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Sommario del 29/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: il 2015 sarà anno dedicato alla vita consacrata
  • Il Papa: il cristiano non cede al “pensiero debole”, ma pensa secondo Dio
  • Papa Francesco: usare diligenza nelle cause di nullità matrimoniale
  • "Evangelli gaudium". Il neonatologo Bellieni: rasserena l'amore del Papa per la vita
  • Nomine di Papa Francesco
  • Tweet del Papa: Signore, donaci la tua misericordia per perdonare sempre
  • Vaticano. Simposio su sviluppo sostenibile ed economia solidale in Africa
  • Pakistan. Mons. Shaw: la Chiesa con leadership locale ha rafforzato dialogo con l'islam
  • Mons. Nykiel: se le chiese restano aperte aumenterà la gente che si confessa
  • Convegno su Osce e libertà religiosa. Giovanelli: seguire la via del dialogo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. Rapporto Unhcr: dramma per 1,2 milioni di bambini rifugiati
  • Egitto. Allerta in Piazza Tahrir. Mons. Golta: speranza per la nuova Costituzione
  • Stop dell'Ucraina alla firma dell'accordo di partenariato con l'Ue
  • Ue, in un documento le linee guida in difesa della libertà religiosa
  • Pena di morte: 1600 città nel mondo dicono no, domani illuminato il Colosseo
  • Misericordie in Terra Santa: dal 2014 aiuti sociosanitari ai palestinesi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Giornata di solidarietà col popolo palestinese: messaggio di Ban Ki-moon. Convegno di Pax Christi
  • Pakistan: liberato il cristiano Younis Masih, condannato a morte per blasfemia
  • Venezuela: la Chiesa americana in missione permanente, per dare testimonianza con la vita
  • Inizia oggi la visita pastorale del card. Filoni nelle Antille
  • Grecia: l'arcivescovo di Atene teme una vasta rivolta sociale
  • Honduras: Hernandez proclamato vincitore alle presidenziali
  • Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui all'Onu: accelerate l'invio della Forza di pace
  • Ecumenismo: aperta la Conferenza di Varsavia sul cristianesimo in Europa
  • Il card. Bagnasco sulla custodia del creato: Andiamo nelle periferie con il calore del cuore
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: il 2015 sarà anno dedicato alla vita consacrata

    ◊   Papa Francesco ha incontrato, stamani in Vaticano, i partecipanti all’82.ma Assemblea generale dell’Unione superiori generali (Usg), tenutasi in questi giorni a Roma. Si è trattato – spiega un comunicato dell’Unione – di un lungo incontro di tre ore, in cui il Pontefice non ha pronunciato un discorso preparato, ma ha risposto a braccio alle domande che gli venivano poste. Al termine dell’incontro, presenti 120 superiori generali, un importante annuncio del Papa: il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un lungo colloquio fraterno e cordiale fatto di domande e risposte. Si è svolto così l’incontro di Papa Francesco con i superiori generali in Vaticano. Evento nel quale il Papa ha annunciato che il 2015 sarà dedicato proprio alla vita consacrata. Il Pontefice ha rilevato che la radicalità è richiesta a tutti i cristiani, ma i religiosi sono chiamati a seguire il Signore in maniera speciale. “Sono uomini e donne che possano svegliare il mondo – ha sottolineato – la vita consacrata è profezia”. Dio, ha detto ancora, “ci chiede di uscire dal nido che ci contiene ed essere inviati nelle frontiere del mondo, evitando la tentazione di addomesticarle. Questo è il modo più concreto di imitare il Signore”. Interrogato poi sulla situazione delle vocazioni, il Papa ha sottolineato che ci sono Chiese giovani che stanno dando frutti nuovi. Ciò, ha rilevato, obbliga naturalmente a ripensare l’inculturazione del carisma. La Chiesa, è stata la considerazione del Papa, deve chiedere perdono e guardare con molta vergogna gli insuccessi apostolici a causa dei fraintendimenti in questo campo, come nel caso di Matteo Ricci. Il dialogo interculturale, ha proseguito, deve spingere a introdurre nel governo degli Istituti religiosi persone di varie culture che esprimono modi diversi di vivere il carisma.

    Papa Francesco ha, quindi, insistito molto sulla formazione che, a suo avviso, si basa su quattro pilastri fondamentali: formazione spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica. È imprescindibile, ha aggiunto, evitare ogni forma di ipocrisia e di clericalismo grazie a un dialogo franco e aperto su ogni aspetto della vita: “la formazione – ha avvertito – è un’opera artigianale, non poliziesca”, “l’obiettivo è formare religiosi che abbiano un cuore tenero e non acido come l’aceto. Tutti siamo peccatori, ma non corrotti. Si accettino i peccatori, ma non i corrotti”. Rispondendo poi ad una domanda sulla fraternità, il Papa ha detto che essa ha una forza di attrazione enorme. Suppone l’accettazione delle differenze e dei conflitti. A volte è difficile viverla, ma se non la si vive non si è fecondi. In ogni caso, ha detto, “mai dobbiamo agire come gestori davanti al conflitto di un fratello: bisogna accarezzare il conflitto”. Sono state poste quindi alcune domande sulle mutue relazioni tra i religiosi e le Chiese particolari nelle quali essi sono inseriti. Il Papa ha affermato di conoscere per esperienza i problemi possibili: “Noi vescovi – ha detto – dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono carismi che arricchiscono le diocesi”.

    Le ultime domande hanno riguardato le frontiere della missione dei consacrati. “Esse – ha esortato – vanno cercate sulla base dei carismi”. Le realtà di esclusione rimangono le priorità più significative. Accanto a queste sfide, ha citato quella culturale e quella educativa nelle scuole e nelle università. Il Papa ha indicato tre pilastri dell’educazione: “Trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori. Attraverso questi si trasmette la fede. L’educatore deve essere all’altezza delle persone che educa, e interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia”. Da ultimo, il Papa ha ringraziato i superiori generali per lo “spirito di fede e la ricerca del servizio”. “Grazie per la vostra testimonianza – ha concluso – e anche per le umiliazioni per le quali dovete passare”.

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    Il Papa: il cristiano non cede al “pensiero debole”, ma pensa secondo Dio

    ◊   Il cristiano pensa secondo Dio e per questo rifiuta il pensiero debole ed uniforme. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che, per capire i segni dei tempi, un cristiano non può pensare solo con la testa, ma anche con il cuore e con lo spirito che ha dentro. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il Signore insegna ai suoi discepoli a comprendere i “segni dei tempi”, segni che i farisei non riescono a cogliere. Papa Francesco ha preso spunto dal Vangelo odierno per soffermarsi sul “pensare in cristiano”. Chi segue Gesù, ha osservato, non pensa solo con la testa, ma anche con il cuore e “lo spirito che ha dentro”. Altrimenti non si può comprendere “il passo di Dio nella storia”:

    “Nel Vangelo, Gesù non si arrabbia, ma fa finta quando i discepoli non capivano le cose. A quelli di Emmaus dice: ‘Stolti e tardi di cuore’. ‘Stolti e tardi di cuore’… Quello che non capisce le cose di Dio è una persona così. Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede: cosa succede nel mio cuore, cosa succede nella mia vita, cosa succede nel mondo, nella storia… Cosa significa questo che accade adesso? Questi sono i segni dei tempi! Invece, lo spirito del mondo ci fa altre proposte, perché lo spirito del mondo non ci vuole popolo: ci vuole massa, senza pensiero, senza libertà”.

    Lo spirito del mondo, ha ribadito, “vuole che andiamo per una strada di uniformità”, ma, come avverte San Paolo, “lo spirito del mondo ci tratta come se noi non avessimo la capacità di pensare da noi stessi; ci tratta come persone non libere”:

    “Il pensiero uniforme, il pensiero uguale, il pensiero debole, un pensiero così diffuso. Lo spirito del mondo non vuole che noi ci chiediamo davanti a Dio: 'Ma perché questo, perché quell’altro, perché accade questo?'. O anche ci propone un pensiero prêt-à-porter, secondo i propri gusti: ‘Io penso come mi piace!’. Ma quello va bene, dicono loro… Ma quello che lo spirito del mondo non vuole è questo che Gesù ci chiede: il pensiero libero, il pensiero di un uomo e di una donna che sono parte del popolo di Dio e la salvezza è stata proprio questa! Pensate ai profeti… ‘Tu non eri mio popolo, adesso ti dico popolo mio’: così dice il Signore. E questa è la salvezza: farci popolo, popolo di Dio, avere libertà”.

