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Sommario del 03/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il dolore del Papa per la tragedia di Lampedusa: "Vergogna, mai più simili tragedie"
  • Lampedusa, naufragio: oltre 90 morti, 250 dispersi. Mons. Montenegro: basta fare da spettatori
  • Il Papa: non trasformiamo la memoria in semplice ricordo, la Messa non è un evento sociale
  • Consiglio di cardinali. P. Lombardi: riforma Curia, orientamento è per una nuova Costituzione
  • Domani la visita di Papa Francesco ad Assisi
  • Il vescovo di Assisi: dal Papa un forte messaggio a ritornare al Vangelo
  • L'incoraggiamento del Papa a suor Angélique, religiosa congolese vincitrice del premio Nansen
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iraq, attentati ovunque: 13 morti ieri, dopo i mille del mese di settembre
  • Centrafrica: violenze dei Seleka contro la popolazione. Drammatica testimonianza di padre Gazzera
  • Migrantes, Rapporto Italiani nel mondo: il 3,1% in più va all'estero rispetto al 2012
  • Sicurezza bambini: incidenti domestici prima causa di morte, prevenibili al 90%
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Appello dell’Onu: ‘Serve cibo per oltre 10 milioni di siriani’
  • India. Pogrom Orissa: ergastolo per i sette cristiani innocenti
  • Siria. Campagna della Custodia di Terra Santa a sostegno dei profughi siriani
  • Giordania: il lavoro della Caritas nei Centri di Zarqa e Mafraq per i profughi siriani
  • Myanmar. Il vescovo di Yangon sui conflitti religiosi: uniti possiamo vincere, da soli crolliamo
  • Indonesia: islamisti bloccano la costruzione di una chiesa cattolica che ha regolare permesso
  • Colombia. L’arcivescovo di Bogotá: creare una nuova società basata sulla verità
  • Irlanda: Plenaria dei vescovi su difesa della vita e famiglia e crisi economica e siriana
  • Bruxelles: alla “Missa pro Europa” invocazione per i leader politici in vista delle elezioni europee
  • Caritas italiana: priorità a immigrazione, interventi in Siria e giovani
  • La Lev pubblica le omelie del card. Bergoglio per la festa nazionale argentina e di S. Gaetano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il dolore del Papa per la tragedia di Lampedusa: "Vergogna, mai più simili tragedie"

    ◊   Una “vergogna” che, con l’aiuto di tutti, non deve più ripetersi. È con questo pensiero che Papa Francesco ha concluso questa mattina l’udienza per un evento dedicato al 50.mo dell'Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris. Il Papa ha pregato, anche tramite un tweet, per gli oltre 90 morti già accertati e le centinaia di dispersi in mare – tra cui mamme, bambini, donne incinte – naufragati questa mattina mentre tentavano di raggiungere l’Isola di Lampedusa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Parlando di pace e parlando dell’inumana crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto dell’uomo, non posso non ricordare, con grande dolore, le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa. Mi viene la parola 'vergogna'... E’ una vergogna!”.

    L’eco dei flutti e dei corpi senza vita che galleggiano sull’ennesima bara spalancata dal Mediterraneo sotto una carretta del mare entra con uno tsunami tra gli affreschi della Sala Clementina. Papa Francesco – che ha forse visto le prime, tragiche foto pubblicate sul web e ha letto dell’orrore piombato addosso a sopravvissuti e soccorritori – chiude il discorso appena tenuto con una voce rotta dal dolore e dallo sdegno. Due sentimenti che un istante dopo confluiscono in una invocazione al cielo e a chi ha il potere di fare qualcosa sulla terra:

    “Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita, uomini, donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie! Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle”.

    Il dolore per l’ennesima tragedia di Lampedusa suggella una riflessione anch’essa a suo modo dolente, divisa tra la bellezza dei valori che la fede promuove e sostiene – pace, giustizia, dignità umana – e la delusione per il sistematico tradimento di quegli stessi valori da parte di chi bada a interessi diversi del bene comune. Davanti a Papa Francesco vi sono i partecipanti alla Giornate per il 50.mo della Pacem in terris, la celebre Enciclica del futuro Santo Giovanni XXIII che nel 1963 – ricorda il Papa – esortò il mondo “sull’orlo di un conflitto atomico mondiale” a “promuovere e praticare la giustizia” e a “contribuire allo sviluppo umano integrale, secondo la logica della solidarietà”. E tuttavia, obietta Papa Francesco:

    “Guardando alla nostra realtà attuale, mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della Pacem in terris. Mi chiedo se le parole giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario o tutti operiamo perché divengano realtà. L’Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli”.

    Senza riconoscere “l’origine divina” dell’uomo, difficilmente – prosegue Papa Francesco – si arriva a tutelare “i principali diritti civili e politici” di una persona, ma si rischia di non offrirle neanche la possibilità di “accedere ai mezzi essenziali di sussistenza”, come cibo, acqua, cure, istruzione. Diritti, osserva il Papa, “ormai acquisiti dal nostro modo di pensare”. “Ma – soggiunge – c’è da chiedersi: lo sono veramente nella realtà”:

    “La crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni da parte dei Governi e dei cittadini, ce lo dicono con chiarezza. La Pacem in terris traccia una linea che va dalla pace da costruire nel cuore degli uomini ad un ripensamento del nostro modello di sviluppo e di azione a tutti i livelli, perché il nostro mondo sia un mondo di pace. Mi domando se siamo disposti a raccoglierne l’invito”.

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    Lampedusa, naufragio: oltre 90 morti, 250 dispersi. Mons. Montenegro: basta fare da spettatori

    ◊   Nuova strage di migranti a mezzo miglio da Lampedusa: un barcone con circa 500 persone a bordo ha preso fuoco dopo essersi rovesciato davanti all'Isola dei Conigli. I soccorritori hanno già recuperato oltre 90 corpi, tra i quali quelli di quattro bambini e una donna incinta. Soccorse circa 150 persone, ma sarebbero 250 i dispersi in mare. Il servizio di Paolo Ondarza:

    Una tragedia senza precedenti a Lampedusa. Il barcone a bordo del quale viaggiavano i 500 profughi tra somali ed eritrei, ora completamente sommerso , si è incendiato a largo dell’isola. Tra le ipotesi quella che gli immigrati per farsi notare dalla costa, abbiano dato fuoco a una coperta, da cui si sarebbe originato il rogo. L'allarme era stato dato da due pescherecci in navigazione nell'area. Molti i mezzi di soccorso in azione, al lavoro i sommozzatori. Arrestato uno dei presunti scafisti, un giovane tunisino raccolto tra i superstiti. Il presidente Napolitano parla di “sconvolgente strage degli innocenti”, “invoca l’azione dell’Ue e mezzi adeguati per stroncare il traffico di essere umani”, definendo “indispensabili presidi adeguati lungo le coste da cui partono questi viaggi di disperazione e di morte". Di immane tragedia parla il premier italiano, Enrico Letta, presto sull’isola il vicepremier, Angelino Alfano, e la presidente della Camera, Laura Boldrini, che con il presidente del Senato, Pietro Grasso, deplora quanto accaduto. Anche la politica sospende il clima incandescente degli ultimi giorni: il Pd chiede una giornata di lutto nazionale, annullate sia la conferenza stampa dei ministri Pdl prevista per questa mattina, che la manifestazione Pdl convocata domani a Roma in occasione del voto sulla decadenza di Berlusconi. Quest’ultimo da parte sua denuncia l’ignavia di un Europa assente e indifferente". Intanto, in una nota che boccia la politica migratoria dell'Italia il Consiglio d’Europa auspica maggiore solidarietà da parte dell’Ue. Secondo l’osservatorio "Fortress Europe", nel Canale di Sicilia in dieci anni sono morte oltre 6.200 persone, 1.800 nel solo 2011. Il “no alla globalizzazione dell’indifferenza”, pronunciato da Papa Francesco a Lampedusa, è evocato da mons. Francesco Montenegro, presidente della Commissione Cei per le migrazioni che, al microfono di Debora Donnini, esprime indignazione per quanto accaduto:

    "E’ strano che dobbiamo mantenere questa contabilità dei morti: dovremmo incominciare a pensare diversamente e invece ci ritroviamo ancora con le stesse storie, sempre più pesanti. Il Papa ha dato un segnale, ma a quanto pare ancora ci vorrà del tempo prima che quel segnale produca effetti. Però, la storia di questi uomini ci tocca e non possiamo dire: bè, altri 80, e poi domani altri 10, altri 20… Sono vite umane, sono storie… Io sono un po’ indignato, perché l’amore porta sempre l’indignazione, no? La parola 'rabbia' forse non ci sta, però quella rabbia che è giusta, sì: perché stanno passando i mesi, stanno passando gli anni, anche i mezzi di comunicazione continuano a parlare di 'emergenza'. Ma se questa è ancora emergenza, forse dobbiamo cambiare il significato della parola emergenza. Noi non possiamo fare gli spettatori: ci racconteremo questi fatti in attesa che succeda un altro fatto? Ma la storia si costruisce così, il mondo può cambiare, se continueremo ad agire così? Sono costernato…".

