Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 24/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa chiude l’Anno della Fede e consegna l'Esortazione apostolica "Evangelii gaudium"
  • Le voci della gente alla Messa: l'Anno della fede? Un cammino di gioia verso Dio
  • "Non dimenticate mai lo sguardo di Gesù, Lui è fedele e non vi tradirà": così Papa Francesco ai catecumeni nella Basilica Vaticana
  • Anno della Fede. Martinez: Benedetto roccia di verità, Francesco carezza di misericordia
  • Oggi in Primo Piano

  • Nucleare. Storico accordo a Ginevra tra l’Iran e le grandi potenze occidentali
  • Honduras al voto. I vescovi: serve risposta a povertà, corruzione e criminalità
  • Sardegna. Oltre 850 gli sfollati, rischio epidemie. Caritas Olbia: servono volontari
  • Rotelli (Intersos): l'Italia non più protagonista dell'aiuto umanitario. Pistelli: il mondo cerca nuovi equilibri
  • Le donne romene in Italia e il fenomeno degli "orfani bianchi"
  • Il card. Maradiaga nel libro "Senza etica niente sviluppo": mettere fine allo scandalo dell'ingiustizia
  • Danza e magia dei Momix in scena a Roma fino al primo dicembre
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: almeno 160 morti per violenti scontri tra esercito e ribelli nelle ultime 48 ore
  • Scontro tra Egitto e Turchia: entrambi decretano l’espulsione degli ambasciatori
  • Nigeria: una dozzina di morti per un attacco attribuito agli estremisti di Boko Haram
  • Clima: accordo in extremis a Varsavia. Delusi gli ambientalisti, si guarda a Parigi 2015
  • Malawi. Chiesa chiede processi rapidi contro i corrotti per riguadagnare la fiducia dei donatori
  • Congresso Missionario Americano: l'annuncio del Vangelo in un mondo multiculturale
  • Assisi. Convegno Cei a fine novembre su secolarizzazione e nuovo umanesimo
  • Caritas Roma: con il freddo intensificate le iniziative per i senza fissa dimora
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa chiude l’Anno della Fede e consegna l'Esortazione apostolica "Evangelii gaudium"

    ◊   Una “provvidenziale iniziativa” per “riscoprire la bellezza del cammino di fede”: così Francesco nella Messa di chiusura dell’Anno della Fede, celebrata stamani in piazza San Pietro, nella Solennità di Cristo Re dell’Universo. Circa 60 mila i fedeli giunti dai cinque continenti per partecipare all’evento, che è stato coronato dalla consegna da parte del Papa a vari rappresentanti della Chiesa e della società dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo). Il rito eucaristico è stato preceduto da una colletta per le vittime del tifone Haiyan nelle Filippine. Altra novità è stata l’esposizione al pubblico per la prima volta delle reliquie di San Pietro, custodite nella Cappella dell’appartamento pontificio. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Il primo “pensiero pieno di affetto e riconoscenza” di Francesco è andato a Benedetto XVI, che l’11 ottobre del 2012 ha aperto l’Anno della Fede, a 50 anni dal Concilio Vaticano II:

    “Con tale provvidenziale iniziativa, egli ci ha offerto l’opportunità di riscoprire la bellezza di quel cammino di fede che ha avuto inizio nel giorno del nostro Battesimo, che ci ha resi figli di Dio e fratelli nella Chiesa”.

    Subito dopo, il Papa ha salutato i patriarchi e gli arcivescovi maggiori delle Chiese orientali cattoliche presenti alla Messa:

    “Lo scambio della pace, che compirò con loro, vuole significare anzitutto la riconoscenza del Vescovo di Roma per queste comunità, che hanno confessato il nome di Cristo con una esemplare fedeltà, spesso pagata a caro prezzo”.

    E per loro tramite, il Papa si è rivolto a tutti i fedeli in Oriente:

    “…con questo gesto intendo raggiungere tutti i cristiani che vivono nella Terra Santa, in Siria e in tutto l’Oriente, al fine di ottenere per tutti il dono della pace e della concordia”.

    Entrando quindi nel vivo delle letture bibliche, Papa Francesco ha messo in evidenza “la centralità di Cristo. Cristo centro della creazione, Cristo centro del popolo, Cristo centro della storia”:

    “Quando si perde questo centro, perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stesso”.