    “E Gesù – ha soggiunto – ci chiede di pensare liberamente, pensare per capire cosa succede”. La verità, ha detto ancora il Papa, è che “da soli non possiamo! Abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore”. Ne abbiamo bisogno “per capire i segni dei tempi” e, ha evidenziato, “lo Spirito Santo ci dà questo regalo, un dono: l’intelligenza per capire e non perché altri mi dicano cosa succede”:

    “Qual è la strada che il Signore vuole? Sempre con lo spirito di intelligenza per capire i segni dei tempi. E’ bello chiedere al Signore Gesù questa grazia, che ci invii il suo spirito di intelligenza, perché noi non abbiamo un pensiero debole, non abbiamo un pensiero uniforme e non abbiamo un pensiero secondo i propri gusti: soltanto abbiamo un pensiero secondo Dio. Con questo pensiero, che è un pensiero di mente, di cuore e di anima. Con questo pensiero, che è dono dello Spirito, cercare cosa significano le cose e capire bene i segni dei tempi”.

    Questa, ha concluso, è dunque la grazia che dobbiamo chiedere oggi al Signore: “La capacità che ci dà lo Spirito” per “capire bene i segni dei tempi”.

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    Papa Francesco: usare diligenza nelle cause di nullità matrimoniale

    ◊   Apprezzamento per la “diligenza” e la “sollecitudine” mostrate, fin dai primi passi a livello diocesano, nel valutare le richiestr di scioglimento del matrimonio sacramentale. Lo esprime Papa Francesco in una lettera allo Studio Rotale per l’apertura dell’Anno Accademico. Come informa un articolo dell’Osservatore Romano, l’anno “si è aperto con un corso super rato del Tribunale della Rota romana” e nell’occasione il Papa ha espresso anche plauso e vicinanza all’iniziativa con una lettera al decano, Pio Vito Pinto, nella quale tra l’altro sottolinea “la sintonia fra il tema del corso e l’attenzione alla pastorale familiare”. Tale corso – scrive fra l’altro Papa Francesco – “ben si iscrive nell’attenzione alla pastorale familiare a cui più volte ho fatto riferimento e che troverà una occasione di speciale riflessione nel prossimo Sinodo straordinario dal titolo ‘Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione’”. Ogni mese, rileva il Papa, giungono attraverso la Segreteria di Stato “le richieste di scioglimento del matrimonio sacramentale rato et non consumato”, dietro le quali “c’è innanzitutto – sottolinea – il desiderio di molti uomini e di molte donne credenti di poter celebrare un nuovo e valido vincolo coniugale che permetta loro di partecipare pienamente all’Eucarestia e alla vita ecclesiale nel contesto di una ritrovata pace interiore”. La lettera termina ponendo in risalto la “cooperazione tra le curie diocesane e il Tribunale della Rota in questa materia” e con l’elogio del Papa per il lavoro preparatorio svolto “con diligenza e sollecitudine nelle curie diocesane delle Chiese particolari”, presso cui le domande sono istruite “prima di giungere al dicastero romano per lo studio richiesto dalla norma canonica”.

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    "Evangelli gaudium". Il neonatologo Bellieni: rasserena l'amore del Papa per la vita

    ◊   Nell’esortazione Evagelii gaudium, il Papa esorta i fedeli cristiani ad una nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla gioia del Vangelo. In alcuni passi Papa Francesco si sofferma sul prendersi cura dei più fra fragili. Fra questi ci sono “i bambini nascituri, che – dice – sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo”. Debora Donnini ha chiesto a Carlo Bellieni, neonatologo al Policlinico Universitario di Siena, come abbia accolto questo testo del Papa:

    R. – Mi ha dato una grande serenità e una grande gioia, perché vedere il criterio del rispetto della vita in ogni ambito è una cosa che veramente non può che dare grande gioia, soprattutto a chi si occupa dei più piccoli e dei più fragili tra gli esseri umani. Questa idea di vedere tutte le emarginazioni, dalla vita nascente alla povertà, allo sfruttamento, alla violenza sulle donne, accomunate all’interno di un giudizio negativo dato a questa terribile "cultura dello scarto", che pensa che la vita valga di essere vissuta solo a certe condizioni, questo è un giudizio che dà molta serenità a tutti, perché fa vedere che non c’è una preclusione ma che ogni vita viene guardata dentro la sua dignità e con un grandissimo rispetto e amore. E questo grandissimo rispetto e amore che fa vedere il Papa è veramente una cosa rasserenante per tutti.

    D. – Il Papa dice anche che l’essere umano è sempre sacro e involabile, in qualsiasi fase del suo sviluppo. “Non è progressista – afferma – pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”. L’hanno colpita queste parole?

    R. – Sì, mi hanno colpito e in particolare mi hanno colpito due passaggi. Uno, quando dice che la sola ragione è sufficiente a capire questo. Ed è vero, perché è sotto gli occhi di tutti, sia di chi fa scienza ma anche di qualunque mamma, che la vita umana è presente dentro l’utero materno e che è una vita umana con la stessa dignità della vita umana dopo la nascita. La sola ragione è sufficiente a capire che la vita umana inizia al momento del concepimento: questo lo dice la biologia, lo dice l’embriologia, lo dice la genetica. L’altra cosa, che è veramente stata molto bella, è vedere come venga affermata anche la dignità del bambino. Il Papa dice in questo punto che l’essere umano è “un fine in se stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà”. E quanto spesso, invece, noi sentiamo parlare del figlio – e quindi del bambino – come di un diritto, come di un’esigenza… Il Papa fa vedere anche questo: la vita del bambino non soltanto è sacra perché non può essere eliminata, ma è anche sacra perché non è subordinata al desiderio del genitore.

    D. – Papa Francesco dice anche: “E’ vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, in cui l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie”, in riferimento a contesti di estrema povertà o come conseguenza di violenze. E quindi afferma ancora: “Chi non può capire tali situazioni così dolorose?”

    R. – E’ anche proprio nel quadro che lui dice prima, cioè nell’idea che non è progressista l’aborto. E che cos’è progressista, cos’è che fa avanzare? Fa avanzare uno sguardo che dica: la donna, effettivamente, vuole veramente mille modi per non avere figli, oppure vuole mille modi per averli, per accettarli e per accoglierli? Oggi, la società fa soltanto questo: ti da mille modi per non avere figli, ma nessun aiuto – o quasi – quando tu vuoi avere un figlio. E anche nella situazione di povertà quasi non c’è un aiuto, nella situazione di fatica mentale o fisica non c’è un aiuto.


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    Nomine di Papa Francesco

    ◊   In Swaziland, Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi di Manzini, mons. José Luis Gerardo Ponce de León, I.M.C., finora Vicario Apostolico di Ingwavuma. Lo stesso presule è stato nominato amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis del Vicariato Apostolico di Ingwavuma.

    In Bielorussia, il Papa ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev il rev.do Yury Kasabutski, finora cancelliere della Curia arcidiocesana, assegnandogli la sede titolare vescovile di Scilio.

    In Bielorussia, il Papa ha nominato vescovo di Vitebsk il rev.do Aleh Butkevich, finora parroco della parrocchia di Sant’Antonio di Padova nella medesima città.

    Sempre in Bielorussia, il Papa ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Grodno il rev.do mons. Iosif Staneuski, finora rettore del seminario maggiore della medesima diocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tabaicara.

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    Tweet del Papa: Signore, donaci la tua misericordia per perdonare sempre

    ◊   “Per noi è difficile perdonare gli altri. Signore, donaci la tua misericordia, per perdonare sempre”. E’ questo il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account in 9 lingue @Pontifex, seguito da oltre 10 milioni di follower.

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    Vaticano. Simposio su sviluppo sostenibile ed economia solidale in Africa

    ◊   Riflettere su quanto e come è possibile in Africa un’economia solidale e uno sviluppo sostenibile alla luce della situazione attuale del continente e degli attori che vi sono impegnati. Questo alla base del Simposio internazionale ospitato oggi nella sede della Pontificia Accademia delle Scienza, in Vaticano, promosso dalla Fondazione Sorella Natura. Introducendo il dibattito, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, ha voluto sottolineare che, trovandoci “dentro un sistema globale nel quale tutto è interdipendente, o ci si impegna a salvaguardare il bene comune o tutti avremo gravi danni.” A seguire i lavori c’era Gabriella Ceraso:

    Pensiero e azione: occorrono entrambi per uno sviluppo sostenibile in Africa. E se l’impegno deve essere coordinato e sistematico tra politica, società e organismi internazionali, uno degli aspetti più importanti da tutelare è l’educazione. Le parole del cardinale Giovanni Battista Re sono anche quelle dell’arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, il cardinale Laurent Monswengo Pasinya, che parla di formazione urgente della classe dirigente africana, per quello che è il reale modello di sviluppo, fallite le teorie tradizionali, e cioè quello offerto dalla Dottrina Sociale della Chiesa, lo sviluppo integrale: una sfida - dice - più grande della povertà. E’ durevole e solidale, perché non coincide con sviluppo economico, né - tout court - con diritti umani, ma considera l’uomo come persona, come umanità intera e mai si dimentica che tutto è dono di Dio. Il cardinale Monswengo Pasinya:

    “I cristiani devono pregare, perché devono rendersi conto che lo sviluppo è un dono di Dio ed è un dono di Dio nella fratellanza. E anche la pace che vogliamo sia il nuovo nome dello sviluppo è un dono di Dio. Senza pregare non arriveremo a farlo”.