    Sulla stessa linea le parole del direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi:

    "E’ particolarmente doloroso che, nonostante l’impegno, nonostante i richiami e i moniti, di fatto questo tipo di tragedie continuino ad avvenire. Anzi, sono cifre assolutamente impressionanti e quindi comprendiamo sempre più il valore e il significato di quella scelta del Papa di fare lì il suo primo viaggio e di fare questo atto di preghiera e di meditazione di fronte a questa tragedia terribile".

    Il volto umano della solidarietà ancora una volta è stato disegnato dagli abitanti di Lampedusa. Vito Florio stava pescando quando si è reso conto della tragedia in atto e ha subito soccorso alcuni migranti. Emanuela Campanile lo ha intervistato:

    "Stavamo dormendo fuori dalla Tabaccara, che è una zona qui, di Lampedusa, aspettando l’alba per iniziare a pescare, quando ci è sembrato di sentire delle urla, delle voci, però abbiamo pensato che fossero i gabbiani, gli uccelli… A un certo punto, siamo entrati in mare e la vista è stata tremenda: tutte queste persone con le braccia alzate che urlavano… Abbiamo dato immediatamente segnale alla Capitaneria di porto e dopo, in attesa che arrivassero loro, abbiamo iniziato a far salire in barca, a raccogliere le persone che ormai erano già stremate: siamo riusciti a trarne in salvo 47. Erano già tre ore che erano in acqua, perciò si può immaginare… E quanti, quanti!, non hanno retto alla permanenza in acqua… Ci hanno comunicato che c’erano parecchi bambini che si aggrappavano alle bottiglie...".

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    Il Papa: non trasformiamo la memoria in semplice ricordo, la Messa non è un evento sociale

    ◊   “Quando Dio viene e si avvicina sempre c’è festa”: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta alla quale hanno partecipato anche i porporati del “Consiglio di cardinali” riunito in questi giorni in Vaticano con il Pontefice. Nell’omelia, il Papa ha sottolineato che non bisogna trasformare la memoria della salvezza in un ricordo, in “un evento abituale”. La Messa, ha ribadito, non è un evento sociale ma presenza del Signore in mezzo a noi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Esdra legge dall’alto il Libro della Legge, che si pensava perduto, e il popolo commosso piange di gioia. Papa Francesco ha preso spunto dal brano del Libro di Neemia, nella Prima lettura di oggi, per incentrare la sua omelia sul tema della memoria. Il Popolo di Dio, ha osservato, “aveva la memoria della Legge, ma era una memoria lontana”, in quel giorno invece “la memoria si è fatta vicina” e “questo tocca il cuore”. Piangevano “di gioia, non di dolore”, ha detto, “perché avevano l’esperienza della vicinanza della salvezza”:

    “E questo è importante non solamente nei grandi momenti storici, ma nei momenti della nostra vita: tutti abbiamo la memoria della salvezza, tutti. Ma mi domando: questa memoria è vicina a noi, o è una memoria un po’ lontana, un po’ diffusa, un po’ arcaica, un po’ di museo … può andarsene lontano … E quando la memoria non è vicina, quando noi non abbiamo questa esperienza della vicinanza della memoria, questa entra in un processo di trasformazione, e la memoria diventa un semplice ricordo”.

    Quando la memoria si fa lontana, ha aggiunto, “si trasforma in ricordo; ma quando si fa vicina, si trasforma in gioia e questa è la gioia del popolo”. Questo, ha detto ancora, costituisce “un principio della nostra vita cristiana”. Quando la memoria si fa vicina, ha ribadito, “fa due cose: riscalda il cuore e ci dà gioia”:

    “E questa gioia è la nostra forza. La gioia della memoria vicina. Invece, la memoria addomesticata, che si allontana e diventa un semplice ricordo, non riscalda il cuore, non ci dà gioia e non ci dà forza. Questo incontro con la memoria è un evento di salvezza, è un incontro con l’amore di Dio che ha fatto storia con noi e ci ha salvati; è un incontro di salvezza. Ed è tanto bello essere salvati, che bisogna fare festa”.

    “Quando Dio viene e si avvicina – ha affermato - sempre c’è festa”. E “tante volte – ha constatato – noi cristiani abbiamo paura della festa: questa festa semplice e fraterna che è un dono della vicinanza del Signore”. La vita, ha soggiunto, “ci porta ad allontanare questa vicinanza, soltanto a mantenere il ricordo della salvezza, non la memoria che è viva”. La Chiesa, ha sottolineato, ha la “sua memoria”: la “memoria della Passione del Signore”. Anche a noi, ha avvertito, accade però “di allontanare questa memoria e trasformarla in un ricordo, in un evento abituale”:

    “Ogni settimana andiamo in chiesa, oppure è morto quello, andiamo al funerale … e questa memoria, tante volte, ci annoia, perché non è vicina. E’ triste, ma la Messa tante volte si trasforma in un evento sociale e non siamo vicini alla memoria della Chiesa, che è la presenza del Signore davanti a noi. Immaginiamo questa bella scena nel Libro di Neemia: Esdra che porta il Libro della memoria di Israele e il popolo che si avvicina alla sua memoria e piange, il cuore è riscaldato, è gioioso, sente che la gioia del Signore è la sua forza. E fa festa, senza paura, semplicemente”.

    “Chiediamo al Signore – ha concluso il Papa – la grazia di avere sempre la sua memoria vicina a noi, una memoria vicina e non addomesticata dall’abitudine, da tante cose, e allontanata in un semplice ricordo”.

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    Consiglio di cardinali. P. Lombardi: riforma Curia, orientamento è per una nuova Costituzione

    ◊   Ultimo giorno, oggi in Vaticano, per le riunioni del Consiglio di cardinali, il gruppo di otto porporati che ha il compito di coadiuvare il Pontefice nel governo della Chiesa e nel progetto di revisione della Curia Romana. I lavori sono cominciati martedì mattina. Nella giornata di ieri, il Papa è intervenuto nella sessione pomeridiana. Stamani ha preso parte alla riunione, per poi tenere l’udienza ai partecipanti alle Giornate celebrative della Pacem in Terris. In Sala Stampa vaticana, il briefing di padre Federico Lombardi. Il servizio di Giada Aquilino:

    La riforma della Curia Romana in primo piano nei lavori del Consiglio di cardinali. Lo ha chiarito subito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    “L’orientamento non è verso un semplice aggiornamento della ‘Pastor bonus’, con ritocchi o modifiche marginali, ma verso la stesura di una Costituzione con novità assai consistenti: insomma, credo che dovremo aspettare una nuova Costituzione, al termine di questo lavoro del Consiglio e del Papa con il suo Consiglio. Che però è un lavoro che richiederà un tempo adeguato, evidentemente”.

    L’intenzione è quella di mettere in rilievo la natura "di servizio" da parte della Curia alla Chiesa universale e alle Chiese locali, in termini di sussidiarietà e non di centralismo. In questo quadro si collocano le funzioni e il ruolo della Segreteria di Stato, che - ha sottolineato padre Lombardi - dev’essere a tutti gli effetti “segreteria del Papa”:

    “La riflessione del Consiglio sul tema della Segreteria di Stato, delle sue funzioni, del suo ruolo è utile al Santo Padre anche proprio in questo momento, in vista degli orientamenti che egli voglia dare al prossimo segretario di Stato: il 15 ottobre, infatti, c’è un nuovo segretario di Stato che entra in funzione e quindi evidentemente chiederà al Papa di dargli orientamenti, indicazioni. E allora il fatto che il Papa, con il Consiglio, abbia già incominciato a riflettere sulle funzioni, sul ruolo della Segreteria di Stato, naturalmente aiuta il Papa in questa situazione, alla vigilia dell’entrata in carica del nuovo segretario di Stato”.

