![]() | ![]() |

Sommario del 05/10/2013
Il Papa ai giovani: non abbiate paura di scelte definitive, portate un messaggio di pace e speranza
◊ In una società che privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia, non abbiate paura di fare passi definitivi come il matrimonio. Così in sintesi il Papa ai circa 40mila giovani dell’Umbria riuniti nel piazzale della Basilica di Santa Maria degli Angeli. “La famiglia – ha aggiunto – è la vocazione che Dio ha scritto nella natura dell’uomo e della donna”. Ai consacrati il Santo Padre ha detto: il celibato, la verginità non sono un “no”, ma un “sì” a Cristo che rende fecondi. Prima dell’incontro il saluto alla comunità francescana dei Frati minori, quindi la preghiera nella piccola cappella della Porziuncola, il luogo da dove si è sviluppato il francescanesimo. Il servizio è di Paolo Ondarza:
E’ un clima di incontenibile festa ed entusiasmo quello con cui i giovani accolgono Papa Francesco sul grande piazzale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, un luogo simbolo della gioventù, meta della marcia francescana in occasione della festa del Perdono di Assisi. La sua carezza si posa sui volti di molti di loro, lo sguardo li abbraccia tutti: 40mila. Vocazione, famiglia, impegno sociale, missione: i temi delle domande rivolte dai giovani al Pontefice che constata: "ci vuole coraggio per formare una famiglia, il matrimonio, al pari del sacerdozio e della vita religiosa è “una vera e propria vocazione”:
“Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia d’amore la chiamata del Signore a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso”.
E’ questa certezza che rende sicuri, vince la paura: ne sono una dimostrazione – constata il Santo Padre – le passate generazioni di sposi che emigrati o in tempo di guerra, hanno trovato la forza nella certezza che la famiglia è benedetta da Dio, che il Signore era con loro nella “missione di mettere al mondo i figli e di educarli”. Ai giovani di oggi, inseriti in una società che privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia, in cui le relazioni durano finché non sorgono difficoltà, in cui si parla di matrimonio in modo superficiale ed equivoco, dice :
"E' la cultura del provvisorio, e Gesù non ci ha salvato provvisoriamente: ci ha salvati definitivamente! Quante volte ho sentito mamme che mi dicono: 'Ma, Padre, io ho un figlio di 30 anni e non si sposa: non so cosa fare! Ha una bella fidanzata, ma non si decide …'. Ma, signora, non gli stiri più le camicie! Allora vorrei dirvi di non avere paura di fare passi definitivi nella vita come è quello del matrimonio: approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre".
Il Papa parla poi di un’altra vocazione complementare a quella del matrimonio: la chiamata al celibato e alla verginità, “la vocazione che Gesù stesso ha vissuto”. All’origine di essa – spiega invitando a guardare a Chiara e Francesco d’Assisi - c’è “un’esperienza forte di Dio che non possiamo programmare”. “Dio chiama”, il Pontefice invita i giovani ad ascoltarlo, a coltivare con Lui un rapporto familiare, quotidiano attraverso i Sacramenti, in silenzio davanti al Tabernacolo. Il rapporto con Dio – aggiunge – non riguarda solo una parte di noi stessi: “coinvolge tutta la persona, affetto, intelletto, sensi”:
"E una cosa vorrei dirla con forza, specialmente oggi: la verginità per il Regno di Dio non è un 'no', è un 'sì'! Certo, comporta la rinuncia a un legame coniugale e una propria famiglia, ma alla base c’è il 'sì', come risposta al 'sì' totale di Cristo verso di noi, e questo 'sì' rende fecondi".
Infine il Pontefice tocca i temi dell’impegno sociale e dell’evangelizzazione. Per entrambi indica il Vangelo, “messaggio di salvezza di Dio per l’umanità”. Un’umanità che, lo confermano le notizie di ogni giorno, ha bisogno di essere salvata dal male e Dio è più grande del male”, lo ha vinto “alla radice nella morte e resurrezione di Cristo”. Il Vangelo – aggiunge - ha due destinazioni: suscitare la fede e trasformare il mondo secondo il disegno di Dio. Il Papa cita l’esempio del Poverello d’Assisi che con la forza dell’unico Vangelo ha rinnovato la Chiesa e nello stesso tempo la società rendendola “più fraterna”:
"Giovani dell’Umbria: fate così anche voi! Oggi, nel nome di san Francesco, vi dico: non ho né oro, né argento da darvi, ma qualcosa di molto più prezioso, il Vangelo di Gesù. Andate con coraggio! Con il Vangelo nel cuore e tra le mani, siate testimoni della fede con la vostra vita: portate Cristo nelle vostre case, annunciatelo tra i vostri amici, accoglietelo e servitelo nei poveri. Giovani, date all’Umbria un messaggio di vita, di pace e di speranza! Potete farlo!”.
Papa Francesco alle clarisse: date la vita, la Chiesa vi vuole madri
◊ Gesù Cristo sia sempre al centro della vita delle suore di clausura per arricchirle di umanità e di gioia. Questo il cuore del colloquio di Papa Francesco ieri ad Assisi, con la comunità di clarisse riunite nella cappella del Coro, della Basilica di Santa Chiara. Il Pontefice si è soffermato prima in una preghiera silenziosa, davanti al corpo della prima discepola di Francesco e poi davanti al Crocifisso di San Damiano che convertì, otto secoli fa, il giovane di Assisi. Alle suore il Papa ha anche affidato la cura della vita di comunità al pari di quella di una famiglia. Il servizio della nostra inviata Gabriella Ceraso:
E’ subito un grazie quello che il Papa rivolge alle clarisse, per l’accoglienza e per la preghiera che fanno per la Chiesa. Poi le sue parole vanno all’essenza della scelta della vita di clausura, una scelta di consacrarsi al Signore che, spiega “ trasforma”, ma che “non sempre si finisce di capire”:
"La normalità del nostro pensiero penserebbe che questa suora diventa isolata, sola con l’Assoluto, sola con Dio; è una vita ascetica, penitente. Ma questa non è la strada di una suora di clausura cattolica, neppure cristiana. La strada passa per Gesù Cristo, sempre! Gesù Cristo è al centro della vostra vita, della vostra penitenza, della vostra vita comunitaria, della vostra preghiera e anche della universalità della preghiera. E per questa strada succede il contrario di quello che pensa che questa sarà un’ascetica suora di clausura".
Quando una suora va “per la strada della contemplazione di Gesù Cristo, della penitenza e della preghiera”, continua il Papa, diventa “ grandemente umana”. Ecco una parola chiave del suo discorso, umanità:
"Le suore di clausura sono chiamate ad avere grande umanità, un’umanità come quella della Madre Chiesa; umane, capire tutte le cose della vita, essere persone che sanno capire i problemi umani, che sanno perdonare, che sanno chiedere al Signore per le persone".
E qual è il “segno di una suora così umana”, chiede il Pontefice? E’ la gioia, altra parla chiave:
"A me da tristezza quando trovo suore che non sono gioiose. Forse sorridono, mah, con il sorriso di un’assistente di volo. Ma non con il sorriso della gioia, di quella che viene da dentro. Sempre con Gesù Cristo".
Dunque suore, che “come la Chiesa” siano “esperte in umanità”, dice il Papa, e “madri” nella preghiera:
"E la Chiesa vi vuole così: madri, madre, madre. Dare vita. Quando voi pregate, per esempio, per i sacerdoti, per i seminaristi, voi avete con loro un rapporto di maternità; con la preghiera li aiutate a diventare buoni Pastori del Popolo di Dio".
Ma il Papa lascia alle sorelle di Chiara anche un’altra parola preziosa: la cura della vita di comunità. “Il diavolo”, spiega, “approfitta di tutto per dividervi”, voi, è la sua raccomandazione, invece “perdonate, sopportatevi, perché la vita di comunità non è facile”:
"Curare l’amicizia tra voi, la vita di famiglia, l’amore tra voi. E che il monastero non sia un Purgatorio, che sia una famiglia. I problemi ci sono, ci saranno, ma, come si fa in una famiglia, con amore, cercare la soluzione con amore; non distruggere questa per risolvere questo; non avere competizione. Curare la vita di comunità, perché quando nella vita di comunità è così, di famiglia, è proprio lo Spirito Santo che è nel mezzo della comunità".