    La tutela dei diritti umani, il valore della persona, la ricchezza delle diversità: questa è l’ottica con cui guardare all’Africa aggiunge il ministro per l'Integrazione, Cécile Kyenge. “La politica internazionale - sostiene - dovrebbe intervenire per sanare innanzitutto l’instabilità interna dell’Africa e la corruzione, che ostacolano lo sviluppo e su cui la Chiesa è già impegnata in prima linea. Il ministro Kyebge:

    “La Chiesa può avere un ruolo molto importante proprio nel cercare di portare la pace, nel cercare di aumentare anche l’empowerment - la capacità di ognuno di noi di credere che ciascuno è una risorsa. Quindi, la salvezza può arrivare soltanto delle energie che mettiamo in campo”.

    Al Simposio arriva la testimonianza anche di un missionario, padre Piero Gheddo: “lo sviluppo dell’Africa - dice - viene dal Vangelo oltre che dall’educazione, perché la religione animista e l’analfabetismo sono i nemici più atavici del progresso vero nel continente”.

    Sull’incubo del terrorismo e sulla mancanza di rapporti tra gli Stati africani, insiste invece Romano Prodi, inviato speciale del segretario generale dell'Onu per il Sahel:

    “Se non c’è un mercato grande, se non c’è un’economia continentale o perlomeno per grandi regioni, lo sviluppo è certamente limitato. Dal punto di vista del contorno esterno, inoltre, bisogna che continui un’apertura dei mercati. In questo momento, l’Africa ha bisogno ancora di essere trascinata da una domanda di esportazione”.

    E proprio nel Sahel è in corso un progetto regionale che può fare da apripista per tutto il continente. Ancora Romano Prodi:

    “L’Onu ha impostato un piano di sviluppo futuro che vede la cooperazione fra i diversi Paesi, la scelta di cinque priorità - cibo, energia soprattutto solare, scuola, salute e infrastrutture - in modo da poter attrarre gli investimenti stranieri e aumentare l’offerta di cibo per evitare le carestie, che ritornano sempre”.

    A Romano Prodi, come al cardinale Oscar Maradiaga e all’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, è stata consegnata la Laurea honoris causa durante il Simposio, proprio per l’impegno messo in campo nel continente africano.

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    Pakistan. Mons. Shaw: la Chiesa con leadership locale ha rafforzato dialogo con l'islam

    ◊   Cambia il volto delle Chiese in Oriente – non più rappresentate da gerarchie di provenienza occidentale, bensì locale – e questo si traduce in un miglioramento dei rapporti con le religioni di maggioranza. L’aspetto è emerso nel corso della recente plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Un più aperto dialogo con i musulmani è quello che, ad esempio, sperimenta la Chiesa pakistana. Lo conferma il nuovo arcivescovo di Lahore, Sebastian Shaw, che ne spiega i motivi al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – I have two or three reasons...
    Ci sono due o tre ragioni. La prima, per esempio, è che molti anni fa nella Chiesa i leader, per la maggior parte, erano stranieri, bianchi. In questo modo, noi cristiani in Pakistan eravamo considerati appartenenti a una religione straniera. Le persone avevano contatti religiosi attraverso le nostre istituzioni: scuole, ospedali, istituzioni sociali come la Caritas. Ora che tutti noi leader siamo autoctoni, ci riuniamo per parlare e ricordiamo loro che siamo pakistani e che apparteniamo alla loro stessa terra. Questo contribuisce a dare pure una nuova immagine della Chiesa, della Chiesa cattolica, agli abitanti del Pakistan, che sono in maggioranza musulmani. Viviamo insieme da secoli: già i nostri bisnonni hanno vissuto insieme, ma siamo sempre stati considerati alleati dell’America o dell’Europa. Ora, questo è un grande cambiamento: uno è quello della leadership, che è ormai locale, e l’altro è il dialogo aperto. Oggi, le occasioni di dialogo non sono più soltanto attraverso le nostre istituzioni, come scuole e ospedali, ma c’è una forma di dialogo.

    D. – Ci può fare un esempio concreto dei modi in cui pensa che questo dialogo si stia aprendo e stia migliorando, o allentando le tensioni?

    R. – Concrete example I want to give you…
    Un esempio concreto che voglio fare è quello dell’attacco avvenuto, l’8 marzo di quest’anno, contro la “Joseph Colony”, nella mia arcidiocesi di Lahore. Un uomo era stato accusato di blasfemia, ma di nuovo il problema è stato che se pure una singola persona avesse fatto qualcosa – ed è ancora da dimostrare – sono state date alle fiamme più di 100 case. Quando abbiamo sentito tutto questo, abbiamo iniziato a telefonare. Io stesso ho chiamato l’imam della moschea di Badshahi di Lahore e poi abbiamo sentito anche altri eminenti studiosi e religiosi islamici. Poi, ancora, abbiamo coinvolto i leader politici, cristiani e musulmani insieme. Abbiamo tenuto una conferenza nell’arcivescovado ed è stata la prima volta. Per molti studiosi, anche musulmani, è stata la prima visita nell’arcivescovado. Noi abbiamo aperto loro la nostra casa e insieme siamo andati sul posto. Questo è stato d’incoraggiamento alle persone, alle vittime, perché non eravamo solo noi, che componiamo la minoranza, a essere con loro, ma anche le persone che compongono la maggioranza. In una settimana, hanno cominciato a ristrutturare le loro case e la gente ha provato un senso di sicurezza e ha cominciato a tornare.

    D. – Nel suo nuovo documento, la Evangelii gaudium, Papa Francesco rivolge un appello particolare ai leader del mondo musulmano, perché ai cristiani venga garantita la stessa libertà che i musulmani godono nei Paesi cristiani...

    R. – It is very very significant…
    E’ molto, molto importante. Una cosa che ho imparato da questa plenaria del Pontifico Consiglio è che una cosa è parlare di cittadinanza, altra cosa è parlare di affiliazioni religiose. Quindi, per le persone che vivono per esempio in Pakistan, il primo diritto è quello alla cittadinanza, il secondo riguarda la loro affiliazione religiosa. In questo senso, penso che il messaggio e l’appello che il Santo Padre ha rivolto ai leader religiosi, e anche a noi, sia molto positivo: ci chiede di vivere insieme, dobbiamo trovare il sistema per vivere insieme. Ora, partendo dal presupposto che i musulmani accettano Gesù Cristo e la Bibbia, il Libro Sacro, dobbiamo trovare elementi comuni sui quali possiamo trovarci d’accordo, parlare e lavorare insieme per la crescita del Paese e anche per la pace nel mondo.

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    Mons. Nykiel: se le chiese restano aperte aumenterà la gente che si confessa

    ◊   Ogni cristiano è chiamato a professare la sua fede nella Divina Misericordia e a riconoscere alla Chiesa il potere di rimettere i peccati. Sono questi i concetti centrali ribaditi durante la terza Settimana internazionale della riconciliazione, che si chiude in queste ore a San Giovanni Rotondo. Organizzata dall’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, con il patrocinio della Penitenzieria Apostolica, la settimana aveva come tema “Credo la remissione dei peccati”. Fabio Colagrande ne ha parlato con il reggente della Penitenzieria, mons. Krzysztof Nykiel:

    R. - Papa Francesco, nell’ultima udienza generale del 20 novembre scorso, è tornato a riflettere sul Sacramento della Confessione e sull’importanza imprescindibile della mediazione ecclesiale nell’amministrazione di questo Sacramento. Egli, infatti, ha ricordato che la Chiesa è depositaria del potere delle chiavi, è serva del ministero della misericordia e si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono divino. Solo l’assoluzione dei peccati impartita dal sacerdote, che è il dispensatore della Divina Grazia, ci dà la certezza che il Signore ha perdonato ogni nostro peccato e ha cancellato ogni colpa. Proprio su questo aspetto della fede cristiana riguardante “la remissione dei peccati”, come dono immenso della Divina Misericordia del Padre, sappiamo come oggi sia presente e permanga una grande difficoltà. E’ questa difficoltà dell’uomo moderno a riconoscere il peccato e il perdono che spiega, alla radice, anche le difficoltà della pratica cristiana della confessione o riconciliazione.