    Al tavolo degli otto cardinali si è trattato anche dell’ipotesi di un moderator curiae, una possibile nuova figura di coordinamento tra i dicasteri e gli uffici della Curia. Notevole attenzione è stata data al ruolo dei laici nella Chiesa, affinché ci siano in futuro ulteriori istituzioni ad hoc. Ripreso inoltre l’argomento del prossimo Sinodo dei vescovi. Presente, ma non trattato alle sessioni di lavoro, il tema del riordino delle amministrazioni temporali e delle istituzioni a ciò deputate. Infine un appuntamento, ancora non definitivo ma orientativo: la prossima riunione del Consiglio potrebbe tenersi nei primi mesi del 2014, gennaio, febbraio.

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    Domani la visita di Papa Francesco ad Assisi

    ◊   “Abbiamo bisogno dello spirito di Assisi": a scriverlo è il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in un messaggio alla vigilia delle celebrazioni per San Francesco, Patrono d'Italia, e della visita del Papa nella città umbra. E’ il diciannovesimo Pontefice che arriva nella terra del Poverello, ma il primo che ne abbia assunto il nome e che ne stia facendo un indirizzo di Pontificato. Le attese sono di parole e gesti forti che diano speranza, ardore di fede e siano di guida anche per la comunità civile. Era da più di cinquant’anni che la Festa non coincideva con la presenza di un Pontefice ad Assisi. Il servizio della nostra inviata Gabriella Ceraso:

    “Bentornato Francesco”: così titolano molti quotidiani di Assisi, oggi. Dunque, nei volti e nei gesti del Papa si attende di rivedere quel Francesco che qui visse e operò in povertà mutando il corso della Chiesa. “Papa Francesco, semplice tra i semplici”, recita invece lo striscione che campeggia all’Istituto Serafico, dove l’arrivo dell’elicottero papale è previsto alle 7.45, prima di 11 tappe di un percorso di oltre 30 km alle pendici del Subasio. Mettendosi sulle orme di Francesco, il Papa non poteva - come lui - non “abbracciare chi è nel bisogno”: e così farà con gli oltre 100 ragazzi disabili gravi che l’Istituto cura. Poi sarà la volta dei poveri, i prediletti dal frate del Duecento e parola chiave di questo pontificato: Francesco li incontrerà in vescovado e al pranzo nella mensa della Caritas. Saranno dunque gli “ultimi” a connotare questa visita, un “evento unico” per il sindaco Claudio Ricci:

    “Noi riteniamo che questa unicità abbia un senso culturale e teologico molto ampio e profondo. Sarà un pellegrinaggio, un rimettere in luce i valori di Francesco oggi e quindi sarà un momento di straordinaria valenza teologica, spirituale e culturale”.

    Intanto la città cura gli ultimi dettagli. Prendono forma i due palchi: sulla piazza davanti alla Basilica di San Francesco per la Messa, e davanti a Santa Maria degli Angeli dove sono attesi 12mila giovani. Lungo le strade colorate di bandiere vaticane, sono pronti i 9 maxischermi e le prime transenne, 10 km in tutto. 100mila i pellegrini attesi e oltre 1000 giornalisti. Dunque emozione nei cuori e riflettori accesi, con 14 nazioni a trasmettere l’evento. Ma l’ultimo atto di questa vigilia sarà la preghiera, come è nello stile di Assisi. Da stasera solenne commemorazione del Transito di San Francesco alla Porziuncola, occasione speciale per affidare a Lui la giornata di domani, come spiega il Custode della Porziuncola, padre Fabrizio Migliasso:

    “Quest’anno la abbiamo intitolata ‘Con le lampade accese’ - Veglia di preghiera in attesa di Papa Francesco, ripercorrendo le tappe del pellegrinaggio del 4 ottobre. Abbiamo preso come traccia della preghiera i luoghi che Papa Francesco visiterà e per ogni luogo abbiamo estrapolato una Parola di Dio, una parola di Francesco e una parola di Papa Francesco. Vogliamo così prepararci a quello che vivremo il giorno dopo”.

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    Il vescovo di Assisi: dal Papa un forte messaggio a ritornare al Vangelo

    ◊   “Ci stiamo preparando a questa giornata da tempo camminando come comunità sulle orme di Francesco”. E’ entusiasta mons. Domenico Sorrentino, ormai prossimo ad accogliere il Papa nella sua diocesi a pochi mesi dall’invito, fatto al Pontefice nell’aprile scorso, insieme agli altri vescovi umbri durante la visita ad limina. Mons. Sorrentino sarà al fianco del Papa, per la prima volta pellegrino ad Assisi, in ognuna delle tappe di questa intensa giornata. Gabriella Ceraso ha raccolto la testimonianza del vescovo.

    R. - L’esultanza è grande. C’è grande emozione e, in chi organizza, anche un po’ di trepidazione, perché i numeri che si prevedono sono tanti, ma la gioia è davvero immensa! Dunque, non vediamo l’ora di aver Papa Francesco tra di noi.

    D. - Lei sarà sempre al suo fianco in questa giornata così intensa e in un tragitto pieno di tappe. Che significherà questa visita: ripercorrere l’esistenza di Francesco e riscoprire l’azione dello spirito in quella terra?

    R. - Direi proprio questo, perché è una visita abbastanza singolare, non soltanto perché chi la fa è - per la prima volta nella storia - un Papa che porta il nome del nostro santo, ma perché il Papa ha dato un indirizzo al suo percorso che indubbiamente ci fa già riflettere. Comincia con l’istituto che si occupa di ragazzi con pluridisabilità; vuole essere presente per dare un segno alla giornata. Poi sarà qui in vescovado, la prima volta nella storia, per visitare la Sala della spoliazione. Qui il Papa vorrà incontrare i poveri perché ci si spoglia per Gesù Cristo e ci si spoglia per essere fratello universale, per non avere più l’idolo del denaro ma la concretezza dell’amore. Poi correrà - per cosi dire - a mangiare con i poveri nel nostro centro di accoglienza. Diciamo che all’interno del percorso francescano ha messo questi accenti che ci impegnano a riflettere sul messaggio che egli ci vuole dare.

    D. - Quando ha scelto il suo nome Papa Francesco ha sottolineato di Francesco proprio i temi della povertà, della pace, della custodia del Creato. Ritiene che questi saranno anche i temi di fondo di questa presenza ad Assisi?

    R. - Immagino che egli li toccherà; sono le sue grandi motivazioni e credo che se le porti nel cuore.

    D. - La preparazione di tutta la sua diocesi è iniziata già da tempo con preghiere, incontri, pellegrinaggi … A cosa ha voluto dare più importanza in questa preparazione spirituale e cosa ha detto alla sua comunità?

    R. - Ci siamo trovati su una naturale lunghezza d’onda con il Papa, perché sono anni che stiamo facendo un percorso diocesano proprio sulle orme di san Francesco; adesso stiamo facendo il Sinodo diocesano. Spero che il Papa voglia benedire il nostro Sinodo. Il filo conduttore è nella sostanza, sulle orme di Francesco e di Papa Francesco ritorniamo al Vangelo e a Gesù Cristo. Questo mi sembra il programma che noi ci siamo dati e che vogliamo tener fermo. In questa visita penso sia questa la grande eredità che Papa Francesco ci lascerà.

    D. - Il Papa sta chiedendo e sta parlando di una Chiesa che lui vorrebbe povera, coraggiosa, centrata sul popolo … Una Chiesa che profuma di Vangelo e che è aperta a tutti. La Chiesa che il Papa trova da voi, che tipo di Chiesa è? Luci e ombre …

    R. - Direi che trova una chiesa cosciente di doversi rimboccare le maniche per ritrovare in maniera ancora più puntuale il sapore del Vangelo. Lo stiamo facendo nelle piccole comunità, all’interno del cammino parrocchiale e diocesano. E questo sta cominciando a portare dei frutti. E poi naturalmente ci sono anche le ombre; è una Chiesa che, come tante altre, vive la sfida della secolarizzazione, della crisi della fede. All’interno, tante volte dobbiamo batterci il petto, perché potremmo essere più generosi e testimonianti …

    D. - Quindi per tutta la comunità i frutti che lei vorrebbe, dopo questa tappa di un Papa che si chiama Francesco, quali sono?

