccoli. (R.P.)

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    Ue. Il card. Marx a Barroso: impegno comune sulle migrazioni dopo Lampedusa

    ◊   “Per anni, abbiamo seguito una politica che ha impedito di raggiungere le nostre coste a chi ha bisogno. Questa non è l’Europa che vogliamo”. E’ quanto affermato dal card. Reinhard Marx, presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), nel colloquio privato di ieri a Bruxelles con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, dopo la tragedia avvenuta lo scorso 3 ottobre, a largo delle coste di Lampedusa, in cui 312 migranti sono morti e altri 50 risultano ancora dispersi. ”Chiedere asilo è un diritto umano fondamentale, che dobbiamo rispettare”, ha ribadito con fermezza il porporato, citato dall’agenzia Sir. Dalle posizioni espresse dal cardinale nel corso dell’incontro, è emersa chiara la sua visione dell’Unione europea, non come “un’entità internazionale astratta”, bensì come “un’unione di popoli, di donne e uomini che credono in una serie di principi, primo tra tutti, la dignità umana“. Sempre secondo il card. Marx, quanto accaduto a Lampedusa deve richiamare il senso di responsabilità dei cittadini europei, perché pretendano “un’azione politica forte e coordinata, in modo che una tale tragedia non possa mai più accadere”. Da episodi simili deriva, infine, per le politiche europee, l’urgenza di “trovare un accordo sulle quote di reinsediamento per ogni Stato membro”, di sollecitare “i Paesi di origine e di transito dei migranti e richiedenti asilo a rispettare la dignità umana” e infine di “farsi paladini di più ambiziosi ‘Obiettivi di sviluppo del Millennio’ nella lotta contro la povertà”. (C.S.)

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    Nigeria. Delta del Niger: uccisa una missionaria laica italiana

    ◊   Uccisa, probabilmente nel corso di una rapina, nonostante il suo impegno per il diritto allo studio e l’inserimento professionale dei ragazzi e delle ragazze del Delta del Niger: è accaduto questo, riferisce all'agenzia Misna chi la conosceva bene, alla missionaria laica italiana Afra Martinelli. La donna, 78 anni, da 30 al servizio della Chiesa locale della Nigeria, è stata trovata riversa nella sua casa la notte del 26 settembre. Secondo Marisa Nodari, responsabile di Cuore amico fraternità di Brescia, un’associazione caritativa impegnata nel sostegno alle attività della missionaria, la notizia dell’assassinio è stata diffusa solo oggi. La donna sarebbe stata colpita alla nuca con un machete e sarebbe morta a causa delle ferite alcuni giorni dopo l’aggressione. “Da 30 anni – dice Nodari – Afra dirigeva a Ogwashi-Ukwu il Centro Regina Mundi, una struttura che ospita ragazzi e ragazze, dove c’è una scuola di informatica e un collegio per chi viene da lontano e non può tornare a casa ogni giorno”. Afra era originaria di Civilerghe, un paesino in provincia di Brescia. Di recente da Cuore amico fraternità di Brescia aveva avuto un aiuto per l’acquisto di un generatore, un bene raro e prezioso nel sud della Nigeria ricco di petrolio ma ostaggio di povertà e bande criminali. Ogwashi-Okwu è una cittadina di circa 30.000 abitanti, situata nello Stato del Delta. “Volevano attribuirle la cittadinanza onoraria ma lei era contraria, diceva di non aver fatto nulla” ha detto alla Misna il fratello Enrico Martinelli. “Da quando era stata chiamata nel Paese africano dal vescovo di Ibadan – racconta Enrico – Afra continuava a ottenere riconoscimenti per un lavoro di carità e di sostegno sociale che aveva beneficiato tanti giovani”. A Ogwashi-Ukwu il suo Centro Regina Mundi si è ampliato nel corso degli anni, fino a diventare un riferimento essenziale per gli studenti della città e dei villaggi vicini che avevano bisogno di internet. Negli ultimi tempi erano aumentati anche i collaboratori, 18. “Difficile stabilire se sia stata la maggiore visibilità del Centro ad attirare i rapinatori” racconta il fratello. (R.P.)

