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Sommario del 30/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai greco-melchiti: pace per la Siria, non rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani
  • Messaggio del Papa a Bartolomeo I: cristiani d'Oriente e Occidente uniti per promuovere pace e libertà
  • Il Papa incontra bambini malati di tumore e leucemia: sofferenze inspiegabili, ma Dio sa
  • Tweet del Papa: la Chiesa chiama tutti a lasciarsi avvolgere dalla tenerezza e dal perdono del Padre
  • Confermati all'Educazione Cattolica il prefetto card. Grocholewski e il segretario mons. Zani
  • Ior: Rolando Marranci nominato direttore generale
  • Altre nomine
  • Evangelii Gaudium. Mons. Crepaldi: il Papa invita il mondo della politica a rimettere al centro persona e bene comune
  • Monoteismo, dottrina sociale e sensus fidei alla Plenaria della Commissione Teologica Internazionale
  • Il card. Filoni a Trinidad e Tobago: annunciare a tutti l'amore compassionevole di Dio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Isole Senkaku-Diaoyu: Usa accettano le regole di Pechino, ma solo per i voli commerciali
  • Chiusura della Settimana europea delle piccole e medie imprese
  • Mali: i separatisti tuareg rompono l’accordo di tregua con il governo centrale
  • L'Onu: situazione drammatica a Gaza, blocco israeliano è illegale
  • Filippine: colletta Cei per le popolazioni colpite dal tifone
  • Donne e Africa: la testimonianza di suor Kidané, missionaria comboniana
  • Giornata nazionale del Parkinson: pochi fondi in Italia per la ricerca
  • Internet e minori. Forum Famiglie: troppi genitori disattenti
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Messico: uccisi due sacerdoti, fermate quattro persone
  • India: preghiera ecumenica per la giustizia e la riconciliazione
  • Pakistan. Nuove minacce di morte all’avvocato dei cristiani
  • Aereo mozambicano si schianta in Namibia: 34 vittime
  • Scozia, elicottero si schianta su pub a Glasgow, almeno 6 morti
  • Immigrazione, dal 2 al 4 dicembre incontro dei vescovi europei a Malta
  • Il cardinale Bagnasco: “La Chiesa non è una ong, ma corpo vivo di Cristo”
  • La Chiesa del Nicaragua compie 100 anni
  • L’Osservatore Romano esce anche in Ungheria
  • Giornata della Colletta alimentare in Italia
  • Mostra sulla cappella costruita nelle isole Orcadi durante la seconda guerra mondiale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai greco-melchiti: pace per la Siria, non rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani

    ◊   Cessi ogni violenza in Siria e, attraverso il dialogo, si trovi la via della pace. E’ l’accorato appello levato stamani da Papa Francesco ricevendo in Vaticano i partecipanti ad un pellegrinaggio dei greco-melkiti. Il Pontefice ha quindi sottolineato che non bisogna rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani ed ha ribadito che le divisioni tra cristiani ostacolano la comunione e la testimonianza. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    I siriani con le loro sofferenze sono sempre nel cuore di Papa Francesco. All’inizio del suo discorso ai greco-melchiti, il pensiero del Papa va proprio alla popolazione della Siria che, ha osservato, patisce “da lungo tempo una grande tribolazione”. Il Papa assicura le sue preghiere per quanti soffrono nel Paese e invoca il Signore affinché asciughi le loro lacrime. “La vicinanza di tutta la Chiesa – ha soggiunto – li conforti nell’angoscia e li preservi dalla disperazione”:

    “Crediamo fermamente nella forza della preghiera e della riconciliazione, e rinnoviamo il nostro accorato appello ai Responsabili perché cessi ogni violenza e attraverso il dialogo si trovino soluzioni giuste e durature ad un conflitto che ha già causato troppi danni. In particolare, esorto al rispetto vicendevole tra le varie confessioni religiose, per assicurare a tutti un futuro basato sui diritti inalienabili della persona, compresa la libertà religiosa”.

    La vostra Chiesa, è la sua riflessione, “da secoli ha saputo convivere pacificamente con altre religioni ed è chiamata a svolgere un ruolo di fraternità in Medio Oriente”:

    “Ripeto anche a voi: non ci rassegniamo a pensare al Medio Oriente senza i cristiani. Tuttavia, molti vostri fratelli e sorelle sono emigrati, e una folta rappresentanza dalle comunità in diaspora è qui presente. Le incoraggio a mantenere salde le radici umane e spirituali della tradizione melchita, custodendo dovunque l’identità greco-cattolica, perché la Chiesa intera ha bisogno del patrimonio dell’Oriente cristiano, di cui anche voi siete eredi”.

    Al tempo stesso, ha ribadito, “siete segno visibile per tutti i nostri fratelli orientali della auspicata comunione col Successore di Pietro”. In questa festa di sant’Andrea Apostolo, ha soggiunto, il mio pensiero va a Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, e alle Chiese Ortodosse. “Preghiamo il Signore – ha detto – che ci aiuti a proseguire il cammino ecumenico, nella fedeltà ai principi del Concilio Ecumenico Vaticano II”. Il Papa si è soffermato in particolare sullo sforzo dell’evangelizzazione, che deve coltivare “la sensibilità ecumenica e interreligiosa”. Ciò, ha rilevato, “è possibile grazie all’unità, alla quale sono chiamati i discepoli di Cristo” e “l’unità esige sempre la conversione da parte di tutti”. Al riguardo, ha evidenziato, l’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente di Benedetto XVI “ha offerto indicazioni molto efficaci affinché i pastori e i fedeli vivano generosamente le rispettive responsabilità nella Chiesa e nella società”:

    “Le divisioni all’interno delle nostre comunità ostacolano seriamente la vita ecclesiale, la comunione e la testimonianza. Accompagno, perciò, il Patriarca e i Vescovi in questo impegno, affinché possano contribuire in tal modo all’edificazione del Corpo di Cristo. Ma vorrei tanto incoraggiare anche i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici ad offrire il loro essenziale apporto”.

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    Messaggio del Papa a Bartolomeo I: cristiani d'Oriente e Occidente uniti per promuovere pace e libertà

    ◊   Un appello per la pace in Medio Oriente e per la tutela della libertà religiosa nel mondo: è questo il cuore del messaggio che Papa Francesco ha inviato al Patriarca ecumenico Bartolomeo I, in occasione della festa di Sant’Andrea. Il messaggio è stato letto dal card. Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani e capo di una delegazione della Santa Sede recatasi ad Istanbul, in Turchia. Per l’occasione, è stata celebrata una Divina Liturgia nella Chiesa patriarcale del Fanar. Stamattina, intanto, durante la Messa a Santa Marta, il Papa ha pregato secondo le intenzioni di Bartolomeo I. Il servizio di Isabella Piro:

    “Dialogo, perdono e riconciliazione sono i soli mezzi possibili per risolvere il conflitto in Medio Oriente”: scrive così Papa Francesco nel suo messaggio a Bartolomeo I. Ricorda “la drammatica situazione di tante persone che soffrono a causa di violenza, guerra, fame, povertà e disastri naturali” e ribadisce il diritto dei cristiani mediorientali “di rimanere nella loro patria”. Per questo, esorta a pregare “per la pace nella regione” e chiede che “si continui a lavorare per la riconciliazione e il giusto riconoscimento dei diritti dei popoli”. Guardando, poi, al martirio di Sant’Andrea, il Pontefice ricorda tutti quei cristiani che, nel mondo, “sperimentano la discriminazione e a volte pagano con il sangue il prezzo della loro professione di fede”. Come ai tempi dell’Editto di Costantino, dunque, che 1700 anni fa pose fine alla persecuzione religiosa nell’Impero romano d’Oriente e di Occidente, anche oggi – scrive il Papa – “i cristiani d’Oriente e di Occidente devono dare una testimonianza comune per poter diffondere il messaggio di salvezza del Vangelo al mondo intero”. Una “cooperazione efficace ed impegnata tra i cristiani” è dunque “urgente e necessaria”, per “tutelare ovunque il diritto di esprimere pubblicamente la propria fede” e affinché i cristiani stessi “siano trattati equamente quando promuovono il contributo del cristianesimo nella società e cultura contemporanea”.

    Sul fronte ecumenico, poi, il Papa ricorda che nel 2014 ricorrerà il 50.mo anniversario dello storico incontro, a Gerusalemme, tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora; ribadisce che i cristiani sono “membri di una stessa famiglia”, che “sperimentano già la gioia dell’autentica fraternità in Cristo”, pur consapevoli che “la piena comunione” non è stata ancora raggiunta. Di qui, il richiamo al dovere dei cristiani di “prepararsi a ricevere questo dono di Dio attraverso la preghiera, la conversione interiore, il rinnovamento della vita e il dialogo fraterno”.

    Infine, Papa Francesco sottolinea l’intenzione di “proseguire le relazioni fraterne tra la Chiesa di Roma ed il Patriarcato ecumenico” e conclude il suo messaggio con parole di “profonda stima e calorosa amicizia in Cristo”, scambiando idealmente con Bartolomeo I “un fraterno abbraccio di pace”.

