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Sommario del 26/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Una Chiesa dalle porte aperte: pubblicata l'Esortazione apostolica del Papa "Evangelii Gaudium"
  • Esortazione programmatica e profetica: la presentazione di “Evangelii Gaudium” in Sala Stampa
  • Il Papa: il momento è dell'uomo, il tempo è di Dio ed è Lui che lo illumina con la speranza
  • Pace in Siria e Medio Oriente e la grave situazione dei cristiani al centro del colloquio tra il Papa e Putin
  • Santa Marta. Il Papa riceve due gruppi di argentini: impegnarsi per la cultura dell'incontro
  • Il calendario delle celebrazioni di Papa Francesco per dicembre e gennaio
  • Tweet del Papa: la Chiesa è missionaria. Cristo ci invia a portare la gioia del Vangelo a tutto il mondo
  • Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso: intervista con il card. Tauran
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mons. Zenari: Ginevra 2, passo importante per la pace in Siria, ma gente ha bisogno ora di aiuti umanitari
  • Iran. Entro gennaio la ripresa dei colloqui sul nucleare. Teheran: “Finita l’Iranfobia”
  • Rapporto Ocse: i precari di oggi sono a rischio povertà da anziani
  • Inaugurata a Roma la nuova sede nazionale della Cna: una sfida alla crisi
  • Gioco d'azzardo: un fenomeno in aumento, impoverisce famiglie e società
  • L'Associazione "Amici di Totò" dedica al Papa il suo "Progetto Arcobaleno"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Filippine: i poveri muoiono fuori dall’ospedale perché non possono pagarsi le cure
  • Venezuela. Il card. Filoni: “L'America Latina faccia crescere la fede anche in altri continenti”
  • Siria: Veglia di preghiera, convegno e Campagna di solidarietà della diocesi di Roma
  • Libia: nonostante la forte tensione mons. Martinelli crede ancora nella pace
  • Iraq: proposte concrete per preservare le aree a maggioranza cristiana
  • Mali: alle legislative ballottaggio in molte circoscrizioni
  • Colombia: le Farc “autorizzano” l’apertura delle chiese nel sud del Paese, ma solo di domenica
  • Vietnam: migliaia di cattolici in festa per il centenario della diocesi di Lang Son e Cao Bang
  • Bangladesh: nuova chiesa a Dinajpur per chiusura Anno della Fede
  • Scozia. Mons. Tartaglia: "Impegno incrollabile contro gli abusi sessuali"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Una Chiesa dalle porte aperte: pubblicata l'Esortazione apostolica del Papa "Evangelii Gaudium"

    ◊   “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”: inizia così l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, pubblicata oggi, con cui Papa Francesco sviluppa il tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, raccogliendo, tra l’altro, il contributo dei lavori del Sinodo che si è svolto in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede”. La sintesi di questo importante documento nel servizio di Sergio Centofanti:

    Con questa Esortazione, il Papa indica alcune "vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”. Ne segnaliamo cinque. Innanzitutto, intende avviare “una nuova tappa evangelizzatrice” caratterizzata dalla gioia. E’ un accorato appello a tutti i battezzati perché con nuovo fervore e dinamismo portino agli altri l’amore di Gesù che sperimentano nella loro vita, la gioia e la bellezza della sua amicizia, in uno “stato permanente di missione”. I cristiani sono chiamati ad essere “evangelizzatori con Spirito” che “pregano e lavorano”: sulla loro bocca deve risuonare il primo annuncio o ‘kerygma’: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”.

    Secondo punto: rinnovamento con creatività e audacia, a partire dal recupero della “freschezza originale del Vangelo”. Occorre “una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno”, e una “riforma delle strutture” ecclesiali perché “diventino tutte più missionarie”. Il Pontefice pensa anche ad “una conversione del papato” sulla via di una maggiore collegialità e di una “salutare decentralizzazione”. Bisogna trovare “nuove strade” e “metodi creativi”, non avere paura di rivedere consuetudini e norme della Chiesa che non sono “direttamente legate al nucleo del Vangelo, alcune molto radicate nel corso della storia”. Sottolinea la necessità di far crescere la responsabilità dei laici, tenuti “al margine delle decisioni” da “un eccessivo clericalismo”, e di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”, in particolare “nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti”.

    Terzo punto: una Chiesa aperta, accogliente e misericordiosa. Il Papa invita la Chiesa ad avere “le porte aperte”. La Chiesa è il luogo della misericordia non della condanna, perché Dio non si stanca mai di perdonare. “Nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi”. Così, l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”. Papa Francesco ribadisce di preferire una Chiesa “ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa … rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci … è che tanti nostri fratelli vivono” senza l’amicizia di Gesù. L’annuncio del Vangelo deve avere caratteristiche positive: vicinanza, rispetto, compassione, pazienza per la fatica di un cammino di maturazione. Anche le omelie dei sacerdoti devono rifuggire da una “predicazione puramente moralista o indottrinante” ed essere positive per non lasciare “prigionieri della negatività”, ma offrire “sempre speranza”, riuscendo a dire “parole che fanno ardere i cuori”.

    Quarto punto. Il dialogo e l’incontro: con gli altri cristiani (l’ecumenismo è “una via imprescindibile dell’evangelizzazione”), con le altre religioni (“condizione necessaria per la pace nel mondo”) e con i non credenti. Il dialogo va condotto “con un’identità chiara e gioiosa”: non oscura l’evangelizzazione. In particolare, il Papa osserva che “in quest’epoca acquista notevole importanza la relazione” con i musulmani. Implora “umilmente” i Paesi di tradizione islamica perché garantiscano la libertà religiosa ai cristiani, anche “tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei Paesi occidentali!”. Contro il tentativo di privatizzare le religioni, afferma che “il rispetto dovuto alle minoranze di agnostici o di non credenti” non deve mettere “a tacere le convinzioni di maggioranze credenti”.

    Quinto punto. La Chiesa sia voce profetica, capace di parlare “con audacia … anche controcorrente”. Ribadisce l’opzione della Chiesa per i poveri. Il Papa chiede “una Chiesa povera per i poveri”. Denuncia l’attuale sistema economico che “è ingiusto alla radice”. “Questa economia uccide” perché prevale la “legge del più forte”. L’attuale cultura dello “scarto” ha creato “qualcosa di nuovo”: “gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’”.“Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri!". Le comunità cristiane che si dimenticano dei poveri sono destinate alla dissoluzione. “Tra questi deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura” ci sono “i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti … Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”. La famiglia – prosegue il Papa – “attraversa una crisi culturale profonda” che “favorisce uno stile di vita … che snatura i vincoli familiari”. Denuncia le “nuove situazioni di persecuzione dei cristiani”.

    L’Esortazione si conclude con una preghiera a Maria “Madre dell’Evangelizzazione”. Guardando alla Madre di Dio “torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto”.

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    Esortazione programmatica e profetica: la presentazione di “Evangelii Gaudium” in Sala Stampa

    ◊   L’Evangelii Gaudium è stata presentata, stamani, in un’affollata Sala Stampa vaticana. A intervenire sull’atteso documento, mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, mons. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi e mons. Claudio Maria Celli, presidente del dicastero delle Comunicazioni Sociali. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un documento “programmatico e esortativo” in cui Papa Francesco indica alla Chiesa di farsi compagna di strada di quanti sono alla ricerca di Dio. Questa in estrema sintesi la definizione emersa in Sala Stampa della Evangelii Gaudium, documento nel quale la parola “gioia” compare ben 59 volte. Questa Esortazione apostolica, ha spiegato padre Federico Lombardi, è stata scritta dal Pontefice di sua mano, in spagnolo, nel mese di agosto, dopo la Gmg di Rio. Nel suo intervento, mons. Fisichella ha sottolineato che questo documento si pone in continuità con l’insegnamento di Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi, ribadendo la centralità della persona di Gesù come “primo evangelizzatore”. Un testo, ha soggiunto, che invita a “recuperare una visione profetica e positiva della realtà, senza distogliere lo sguardo dalle difficoltà”. Quindi, mons. Fisichella ha tratteggiato la struttura fondamentale dell’Evangelii Gaudium:

    “I sette punti, raccolti nei cinque capitoli dell’Esortazione, costituiscono le colonne fondanti della visione di Papa Francesco per la nuova evangelizzazione: la riforma della Chiesa in uscita missionaria, le tentazioni degli agenti pastorali, la Chiesa intesa come totalità del popolo di Dio che evangelizza, l’omelia e la sua preparazione, l’inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale, le motivazioni spirituali per l’impegno missionario”.