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    Al vertice dell'Unione Africana il rapporto con la Corte penale internazionale

    ◊   Si apre oggi ad Addis Abeba il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri dell’Unione Africana (Ua) convocato per valutare i rapporti tra l’organismo continentale e la Corte penale internazionale (Cpi). Il vertice, che si concluderà domani, dovrebbe fare emergere posizioni contrastanti già espresse nei mesi scorsi da vari presidenti e governi africani. Su 54 Stati membri dell’Ua in 34 hanno ratificato il Trattato di Roma, l’atto costitutivo della Cpi. Per formalizzare l’eventuale uscita dalla Corte da parte dell’Ua, al voto sarà neccessaria una maggioranza dei due terzi dei membri; nel caso contrario alcuni Paesi potrebbero scegliere di ritirarsi individualmente. Ancora una volta il continente appare politicamente diviso sul futuro delle relazioni tra l’Ua e la Corte con sede all’Aia, il cui procuratore generale è un’africana, la giudice gambiana Fatou Bensouda. Il vertice è stato convocato mentre alla Cpi è in corso da alcune settimane il processo a carico del vicepresidente keniano William Ruto e quello del presidente Uhuru Kenyatta è programmato per il 12 novembre; entrambi sono accusati di crimini contro l’umanità. A far crescere la tensione tra Nairobi e l’Aia ha contribuito la vicenda della corruzione dei testimoni, di cui la Cpi ritiene responsabile il giornalista keniano Walter Barasa e contro il quale è stato spiccato un mandato di cattura internazionale. Alla vigilia del vertice il fronte dei Paesi anti-Cpi ha fatto sentire a gran voce il suo rifiuto nei confronti dell’istituzione giudiziaria accusata di “pregiudizio razziale” per aver incolpato finora una trentina di personalità, tutte africane. Il parlamento di Nairobi ha già approvato una mozione di ritiro dalla Cpi. Anche i presidenti di Uganda, Rwanda, Etiopia e Zimbabwe sarebbero propensi a voltare le spalle alla Corte. Oltre ai casi di Kenyatta e Ruto, osservatori ricordano che la “fronda” contro la Cpi risale al 2009, anno del mandato di cattura a carico del presidente sudanese Omar Hassan al Beshir. Le tensioni sono nuovamente cresciute a seguito del trasferimento all’Aia dell’ex-presidente ivoriano Laurent Gbagbo nel novembre 2011. A scendere in campo a sostegno della Cpi sono stati l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, l’arcivescovo emerito sudafricano Desmond Tutu e oltre 130 organizzazioni della società civile di 34 Paesi africani che hanno firmato una petizione in questo senso a nome della “lotta all’impunità”. Di recente Botswana e Lesotho hanno ribadito il loro appoggio ai giudici dell’Aia. Anche Nigeria e Ghana si sono detti favorevoli a mantenere l’adesione alla Cpi e potrebbero diventare teste di ponte della fronda contraria al ritiro dai trattati internazionali. Difficilmente faranno un passo indietro tutti quei Paesi che hanno presentato alla Cpi richiesta perché indaghi su crimini commessi nei rispettivi territori, tra cui Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Uganda, Mali e Repubblica democratica del Congo. Un secondo punto è stato iscritto all’ordine del giorno del vertice straordinario di Addis Abeba: l’elezione di un nuovo commissario per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana dopo che quello attualmente in carica, l’algerino Ramtane Lamamra, è stato nominato ministro degli Esteri nel suo Paese di origine. (R.P.)

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    Congo: violenze contro la popolazione civile nel territorio di Masisi

    ◊   Il 27 settembre scorso, gruppi armati si sono scontrati nella zona di Osso-Banyungu, vicino a Masisi, Provincia del Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Si sono verificati anche attacchi contro i civili nei villaggi di Butemure, Lwibo, Bikudje, Majengo e Katiri. Per fornire assistenza d’emergenza alle vittime di questi atti di violenza, l’organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere (Msf) ha organizzato delle cliniche mobili. E’ difficile confermare il numero di morti, feriti e dispersi, inclusi donne e bambini, perché molti abitanti dei villaggi sono fuggiti nella boscaglia per paura di ulteriori attacchi. Secondo gli operatori di Msf 46 bambini e 3 maestre sono stati rapiti dopo che la loro scuola è stata bruciata. Durante l’incursione armata è stato distrutto un ponte, usato dagli abitanti per fuggire. Armati di machete i ribelli hanno distrutto le ultime corde che tenevano il ponte e sgozzato alcuni uomini prima di buttarli in acqua. Il giorno dopo l’attacco, nel villaggio di Lwibo, gli operatori di Msf hanno curato oltre 80 pazienti e assistito 9 vittime di violenza sessuale. Un’equipe ha visitato il villaggio di Bikudje dove due persone sono state ferite e circa 30 risultano disperse. Vari villaggi sono accessibili solo a piedi, e i soccorsi rischiano di arrivare troppo tardi. Nel territorio di Masisi si verificano violenze ricorrenti e l’insicurezza è continua, tanto che le persone sono costrette a scappare. Ad agosto, secondo le stime, erano più di un milione gli sfollati interni in Nord Kivu. Tra gennaio ed agosto 2013, l’organizzazione Msf ha curato più di 8.800 pazienti, eseguito 1.717 operazioni chirurgiche ed effettuato più di 86 mila visite. (R.P.)