    Giunta ad Istanbul giovedì scorso, la delegazione della Santa Sede rimarrà in Turchia fino a questa domenica. Una visita che rientra nel quadro del tradizionale scambio di delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo e il 30 novembre, appunto, ad Istanbul per Sant’Andrea. Oltre al card. Koch, sono presenti mons. Brian Farrell e mons. Andrea Palmieri, segretario e sottosegretario del dicastero per l’Unità dei cristiani. Ad Istanbul, si è poi unito alla delegazione il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Antonio Lucibello. Oltre a partecipare alla Divina Liturgia nella chiesa del Fanar, gli esponenti della Santa Sede hanno avuto un incontro con il Patriarca Bartolomeo e conversazioni con la Commissione sinodale incaricata delle relazioni con la Chiesa cattolica. La delegazione ha inoltre fatto visita alla sede della Scuola di teologia del Patriarcato Ecumenico a Halchi, chiusa dalle autorità turche nel 1971 e di cui si attende il permesso per la riapertura.

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    Il Papa incontra bambini malati di tumore e leucemia: sofferenze inspiegabili, ma Dio sa

    ◊   Commovente incontro oggi in Vaticano, nella Sala del Concistoro, tra Papa Francesco e una trentina di bambini polacchi malati di tumori e leucemia, giunti da Breslavia. Il servizio di Sergio Centofanti:

    E' stato un incontro semplice e toccante. L’organizzatore di questa bella iniziativa, l’avvocato polacco Krzysztov Bramorski, ha presentato i bambini al Papa:

    “Portiamo a lei, Santità, oggi, soprattutto le preghiere di questi bambini malati. Preghiere che recitano ogni sabato, durante la Santa Messa nella clinica, con un pensiero per il Santo Padre. A questa udienza partecipano bambini malati delle più gravi forme di tumore e di leucemia. Per questo, portiamo anche il loro dolore, la loro paura, la loro speranza di riguadagnare salute e potere avere una vita lunga e piena di gioia”.

    Papa Francesco ha salutato commosso i bambini giunti da Breslavia, che da settimane si stava preparando per questo evento:

    “Vi do il mio cordiale benvenuto, vi saluto. E grazie per questa visita. Grazie per questa visita e grazie per le preghiera che voi fate per la Chiesa. Voi fate tanto bene alla Chiesa con le vostre sofferenze, sofferenze inspiegabili. Ma Dio conosce le cose e anche le vostre preghiere. Grazie tante. E sarà per me un piacere salutare ognuno di voi“.

    Il Papa ha quindi abbracciato uno per uno i bambini, che gli hanno regalato un quadro raffigurante San Francesco d'Assisi, composto con la tecnica del collage. L'incontro si è concluso con la benedizione del Papa. E' già la quarta volta che viene promossa questa iniziativa. I bambini di Breslavia hanno potuto incontrare già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Una dottoressa, che negli scorsi anni ha accompagnato i piccoli malati, ci ha detto che questa esperienza del pellegrinaggio a Roma dal Santo Padre fa bene e che i bambini tornano in Polonia corroborati e in qualche modo "più sani".

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    Tweet del Papa: la Chiesa chiama tutti a lasciarsi avvolgere dalla tenerezza e dal perdono del Padre

    ◊   Il Papa ha lanciato un nuovo tweet sull’account @Pontifex in nove lingue: “La Chiesa – scrive - chiama tutti a lasciarsi avvolgere dalla tenerezza e dal perdono del Padre”.

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    Confermati all'Educazione Cattolica il prefetto card. Grocholewski e il segretario mons. Zani

    ◊   Il Papa ha confermato nell'incarico di prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica il cardinale Zenon Grocholewski e nell'incarico di segretario mons. Angelo Vincenzo Zani. Ha inoltre nominato membri di questo Dicastero i cardinali: Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti; Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di São Paulo; John Njue, arcivescovo di Nairobi; Timothy Michael Dolan, arcivescovo di New York; John Tong Hon, vescovo di Hong Kong; Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila; Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani; e i monsignori: Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero; Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago de Chile; Marek Jędraszewski, arcivescovo di Łódź; Jorge Carlos Patrón Wong, segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero.

    Il Santo Padre ha poi confermato nel medesimo incarico di membri del Dicastero i cardinali Antonio María Rouco Varela, Christoph Schönborn, Audrys Juozas Bačkis, Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, José da Cruz Policarpo, Peter Kodwo Appiah Turkson, Josip Bozanić, Péter Erdő, Marc Ouellet, Jean Pierre Ricard, Oswald Gracias, Laurent Monsengwo Pasinya, Reinhard Marx, Thomas Christopher Collins, Willem Jacobus Eijk, Leonardo Sandri, Gianfranco Ravasi, Fernando Filoni, João Braz de Aviz, Edwin Frederick O'Brien e i monsignori Alfredo Horacio Zecca, Gerhard Ludwig Müller, Charles Morerod.

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    Ior: Rolando Marranci nominato direttore generale

    ◊   Il Consiglio di Sovrintendenza dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR) ha nominato Rolando Marranci direttore generale, carica che avrà effetto a partire dal prossimo 30 novembre. La promozione di Marranci, che il primo luglio scorso aveva rilevato le mansioni di vice direttore generale, è stata approvata dalla Commissione Cardinalizia.

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    Altre nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato Vescovo della diocesi di San Marino-Montefeltro (Italia - San Marino) il Rev.do Mons. Andrea Turazzi, del clero dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, finora Parroco della parrocchia della "Sacra Famiglia" in Ferrara e Delegato arcivescovile per il Diaconato permanente e per l’Ordo Virginum. Mons. Andrea Turazzi è nato a Stellata di Bondeno (Ferrara) il 24 agosto 1948. Entrato in Seminario nel 1958, ha ottenuto la maturità classica nel 1967 e, dopo aver frequentato il Corso filosofico-teologico, ha conseguito la Licenza in Teologia presso lo Studio Teologico Accademico Bolognese. È stato ordinato presbitero il 27 maggio 1972 ed è incardinato nell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato Vicario parrocchiale della parrocchia della Madonnina in Ferrara dal 1972 al 1973; Vicario parrocchiale a Pontelagoscuro (Ferrara) dal 1973 al 1974; Assistente diocesano e regionale di Azione Cattolica Ragazzi dal 1974 al 1984; Direttore spirituale del Seminario arcivescovile dal 1984 al 2001; Parroco del "Corpus Domini" in Ferrara dal 2001 al 2005. Dal 2005 è Parroco della parrocchia della "Sacra Famiglia" in Ferrara. Dal 1990 al 1996 è stato Direttore dell’Ufficio diocesano e Coordinatore degli Uffici pastorali; dal 2006 è Delegato arcivescovile per il Diaconato permanente e per l’Ordo Virginum; dal 2009 al 2012 è stato Assistente unitario di Azione Cattolica; nel 2012 è stato riconfermato membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei Consultori. Dal 5 gennaio 2006 è stato insignito del titolo di Cappellano di Sua Santità.

    Il Papa ha nominato Vescovo di La Guaira (Venezuela) il Rev.do P. Raúl Biord Castillo, S.D.B., finora Vicario Provinciale della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco in Venezuela. Il Rev.do P. Raúl Biord Castillo, S.D.B., è nato a Caracas (Venezuela) il 23 ottobre 1962. Ha ottenuto la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Salesiana di Roma e il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha emesso la prima professione religiosa come Salesiano il 16 agosto 1980 e la professione perpetua l’8 settembre 1987. È stato ordinato sacerdote il 15 luglio 1989. Ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale nella parrocchia di "San Juan Bosco" di Caracas, Cappellano di religiose a Los Teques, Professore dell’Istituto di Teologia per i religiosi (ITER) di Caracas e Professore e Rettore dell’Istituto Universitario Salesiano "P. Ojeda" (IUSPO) di Los Teques. Dal 2004 è Vicario Provinciale della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco in Venezuela.

    Il Santo Padre Francesco ha nominato Vescovo della diocesi di Mansa, in Zambia, il Rev.do P. Patrick Chisanga, O.F.M. Conv., già Ministro Provinciale dei Frati Minori Conventuali in Zambia.
    Il Rev.do P. Patrick Chisanga, O.F.M. Conv., è nato il 16 maggio 1971 a Kamuchanga, nella diocesi di Ndola. Terminate le scuole primarie a Buyantanshi e quelle medie a Mufulira - Ndola, è stato ammesso al Seminario minore di Ndola. Nel 1990 è entrato come Postulante nell’Ordine dei Frati Francescani Conventuali. Ha svolto il Noviziato a Solwezi e nel 1992 ha emesso i voti temporanei. Dopo aver completato gli studi di Filosofia e Teologia, ha emesso i voti perpetui a Nairobi nel 1998. È stato ordinato sacerdote il 27 giugno 1999. Dopo l’ordinazione ha svolto i seguenti incarichi: 1999-2001: Parroco di St. Michael and Noah Parish in Kitwe; 2001-2002: Vice-Guardiano e Formatore al Bonaventure College di Regina Pacis a Chawama-Lusaka; 2002-2006: Studi superiori in Psicologia a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana; 2006-2008: Guardiano e Formation Director degli studenti di Teologia presso il Makeny Friary di Lusaka; nel contempo, docente di Psicologia al Bonaventure College di Lusaka; 2008-2012: Ministro Provinciale dei Frati Minori Francescani Conventuali della Provincia di Zambia e Malawi. Attualmente è professore presso il St. Bonaventure College a Lusaka.