    Centrale nel testo, ha spiegato, è la “riforma in chiave missionaria della Chiesa” e l’impegno alla conversione permanente, che coinvolge anche il Successore di Pietro:

    “Papa Francesco ripropone con forza la richiesta della 'conversione pastorale'. Ciò significa, passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospettiva missionaria; anzi, una pastorale in stato permanente di evangelizzazione”.

    Il linguaggio del Papa in questo documento, ha detto ancora, è “chiaro, immediato, senza retorica né sottintesi”:

    “Papa Francesco va al cuore dei problemi che vive l’uomo di oggi e che, da parte della Chiesa, richiedono molto più di una semplice presenza. A lei è chiesta una fattiva azione programmatica e una rinnovata prassi pastorale che evidenzi il suo impegno per la nuova evangelizzazione”.

    Dal canto suo, mons. Baldisseri ha messo l’accento sulla dimensione della sinodalità presente nell’Esortazione che, pur non essendo “post-sinodale”, attinge all’ultimo Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. Mons. Baldisseri ha sottolineato che il Papa cita spesso documenti delle Conferenze episcopali o di episcopati continentali, come il Documento di Aparecida. E ha messo un accento particolare su quanto sia cara al Papa la “dimensione sociale” dell’evangelizzazione radicata nella sua esperienza di pastore a Buenos Aires:

    “L’esperienza latinoamericana e caraibica di una Chiesa profondamente immersa nella vita del popolo ha provocato una cura attenta ai poveri, agli esclusi, agli oppressi, ed ha suscitato anche una grande riflessione teologica, le cui ripercussioni hanno varcato i confini, assumendo volti contestuali propri, nelle diverse aree del mondo, partecipi della medesima condizione sociale”.

    Sul linguaggio originale della Evangelii Gaudium si è, invece, soffermato mons. Celli:

    “Ha un suo stile e un suo linguaggio proprio. Mi piace sottolineare che il tono è quasi colloquiale con la caratteristica propria di un profondo afflato pastorale. (…) Si percepisce, leggendo il testo, che ci troviamo di fronte ad un pastore che è a colloquio meditativo con i fedeli”.

    Per Francesco, ha detto ancora, “l’annuncio deve concentrarsi sull’essenziale” e la “proposta quindi deve semplificarsi senza perdere per questo profondità e verità”:

    “Il tema del linguaggio è certamente una grande sfida per la Chiesa oggi. Una sfida che deve essere accolta consapevolmente e con decisione, con audacia e saggezza come ricordava Paolo VI in Evangelii Nuntiandi. Io alle volte, mi permetto di sottolineare, che siamo stati molto saggi e poco audaci nella nostra comunicazione”.

    I relatori hanno quindi risposto alle domande dei giornalisti. In particolare è stato chiesto cosa intende il Papa quando parla di “conversione” del Papato. Ecco la risposta di mons. Fisichella:

    “Il Papa mi sembra senta l’esigenza di dire: ‘Guardate che io non chiedo solo agli altri, io sono in mezzo al Popolo di Dio, sono il primo che desidero dare l’esempio, la testimonianza di come si debba sviluppare un’azione pastorale. E mi sembra che sin dal primo istante in cui è stato eletto Successore di Pietro abbia mostrato questa dimensione”.

    Sempre mons. Fisichella ha risposto ad una domanda sul ruolo delle Conferenze episcopali che, afferma l’Esortazione, dovrebbero avere una “qualche autentica autorità dottrinale”:

    “Quello che il Papa chiede in proposito è che si porti avanti una visione dello Statuto, cioè quale identità le Conferenze episcopali possono sviluppare ancora di più proprio nell’ordine della nuova evangelizzazione e nell’ordine della sinodalità, cui è stato accennato”.

    Sempre sul ruolo delle conferenze episcopali nella visione di Papa Francesco è intervenuto mons. Baldisseri che ha ribadito l’importanza delle citazioni di documenti episcopali nell’Evangelii Gaudium:

    “Quando il Papa stesso cita, prende dalla Conferenza episcopale, è un fatto importante: vuol dire far partecipare i vescovi del mondo al primato, alla collegialità, al governo, al magistero della Chiesa”.

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    Il Papa: il momento è dell'uomo, il tempo è di Dio ed è Lui che lo illumina con la speranza

    ◊   L’uomo può credersi sovrano del momento, ma solo Cristo è padrone del tempo. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa di stamattina, celebrata in Casa Santa Marta. Il Papa ha indicato nella preghiera la virtù per discernere ogni singolo momento della vita e nella speranza in Gesù quella per guardare alla fine del tempo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Due consigli, per capire lo scorrere del presente e prepararsi alla fine dei tempi: preghiera e speranza. La preghiera, assieme al discernimento, aiuta a decifrare i singoli momenti della vita e a orientarli a Dio. La speranza è il faro a lunga gittata che illumina l’ultimo approdo, quello di una singola vita e insieme – in senso escatologico – quello della fine dei tempi. Papa Francesco riflette sul Vangelo del giorno, nel quale Gesù spiega ai fedeli nel Tempio cosa dovrà accadere prima della fine dell’umanità, rassicurando sul fatto che nemmeno il peggiore dei drammi dovrà gettare nella disperazione chi crede in Dio. Osserva il Papa: “In questa strada verso la fine del nostro cammino, di ognuno di noi e anche di tutta l’umanità, il Signore ci consiglia due cose, due cose che sono differenti, sono diverse secondo come viviamo, perché è differente vivere nel momento e differente è vivere nel tempo”:

    “E il cristiano è un uomo o una donna che sa vivere nel momento e sa vivere nel tempo. Il momento è quello che noi abbiamo in mano adesso: ma questo non è il tempo, questo passa! Forse noi possiamo sentirci padroni del momento, ma l’inganno è crederci padroni del tempo: il tempo non è nostro, il tempo è di Dio! Il momento è nelle nostre mani e anche nella nostra libertà di come prenderlo. E di più: noi possiamo diventare sovrani del momento, ma del tempo soltanto c’è un sovrano, un solo Signore, Gesù Cristo”.

    Dunque, avverte Papa Francesco citando le parole di Gesù, non bisogna lasciarsi “ingannare nel momento”, perché ci sarà chi approfitterà della confusione per presentarsi come Cristo. “ll cristiano, che è un uomo o una donna del momento, deve avere – afferma – quelle due virtù, quei due atteggiamenti per vivere il momento: la preghiera e il discernimento”. E distingue:

    “E per conoscere i veri segni, per conoscere la strada che devo prendere in questo momento è necessario il dono del discernimento e la preghiera per farlo bene. Invece per guardare il tempo, del quale soltanto il Signore è padrone, Gesù Cristo, noi non possiamo avere nessuna virtù umana. La virtù per guardare il tempo deve essere data, regalata dal Signore: è la speranza! Preghiera e discernimento per il momento; speranza per il tempo”.

    “E così – conclude Papa Francesco – il cristiano si muove in questa strada, momento dopo momento, con la preghiera e il discernimento, ma lascia il tempo alla speranza":

    “Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento, ma spera nel Signore alla fine dei tempi. Uomo e donna di momento e di tempo: di preghiera e discernimento, e di speranza. Ci dia il Signore la grazia di camminare con la saggezza, che anche è un dono di Lui: la saggezza che nel momento ci porti a pregare e discernere. E nel tempo, che è il messaggero di Dio, ci faccia vivere con speranza”.

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    Pace in Siria e Medio Oriente e la grave situazione dei cristiani al centro del colloquio tra il Papa e Putin

    ◊   La grave situazione in Siria, la pace in Medio Oriente ed il ruolo fondamentale dei cristiani nella società al centro del colloquio tra Papa Francesco ed il presidente russo Putin, ricevuto ieri pomeriggio, per la quarta volta in Vaticano, dopo le due udienze nel 2000 e 2003 con Giovanni Paolo II e nel 2007 con Benedetto XVI. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Colloqui cordiali” tra Francesco e il leader del Cremlino, che ha portato il saluto del Patriarca di Mosca Kirill, e donato un’icona della Madonna, ripreso dalle telecamere mentre si fa il segno della croce e bacia con devozione l’immagine. “Compiacimento per i buoni rapporti bilaterali”: il bilancio della visita da parte vaticana. Tra le “questioni di interesse comune” affrontate: la vita della comunità cattolica in Russia e il contributo fondamentale del cristianesimo nella società, specie nella difesa e promozione dei valori riguardanti la dignità della persona, la tutela della vita umana e della famiglia. Si è parlato quindi della grave situazione dei cristiani in alcune regione del mondo, ponendo particolare attenzione al perseguimento della pace in Medio Oriente e in Siria. Il presidente Putin ha ringraziato per la lettera indirizzatagli dal Papa in occasione del G20 a San Pietroburgo. Si è sottolineata quindi “l’urgenza di far cessare le violenze” in Siria e di recare l’assistenza umanitaria necessaria alla popolazione” e “di favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto, che privilegi la via negoziale e coinvolga le varie componenti etniche e religiose, riconoscendone l’imprescindibile ruolo nella società”.