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    Siria. Mons. Hindo: non vogliamo uno “Stato curdo” nella provincia siriana di Jazira

    ◊   “Gli unici che vogliono creare una regione autonoma a guida curda nel nord della Siria sono i militanti del Pkk, il partito di Abdullah Ocalan. Ma quel progetto non riscuote consensi neanche da parte degli altri curdi. E tantomeno da parte delle tribù musulmane e di noi cristiani”. Così l'arcivescovo siro-cattolico Behnam Hindo descrive all'agenzia Fides le reazioni prevalenti tra la popolazione locale davanti alle voci sulla possibile creazione di un'area autonoma nella Siria nord-orientale, sottratta di fatto al controllo del governo centrale di Damasco e politicamente egemonizzata dalle formazioni curde. Di recente, il Partito democratico curdo (PYyd), espressione siriana del Partiya Karkeren Kurdistan (Pkk) ha dichiarato l''intenzione di creare una regione autonoma curda nella provincia siriana di Jazira, che nei media curdi già viene indicata col nome curdo di Rojava. “Negli incontri dei comitati che riuniscono i capi delle diverse comunità etniche e religiose” spiega l'arcivescovo Hindo, titolare dell'eparchia di Hassakè-Nisibi “abbiamo già respinto la proposta di dar vita a un'Assemblea costituente e a un'Assemblea popolare che proclamasse l'autonomia della regione. Neanche la maggior parte dei curdi vuole creare una entità politica autonoma dove la leadership sia esercitata dal gruppo etnico o religioso prevalente. Al massimo si può proporre una confederazione delle comunità locali che imposti nuovi rapporti con il potere centrale di Damasco. Storicamente, le risorse prodotte nella provincia di Jazira sono state sempre saccheggiate dall'amministrazione statale. Questo non dovrà più accadere”. L'arcivescovo Hindo inquadra le spinte autonomiste ispirate dal Pkk nel contesto del conflitto in atto: “In quest'area della Siria, le milizie curde del Pkk stanno reggendo lo scontro con i gruppi islamisti affiliati a Al-Quaida. Pagano un alto prezzo di sangue, e ritengono che questo sacrificio dovrà avere prima o poi un risarcimento sul piano politico”. (R.P.)

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    Egitto: a due anni dalla strage di Maspero, i copti attendono ancora giustizia

    ◊   Nel secondo anniversario della strage di Maspero, che il 9 ottobre 2011 vide 23 cristiani copti massacrati dai reparti dell'esercito egiziano, centinaia di militanti di movimenti e sigle legati alla comunità copta hanno organizzato al Cairo una veglia con candele nel luogo della carneficina, nei pressi del palazzo della televisione dove due anni fa i blindati militari travolsero i manifestanti cristiani che protestavano per le violenze subite da parte delle bande islamiste. I partecipanti alla veglia di mercoledì - riferisce l'agenzia Fides - esponendo le foto delle vittime di due anni fa, hanno denunciato di nuovo l'impunità di cui hanno finora goduto i responsabili della strage, puntando il dito contro l'ex generale Marshal Hussein Tantawi e gli alti rappresentanti dell'esercito di allora. Dopo la veglia, i manifestanti hanno provato a raggiungere in corteo piazza Tahrir, ma il loro tentativo è stato impedito dai reparti dell'esercito che hanno disperso la manifestazione ricorrendo al lancio di lacrimogeni. Nel secondo anniversario della strage, il vescovo copto ortodosso Abanub ha presieduto anche una veglia di preghiera e riflessione in memoria delle vittime nel monastero di San Simone il conciatore, a cui hanno preso parte diverse personalità politiche insieme ai militanti della Unione giovanile Maspero. Anche il vescovo copto – riferiscono fonti egiziane consultate dall'agenzia Fides – nel suo intervento ha rivolto un appello al governo e ai militari, ribadendo che i cristiani copti non dimenticheranno “fino all'ultimo respiro” i martiri di Maspero e continueranno a chiedere con insistenza che sia resa loro giustizia. (R.P.)