Mons. Sorrentino: il Papa ad Assisi, un'esperienza grande di umanità
◊ Una visita, quella del Papa ieri ad Assisi, ricca di spunti, gesti e parole forti e di una partecipazione calorosa della gente. "La sua presenza ci ha segnato profondamente, ora occorre tempo per riflettere": così, al microfono della nostra inviata ad Assisi, Gabriella Ceraso, il vescovo della località umbra, mons. Domenico Sorrentino, che ha accompagnato il Pontefice in tutte le tappe del suo pellegrinaggio sulle orme di San Francesco:
R. - È stata davvero un’esperienza grande, un’esperienza di Chiesa, di umanità, di popolo e soprattutto un grande impulso di speranza. Ho toccato con mano il segreto di Papa Francesco, un uomo che vive di Dio e, proprio per questo, sa stabilire dei rapporti, sa prendere al volo il contatto con le persone e sa parlare a distanza. La gente ne ha bisogno; questo popolo aveva bisogno ‘fisico’ di lui: tutti avrebbero voluto toccarlo, abbracciarlo. Si è verificato qualcosa che ha fatto andare il mio pensiero a quello che si verificava con Gesù. Il Vangelo ci dice che, quando camminava, le persone lo seguivano e spesso lo tallonavano, lo toccavano. Tra loro e Gesù si stabiliva qualcosa di ‘fisico’: c’era il bisogno di essere guardati, amati, curati. Le sensazioni ieri per me sono state tante, perché poi guardavo e riflettevo: c’era gente che gridava, gente che ha ‘costretto’ il Pontefice a fermarsi con la papamobile e lui ha assecondato queste richieste. È dovuto scendere, non poteva andare avanti, perché c’era questa o quella persona che gridava porgendogli il figlio da baciare. Sono rimasto veramente sconvolto dal fatto che tutti avessero negli occhi e esprimessero questo bisogno.
D. - E ora come si riparte? Con quali obbiettivi, con quali prospettive?
R. - Per quanto riguarda questa nostra Chiesa di Assisi, gli obbiettivi non sono diversi da quelli che avevamo in qualche modo messo a fuoco. Il Papa, tra l’altro, ce li ha riconsegnati; ha ripreso il nostro piano pastorale dicendo: ”Io vi confermo in questo. Andate avanti con coraggio”. Il Santo Padre ci ha dato testimonianza di uno stile, di un sentimento, di un modo, di una maniera di porsi. Basti pensare alla grande scuola che ci ha fatto al Serafico; è stata un’ora di lezione su come si sta di fronte a chi si trova in difficoltà e deve essere accompagnato in tutto. È stata un’ora di commozione! Ho visto gente che ha iniziato subito a commuoversi mentre lui passava di ragazzo in ragazzo, di persona in persona. Mi guardavo intorno, c’era gente con gli occhi pieni di lacrime.
D. - Quindi umiltà, ma anche forza e coraggio: il Papa ha dato speranza …
R. – Certo. Il Papa ha salutato tutti, ma quando vedeva un malato, un disabile, un anziano, un bambino ‘si tuffava’! Era una maniera diversa di salutare e, più una persona si presentava con il volto della sofferenza, più lui si sentiva quasi rapito. L’esperienza di San Francesco lui l’ha vissuta. Non so in quanti hanno riflettuto su quello che è il testamento di San Francesco, il suo programma. Quando Francesco dice: “Il Signore volle che io cominciassi così a far penitenza: avevo ripugnanza dei lebbrosi - erano le figure più emarginate del tempo – ma il Signore mi spinse tra di loro. Usai loro misericordia e quello che prima era amaro, divenne dolcezza di anima e di corpo”. Ma questo è stato esattamente quello che il Papa ci ha dimostrato. Lui la dolcezza - quella che rende le persone più tenere, più buone - l’ha mostrata, l’ha vissuta, l’ha testimoniata ogni volta che ha incontrato un volto sofferente.
Parole e gesti indelebili quelli del Papa ad Assisi: così Padre Fortunato del Sacro Convento
◊ Per un bilancio della presenza del Papa nella città di San Francesco, il nostro inviato Federico Piana ha sentito padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi:
R. – Io vorrei parlare di giornata storica e di parole e gesti indelebili. Giornata storica perché è stata una prima volta in molti sensi: una prima volta di un Papa con il nome Francesco ad Assisi; la prima volta di un Papa che presiede la celebrazione e l’accensione della lampada votiva… Il Papa sta continuando a sorprenderci. Nell’omelia ha indicato dei punti di riferimento molto chiari: c’è una pace che affonda le sue radici nella persona di Gesù; l’amore verso i poveri, declinato attraverso il comandamento dell’amore vicendevole. E poi la custodia del Creato con il richiamo al Cantico. Infine, come sintesi di tutta la giornata, il punto di riferimento del Papa mi sembra sia stato l’abbraccio con i “lebbrosi” di oggi: i poveri, gli ammalati, i giovani che vivono nella solitudine, che non trovano lavoro. Ma il momento centrale della visita, che non dimenticheremo mai, sono stati gli occhi lucidi del Papa, quando si è inginocchiato di fronte alla tomba di San Francesco e ha deposto le rose sull’altare.
D. – Se dovessimo scegliere tre parole chiave di questo viaggio, quali potrebbero essere?
R. – Io direi “incontro”, “freschezza” e “cammino”. Incontro, perché il Papa ha incontrato tutti, incontrando San Francesco. Freschezza, perché ci fa vedere l’attualità e la serenità del Vangelo, attraverso la sfaccettatura del carisma francescano. E poi il cammino, perché tutto quello che ci ha detto, ci impegna ad andare avanti. Ha detto: “Litigate, tiratevi anche i piatti, però la sera fate pace”.
D. – C’è chi dice che dopo questa visita del Papa, l’Umbria non sarà più la stessa. Lei è d’accordo?
R. – Io credo che sia vero. Anche i francescani non saranno più gli stessi. Tutti coloro che hanno guardato Assisi oggi non saranno più gli stessi per un semplice motivo: perché i nostri cammini si colorano della intensità e della densità francescana.
◊ Papa Francesco ha ricevuto questa mattina l’ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Santa Sede, Germán José Mundaraín Hernández, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, con il segretario del medesimo Dicastero, mons. José Rodríguez Carballo, arcivescovo tit. di Belcastro; Ernesto Olivero, Fondatore del Servizio Missionario Giovanile (Sermig); il padre gesuita Franz Jalics.
◊ Il Santo Padre ha nominato il cardinale Walter Brandmüller, diacono di S. Giuliano dei Fiamminghi, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 450° anniversario della chiusura del Concilio ecumenico di Trento, in programma nel Duomo di Trento il 1° dicembre 2013.
Il Papa ha nominato il cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni di chiusura del primo centenario dell’istituzione della Provincia Ecclesiastica di Managua (Nicaragua), che avranno luogo il 2 dicembre 2013.
Tweet del Papa per i giovani: "Mettete Cristo al centro di ogni vostro sogno?"
◊ All’indomani della visita del Papa ad Assisi, il Papa ha inviato un tweet: “Cari giovani – scrive – avete molti progetti e sogni per il futuro. Mettete Cristo al centro di ogni vostro progetto, di ogni vostro sogno?”. Sull’account @Pontifex in nove lingue i follower sono quasi 9 milioni e 700 mila.