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    Santa Marta. Il Papa riceve due gruppi di argentini: impegnarsi per la cultura dell'incontro

    ◊   Papa Francesco ha incontrato stamani a Santa Marta un gruppo di segretari generali dei sindacati dell’industria argentina. Nel salutarli - riferisce l'Osservatore Romano - il Pontefice ha invitato i presenti a impegnarsi “per la cultura dell’incontro e per la pace”, facendo riferimento all’ulivo che da cardinale arcivescovo di Buenos Aires piantò nel 2000 in Plaza de Mayo. Il simbolo dell’ulivo caratterizza anche l’impegno di Scholas occurrentes, la “Rete mondiale delle scuole per l’incontro” ispirata alle iniziative promosse durante il ministero episcopale di Jorge Mario Bergoglio nella capitale argentina. I primi collaboratori e i referenti principali delle aziende che curano il supporto tecnologico del sito www.scholasoccurrentes.org alla base del progetto erano stati ricevuti poco prima dal Pontefice.

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    Il calendario delle celebrazioni di Papa Francesco per dicembre e gennaio

    ◊   È stato reso noto oggi il calendario delle celebrazioni liturgiche di Papa Francesco per il mese di dicembre e per quello di gennaio 2014. Il primo appuntamento in programma è fissato per le 17.30 di domenica 30 novembre, quando in San Pietro gli universitari degli Atenei romani reciteranno con il Papa i Primi Vespri di Avvento. Il giorno dopo, Papa Francesco visiterà alle 18.00 la parrocchia romana di “San Cirillo Alessandrino” e presiederà la liturgia eucaristica. Ma a spiccare nel calendario sono soprattutto gli impegni delle prossime festività, a cominciare dall’Atto di venerazione che Papa Francesco farà alla statua dell’Immacolata in Piazza di Spagna, alle 16.00 dell’8 dicembre, per arrivare alla Messa della Notte di Natale in San Pietro, alle 21.30 del 24 dicembre, e la recita – il giorno dopo – della Benedizione Urbi et Orbi, a mezzogiorno del 25, dalla Loggia centrale della Basilica vaticana.

    L’anno si concluderà ancora in San Pietro con la recita presieduta dal Papa del Te Deum, alle 17.00 del 31 dicembre, e sarà aperto il giorno dopo, primo gennaio 2014, alle ore 10.00, con la Messa della Solennità di Maria SS. Madre di Dio e in occasione della 47.ma Giornata mondiale della pace. Lunedì 6 gennaio, Solennità dell’Epifania del Signore, Papa Francesco presiederà la Messa alle 10.00 nella Basilica petrina, mentre la domenica successiva, 12 gennaio, impartirà il sacramento del Battesimo ad alcuni bambini, nella tradizionale cerimonia ospitata dalla Cappella Sistina, a partire dalle 9.45.

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    Tweet del Papa: la Chiesa è missionaria. Cristo ci invia a portare la gioia del Vangelo a tutto il mondo

    ◊   Il Papa, prendendo spunto dalla sua Esortazione apostolica "Evangelii Gaudium", ha lanciato un nuovo tweet sull’account @Pontifex in nove lingue: “La Chiesa – scrive - è missionaria. Cristo ci invia a portare la gioia del Vangelo a tutto il mondo”.

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    Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso: intervista con il card. Tauran

    ◊   Si sta svolgendo in Vaticano la plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso sul tema “Membri di differenti tradizioni religiose nella società civile”. Ha aperto la riunione il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero. Jean-Baptiste Cocagne ha chiesto al porporato quali siano le sfide per le religioni nella società attuale:

    R. - En Europe surtout on a l’impression que la religion est un problème ….
    Soprattutto in Europa si ha l’impressione che la religione sia un problema. Le religioni sono delle ricchezze! Quando i credenti si mettono insieme sono fermento nella società e spesso - come ho detto nel mio intervento di apertura - le religioni costituiscono degli spazi di ascolto e di condivisione da cui tutta la società trae benefici: insegnano il rispetto della persona umana, il rispetto dei diritti fondamentali, l’attenzione al Creato e all’ecologia. Contribuiscono, inoltre, anche alla coesione sociale in un Paese. Quindi direi che le religioni sono un fattore del progresso umano.

    D. - C’è anche un rapporto che analizza le attività dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso degli ultimi cinque anni. Quali sono stati gli eventi più importanti di questo periodo?

    R. - Ces cinq dernières années ont été surtout …
    Questi ultimi cinque anni sono stati soprattutto di presa di contatto con la realtà. Ho viaggiato molto, ho incontrato le persone sul posto, e personalmente sono rimasto molto colpito dalla visita in Pakistan, dove c’è l’ammirevole comunità cristiana composta da fedeli che vanno a Messa e che non sanno neanche se faranno poi ritorno a casa… Credo siano un esempio per tutta la Chiesa.

    D. - C’è un Paese in particolare, l’Iraq, dove le violenze interreligiose tra sunniti e sciiti sono riprese. In questo quadro troviamo anche i cristiani d’Oriente … Avete affrontato il delicato tema dell’Iraq, qual è la vostra visione su questo Paese?

    R . - Nous avons récemment mis en place ...
    Recentemente abbiamo creato una struttura di dialogo con i musulmani del Paese. Penso che i cristiani siano molto coraggiosi; il patriarca, in particolare, sa che i cristiani del Medio Oriente hanno una missione, una vocazione: testimoniare nella terra in cui Dio si è rivelato, perché ovviamente per noi questi luoghi non sono solamente dei monumenti, ma dietro questi monumenti ci sono comunità umane, con le loro ricchezze, il loro patrimonio, il loro folklore e artigianato: è per questo che vanno salvaguardate!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dal cuore del vescovo di Roma: in prima pagina, un editoriale del direttore sull'esortazione apostolica di Papa Francesco "Evangelii gaudium". All'interno, l'introduzione e la parte conclusiva del documento, e l'intervento - alla conferenza stampa di presentazione - dell'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione; dell'arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e dell'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. La cronaca di Mario Ponzi della conferenza stampa.

    Il Padrone del tempo: messa del Papa a Santa Marta.

    Educazione alla condivisione e al dialogo per riavvicinare le culture:
    nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla Conferenza Generale dell'Unesco.

    L'Onu punta a una transizione a Damasco.

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    Oggi in Primo Piano



    Mons. Zenari: Ginevra 2, passo importante per la pace in Siria, ma gente ha bisogno ora di aiuti umanitari

    ◊   Si terrà sempre a Ginevra il prossimo 22 gennaio la seconda attesa Conferenza di pace in Siria. Ma restano tutte le incertezze su chi siederà al tavolo dei negoziati. La principale fazione dei ribelli ha detto che non parteciperà, mentre le opposizioni in esilio chiedono di escludere il presidente Assad. Fonti del Palazzo di Vetro indicano tra gli invitati Iran e Arabia Saudita. Ma quali sono i nodi da sciogliere per progettare un futuro al Paese? Roberta Gisotti lo ha chiesto a mons. Mario Zenari, nunzio a Damasco:

    R. – E’ vero, ci sono tante questioni, tanti problemi, tanti nodi da sciogliere. Il primo nodo da sciogliere, però, il più importante, era quello di una data. Come a dire: si parte da quel giorno e chi vuole salga a bordo. Vorrei riferirmi a quanto ha commentato l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi: si tratta non tanto di un evento, questa conferenza, in cui si pretenda di concludere tutto nei primi giorni, ma dell’avvio di un processo. E’ già un passo notevole quello di far sedere questi contendenti al tavolo per parlarsi da persona a persona, quando finora si sono parlati con le bombe e con i cannoni.

    D. – Al colloquio avuto in Vaticano, Papa Francesco ed il presidente russo Putin si sono detti d’accordo sul fatto che i negoziati coinvolgano “le varie componenti etniche e religiose del Paese, riconoscendone l’imprescindibile ruolo nella società”...