    R. - Io auspico che questa forte accentuazione attraverso il Papa, il suo nome, il suo tratto, della figura di Francesco, non si fermi a lui, né a Francesco, né a Papa Francesco, ma vada a Gesù Cristo. E dunque, che la Parola di Dio torni ad essere punto di riferimento con tutto quello che ne consegue, una Parola di Dio che forma una comunità eucaristica, capace di comunione forte, una Parola di Dio che ci spinga nella missione verso tutti, e soprattutto verso i più poveri. Ecco, io mi auguro questo, e sono sicuro che il Papa ci darà delle indicazioni importanti.

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    L'incoraggiamento del Papa a suor Angélique, religiosa congolese vincitrice del premio Nansen

    ◊   Il Papa, al termine dell’udienza generale di ieri, ha salutato suor Angélique Namaika, una religiosa congolese che da anni lavora per cambiare la vita di migliaia di donne e ragazze costrette a lasciare le loro case per la guerra nella Repubblica democratica del Congo e vittime di rapimenti e abusi, soprattutto ad opera della guerriglia. Suor Angélique ha ricevuto quest’anno dall’Agenzia Onu per i rifugiati il Premio Nansen. Al microfono di Helene Destombes racconta il suo incontro con Papa Francesco:

    R. – J’allais dire que je viens de la RdC ; je porte avec moi les femmes …
    Gli ho detto che vengo dalla Repubblica democratica del Congo; porto con me le donne e i bambini vittime delle atrocità della guerra. Sono venuta affinché egli possa benedirli e benedire anche me, così che io abbia forza e coraggio. Mi ha detto che conosceva già la mia storia; ha posto le sue mani sulla mia testa e mi ha chiesto di continuare ad aiutare i profughi e tutte le persone che sono nel bisogno, tutti gli sfollati. Era un mio grande desiderio, poter venire un giorno e incontrare il Papa per riceverne la benedizione speciale: sono veramente molto felice. Questa benedizione mi dà tanto conforto e la sua parola, che sento ancora riecheggiare nelle mie orecchie, io non la dimenticherò mai. Soprattutto continuerà a darmi forza il suo incoraggiamento a fare sempre tutto il possibile per restituire la vita a queste donne e a questi bambini. E continuerò a farlo, perché ormai ho la forza che mi viene dalla sua benedizione.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una vergogna che non deve ripetersi: alla vigilia della visita ad Assisi, Papa Francesco esprime dolore e sdegno per le vittime del naufragio al largo di Lampedusa.

    Una tabella di marcia: l’arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino, sulla visita del Pontefice.

    Un articolo di Fabrizio Migliasso, Custode della Porziuncola, dal titolo: “Ritorno alla povertà”.

    Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento, su quando Francesco sarà di fronte al Pontefice.

    Con la semplicità dei contadini e la severità degli asceti: l’arcivescovo Loris Francesco Capovilla su Giovanni XXIII, Assisi e la “novella Pentecoste”.

    Con Cristo inchiodato nella carne: Inos Biffi sul santo di Assisi nel canto di Claudel.

    La profezia del mantello bianco: Timothy Verdon illustra l’iconografia di san Francesco negli affreschi della Basilica superiore.

    Verso una terra promessa (che non esiste): Gaetano Vallini recensisce il film di Diego Quemada-Diez, che racconta il dramma dell’emigrazione in America latina.

    Quell’economia che guarda al povero: Ioannis Papadoiannakis sull’amore al prossimo nella testimonianza della Chiesa antica.

    L’elemosiniere di Papa Francesco: intervista di Mario Ponzi all’arcivescovo Konrad Krajewski.

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    Oggi in Primo Piano



    Iraq, attentati ovunque: 13 morti ieri, dopo i mille del mese di settembre

    ◊   Tredici persone sono state uccise ieri in Iraq in attentati e scontri in varie regioni: da Kirkuk a Falluja, da Samarra a Diyala. Anche la capitale Baghdad è stata teatro di una serie di attentati da settimane. Nel solo mese di settembre, sono morte 1.000 persone e dall’inizio dell’anno hanno perso la vita 115 bambini. Si tratta del più alto livello di violenza dai tempi dell’invasione americana, iniziata nel marzo del 2003. Dopo la conclusione del ritiro delle truppe americane, nel dicembre del 2011, resta in Iraq una ridotta forza dell’Onu. Ma quanto sta accadendo va messo in relazione con il conflitto in Siria? Fausta Speranza lo ha chiesto a Federico Niglia, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università Luiss:

    R. - Quello che sta succedendo in Iraq è certamente il risultato di una generale destabilizzazione dell’area: la questione siriana certamente pesa sulla recrudescenza della violenza a Baghdad e anche nelle altre zone dell’Iraq. Non va, però, sottovalutato che l’Iraq ha dei suoi problemi interni di stabilizzazione, di dissidi religiosi e di rapporti con le minoranze ad oggi completamente insoluti.

    D. - Quindi, che cosa dire di questa violenza? E’ soprattutto, davvero, frutto dello scontro tra sunniti e sciiti?

    R. - La contrapposizione, ma anche la competizione tra sunniti e sciiti è un ingrediente fondamentale dell’attuale recrudescenza della violenza in Iraq. Va, però, detto che non è possibile attribuire solo alle dinamiche sciiti-sunniti la violenza, anche perché all’interno delle due compagini - all’interno degli sciiti, all’interno dei sunniti - c’è anche una accesa dialettica interna che accresce il livello più generale di tensione.

    D. - Professor Niglia, bisogna dire oggi che abbiamo lasciato un Iraq troppo debole per farcela da solo?

    R. - L’Iraq ha, secondo me, ancora bisogno di aiuto. Può essere un aiuto sicuramente diverso rispetto a quello che è stato profuso in passato, ma non si può certamente pensare che senza un sostegno militare, nel senso di sicurezza, si possa uscire dall’attuale situazione. L’Iraq ha un forte deficit di sicurezza e senza un supporto e una garanzia non è ipotizzabile uno sviluppo pacifico e costruttivo di quel Paese.

    D. - Vogliamo, però, ricordare qualcosa di quello che è stato costruito in questi anni? Si partiva da una situazione veramente drammatica…

    R. - Nel momento in cui si abbatte una dittatura, si liberano anche delle forze che sono forze democratiche, che sono forze costruttive, i cui risultati però si vedono solo nel lungo periodo. Quando è stato compiuto l’intervento in Iraq, in Iraq non sono andate solo truppe: è andato anche un mondo di valori, di finanziamenti, di idee e di politiche che ora stanno contribuendo, secondo me, in modo positivo a una rinascita di quel Paese. E’ un Paese che speriamo si avvii verso una democrazia piena, compiuta e rispondente alle necessità di quel Paese. Ci sono dei segnali, c’è una dialettica politica innanzitutto e c’è anche un ripensamento di quello che è il ruolo dell’Iraq nella politica dell’area e in prospettiva globale. L’Iraq di Saddam Hussein era il "bastian contrario" delle relazioni internazionali: era un Paese frustrato e persistentemente all’opposizione rispetto a tutte le grande questioni. Ora, è un Iraq forse più debole, forse più lacerato, ma è un attore: qualcuno che serve per governare un’area e dei problemi che sono - come sappiamo tutti - di portata enorme.

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    Centrafrica: violenze dei Seleka contro la popolazione. Drammatica testimonianza di padre Gazzera

    ◊   Situazione sempre più esplosiva in Centrafrica, dove due settimane dopo l’ultimatum del presidente di transizione Michel Djotodia, i ribelli della coalizione Seleka, già sciolta, si rifiutano di consegnare le armi e di ritirarsi nelle caserme. Vengono segnalate violenze di tutti i generi nei confronti della popolazione, che sta iniziando a reagire a questa situazione, mossa dalla disperazione. Sul momento di tensione che vive il Paese africano, ascoltiamo la testimonianza di padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano e direttore della Caritas diocesana di Bouar, che da oltre vent’anni vive nella Repubblica Centrafricana. L’intervista è di Salvatore Sabatino:

    R. - È un momento di grande tensione in cui non si sa bene in cosa consista questo scioglimento della Seleka. Iniziano ad esserci anche dei movimenti di reazione da parte della popolazione che non ne può più. Quindi anche la maggior parte dei fatti di Bassangoa sono imputabili a gente che non era organizzata, ma che è organizzata sulla disperazione.