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare della diocesi di Lausanne, Genève et Fribourg, in Svizzera, Mons. Alain de Raemy, del clero della medesima diocesi, finora Cappellano del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Torre di Mauritania. Mons. Alain de Raemy è nato il 19 aprile 1959 a Barcellona (Spagna). Ha compiuto gli studi filosofici-teologici all’Università di Fribourg, conseguendo la Licenza in Teologia nel 1984. È stato ordinato sacerdote il 25 ottobre 1986, incardinato nella diocesi di Lausanne, Genève et Fribourg. Dopo il servizio pastorale in diverse parrocchie, nel 1996 è stato nominato Parroco della parrocchia di Cristo Re, a Fribourg. Nel 2004, è stato nominato Parroco e Canonico della Cattedrale di San Nicola e più tardi, anche Parroco moderatore dell’Unità Pastorale di "Notre Dame", sempre a Fribourg. Nel 2006, infine, è stato nominato Cappellano della Guardia Svizzera Pontificia, in Vaticano.

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    Evangelii Gaudium. Mons. Crepaldi: il Papa invita il mondo della politica a rimettere al centro persona e bene comune

    ◊   “Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo”: così, scrive Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Sugli aspetti della dottrina sociale della Chiesa affrontati nel documento, Davide Maggiore ha intervistato l’arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi:

    R. – Il tratto che dà connotazione all’Esortazione Apostolica è la centralità dell’incontro con Gesù Cristo, il Salvatore misericordioso. E a me sembra che questa impostazione cristocentrica sia veramente molto importante anche per la Dottrina sociale della Chiesa: ricordiamo Giovanni Paolo II che diceva che la Dottrina sociale è annuncio di Cristo nelle realtà temporali.

    D. – Il Santo Padre scrive: “Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, non si risolveranno i problemi del mondo e, in definitiva, nessun problema” …

    R. – Papa Francesco fa un importante e ampio approfondimento, nel capitolo IV, sulla scelta preferenziale per i poveri. Evidentemente, il Papa ne parla dal punto di vista dell’amore evangelico di Gesù per i piccoli e gli ultimi. L’inclusione sociale dei poveri diventa la prospettiva stessa del nostro vivere in società, qualcosa di più che una politica sociale: diventa l’aspetto che continuamente ci ricorda, in fin dei conti, il motivo ultimo per cui deve esistere la comunità politica.

    D. – Papa Francesco, a questo proposito, spiega anche che per la Chiesa l’opzione per i poveri è appunto “una categoria teologica, prima che culturale, sociologica, politica o filosofica” …

    R. – La crisi economica che stiamo vivendo fa certamente aumentare le disuguaglianze, quindi anche i poveri e la povertà. Nella prospettiva di Papa Francesco – spirituale e teologica – un nuovo sguardo sui poveri va fatto a partire dai poveri, evangelicamente intesi. E questo sarà di grande aiuto per tutti.

    D. – Un altro elemento sottolineato dal Santo Padre è quello della pace sociale …

    R. – Sappiamo che c’è la pace diplomatica tra le nazioni, c’è la pace politica tra i partiti ma c’è anche la pace sociale tra i ceti e tra i cittadini. E su questa, direi, si riflette poco, quindi il contributo del Papa è veramente innovativo. Eppure, oggi questa pace sociale è quella più dirompente, perché le disuguaglianze – economiche, sociali – e la precarietà del lavoro finiscono per mettere i cittadini ed i gruppi sociali gli uni contro gli altri. Il testo dell’Esortazione apostolica, a questo proposito, contiene veramente delle provocazioni salutari indirizzate all’economia e alla politica, affinché rimettano al centro la persona umana e un autentico bene comune.

    D. – La politica è “tanto denigrata”, dice il Pontefice ma ricorda poi che è “una vocazione altissima, una delle forme più preziose di carità” …

    R. – Qui Papa Francesco riprende quello che è un insegnamento costante presente nel Magistero sociale, direi già a partire dalla Quadragesimo Anno di Pio XI; tema rilanciato fortemente, praticamente con le stesse parole che usa Papa Francesco, da Paolo VI: la politica come esercizio altissimo della carità; e evidentemente al giorno d’oggi noi ci scontriamo soprattutto con la crisi della politica e soprattutto con la crisi della funzione architettonica del vivere sociale che ha la politica. Questo richiamo mi sembra quanto di più attuale ci sia. Io spero veramente che il mondo politico se ne faccia carico.

    D. – Evangelii Gaudium si sofferma inoltre sulla tratta delle persone e cita "la complicità comoda e muta" di molti …

    R. – La Santa Sede è sempre stata in prima linea contro questa aberrazione. Evidentemente, il Papa sollecita anche su questa questione specifica una presa di coscienza a livello di organismi internazionali, di scelte governative e a livello di coscientizzazione della società civile.

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    Monoteismo, dottrina sociale e sensus fidei alla Plenaria della Commissione Teologica Internazionale

    ◊   La Commissione Teologica Internazionale, presieduta dal suo presidente, mons. Gerhard Ludwig Müller, terrà la Sessione Plenaria in Vaticano dal 2 al 6 dicembre. I lavori saranno diretti dal padre domenicano Serge-Thomas Bonino, segretario generale. Nell'attuale Sessione Plenaria, la Commissione continuerà lo studio di tre temi di notevole importanza. Il primo è la questione del monoteismo; il secondo è il significato della dottrina sociale della Chiesa nel contesto più ampio della dottrina cristiana; il terzo tema è la problematica del sensus fidei. Al termine dei lavori, i membri della Commissione Teologica Internazionale saranno ricevuti in udienza dal Santo Padre.

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    Il card. Filoni a Trinidad e Tobago: annunciare a tutti l'amore compassionevole di Dio

    ◊   Un’esortazione a risvegliarsi, a “gettare via le opere delle tenebre e a mettere l’armatura della luce”, come ammonisce San Paolo nella seconda lettura scelta per la Prima Domenica d’Avvento, è stata rivolta durante la sua omelia nella celebrazione solenne nella pro cattedrale di Porto of Spain, nell’isola caraibica di Trinidad e Tobago, dal cardinale Ferdinando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in visita pastorale nelle Antille. Alla liturgia hanno partecipato anche l’arcivescovo della città, Joseph Harris, molti vescovi locali e il presidente del Paese. “Per entrare nella casa di Dio dobbiamo essere pronti a conformare i nostri atteggiamenti e le nostre azioni al mistero del Padre che invia il Figlio per essere l’Emmanuele, il Dio con noi – ha detto ancora il porporato spiegando il significato del Natale – questo mistero continua in noi che siamo stati inviati da Gesù per annunciare l’amore compassionevole del Padre al mondo”. Sulla missione dell’evangelizzazione, il cardinale Filoni ha richiamato le parole che Papa Francesco ha rivolto nel luglio scorso ai vescovi del Brasile, invitando tutti nella Chiesa a rispondere alla vocazione del “discepolato missionario” e dell’incontro con il Maestro e poi con l’uomo che attende il messaggio. “C’era urgenza nelle parole del Santo Padre – ha aggiunto il prefetto per l’Evangelizzazione dei Popoli – e questo senso di urgenza e di attesa è anche un tema centrale durante la stagione di Avvento che ci ricorda che siamo in un periodo di attesa che il Signore torni a portare a compimento tutte le cose”. Il cardinale si è poi rivolto specificamente alla Chiesa di Trinidad e Tobago, definendola la “madre” di molte chiese particolari nelle Antille e nel ringraziare i religiosi per il loro esempio di povertà in Cristo, di castità e obbedienza vivente, li ha invitati a non temere di chiamare i giovani al sacerdozio e alla vita consacrata. Un grazie particolare, infine, il porporato lo ha rivolto anche ai laici che si dedicano ai diversi movimenti ecclesiali presenti sul territorio, costruendo legami di comunione attraverso le parrocchie e portando in molte realtà nuova gioia e nuovo entusiasmo per la fede. (A cura di Roberta Barbi)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Soluzioni giuste e durature: il Papa con i fedeli greco-melchiti invoca la fine delle violenze in Siria e chiede di non rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani.

    La gioia di essere fratelli: messaggio al Patriarca ecumenico per la festa di sant’Andrea.

    L’emergenza umanitaria nella regione somala del Puntland.

    Un articolo di Carlo Carletti dal titolo “Una storia (forse)decapitata”: come e quando apparve il monogramma costantiniano?

    Nel giardino dei paradossi: Xavier Leon-Dufour su chi è un santo.

    E l’obiettivo si affacciò dietro la penna: Gaetano Vallini recensisce “Un magnifico inizio” dello storico e critico della fotografia Diego Mormorio, primo volume di una collana di dieci intitolata “Scrittori e fotografia”.

    Qui e adesso: Inos Biffi sull’avvento e la memoria della Chiesa.

    Un Papa da colorare: fumetti e libri per bambini.

    Nell’informazione religiosa, un articolo di Fabrizio Contessa dal titolo “Quante Chiese da custodire”: dalla Turchia all’Inghilterra a rischio la sorte di migliaia di edifici sacri.

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    Oggi in Primo Piano



    Isole Senkaku-Diaoyu: Usa accettano le regole di Pechino, ma solo per i voli commerciali

    ◊   Sempre alta la tensione intorno alle isole Senkaku-Diaoyu, nel mar cinese meridionale. Gli Stati Uniti hanno invitato le compagnie aeree private a rispettare le regole imposte da Pechino sullo spazio aereo. Nessun cambiamento, invece, per quanto riguarda i voli militari che continuano a transitare sull’arcipelago conteso da Cina, Giappone e Taiwan. Ma cosa c’è dietro questa annosa diatriba diplomatica? Eugenio Bonanata ne ha parlato con Fernando Mezzetti, già corrispondente dalla Cina per il quotidiano "La Stampa":

    R. - Gli americani finora si erano tenuti sostanzialmente fuori dalla vertenza. Poi, invece, hanno assunto una posizione secondo la quale ritengono questi isolotti sperduti inclusi "nell’ombrello" che storicamente forniscono al Giappone. E questa iniziativa cinese della zona aerea li ha spinti a non riconoscere tale posizione di Pechino. Pechino sapeva che ciò sarebbe accaduto, non poteva immaginare che gli americani avrebbero ignorato questo atto unilaterale che certamente è destabilizzante.