Beatificazione di Rolando Rivi, seminarista ucciso a 14 anni dai partigiani comunisti nel 1945
◊ Santa Messa con rito di Beatificazione, oggi a Modena, di Rolando Rivi, seminarista e martire nel 1945, ucciso a soli 14 anni dai partigiani comunisti. A presiedere la celebrazione, come rappresentante del Santo Padre, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Giada Aquilino:
Una intensa testimonianza di amore a Gesù, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando si era diffuso un clima di ostilità contro i sacerdoti. È l’esperienza di vita cristiana di Rolando Rivi, nato nel 1931 in provincia di Reggio Emilia. Da subito è “assorto nella preghiera”, come recita la biografia ufficiale, matura presto un’autentica vocazione al sacerdozio. A soli 11 anni entra in seminario e veste per la prima volta l’abito talare che non lascerà più sino al martirio. Quando il seminario viene occupato dai soldati tedeschi, torna a casa a San Valentino di Castellarano e continua gli studi da seminarista sotto la guida del parroco, portando in paese un’ardente testimonianza di fede e carità. Proprio per questo suo percorso, così toccante da attirare gli altri ragazzi verso l’esperienza cristiana, Rolando, a 14 anni, finisce nel mirino di un gruppo di partigiani comunisti. Viene sequestrato, picchiato e torturato, poi spogliato a forza della veste talare e ucciso a colpi di pistola. Prima di morire, chiede di poter pregare per i suoi genitori e così, nella preghiera, Rolando riafferma la sua appartenenza a Gesù, al suo insegnamento ad amare i nemici. Ascoltiamo il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi:
“Ecco cosa aveva Rolando nel suo cuore di bambino, un amore per tutti: amare non solo i genitori e i fratelli, ma anche i nemici, fare del bene a chi lo odiava e benedire chi lo malediceva. Era questa - e lo è ancora - una dottrina rivoluzionaria, certo, ma nel senso buono, perché porta ad atteggiamenti di fraternità, di tolleranza e di rispetto della libertà altrui, senza soprusi, senza imposizioni forzate e senza spargimento di sangue”.
Da questa immagine di bambino strappato con violenza alla vita e all'amore il cristiano, aggiunge il cardinale Amato, non trae sentimenti di rancore, né di rivincita:
“Vogliamo ricordare e celebrare la vicenda martiriale del piccolo Rolando Rivi con un atteggiamento di perdono, di riconciliazione, di fraternità umana. Vogliamo gridare forte: mai più odio fratricida, perché il vero cristiano non odia nessuno, non combatte nessuno, non fa male a nessuno. L'unica legge del cristiano è l'amore di Dio e l'amore del prossimo. Le ideologie umane crollano, ma il Vangelo dell'amore non tramonta mai perché è una buona notizia, che porta pace e bene a tutti”.
◊ L’elezione di un nuovo governo dell’Istituto e l’approvazione delle nuove Costituzioni. Saranno i due compiti principali del prossimo Capitolo generale straordinario dei Legionari di Cristo, convocato per il prossimo 8 gennaio dal cardinale Velasio De Paolis, che da tre anni svolge la funzione di delegato pontificio della Congregazione. “È arrivato il momento di indire il Capitolo Generale Straordinario”, scrive nella missiva di annuncio, in data di ieri, il cardinale De Paolis, ricordando che nella lettera di nomina a delegato pontificio, del 16 giugno 2010, firmata da Benedetto XVI, pur non essendo stato stabilito un tempo specifico, tuttavia era stato previsto fin dall’inizio che “il tempo necessario” per percorrere il cammino di rinnovamento spirituale necessario e procedere alla revisione delle Costituzioni della Legione di Cristo “non poteva essere meno di tre anni”.
Il Capitolo generale si svolgerà nella sede della Direzione generale dell’Istituto e sarà presieduto dallo stesso cardinale De Paolis. In una comunicazione sul loro sito web, i Legionari di Cristo specificano che a partecipare all’assise saranno, “in virtù dell’incarico che ricoprono: il direttore generale, i membri del consiglio generale, il segretario generale, il procuratore generale, l’amministratore generale, il prefetto generale degli studi e i nove direttori territoriali. Il resto dei delegati – prosegue la nota – sarà eletto “dai Legionari dei diversi territori e costituiranno poco più dei 2/3 dei padri capitolari”. Benché si supponga che il Capitolo generale “termini entro la fine del mese di febbraio – si legge ancora – sarà lo stesso capitolo a definire il calendario secondo il procedimento dei lavori. I Legionari di Cristo chiedono preghiere per i frutti di questo Capitolo Generale Straordinario”.
Il card. Sandri alla comunità caldea in Germania: i cristiani siano costruttori di ponti
◊ “I cristiani siano costruttori di ponti, siano seme di riconciliazione, rimangano in Medio Oriente, terra della prima evangelizzazione, facciano ogni sacrificio per tornarvi se appena è possibile”: è quanto ha detto oggi il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la Messa presieduta nella parrocchia caldea di Essen, in Germania. Il porporato è giunto il 3 ottobre scorso nel Paese, in occasione della Campagna di “Missio” e del mese missionario. Domani, la conclusione della sua visita con la solenne concelebrazione nella Cattedrale di Colonia, assieme al Patriarca Copto Cattolico, Ibrahim Sidrak, e all’arcivescovo di Colonia, il cardinale Joachim Meisner. Il cardinale Sandri, col pensiero rivolto alle dure prove della comunità caldea in Iraq, ha detto: “In quest’Anno della Fede, vogliamo pronunciare nuovamente, con decisione, il nostro Sì" a Cristo, "unico Salvatore del mondo. La salvezza non è un progetto vago, che rimane ‘nel cielo’, bensì è l’esperienza concreta di una liberazione dalla sofferenza della guerra, della violenza, a volte persino della persecuzione”.
“La fede – ha proseguito – non è una illusoria consolazione. Essa è luce, verità e amore e perciò anche pace, non quella del mondo che svanisce, bensì la pace di Cristo che nessuno potrà toglierci. In Lui è vinta addirittura la morte. Lui ci ha amato per primo e continua a cercarci tra le fatiche e le speranze della storia, come Pastore buono”.
Parlando dello scandalo delle divisioni, il cardinale Sandri ha affermato che “le comunità orientali nella diaspora hanno un ruolo prezioso nel rafforzamento dell’unità. Proprio perché sperimentate fisicamente la divisione dalla madrepatria, la lontananza dei nuclei familiari, comprendete meglio il dono dell’unità, della condivisione e della solidarietà nel rispetto vicendevole e, soprattutto, nel perdono vicendevole poiché tutti siamo beneficiari della infinita misericordia di Dio”. L’Iraq – ha aggiunto – “è quotidianamente nella violenza sanguinosa proprio per le divisioni in seno a quanti aderiscono alla stessa religione”.
“I cristiani – è l’appello del cardinale Sandri – siano ‘strumenti della pace di Cristo’, sull’esempio di San Francesco, che il nostro amato Papa ha ripresentato al mondo nella visita ad Assisi”. Quindi, ha concluso: “Preghiamo per la Chiesa caldea: sia casa di comunione, superando fazioni, divisioni e mormorazioni. Si realizzi qui in Germania e ovunque sono giunti i caldei quanto è scritto nel libro della Sapienza: “Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé... Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là” (Sap 3,5-6)”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servitore del Vangelo: in prima pagina, un editoriale del direttore a conclusione della visita del Papa ad Assisi.
Un articolo di Ugo Sartorio dal titolo “Anche con le parole se necessario”: dalle prime fonti a Papa Francesco.
Ogni singola frase predicata dev’essere vissuta: il cardinale Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a un anno dalla proclamazione di san Giovanni d’Avila a dottore della Chiesa.
La Francia chiede una risposta europea alla tragedia di Lampedusa: mentre proseguono i soccorsi al largo delle acque siciliane e gli sbarchi sulle coste calabresi.
Continua il braccio di ferro sul tetto del debito statunitense.
Riesplode la tensione in Egitto.
Egitto: almeno 4 morti in nuove manifestazioni, i blindati presidiano piazza Tahrir
◊ Alta tensione in Egitto. I blindati dell'esercito stanno presidiando tutti gli accessi a piazza Tahrir, al Cairo. Ieri nelle proteste per il presidente deposto Morsi, in varie parti del Paese, sono morte 4 persone, circa 40 i feriti. Per domani, anniversario della guerra del 1973 contro Israele, sono state attese manifestazioni di piazza dei Fratelli Musulmani e del contrapposto Movimento "Tamarod". Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro studi internazionali:
R. – Purtroppo continua la situazione di stallo nel processo post-Mubarak. Le autorità militari che hanno di fatto ripreso il potere non hanno ancora intrapreso un percorso di dialogo con la Fratellanza. L’atteggiamento è quello di totale chiusura. La decisione, appresa nei giorni scorsi, di bloccare i fondi della Fratellanza – non solo del partito politico, ma di tutto il movimento – non ha fatto che aggravare la situazione. Intanto si moltiplicano le proteste di piazza che si “tingono di rosso”, del sangue dei manifestanti che vengono uccisi nelle strade. Per ora, possibili soluzioni non si intravedono all’orizzonte.