    A Lui infatti – ha ricordato il Papa – “possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce, di cui è intessuta la nostra vita”:

    “Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano, e ci dà speranza, come avviene per il buon ladrone nel Vangelo di oggi”.
    Rivolto al buon ladrone, “Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna”, “quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono” Gesù “non lascia mai cadere” la richiesta. Così Francesco in chiusura dell’Anno delle Fede:

    “Ognuno di noi ha la sua storia; ognuno di noi, anche, ha i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui. Ci farà bene, in questa giornata, pensare alla nostra storia e guardare Gesù e dal cuore ripetergli tante volte, ma con il cuore, in silenzio, ognuno di noi: 'Ricordati di me, Signore, adesso che sei nel tuo Regno! Gesù, ricordati di me, perché io ho voglia diventare buono, io ho voglia di diventare buona, ma non ho forza, non posso: sono peccatore, sono peccatore! Ma ricordati di me, Gesù: tu puoi ricordarti di me, perché tu sei al centro, tu sei proprio nel tuo Regno!'. Che bello!”

    In questa occasione, il Papa prima dell’Angelus ha voluto consegnare copia della sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium a 36 rappresentanti della Chiesa e della società di 18 Paesi espressione dei cinque continenti, a voler partecipare a tutti la gioia dell’incontro con Cristo. Tra questi un vescovo, un sacerdote e un diacono - scelti tra i più giovani a essere ordinati - poi alcuni religiosi e religiose, dei cresimati, un seminarista, una novizia, una famiglia, dei catechisti un non vedente - cui Francesco ha consegnato un cd-rom - e poi dei giovani, delegati di confraternite e Movimenti. Infine, per il mondo della cultura, due artisti, uno scultore e una pittrice, a sottolineare il valore della bellezza nella creazione e due giornalisti, per rimarcarne l’importante ruolo a fianco alla Chiesa nell’opera di evangelizzazione.

    Prima della Messa, altri due eventi di solidarietà e devozione hanno caratterizzato la celebrazione: la raccolta di offerte in denaro tra tutti i fedeli in piazza San Pietro per le vittime del tifone Haiyan nelle Filippine, di cui il Papa stesso disporrà le modalità di invio nei prossimi giorni. E l’esposizione delle reliquie di San Pietro, per la prima volta mostrate al di fuori della Cappella del Palazzo apostolico dove sono conservate in una speciale urna di bronzo, offerta in dono nel 1971 a Paolo VI e visibile ai fedeli in passato solo nella solennità di Santi Pietro e Paolo.

    Nella preghiera dell’Angelus, Papa Francesco ha rivolto un saluto particolare alla comunità ucraina nell’80mo anniversario dell’Holodomor, la "grande fame" provocata dal regime sovietico, che causò milioni di vittime. Poi, un pensiero riconoscente nel terzo centenario della morte del beato Junipero Serra francescano spagnolo e con lui “ai missionari che, nel corso dei secoli, hanno annunciato il Vangelo e sparso il seme della fede in tante parti del mondo.” E ancora, il grazie "a tutti quelli - ha detto il Papa - che hanno lavorato per portare avanti quest’Anno della Fede. Mons. Rino Fisichella, che ha guidato questo cammino, lo ringrazio tanto, di cuore, a lui e a tutti i suoi collaboratori: grazie tante!"

    Quindi, una preghiera speciale alla Madonna:

    “Invochiamo la protezione di Maria specialmente per i nostri fratelli e le nostre sorella che sono perseguitati a motivo della loro fede. ce ne sono tanti!”.

    inizio pagina

    Le voci della gente alla Messa: l'Anno della fede? Un cammino di gioia verso Dio

    ◊   Anche questa mattina Pazza San Pietro era gremita da una folla festante di decine di migliaia di fedeli, che ha voluto stringersi attorno a Papa Francesco. Ma come è stato vissuto questo Anno della fede? Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro:

    R. – Per noi, l’Anno della fede ha voluto dire riscoprire la bellezza di credere in Dio, la bellezza di affidarsi a Dio, di affidare tutta la propria vita a Dio e al tempo stesso il desiderio di testimoniare molto di più la fede, annunciarla alle persone che abbiamo intorno a noi. Adesso si chiude l’Anno della Fede, ma si continua, anche di più…

    D. – Tra le varie iniziative che sono state lanciate, ce n’è stata qualcuna che ti ha colpito particolarmente?

    R. – Sicuramente, la Giornata mondiale della gioventù a cui purtroppo non sono andato ma che ho seguito da vicino. E’ stato un momento straordinario.