    R. – Questo punto di vista della Santa Sede, condiviso dal presidente russo Putin, è molto, molto importante. Non bisogna dimenticare che oltre a questi gruppi etnico-religiosi, che hanno un grande ruolo da giocare, c’è anche quella vasta maggioranza che non si sente di stare né da una parte né dall’altra, ma che vuole un reale cambiamento del Paese. Come ha detto Lakhdar Brahimi, può darsi che all’inizio non si riesca a definire una lista adeguata dei partecipanti, però – lui diceva – si comincia e poi via, via potranno salire a bordo su questo ‘treno’ tutti quelli che hanno diritto a salire a bordo. In particolare questi gruppi, che formano la struttura della società siriana: i vari gruppi etnico-religiosi. Non dimentichiamo che la Siria è un mosaico composto da questi vari gruppi, sono loro la base fondamentale, che dovrà anche avere voce in questa Conferenza di pace di Ginevra sul futuro assetto della Siria. Indubbiamente questa ‘voce’ dovrà prendere campo ed avere il suo posto.

    D. – Mentre la diplomazia prosegue nel suo difficile compito, dobbiamo dire che la gente muore o sopravvive nella sofferenza in Siria...

    R. – Ecco, purtroppo, è il terzo Natale che ci prepariamo a celebrare con un numero sempre più crescente di vittime. E’ un crescendo di sofferenza umana. Bisogna cercare di arrestare e di lenire questa sofferenza umana. Fra le prime cose che questa Conferenza – e sarebbe già un bel frutto degno e opportuno – potrebbe produrre, dovrebbe essere quello di trattare le questioni umanitarie prioritarie, a partire dall’accesso dappertutto in Siria degli aiuti umanitari. Credo che le parti in conflitto dovrebbero cominciare da questi punti fondamentali. La gente non può più aspettare! Quindi, gesti di buona volontà sia da parte degli uni che degli altri e cominciare a pensare a lenire questa immane sofferenza umana.

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    Iran. Entro gennaio la ripresa dei colloqui sul nucleare. Teheran: “Finita l’Iranfobia”

    ◊   Si terranno tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio i prossimi colloqui sul nucleare iraniano per concordare la fase finale dell'intesa raggiunta a Ginevra, tra Teheran e il gruppo 5+1 (Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania). Intanto il presidente Usa Obama difende l’accordo e ribadisce: “E' la prima volta che si pone un limite al programma nucleare iraniano in decenni”. Soddisfazione anche dal ministro degli esteri della Repubblica islamica, Javad Zarif, che parla di fine del “progetto dell’Iranfobia”. Ma Washington deve fare i conti con Israele che definisce l’intesa uno “storico errore”. Per un’analisi dei possibili risvolti nell’area mediorientale Marco Guerra ha intervisto, Anna Vanzan, docente di Cultura araba alla Statale di Milano:

    R. – L’Iran è uscito da questa impasse in cui era ormai caduto da decadi e si è affacciato di nuovo nella grande arena della politica internazionale. Adesso, appunto, c’è questo nuovo dialogo con l’Occidente e soprattutto con gli Stati Uniti. Questo è dovuto anche ad un clima diverso all’interno del Paese e veramente Rohani è un po’ il protagonista, è un po’ l’eroe di questo momento, perché oltretutto è riuscito in soli 100 giorni a ribaltare completamente l’immagine del suo Paese, ha riportato in 100 giorni l’equilibrio e soprattutto – ricordiamo – sta lavorando molto bene nella politica interna, accreditandosi come un vero riformista.

    D. – Obama ha parlato dell’inizio di una nuova leadership statunitense nel mondo. Ma secondo molti osservatori l’accordo riflette un depotenziamento del ruolo degli Stati Uniti nell’area mediorientale…

    R. – Gli Stati Uniti, nelle ultime decadi, hanno giocato su più tavoli nella politica mediorientale allargata, cioè arrivando fino in Afghanistan, con scarsissimi successi e collezionando una serie di fallimenti. Invece, questo atto di Obama è un atto positivo nei confronti della politica mediorientale. Ricordiamoci che un avvicinamento all’Iran significa una potenziale risoluzione di situazioni che sono comunque collegate all’Iran: pensiamo alla situazione drammatica in Siria; ma pensiamo anche all’Iraq, tutt’altro che pacificato; per non parlare poi dell’Afghanistan… Quindi avere l’Iran come collaboratore degli Stati Uniti in questo momento è fondamentale ed è - a mio giudizio - un grosso successo da parte di Obama.

    D. – Le più forti rimostranze arrivano, però, da Israele che definisce l’accordo “un grande errore”…

    R. – Certamente Israele è uno dei primi attori scontenti di questo tipo di accordo. D’altro canto per Israele un’agenda internazionale in cui l’Iran sia accettato alla pari con le potenze internazionali è ovviamente da rigettare. Israele ha fondato la sua politica estera e mediorientale costruendola proprio attorno a questo spauracchio che era diventato l’Iran: il fatto che l’Iran rientri, invece, nel gioco internazionale rovina i piani di Netanyahu e dei suoi. Senz’altro Netanyahu tirerà fuori tutti i discorsi negativi che la leadership iraniana ha fatto nei confronti di Israele, ma credo che – come ha detto Zarif, il ministro degli Esteri iraniano - quest’accordo è a favore non soltanto dell’Iran, ma a favore della pace nel mondo e quindi qualsiasi altra considerazione contraria deve essere rigettata.

    D. – Possiamo parlare veramente di un primo passo per un Medio Oriente pacificato o c’è il rischio che il via libera all’Iran inneschi, invece, una corsa agli armamenti?

    R. – Senz’altro è un fattore positivo. L’Iran, in questo momento, non ha alcun interesse a rimangiarsi la parola: ha interesse, invece, a far rallentare il peso delle sanzioni; ha interesse a far ripartire la propria economia. La gente è anche stufa di questo isolamento cui è stata costretta in queste decadi. Quindi il programma nucleare senz’altro continuerà, senz’altro l’Iran ne ha bisogno per motivi pacifici, perché sappiamo che le risorse petrolifere sono limitate. Al momento non credo proprio che l’Iran voglia perseguire un programma di tipo bellico. Ma si è riproposto, per l’appunto, all’attenzione internazionale come un possibile partner commerciale, economico e così via.

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    Rapporto Ocse: i precari di oggi sono a rischio povertà da anziani

    ◊   In Italia, per le generazioni future, i redditi da pensioni possono essere un problema. E’ quanto scrive oggi l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, nel suo Rapporto sulle pensioni “Pensions at a glance”. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    "Il precario di oggi sarà il povero di domani”. E’ quanto scrive l’Ocse nel suo Rapporto, spiegando che attualmente l’Italia ha il tasso più alto di contributi previdenziali nell’area Ocse. I precari si ritroveranno in difficoltà al momento dell’uscita dal lavoro e questo, accusa l’organizzazione, a causa del metodo contributivo e dell’assenza di pensioni sociali. Non condivide totalmente questa analisi Elisabetta Addis, docente di Economia politica all’Università di Sassari:

    R. – “Il precario di oggi rischia la povertà da anziano” in realtà è un’affermazione, a mio parere, non completamente appoggiata dai dati. L’Ocse lamenta il fatto che l’Italia non preveda alcuna pensione sociale per attenuare il rischio di povertà degli anziani. Questo non è esatto: l’Italia ha una pensione sociale che si chiama “assegno sociale”, non è molto alto, però è l’unico pezzo sano di un sistema di Welfare italiano che fa acqua da tutte le parti. Ovviamente, l’ammontare è deciso anno per anno e naturalmente può sempre essere revocato, perché non si tratta di un diritto acquisito sulla base delle contribuzioni versate, però comunque la povertà la attenua. Secondo me, il titolo allarmista “precario oggi rischia povertà da anziano” si riferisce la fatto che quelli che noi chiamiamo precario hanno carriere lavorative frammentate e spesso non sempre completamente legali: i contributi non sempre vengono pagati. E’ vero che chi inizia a lavorare oggi – sia che abbia contratti cosiddetti precari, sia che abbia contratti invece più solidi, quindi a tempo indeterminato – avrà pensioni molto minori rispetto a quelle di cui hanno goduto le generazioni precedenti.

    D. – E questo da cosa è provocato?

    R. – Questo è un effetto del metodo contributivo. E' un effetto del fatto che tutti abbiamo riconosciuto che non era possibile sostenere il livello di pensioni che avevamo fino al 1995 e quindi, piano piano, abbiamo cominciato a diminuirle. Devono, in qualche maniera, risparmiare qualche soldo e metterlo in un piano privato, se vogliono avere le stesse pensioni che avevano i loro nonni. Però, mi sembra che questa notizia “il precario oggi rischia la povertà da anziano” stia mettendo insieme due problematiche, forse addirittura tre, che non è che necessariamente stanno insieme. Una è quella del lavoro a tempo determinato verso il lavoro tempo indeterminato, quindi la problematica del precariato. La seconda è la problematica delle pensioni e la sostenibilità delle pensioni, cioè di ciò che viene dato in cambio di ciò che versi come contributo. Ultima, la povertà. La povertà è una cosa ben definita: è avere redditi al di sotto di una certa soglia e, secondo me, non è di questo che si sta parlando quando ci si riferisce a persone che comunque lavorano e versano i contributi. Non si sta parlando di povertà, si sta parlando di pensioni basse.