D. – I movimenti più laici che ruolo giocano in questa situazione?
R. – Purtroppo i movimenti sociali, quelli più laici ed anche i partiti dell’opposizione, non hanno molta voce in capitolo anche perché il movimento sociale – quello alla base della "Primavera Araba" - in questo momento è comunque messo da parte. Il Paese continua ad essere bloccato in un limbo istituzionale, e soprattutto economico: lo stallo politico ormai ha portato quasi allo stremo le casse statali e l’economia egiziana. In questo scenario la Comunità internazionale latita perché gli interessi - sia regionali, sia internazionali - rimangono alquanto ambigui.
D. – Domani ricorre il 40.mo Anniversario della Guerra arabo-israeliana. Sono attese manifestazioni di piazza convocate sia dai sostenitori dell’ex presidente Morsi, sia dal movimento Tamarod, “ribellione”, che ha condotto di fatto alla deposizione del presidente…
R. – L’anniversario dei 40 anni della Guerra dello Yom Kippur può essere un nuovo esame per il Paese ed una nuova occasione per le violenze. Purtroppo quello che si aspetta sono manifestazioni che potrebbero degenerare in violenze. Qualsiasi motivo, però, sembra utile per scendere in piazza e generare scontro; il problema quindi non è tanto l’anniversario della Guerra, ma le intenzioni che si hanno. Fino a quando non si riuscirà a portare la situazione alla calma ed il Paese non potrà di nuovo procedere verso un processo di ricrescita istituzionale, purtroppo il futuro dell’Egitto continuerà ad essere buio.
Usa: quinto giorno di "shutdown". Obama ai repubblicani: votate il bilancio
◊ “Basta con queste farse, ora votate”. Non usa mezzi termini il presidente Usa Obama per esortare i repubblicani, che controllano la Camera, a licenziare il bilancio statale e ricominciare a finanziare i programmi del governo. Intanto, crescono i disagi nel Paese giunto al quinto giorno di "shutdown" con la conseguente chiusura di diversi servizi pubblici. Ripercussioni che si fanno sentire anche nel settore privato: alcune grandi aziende hanno messo a riposo forzato migliaia di dipendenti. Sugli eventuali sviluppi del braccio di ferro fra il governo e i repubblicani che mirano ad affossare la riforma sanitaria, Marco Guerra ha intervistato Dennis Redmont, responsabile della comunicazione del Consiglio Italia-Usa:
R. - É difficile dire come finirà, ma certamente dovrà finire, ci sarà un compromesso. Per quanto riguarda la durata, questa dipenderà secondo me dalla pressione dell’economia sul governo, perché si sa bene che i repubblicani rappresentano in generale le esigenze dell’economia. Perciò quando il business comincerà ad annaspare, allora la pressione sui legislatori repubblicani sarà più grande e quindi si avranno più possibilità di un compromesso.
D. - In questo braccio di ferro come ne uscirà fuori la presidenza Obama?
R. - Certamente quello che Obama vuole lasciare agli Stati Uniti è la riforma sanitaria, che è già stata avviata. Perciò Obama non ha alcuna voglia di retrocedere. Vediamo se può salvare la faccia eliminando delle spese in alcune aree, dove nessuno dei due vada a rimetterci, né i repubblicani né i democratici.
D. - Secondo alcuni analisti lo “shutdown” può provocare disagi tali da produrre un calo del punto del Pil Usa nell’ultimo trimestre…
R. - Ci sono tantissime imprese che si sono viste cancellare progetti, così come è accaduto per molti progetti del governo di natura militare o civile, che sono stati posticipati oppure addirittura sospesi senza data.
D. - Come sta reagendo il Paese? Si tratta veramente di una situazione di emergenza percepibile da tutta la popolazione?
R. - Certamente si, perché ad alcuni lavoratori federali è stato sospeso il salario. Per quanto riguarda il controllo aereo ci sono meno persone a lavorare, alcuni ospedali che per una parte sono gestiti dallo Stato hanno dovuto rifiutare l’entrata di alcuni pazienti, inclusi bambini. Perciò ogni famiglia - non c’è dubbio - avendo qualcuno che lavora per il governo o con il governo in questi 4-5 giorni ha cominciato a sentire l’emergenza. Quando la situazione diventerà ancora più dolorosa per alcune persone, allora forse la pressione diventerà più grande sui legislatori per trovare in compromesso.
D. - L’opinione pubblica da che parte sta in questo braccio di ferro?
R. - In relazione a questo gli Stati Uniti sono veramente spaccati. Una parte crede che i repubblicani siano ostruzionisti, e l’altra che il presidente Obama non stia facendo una bella figura. Il fronte repubblicano è abbastanza ostile a tutto quello che sta facendo l’amministrazione americana.
Brasile. La Chiesa accanto agli indios contro la limitazione delle loro aree
◊ Da giorni, in Brasile, gli indios protestano contro un progetto di legge considerato fortemente discriminatorio nei loro confronti. In particolare la norma, denominata "PEC215", prevede modifiche alle regole di demarcazione delle terre dei nativi trasferendo la competenza dall’esecutivo al parlamento. Dal canto suo, il governo Roussef ritiene “incostituzionale” la legge. In prima linea, al fianco degli indigeni, c’è la Chiesa brasiliana. Cristiane Murray ha raccolto la testimonianza di mons. Flavio Giovenale, vescovo di Santarém:
R. – In questa settimana, gli indigeni stanno facendo diverse manifestazioni in varie parti del Brasile per richiamare l’attenzione del popolo brasiliano e anche internazionale sulle nuove leggi che sono in discussione in parlamento che renderebbero praticamente impossibile creare nuove aree indigene. Già prima della Costituzione democratica del 1988 – che li aveva confermati – gli indios erano riusciti a sancire il riconoscimento dei diritti storici sia agli indigeni sia ai kilombola, i discendenti degli antichi schiavi. Il riconoscimento di tali diritti comporta anche la delimitazione di aree – tipo le “riserve” – nelle quali gli indios o i kilombola possono conservare il loro stile di vita con la garanzia, quindi, oltre che della tutela fisica, anche di quella culturale. Ultimamente ,sono in discussione in parlamento diversi progetti di legge sia dell’esecutivo, sia del legislativo che affermano come non sia più il presidente della Repubblica a compiere questa analisi, bensì un gruppo di ministeri. E la lentezza con cui i ministeri lavorano significano: “Non vogliamo più nessuna riserva indigena, nessuna riserva kilombola”. Ecco perché gli indios stanno facendo queste manifestazioni: proprio per dire “Vogliamo mantenere la legislazione attuale affinché i nostri diritti di sopravvivenza fisica e culturale possano essere rispettati”.
D. – E la Chiesa è accanto a loro?
R. – La Chiesa è accanto a loro perché crede che gli indios, inseriti nella civiltà cosiddetta "normale", nelle città, perderebbero prima di tutto la cultura, e quindi l’identità culturale, la sopravvivenza culturale. Ma poi, anche la sopravvivenza fisica, perché contrarrebbero malattie a cui non sono abituati.
D. – Lei ha una stima di quanti possano essere oggi, più o meno, gli indios in Brasile?
R. – In Brasile, gli indios stanno aumentando: adesso non saprei dire esattamente il numero. Negli ultimi 20 anni, c’è stato questo fattore molto bello, per cui gli indios sono in crescita, proprio perché si è riusciti ad avere leggi che li proteggessero e quindi garantissero il loro futuro. Credo siano attorno ai cinque milioni.
D. – Lei pensa che questo sarà uno dei temi affrontati nell’incontro della Chiesa dell’Amazzonia, che si terrà a fine ottobre a Manaus?
R. – La presenza indigena in Amazzonia è uno dei temi che sempre si affrontano in questi nostri incontri. L’Amazzonia è la regione in cui vive la maggior parte dei popoli indigeni: è una realtà molto vasta, la maggioranza dei popoli indigeni brasiliani vive in Amazzonia. Perciò, certamente ci sarà una presa di posizione anche della Chiesa, collettivamente, per dare più forza ai vescovi che hanno questo problema in forma più acuta.