    D. – In maniera molto intensa, perché è stato un anno veramente ricco di iniziative, di avvenimenti… E poi, io personalmente ho celebrato e celebro i 50 anni di vita religiosa, per cui è un anno particolare. E il dono che chiediamo al Signore è che tutti abbiano fede e il Signore aumenti la nostra fede.

    R. – Sicuramente, un’esperienza vissuta come un cammino di gioia, di riscoperta della vera gioia.

    D. – Cosa vuol dire per te, invece, essere volontario nell’Anno della Fede?

    R. – Ci sono tanti modi per dimostrare la propria fede. Penso che essere volontario e mettersi a servizio soprattutto nell’Anno della Fede sia un altro modo di professare la fede in cui crediamo tutti.

    R. – Perché credo che sia utile dare una mano, soprattutto quando si organizzano eventi di questa portata. Poi, anche perché in un certo senso si sente il bisogno di dare una mano.

    D. – Il Papa ci invita a mettere Cristo al centro della nostra vita: che cosa vuol dire?

    R. – Per noi famiglie, vuol dire riuscire ad affrontare la giornata in maniera positiva, anche nelle piccole cose. Quindi, nel nostro piccolo, cercare di mettere una nota positiva in quelle piccole cose che facciamo, nel nostro lavoro, nella cura dei figli e della famiglia…

    R. – La cosa più importante è scoprire come Gesù ci aspetta nelle cose che facciamo ogni giorno, nel nostro lavoro quotidiano, nello studio, in quello che impegna le nostre giornate. Cioè, scoprire come Gesù ci aspetta in ogni momento “normale” della nostra vita.

    R. – Rispondo dicendo come Maria: “Eccomi”, con i dubbi e le perplessità che possono esserci perché non è facile accettare Cristo e viverlo in ogni momento e soprattutto in ogni circostanza della nostra vita quotidiana. Però, grazie alla preghiera, ce la possiamo fare.

    inizio pagina

    "Non dimenticate mai lo sguardo di Gesù, Lui è fedele e non vi tradirà": così Papa Francesco ai catecumeni nella Basilica Vaticana

    ◊   “Siete pronti a incamminarvi oggi per questa via, sotto la guida di Cristo?” E’ una delle domande previste dal rito di ammissione al catecumenato che Papa Francesco ha rivolto ieri pomeriggio, all’ingresso della Basilica Vaticana, a 35 candidati al ricevimento del Sacramento del Battesimo. Una rappresentanza dei circa 500 catecumeni presenti all’incontro, appartenenti a 47 nazionalità diverse. In Basilica, è seguita la Liturgia della Parola e l’omelia del Papa. Il servizio di Adriana Masotti:

    “Mi sono avvicinato alla Chiesa Cattolica due anni fa quando, all’università, ho conosciuto una ragazza che mi ha convinto ad andare ad ascoltare una catechesi… Incontro dopo incontro mi sono interessato sempre di più perché si davano risposte concrete a problemi veri”.

    “Sono nato e cresciuto in una famiglia dove non c’erano valori religiosi. Io ho sempre cercato di avvicinarmi, desideroso di ricevere il Battesimo ed entrare nella Chiesa. Sto scoprendo la bellezza della fede cristiana cattolica e la bellezza della figura di Gesù”.

    “Venuta in Italia, ho cominciato a leggere la Bibbia. Nella fede ho trovato la pace, in Dio qualcuno che mi ascolta sempre, è paziente, sempre disponibile, non mi giudica”.

    “It is my great desire to become a Christian…”

    Alle testimonianze in italiano, inglese, spagnolo e francese è seguita quella di una coppia di catechisti-accompagnatori dei catecumeni della Diocesi di Albano Laziale, in provincia di Roma. Dopo l’accoglienza in Basilica dei 35 giovani in rappresentanza di tutti i presenti, la Liturgia della Parola e l’intervento di Papa Francesco.