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    Inaugurata a Roma la nuova sede nazionale della Cna: una sfida alla crisi

    ◊   Inaugurazione oggi a Roma della nuova sede nazionale della Cna, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, alla presenza alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi, e di mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare della diocesi di Roma. A Ivan Malavasi, presidente nazionale Cna, Adriana Masotti ha chiesto quale sia il significato di questo evento:

    R. - Intanto, è un grande orgoglio arrivare a una nuova sede di rappresentanza più adeguata ai tempi di Cna ed è contemporaneamente una grande scommessa. Noi abbiamo reagito alle difficoltà dando un nuovo luogo per lanciare la sfida alla crisi: abbiamo creato una sede molto bella, molto elegante, ma anche molto sobria, che è esattamente il valore che ha il nostro mondo e con le tutte le tecnologie possibili che sono all’avanguardia, come è all’avanguardia il mondo dell’artigianato. Quindi, non giocare in difesa, non lamentarsi solamente…

    D. - Il mondo dell’artigianato: ci vuol dire qualcosa di più su questo mondo, su quello che va bene e su quelle che sono le difficoltà di questo momento?

    R. - Il mondo dell’artigianato è in un Paese dove tutti viviamo una situazione di grande difficoltà, di crisi che perdura da cinque anni. Quindi, ogni giorno la situazione economica si fa più pesante. All’interno di questa complessità, l’artigianato e la piccolissima impresa in modo particolare, vive ancora peggio, vuoi per i pagamenti che si sono allungati, vuoi perché l’accesso al credito è quasi impossibile. È un Paese che ha costi e pesi sulle spalle di natura fiscale e burocratica drammatici. Quindi, è un mondo che fa fatica, ma che non abdica al suo ruolo, un mondo che da molti anni non conosceva i segni “meno” davanti alla sua crescita inarrestabile. Purtroppo, da cinque anni abbiamo segni di sostanziale negatività nelle iscrizioni, quindi saldi negativi che quest’anno si aggireranno sulle 25-28 mini-imprese a fine anno, presumiamo. Un mondo che reagisce in qualunque modo possibile inventandosi anche nuove attività. Stiamo vedendo che ci sono anche aspetti che riguardano il cosiddetto valore del riuso, della manutenzione, della riparazione che era un po’ scomparso, eravamo tutti diventati prigionieri dell’usa e getta. Insomma, anche questa crisi ha forse messo insieme qualche valore importante in questa nostra società.

    D. - Si sta lavorando alla legge di stabilità. Oggi, dovrebbe concludersi questo percorso. C’è qualcosa dentro questo testo che vi agevolerà o qualche delusione che lei vuole denunciare?

    R. – Ci sono dati che nel testo della legge – anche se non sappiamo esattamente come uscirà – che ci preoccupano molto. Ci sono alcune distrazioni della politica nei confronti dei piccoli. Penso al tema del fisco, della riduzione dei costi sul lavoro e del credito. La risposta quando c’è, perché in alcuni casi c’è, è modesta e insufficiente alla reazione di cui avrebbe bisogno il Paese per riprendere la via dello sviluppo. Anche se all’interno alcuni elementi che mettono al riparo da alcune altre cadute ci sono: penso alla stabilizzazione degli incentivi per il 2014 sulla manutenzione, sulla ristrutturazione, sull’ecobonus… Quindi, interventi che sono molto più mirati ai settori piccoli e medio piccoli – che noi rappresentiamo – ma sicuramente c’è un dato: la legge di stabilità ha dimensioni troppo modeste per il tipo di bisogno di cui necessita l’Italia.

    D. – Quando si parla di artigianato, da una parte si pensa a oggetti fatti a mano, oggetti più curati, dall’altra sembra quasi una cosa anacronistica, quando è tutto ormai industrializzato, tutto uguale, globalizzato… Qual è il valore aggiunto per cui queste imprese piccole e questo lavoro devono essere preservati?

    R. – I valori aggiunti sono due: stile e qualità, le due condizioni per cui l’Italia ancora regge. Il "made in Italy" e le piccole imprese, che hanno la condizione e a volte la determinazione di affrontare anche i mercati internazionali, anche per dimensioni molto piccole, e riescono ad avere risultati straordinari. L’Italia vince – e le piccole imprese dell’artigianato vincono – se sa fare della qualità il suo marchio di eccellenza.

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    Gioco d'azzardo: un fenomeno in aumento, impoverisce famiglie e società

    ◊   Oltre un miliardo di euro: a tanto è ammontata la spesa per il gioco d’azzardo nel 2012, nella sola provincia di Roma. Risorse dirottate dai consumi ordinari di famiglie e singoli verso un consumo patologico, che non solo non produce crescita ma incide negativamente sulle casse dello Stato. Il fenomeno è stato al centro, sabato scorso, del convegno “Vite in gioco ai tempi della crisi”, organizzato dalla diocesi di Roma alla Lateranense, al quale è intervenuto anche il sociologo Maurizio Fiasco. Antonella Pilia lo ha intervistato:

    R. – Per capitale sociale familiare, si intende il complesso del tempo, delle occasioni, delle opportunità che le persone che compongono una famiglia si danno per scambiarsi relazioni significative: il tempo trascorso con i figli, per il tempo libero, per la cura, per l’educazione, per il culto. Il capitale sociale generale è la capacità di una società di sviluppare comportamenti di aiuto, comportamenti solidaristici, di mutualità. Ecco: il gioco d’azzardo distrugge sia il capitale primario, quello delle famiglie, sia quello secondario, complessivamente della società, e incide – attraverso queste due devastazioni – sulla crescita economica, come ci spiegano le scuole degli economisti più illuminati. Cioè: non si può considerare una questione separata il destino, la crescita, la possibilità dello sviluppo economico di un Paese, dalla disponibilità di capitale sociale e di capitale sociale familiare. Il gioco d’azzardo è un’ipoteca sullo sviluppo e c’è da dire che è anche un’ipoteca sui conti pubblici. Infatti, invece di contribuire alle entrate dello Stato, contribuisce alla riduzione delle entrate dello Stato. Il motivo è abbastanza semplice: se invece di spendere in Italia 90 miliardi per il gioco, gli italiani impiegassero questa quota importante – circa il 10-12 per cento del loro budget familiare per consumi normali, le entrate che lo Stato ricaverebbe dalle imposte ordinarie sarebbero enormemente superiori a quelle che ricava dal gioco.

    D. – Pensa che le normative attuali siano sufficienti, oppure c’è bisogno di interventi più incisivi?

    R. – Le normative attuali consentono di porre fine a questa devastazione. È inutile cercare l’alibi di una nuova legge, invocare che non si possa intervenire perché mancano le norme. Ci sono almeno cinque articoli della Costituzione che vengono violati da questa inflazione del gioco d’azzardo: il diritto alla salute, la tutela del risparmio, la tutela della famiglia, il fine sociale dell’attività produttiva e così via. C’è un problema di tutela della persona, e c’è anche un problema di tutela positiva dell’economia. Una legge, sì, potrà essere utile purché non sia l’alibi per rinviare provvedimenti che si possono prendere in via ordinaria già adesso.

    D. – Quindi, dov’è che si inceppa questo meccanismo?

    R. – Nella reticenza delle istituzioni, nella reticenza anche – dobbiamo dirlo – delle classi colte che su questo tema scrivono, si pronunciano, commentano ben poco. Sono pochissimi gli economisti che hanno visto, per esempio, l’impatto che il gioco ha sulla società e sull’economia; molti clinici pensano che sia un problema di nicchia, e non un problema di massa … Questa reticenza alimenta scelte miopi e non responsabili.

    D. – La crescita del fenomeno del gioco d’azzardo era stata già prevista dalle fondazioni anti-usura promosse dalla Conferenza episcopale italiana…

    R. - Si era visto già alla fine degli anni Novanta che stava cambiando l’atteggiamento dello Stato e che si sarebbe forse verificato un certo fenomeno: quindi, si dipingeva uno scenario. Questo scenario si è confermato, ma al di là delle peggiori previsioni: nel senso che non vi è stata alcuna remora – che invece c’è in altri Stati – alla crescita e all’espansione abnorme di questo settore. Ecco: non è mai troppo tardi per rifare i conti davvero e vedere un po’, tra costi e risultati, tra danni e benefici, da quale parte penda la bilancia.