    D. - Stanno creando delle barricate, occupazioni di aree in cui è garantita la sicurezza, anche per spingere il governo ad agire…

    R. - Sì, solo che il governo è completamente fuori fase rispetto al Paese perché continuano a fare affermazioni e basta. Stamattina, ad esempio, sono stato vittima di un incidente: hanno sparato sulla mia macchina. Il Ministro della sicurezza ha semplicemente detto che bisogna aver pazienza, che non bisogna creare delle tensioni …

    D. - Non è la prima volta che lei è vittima di uno di questi incidenti …

    R. - È già successo alcune volte, qualche schiaffo … Stavolta invece hanno sparato sulla macchina, perché volevano che, ad una barriera, tornassimo indietro; io non ero d’accordo e un uomo armato di mitra si è avvicinato minacciandoci, poi si è allontanato di due metri e da lì ha iniziato a sparare sulla macchina, sulle gomme. A quel punto stavo cercando di capire come fare per tornare indietro, ma ormai la macchina non si poteva più muovere.

    D. - L’arcivescovo di Bangui, mons. Nzapalainga, nell’omelia della scorsa domenica ha invitato a ritrovare la strada della coesione e del vivere insieme in modo armonioso. Come è possibile trovare questa strada della riconciliazione, secondo lei?

    R. - È possibile, ma è molto difficile. È possibile nel senso che comunque è un Paese dove è abbastanza facile e bello vivere insieme; è difficile nel senso che, come un po’ in tutte le guerre, questa sta suscitando il peggio che c’è nel cuori degli uomini, soprattutto perché questi elementi non hanno nessuna coesione sul campo, quindi continuano a fare quello che vogliono. È una strada molto difficile, però bisogna percorrerla, perché è l’unica via di salvezza.

    D. - Lei ha detto: “É bello vivere insieme in quel Paese!”. Ci sono molti casi di solidarietà e di convivenza pacifica anche tra le comunità cristiane e musulmane; questo è un esempio da cui ripartire…

    R. - Ma infatti non ci sono mai stati grossi problemi, però è vero che, dove non ci sono mai stati , prima o poi ci possano essere. Per questo bisogna vegliare molto in modo che non si inseriscano elementi di disturbo e di distorsione. Un altro elemento su cui vegliare molto è proprio questa esasperazione; la gente non ne può più! Queste persone che perpetrano le violenze parlano solo arabo e alcune delle comunità musulmane si appoggiano e fanno anche affari con queste ultime. É chiaro che c’è il rischio di confusione, però bisogna essere capaci di evitare questo.

    D. - Qual è il suo pensiero, la sua riflessione, sul futuro di questo Paese, lei che vive da tanti anni lì …

    R. - A parte il fatto che stamattina hanno sparato sulla nostra macchina – quindi magari non ci sono le condizioni per essere ottimisti, anche in questi giorni ero a Bangui ed ho fatto visita ad alcune persone del governo, della comunità internazionale - c’è molto pessimismo, nel senso che non si vede una via d’uscita che non sia un intervento esterno, serio, con possibilità di manovra ma ben radicato nel territorio e quindi un po’ in tutto il Paese, perché fino ad ora il poco o niente che è stato fatto, è stato fatto nella capitale; ci sono tante chiacchiere, poi concretamente non è successo un granché.

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    Migrantes, Rapporto Italiani nel mondo: il 3,1% in più va all'estero rispetto al 2012

    ◊   Sono oltre 4 milioni e 300 mila i cittadini italiani residenti in Paesi stranieri. Lo ricorda il Rapporto Italiani nel Mondo, presentato stamani dalla Fondazione Migrantes della Cei, che cita i dati dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Cresce, poi, il numero degli italiani che emigra del 3,1% rispetto allo scorso anno e il Continente che ha registrato l’aumento più vistoso è l’Asia. Alla presentazione del Rapporto, c’era per noi Debora Donnini:

    Oltre 500 pagine per descrivere il volto degli italiani nel Mondo. C’è chi si sposta in cerca di un lavoro, soprattutto i giovani a causa della crisi, chi per studio, chi è nato all’estero. E’ significativo, comunque, che dall’Italia di anno in anno si emigri sempre di più: nel 2013 l’aumento rispetto al 2012 è stato di oltre 132 mila persone. La riflessione di Mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes che ha curato il Rapporto:

    “132 mila giovani hanno lasciato l’Italia per raggiungere un altro Paese del mondo - chi la Cina, chi il Brasile, chi la Germania, chi la Svizzera - alla ricerca di un posto di lavoro, ma anche per cercare di mettere a frutto una serie di studi che hanno fatto in Italia: il 50 per cento degli emigranti italiani sono giovani disoccupati senza un titolo di studio; l’altro 50 per cento sono giovani diplomati e laureati, che sono in cammino. Attraverso il Rapporto, il nostro compito è quello di monitorare questi viaggi per riuscire a mettere a disposizione le nostre missioni cattoliche italiane all’estero e dall’altra parte anche mettere al centro della nostra attenzione la tutela dei diritti, la cittadinanza, il voto, ma anche il legame stretto fra l’Italia e questi italiani che sono all’estero”.

    Fra sacerdoti, suore e laici, attualmente sono, infatti, 615 gli operatori per gli italiani in 375 missioni dislocate in 41 nazioni del mondo. Oltre il 50% degli italiani residenti all’estero è partito dal Meridione. In testa la Sicilia, ma negli ultimi due anni è stata invece la Lombardia la regione da cui si è andati via maggiormente. Quasi la metà di chi vive fuori dall’Italia è donna, la fascia di età più interessata quella fra i 35 e i 49 anni e per il 54 per cento si tratta di persone non sposate. Ma verso quali luoghi cresce l’emigrazione italiana? Ci risponde Delfina Licata, curatrice del Rapporto:

    “Cresce soprattutto sicuramente verso i "luoghi storici", quali la Germania e l’Argentina, ma nell’ultimo biennio abbiamo notato una crescita della presenza in Asia degli italiani: un 8,6 per cento di persone che si sono spostate in Asia e la Cina è il Paese che accoglie di più. Abbiamo anche visto la differenza tra il 2012 e il 2013 nelle persone che hanno stabilito la loro residenza in Brasile: circa 18 mila italiani. Quindi, questo ci dice che ci sono una serie di nuove tendenze e di nuove mobilità”.

    Due le figure su cui, nel 2013, si concentra il Rapporto: Santa Francesca Cabrini che portò il Vangelo e fece opere di carità fra quanti erano emigrati negli Stati Uniti, e padre Federico Lombardi, direttore della nostra emittente e della Sala Stampa vaticana. Sentiamo perché da Delfina Licata:

    “Perché lui nel passato, negli anni Settanta, è stato missionario per l’emigrazione in Germania. Quindi ha avuto questo rapporto con gli emigrati italiani, che lui racconta averlo segnato tanto. E questa sua esperienza lo porta ad avere una particolare sensibilità anche verso le storie dei migranti di oggi, che il più delle volte sono immigrati in Italia. Ma una cosa resta: i migranti sono persone e vanno considerati nella loro interezza umana e dignità”.

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    Sicurezza bambini: incidenti domestici prima causa di morte, prevenibili al 90%

    ◊   “Un mondo sicuro per i nostri bambini”: il tema dell’incontro promosso dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, ospitato stamani a Roma dalla Pontificia Università Urbaniana. Gli incidenti domestici, stradali, sportivi sono la prima causa di morte sotto i 14 anni. Incidenti che sono in gran parte evitabili, come sottolinea Emanuela Ceriati, chirurgo nell’Ospedale Bambin Gesù, al microfono di Roberta Gisotti:

    R. - La maggior parte degli incidenti in età pediatrica sono prevenibili e prevedibili. Il 90% degli incidenti fatali, quindi che portano a morte, sono evitabili. E’ documentato come l’attuazione e l’efficacia di progetti di prevenzione e quindi di coinvolgimento del personale sanitario, pediatri di famiglia, comunità sociali, comunità scolastiche, provochino una netta riduzione dell’incidenza di mortalità.

    D. - Ci sono dati numerici su questi incidenti e quali sono quelli più frequenti?

    R. - Tra 1 e 14, l’incidente è la prima causa di morte. Sono circa 233 mila le morti in Europa correlate ad un incidente.

    D. - Sono più numerosi gli incidenti domestici o anche di altro tipo?

    R. - In assoluto, fra 0 e 9 anni l’incidente comunque più frequente è l’incidente domestico. Dai 9 anni in su, l’incidente sportivo.