    D. - Perché per un cristiano è così importante il Sacramento della Confessione?

    R. - Perché la Confessione sacramentale è la pratica che più di ogni altra ci permette di sperimentare la grandezza, la bellezza e la potenza rigenerante della Divina Misericordia. Quando il penitente entra nel confessionale, egli si accosta realmente all’amore del Padre, entra nel cuore misericordioso di Dio che è l’unico capace di guarire le ferite dell’anima, di togliere il peccato che ci impedisce di rimanere nell’amicizia con Lui, di fare nuove tutte le cose nel fedele che con umiltà e sincero pentimento implora il perdono.

    D. - Questa terza Settimana di Riconciliazione è rivolta soprattutto ai confessori. Eccellenza, ci può elencare brevemente quali, secondo Lei, devono essere le caratteristiche e le qualità di un buon confessore?

    R. - Si deve prima di tutto tenere presente che “il sacerdote è strumento del perdono di Dio”, ci ha ricordato Papa Francesco durante l’udienza generale che ho appena menzionato. Anche lui è un uomo che come noi ha bisogno di misericordia, diventa veramente strumento di misericordia, donandoci l’amore senza limiti di Dio Padre… Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio, per perdonare i peccati – ci spiegava Papa Francesco – è molto delicato ed esige che il suo cuore sia in pace, che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso, che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al Sacramento della Riconciliazione cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse. "Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio”. In questa prospettiva, costituisce senz’altro una delle priorità pastorali, specialmente per i presbiteri in cura d’anime, quella di voler trascorrere sempre più tempo nel confessionale. A tal proposito, Papa Francesco, quando ha incontrato alcuni parroci della diocesi di Roma, in occasione del Giovedì Santo, il 28 marzo scorso, ha detto: “Lasciate le porte delle chiese aperte. La gente allora entrerà. Lasciate una luce accesa sul confessionale con la vostra presenza. Vedrete che si farà la fila al confessionale". Si vede in queste parole che nel Papa c’è questa fiducia e questa certezza del bisogno della gente di Dio. I sacerdoti pertanto sono invitati a spalancare le porte e permettere alla gente di incontrare Dio.

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    Convegno su Osce e libertà religiosa. Giovanelli: seguire la via del dialogo

    ◊   Libertà di coscienza, intolleranza e discriminazione: la condizione dei cristiani nei Paesi dell'Osce – l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa. Su questo tema si sono confrontati, stamani, esponenti del mondo accademico, diplomatico e della Santa Sede presso l’Università Pontificia di San Tomaso d’Aquino. L’evento è stato organizzato dall’Ateneo pontificio, dall’ambasciata Ucraina presso la Santa Sede e dalla presidenza di turno dell'Osce. Tra i relatori anche la dott.ssa Flaminia Giovanelli, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Stefano Leszczynski la ha intervistata:

    R. – Come scriveva Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2011, che trattava proprio della libertà religiosa: ci sono due modi in cui la libertà religiosa oggi è violata. Uno è quando la vita è in pericolo: ci sono gli attentati contro le chiese in Egitto, in Iraq … Però, c’è anche quest’altro modo di attentare alla libertà religiosa, più subdolo – dice il Papa – subdolo e sofisticato, quando non si dà lo stesso diritto di cittadinanza ad un credente. Ma ci sono anche violazioni sul posto di lavoro, e sono le più gravi di tutte, per non parlare poi dei casi più gravi quando c’è proprio la violazione dell’obiezione di coscienza. Sappiamo i problemi che incontrano i ginecologi cattolici in tanti Paesi occidentali...

    D. – Lei ha citato Benedetto XVI. Di recente, anche Papa Francesco ha invitato spesso al dialogo, un po’ come antidoto alla discriminazione religiosa …

    R. – Certamente, non c’è altro da seguire che la via del dialogo. Papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica, tocca proprio questo punto laddove parla della libertà religiosa; senza dire che poi è ritornato su questo tema durante gli Angelus domenicali. Certamente, non c’è che la via del dialogo da seguire...

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Pensiero libero: messa del Papa a Santa Marta.

    Come compagni di Gesù: su “Gesuiti” l’omaggio alla spiritualità ignaziana di Papa Francesco.

    L’impegno dell’Ue a tutela della libertà religiosa: nell’informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia su un incontro promosso dalla Delegazione presso la Santa Sede.

    Ansia della perfezione: Adriano Pessina su umanesimo e modernità.

    Un articolo di Lucetta Scaraffia dal titolo “Quella ferita di cui preferiamo non parlare”: storia della rivoluzione sessuale, cuore male interpretato del processo di secolarizzazione.

    Settant’anni fa, il 30 novembre 1943, Etty Hillesum moriva ad Auschwitz: un articolo di Giulia Galeotti sui suoi “occhi vispi e profondi” e di Cristiana Dobner sulla “piccola donna che non sfuggi nulla e nessuno”.

    E dopo ventisei secoli il guerriero superò anche la seconda guerra mondiale: Maurizio Sannibale a proposito di un incontro di studi ai Musei Vaticani sui reperti del sito archeologico scoperto a Tarquinia nel 1869.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. Rapporto Unhcr: dramma per 1,2 milioni di bambini rifugiati

    ◊   Senza un’azione rapida, l’intera generazione dei bambini siriani rischia di scomparire. A lanciare l’allarme è l’Alto commissariato dell’Onu, nel rapporto dal titolo “L’avvenire della Siria e la crisi dei bambini rifugiati”. Centinaia di migliaia di bambini che non vanno a scuola, migliaia senza genitori, abbandonati a se stessi, molti mandati a lavorare per salari bassi e in condizioni pericolose. La ricerca dell’agenzia delle nazioni unite per i rifugiati denuncia una vita dolorosa, esclusione e insicurezza per circa 1,2 milioni di piccoli. Intanto la diplomazia internazionale continua a lavorare alla conferenza di pace cosiddetta Ginevra 2, prevista per il prossimo 22 gennaio. Ma sul terreno gli scontri tra gli oppositori e le forze lealiste del regime Assad continuano a Homs, Damasco Idlib, Hilla, con un bilancio giornaliero di decine di vittime. Sul rapporto, che prendendo a riferimento la situazione nei campi profughi di Libano e Giordania, mette in mostra il volto di una Siria che rischia di scomparire, Cecilia Sabelli ha intervistato Federico Fossi, dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati:

    R. - Il Rapporto evidenzia come i bambini siriani rifugiati soffrano di rabbia e isolamento siano bambini con famiglie separate dalla guerra. Evidenzia anche l’abbandono scolastico e come conseguenza il ricorso al lavoro minorile.

    D. - C’è anche tra loro chi non possiede documenti…

    R. - Molti bambini sono nati in esilio e non avendo certificati di nascita, sono esposti al rischio di apolidia e cioè di non avere una cittadinanza. Questo ha delle conseguenze che riguardano principalmente le difficoltà di poter frequentare le scuole o nel poter ricevere assistenza sanitaria e altri servizi. Per cui i diritti umani di questi bambini sono pericolosamente intaccati dal fatto di non avere dei documenti che attestano la loro nascita.

    D. - Cosa accade a questi bambini quando arrivano nei campi? Nel Rapporto si parla di quello di Zatri, il secondo campo profughi più grande del mondo…
    R. - I bambini quando arrivano nei campi, laddove c’è bisogno naturalmente, vengono curati: nel campo di Zaatari, in Giordania, oltre 1.300 bambini sono stati curati per ferite, principalmente da arma da fuoco, tra ottobre del 2012 e ottobre del 2013. Un altro aspetto molto importante è quello dell’assistenza psicologica: sono bambini che ovviamente hanno subito dei fortissimi traumi, che portano a comportamenti anomali. Devono essere ovviamente trattati il prima possibile per evitare che si possano protrarre nel tempo.