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    L'Associazione "Amici di Totò" dedica al Papa il suo "Progetto Arcobaleno"

    ◊   Una iniziativa di solidarietà idealmente dedicata a Papa Francesco. È il “Progetto Arcobaleno”, promosso dell’Associazione “Amici di Totò… a prescindere!” onlus, che oggi pomeriggio viene presentato presso la "Sala Capitolare" del Senato, nel corso della premiazione della 16.ma edizione del Concorso internazionale che porta il nome del “principe della risata”, Antonio de Curtis, in arte Totò. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Può un celebre attore comico del passato essere un modello di solidarietà? Sì, se la carica umana con la quale divertiva le platee, a riflettori spenti sapeva diventare sensibilità verso chi navigava in brutte acque, per via della salute, della penuria economica o di altre difficoltà. Così batteva il cuore del principe Antonio De Curtis – amatissima maschera della risata ancora oggi, a 46 anni dalla morte – quando tra i rioni della sua Napoli o altrove non si negava a una mano tesa che gli chiedeva aiuto, sempre offerto con il tratto di una elegante e generosa discrezione. Da oltre dieci anni, il presidente dell’Associazione “Amici di Totò… a prescindere!” onlus, Alberto De Marco, si è fatto un punto d’onore, assieme ai soci fondatori, nel preservare questo spirito e renderlo visibile a livello sociale con iniziative concrete:

    “Totò è stato un grandissimo artista, ma ancora più grande è stata la sua umanità. Oltre agli atti più conosciuti dalla gente di mettere le banconote sotto le porte, nei rioni e nei quartieri dei poveri, ha fatto di tutto e di più per chiunque chiedesse qualcosa, anche interventi per i ragazzi in difficoltà. E, quindi, naturalmente, era doveroso da parte nostra seguire, nel piccolo, le sue orme”.

    La strada scelta dalla onlus è quella di sostenere iniziative a livello italiano e internazionale, all’interno di quello che è stato battezzato “Progetto Arcobaleno”. L’agenda del Progetto prevede la realizzazione di un ospedale pediatrico in Brasile, come pure la costruzione di un Centro a sostegno della terapia olistica Bida brevettata dal dott. D’Abramo per i malati affetti da gravi patologie. O ancora, la concessione di un contributo a don Aniello Manganiello, il sacerdote che da anni cerca di riscattare dal degrado i giovani di Scampia, in provincia di Napoli, dove spesso per molti di loro quella strada e della delinquenza è l’unica scuola. Don Aniello ringrazia così l’aiuto offertogli dall’Associazione:

    “Offerta generosissima, che verrà anche utilizzata per avviare i ragazzi al lavoro, attraverso dei progetti finanziati: progetti di falegnameria, progetti di sartoria, per preparare estetisti, parrucchieri e marmisti. Quindi, laboratori finalizzati all’avviamento al lavoro di tutti questi giovani. Tenuto conto che a Scampia il 70% della popolazione, e soprattutto della popolazione giovanile, soffre il problema della disoccupazione, poter contare su un buon contributo in denaro può risultare non solo un grande segno di speranza per quel territorio di Scampia, ma veramente un grande atto di amore, di attenzione, di vicinanza a questi giovani, a questi ragazzi, che in quel territorio soffrono veramente la crisi, ma anche l’inadempienze e l’assenza delle istituzioni”.

    Carità e giustizia. Due valori eminentemente cristiani, che Alberto De Marco pone come motori di ispirazione del “Progetto Arcobaleno”, che ha tra le molte personalità cui è dedicato anche il compianto collega e “ritrattista dei Papi”, Irio Ottavio Fantini. Ma la solidarietà da sola, spiega ancora De Marco, servirebbe a poco se non fosse accompagnata dalla convinzione che il primo aiuto da elargire è quello di una buona istruzione:

    “La nostra attenzione si rivolge anche alla cultura, perché è importantissima. Senza la cultura non avremmo, naturalmente, generazioni, che possano avere le capacità di poter governare in modo valido e offrire alla collettività uno Stato realmente funzionale”.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Filippine: i poveri muoiono fuori dall’ospedale perché non possono pagarsi le cure

    ◊   Le conseguenze del terremoto e del tifone Hayan che hanno colpito la popolazione delle Filippine continuano ad aggravarsi anche a causa delle pessime condizioni delle varie strutture ospedaliere, tra le quali l’ospedale di Cebu dichiarato inagibile in seguito ai danni riportati ad alcune delle travi principali dell’edificio. La struttura - riferisce l'agenzia Fides - è stata “trasferita” nella caserma locale dei vigili del fuoco, riaperta una settimana fa, e può accogliere solo emergenze con una capacità di soli 100 posti letto. Un altro ospedale è quello provinciale che serve le province periferiche prive di Centri sanitari o che non hanno le strutture necessarie. I poveri della città vengono assistiti lì, ma a pagamento e chi non ha denaro a sufficienza per pagarsi un pasto non può permettersi di andare in ospedale. “Come spesso accade, sono i più poveri ad avere la peggio”, riferisce all’agenzia Fides sr. M. Joachim da Cebu. “Dopo le devastazioni subite a Leyte, l’attenzione si è spostata vero il nord, lasciando Cebu in condizioni di precarietà assoluta, con strutture inadeguate per curare i poveri, dove questi vengono completamente ignorati”. Sr. Joachim continua, “sono stata al Distretto sanitario con 17 detenuti che dovevano fare radiografie. Questi condividono le celle con malati di tubercolosi, le cui diagnosi sono incomplete, e di conseguenza sono esposti anche loro alla Tb ma non ne avranno mai la certezza perché abbandonati a loro stessi, a meno che non si riesca a far fare esami di controllo privati. Ma, con l’ordinanza del tribunale di rilasciarli in custodia delle guardie del carcere, probabilmente dovranno aspettare un altro mese oltre ai due precedenti nei quali sono rimasti senza diagnosi e nessun trattamento. Per le strade di Cebu i malati di mente sembrano moltiplicarsi quotidianamente visto che vengono dimessi dall’ospedale molto rapidamente. Ci sono quelli che muoiono seduti fuori dal pronto soccorso in attesa di essere aiutati perché non hanno i soldi per pagare; donne sedute ai bordi delle strade con un bimbo appena nato avvolto tra le braccia in stracci sporchi, e altri due o tre magri e sporchi che corrono intorno a loro; anziani seduti sui marciapiedi a chiedere l’elemosina. Insomma, - conclude Joachim -, il poco che ognuno di noi fa sembra scomparire nel momento stesso in cui viene fatto”. (R.P.)

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    Venezuela. Il card. Filoni: “L'America Latina faccia crescere la fede anche in altri continenti”

    ◊   Il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, è arrivato a Maracaibo in Venezuela, Inviato speciale di Papa Francesco al IV Congresso Missionario Americano (Cam 4) e IX Congresso Missionario Latinoamericano (Comla 9) che si apre questo pomeriggio. Il prefetto del Dicastero Missionario è stato accolto da mons. Diego Padron Sanchez, presidente della Conferenza episcopale venezuelana (Cev) e da mons. Ubaldo Santana Sequera, arcivescovo di Maracaibo e "padrone di casa" di questo grande evento missionario, e da altri vescovi delle diocesi del Venezuela. In un'intervista esclusiva alle Pontificie Opere Missionarie (Pom) del Messico, inviata all’agenzia Fides, il card. Filoni ha voluto esprimere le sue aspettative per questa quarta edizione del Cam, dicendosi certo che “sarà un grande Congresso missionario”. “Tutti aspettano che il Vangelo arrivi alle persone che non conoscono Gesù – ha dichiarato il cardinale -, e proprio per questo io so che il Messico ha un grande ruolo missionario, ha inviato missionari in tutto il mondo. Le persone che partecipano a questo Congresso sono persone che vengono da questo continente americano e dall'America Latina, un continente in cui, più di 500 anni fa, è arrivato il Vangelo. Ora è arrivato il momento che questo continente faccia crescere la fede anche in altri continenti”. I lavori del Cam 4 saranno trasmessi in diretta tv via satellite e condivisi in rete. (R.P.)