    D. - Ma che cosa c’è dietro questo processo?

    R. - In termini storici c’è la crescita di un Paese come la Cina, che è diventata la prima potenza commerciale al mondo e che quindi, come tale, ha bisogno di proteggere i suoi commerci. La Cina è stata una potenza navale mille secoli fa; ma in età moderna non è stata una potenza navale; sta puntando a diventarlo. Malgrado gli armamenti atomici, il dominio dei mari resta essenziale: gli Stati Uniti sono una superpotenza perché hanno sempre dominato gli oceani, cosa che l’Unione Sovietica non ha mai fatto; la Cina si sta dotando di una flotta d’alto mare - come questa portaerei che, benché vecchia, riarmata e acquistata dai russi è comunque una portaerei, un gruppo di battaglia - e puntano al domino dei mari. E questa loro iniziativa nel Mar Cinese meridionale è la prosecuzione di ciò che hanno fatto su altri arcipelaghi nella regione, come con le Isole Spratly che hanno unilateralmente dichiarato sotto la loro sovranità. E con ciò, il Mar Cinese meridionale diventa un mare interno cinese con tante limitazioni per la navigazione internazionale. Quindi, c’è l’ascesa di una potenza come la Cina che ha messo in campo, se non una sfida, certamente un elemento di frizione con gli americani che finora sono stati i dominatori solitari degli oceani, soprattutto del Pacifico.

    D. - C’è anche una questione di risorse del territorio?

    R. - È secondaria, secondo me. Da una parte c’è un Giappone che si sente umiliato perché 60 anni dopo la fine della guerra, dopo la resa, è ancora vincolato dalla costituzione pacifista imposta dagli americani. Quindi è un Paese che si sente costantemente umiliato da parte della Cina, la quale non fa che rinfacciare il passato, senza decidersi, non dico a voltare le spalle a ciò che è stato, ma senza guardare pienamente al futuro. Dall’altra parte c’è la Cina che si pone come potenza unica in Asia da cui vuole espellere anche gli americani e che vuole affermare la propria superiorità economica e certamente quella militare, perché dotata di armi atomiche e davanti al Giappone. Quindi c’è un Giappone in posizione subordinata, una Cina in crescita e gli Stati Uniti finora solitaria superpotenza particolarmente in quell’area, nel Pacifico. E questo è un elemento di frizione tra le tre potenze...

    D. - Ma sono coinvolte, entrano in gioco, anche altre diplomazie e altri Paesi dell’area?

    R. - È significativo che la Corea del Sud abbia subito partecipato con gli Stati Uniti e con il Giappone ai voli dimostrativi militari senza soggiacere alle disposizioni cinesi. La Corea del Sud continua, intanto, nei risentimenti verso il Giappone per il dominio e per l’annessione che subì nella prima metà del Novecento; ma poi ha questo gigante accanto – la Cina – e si sente più tranquillo se gli americani continuano a difendere il loro "ombrello" sulla penisola.

    D. - Come se ne esce da questa diatriba diplomatica?

    R. - La Cina terrà il punto di non voler trattare con gli americani e vorrà quindi trattare bilateralmente con il Giappone, con la Corea e anche con le Filippine che hanno espresso la loro preoccupazione, benché finora non toccate direttamente ma coinvolte nelle diatriba della Isole Spratly. E la Cina vuole negoziati bilaterali in modo da far pesare su ogni Paese la propria massa economica, demografica, geografica, culturale. Gli altri, invece, vogliono conferenze multilaterali, in modo che la potenza solitaria di Pechino venga diluita nel consenso multilaterale.

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    Chiusura della Settimana europea delle piccole e medie imprese

    ◊   Si chiude oggi la Settimana europea delle piccole e medie imprese (Pmi): un comparto di primo piano, che rappresenta il 99% dell’economia del Vecchio Continente. Ventitre milioni le Pmi presenti in Europa, che disegnano una vera costellazione territoriale, molto spesso poco rappresentata a livello istituzionale a causa dei piccoli numeri di dipendenti presenti in ognuna di esse. Di qui, la necessità di creare una rete e di “guardare al futuro dell’Europa pensando in piccolo”, come ricorda lo slogan dell’Assemblea generale delle Piccole e medie imprese, appena conclusasi a Vilnius. L’evento ha portato nella capitale lituana i rappresentanti di tutte le piccole e medie imprese europee. Tra i delegati anche Riccardo Viaggi, segretario generale della Confederazione Europea dei costruttori. Il nostro inviato a Vilnius, Salvatore Sabatino, gli ha chiesto un’analisi sull’impatto che la crisi economica ha avuto sul settore edilizio:

    R. – In Europa, l’impresa media delle costruzioni ha cinque dipendenti ed il 95% delle imprese nel settore delle costruzioni in Europa ha meno di 20 dipendenti. Questo settore è stato tra i più colpiti economicamente. La crisi che ha colpito il settore delle costruzioni non ha risparmiato la piccola e media impresa.

    D. – Si è arrivati però ad un punto da cui bisogna inevitabilmente ripartire per evitare il peggio. Il motto scelto per questa assemblea è “spingere l’Europa a ragionare in piccolo e non in grande”. Cosa vuol dire questo per il vostro settore?

    R. – Il principio a pensare prima in piccolo si declina sicuramente nella semplificazione della legislazione, quindi nella semplificazione burocratica; si declina nell’accesso al credito e nell’accesso ai mercati. Le nostre imprese purtroppo, negli ultimi anni, hanno sofferto su tutti e tre i fronti.

    D. – Quali sono gli esempi virtuosi che si sono creati negli ultimi anni?

    R. – Anche la piccola impresa sicuramente ha bisogno di fare una cosa al suo interno: strutturarsi. È chiaro a tutti che da questa crisi uscirà un settore delle costruzioni completamente diverso da quello che è entrato in questa crisi. Una delle grandi differenze sarà che le imprese saranno sicuramente sempre piccole, non ci sarà una concentrazione, un’agglomerazione di imprese. Le imprese che saranno di successo sono quelle che si stanno strutturando e formando durante questa crisi. Una nuova impresa, un nuovo settore delle costruzioni sarà fatto anche da tanti giovani che diventeranno gli artigiani del futuro. Quindi, abbiamo bisogno di preparare non solo la prossima classe di operai delle costruzioni, di addetti alle costruzioni, ma abbiamo bisogno di preparare la prossima classe di imprenditori delle costruzioni, di artigiani delle costruzioni.

    D. – Innovare gli artigiani vuol dire però anche preservare tutto il territorio, la cultura di quel territorio…

    R. – Sì. Innovare non vuol dire assolutamente rifiutare la propria storia, anzi alcuni mestieri delle costruzioni si fondano nella storia e si fondano nel recupero di quello che sono i beni artistici, culturali e storici. Quindi, non si parla di innovare per “calpestare” la storia, ma innovare per reinterpretare la storia in una chiave innovativa dove alla base di tutto ci sarà sempre un “savoir faire”, una manualità classica, tradizionale fatta da quei mestieri che la gente ancora richiede e che non è vero che sono spariti, o che devono sparire, perché fanno ancora parte del nostro tessuto economico.


    A Vilnius anche tante piccole e medie imprese provenienti dall’Italia meridionale, ricchissima di aziende a conduzione familiare, spesso tradizionali, pronte però a rimettersi in gioco per superare le difficoltà create dalla crisi che sta colpendo l’Europa dal 2008. Numerose le esperienze nate o rafforzate grazie alle Agenzie di Sviluppo, che agiscono direttamente sul territorio per aiutare i piccoli industriali a risollevarsi e a trovare nuova linfa per guardare al futuro con uno sguardo di speranza. Il nostro inviato a Vilnius, Salvatore Sabatino, ha raccolto la testimonianza di Nello Onorati, presidente dell’Agenzia Locale di Sviluppo “Sistema Cilento”:

    R. – L’esperienza che portiamo è quella di un soggetto locale, di un’agenzia locale di sviluppo che tasta il polso al tessuto produttivo locale ogni giorno e da questa conoscenza del tessuto produttivo locale, dei bisogni e delle esigenze concrete, quelle reali, quelle veramente dell’economia reale, abbiamo avviato – già a partire dal 2008 – degli strumenti che potessero in qualche modo sostenere e supportare le piccole imprese. In particolar modo abbiamo creato e ideato uno strumento di microcredito per le imprese, attivando una partnership sempre con soggetti locali, costituiti dal "Sistema Cilento", da un Confidi e da tre istituti bancari. Attraverso questo strumento abbiamo creato un fondo di garanzia dedicato proprio alle imprese locali, alle microimprese locali.

    D. – Ovviamente in questo modo voi andate a supportare quella che è l’azione della piccola e media impresa…

    R. – Sì, il mondo delle microimprese, micro e piccole e medie imprese rappresenta la gran parte del tessuto produttivo italiano. Quindi per rispondere ad una delle criticità strutturali di questo mondo - che è l’accesso al credito e la necessità di reperire garanzie, e in particolar modo per le nuove imprese, le imprese di start-up, che non avendo garanzie a monte, perché non hanno una storia da raccontare - abbiamo pensato che un piccolo strumento potesse aiutarle a farle partire in modo adeguato.