    D. - I bambini sono il futuro di ogni nazione. Come garantire un avvenire alla Siria?

    R. - E’ importante che le famiglie possano ricevere un sostegno economico. Questo impedisce, appunto, ai bambini di dover ricorrere al lavoro minorile. E’ importantissimo anche aiutare i Paesi in cui sono ospitati e qui è fondamentale il supporto della Comunità internazionale. Questa può agire attraverso diverse forme - programmi bilaterali di sviluppo, rapporti prioritari fra le istituzioni finanziarie internazionali e questi Paesi, che devono essere considerati come Paese partner - per far sì che i Paesi confinanti con la Siria, che hanno tenuto le frontiere aperte e che si stanno assumendo un carico enorme sui loro sistemi sociali e finanziari, possano essere assistiti nel gestire questo flusso di rifugiati molto pesante. Stiamo parlando di ben oltre 2 milioni di rifugiati.

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    Egitto. Allerta in Piazza Tahrir. Mons. Golta: speranza per la nuova Costituzione

    ◊   In Egitto si temono nuove tensioni dopo la preghiera del venerdì. Le forze della sicurezza hanno chiuso l'accesso a piazza Tahrir al Cairo in vista delle manifestazioni convocate dai sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Barricate e filo spinato sono stati sistemati dalle autorità di pubblica sicurezza agli ingressi di piazza Tahrir, al Cairo, luogo simbolo della rivoluzione del 25 gennaio 2011 e punto di riferimento anche per i sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi. Per oggi, nonostante l’entrata in vigore della recente legge che limita fortemente gli assembramenti, sono state convocate nuove manifestazioni. E immediato è stato anche il rafforzamento delle misure di sicurezza anche nelle città di Ismailia e Port Said. Ieri, uno studente è rimasto ucciso nelle proteste duramente represse dalla polizia vicino all’Università de Il Cairo. Motivo della contestazione la sentenza a carico di 21 donne, sostenitrici dei Fratelli musulmani e condannate ad 11 anni di carcerere perché ritenute colpevoli di terrorismo, ostruzione del traffico, sabotaggio e uso della forza durante i sit-in di un mese fa ad Alessandria. In questo scenario, nel sud del Paese due persone sono morte e altre dieci sono state ferite, ieri, nel corso di scontri tra musulmani e cristiani per la costruzione di un muro nel villaggio di Nazlet Abeed, a circa sei chilometri da Minya.

    In Egitto, è slittata ancora la pubblicazione, attesa per ieri, del testo, molto discusso, della nuova Costituzione. La Carta fondamentale sarà poi sottoposta referendum popolare. Ma come vedono i cristiani questo documento? Olivier Tosseri lo ha chiesto al vicario patriarcale di Alessandria dei Copti, mons. Youhanna Golta:

    “Non abbiamo potuto realizzare completamente la nostra speranza. La Costituzione non può essere una costituzione veramente civile, liberale, come ad esempio in Francia, in Inghilterra, ma è una nuova costituzione che ha assicurato la libertà religiosa e di espressione, ci sono molti novità positive. C’è grande speranza che questa Costituzione sarà un passo verso uno Stato veramente civile.”


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    Stop dell'Ucraina alla firma dell'accordo di partenariato con l'Ue

    ◊   Al vertice sul partenariato orientale di Vilnius, in Lituania, l'Unione Europea ha firmato accordi di associazione con la Georgia e la Moldavia, ma non con l’Ucraina. Kiev, già nei giorni scorsi, aveva annunciato il proprio rifiuto adducendo motivi economici, dopo che la Russia aveva minacciato misure protezioniste per impedire l'accesso dei prodotti ucraini al suo mercato. Il presidente Viktor Yanukovich ha assicurato però un accordo di "associazione" con l'Ue nel "prossimo futuro". Nel frattempo in Ucraina è scattata la protesta di piazza per chiedere la prosecuzione dell’integrazione nell’Ue. Sui nodi che hanno impedito la firma dell’intesa tra Bruxelles e Kiev, ascoltiamo Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di area ex sovietica, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – L’intesa è saltata perché la questione dei rapporti tra l’Unione Europea e l’Ucraina è una questione complessa, in quanto complessi a loro volta sono i rapporti tra l’Ucraina e la Russia. Basti pensare che l’Ucraina ha 4.600 chilometri di confine terrestre e, di questi, 1.600 sono con la Russia. Mosca vale il 22% sia per quanto riguarda le esportazioni dell’Ucraina, sia per quanto riguarda le importazioni. Kiev dipende dalla Russia quasi interamente per il rifornimento energetico. Insomma, in realtà i rapporti tra l’Unione Europea e l’Ucraina possono essere costruiti e risolti quando saranno costruiti e risolti i rapporti tra l’Unione Europea e la Russia.

    D. – Che interessi ha al momento il presidente ucraino Yanukovich?

    R. – Il presidente Yanukovich ha sostanzialmente l’interesse di alzare il prezzo della propria adesione, della propria partecipazione, sia nei confronti dell’Unione Europea sia nei confronti della Russia. In questo momento c’è una specie di asta per quanto riguarda l’affiliazione dell’Ucraina. E l’Ucraina, che non versa in buone acque, tutt’altro, ha in questo momento l’interesse a concedersi poco e con riluttanza a chiunque.

    D. – Eppure, ancora una volta, la piazza in Ucraina chiede un’altra cosa…

    R. – Sì, la piazza in Ucraina chiede un’altra cosa. Bisogna fare attenzione, però: Yanukovich è Presidente detestato dalla stessa parte dell’Ucraina che oggi scende in piazza, ma appoggiato da un’altra parte dell’Ucraina, che evidentemente ha avuto i numeri per eleggerlo. L’Ucraina è un Paese diviso in due, sostanzialmente lungo il corso del fiume Dnepr. A est c’è un’Ucraina che - per ragioni linguistiche, culturali, storiche, economiche, per la parte delle miniere, delle industrie pesanti e così via - gravita comunque, almeno sentimentalmente, verso Mosca. Ad ovest c’è una parte che ha un’altra impostazione economica, un’altra vivacità, un’altra tradizione etnica e culturale e guarda verso l’Occidente e verso l’Europa.

    D. – E, in questo quadro, che peso ha la figura della Timoshenko?

    R. – La Timoshenko è sicuramente una figura simbolo. Di certo simboleggia un’istanza di autonomia, di indipendenza e addirittura, potremmo dire, di ostilità nei confronti di Mosca. Simboleggia, però, anche una stagione, che è quella dei governi succedutesi alla cosiddetta Rivoluzione Arancione, che è stata tutt’altro che felice per l’Ucraina. E poi - mi si consenta questa piccola provocazione - non credo che sia stata una mossa molto lungimirante, da parte dell’Unione Europea, quella di condizionare l’adesione dell’Ucraina alla liberazione della Timoshenko: così ha dato alle forze più conservatrici ucraine un’ottima scusa per rifiutare e in secondo luogo ciò è palesemente un’ingerenza negli affari interni di un altro Paese e una scelta di un fronte politico, perché, appunto, la Timoshenko è molto ben caratterizzata dal punto di vista politico.

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    Ue, in un documento le linee guida in difesa della libertà religiosa

    ◊   Le violazioni e gli abusi alla libertà religiosa, commessi da attori statali o non statali, sono diffuse e colpiscono persone in tutto il mondo e anche in Europa. E’ quanto si legge nel documento adottato di recente dal Consiglio europeo e presentato ieri pomeriggio dal rappresentante speciale per i diritti umani dell’Ue, Stavros Lambrinidis, nella sede della Delegazione dell’Unione Europa presso la Santa Sede. Il servizio di Fausta Speranza:

    Il diritto alla libertà di religione e di credo è un diritto fondamentale di ogni essere umano. Il suo libero esercizio contribuisce direttamente alla democrazia, allo sviluppo, alla Stato di diritto alla pace alla stabilità. L’Unione Europea sente il bisogno di ribadire tutto questo in un documento articolato e dettagliato, promuovendo un esame attento della situazione. C’è infatti un periodo fissato: nei prossimi tra anni, in modo particolare, una commissione speciale valuterà il rispetto nei vari Paesi degli orientamenti ribaditi, con uno scambio continuo tra commissioni e gruppi di lavoro del parlamento europeo, con ong e altri organismi per i diritti umani. Alcuni punti chiave: attenzione al confronto tra libertà di espressione e libertà di credo per capire il confine superato il quale non è più libertà di opinione, ma è insulto foriero di conflitti. E poi, attenzione alla dimensione fondamentalista, che resta cruciale. La differenza tra religioni non riesce più a farsi dialogo se le posizioni sono in modo intransigente integraliste. La libertà religiosa, dunque, come osservata speciale perché, ha spiegato il relatore Stavros Lambrinidis, c’è grande preoccupazione per le violazioni e le conseguenti violenze. Guardando in particolare all’interno dell’Unione Europea, Lambrinidis afferma:

    "Ue is proud to say it is quite advanced…
    L’Ue è orgogliosa di affermare di aver fatto dei progressi per quanto riguarda sia la protezione dei diritti umani che nell’adozione di una meccanismo per cui non si rischi di 'spazzare le violazioni sotto il tappeto'. Ora, dal momento che me lo avete chiesto, mi lasci dire: non penso che nell’Ue le questioni che riguardano la libertà religiosa abbiano la rilevanza a cui siamo abituati in altre parti del mondo. Non sono a conoscenza di molti casi di violazione, ma se mi chiede se ci sia violenza contro le persone, contro alcune persone, a causa del loro Credo o della loro provenienza, sì, c’è ed è in aumento. Mi chiede: dov’è il limite? Direi che l’Unione Europea ha deciso che la tolleranza è zero. Non bisogna aspettare che si verifichino dieci aggressioni a immigrati dal Maghreb per riconoscere che questo è un problema. Una singola aggressione già è un problema! La polizia, il nostro sistema giudiziario e i magistrati devono essere chiamati in causa per assicurare che chiunque commetta violenza venga punito secondo la legge. Non permetteremo, in altre parole, che ci sia un margine di tolleranza: tolleranza zero è l’obbiettivo che bisogna raggiungere all’interno dell’Unione Europea”.

    Di qui, l’importanza delle Linee Guida:

    "Guidelines are not creating new laws…
    Le linee-guida non hanno creato nuove leggi, si limitano semplicemente a rilevare gli impegni assunti dall’Unione nell’ambito delle leggi internazionali esistenti e le rendono operative all’interno dei singoli Paesi. Si potrebbe dire che ci sono due scopi: il primo è di concentrarci, noi Unione Europea, sui nostri doveri ad applicare un particolare diritto. Dico questo perché, a volte, applicare i diritti umani nel mondo quando si tratta di politica estera non è una cosa né facile né automatica. Ci sono molti interessi nella politica estera, non solo i diritti umani: ci sono interessi geostrategici, politici, economici … Quindi, in un certo senso, quando pubblichiamo delle linee guida quello che cerchiamo di dire prima di tutto a noi stessi – cioè, alle sedi a Bruxelles, alle nostre ambasciate nel mondo – è che a prescindere da qualsiasi altro interesse del Paese, non si può ignorare la violazione della libertà religiosa e di Credo, non si può ignorare la violazione dei diritti delle donne… Quindi, attraverso le linee guida eleviamo le leggi internazionali sui diritti umani ad un dispositivo concreto che ci aiuti ad essere più coerenti con gli impegni assunti”.

    Tra gli altri principi ribaditi si legge nelle linee guida nella promozione e nella tutela della libertà di religione e di credo l’Unione Europea è guidata dal carattere universale indivisibile interconnesso interdipendente di tutti i diritti umani che siano essi civili, politici, economici o culturali.

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    Pena di morte: 1600 città nel mondo dicono no, domani illuminato il Colosseo

    ◊   La pena di morte non rende più sicuro il mondo. Lo ha ribadito il presidente del Senato, Piero Grasso, intervenuto a Roma all’ottavo Congresso internazionale dei ministri della Giustizia, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Domani, oltre 1600 città in tutto il mondo aderiranno all’appello della Comunità contro le esecuzioni capitali. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    La Comunità di Sant’Egidio torna a mobilitarsi contro la pena di morte. Oggi a Roma sono intervenuti, in un convegno, ministri della Giustizia ed esponenti dei governi di 23 Paesi. Domani, 1600 città organizzeranno manifestazioni su questo tema per quella che sarà la giornata internazionale “Cities for Lifes, Cities Against Death Penalty”. E il Colosseo nel pomeriggio sarà illuminato: il monumento è infatti diventato simbolo della lotta alle esecuzioni capitali. Il presidente del Senato, Piero Grasso:

    "La pena di morte non rende più sicura la nostra società, non rende migliore il mondo: la violenza genera altra violenza. Dobbiamo saperci opporre con fermezza ad ogni deriva del diritto e dei principi dello Stato di diritto, in nome dello stato di necessità".

    Oggi nel mondo solo un Paese su dieci esegue condanne a morte; nel 2012 ci sono state commutazioni di pena o grazie in 27 Paesi del mondo. La riflessione di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

    "Ma non bisogna mai abbassare la guardia, ed è il motivo di questo ottavo Convegno al Ministero della giustizia promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, perché ci sono sempre nuove spinte a che la pena di morte non solo non venga abolita, ma anche reintrodotta in alcuni Paesi".



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    Misericordie in Terra Santa: dal 2014 aiuti sociosanitari ai palestinesi

    ◊   E’ stata inaugurata a Betlemme la sede della prima Misericordia in Terra Santa. Dal 2014, la plurisecolare esperienza di volontariato delle Misericordie sarà ufficialmente al servizio del popolo palestinese. Sulla genesi del progetto, che si propone di assicurare aiuti sanitari e assistenza sociale alla popolazione locale in difficoltà, Cecilia Sabelli ha intervistato Roberto Trucchi, presidente nazionale delle Misericordie:

    R. - Questo è un progetto che è partito circa tre anni fa in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II, che già opera in Terra Santa. Ci propose l’acquisto di una palazzina proprio a Betlemme, dove poter poi fare la sede della Misericordia. L’idea iniziale era quella di creare un servizio soprattutto di trasporto sanitario: le attuali ambulanze che ci sono a Betlemme non hanno possibilità di superare il muro e quindi andare verso Gerusalemme e questo ha anche portato, purtroppo, a esiti nefasti per i pazienti. Questa fu un po’ l’idea iniziale portata avanti anche da padre Ibrahim Faltas, attuale parroco di Gerusalemme. Lui era stato anche a Betlemme e tuttora è ancora una delle personalità più vive e feconde della realtà di questa città.

    D. - Quali sono le iniziative legate a questo progetto? Si parla di un pulmino attivo per i trasporti e di scambi culturali con l’Italia, che coinvolgeranno soprattutto i giovani…

    R. - Da gennaio, cercheremo di inviare volontari delle Misericordie italiane - a turno, naturalmente, almeno per una settimana o multipli - per andare a operare in quella realtà, ma soprattutto per effettuare uno scambio culturale con i giovani palestinesi. Abbiamo inoltre l’idea di mettere a Betlemme un pulmino per il trasporto soprattutto di bambini disabili: purtroppo, questa è una realtà molto forte, anche perché sempre più ci sono matrimoni fra consanguinei. E’ una conseguenza del fatto che la città è chiusa all’interno di questo muro e le possibilità di scambio, anche tra le persone, sono poche. Don Mario Cornioli, che è della diocesi di Fiesole, ma che vive a Betlemme, ci ha fatto conoscere questa realtà e quindi cercheremo di dare una mano a questi bambini e alle suore - delle suore argentine, molto giovani - che stanno cercando di aiutare questi piccoli, che sono circa una ventina. Ci sono poi altre realtà, sempre di disabilità, presenti e anche lì cercheremo, in collaborazione con la Caritas di Gerusalemme, di attuare dei progetti per cercare di sostenere questi giovani.

    D. - Il Papa ha rivolto, nei giorni scorsi, un incoraggiamento particolare ai cristiani di Terra Santa, elogiandoli per la loro fede profonda e la duratura testimonianza dell’annuncio del Vangelo. Anche i vostri pellegrinaggi mirano a una sensibilizzazione verso la situazione di questi ultimi…

    R. - Vivono una realtà, in questo momento, particolarmente difficile. Betlemme è un punto dove sicuramente ce ne sono un po’ più che in altre zone di Terra Santa. Vivono grandi difficoltà, anche di rapporti. Abbiamo visto nei vari pellegrinaggi la grande gioia e la grande accoglienza riservata ai cristiani che vanno in Terra Santa. Ci hanno più volte segnalato che questo è per loro non solo una grande gioia, ma anche una fonte di speranze e un modo per andare avanti, perché purtroppo c’è sempre più il tentativo di venire via, perché vivere lì per i cristiani è diventato particolarmente complicato. Quindi, portare il nostro sostegno, la nostra vicinanza a quelle popolazioni è veramente importante.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Giornata di solidarietà col popolo palestinese: messaggio di Ban Ki-moon. Convegno di Pax Christi