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    Siria: Veglia di preghiera, convegno e Campagna di solidarietà della diocesi di Roma

    ◊   Domani a Roma nella chiesa di Santa Maria dell’Orto, in via Anicia 10, quartiere Trastevere, si svolgerà la veglia di preghiera per la pace in Siria e per la liberazione del gesuita padre Paolo Dall’Oglio e di tutti i rapiti. La liturgia che inizia alle 18 - riferisce l'agenzia Sir - è organizzata dal Centro diocesano per la Cooperazione missionaria tra le Chiese e dall’Ufficio per la pastorale delle migrazioni della diocesi di Roma insieme all’associazione “Finestra per il Medio Oriente”. A presiederla il vescovo ausiliare per il settore Centro mons. Matteo Zuppi, incaricato diocesano per la Cooperazione missionaria tra le Chiese. Saranno presenti i fratelli della comunità cattolica siro antiochena e delle altre comunità mediorientali di Roma. Il 28 novembre alle 17.30, presso la Cittadella della Carità, in via Casilina Vecchia 19, si terrà il convegno “Siria. La storia, la guerra, le persone” per capire le origini, gli sviluppi e le conseguenze di una guerra che ha già prodotto oltre 100mila vittime e 2 milioni di profughi. L’incontro è promosso dalla Caritas diocesana di Roma e sarà l’occasione per presentare la Campagna di solidarietà “Io non abito qui. In cammino con chi fugge dalla guerra”. “La campagna - spiega Oliviero Bettinelli, dell’Area Pace e Mondialità della Caritas di Roma - nasce dall’esigenza di sentirci responsabili e capaci di condividere le sofferenze di chi paga le conseguenze della guerra in Siria". (R.P.)


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    Libia: nonostante la forte tensione mons. Martinelli crede ancora nella pace

    ◊   “Le pressioni popolari per la pacificazione sociale sono certamente un fatto positivo ed ho fiducia che da un momento all’altro la Libia possa scoppiare la pace” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, in Libia. Sia a Tripoli sia a Bengasi (capoluogo della Cirenaica) si accentua la pressione popolare perché le diverse milizie che controllano le due città depongano le armi e permettano alle forze di sicurezza di esercitare la loro autorità. Il 15 novembre una marcia di protesta nei pressi della sede tripolina della milizia di Misurata era stato interrotta da una sparatoria che aveva provocato 46 morti e più di 500 feriti. In segno di protesta gli abitanti della città sono scesi in piazza a dimostrare la loro insofferenza per la presenza dei gruppi armati irregolari. Anche a Bengasi dopo gli scontri di ieri tra una milizia islamista e l’esercito che hanno causato 9 morti e 51 feriti, le autorità cittadine hanno proclamato tre giorni di disobbedienza civile. “A Tripoli si vive in tensione ma la zona più calda al momento è Bengasi dove sono rimasti il vicario apostolico, mons. Magro, con alcuni collaboratori” dice mons. Martinelli. “Si tratta di una presenza limitata ma che ci permette di continuare dignitosamente il nostro impegno per la piccola comunità cattolica ridotta, dopo la partenza degli ordini religiosi femminili, alle poche infermiere filippine che continuano a prestare il loro prezioso servizi negli ospedali”. “Viviamo momenti dolorosi e difficili. La Libia è un po’ un enigma, non sempre si riesce a capire bene come stanno le cose ma ho fiducia che i libici riusciranno a ritrovare la pace” conclude mons. Martinelli. (R.P.)

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    Iraq: proposte concrete per preservare le aree a maggioranza cristiana

    ◊   La prima conferenza promossa dalla organizzazione “Amici di Bartala” per denunciare la manomissione degli equilibri demografici nelle aree dove sono storicamente concentrate comunità cristiane autoctone irachene (Erbil, 23-24 novembre) si è conclusa con la proposta di un pacchetto di richieste concrete per affrontare tale emergenza. In particolare - riporta l'agenzia Fides - l'organizzazione chiede la creazione di un Comitato congiunto che riunisca rappresentanti del governo federale, di quello regionale del Kurdistan e degli enti della provincia di Ninive per elaborare e porre in atto misure legali e amministrative miranti a incentivare il ritorno delle famiglie cristiane autoctone che hanno abbandonato la regione, proteggere i cristiani dell'area di Mosul – ancora esposti a prepotenze e violenze mirate – e a introdurre meccanismi di controllo per impedire che il mercato immobiliare e la vendita o le acquisizioni illegali di terreni assumano carattere intimidatorio nei confronti dei cristiani. Si è chiesto anche di combattere le forme di discriminazione strisciante che penalizzano i cristiani a livello di assunzioni negli enti pubblici. L'Associazione “Amici di Bartala” si è costituita nell'aprile 2013 con l'intento di elaborare e proporre analisi e iniziative volte a documentare e contrastare i processi di lungo periodo destinati a modificare gli equilibri demografici in aree tradizionalmente abitate da comunità cristiane, come la rinomata piana di Ninive. Nei due giorni della conferenza svoltasi a Erbil, sono stati forniti dati statistici sui processi di alterazione degli equilibri demografici che negli ultimi tempi hanno visto ridursi significativamente la percentuale dei cristiani in città come Tall Afar e Bartala. (R.P.)


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    Mali: alle legislative ballottaggio in molte circoscrizioni

    ◊   In base ai primi risultati ufficiali delle legislative del 24 novembre, il ballottaggio sarà necessario per attribuire la maggior parte dei 147 seggi del parlamento. I dati diffusi dalla stampa maliana evidenziano che al secondo turno, in agenda per il 15 dicembre, andranno per lo più i candidati del Raggruppamento per il Mali (Rpm), il partito del Presidente Ibrahim Boubacar Keita, grande favorito, e quelli dell’alleanza Adema-Mpr e Urd (opposizione). Finora al primo turno sono stati eletti solo 21 deputati, in particolare in quelle circoscrizioni settentrionali dove c’era solo un candidato in lizza; a Tessalit e a Bebara due tuareg sono stati scelti come rappresentanti in parlamento. Invece nei sei Comuni della capitale Bamako, dove 14 seggi sono da assegnare, nessun candidato ha ottenuto la maggioranza al voto di domenica, tenuto nella calma ma nell’indifferenza dei maliani. Mentre procede lo spoglio e la centralizzazione dei risultati, i primi dati ancora molto parziali sul tasso di affluenza confermano la tendenza emersa subito dopo la chiusura delle urne e accertata anche dalle migliaia di osservatori elettorali dispiegati ai quattro angoli del Paese. La partecipazione si attesterebbe attorno al 50% in alcune circoscrizioni mentre in altri seggi non supererebbe neanche il 21%. Ad ogni modo l’affluenza è stata di gran lunga inferiore a quella registrata alle presidenziali dello scorso agosto, vinte da Keita. Circa 6,5 milioni di aventi diritto erano attesi alle urne per scegliere tra un migliaio di candidati i futuri membri dell’Assemblea nazionale. A 48 ore dalle legislative, prevale tuttavia il “sollievo” della gente e degli osservatori per il fatto che le operazioni di voto si sono svolte in modo globalmente pacifico e senza i temuti attacchi da parte dei gruppi armati di matrice islamica. Anche l’organizzazione dello scrutinio è stata valutata positivamente dagli osservatori, considerata “migliore” rispetto alle presidenziali. Organizzazione dei Paesi francofoni, Unione Europea e Stati Uniti si sono complimentati per il corretto svolgimento delle legislative che hanno segnato “un passo avanti importante nella lunga marcia del Mali verso il ritorno all’ordine costituzionale”. Per il segretario di Stato statunitense John Kerry, le elezioni di domenica “sono emblematiche della radicata tradizione democratica maliana e dei progressi compiuti negli ultimi due anni”. Tuttavia notizie di disordini sono giunte dall’ancora instabile regione settentrionale dell’Azawad, quella dove si sono verificati isolati incidenti elettorali, tra cui furti di urne e tentativi di impedire lo svolgimento del voto nella zona di Gao e a Kidal. Ieri a Menaka la gente è scesa in piazza accusando di “frodi massicce” uno dei due candidati. La società civile di Kidal ha invece indetto per domani una grande marcia per denunciare “l’occupazione da parte delle truppe francesi dell’ottava regione militare” che rappresenta “un ostacolo al ritorno dello Stato” e “all’unità del Mali”. (R.P.)