Lampedusa, i pescatori: continueremo a salvare chi chiede aiuto
◊ A Lampedusa, ancora sospese le operazioni di recupero dei corpi dei profughi incastrati nel relitto del barcone a 47 metri di profondità. Le condizioni del mare non consentono ai sub di raggiungere le vittime, almeno un centinaio, la maggior parte delle quali donne. Partono intanto le polemiche sui soccorsi, ma per la procura non vi sono stati ritardi. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Si proverà domani, meteo permettendo, a recuperare i corpi, mentre a terra sono state sigillate le bare, 111, con le vittime ripescate: verranno tutte sepolte in varie località della Sicilia. Per i sopravvissuti, 155, invece la realtà ora è quella di essere stati stipati in un centro, una struttura da 280 posti, che ora conta 1.050 persone, ospitate in condizioni di disumano sovraffollamento, dove oggi è arrivata la presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha chiesto di aggiornare le leggi italiane. Per il momento, però, gli scampati alla strage sono stati iscritti nel registro degli indagati per immigrazione clandestina: l’ennesima vergogna, viene denunciato, così come di vergogna si parla per l’incriminazione per favoreggiamento di chi salva vite di immigrati, così come prevede la Legge Bossi-Fini. Ma ai pescatori ciò non interessa. Damiano Sferlazzo, vice sindaco di Lampedusa:
R. – Io sono lampedusano, e i lampedusani non chiedono né Nobel per la pace, né altro. Noi chiediamo di fermare questo massacro, di fare in modo che non ci siano più vittime e di far sì che tutti possano viaggiare e spostarsi in cerca di una vita migliore, perché queste persone – ricordiamolo – fuggono dalle guerre. Quindi, quelli che abbiamo a Lampedusa sono profughi, non sono clandestini. Noi chiediamo semplicemente questo. Quando succedono queste tragedie, noi non possiamo fare altro che fare capire al mondo, con dei segni, che per noi la dignità umana viene prima di ogni altra cosa. Prima salviamo le vite che stanno morendo, i bambini come questi che purtroppo l’altro ieri sono morti, e poi discutiamo sul resto. Sul soccorso in mare non si discute!
D. – I lampedusani, i pescatori, insistono: non ci si può girare dall’altra parte, a dispetto della legge!
R. – Assolutamente no! Il pescatore ha impresso nella mente e nel cuore la sua legge del mare, e la legge del mare è quella di non voltare mai le spalle a nessun essere umano che sia in acqua, che chieda aiuto, che abbia bisogno di soccorso. Da parte di un pescatore non si verificherà mai che lasci, che abbandoni, una persona in mare, perché questa è una legge non scritta ma che è impressa nella testa e nel cuore dei pescatori, in special modo – oserei dire – nel cuore dei pescatori di Lampedusa, perché non sono mesi e non è un solo anno che noi accogliamo e che noi salviamo le vite in mare: è da sempre! Mio nonno già me ne parlava, quindi è una cosa che va oltre le leggi. Poi, è chiaro che ci vogliano delle leggi che non impediscano ai pescatori di salvare le persone in mare, anche perché nel momento in cui ci fosse una legge che vietasse ancora di più – la Bossi-Fini già lo fa – al pescatore di salvare vite umane, non potrebbe mai verificarsi comunque uno stop alla voglia di salvare del pescatore. Poi, è chiaro, la Bossi-Fini è una legge che penalizza, c’è il sequestro della barca, si viene indagati, e via dicendo … però il pescatore aiuterà sempre.
D. – Corridoio umanitario: questo è ciò che si chiede?
R. – Questo noi chiediamo: un corridoio umanitario per evitare la carneficina, per cercare di fare arrivare vive tutte queste persone che si vogliono spostare. Altrimenti è un massacro, come si è rivelato l’altro giorno.
Oggi, nonostante il vento molto forte e il mare mosso, i pescatori sono usciti con le loro barche per lanciare corone di fiori al largo della costa, respingendo con forza, tra l’altro, le accuse di mancato soccorso. Enzo Billeci, pescatore, nonché assessore alla Pesca, era tra loro:
R. – Siamo usciti con la barca, veramente c’era mare grosso, quindi siamo usciti in pochi, solo i pescherecci più grossi. Però, alla presenza della Capitaneria, del comandante del porto, abbiamo deposto questa corona di fiori.
D. – Voi siete pescatori, siete gente di mare, continuerete ad aiutare tutti?
R. – Certo! Come si può fare altrimenti? Si può fare altrimenti? Non lo so … uno si trova, vede gente in difficoltà in mare, senza guardare il colore della pelle … si può fare altrimenti? Non penso … Non l’abbiamo mai guardata in faccia, questa legge, però un po’ di apprensione ce la dà. E poi! Non parliamo sempre di clandestini, clandestini … questa è gente che scappa dalle guerre per cercare un minimo di futuro migliore … Non può succedere questo, non può succedere questo! Basta! Basta con i morti in mare, basta con queste tragedie!
"È uno dei momenti più tragici della storia delle migrazioni degli ultimi anni", commenta il direttore della Caritas diocesana della diocesi di Agrigento, Valerio Landri:
R. – Lo stato d’animo è di lutto, perché quello che altrove arriva come una notizia, qui ha un volto. Ci sono tanti lampedusani che hanno assistito alle operazioni di recupero delle salme, hanno potuto vedere in volto, invece, i superstiti … E il dolore: il dolore che provoca questa tragedia è ancora scritto sul volto dei lampedusani. La nostra preoccupazione è che questa grande attenzione che c’è in questi giorni, alla fine finisca per scemare e ritorni poi il silenzio che c’è stato in questi anni. D’altronde, pensiamo che dal 2011 (250 dispersi in un naufragio n.d.r.) sono passati due anni: due anni in cui si sarebbe potuto lavorare molto per evitare tragedie del genere. Il fatto di essere tornati a vivere le esperienze delle morti dei migranti nel mare di Lampedusa, ci fa temere che questo grande clamore che c’è in questi giorni possa tornare a diventare silenzio, e possano poi riproporsi nuove esperienze del genere.
D. – Quanto è accaduto smuove le coscienze di tutti. Però, non si sa quanto questo poi, alla fine, riuscirà veramente a dare una svolta nelle politiche …
R. – Sì, sì, sì: è questa la cosa che veramente lascia più perplessi, nel senso che c’è tanta gente che è in mare e che ha anche paura di intervenire, perché le conseguenze della legge sono quelle che conosciamo. E’ una legge (Bossi-Fini n.d.r.) che va contro i principi della morale, e va anche contro i principi della legge del mare! Io mi auguro che questa estrema tragedia di due giorni fa possa essere davvero un’occasione per la svolta, per rivedere, per riflettere su una legge che va certamente rivista. Bisogna prevedere dei corridoi umanitari, o comunque azioni che impediscano che tragedie del genere possano nuovamente avvenire. Sappiamo che dall’altra parte del mare c’è gente che è già pronta a partire: anziché piangere sulle bare, preferiremmo lavorare perché queste tragedie non avvengano e perché quindi possa realizzarsi un sistema di accoglienza nel rispetto delle Convenzioni che l’Italia ha firmato, che possano garantire a queste persone una protezione, una tutela internazionale come il diritto prevede.
Una vita dedicata ai poveri: dieci anni fa veniva uccisa nel Somaliland Annalena Tonelli
◊ Il 5 ottobre del 2003 veniva uccisa a Borama, nel Somaliland, la missionaria laica Annalena Tonelli. Due sicari le spararono alla testa, ponendo fine a una vita dedicata ai poveri e ai malati nel Corno d’Africa. Il servizio è di Elvira Ragosta:
“Volevo seguire Gesù e scelsi di essere dei poveri”, così diceva di se stessa Annalena Tonelli, la dottoressa in legge che a 26 anni si trasferì in Kenya per insegnare inglese. Da lì, poi, iniziò la sua missione nel Corno d’Africa al fianco dei poveri e dei malati di tubercolosi. Miela Fagiolo d’Attilia, coautrice del libro “Io sono nessuno”, sulla figura e la missione della Tonelli, la ricorda così:
R. - Annalena era un vulcano, un concentrato di vita, una manager della solidarietà. In Africa la sua vita è cambiata completamente, perché la sua missione come insegnante prima e poi attraverso i bambini e il contatto con le famiglie, l’ha portata a conoscenza con un mondo di sofferenza, in particolare nei confronti della Tbc, soprattutto nei nomadi somali che vivevano in Kenya.