    ◊   “Invito tutta la comunità internazionale a sostenere” israeliani e palestinesi nell’“ambizioso tentativo di realizzare l'obiettivo di due Stati”, per “porre fine” al conflitto in atto. Questa l’esortazione del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale di solidarietà col popolo palestinese: il 29 novembre 1947, infatti, l’assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione che stabiliva la creazione di uno “Stato ebraico” e uno “Stato arabo”, con Gerusalemme come corpus separatum sottoposta a un regime internazionale speciale. Dei due Stati previsti dal documento, solo uno, Israele, ha visto di fatto la luce. Il 29 novembre 2012, la stessa assemblea generale ha approvato una risoluzione con cui la Palestina è diventata Stato osservatore non membro dell’Onu. “Tutte le parti - scrive Ban ki-moon - devono agire in modo responsabile e astenersi da azioni che vadano a minare le prospettive di successo dei negoziati” in corso: la situazione sul campo è “sempre più pericolosa”. La politica di nuovi insediamenti portata avanti da Israele “continua e rimane una fonte di gravissima preoccupazione”; ogni attività in tal senso “in Cisgiordania e a Gerusalemme Est deve cessare”. Anche la situazione a Gaza “resta una fonte di grave preoccupazione”. Il numero uno del Palazzo di Vetro condanna pure “ogni lancio di razzi su Israele, così come la costruzione di gallerie sotterranee “da parte dei miliziani” palestinesi. A vent’anni dagli accordi di Oslo, Ban ki-moon invoca la creazione di uno Stato sovrano palestinese “basato sui confini del 67” che viva “fianco a fianco in pace” con uno Stato di Israele sicuro. In occasione della ricorrenza, com’è ormai tradizione, Pax Christi Italia organizza un convegno per celebrare la Giornata internazionale di solidarietà col popolo palestinese: domani a Verona si terrà la manifestazione “Artists to resist”, dedicata a tutte le forme espressive della cultura palestinese, dalla poesia al teatro, dall’architettura alla musica. Appuntamento al Teatro Stimate a partire dalle 9.00 fino a tarda sera. (G.A.)

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    Pakistan: liberato il cristiano Younis Masih, condannato a morte per blasfemia

    ◊   E’ un giorno di gioia per la comunità cristiana in Pakistan: come appreso dall'agenzia Fides, il 35enne cristiano Younis Masih è stato rilasciato ieri, con un provvedimento della Corte di appello di Lahore. Masih era stato condannato a morte per blasfemia da un tribunale di primo grado a Lahore il 30 maggio 2007. Il suo caso è stato riaperto nel settembre 2012, quando alcune organizzazioni cristiane come “Legal Evangelical Association Development” (Lead), assistendo la famiglia dell’uomo, hanno depositato un ricorso che è andato a buon fine. Il 3 aprile Masih era stato assolto, ieri è stato definitivamente liberato. Younis Masih e la sua famiglia si trovano comunque in un luogo nascosto, dato che, pur essendo l’innocenza provata, per gli estremisti restano macchiati di “blasfemia” e potrebbero essere uccisi. Younis Masih languiva in carcere dal 10 settembre 2005: allora aveva 27 anni. Ha trascorso ben otto anni della sua vita in prigione, prima che la Corte d’Appello appurasse la sua innocenza. Masih aveva subito un attacco cardiaco l'8 gennaio del 2013 e resta malato di cuore. “Ho quattro figli e non ho lavoro, nessuno mi sta aiutando. Vivo con il terrore di essere ucciso a sangue freddo”, ha detto Masih all’avvocato Mustaq Gill, di Lead, che ha seguito il suo caso. Masih ha ricordato due casi simili al suo: quello di Rimsha Masih, la ragazza disabile mentale accusata falsamente di blasfemia e poi scagionata, oggi residente in Canada; quello di Asia Bibi, donna e madre cristiana, condannata morte per blasfemia nel 2010, che resta nel braccio della morte nel carcere femminile di Multan. L’avvocato Gill ricorda a Fides che “i cristiani in Pakistan temono minacce, attacchi, violenze, discriminazione e odio. La legge di blasfemia è sempre una spada di Damocle che pende sulle loro teste: la loro vita non è sicura nemmeno dopo il rilascio dal carcere”. “Facciamo appello ai nostri fratelli e sorelle cristiani perché preghino per la salvezza di Younis Masih e aiutino la sua famiglia”, conclude. (R.P,)

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    Venezuela: la Chiesa americana in missione permanente, per dare testimonianza con la vita

    ◊   Nel suo terzo giorno di lavoro, il Quarto Congresso Missionario Americano (Cam 4) e Nono Congresso Missionario Latino-americano (Comla 9) si è concentrato sul tema dell'urgenza della missione nel contesto della nuova evangelizzazione e sulla missione ad gentes. Il dibattito suscitato dalle conferenze proposte dal Congresso, ha inoltre evidenziato un altro tema importante: la necessità di una “Chiesa americana” in uno stato di missione permanente. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalle proprie fonti locali, padre Raul Biord, vicario provinciale dei Salesiani in Venezuela, relatore di una delle conferenze, ha sviluppato questi temi e ha insistito nel suo discorso sull’idea che "la Chiesa non ha una missione, è la missione che ha una chiesa". Il sacerdote salesiano ha spiegato che "la Chiesa è sacramento o strumento per quella missione. C'è una Chiesa perché c'è una missione, non viceversa. Partecipare alla missione è partecipare alla dinamica del Dio-amore verso la gente, perché Lui è la fonte dell'amore". Padre Biord ha spiegato che "la Chiesa è inviata in missione, perché Dio è in se stesso un Dio che invia. La storia della salvezza è una catena di continuità di missioni". L’altra relatrice, la teologa colombiana Consuelo Vélez, ha sottolineato che dinanzi ad una Chiesa in stato permanente di missione "la testimonianza è fondamentale", in quanto "dobbiamo proclamare ciò che si è vissuto, predicare quello che si vive, deve essere una testimonianza di amore per i poveri, di servizio agli ultimi, questo è l'impegno con la realtà". Nel pomeriggio di ieri si sono svolti i diversi forum e si è lavorato in gruppi, quindi lo scambio e la condivisione di diverse testimonianze missionarie partendo dalle singole esperienze di fede. Al Congresso sono presenti più di 3 mila persone provenienti da 24 Paesi. (R.P.)

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    Inizia oggi la visita pastorale del card. Filoni nelle Antille

    ◊   Il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, inizia oggi, la sua prima visita pastorale nelle Antille. Il prefetto del Dicastero Missionario giungerà a Trinidad in fine mattinata (ora locale) e nel pomeriggio, dopo una visita di cortesia al Presidente Anthony Carmona, incontrerà sacerdoti, religiosi e amministratori parrocchiali a Curepe. Domani, nel Seminario dedicato a San Giovanni M. Vianney ed ai Martiri ugandesi, il cardinale incontrerà i vescovi che formano la Conferenza episcopale, mentre nel pomeriggio presiederà la concelebrazione eucaristica della prima domenica di Avvento, nella pro-cattedrale di San Fernando, a cui è prevista la presenza del Presidente della Repubblica. Domenica 1° dicembre la partenza per la Giamaica, dove nel pomeriggio il card. Filoni presiederà la Messa solenne per la chiusura dell’Anno della Fede nella cattedrale di Kingston. Il 2 dicembre la visita a Castries, dove è in programma un incontro con il clero ed i religiosi e l’apertura ufficiale dell’Anno dell’Evangelizzazione indetto dalla Chiesa locale. Al mattino del giorno seguente, 3 dicembre, il prefetto del Dicastero Missionario celebrerà la Santa Messa per le religiose nel monastero delle Benedettine, quindi partirà per la Martinica, dove incontrerà i sacerdoti. Al termine della sua visita pastorale, il 3 dicembre, festa di San Francesco Saverio, Patrono delle Missioni, il card. Filoni presiederà una Messa solenne nella cattedrale di Pointe-à-Pitre, sull’isola di Guadalupa e, prima di rientrare, il 4 dicembre visiterà alcune istituzioni cattoliche di Basseterre. (R.P.)