    D. – Nell’immaginario collettivo, l’Italia è divisa a metà: si pensa che le imprese siano concentrate tutte al Nord. Cosa assolutamente non vera, perché le piccole e medie imprese sono – diciamo – una costellazione e ricoprono tutto il territorio italiano. La Campania è una regione importantissima da questo punto di vista: qual è la realtà dei fatti?

    R. – La distribuzione ovviamente è variegata ed è variegata sia in termini di settori, sia in termini di dimensioni. Diciamo che in Italia la dimensione aziendale, l’organizzazione aziendale più diffusa è quella delle piccole e medie imprese. Rispetto a questo, noi ci siamo attrezzati per offrire, in particolar modo alle microimprese locali, uno strumento che consentisse loro di avere uno scatto di crescita, un’opportunità di crescita che è quello del contratto di rete. Abbiamo promosso e costituito una rete di impresa, con venti microimprese operanti nel settore agroalimentare, con l’obiettivo proprio di utilizzare questo strumento - dal punto di vista della forma - innovativo, che consenta a queste imprese - realizzando preventivamente un programma di rete – di intervenire nello specifico in processi di internazionalizzazione, in miglioramenti di cultura aziendale e quindi riversandosi questi sull’organizzazione aziendale, e quello della qualità andando a lavorare in sinergia anche con le istituzioni universitarie preposte alla ricerca.

    D. – Come dire: ci mettiamo tutti insieme per diventare un soggetto più importante e per passare il guado del fiume, per pensare cioè ad una prospettiva ancora più lontana…

    R. – Certo! E’ un modo per stare insieme. Il superamento del guado è l’esempio che rende meglio: lasciando la piena autonomia alle aziende - con la loro storia, con la loro attività produttiva, con la loro già attuale attività sul mercato - è quello che consente loro di andare oltre, di ricercarsi un mercato nazionale, internazionale ed europeo che diversamente non potrebbero raggiungere con gli strumenti che hanno, con la struttura aziendale che hanno. In più consentire loro di realizzare anche delle economie di scala, che non sono cosa da poco in questi momenti di crisi.

    D. – Quanto un’azione del genere può aiutare il territorio anche a liberarsi dalla malavita organizzata, che sicuramente ha un posto importante nell’economia del territorio?

    R. – Devo dire che la realtà, nello specifico, è quasi del tutto priva di questo malessere. Ci sono sì delle presenze, che riguardano in particolar modo i settori che interagiscono con i settori un po’ più importanti dal punto di vista produttivo, ma è un problema che poco si sente nel nostro territorio. Sicuramente, però, il rafforzamento del sistema produttivo può essere un argine utile a contrastare anche questo tipo di fenomeni.

    D. –La criminalità si sconfigge portando poi maggiore sviluppo: questo è evidente!

    R. – Certo, affrancandosi da forme di sudditanza di vario genere. Questo sicuramente! Facendo quindi credere di più in se stessi gli imprenditori e i nuovi imprenditori sicuramente si rafforza una coscienza che diversamente sarebbe alla mercé quotidiana di sudditanze varie.

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    Mali: i separatisti tuareg rompono l’accordo di tregua con il governo centrale

    ◊   In Mali il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad, il gruppo separatista dei Tuareg, ha interrotto a sorpresa il cessate il fuoco con il governo centrale di Bamako. La dichiarazione arriva all’indomani dei disordini che hanno bloccato la visita del premier maliano a Kidal, principale roccaforte dei separatisti. Un anno fa i gruppi jihadisti avevano occupato il Nord sfruttando l’insoddisfazione dei Tuareg. Poi con l’intervento francese era tornato il controllo del governo centrale. Delle problematiche che restano aperte Fausta Speranza ha parlato con Luigi Serra, già rettore dell’Istituto Orientale di Napoli:

    R. – C’è un’enorme ed abissale divisione a livello di condizioni economiche della gente del Nord e del Sud riguardo alle attività tradizionali. Al nord abbiamo ancora popolazioni che nomadizzano, altre che faticano con un’agricoltura che stenta a decollare, altre che vivono di una pastoralizzazione della loro economia in termini assolutamente marginali … Tutto questo, mentre tutto il Paese vede dilapidare le proprie risorse nelle mani di sfruttatori stranieri o incantatori di genti attraverso false promesse e garanzie. Quindi la gente ribolle e nel senso e nella direzione di trovare da ogni parte un itinerario che la possa favorire si scatena la contraddizione di lotta politica e militare tra le genti del luogo.

    D. - Quanto è alto il rischio che di nuovo gli jihadisti impugnino le rivendicazioni dei Tuareg?

    R. - Il rischio è altissimo, perché le rivendicazioni dei Tuareg affondano le loro radici in un processo di rivendicazione identitaria, linguistica e culturale di quel popolo, tanto che sono le problematiche sensibili su cui qualsiasi operazione anche demagogica di sostegno può innestare derive terroristiche.

    D. - Dopo l’intervento francese oggi la comunità internazionale non può dimenticare il Mali …

    R. - L’intervento della comunità internazionale è stato debole e fallimentare, perché ha un difetto di fondo, storicamente verificabile attraverso gli ultimi decenni: il periodo della colonizzazione e della decolonizzazione; salvaguardare i propri interessi senza alcun rispetto onesto e veritiero per le situazioni locali sotto il profilo appunto umanitario, culturale, etico e linguistico.

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    L'Onu: situazione drammatica a Gaza, blocco israeliano è illegale

    ◊   Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nella Giornata di solidarietà col popolo palestinese, ha invocato - ancora una volta - la creazione di uno Stato palestinese che viva “fianco a fianco in pace” con uno Stato di Israele sicuro. Al tempo stesso ha denunciato che la situazione sul campo è “sempre più pericolosa”. Roberta Gisotti ha intervistato, a Gerusalemme, Filippo Grandi, commissario generale dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu che oggi assiste quasi 5 milioni di rifugiati palestinesi, che ha espresso particolare preoccupazione per le peggiorate condizioni di vita a Gaza:

    R. - Siamo molto preoccupati, perché - per una combinazione di fattori che si stanno accumulando - la situazione della popolazione di Gaza si sta nuovamente aggravando in modo molto serio. Non dobbiamo dimenticare che il blocco israeliano non è mai stato tolto: esiste da molti anni ed è stato reso più severo e più rigido nel 2007, dopo la presa di potere di Hamas a Gaza; ha poi cominciato a essere allentato, anche sotto la pressione internazionale, nel 2010 al punto in cui negli ultimi tempi potevamo - per esempio - noi agenzie delle Nazioni Unite importare materiali di costruzione. Un elemento, molto importante per l’economia di Gaza. Ma bisogna costare che degli elementi fondamentali del blocco, in particolare la proibizione di esportare merci da Gaza, non sono mai cambiati. Ora, con la transizione politica in Egitto, che ha reso anche l’Egitto più rigido nei confronti di Gaza - chiusura dei tunnel, etc ... - e con la scoperta di tunnel costruiti da Hamas tra la Striscia di Gaza e Israele un mese e mezzo fa circa, anche da parte israeliana c’è stata una reazione e un ulteriore irrigidimento da parte del blocco. Da più di un mese non possiamo più importare materiale di costruzione; abbiamo dovuto bloccare tutti i progetti di costruzione che davano lavoro a migliaia di persone e siamo un po’ tornati alla situazione precedente del 2010. Terrei a sottolineare questo: è fondamentale continuare a dire che il blocco di Gaza è illegale! E’ una punizione collettiva della popolazione civile di Gaza, che - ai sensi del diritto internazionale - non è accettabile! Quindi va levato. Comprendiamo naturalmente che ci sono considerazioni politiche e di sicurezza molto complesse, molto complicate. Chiediamo, quindi, che mentre questi elementi politici e di sicurezza vengono affrontati da coloro che ne sono responsabili, almeno l’importazione - per esempio - di materiale di costruzione, che è così importante per i nostri progetti, possa essere ripresa perché ci sono tutte le garanzie che quei materiali di costruzioni vengano utilizzati nel modo più corretto dalla mia agenzia - l’Unrwa - e dalle altre agenzie delle Nazioni Unite impegnate sul terreno.

    D. - Dottor Grandi, lei sta per concludere - dopo tre anni - il suo mandato all’Unrwa: qual è il bilancio di questa esperienza? Lei è stato testimone di passi avanti o indietro nelle condizioni di vita dei palestinesi…

    R. - Le devo confessare che la situazione non è migliore oggi di quanto non lo fosse nel 2005, prendo questa data perché è la data del mio arrivo in questa regione. Purtroppo si parla spesso di status quo: io credo che questa sia una definizione fuorviante, perché non c’è status quo. In Cisgiordania, per esempio, l’avanzata inesorabile delle colonie israeliane - ogni giorno, ogni ora! - è dinamica, avanza e quindi non è uno stauts quo. Forse lo è dal punto di vista generale, ma nella vita quotidiana dei palestinesi è un’erosione progressiva del loro spazio, della loro terra, dei loro diritti, dell’accesso ai mercati, dell’accesso ai luoghi di culto… Io questa erosione l’ho vista svilupparsi costantemente! Non forse molto rapidamente, ma in questo sta la sua forza negativa: avanza in modo quasi invisibile, eppure ogni giorno marginalizza di più i palestinesi.

    D. - Uno status quo, però, di un conflitto che si trascina dal 1947. Vorrei porle una domanda provocatoria: continuare questa assistenza da parte dell’Unrwa, ormai da oltre 60 anni, non è un modo per tacitare la coscienza della Comunità internazionale, senza andare alla radice del problema?