D. - Ed è proprio nel nord-est del Paese che il governo locale la pone a guida di un progetto sulla tubercolosi…
R. - Praticamente lei crea dei centri, dove cura i nomadi somali con una nuova terapia, chiamata Dots - sperimentata lungamente, approvata poi dall’Oms e applicata oggi in molti altri Paesi del mondo - per curare la tubercoli con tempi molto abbreviati per rispettare proprio le esigenze dei nomadi. A Wajir, Annalena costruisce un grande villaggio, il Tbc Manyatta, in cui ospita i nomadi, ma anche le famiglie dei nomadi. Annalena non accoglieva gli ammalati, accoglieva l’uomo: per amore di Cristo accoglieva il fratello. A tutti i ricoverati dava il Corano, perché imparassero a capire che cos’era la loro religione: traduceva con loro il Corano dall’arabo in somalo, poi gli dava un quaderno e una matita. Questo perché potessero imparare a scrivere e a leggere.
D. - Si racconta anche come per sfamare le persone cucinava in grandi fusti, prima utilizzati come contenitore di carburanti per gli aerei…
R. - Sì, questo è stato in una Mogadiscio in fiamme, dopo l’uccisione di mons. Colombo. Eravamo nel 1992-93 e Annalena era una delle poche italiane nella zona.
D. - La missione di Annalena Tonelli finisce il 5 ottobre del 2003: due sicari le sparano alla testa. Perché viene uccisa?
R. - E’ stata molte volte, nella vita, picchiata, rapita, minacciata, derubata perché la sua testimonianza di amore creava molte turbative all’interno di un contesto omogeneo musulmano, somalo, clanico, già diviso dalle rivalità claniche. Era amata e odiata al tempo stesso!
I vescovi alla plenaria Ccee: proporre al mondo la gioia della testimonianza di Cristo
◊ Terzo giorno di lavori a Bratislava, dove si sta svolgendo la plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, Ccee, sul tema “Dio e lo Stato. L’Europa tra laicità e laicismo”. Ieri sera nella cattedrale di San Emerano, i presidenti delle 39 Conferenze episcopali d’Europa, hanno affidato alla protezione dei Santi Cirillo e Metodio “tutti gli uomini del Vecchio Continente, tutti i popoli europei e tutti gli Stati”, chiedendo il superamento di ogni odio e divisione. Tra gli interventi di oggi anche quello del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. Intanto è stata accolta la richiesta dell’Ucraina di diventare membro della Ccee. Il servizio di Cecilia Seppia:
La giornata di oggi a Bratislava, è iniziata con la messa nella chiesa di San Giovanni de Matha, presieduta da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, primate della Chiesa ucraina greco-cattolica. Nella sua omelia, il monito in primo luogo rivolto ai vescovi, ad essere cristiani ferventi, ad avere il coraggio dei discepoli di Cristo di andare controcorrente e di uscire vincitori dalle persecuzioni, certi che anche di fronte alle tante sfide attuali, non mancherà l’aiuto e la salvezza del Signore. Poi, uno sguardo alla particolare situazione dell’Ucraina, che attende con speranza ma anche timore, visto il processo di globalizzazione in atto, l’ingresso nella Comunità europea. “Sicuramente nella vita dell’attuale Chiesa di Cristo – ha detto Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk – assisteremo ad una distruzione dolorosa della religiosità pietrificata e non autentica. Ma quello che mai possiamo permettere, è di violare la persona umana, che dobbiamo invece edificare con la Parola di Dio perché sia sempre più tempio dello Spirito Santo”. Infine, la richiesta di aiuto, solidarietà e preghiera a tutti i presuli presenti perché non lascino sola l’Ucraina.
Solo ieri, nel suo intervento alla plenaria, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, aveva posto l’accento sul momento particolarmente fecondo che la Chiesa sta attraversando sotto la guida di Papa Francesco. “Questo inizio di Pontificato – ha detto il porporato – e il modo con cui il popolo di Dio e i mezzi di comunicazione hanno reagito, rappresenta una chance per la Chiesa… Di tale voce profetica e pacificatrice ha più che mai bisogno il mondo attuale globalizzato. E la stessa Europa, culla dell’espansione del cristianesimo e comunità civile in laboriosa costruzione, è chiamata a coglierne il senso profondo”. Il cardinale Ouellet, ha poi esortato ad un atteggiamento più positivo e propositivo nei confronti delle Chiese e delle società in cui ogni vescovo si trova ad operare, percorrendo la strada della Nuova evangelizzazione. “Di fronte ad una città secolarizzata e diffidente nei confronti della Chiesa – ha concluso il porporato – bisogna proporre anzitutto la gioia della testimonianza del Risorto. Bisogna dimostrare la verità del Vangelo con la verità dell’amore verso i più bisognosi".
Fondamentale la sessione sulla difficile situazione dei cristiani in Medio oriente con l’intervento mons. William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme e di Sua Beatitudine, Ignace Youssif III Younnan, Patriarca di Antiochia dei Siri, che tra l'altro ha affermato di non avere nessuna notizia dei vescovi rapiti in Siria, né del gesuita padre Paolo dall'Oglio. Ascoltiamolo al microfono del nostro inviato a Bratislava, Mario Galgano:
R. – Tutti noi abbiamo questa inquietudine. Se si continua a fomentare la violenza vuol dire che i cristiani, come le altre minoranze, non avranno più fiducia nel loro futuro e i giovani, in particolar modo, cominceranno a dire: vogliamo essere testimoni fino a versare il sangue. Ma perché? Abbiamo avuto qualche risultato? Loro ci considerano come fautori di proselitismo: se noi cerchiamo di parlare di Gesù pubblicamente loro non lo accettano, diranno che questo è proselitismo. Quindi, è molto difficile convincere i giovani a rimanere, perché – come ho detto – hanno visto la direzione che hanno preso i Paesi occidentali, come la Francia, l’Inghilterra, gli Stati Uniti.
D. – Lei ha notizie sui due vescovi rapiti anche su padre Dall’Oglio?
R. – Dal 22 aprile, sono passati più di cinque mesi, non si sa niente... Il Patriarca siro-ortodosso che era con noi ci ha raggiunti, gli abbiamo chiesto notizie. Ha detto che non hanno nessuna notizia di loro.
Per un commento sul tema della Plenaria, e l’opportunità di vicinanza tra tra la religione e la politica, Mario Galgano ha sentito l’arcivescovo di Bruxelles, André Joseph Leonard:
“Io penso che la laicità dello Stato, la separazione tra Stato e Chiesa sia una cosa buona e giusta. È vero, talvolta proviamo una forma di pressione da parte dei poteri pubblici nei nostri Paesi – ma anche da parte dell’Europa in generale – affinché la religione diventi una cosa puramente privata, e da questo fuggiamo. La fede si esprime in modo concreto principalmente in una religione come quella cristiana, dove è normale che essa si manifesti anche nel campo pubblico con argomenti razionali. Ma è altrettanto normale che la Chiesa abbia la sua voce nel dibattito pubblico. Penso, anzi, che la nostra partecipazione al dibattito pubblico sia insufficiente e che dovremmo esprimerci di più, ma sempre con argomenti accettabili dall’opinione pubblica. In un parlamento, non si deve parlare di argomenti biblici, ma di argomenti razionali. Ed è anche in questo modo che la Chiesa deve intervenire nel dibattito pubblico”.
A chiudere la giornata sarà la preghiera dei Vespri nella Cattedrale di San Martino, presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, il quale, al microfono di Mario Galgano, esprime il suo punto di vista sul tema di quest'anno affrontato dalla Ccee:
R. – C’è una grande voglia, una grande coscienza del nostro dovere di pastori, e di Chiesa cattolica, di essere parte viva, propositiva del cammino della società in ordine al bene comune. La Chiesa ha qualche cosa di proprio, di specifico da dire che deriva dal Vangelo, ma che non è strettamente ed esclusivamente evangelico, perché anche la ragione può avvicinarsi e accogliere una visione antropologica che è quella che Cristo stesso conferma in tutta la sua dignità. Quindi, la visione dell’uomo, la concezione dell’uomo, da cui deriva una certa concezione della società piuttosto individualista, se la visione di partenza è individualista, o invece una società solidale, relazionale, se la concezione antropologica invece è di relazione, allora questo è un patrimonio che abbiamo il dovere di portare alla libertà, alla riflessione di tutte le istituzioni con rispetto e con convinzione.