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    Grecia: l'arcivescovo di Atene teme una vasta rivolta sociale

    ◊   “Dal suo ingresso in Europa, in Grecia sono transitati tantissimi soldi che dovevano servire a costruire infrastrutture e a far crescere il Paese e la sua gente. Invece una buona parte di questi sono finiti nelle tasche dei politici, depositati in conti in Svizzera. Oggi temo una vasta rivolta sociale”. Non usa mezzi termini mons. Nikolaos Foscolos, arcivescovo cattolico di Atene, per commentare all'agenzia Sir la situazione in Grecia intorno alla quale, proprio in queste ore, è scontro tra Ocse e la troika composta da Fmi, Bce e Ue. Per l’Organizzazione internazionale con sede a Parigi il debito greco (oggi al 176% del Pil) scenderà al 160% nel 2020 e non al 124% come prevede ottimisticamente la Troika. Un mancato risultato che richiederebbe un intervento ulteriore per ridurlo. “Per il Paese non si è fatto nulla - incalza l’arcivescovo - eccetto che per le Olimpiadi che sono costate e costeranno ancora alla popolazione. La corruzione è dilagante. Entro il prossimo anno dovranno essere licenziati migliaia d’impiegati pubblici che erano stati assunti in modo clientelare”. Lo stesso Governo è limitato nella sua azione, perché, spiega mons. Foscolos, “le decisioni assunte non hanno alcun valore se non corrispondono alle indicazioni della Troika. Ciò che è paradossale - aggiunge - è che gli stessi partiti, gli stessi politici che hanno affossato il Paese, ora sono quelli che lo devono far rialzare. Non vedo un’uscita in tempi più o meno brevi a questa crisi, anzi temo una vasta rivolta sociale”. (R.P.)

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    Honduras: Hernandez proclamato vincitore alle presidenziali

    ◊   Anche se il conteggio delle schede non è ancora terminato, Juan Orlando Hernandez, candidato del Partido Nacional (Pn, destra), è già stato proclamato vincitore delle presidenziali di domenica scorsa. Lo ha annunciato alla radiotelevisione nazionale il presidente del Tribunale supremo elettorale (Tse), David Matamoros. “I dati che rendiamo pubblici oggi indicano chiaramente che il vincitore delle elezioni generali è Juan Orlando Hernandez” ha dichiarato Matamoros, precisando che “nei prossimi giorni, una volta completato lo spoglio dei voti mancanti pubblicheremo una dichiarazione ufficiale”. In base ai risultati ancora provvisori dopo il conteggio dell’81,54% delle schede, Hernandez ha ottenuto il 35,88% dei consensi mentre la sua diretta concorrente Xiomara Castro de Zelaya, candidata del Partido Libertad y Refundación (Libre, sinistra), si è per ora fermata al 29,14% delle preferenze. Nei giorni scorsi - riferisce l'agenzia Misna - ciascuno dei due candidati si è già autoproclamato presidente del Paese. La tensione sale man mano che i dati vengono pubblicati e il Libre ha già respinto il verdetto delle urne, chiedendo che “la revisione dei voti venga fatta scheda per scheda, urna per urna, seggio per seggio”. Nelle ultime ore l’ex presidente Manuel Zelaya, marito della Castro destituito con un colpo di stato nel 2009, ha invitato i suoi sostenitori a scendere in piazza “numerosi” sabato per contestare i risultati, affermando che “il Tse vuole rubare la vittoria a Libre”. Intanto dai partner internazionali, tra cui Stati Uniti e Unione Europea, continuano ad arrivare plausi per “l’elevata partecipazione degli aventi diritto, che hanno dimostrato il forte desiderio di voler esercitare i propri diritti politici” ha detto Catherine Ashton, Alta rappresentante della politica estera europea. Sia per Bruxelles che per Washington “il processo elettorale è stato generalmente trasparente, pacifico e regolare” e dalle due capitali è stato chiesto a partiti politici e cittadini di “aspettare il conteggio completo prima di presentare eventuali ricorsi elettorali tramite procedure legali prestabilite”. (R.P.)

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    Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui all'Onu: accelerate l'invio della Forza di pace

    ◊   “Abbiamo urgente bisogno di una forza ben equipaggiante e addestrata sotto un struttura di comando precisa, con un mandato specifico e robusto per proteggere i civili dagli attacchi brutali e restaurare rapidamente la sicurezza”. È l’appello lanciato alle Nazioni Unite da mons. Dieudonné Nzapailanga, arcivescovo di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, Paese che rischia di sprofondare nel caos e nella violenza di una guerra civile generalizzata. Riferendosi alle Forze di pace già dispiegate nel Paese dagli Stati africani limitrofi, l’arcivescovo di Bangui ha commentato “finora le forze dell’Unione Africana non sono state capace di fornire questo. Abbiamo l’opportunità di prevenire un rapido peggioramento della violenza. Il costo del ritardo è incalcolabile”. La forza africana, nota con il nome di Fomac, ha finora dispiegato nel Paese, circa 2.200 militari, largamente insufficienti per garantire la sicurezza di un territorio così vasto. La Fomac secondo quanto prevede una proposta di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbe trasformarsi in una forza della Nazioni Unite, la Misca, aumentata a 3.600 uomini. “Mentre siamo sollevati che la comunità internazionale stia finalmente prestando attenzione alla Repubblica Centrafricana, le aspettative della popolazione sono molto più alte” ha commentato mons. Nzapailanga. “Come può una forza mal equipaggiata e limitata a soli 3.600 uomini imporre la pace e la sicurezza in una Paese vasto quanto due volte e mezzo la Gran Bretagna? Si deve valutare attentamente alla proposta avanzata dal Segretario Generale dell’Onu di aumentare il numero delle truppe ad almeno 9.000 unità” ha concluso l’arcivescovo. Nel frattempo è iniziato il dispiegamento delle truppe supplementari che la Francia ha deciso di inviare nel Paese in supporto a quelle già presenti a Bangui. Parigi intende dispiegare complessivamente un migliaio di uomini in Centrafrica che si avvarranno di un’apposita risoluzione dell’Onu che la diplomazia francese ha presentato al Palazzo di Vetro per essere approvato dal Consiglio di Sicurezza. (R.P.)

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    Ecumenismo: aperta la Conferenza di Varsavia sul cristianesimo in Europa

    ◊   Alla conferenza ecumenica sul ruolo delle Chiese e dei popoli, polacco e russo, per il futuro del cristianesimo in Europa inaugurata ieri a Varsavia, partecipa il “ministro degli esteri” del patriarcato di Mosca, metropolita Ilarion. La conferenza - riporta l'agenzia Sir - è “un’ulteriore tappa del dialogo della Chiesa cattolica in Polonia e quella ortodossa in Russia” dopo la firma nell’agosto 2012 del Messaggio comune ai due popoli. Il 29 novembre la delegazione del patriarcato prenderà parte alla discussione sul futuro del dialogo tra le due Chiese introdotta dal presidente della Conferenza episcopale polacca mons. Jozef Michalik. Il dibattito, con i contributi da parte della delegazione di Mosca e di una cinquantina tra presuli e storici del cristianesimo polacchi, toccherà inoltre la collaborazione tra le varie comunità ecclesiali e la società civile senza la quale, come affermano i partecipanti all’incontro, “non è possibile il processo di riconciliazione tra i due popoli”. Speciali preghiere nelle cattedrali cattolica e ortodossa a Varsavia accompagneranno la Conferenza al termine della quale domani, nella festa di sant’Andrea, patrono dell’unità dei cristiani, il card. Kazimierz Nycz, metropolita della capitale polacca, celebrerà una liturgia ecumenica. (R.P.)

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    Il card. Bagnasco sulla custodia del creato: Andiamo nelle periferie con il calore del cuore

    ◊   “Siamo chiamati a prenderci cura dell’umanità là dove vive” addentrandoci “nelle periferie non con una strategia d’assalto, ma con la temperatura del cuore”. Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco nella lezione inaugurale del convegno di Assisi, dedicato alla custodia del creato. “Le periferie dell’umano – ha precisato il card. Bagnasco – sono innanzitutto l’assenza di luce, di senso, la solitudine e l’angoscia, le paure e la delusione di se stessi”. Ma le periferie esistenziali, ha proseguito, si trovano anche “nelle famiglie ferite, nei rapporti interrotti, nella malattia e nella morte” così come “nella povertà e disoccupazione”. Mentre “in termini più universali, le periferie – ha sottolineato il porporato – sono i luoghi e le situazioni di lontananza dal centro più profondo dell’umano, che è la verità, l’amore e la giustizia”. Il presidente della Cei ha quindi denunciato l’esistenza, in Italia, di “una cultura chiassosa e supponente che, avvalendosi di batterie pesanti, vuole imporre una visione della persona e della società puntiforme” e “individualista”. Tuttavia, ha notato il cardinale, “se ci guardiamo attorno, c’è il Paese reale, la maggior parte della gente che vive una cultura silenziosa, ma ancora radicata: che ha l’istinto della vita come dono e mistero, la famiglia come grembo stabile di vita e palestra di umanità”. Un “tessuto sociale che non appare – ha concluso il cardinale – ma meriterebbe la ribalta, per orientare il Paese in tempi di sbandamento”. (A.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 333

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