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    India: nuove violenze e arresti arbitrari contro i cristiani

    ◊   Nuove violenze contro le comunità cristiane in diversi sostai dell’India: come riferisce all'agenzia Fides la “Alla India Christian Council “ (Aicc) – coalizione che unisce cristiani di diverse confessioni, nata nel 1998 per proteggere le minoranze religiose – gli incidenti si sono registrati negli Stati di Maharashtra, Karnataka, Chhattisgarh e Madhya Pradesh Come afferma una nota inviata a Fides, il 6 ottobre scorso il Pastore protestante Arulraj è stato attaccato dal un gruppo di attivisti indù dell’organizzazione estremista “Bajrangdal” nel distretto di Thane, in Maharashtra. I militanti hanno fatto irruzione nella sua chiesa a Kalva, percuotendolo con violenza e conducendolo alla polizia, dove il Pastore è stato arrestato per presunta attività di “conversioni forzate”. Lo stesso giorno, il laico cristiano Anil Kumar è stato duramente picchiato da una folla di decine di radicali indù a Siddapur, nello Stato di Karnataka. L’uomo si trova ora in ospedale, in terapia intensiva, ed è in prognosi riservata. Nei giorni precedenti, un gruppo di fanatici indù ha condotto con la forza due fratelli, entrambi cristiani, al tempio indù, intimando loro di rinunciare alla fede e di convertirsi all’induismo. Al rifiuto, una folla li ha malmenati e cacciati dal loro villaggio, nel distretto di Kondagoan, nello Stato di Chhattisgarh, dove vivevano. Come riferito a Fides, nelle scorse settimane la polizia dello Stato di Madhya Pradesh ha arrestato 14 cristiani dopo che un gruppo di estremisti indù hanno preso d'assalto il loro incontro di preghiera, accusandoli di “conversioni forzate”. I fedeli sono stati poi rilasciati dato che, come appurato, “l’accusa era del tutto infondata: la gente era presente all’incontro per spontanea volontà”. (R.P.)

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    Pakistan. Appello società civile al governo: abolire pena di morte e garantire giusto processo

    ◊   Abolire la pena di morte; commutare le pene già comminate in ergastolo; rivedere la lista dei reati punibili con la pena capitale (fra i quali vi è la “blasfemia”); garantire un giusto processo per gli imputati: è l’appello rivolto al governo Pakistan dalla società civile pakistana. Come riferisce un comunicato inviata Fides, un Forum di associazioni guidate dalla “Asian Human Rights Commission”, che ha trovato sostegno in movimenti e organizzazioni cristiane, sollecita il governo pakistano ad aderire alle norme internazionali, “riconoscendo e proteggendo il diritto alla vita di ogni individuo”, violato dalla pena capitale. “Uccidere i prigionieri serve solo a perpetuare la violenza e aumenta il rischio di ritorsioni da parte di gruppi militanti e fondamentalisti religiosi”, notano le associazioni. La società civile apprezza il passo computo dal governo pakistano, che ha annunciato la decisione di rinnovare la moratoria sulla pena di morte. La decisione è stata adottata dopo forti pressioni internazionali da parte delle Ong e di governi, specie dell’Unione Europea. La moratoria salva, per ora, la vita di oltre 8.000 prigionieri attualmente nel braccio della morte. Le associazioni spiegano che “la pena di morte in Pakistan è spesso il risultato della mancanza di giusto processo, annoso problema che affligge la nazione. E ' pericoloso lasciare in vigore la pena di morte nell’ambito di un sistema giudiziario che non garantisce un processo equo e imparziale”, visti i condizionamenti esterni che influenzano la magistratura. “Corruzione e concussione – spiega la nota giunta a Fides – hanno un ruolo significativo in Pakistan e troppo spesso i ricchi comprano la via d'uscita dai guai giudiziari, mentre i poveri, spesso innocenti, sono lasciati al loro destino”, in quanto privi di un'adeguata rappresentanza legale. In Pakistan vi sono 27 reati punibili con la pena capitale, che viene eseguita di solito per impiccagione. La definizione di questi crimini “è spesso vaga e lascia spazio all'interpretazione”, si dice. Per questo le Ong chiedono al nuovo governo di rivedere la lista dei reati punibili con la morte che includono anche la “blasfemia”, l’adulterio, il contrabbando di droga, il sabotaggio del sistema ferroviario. Tali crimini – si afferma – vanno ben oltre lo scopo di punire “crimini più gravi” . Per rispettare la vita dei suoi cittadini e tenere il passo con le norme internazionali sui diritti umani, “la via maestra è abolire la pena capitale: questo potrebbe fortificare la posizione del Pakistan come fautore dei diritti umani a livello internazionale”. (R.P.)