    R. - Questa domanda provocatoria, come lei dice, mi viene posta quasi ogni giorno. Ma ce la poniamo anche noi: è una domanda molto naturale, spontanea. Io credo, però, che sospendere l’assistenza umanitaria nei conflitti di difficile risoluzione, penalizza soltanto le vittime! Non penalizza coloro che sono risposabili per trovare le soluzioni politiche a questi conflitti. Sarebbe un errore fondamentale privare i bambini rifugiati palestinesi attraverso il Medio Oriente: ne abbiamo 500 mila nelle nostre scuole. Sarebbe un errore fondamentale privarli dell’educazione e di un futuro un pochino migliore in nome di un ritiro che possa permettere il formarsi di una situazione che conduca alla pace. Prima di tutto non siamo sicuri che conduca alla pace e in secondo luogo, in questo lasso di tempo che poi dovrebbe teoricamente condurre alla pace, noi priviamo di cure mediche, di educazione, di opportunità economiche un grandissimo numero di persone che dipendendo interamente - in questo caso - dall’Unrwa e dall’assistenza delle Nazioni Unite!

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    Filippine: colletta Cei per le popolazioni colpite dal tifone

    ◊   Non si arresta l’impegno della Chiesa a favore delle popolazioni delle Filippine, messe in ginocchio lo scorso 7 novembre dal super-tifone Haiyan. Raccogliendo l’accorato invito del Santo Padre, domani, in tutte le parrocchie d’Italia, si terrà una colletta straordinaria, indetta dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana. Le offerte saranno devolute alla Caritas italiana presente nelle Filippine, ora impegnata nella fase di ricostruzione e di accompagnamento delle famiglie colpite dall’emergenza. Sull’iniziativa che permetterà di offrire un aiuto concreto e diretto alle vittime di questa catastrofe, Cecilia Sabelli ha intervistato Paolo Beccegato, vicedirettore e responsabile area Internazionale di Caritas italiana:

    R. - Questa iniziativa è estremamente importante - in primo luogo - perché i media internazionali e anche quelli nazionali hanno in qualche modo fatto scendere nell’oblio questo grande disastro: probabilmente il più imponente nella storia come super tifone, come magnitudo e come danni che hanno colpito un intero Paese, soprattutto la parte centrale delle isole Visayas. Il problema non è stato risolto: si stima che più di 10 milioni di persone, in questo momento, abbiano bisogno di tutto. Ecco perché l’appello alla solidarietà di Papa Francesco e della Conferenza episcopale italiana giunge quanto mai opportuno, proprio per dare concretezza alle nostre intenzioni e al nostro sostegno quotidiano al fianco di queste popolazioni.

    D. – Si affaccia una seconda fase, quella successiva alla catastrofe, della ricostruzione, che si annuncia molto impegnativa…

    R. - Ci sono ancora milioni di persone che, avendo perso la casa, vivono in alloggi di fortuna, in centri comunitari; moltissimi sono ospitati nelle parrocchie, nelle strutture della Chiesa stessa. Quindi, da questo punto di vista, c’è bisogno di offrire loro cibo, l’acqua potabile, indumenti. Queste persone hanno perso tutto: hanno perso la casa, hanno perso i loro pochi averi. Poi non bisogna neanche trascurare i bisogni psicologici. Queste persone hanno spesso alle spalle delle vite spezzate: pensiamo a tutte le vittime, pensiamo a tutte le persone ferite, ai molti dispersi che rimangono. Spesso in queste situazioni si rischia di trascurare questi aspetti che evidentemente implicano per noi un’attenzione anche spirituale. Tutto questo non è risolvibile in poco tempo: quando si comincerà la ricostruzione, quando si faranno dei progetti anche di sviluppo, occorrerà sempre tenere presenti questi aspetti nel medio e lungo periodo. L’esperienza ci insegna che sarà un lavoro di anni e questo, appunto, è quello che ci accingiamo a fare.

    D. - La colletta coincide anche con la prima domenica di Avvento: come questa raccolta si collega a questa data in cui si apre il nuovo anno liturgico?

    R. - Direi proprio che l’incarnazione di Dio nella persona di Gesù e il nostro prepararci a questo sottolineano proprio i temi importantissimi della vicinanza, della fraternità, della famiglia umana, dei più piccoli, dei padri, delle madri… Il nostro prepararci al Natale quest’anno è veramente e estremamente collegato alla nostra solidarietà verso questa popolazione filippina, che è di grande dolcezza, mansuetudine… Li conosciamo molto bene i filippini, anche qui da noi, e nei vari Paesi del mondo dove emigrano con un atteggiamento di grandissima umiltà e di grandissima vicinanza - a loro volta - verso le altre popolazioni. Ecco perché si contestualizza molto bene questa iniziativa nei temi dell’Avvento e nelle nostre esperienze quotidiane e concrete con questa gente che, appunto, ci offre degli esempi davvero molto evangelici.

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    Donne e Africa: la testimonianza di suor Kidané, missionaria comboniana

    ◊   Il ruolo della donna nella società e nella Chiesa è un tema a cui Papa Francesco ha dedicato, in questi mesi, varie riflessioni. Tra le molte realtà ecclesiali in cui le donne svolgono un servizio prezioso, vanno citate quelle dell’Africa. Qui, ricordava già l’esortazione apostolica post sinodale Africae Munus, le donne sono pronte “a difendere la dignità umana, la famiglia e i valori della religione” in situazioni di grande difficoltà. Su questo punto si sofferma, nell’intervista di Davide Maggiore, suor Elisa Kidané, missionaria comboniana, e direttrice della rivista ComboniFem:

    R. – Noi sappiamo benissimo in che situazione si trovi ad operare tantissime volte la Chiesa d’Africa: in situazioni dove ci sono guerre, dove c’è una povertà incredibile e situazioni veramente di grande sofferenza. Eppure chi mantiene accesa la fiamma della speranza è ancora la donna: la religiosa che cerca di stare accanto alla popolazione che soffre e che cerca di infondere speranza, mantenendo aperte scuole in situazione incredibili, proprio per non fare perdere la speranza. La donna religiosa è, dunque, ancora quella speranza che rimane accesa per i popoli che anelano la pace.

    D. – Per quanto riguarda invece le laiche, sappiamo quanto in Africa sia importante la cultura della maternità. Qual è il ruolo delle donne africane nel salvaguardare la vita?

    R. – La donna d’Africa ha nel suo Dna la certezza di essere la custode della vita. L’Africa è la culla dell’umanità. In qualche maniera, alla donna africana è stata trasmessa questa grande missione, quella di essere custode della vita. Nella donna africana c’è la convinzione che ogni vita sia un dono non solo per l’Africa, ma per l’umanità.

    D. – Cosa possono dare le Chiese d’Africa alla rinnovata riflessione, anche teologica, sulle donne, auspicata da Papa Francesco recentemente?

    R. – Quello che i vescovi stessi, durante il Sinodo dell’Africa, hanno detto: le donne d’Africa sono la colonna vertebrale della Chiesa e della società. Quindi, io penso che continueranno, anzi verranno in qualche maniera rafforzate nella loro missione da Francesco. E le donne d’Africa, che sono piene di umanità, riusciranno ad essere davvero quello che il Papa auspica per questa nostra Chiesa. L’esempio da cui imparare è quello del non abbattersi, della tenacia, della determinazione di portare avanti questo Regno di Dio. Ecco, loro lo fanno ogni giorno.

    D. – Un esempio che può valere anche per le Chiese del Nord del mondo, che spesso si confrontano con la perdita della fede...

    R. – Ad aiutare la Chiesa d’Africa c’è il fatto che i popoli d’Africa hanno un rapporto con la natura, con quello che li circonda, bellissimo. Sanno che, comunque, tutto riporta ad un unico Signore della storia. Non è una cosa che devono imparare sui banchi di scuola, ma fa parte della vita. Questo concetto della presenza di Dio, penso sarà veramente un esempio per le Chiese europee, che in qualche maniera si stanno ‘materializzando’ troppo, perdendo questo contatto invece con quello che è il Dio presente in tutte le cose, in tutte le persone, in tutti gli avvenimenti.

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    Giornata nazionale del Parkinson: pochi fondi in Italia per la ricerca

    ◊   Sono 300mila in Italia i malati affetti dal Parkinson, una malattia degenerativa che colpisce circa 6 mila italiani ogni anno. Iniziative e incontri di sensibilizzazione si tengono su tutto il territorio nazionale, in occasione della quinta edizione della Giornata nazionale del Parkinson, promossa dal comitato medico scientifico Limpe Dismov-Sin. Sulla malattia e sullo stato della ricerca in Italia, per la quale è stata anche lanciata una raccolta di fondi, Antonella Pilia ha intervistato Giovanni De Fazio, neurologo del Policlinico di Bari:00:02:10:68

    R. – Il Parkinson è una malattia progressiva che, purtroppo, peggiora con il tempo; è caratterizzata da una serie di problemi del movimento, il principale dei quali è un rallentamento motorio, che determina la compromissione di tutte le attività della vita quotidiana di una persona. Oltre ai disturbi motori, però, negli ultimi anni sono stati individuati una serie di segni, che possono andare dalla depressione a problemi di olfatto e disturbi del sonno, fino a disagi cognitivi che a volte si trasformano in una vera e propria demenza.

    D. – Il Sistema sanitario nazionale riesce a prendersi carico di questi malati?

    R. – È necessario che ci siano più figure che concorrono alla cura e alla gestione, in generale, del paziente affetto da Parkinson. La diagnosi di questa malattia è clinica: non ci sono esami strumentali che possano sostituirsi al medico, al neurologo in particolare. Per questo motivo, la presenza di questo specialista è fondamentale, ma non tutte le strutture ospedaliere hanno neurologi e non tutti i neurologi sono anche “parkinsonologi”. Tutto questo determina, a volte, la possibilità di errori e ritardi nella diagnosi della malattia.