D. – Se guardiamo adesso anche la situazione italiana dal punto di vista dello Stato, delle istituzioni, come può la Chiesa da parte sua migliorare il rapporto Stato-Chiesa?
R. – In sintesi ha tre livelli, o secondo tre modalità. Innanzitutto, l’annuncio gioioso del Vangelo che è la nostra origine ed è la base di tutto: annunciare Cristo al mondo significa rivelare il vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo. Questa è la radice, il fondamento. Un altro modo è quello di esplicitare le conseguenze antropologiche etiche e sociali del messaggio della persona di Cristo, perché Cristo, che è "Dio con noi", è venuto per parlare all’uomo, alla sua vita. E infine, con la formazione, portando il proprio contributo alla formazione alla Dottrina sociale della Chiesa, perché senza una visione acquisita, interiorizzata, organica della Dottrina sociale, non ci possono essere – mi sembra – delle persone e dei laici maturi che possano portare il loro contributo come è loro dovere e missione, basta ricordare il Concilio, dentro ai gangli della società, della politica, dell’economia e via discorrendo.
Il card. Caffarra: cancellare l'identità di padre e madre significa scardinare millenni di civiltà
◊ Una Bologna implosa, disgregata e che non ricerca il bene comune. E’ la fotografia della città presentata ieri dal suo arcivescovo, il cardinale Carlo Caffarra, nell’omelia della festa del Santo patrono Petronio. Una precisa ideologia politica ha ispirato per anni, dalla fine della seconda guerra mondiale, la convivenza del capoluogo emiliano, ma ora quel modello è franato, c’è stata una caduta culturale del confronto politico. Luca Tentori era per noi nella Basilica di San Petronio a raccogliere le parole del cardinale Carlo Caffarra:
“Ora il vero rischio della nostra città – come della cultura occidentale – è di rassegnarsi a vivere dentro una cultura incapace di dare un assetto sensato al nostro convivere, che non sia la mera esaltazione della libertà individuale. Una cultura che intende dispensare l’uomo dalla ricerca di un senso della vita”.
La situazione e il destino di Bologna: di questo ha parlato il cardinale Carlo Caffarra nell’omelia della festa di San Petronio nel massimo tempio cittadino che si affaccia su Piazza Maggiore. L’analisi va ai decenni del “modello Bologna”, della “vetrina italiana del buon governo” che non ha retto. Il cammino della storia, graduale ma inesorabile, ha portato verso l’implosione di un sistema che ospitava al suo interno una grande menzogna sull’uomo. Ma l’attenzione è anche sul presente, sulla cronaca di queste settimane che ha rischiato di vedere nella storia cittadina la cancellazione dell’identità di “padre” e “madre” dai moduli di iscrizione dei bambini alla scuola materna. “Negare il significato morale proprio del corpo e dei comportamenti che ad esso si riferiscono, ha detto il cardinale Caffarra:
“Significa, cari amici, correre il rischio di scardinare millenni di civiltà, di far scomparire le figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio”.
Poi l’invito a non spezzare la catena generazionale e a vigilare sui temi dell’educazione e del lavoro:
“E’ sommamente ingiusto che i giovani non trovino accesso al mondo del lavoro. Stiamo correndo, a causa di questo, un grave rischio: farli sentire 'superflui' e come 'sovrannumerari', una generazione di cui la società, alla fine, non sa che farsene. E così commettiamo nei loro confronti il peggiore dei furti: li derubiamo della speranza”.
In un giorno di festa di fronte a migliaia di fedeli il cardinale Carlo Caffarra ha voluto ricordare poi la strage di immigrati di qualche giorno fa nel mare di Lampedusa:
“Ecco, fratelli e sorelle, dove porta la follia delle guerre; la barbarie della 'globalizzazione dell’egoismo'; la pervicace indifferenza di istituzioni, che anche in questo modo stanno distruggendo la grandezza della civiltà europea”.
Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
◊ Nella 27.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui gli apostoli chiedono a Gesù di accrescere in loro la fede. E il Signore risponde:
“Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: ‘Sràdicati e vai a piantarti nel mare’, ed esso vi obbedirebbe”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
La parola di questa domenica è quasi un grido del Signore: “Se aveste fede…!”. È rivolta ai suoi discepoli che gli hanno detto: “Accresci in noi la fede!” (letteralmente: aggiungi fede a noi). La risposta è un’altra affermazione grave del Signore: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: ‘Sradicati e vai a piantarti nel mare’, ed esso vi obbedirebbe”. Non so quanti di noi hanno avuto il coraggio di misurarsi con un “granello di senape” e di chiedersi onestamente, mentre lo guarda: “Ma se la mia fede non ha neppure questa misura, che fede è la mia?”. Non per scoraggiarci, ma per prendere sul serio la necessità di un cammino che, facendoci riscoprire le ricchezze del Battesimo, ci porti ad una fede adulta. La seconda parte del Vangelo suona anch’essa dura per noi, sempre così infatuati di giustizia. Forse riusciamo a dire: “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Ma dire: “Siamo servi inutili!”, è proprio superiore alle nostre forze. Ci sembra ingiusto, anche se viene da Dio ed è costante nella vita dei santi. Eppure, non fosse altro che per quanto già affermava S. Agostino: “Cerca il merito, la causa, la giustizia di questo, e vedi se trovi mai altro che grazia” (Discorso 185); il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa: “I meriti delle opere buone devono essere attribuiti innanzitutto alla grazia di Dio…” (CCC 2008), perché “i meriti delle nostre opere buone sono doni della bontà divina” (CCC 2009). È poi la gratuità divina ad ascriverci come merito ciò che è fondamentalmente opera sua, e ci introduce in Dio, rendendoci partecipi dell’intimità sponsale propria della Trinità.
India. Profanato il tabernacolo di una chiesa nel Kerala
◊ Potrebbero esserci sette sataniche e culti di questo genere, dietro alla profanazione, avvenuta nei giorni scorsi, del tabernacolo della chiesa di Sant’Antonio ad Aluva, nello Stato del Kerala, India meridionale: l’ipotesi nasce dal fatto che la cassetta delle offerte è rimaste intatta. L’episodio ha destato molta preoccupazione nella Chiesa locale, tanto che i vescovi dello Stato hanno invitato tutti i parroci a tenere alto il livello d’attenzione e se la polizia non conferma la pista del satanismo, perché attualmente non sono stati rintracciati legami in questo senso, il segretario della Commissione per i Laici del Consiglio dei vescovi del Kerala, raggiunto da Fides, ricorda che “solo chi pratica le mese nere cerca le ostie consacrate”. Non è il primo episodio, purtroppo, che si verifica in questo Stato indiano, dove la presenza cattolica è molto forte: tre anni fa, ad Alappuzha, è stato profanato il tabernacolo della chiesa di San Francesco d’Assisi, episodio in seguito al quale il vescovo locale, Stephen Athipozhiyil, aveva pubblicato una lettera pastorale che chiedeva ai religiosi e ai laici di vigilare sulla penetrazione degli adoratori di satana che fanno presa soprattutto sui giovani e gli adolescenti, mentre nella chiesa di San Giacomo a Cheranallore, nella diocesi di Verapoly, si rese necessario evitare di dare l’ostia consacrata nelle mani delle persone che si accostavano all’Eucaristia, avendo constatato che in molti casi questa veniva portata via anziché essere consumata. (R.B.)
Singapore: la Chiesa locale costruirà il "Villaggio Agape" a servizio della carità
◊ Si chiamerà "Villaggio Agape" e offrirà consulenze familiari, corsi di avviamento al lavoro e assistenza legale per i più bisognosi, il nuovo centro polifunzionale “dedicato alla carità” che sorgerà nel 2015 a Payoh, Singapore. L’iniziativa, riferisce AsiaNews, è stata presa da diverse organizzazioni cattoliche e comunitarie impegnate nel sociale: la struttura, infatti, sarà dotata di quattro piani in cui troveranno spazio almeno otto delle 23 organizzazioni coinvolte e legate alla Caritas locale, oltre a una sala multifunzione, una banca alimentare e un caffè. Finora, si è riusciti a raccogliere 4 dei 15 milioni necessari alla costruzione dell’edificio, di cui è stata posta la prima pietra durante una solenne cerimonia alla quale hanno partecipato il capo della commissione incaricata del progetto, Janet Ang, l’arcivescovo emerito della città-stato, Nicholas Chia, e il presidente di Caritas Singapore, George Lim. (R.B.)