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    Giappone: approvata la Convenzione di Minamata per il bando del mercurio

    ◊   Dopo lunghe trattative, la conferenza internazionale organizzata dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) nella città di meridionale giapponese di Kumamoto ha approvato la Convenzione di Minamata sul mercurio. Un migliaio di partecipanti in rappresentanza di 140 nazioni hanno preso parte all’iniziativa definita storica, sia per le sue origini, sia per i risultati. L’accordo siglato ieri - riferisce l'agenzia Misna - definisce le misure per ridurre i danni alla salute umana e all’ambiente provocato da questa sostanza tossica. Prende infatti il nome dal sito industriale di Minamata, nei pressi di Kumamoto, colpito negli anni Cinquanta del secolo scorso da gravi patologie dovute agli scarichi industriali che versati in mare dagli stabilimenti della Chisso dal 1932 al 1968, quando si definirono le cause delle patologie riscontrate in lavoratori e abitanti, avvelenarono suolo e acque circostanti. Riconosciute dall’azienda le responsabilità dirette per 2300 casi di intossicazione (trasmessa anche ai feti dalle madri gravide) e 1800 decessi, ma indennizzi sono stati versati a circa 10.000 persone. La Convenzione diventerà effettiva dopo la ratifica da parte di almeno 50 nazioni ed è prevista la sua entrata in vigore non prima del 2016. Essa chiama anche a bandire entro il 2018 il mercurio nel processo di produzione di acetaldeide, utilizzato in produzioni causa del Morbo di Minamata, con un bando totale per l’utilizzo industriale della sostanza per il 2020 e il bando alla produzione (se già avviata all’entrata in vigore della convenzione) entro 15 anni. “Ciascuna parte non dovrà permettere, prendendo misure adeguate, la produzione, importazione o esportazione di prodotti con aggiunta di mercurio” si legge nel testo, con riferimento, ad esempio, alle lampade fluorescenti che contengono una certa quantità di mercurio. Chieste anche adeguate misure di immagazzinamento e conservazione del mercurio, come pure la riduzione dell’utilizzo della sostanza nelle miniere d’oro in paesi in via di sviluppo, prevedendo sostegni ai paesi che fermeranno produzione e utilizzo del mercurio e fornendo compensazioni ai lavoratori che dovessero per questo subire danni. (R.P.)

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    Cina. Wenzhou: chiese aperte per offrire un riparo a chi fugge dai tifoni

    ◊   I cattolici della diocesi di Wenzhou, nella Cina orientale, si sono distinti per l'aiuto ai lavoratori migranti e agli abitanti delle zone costiere o sotto il livello del mare colpiti nei giorni scorsi da diversi tifoni. Lo scorso 6 ottobre - riferisce l'agenzia AsiaNews - due chiese della città di Wenzhou hanno aperto le proprie porte per dare rifugio a centinaia di persone in difficoltà: queste erano in fuga dal tifone Fitow, che ha colpito il Zhejiang e altre provincie costiere della Cina. La tempesta ha colpito il 7 ottobre la città di Fuding, nella provincia del Fujian, portando forti piogge e diffusi crolli del sistema elettrico. Secondo l'Ufficio statale per il controllo delle inondazioni, oltre 4 milioni di persone nel Zhejiang e nel Fujian sono state colpite dal maltempo. Su richiesta del governo locale, dunque, le chiese cattoliche hanno accolto gli immigrati e i residenti delle zone in evacuazione. I parrocchiani si sono subito attivati per ricevere i fratelli in difficoltà. Folle di lavoratori migranti, per la maggior parte provenienti dalle campagne e ora impiegati nelle città, si sono trasferite nelle due chiese. Alla mezzanotte del 6 ottobre, una chiesa contava oltre 400 ospiti mentre l'altra arrivava a 100: riempite le sale conferenze, le stanze-studio, i corridoio e i saloni. Ai migranti sono stati offerti cibo, bevande e coperte e sono stati proiettati video sulla vita di Gesù e sulle attività della Chiesa. La mattina dopo, passata la tempesta, gli ospiti hanno iniziato a lasciare la chiesa. Andandosene, alcuni hanno detto: "Che bel posto, molto pacifico! È stata una bella esperienza". Una famiglia di migranti ha detto a un parrocchiano: "Quando siamo costretti a rifugiarci in altri posti, nessuno si prende cura di noi; voi cattolici siete diversi. Ci avete trattato proprio bene". Durante la stagione dei tifoni, le chiese delle aree colpite sono spesso coinvolte nelle operazioni di primo soccorso per le vittime e coloro che vengono colpiti dal maltempo. (R.P.)