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    Colombia: le Farc “autorizzano” l’apertura delle chiese nel sud del Paese, ma solo di domenica

    ◊   Nel dipartimento colombiano di Putumayo, nel sud del paese, le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) consentono che le chiese possono essere aperte solo il sabato e la domenica, e i sacerdoti quindi possano celebrare la Messa solo in questi due giorni. La denuncia viene dal vescovo della diocesi di Mocoa-Sibundoy, capitale del dipartimento di Putumayo, mons. Luis Alberto Parra Mora, il quale parlando ad una radio locale ha ricordato che "all'inizio il divieto era per tutta la settimana", ma dopo la richiesta degli abitanti delle città di Puerto Guzmán e Puerto Asís, la guerriglia ha consentito la celebrazione della Messa nel fine settimana. “Ora siamo nella fase di dialogo con i gruppi armati che ci hanno permesso di tornare a celebrare l'Eucaristia in queste città, ma ancora non possiamo andare nella zona rurale, dove le chiese sono chiuse tutta la settimana” ha detto il presule. Sebbene le Farc e il governo del presidente Juan Manuel Santos proseguano i colloqui di pace a Cuba dal 2012 - riferisce l'agenzia Fides - il conflitto armato del Paese non accenna a diminuire. Nella stessa zona di Putumayo, sei sacerdoti minacciati dalla guerriglia sono stati trasferiti poco tempo fa per motivi di sicurezza. “Osserviamo con preoccupazione i problemi di sicurezza dei nostri sacerdoti e dei nostri vescovi, a cui viene negata la libertà di predicare la Parola di Dio" ha detto padre Pedro Mercado, vice segretario della Conferenza episcopale colombiana, che ha chiesto la garanzia dello Stato per il clero, affinché possa esercitare la sua missione. Durante la lunga storia del conflitto armato sono state costanti le ostilità della guerriglia e di altri gruppi nei confronti della Chiesa, tuttavia, come ha sottolineato padre Mercado, questo problema è aumentato negli ultimi mesi. Secondo il nuovo programma, giovedì 28 novembre dovrebbe iniziare il dialogo tra Farc e governo sul terzo punto degli accordi di pace. Inizialmente l’incontro era stato fissato al giorno 17 novembre, come annunciato dopo la notizia del secondo accordo, ma poi la data è stata rimandata al 28 novembre "per affinare la visione, scambiare documenti e analizzare altre nuove proposte ricevute da diversi gruppi della società colombiana", secondo una nota dell’agenzia Efe. (R.P.)

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    Vietnam: migliaia di cattolici in festa per il centenario della diocesi di Lang Son e Cao Bang

    ◊   Migliaia di cattolici festeggiano in questi giorni il centenario di vita della diocesi di Lang Son e Cao Bang, compresa nelle omonime province nel nord del Vietnam, e che comprende anche la zona orientale della provincia di Hà Giang. Il 21 novembre scorso si è tenuta una solenne celebrazione, in ricordo della nascita avvenuta il 30 dicembre 1913 con la creazione, da parte della Santa Sede, della Prefettura apostolica di Lang Son, che comprendeva già buona parte dell'attuale territorio. A presiedere la cerimonia - riferisce l'agenzia AsiaNews - mons. Leopoldo Girelli, rappresentante pontificio non residente, il vescovo locale mons. Joseph Đặng Đức Ngân e centinaia di sacerdoti. Il giubileo per i cent'anni della diocesi si inserisce nel quadro delle celebrazioni della comunità cattolica locale per il mese di novembre, dedicato alle anime dei defunti. In tutte le diocesi e parrocchie del Paese si organizzano momenti di preghiera e di devozione per i morti, fra cui una Messa solenne per i martiri vietnamiti e in preparazione al periodo di Avvento. A Lang Son - Cao Bang i cattolici sono poco più di 6mila, su un totale di 1 milione e 153mila circa abitanti; l'estensione territoriale della diocesi è di circa 15mila km2 e la grande maggioranza della popolazione è dedita all'agricoltura. Il 21 novembre 3.500 persone - oltre la metà del totale della popolazione cattolica - si è riunita nella cattedrale, per prendere parte alla funzione. Alcuni membri dei gruppi etnici hanno percorso fino a 450 km, provenienti da ogni angolo della diocesi e a bordo di mezzi "primordiali" come i carri, per essere presenti e testimoniare la loro fede. Rivolgendosi ai fedeli durante l'omelia mons. Girelli ha ricordato che "siamo qui riunti per manifestare la comunione della Chiesa". Egli ha esortato la comunità a "mantenere vivi i valori" tramandati dagli avi, rinnovando "il compito missionario" per ottenere un raccolto "sempre più vasto". La diocesi sorge in una zona montagnosa, popolata fra gli altri da gruppi etnici come i Kinh (12mila membri), una piccola rappresentanza cinese (6mila), 270mila Tày e Nung, 15mila Hmong per un totale di 300mila persone. Il vescovo mons. Joseph Đặng Đức Ngân ha rinnovato l'impegno missionario dell'intera comunità. "In questo viaggio lungo 100 anni - ha sottolineato il prelato - abbiamo ricevuto molte benedizioni da Dio. Per questo, il viaggio sarà fonte di altra gioia e speranza nel sacro vincolo della missione [guardando al futuro] con sempre più gioia e convinzione". (R.P.)

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    Bangladesh: nuova chiesa a Dinajpur per chiusura Anno della Fede

    ◊   Una nuova chiesa, intitolata alla “Conversione di San Paolo”, l’apostolo delle genti, è stata consacrata a Kodbir, in Bangladesh. Si è chiuso così, con un evento dal valore definito da tutti “fortemente simbolico”, l’Anno della fede nella diocesi di Dinajpur. Come riferisce l’agenzia di notizie Fides, la solenne Concelebrazione eucaristica di consacrazione, che ha avuto luogo lo scorso 16 novembre, è stata presieduta dall’arc. George Kocherry, che di recente ha avviato la sua attività come nunzio apostolico in Bangladesh. A inaugurare la nuova parrocchia, la 15esima della diocesi, erano presenti anche il vescovo locale, mons. Sebastian Tudu, e il superiore del Pime in Bangladesh, padre Franco Cagnasso. La Messa è stata celebrata da circa quaranta sacerdoti, tra i quali preti locali, missionari del Pime, Saveriani, Fratelli della santa Croce, oltre a un folto numero di suore. Riguardo i parrocchiani della nuova chiesa che si stacca da quella di Dhanjuri, si tratta per la maggior parte di fedeli tribali santal: un segno della nuova evangelizzazione che sgorga da una comunità, che celebra e testimonia la fede. Secondo quanto riferito dall’arc. Kocherry, tale processo ha il sostengo di Papa Francesco che, tramite il suo rappresentante in Bangladesh, ha donato alla nuova comunità un calice e una patena. Dopo le celebrazione è stata benedetta la statua di san Paolo posta all’ingresso della chiesa stessa, e la giornata si è conclusa con uno spettacolo di danze canti, preparati dai giovani di diversi villaggi tribali. (C.S.)

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    Scozia. Mons. Tartaglia: "Impegno incrollabile contro gli abusi sessuali"

    ◊   Operazione trasparenza. La Conferenza episcopale scozzese ha annunciato i dettagli di ulteriori iniziative e procedure che saranno messe in atto nei prossimi 12 mesi per garantire la sicurezza e verificare che non si ripetano più casi di abuso. Ha poi deciso di pubblicare le accuse ricevute ogni anno dal 2006 fino al 2012, d’indicare la categoria di persona contro la quale è stata presentata la denuncia e il lasso di tempo in cui l’accusa si è verificata. In una lettera di cui è stata data lettura domenica scorsa in tutte le 500 parrocchie cattoliche della Scozia (nella festa di Cristo Re), il presidente della Conferenza episcopale, mons. Philip Tartaglia ha detto: “Riconosciamo il trauma e il dolore che le vittime di abusi hanno sofferto e ci siamo impegnati a fornire loro sia giustizia che guarigione”. L’arcivescovo - riferisce l'agenzia Sir - ha aggiunto che il 2013 è stato un anno di “prova di fede” per i cattolici di Scozia e che la Chiesa è impegnata a “consolidare le nostre pratiche di salvaguardia” per rinnovare “la fiducia nel nostro impegno incrollabile volto a riparare agli abusi del passato, a mettere in guardia sugli abusi nel presente e sostenere coloro che sono stati danneggiati”. Dalle statistiche che sono state compilate dagli Uffici di “Safeguarding” di ogni diocesi e firmate da ciascun vescovo diocesano, emerge che ci sono attualmente più di 6mila volontari formati per la salvaguardia degli abusi. Dal 2006 al 2012 ci sono state una media di 6 accuse di abusi ogni anno. Il 55% delle accuse sono di natura sessuale, il 19% relative ad abuso fisico, l’11% ad abusi verbali e il 15% di tipo emotivo. La politica intrapresa dalla Chiesa è quella di segnalare tutte le denunce alle Autorità di competenza. Sette casi erano già nelle mani della polizia, al momento in cui l’accusa è stata presentata alla Chiesa. Stessa operazione di trasparenza è avvenuta anche negli Ordini religiosi con la pubblicazione delle stesse statistiche di denuncia. L’arcivescovo Tartaglia ha promesso ai cattolici di Scozia che tutte le iniziative messe in atto per sconfiggere definitivamente il fenomeno sono state lanciate “in uno spirito di apertura e trasparenza” e soprattutto alla luce del fatto che la Chiesa è “consapevole che la salvaguardia è una priorità” e che “tutti coloro che lavorano nella Chiesa faranno di tutto per realizzarla”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 330


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