    D. – Sappiamo quanto sia importante la ricerca scientifica per l’individuazione di una cura. Lo Stato quanto investe in questo campo?

    R. – I finanziamenti da parte dello Stato sono pochissimi per la ricerca in generale, e per la malattia di Parkinson in particolare, pena l’abbandono di approfondimenti culturali e scientifici sulla malattia. La ricerca è lasciata quasi esclusivamente alla buona volontà di alcune strutture universitarie che in Italia si occupano di questa patologia.

    D. – In occasione di questa giornata, avete promosso anche una raccolta fondi destinata alla ricerca sulla caduta dei malati di Parkinson …

    R. – Sì, è un progetto di ricerca volto a cercare di capire meglio quali siano i fattori responsabili di questo segno clinico – la caduta – che può incidere pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti affetti dal Parkinson.

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    Internet e minori. Forum Famiglie: troppi genitori disattenti

    ◊   Un genitore su due non controlla i propri figli quando navigano su Internet. È quanto emerge da uno studio europeo, rilanciato dall’associazione italiana "Assodigitale". Un dato preoccupante confermato anche da un’indagine condotta lo scorso anno dal Forum delle associazioni familiari, su un campione di 1.300 ragazzi, tra 6 e 18 anni. Per un commento, Antonella Pilia ha sentito Pietro Boffi, ricercatore del Centro internazionale studi famiglia e coordinatore della Commissione mass media del Forum:

    R. - Questi minori, privi del controllo dei propri genitori, possono accedere a tutto ciò che desiderano. Anche se c’è da dire che alcuni aspetti tecnici rendono difficile il controllo o - come si usa dire - il parental control mediante strumenti automatici o attraverso il genitore che si affianca. E poi c’è anche una questione di tempi, perché si vive molto fuori tra scuola, amici e compagnie. Questo per dire che il problema, forse, va posto non in termini semplicemente di controllo e repressione, ma di educazione e responsabilizzazione davanti ai valori o ai disvalori che possono essere trasmessi da questi, da altri media o dal contesto circostante.

    D. - Dunque, i genitori come dovrebbero muoversi, in concreto, per controllare l’operato dei propri figli su Internet?

    R. - Direi con tutto quel buon senso con cui si avvicinano alle questioni anche più scottanti che incontrano i propri figli: innanzitutto, mostrando di sapere quali siano i pericoli; e poi, in seconda istanza, cercando di sensibilizzare, formare e dialogare con i propri figli, e non semplicemente vietare una serie di cose che sono sostanzialmente impossibili da proibire.

    D. – Qual è il vostro impegno in qualità di Forum?

    R. - Si sta pensando di creare un portale che possa raccogliere le segnalazioni delle famiglie di ciò che, di positivo e negativo, succede nel mondo dei media. L’Italia ha un uso dei mezzi di comunicazione decisamente peggiore del resto d’Europa: ha una normativa in cui facilmente si possono infilare dei cavilli per riuscire a farla franca, anche quando si trasmettono dei contenuti assolutamente negativi per la crescita dei minori. Noi stiamo cercando di muoverci proprio su questo fronte.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella prima Domenica di avvento, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù esorta a tenersi pronti per il giorno che lo vedrà arrivare come Cristo glorioso, come giudice dei viventi e dei morti:

    “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Inizia oggi il tempo di “avvento”: adventus, significa venuta. Possiamo chiederci: Perché la Chiesa celebra un “ tempo di avvento”? Perché il Dio che Gesù ci ha rivelato è un “Dio che viene”; un Dio che si fa presente; un Dio che ripete volentieri: “Eccomi! Eccomi!”, ad un popolo che non ha né tempo né voglia di ascoltare! Anche quando, come nel Vangelo di oggi, il Signore ci dice: “State pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà”, non lo fa per farci un dispetto, come se giocasse a metterci alla prova. Al contrario! Dio ha creato l’uomo per amore e lo vuole gioioso di questo amore. E amore dice libertà. Amore dice beatitudine, felicità. Il tempo ci è dato come grazia per incontrarci con Lui, per imparare a godere questi suoi doni. Ma noi, tragicamente pressati dalla paura della morte che ci attanaglia ogni giorno, preferiamo “mangiare e bere, prendere moglie e prendere marito”…, cose buone, doni del Signore, certo, ma che passano, finiscono! Siamo talmente occupati tutti i giorni a mettere insieme polvere, da non renderci conto che il Signore viene, che è presente tra di noi. E così spesso viviamo come se Lui non ci fosse. La parola del Signore è pressante: “Tenetevi pronti”. Non per metterci paura, ma per farci alzare gli occhi al Cielo, per chiedere al Signore, come ripetiamo ogni giorno nella Santa Messa: “Vieni, Signore Gesù – Marana thà”. Questo è allora un tempo di grazia per dare alla nostra vita una dimensione divina, un tempo per pregare, per risvegliare il nostro cuore e “correre” lieti incontro al Signore che viene!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Messico: uccisi due sacerdoti, fermate quattro persone

    ◊   Due sacerdoti della parrocchia di San Cristobal nella città messicana di Ixhuatlan Madero, nello Stato di Veracruz, sono stati trovati assassinati questo venerdì nei loro alloggi. Si tratta di padre Hipólito Villalobos Lima e di padre Nicolás De La Cruz Martinez, come conferma attraverso l’agenzia Fides la diocesi di Tuxpan che a breve comunicherà la data dei funerali. Il procuratore generale di Veracruz, Amadeo Flores, ha fatto sapere che quattro persone, probabilmente responsabili degli omicidi, sono già state fermate. Lo scorso 11 novembre i vescovi degli Stati messicani di Michoacan e Guerrero, durante la loro assemblea plenaria, avevano posto l’accento sull’incremento della violenza nei loro territori, specialmente legata ai cartelli della droga ma non solo, tanto che la Conferenza episcopale messicana ha deciso che presenterà a Papa Francesco un rapporto sul tema durante la prossima visita ad limina prevista per il maggio 2014. (R.B.)

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    India: preghiera ecumenica per la giustizia e la riconciliazione

    ◊   Una grande giornata di preghiera ecumenica simultanea si è svolta oggi in India nelle oltre seimila chiese cristiane presenti nel Paese. L’evento è stato organizzato dall’organismo ecumenico United Christian prayer for India con l’obiettivo di promuovere la giustizia sociale ed economica e la riconciliazione nazionale. Il presidente del comitato organizzatore è l’arcivescovo di Delhi, mons. Anil Couto, che ha ribadito come l’India “stia attraversando un momento d’incertezza, soprattutto per le difficoltà relative alle condizioni sociali, economiche e religiose della popolazione”. Da qui è nata l’esigenza di un contributo forte e chiaro delle Chiese cristiane impegnate a costruire la nazione indiana. Proprio a Dehli si è svolto un evento eccezionale con una partecipazione straordinaria. L’idea della preghiera comune è nata nel 2012 in un meeting tra diversi leader cristiani indiani e ha immediatamente riscosso l’appoggio dei leader cristiani di diverse confessioni appartenenti a 130 tra organizzazioni, diocesi e parrocchie in numerosi Stati. (R.B.)

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    Pakistan. Nuove minacce di morte all’avvocato dei cristiani

    ◊   “Pregate perché Dio ci dia la forza, il coraggio e la saggezza per affrontare questa delicata e pericolosa situazione; chiediamo a tutti gli amici e ai fedeli cristiani di pregare per noi”. Questo l’appello lanciato anche attraverso l’agenzia Fides dall’avvocato pakistano cristiano Sardar Mushtaq Gill, attivista per i diritti umani e difensore di molti cristiani ingiustamente accusati di blasfemia in Pakistan. Nei giorni scorsi, ha ricevuto nuove minacce di morte. La sua casa è stata colpita da diversi colpi d’arma da fuoco. L’ultimo eclatante caso di cui il legale si era occupato, è stato quello di Younis Masih, condannato a morte nel 2005 e rilasciato pochi giorni fa dopo l’esito positivo del ricorso alla Corte d’Appello di Lahore. Secondo l’avvocato, queste intimidazioni mirano a fermare il lavoro dell’organizzazione Legal Evangelical Association Development – nata in Punjab - che monitora la situazione dei cristiani che vivono in Pakistan e offre a questi sia aiuto legale che materiale gratuito. (R.B.)

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    Aereo mozambicano si schianta in Namibia: 34 vittime

    ◊   Sono tutte morte le 34 persone a bordo dell’aereo Embraer 190 della compagnia di bandiera mozambicana Lam, scomparso venerdì durante una tempesta, i cui resti, completamente bruciati, sono stati ritrovati oggi nel nordest della Namibia, precisamente all’interno del Bwabwata National Park. L’aereo si è schiantato mentre era in volo tra Maputo e la capitale dell’Angola, Luanda. A bordo, secondo le autorità, c’erano passeggeri mozambicani, angolani, portoghesi, un francese, un brasiliano e un cinese. (R.B.)