    D. - La prevenzione: quali sono i soggetti principali su cui puntare? Immagino i genitori…

    R. - Assolutamente sì, i genitori, ai quali bisogna fare delle campagne di educazione e di presa di conoscenza, perché il rischio maggiore è il non sapere che l’incidente può essere prevenibile. Ci sono regole dettate dal buon senso che ogni mamma e che ogni papà ha innate. Ma ci sono accortezze - e ci sono, ahimè, conseguenze - cui il genitore comunque non va a pensare. Faccio un esempio: le batterie a disco che stanno diventando un’emergenza sanitaria. Prodotti e detersivi sia per lavatrici che lavastoviglie, che hanno un design molto appetibile dai bambini perché sembrano delle caramelle. Occorre quindi un’educazione diretta a tutta la società - alle famiglie, al personale didattico delle scuole, alle industrie - volta a segnalare quelli che possono essere i pericoli che altrimenti non si conoscono.

    D. - Dottoressa, dalla sua esperienza, ha riscontrato che il noto buon senso, quelle norme di sicurezza e di prudenza che si trasmettevano all’interno delle famiglia - dalla nonna alla mamma, dal nonno al papà - oggi siano un po’ venute meno?

    R. - Sì, sono forse venute meno, ma non consapevolmente. Forse, i ritmi della nostra vita attuale moderna possono ovviamente essere dei fattori di aumentato rischio in questo senso. Faccio riferimento per esempio agli eventi traumatici, cui stiamo diventando sempre più abituati, come al fatto di lasciare o di dimenticare il bambino in macchina, cui magari si potrebbe far fronte anche con dei meccanismi di prevenzione, con dei sistemi di allarme che ti ricordano che c’è ancora il bambino nell'auto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Appello dell’Onu: ‘Serve cibo per oltre 10 milioni di siriani’

    ◊   Entro la fine dell'anno almeno 10 milioni di siriani avranno bisogno di sostegno umanitario. Con oltre 2 milioni di profughi accertati dall'Unhcr e 16,5 miliardi di dollari di danni materiali calcolati dal ministero degli Interni di Damasco, le Nazioni Unite stimano che, già dal prossimo dicembre, il 50% delle popolazione non sarà in grado di provvedere a se stessa. "È una catastrofe che non ha precedenti - spiega Gary Quinaln, ambasciatore australiano presso l'organizzazione - la guerra in Siria produce un rifugiato ogni 15 secondi". Di fronte alla "tragedia umanitaria", il Consiglio di Sicurezza ha chiesto alle autorità siriane "misure tempestive", pretendendo che sia consentito l'accesso ai convogli Onu anche attraverso le frontiere dei Paesi confinanti. "Se dovesse essere approvato questo provvedimento, saremmo in grado di raggiungere 2 milioni di persone in più - spiega Valérie Amos, a capo delle operazioni umanitarie - persone che sono situate in aree del Paese isolate da mesi". Immediato il disappunto di Mosca - principale alleata di Assad - che, intimorita dalla possibilità che ciò possa avvantaggiare i ribelli, ha criticato la richiesta delle Nazioni Unite senza però bloccarla. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ribadito comunque la propria soddisfazione per l'accordo raggiunto con Washington sullo smantellamento dell'arsenale chimico di Damasco, e ha dichiarato che "un lavoro coordinato scongiurerà l'uso della forza e l'aumento delle violenze, in un Paese che soffre ormai da molto tempo". Intanto nel nord della Siria e ad Aleppo - dove le scuole hanno riaperto dopo oltre un anno di chiusura - si acuisce lo scontro tra Free Syrian Army (Fsa)e miliziani jihadisti, a vantaggio dei secondi. Ad Aazaz, fonti locali riferiscono che "i combattenti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante hanno preso possesso di alcuni punti strategici, tagliando il collegamento diretto con la frontiera turca". Ciò crea problemi per i profughi, che fuggono verso il nordo, e per i soldati del Fsa, addestrati in Turchia. (R.P.)

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    India. Pogrom Orissa: ergastolo per i sette cristiani innocenti

    ◊   Condannati al carcere a vita: è la sentenza emessa oggi da un tribunale dell'Orissa contro sette cristiani innocenti, accusati senza prove dell'omicidio del leader indù Laxamananda Saraswati, la cui morte scatenò i violenti pogrom anticristiani del 2008. Immediata la reazione di mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar: "Faremo appello all'Alta Corte contro questo verdetto ingiusto e inaccettabile". "I maoisti - ha sottolineato all'agenzia AsiaNews - hanno rivendicato due volte la loro responsabilità per l'omicidio dello swami Laxamananda e dei suoi quattro seguaci". Dopo decine di rinvii e processi farsa, il 1° ottobre scorso i giudici della Session Court (tribunale regolare) di Phulbani hanno condannato i sette cristiani per l'assassinio del leader indù, rimandando a oggi la lettura della sentenza. Ad AsiaNews Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), definisce la condanna "una presa in giro, la triste dimostrazione di come funziona il sistema giudiziario indiano". I giudici, aggiunge, "erano in combutta con le forze ultranazionaliste indù e di proposito hanno rimandato udienze e processi in modo regolare. Siamo tutti d'accordo che il principio fondamentale di una democrazia è dare uguale protezione e giustizia in base alla legge: nel nostro caso questi sette uomini non sono stati giudicati secondo tale principio". (R.P.)

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    Siria. Campagna della Custodia di Terra Santa a sostegno dei profughi siriani

    ◊   Non accenna a ridimensionarsi la crisi che sta colpendo la popolazione siriana. I frati della Custodia di Terra Santa, fedeli alla loro missione, sono rimasti in Siria, con i poveri e gli ultimi, per dare tutta l’assistenza necessaria e, grazie al grande aiuto giunto dai benefattori, sostengono ogni giorno i più bisognosi. “In Siria adesso si ha davvero bisogno di tutto, dal cibo alle medicine, ma soprattutto di ritrovare la speranza e il senso della vita. In alcuni casi i religiosi pagano ai cristiani l’affitto delle case e inoltre – afferma padre Pizzaballa, Custode di Terra Santa – ogni convento francescano ospita da mesi ormai circa 100 famiglie che hanno perso la casa”. Sono 11 i frati rimasti a prendersi cura della popolazione siriana e ad offrire pasti quotidiani a migliaia di persone nelle mense aperte nei conventi francescani. La questione siriana è delicatissima e i civili sono inermi davanti alla ferocia di quanto sta accadendo: la preghiera è uno strumento indispensabile, ma è urgente sostenere la popolazione, sfiancata dal massacro, con un aiuto concreto. Ats Pro Terra Sancta desidera far eco alle parole del Custode: “Chiedo a chi può, oltre a pregare, di mandare aiuti. Non materie prime – continua padre Pizzaballa – perché non possono entrare, ma il denaro necessario per comprare, purtroppo anche al mercato nero, ciò che è indispensabile per vivere a tantissime famiglie, soprattutto le più povere. Aiutateci – conclude il Custode di Terra Santa – a sostenere la popolazione siriana e a dare un appoggio concreto a tutti frati e i religiosi che vivono in Siria, perché possano continuare a essere un segno di speranza per tutti.” Proprio in virtù del sostegno fattivo, l’Associazione Ats pro Terra Sancta ha lanciato una raccolta fondi, da far giungere ai frati francescani in Siria a favore della gente, cui si auspica aderiscano anche le parrocchie d’Italia. (R.P.)

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    Giordania: il lavoro della Caritas nei Centri di Zarqa e Mafraq per i profughi siriani

    ◊   Dozzine di donne con veli integrali neri entrano ed escono dalle stanze di Caritas Giordania nelle città di Zarqa e Mafraq, dove si registrano i profughi siriani. Si muovono in gruppo, per proteggere sé e le figlie dalle molestie. Sono tutte donne sole, i mariti sono morti o rimasti in Siria a combattere. Alcune portano con sé i neonati. Gli altri figli - la media siriana è di cinque o sei a famiglia - rimangono in strada a giocare o a lavorare, vendendo piccoli prodotti come caramelle o bibite per portare a casa 5 dinari al giorno. A Zarqa e Mafraq, non lontano dal confine con la Siria - riferisce l'agenzia Sir - i giordani hanno fatto affari d’oro, affittando case e garage al doppio del prezzo: i prezzi possono andare dai 100 ai 250 dinari. Il denaro per pagare l’affitto, oltre al latte e ai pannolini, è la richiesta più frequente nei due centri di Caritas Giordania. Caritas italiana li sta aiutando nell’ambito dell’emergenza Siria, che ha raccolto solo 150 mila euro nonostante due anni di guerra e 110 mila morti. Ne ha stanziati 550 mila per aiutare le Caritas medio-orientali che li accolgono. A breve partirà un progetto per bambini disabili nel centro N.S. della Pace ad Amman. L’intera rete di Caritas internationalis ha messo a disposizione oltre 15 milioni di euro per gli aiuti alla Siria. (R.P.)