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    Madagascar: il passaggio del ciclone Haruna

    ◊   Circa 50 mila persone sono rimaste gravemente danneggiate dal ciclone Haruna che, per diversi giorni, ha portato piogge torrenziali sulla costa occidentale del Madagascar. Le inondazioni sono cessate completamente a maggio consentendo finalmente alle ultime famiglie sfollate di rientrare a casa. Varie organizzazioni umanitarie hanno contribuito alla ripresa del Paese, oltre al gruppo locale della ong internazionale Action Contre la Faim (Acf), il Ministero della Sanità e Médecin Sans Frontières (Msf), hanno portato a termine i loro programmi di assistenza. Care International finora è riuscita ad assistere 11 mila famiglie della regione colpita, ma a causa della mancanza di fondi prevede di dover sospendere gli aiuti per la fine di ottobre. La riduzione dei finanziamenti - riferisce l'agenzia Fides - è stata attribuita al fatto che Haruna sia stato classificato un ciclone di modeste dimensioni e l'attenzione dei donatori attualmente è concentrata su paesi come il Mali e la Siria. Ma ogni ciclone è diverso. Alcuni provocano danni ai raccolti, altri alle abitazioni e altri portano alluvioni. In Madagascar si tratta di un fenomeno abbastanza comune e circa il 60% delle tempeste che si formano sopra l'Oceano Indiano influenzano ogni anno il Paese. Una prevenzione più sostanziosa porterebbe una maggiore rapidità nelle operazioni di recupero. Care ha sviluppato un ampio programma per la stagione dei cicloni, che generalmente va dal mese di novembre a marzo e che prevede di limitare i danni attraverso l’ancoraggio dei tetti con rocce oltre che individuare luoghi asciutti per la conservazione degli alimenti; aiuti alimentari e teli di plastica, assistenza finanziaria per ristabilire il più rapidamente possibile le condizioni di vita della popolazione. Tuttavia, il programma si concentra di solito sulla costa orientale. Le tempeste che colpiscono la costa occidentale del Madagascar, come ha fatto Haruna, sono viste come un evento non comune. In alcune zone della costa orientale la gente non ha le risorse per riprendersi da un ciclone, soprattutto quando se ne verifica uno ogni anno. Diventa sempre più povera, costretta a vendere le proprie cose e, alla fine, ha difficoltà a procurarsi cibo quotidiano. (R.P.)

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    Rapporto Censis-Ucsi: la Tv mantiene il suo valore. Cresce divario giovani-anziani

    ◊   Siamo entrati in una vera e propria “Era biomediatica”. Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, ha presentato così questa mattina l‘11° “Rapporto sulla comunicazione - L‘evoluzione digitale della specie” realizzato insieme con l‘Ucsi e con la collaborazione di Rai, Mediaset, Mondadori, Telecom e la Tre. Nonostante la veloce trasformazione delle abitudini mediatiche degli italiani, la televisione generalista mantiene un valore stabile nel gradimento ed è saldamente al primo posto con i suoi Tg (più dell‘86,4%) come fonte principale dell‘informazione, ha detto Roma. Il divario fra giovani e anziani però continua a crescere in modo esponenziale. Tra i giovani la quota di utenti della rete arriva al 90,4%, mentre è ferma al 21,1% tra gli anziani. Il 75,6% dei ragazzi sotto i 29 anni è iscritto a Facebook, contro appena il 9,2% dei più vecchi (fra i 65 e gli 80 anni). Gli smartphone sono usati dal 66,1% dei giovani (il dato è in crescita) ma solo dal 6,8% degli anziani. All‘opposto sono le percentuali dell‘utilizzo dei quotidiani: per i giovani si registra solo il 22,9% contro il 52,3% degli ultra sessantacinquenni. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 284

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.