Brasile. L’invito delle Pom ai giovani: partecipare alle attività missionarie
◊ È dedicata alla “gioventù in missione” la campagna annuale che le Pontificie Opere missionarie (Pom) del Brasile promuovono con l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei cristiani sul loro impegno per la missione universale della Chiesa, durante il mese dell’ottobre missionario 2013. Padre Marcelo Gualberto, segretario nazionale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede – che ha lanciato ai giovani del Paese un invito alla maggiore partecipazione all’attività missionaria – spiega alla Fides come “la missione debba poter contare sul dinamismo e sulla generosità della gioventù”. In occasione della campagna, i sussidi sono già stati distribuiti alle 276 diocesi e prelature che compongono il Brasile. Inoltre, sul web è disponibile una serie di proposte digitali come diversi video preparati dai responsabili nazionali delle Pom – proposti anche su altre reti sociali – manifesti, volantini e preghiere da stampare, e dvd con testimonianze e altri suggerimenti per Internet. (R.B.)
Colonia. Domani apertura del mese missionario dedicato alle Chiese orientali
◊ Si aprirà ufficialmente domani, con una solenne celebrazione eucaristica nella cattedrale di Colonia, presieduta dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Leonardo Sandri, la campagna “Missio” e il mese missionario in Germania. Quest’anno, riferisce la Fides, la campagna è dedicata in particolare all’Egitto, teatro da mesi di diversi episodi di violenza contro chiese e comunità cristiane, come testimonierà il Patriarca copto-cattolico, Sua Beatitudine Ibrahim Sidrak, che sarà presente in cattedrale. Alla celebrazione interverranno anche altre personalità, come l’arcivescovo di Colonia, il cardinale Joachim Meisner. Il cardinale Sandri, riferisce un comunicato della Congregazione da lui presieduta, si trova in Germania già da qualche giorno per incontrare i responsabili di alcune agenzie che fanno parte della Riunione Opere di aiuto alle Chiese Orientali (Roaco), dell’arcidiocesi di Colonia e di altre organizzazioni, in segno di riconoscenza per il loro impegno in favore delle Chiese orientali, particolarmente provate in Egitto, ma anche in Siria, in Iraq e in Terra Santa. (R.B.)
La Chiesa ricorda oggi Santa Maria Faustina Kowalska
◊ Il Santuario della Divina Misericordia e chiesa di Santo Spirito in Sassia, celebrerà con una Messa solenne in programma questo pomeriggio alle 17, la memoria liturgica di Santa Maria Faustina Kowalska, che la Chiesa ricorda nella giornata del 5 ottobre. La festa di oggi, inoltre, è stata preparata spiritualmente con una novena di preghiera che è iniziata il 26 settembre scorso e si è conclusa ieri. La Santa polacca – alla quale era molto devoto Giovanni Paolo II, che la beatificò in piazza san Pietro il 18 aprile 1993 e la canonizzò, poi, nel 2000, nel corso del Giubileo – è nota come “l’apostola della misericordia”: attraverso di lei, infatti, Cristo manda al mondo questo grande messaggio e la vita mistica di questa piccola suora offre un esempio di perfezione cristiana basata sulla fiducia in Dio e sull’atteggiamento misericordioso verso il prossimo. Ed è proprio la misericordia divina, che meditava nella Parola di Dio e contemplava nella quotidianità, la base della sua spiritualità. Suor Faustina implorava la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori, ma non si fermò qui: ispirò un movimento apostolico che si poneva l’obiettivo di proclamare la misericordia nel mondo e di aspirare alla santità. Morta a Cracovia all’età di 33 anni, le sue reliquie sono conservate proprio nel Santuario della Divina Misericordia a Roma. (R.B.)
Iran. Il sostegno di Khamenei alla politica estera di Rohani
◊ L’ayatollah Khamenei, guida suprema iraniana, ha manifestato pubblicamente oggi il proprio sostegno alla politica estera del neopresidente Rohani, che ha concesso un’apertura agli Stati Uniti, pur ribadendo che “dell’America non c’è da fidarsi”. La massima espressione del clero sciita iraniano, parlando a una cerimonia delle Forze armate, ha aggiunto che “gli Usa si sentono spesso superiori e infrangono tutte le promesse sotto la pressione dei sionisti”. Khamenei è poi tornato sulle minacce del governo d’Israele di agire da solo contro il programma nucleare di Teheran, promettendo una “dura risposta contro qualsiasi atto malefico che Israele dovesse compiere contro l’Iran”. “Sentiamo le ripetute e odiose minacce dei nemici della nazione iraniana – ha concluso – e la nostra risposta sarà seria”. (R.B.)
Somalia. Attacco alla base Shabaab di Barawe
◊ Nella notte tra venerdì e sabato scorsi, un’importante base militare degli Shabaab somali nel porto di Barawe, 180 km a sud della capitale Mogadiscio, sarebbe stata attaccata con scarso successo da un commando di forze occidentali. A riferirlo è proprio il gruppo estremista legato ad Al Qaeda: “I nemici di Allah hanno cercato di usare l’elemento sorpresa – scrive in un comunicato il responsabile del gruppo, Mohamed Abu Suleiman – utilizzando un elicottero militare a tarda notte, ma abbiamo dato loro una lezione e hanno fallito”. Non è chiaro chi fosse nel mirino, né se il raid sia da collegare all’attacco avvenuto nel centro commerciale Westgate di Nairobi, in Kenya, in cui morirono 67 persone. (R.B.)
Libia. Imboscata contro militari, 15 morti
◊ Sono 15 i militari libici uccisi nelle ultime ore in un’imboscata condotta da un commando armato vicino a Bani Walid, città a sudest di Tripoli e storica roccaforte dei sostenitori dell’ex raìs, Gheddafi. A riferirlo sono fonti della sicurezza. Secondo quanto riferito da un portavoce dell’esercito, l’imboscata è avvenuta sulla strada fra Bani Walid e Tarhouna, all'altezza di un check-point militare. Ci sarebbero anche almeno cinque feriti.
In Cina e Giappone si attende l’arrivo del tifone Fitow
◊ Paura e attesa in Giappone e Cina per l’arrivo imminente del tifone "Fitow", il 23.mo della stagione. Oggi, il Servizio meteorologico giapponese ha predisposto la cancellazione di tutti i voli da e per l’aeroporto di Okinawa, appena due settimane dopo il passaggio di un altro importante tifone, "Usagi". Nella regione, sono previsti forti venti, piogge e tornado. Anche la Cina, dove l’ultimo tifone passato, Wutip, ha causato almeno 58 dispersi, si prepara a Fitow, innalzando il livello di allerta sulle coste sudorientali del Mar cinese meridionale, dove si prevedono, questa notte, onde alte fino a 12 metri che colpiranno anche le isole Diaoyu-Senkaku, da sempre contese tra Cina e Giappone. Lo stato d’allerta è scattato anche nello Zhejiang e nel Fujian e fino all’isola di Taiwan. (R.B.)
Turchia. A Istanbul un convegno sui “cripto-armeni”
◊ Si svolgerà presso il Dipartimento di Storia dell’Università Boğaziçi di Istanbul, in Turchia, un Convegno studi sul fenomeno dei “cripto-armeni”, cioè gli armeni che per sfuggire al genocidio di massa del 1915 dichiararono la propria conversione all’Islam. Il convegno è stato organizzato dalla Fondazione "Hrant Dink" e, secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, consentirà di affrontare per la prima volta con un approccio serio e imparziale la delicata questione, cercando di verificare su basi storiche la conversione di almeno 200 mila armeni, per lo più donne e bambini, che stando alle ipotesi si sarebbero dichiarati musulmani pur conservando sempre, nel cuore, la propria fede cristiana. Un riflesso di tale dinamica viene individuato nel sospetto diffuso e nelle discriminazioni che purtroppo continuano a colpire i cittadini armeni nella quotidianità della vita sociale e civile: una dimensione del genocidio ancora completamente inesplorata. Il Convegno, infine, si propone di affrontare anche la questione della rimozione psicologica della propria origine da parte dei bambini armeni adottati da famiglie non armene. (R.B.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 278