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    Myanmar. Il vescovo di Yangon sui conflitti religiosi: uniti possiamo vincere, da soli crolliamo

    ◊   Il vescovo di Yangon, mons. Charles Bo, ha lanciato un appello ai leader religiosi del Paese radunati in una conferenza di due giorni che si è conclusa ieri nella capitale Birmana, Naypyidaw, per lavorare per la pace, la giustizia e lo sviluppo del Myanmar. Alla conferenza, riporta l'agenzia AsiaNews, hanno partecipato leader Buddisti, indù, cristiani, musulmani ed ebrei, convocati per rispondere ai disordini inter-religiosi che interessano il Paese e che recentemente hanno coinvolto buddisti e musulmani dell’ovest del Paese dove il 28 settembre scorso un diverbio tra un tassista buddista e un musulmano è degenerato in una serie di scontri, costati la vita a 5 persone, e dove, nel 2012, si sono registrati numerosi scontri che hanno causato decine di vittime. Il presidente birmano, in un comunicato, si è detto vicino ai leader riuniti nella conferenza e disposto a “collaborare con le cinque principali religioni per prevenire conflitti etnici o religiosi”. Mons. Bo, nel suo intervento, ha richiamato l’attenzione sull’importanza della pace per lo sviluppo definendo il Myanmar una “nazione benedetta”, con risorse naturali e ricchezze ma, conclude “Uniti possiamo vincere, mentre da soli crolliamo”.

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    Indonesia: islamisti bloccano la costruzione di una chiesa cattolica che ha regolare permesso

    ◊   Leader religiosi cristiani e musulmani esprimono sgomento dopo le vivaci proteste organizzate nei giorni scorsi da gruppi integralisti islamici per bloccare la costruzione di una chiesa cattolica a Tangerang, nella parte occidentale dell’isola di Giava, a circa 25 chilometri da Giakarta. Un presidio di oltre 200 militanti dell’Islamic Defenders Front (Fpi) ha cercato di fermare l’insediamento del cantiere edilizio. Secondo la Chiesa locale, i gruppi islamisti stanno cercando “di seminare la divisione religiosa”. I fedeli cattolici della parrocchia di Santa Bernadette dicono di avere un regolare permesso per costruire la chiesa, che potrà accoglierà circa 11.000 fedeli. Padre Benny Susetyo, segretario della Commissione per il Dialogo interreligioso nella Conferenza episcopale indonesiana, conferma a Fides che la chiesa ha ottenuto regolare concessione edilizia l'11 settembre scorso. Il parroco locale, padre Paulus Dalu Lubur nota che “non abbiamo ancora fissato la posa della prima pietra. Non comprendo le proteste perché l’edificazione ha l’approvazione dei leader religiosi locali, anche musulmani”. Fra la popolazione di Tangerang circolano volantini dell’Islamic Defenders Front (Fpi) e di altre organizzazioni islamiche unite nel forum islamico “Sudimara Pinang” che si oppone alla costruzione. Secondo il Forum, “la chiesa è una minaccia per l'islam, e se la costruzione della chiesa va avanti, i cristiani convertiranno i musulmani nei prossimi decenni”. Come appreso da Fides, i leader religiosi musulmani a Tangerang hanno preso le distanze da tale posizione, affermando che “è sbagliato fomentare tensioni religiose” e appellandosi alla tolleranza e alla pacifica convivenza interreligiosa, tratto essenziale dell’Indonesia. Secondo Benedict Roger, attivista cattolico, fra i responsabili dell’Ong “Christian Solidarity Worldwide” (Csw), l’episodio è un campanello di allarme per la libertà religiosa. Di ritorno da un viaggio in Indonesia, ricordando gli attacchi subìti anche da altre minoranze religiose, come sciiti e ahmadi, Rogers afferma in una nota invita a Fides: “Mentre molti indonesiani restano impegnati per l'armonia religiosa, a tutti i livelli, il presidente Susilo Bambang Yudhoyono e il suo governo non stanno facendo nulla per combattere l'intolleranza. Non solo non riescono a proteggere le minoranze religiose, ma negli ultimi dieci anni hanno introdotto leggi che violano la libertà religiosa”. (R.P.)

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    Colombia. L’arcivescovo di Bogotá: creare una nuova società basata sulla verità

    ◊   Si è concluso ieri a Bogotá, in Colombia, il VI congresso nazionale della Riconciliazione durante il quale, riporta l’agenzia Fides, il cardinal Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá, ha pronunciato un intervento intitolato “La Chiesa per la riconciliazione e la pace”. "Riconciliazione significa creare una nuova società" ha dichiarato il presule, che ha argomentato: “un vero processo di riconciliazione e di pace non è semplicemente ripristinare ciò che è stato danneggiato, perché non è possibile ripristinarlo, ma piuttosto si tratta di creare una nuova società”. Alla base di questa nuova società si troverebbero quattro valori fondamentali illustrati dall’arcivescovo: la Verità, come fondamento delle relazioni umane, la Dignità umana, come principio della verità stessa, la Giustizia, accompagnata dalla solidarietà, e, infine, la Dottrina sociale della Chiesa, che può offrire delle linee guida concrete. In molte regioni del paese, ha osservato il cardinale, la Chiesa a volte è l’unica testimone della realtà perché raccoglie le testimonianze dei fedeli e questa è un’importante responsabilità per la Chiesa. Il congresso nazionale della Riconciliazione si inserisce nelle molte iniziative per la pace promosse dalla Chiesa che hanno interessato la Colombia in questi ultimi mesi. (D.P.)

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    Irlanda: Plenaria dei vescovi su difesa della vita e famiglia e crisi economica e siriana

    ◊   Si è conclusa ieri a Maynooth, dopo due giorni di intensi i lavori, l’Assemblea autunnale della Conferenza episcopale irlandese. Numerosi e importanti i temi affrontati durante la sessione: difesa della vita e della famiglia; pedofilia; crisi economica; missione; ecumenismo; la tragedia siriana e il processo pace in Irlanda del Nord. In primo piano vi è stata l’ormai imminente Giornata nazionale per la vita che la Chiesa irlandese celebrerà il 6 ottobre. Il titolo di questa edizione è “Custodisci la vita. Ne vale la pena” ed è tratto da un’omelia pronunciata nel 2005 dall’allora cardinale Bergoglio. Quest’anno la Giornata pone l’attenzione sui bambini non nati e le loro madri; sugli anziani e sulle persone con intenti suicidi. I vescovi hanno invitato i fedeli a leggere il loro messaggio per la giornata in cui, facendo eco alle parole di Papa Francesco, ricordano che tutti devono avere cura della vita con tenerezza e calore umano e che ogni persona ha “un valore intrinseco che non viene dai Governi o dallo Stato, ma dal cuore di Dio”. A questo proposito, i presuli hanno espresso la loro profonda gratitudine a quanti hanno sostenuto la battaglia sulla controversa “Protection of live During Pregnancy Bill”, la nuova legge che, a luglio, ha parzialmente legalizzato l’aborto in Irlanda. Essi hanno poi ribadito l’impegno della Chiesa a dare un aiuto concreto alle madri con gravidanze difficili e hanno voluto ringraziare Papa Francesco per le parole rivolte lo scorso 20 settembre ai ginecologi cattolici in cui il Pontefice ha ricordato che non esiste nessuna vita umana più sacra di un’altra. L’Assemblea ha poi discusso le conclusioni della recente conferenza “Il matrimonio al cuore della vita della Chiesa”, organizzata dal Consiglio episcopale per il matrimonio e la famiglia per ribadire il ruolo centrale della famiglia e del matrimonio nella società. Tra i principali frutti dell’incontro il lancio di un nuovo Libro di preghiere per le famiglie. L’assemblea ha anche fatto il punto sul lavoro svolto dalla Commissione nazionale per la protezione dell’infanzia nella Chiesa cattolica in Irlanda (Nbsccci), l’organismo istituito dall’episcopato per contrastare il fenomeno degli abusi sui minori commessi nella Chiesa. Altro importante argomento affrontato durante i lavori la crisi economica: i vescovi si sono uniti all’appello rivolto da sette organismi caritativi cattolici irlandesi che, in vista dall’approvazione della nuova Legge di Bilancio, hanno chiesto al Governo la fine delle politiche di austerità e misure improntate al principio della solidarietà, in particolare a sostegno dell’occupazione e delle famiglie. Ampio spazio è stato dato durante la riunione alla tragedia siriana: esprimendo pieno sostegno agli appelli alla pace e al dialogo di Papa Francesco, i vescovi irlandesi hanno annunciato per il 17 novembre una speciale colletta per aiutare a finanziare l’impegno umanitario dell’agenzia caritativa della Chiesa irlandese Trocaire a favore della martoriata popolazione siriana. I presuli hanno inoltre espresso il loro appoggio al processo di pace in Irlanda del Nord, in particolare all“Irish Churches Peace Project”. una nuova iniziativa lanciata dalle Chiese cristiane irlandesi con il sostegno dell’Unione Europea. Altro punto all’esame della riunione le conclusioni del recente Simposio annuale dei direttori diocesani per l’ecumenismo svoltosi a Maynooth con la partecipazione dell’arcivescovo Bernard Longley, co-presidente della Commissione Internazionale Anglicana-Romano Cattolica (Arcic). L’incontro, svoltosi a fine settembre, ha fatto il punto sulle attuali difficoltà del dialogo ecumenico a 50 anni dal Concilio Vaticano II e a 20 dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Infine, i presuli hanno esortato i fedeli a contribuire generosamente alla colletta della Domenica missionaria nazionale, che si celebrerà il 20 ottobre in concomitanza con la Giornata missionaria mondiale e che quest’anno avrà per tema “Crescere nella fede” (Growing in Faith”). (A cura di Lisa Zengarini)