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    Scozia, elicottero si schianta su pub a Glasgow, almeno 6 morti

    ◊   Lo schianto, avvenuto ieri sera a Glasgow, di un elicottero della polizia sul pub Clutha, in cui sarebbero morte almeno sei persone è stato “una tragica fatalità”. Oltre 30 i feriti. Il bilancio delle vittime, ha avvertito il primo ministro scozzese Almond, è destinato ad aumentare. L’incidente è avvenuto sulla riva del fiume Clyde. Molte persone che si trovavano all’interno del pub al momento dello schianto, si troverebbero ancora intrappolate sotto le macerie del locale, mentre è ormai certa la morte degli occupanti del velivolo: due agenti della polizia e un civile. (R.B.)

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    Immigrazione, dal 2 al 4 dicembre incontro dei vescovi europei a Malta

    ◊   La Pastorale della Chiesa per la vita dei migranti è una priorità che ha un influsso in tutta la vita sociale. Su questo tema sarà incentrato l’incontro che il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) ha organizzato a Malta dal 2 al 4 dicembre prossimi, intitolato “La pastorale dei migranti e rifugiati: tra integrazione e inclusione”. L’obiettivo è di scambiare esperienze ed eventuali difficoltà incontrate nelle politiche migratorie e nella questione dell’integrazione dei lavoratori immigrati. L’incontro, cui parteciperanno – tra gli altri – il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti, cardinale Antonio Maria Vegliò e il sottosegretario, mons. Gabriele Ferdinando Bentoglio, si aprirà ad Hal Safi, nel sud dell’isola, con una visita al centro per richiedenti asilo ormai chiuso. “Il fenomeno migratorio è sempre stato presente nel continente europeo – ha detto il segretario generale della Ccee, mons. Duarte da Cunha – ma per diverse ragioni oggi assume nuove dimensioni e si presenta più complesso che mai, perché i migranti esigono da parte della società una risposta a livello sociale, politico e pastorale alle nuove sfide”. “Sapendo che la vita religiosa e l’appartenenza a una comunità di fede è molto importante nella vita di ciascuno e che si fa sentire in maniera particolare per chi sta lontano da casa – ha concluso il presule, le cui parole sono riportate dal Sir – è urgente che venga riconosciuto da tutti il valore che la Pastorale della Chiesa ha per la vita degli emigrati”. (R.B.)

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    Il cardinale Bagnasco: “La Chiesa non è una ong, ma corpo vivo di Cristo”

    ◊   “Le cose peggiori spesso si fanno in nome del bene comune”. Così ha parlato oggi il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, intervenendo al convegno “1933-2013: Genova e il Paverano, 80 anni di carità”, riferendosi a pratiche come l’eutanasia e l’aborto. Sul tema della legge di stabilità ha poi aggiunto che i tagli “non devono essere indiscriminati, ma rispondere a criteri di equità, giustizia e attenzione”. Più tardi il porporato ha celebrato nella cattedrale di San Lorenzo l’80.mo anniversario dell’Opera Don Orione e dell’apertura del suo istituto nel capoluogo ligure, ringraziando i volontari per il loro servizio: “Coloro che sono nel bisogno, più indifesi ed esposti, sono invisibili agli occhi della società che punta sul profitto, sul denaro, sul potere e sull’efficienza – ha detto durante l’omelia – e che quindi troppo spesso ha poco tempo e poca voglia di occuparsi degli altri, quando ciò non fa tornare nulla”. Il porporato ha poi ricordato quante opere della Chiesa nel mondo sono “diventate languide si sono esaurite o si sono spente perché strada facendo si sono ritenute grandi e hanno acquisito quello stile di mondanità spirituale che tanto stigmatizza Papa Francesco”. “La Chiesa – ha concluso - non è un’organizzazione, una ong, ma un organismo vivo, un corpo vivo perché corpo di Cristo”. (R.B.)

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    La Chiesa del Nicaragua compie 100 anni

    ◊   La Chiesa cattolica celebrerà il primo centenario della creazione della Provincia ecclesiastica di Nicaragua con una Santa Messa di Rendimento di Grazie presieduta dall’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa Savino, inviato speciale di Papa Francesco, e concelebrata da tutti i vescovi del Paese. All’evento parteciperanno anche il cardinale nicaraguense Miguel Obando y Bravo, il cardinale Oscar Andrés Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, e diversi vescovi centroamericani. I festeggiamenti inizieranno domani, domenica 1 dicembre, vigilia del centenario, con la celebrazione dei Vespri, e culmineranno lunedì 2 con la celebrazione eucaristica in cattedrale a Managua. L’evento chiude il triennio di preparazione indetto dalla Conferenza episcopale locale tre anni or sono, dedicato all’incontro con Cristo.Profeta (anni 2012-2011), all’incontro con Cristo-Sacerdote nell’Eucaristia (2011-2012), e all’incontro con Cristo-Carità nei volti dei più poveri e dei bisognosi (2012-2013). La creazione della Provincia ecclesiastica di Nicaragua avvenne il 2 dicembre 1913 per volontà di Papa San Pio X; fino ad allora faceva parte della diocesi di Leòn – suffraganea di Guatemala – creata nel 1534 sotto il pontificato di Paolo III nel territorio nicaraguense. Secondo i vescovi, la creazione della Provincia ecclesiastica di Nicaragua e dell’arcidiocesi di Managua è stata la risposta della Santa Sede alla maturità di una chiesa che ancora oggi, dopo cento anni, si rinnova con entusiasmo nel seguire e proclamare il Vangelo di Gesù. (A.T.)

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    L’Osservatore Romano esce anche in Ungheria

    ◊   Da questa domenica e ogni due settimane, all’interno della rivista cattolica ungherese Új Ember, uscirà un inserto di quattro pagine con articoli scelti dall’Osservatore Romano. L’iniziativa è stata resa possibile grazie ad uno storico accordo tra il periodico ungherese e il quotidiano della Santa Sede, il cui direttore Gian Maria Vian commenta così: “Ha un significato molto importante perché è la prima volta dal 1980, cioè da quando è iniziata l’edizione mensile in lingua polacca del giornale, pubblicata in un Paese dell’Europa centrale e orientale, una volta sotto i regimi comunisti”. L’Osservatore, come conferma il suo direttore, ha intenzione di espandere queste collaborazioni con testate estere, affermando che ci sono “segnali d’interesse” soprattutto dall’Europa orientale e dai Paesi dell’America Latina e spiega come si svolge la procedura: “L’iniziativa in genere parte dal Paese interessato e da una testata giornalistica e ci deve essere un accordo con i vescovi e con la Chiesa locale; dopo di che segue la richiesta di accordo giornalistico con il quotidiano della Santa Sede”. Da queste collaborazioni L’Osservatore Romano si aspetta di offrire un punto di vista diverso da aggiungere a quello dei cattolici nel Paese in questione, per mostrare a sua volta che il punto di vista della Santa Sede che è uno “sguardo rivolto a tutto il mondo”. (R.B.)

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    Giornata della Colletta alimentare in Italia

    ◊   Si svolge questo sabato la Giornata nazionale della Colletta alimentare, organizzata ogni anno nell’ultimo sabato di novembre dalla Fondazione Banco Alimentare onlus. Dal 1997 è sempre stata un momento molto importante di sensibilizzazione e di coinvolgimento della società civile sul problema della povertà, attraverso un gesto concreto di gratuità e di condivisione tra i più semplici: fare la spesa per i poveri. Nell’ultima edizione del 2012 sono state oltre novemila le tonnellate di cibo raccolte in un solo giorno e cinque milioni gli italiani che hanno aderito: un vero e proprio spettacolo di carità, con l’esperienza del dono che eccede ogni aspettativa generando una sovrabbondante solidarietà umana. Sempre nel 2012, sono stati 135 mila i volontari coinvolti e 10 mila i punti vendita aderenti, mentre oltre ottomila sono state le strutture caritative che ne hanno beneficiato. Per promuovere l’edizione di quest’anno, gli organizzatori hanno fatto proprio l’invito pronunciato da Papa Francesco nell’udienza generale del 5 giugno 2013: “Invito tutti a riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi”. (R.B.)

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    Mostra sulla cappella costruita nelle isole Orcadi durante la seconda guerra mondiale

    ◊   La cappella Italiana delle Isole Orcadi - I prigionieri del “Campo 60”. Si intitola così la rassegna storico-fotografica inaugurata ieri a Roma presso la sede dell'Unar (Unione delle Associazioni Regionali di Roma e del Lazio), la Casa delle Associazioni Regionali. L'iniziativa ripercorre la storia della realizzazione della chiesa costruita nel 1942 sull'isoletta di Lambholm, nell'arcipelago delle Orcadi, a nord della Scozia, da circa 1.300 sodati italiani, catturati dall’esercito britannico in Nord Africa e condotti prigionieri nel Mar del Nord per essere impiegati nella costruzione di barriere antisottomarino. La struttura è stata realizzata utilizzando materiali di riciclo e strumenti improvvisati e rappresenta un simbolo straordinario dell’ingegno e della grande capacità artistica di quegli italiani, pur in condizioni di estremo disagio, nonché testimonianza della loro fede profonda. All'inaugurazione della mostra, organizzata dall'Associazione Romana della Ciociaria e curata da Gabriella Tamburello, con la direzione artistica del professor Marco Bussagli, è intervenuto anche Coriolano “Gino” Caprara, 93 anni, uno dei prigionieri ancora in vita. Fabio Chiocchetti ha poi ricordato la figura del padre Domenico, altro prigioniero e artista dilettante di Moena (Trento), scomparso nel 1999, al quale si deve la maggior parte delle decorazioni interne della cappella. In questo piccolo scrigno d'arte, arrivano ogni anno oltre 100.000 visitatori, grazie all’opera di conservazione portata avanti da un apposito comitato. (A cura di Federico Chiapolino)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 334

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