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    Bruxelles: alla “Missa pro Europa” invocazione per i leader politici in vista delle elezioni europee

    ◊   Un’invocazione particolare per l’Europa e per i decisori politici nell’anno che accompagna alle elezioni per l’Europarlamento; una preghiera per i poveri, i malati, gli anziani e i bambini, così come per i Paesi che conoscono la tribolazione della guerra, “specialmente per i popoli della Siria e del Medio Oriente, affinché la pace possa scendere su di loro”. Una preghiera anche per la Chiesa, affinché “sappia portare la Buona novella a tutte le nazioni del mondo”. La preghiera universale durante la “Missa pro Europa”, celebrata ieri sera nella chiesa di Notre Dame au Sablon, a Bruxelles – riporta l’agenzia Sir - ha rivolto un pensiero agli scenari continentali e mondiali, così come ha fatto mons. Gintaras Linas Grusas, arcivescovo di Vilnius, durante l’omelia. Il prelato - il cui Paese assicura la presidenza di turno dell’Unione europea in questo semestre - partendo dalle letture della messa e citando interventi dei tre ultimi pontefici e l’“Ora et Labora” di san Benedetto, ha sottolineato vari aspetti, obiettivi e limiti del processo di integrazione (libertà, democrazia, benessere “non solo materiale”, pace, apertura al mondo), senza trascurare alcuni problemi che attraversano tutta l’Europa, fra cui il relativismo etico “più volte denunciato” da Benedetto XVI. La “Missa pro Europa” (in cui letture, preghiere e canti sono stati eseguiti in diverse lingue) è stata presieduta dall’arcivescovo di Malines-Bruxelles, mons. André-Joseph Léonard, e concelebrata da mons. Jean Kockerols, vice presidente Comece e da diversi sacerdoti delle comunità straniere presenti a Bruxelles. La raccolta delle offerte è stata invece destinata a Solidarité-Orient, una organizzazione cattolica che opera, sotto l’alto patronato della regina Fabiola, per l’aiuto umanitario, culturale e pastorale verso le comunità cristiane presenti in Medio Oriente. (R.P.)

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    Caritas italiana: priorità a immigrazione, interventi in Siria e giovani

    ◊   “Preghiera per le vittime dell’ennesima tragedia del mare, rilancio dell’impegno delle Caritas sul territorio per l’accoglienza e l’accompagnamento dei profughi, ma anche consapevolezza che la questione immigrazione necessita di un approccio legislativo globale, anche a livello europeo”. Così mons. Giuseppe Merisi, presidente di Caritas italiana, ha ricordato la strage di migranti avvenuta nei giorni scorsi a Scicli (Ragusa). Ne ha parlato durante la riunione di Presidenza e Consiglio nazionale. Dal 6 all’8 ottobre prossimi - riferisce l'agenzia Sir - il direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu, insieme all’arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro e al direttore generale della Fondazione Migrantes mons. Giancarlo Perego, sarà a Lampedusa per partecipare all’incontro di delegazione e visitare luoghi dell’accoglienza degli immigrati. Dando seguito ai ripetuti appelli di Papa Francesco e alle indicazioni del Consiglio permanente della Cei, ci si è poi confrontati sulla drammatica situazione della Siria. Caritas italiana ha fatto il punto sull’aiuto alle Caritas locali, invitando le Caritas diocesane a proseguire nelle iniziative di preghiera per la pace e di sensibilizzazione e rilanciando la campagna “La Siria grida pace” per consentire il potenziamento degli interventi in atto. Una prima occasione di preghiera per la pace sarà proprio la visita di Papa Francesco domani ad Assisi, dove tra l’altro sarà accolto anche dagli operatori della Caritas e pranzerà con gli ospiti della mensa. Si è fatto poi il punto sugli interventi avviati dopo il terremoto che ha colpito Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Grazie alla colletta effettuata nelle parrocchie sono stati già realizzati 16 dei 17 Centri di comunità previsti, strutture polifunzionali per attività liturgiche, sociali e ricreative. L’ultimo verrà consegnato a novembre. I delegati Caritas hanno poi ribadito che i giovani restano priorità della loro azione. Per questo, oltre a sottolineare la necessità di rilanciare il servizio civile, la presidenza si è impegnata a individuare e sostenere ulteriori prospettive di impegno, servizio e formazione per i giovani. E’ stata inoltre attivata una Commissione per la preparazione del 37° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che si terrà a Cagliari dal 31 marzo al 3 aprile 2014. La presidenza ha accolto il nuovo membro, mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento, ringraziando il vescovo uscente mons. Donato Negro, arcivescovo di Otranto, per il servizio svolto. (R.P.)

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    La Lev pubblica le omelie del card. Bergoglio per la festa nazionale argentina e di S. Gaetano

    ◊   S’intitola “Servire gli altri” - e presenta 13 omelie del cardinale Jorge Mario Bergoglio - la nuova pubblicazione della Libreria Editrice Vaticana, in coedizione con Jaca Book. Si tratta della raccolta delle omelie pronunciate dall’arcivescovo di Buenos Aires dal 1999 al 2004, durante le celebrazioni del 25 maggio (festa nazionale argentina, nell’anniversario della formazione del primo governo autonomo, quando l’Argentina raggiunse l’indipendenza, nel 1810), e di quelle dettate ogni 7 agosto, dal 1999 al 2005, per la festa di San Gaetano (una tradizione religiosa radicata nel popolo argentino che ogni anno, nella memoria liturgica di san Gaetano da Thiene, vede sfilare migliaia di fedeli davanti la statua del santo, nel santuario di San Cayetano, per baciare il vetro della nicchia che la contiene e farsi il segno della croce, chiedendo “pane e lavoro” per sé e per gli altri). Queste omelie, oltre alla spiegazione del Vangelo, affrontano anche i problemi economici e sociali più drammatici sperimentati dal popolo argentino. “Presentiamo questi messaggi – annotano gli editori nell’introduzione al volume – con la certezza che le parole di questo pastore costituiscono una sapiente interpretazione dei segni dei tempi nella nostra cara nazione. Si tratta di un contributo che offre uno sguardo evangelico sulle complesse circostanze che dobbiamo affrontare come popolo”. Questo titolo è la terza coedizione con Jaca Book di testi del cardinale Bergoglio, dopo “Noi come cittadini, noi come popolo”, che ripropone un intervento tenuto nel 2010, nell’approssimarsi del secondo centenario dell’Argentina, e “In Lui solo la speranza”, gli esercizi spirituali predicati ai vescovi spagnoli nel gennaio del 2006.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 276

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