    "Cari catecumeni, venite da molti Paesi diversi. Eppure, questa sera sentiamo di avere tra di noi tante cose in comune. Soprattutto ne abbiamo una: il desiderio di Dio", dice il Papa dando inizio alla sua omelia. Un desiderio di cui sottolinea l’importanza: "Se viene a mancare la sete del Dio vivente la fede rischia di diventare abitudinaria, rischia di spegnersi, come un fuoco che non viene ravvivato". E dal racconto del Vangelo letto poco prima che mostra Giovanni Battista che indica ai suoi discepoli Gesù come l’Agnello di Dio, sceglie tre momenti che, dice, richiamano l’esperienza del catecumenato. In primo luogo, l’ascolto:

    "Anche voi, cari catecumeni, avete ascoltato coloro che vi hanno parlato di Gesù e vi hanno proposto di seguirlo, diventando suoi discepoli per mezzo del Battesimo. Nel tumulto di tante voci che risuonano intorno a noi e dentro di noi, voi avete ascoltato e accolto la voce che vi indicava Gesù come l’unico che può dare senso pieno alla vostra vita”.

    Il secondo momento è l’incontro. Dopo aver incontrato il Maestro, i discepoli avvertono qualcosa di nuovo nel loro cuore: l’esigenza di trasmettere la loro gioia anche agli altri, affinché anch’essi lo possano incontrare. Ma Dio per primo viene verso ognuno di noi:

    Lui ci precede e ci aspetta sempre. Non si allontana da noi, ma ha la pazienza di attendere il momento favorevole dell’incontro con ciascuno di noi. E quando avviene l’incontro, non è mai un incontro frettoloso, perché Dio desidera rimanere a lungo con noi per sostenerci, per consolarci, per donarci la sua gioia. Dio si affretta per incontrarci, mai ha fretta di lasciarci. Come noi aneliamo a Lui e lo desideriamo, così anche Lui ha desiderio di stare con noi, perché noi apparteniamo a Lui, siamo 'cosa' sua, siamo le sue creature. Anche Lui, possiamo dire, ha sete di noi, di incontrarci. Il nostro Dio è assetato di noi.”

    La terza indicazione offerta dal Vangelo è il camminare. I due discepoli camminano verso Gesù e poi fanno un tratto di strada con Lui:

    “E’ un insegnamento importante per tutti noi. La fede è un cammino con Gesù: ricordate sempre questo. La fede è camminare con Gesù. E un cammino che dura tutta la vita. Alla fine ci sarà. Certo, in alcuni momenti di questo cammino ci sentiamo stanchi e confusi. La fede però ci dà la certezza della presenza costante di Gesù in ogni situazione, anche la più dolorosa o difficile da capire. Siamo chiamati a camminare per entrare sempre di più dentro al mistero dell’amore di Dio, che ci sovrasta e ci permette di vivere con serenità e speranza”.

    Cari catecumeni, oggi voi iniziate il cammino del catecumenato, conclude il Papa, Vi auguro di percorrerlo con gioia e a ricordare sempre il giorno, l’ora in cui per la prima volta avete sentito il suo sguardo su di voi:

    “Non dimenticare mai questo sguardo di Gesù su te, su te, su te… Non dimenticare mai questo sguardo! E’ uno sguardo d’amore. E così sarete sempre certi dell’amore fedele del Signore. Lui è fedele. E siate certi: Lui non vi tradirà mai!”.

    Al termine del rito, un ultimo invito e un incoraggiamento:

    “E ora, andate in pace, ma con molta pace. Anche vi dico: andate pieni di gioia, perché il Signore vi ha guardato, il Signore vi ama, il Signore è in cammino con voi”.

    inizio pagina

    Anno della Fede. Martinez: Benedetto roccia di verità, Francesco carezza di misericordia

    ◊   Un anno straordinario, avviato da Papa Benedetto e concluso da Papa Francesco, con accenti e stile diversi ma uniti al fondo da una medesima convinzione: riportare al centro dei cuori il messaggio del Vangelo. È così che, in sostanza, il presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez, “legge” i dodici mesi che hanno scandito l’Anno della Fede. Federico Piana ne ha raccolto la riflessione:

    R. – Dobbiamo dire che in ciò che è accaduto in questi 13 mesi, dall’indizione dell’Anno della fede con Benedetto XVI e la conclusione con Papa Francesco, la realtà – forse – ha superato l’immaginazione. È un anno che nasce dinanzi ad una realtà evidente: la fede si è indebolita, talvolta risulta essere annacquata, quindi c’è bisogno di irrobustire la fede, di dare intelligenza alla fede, di rileggere attraverso la fede, la storia dell’Incarnazione, cioè come l’uomo possa ancora oggi trovare nel Vangelo, nella Chiesa, una forma di redenzione, di umanizzazione. Direi quindi un bisogno avvertito da Papa Benedetto, che poi si è concretato in un calendario che secondo me non è inferiore a quello dell’Anno Santo. Poi, improvvisamente, il passo di Benedetto si arresta, ma si arresta perché quello della Chiesa diventi ancora più veloce, ancora più forte. E quindi questa immagine - direi - drammatica ma che mostra la grandezza di questo Pontefice. Papa Francesco è il segno di questa grande offerta al mondo, un Vangelo nuovo, una Chiesa sempre più vicina, che gli uomini capiscono sorprendentemente, perché c’è stato questo grande atto di amore, di sacrificio dentro quella che si definisce una “rinuncia”, ma che in realtà è stata un’offerta.

    D. – Se dovessimo sintetizzare in tre obiettivi quest’Anno della Fede, quali sono quelli che sono stati raggiunti? E quali sono le tre sfide d’ora in avanti?

    R. – C’è stato lo spartiacque del passaggio di mano di Pontificato. Per cui, ci sono obiettivi all’interno il Pontificato di Benedetto e all’interno il Pontificato di Francesco. Quindi, è sì un anno, ma tra due Pontificati. Per cui, direi che il primo obiettivo era quello di ridire la fede e di ridirla a tutto tondo, senza sconti, facendone vedere tutta la bellezza, le verità… Questo è un primo obiettivo che poi si concreta in Lumen Fidei, in questa Enciclica scritta quattro mani, come lo stesso Francesco ha voluto esprimere nella sua introduzione. E questo mi pare un obiettivo ch dobbiamo necessariamente ricondurre a Benedetto. Il secondo obiettivo è stato raggiunto da Papa Francesco: questa fede sembra essere compatibile con la modernità. Sembrava che così non fosse, sembrava che non ci fosse la possibilità di dare credito ai cristiani. Scandali, difficoltà sembravano render al fede sempre più incomprensibile, addirittura anacronistica. Così non è. Per cui, il rinnovamento della fede che Papa Francesco sta portando avanti, ci dice la profezia, l’intuizione di Papa Benedetto. Un terzo obiettivo lo vediamo nella possibilità della gente di dire “Chiesa sì”, perché quando si dice fede la gente spesso è disposta a dire “Gesù Cristo sì, Chiesa no”. Adesso, invece un obiettivo importante di questo Anno della Fede è “Chiesa sì”. E questo significa che si riconosce che questa fede è dentro un corpo, il corpo ecclesiale. Insieme con questi tre obiettivi, ci sono certamente tre sfide e queste sono di Papa Francesco. La prima è il rinnovamento della Chiesa, delle sue strutture, delle sue istituzioni. Questo è un obiettivo sensibile e lo vediamo nel passo tenuto di Papa Francesco. Una seconda sfida è quella della Nuova evangelizzazione: rinnovarla renderla più aperta ai bisogni dei nostri tempi; un grande impegno per tutti coloro che lavorano all’interno della Chiesa, per i movimenti e per ogni credente. Poi, c’è la terza grande sfida che è la cosiddetta “conversione pastorale” come dice Papa Francesco: riusciamo cioè a vedere nelle periferie esistenziali il bisogno di fede, questo bisogno di amore, di misericordia, questo “noi” grande che fa sì che il mondo intero diventi una fraternità? Dobbiamo, allora interiorizzare il dono della fede. Credo davvero che Lumen Fidei segni questo indirizzo. E a un anno non soltanto dall’inizio dell’Anno della Fede, ma anche del Sinodo della nuova evangelizzazione, crediamo non mancheranno ulteriori stimoli per capire che questa porta della fede rimane aperta e che il passo però deve essere quello della misericordia.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Nucleare. Storico accordo a Ginevra tra l’Iran e le grandi potenze occidentali

    ◊   Storico accordo tra le potenze occidentali e l’Iran sul controverso programma nucleare di Teheran. E’ stato raggiunto in nottata a Ginevra al termine di quattro giorni di negoziati tra le parti. Soddisfazione dalla Casa Bianca. Scetticismo, invece, da parte di Israele. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    L’Iran si impegna a frenare sull’arricchimento dell’uranio in cambio di un’attenuazione delle sanzioni internazionali che stanno fiaccando la sua economia. L’intesa - un testo di quattro pagine - è limitata a un periodo di sei mesi dove proseguiranno i colloqui e soprattutto i controlli da parte degli ispettori internazionali, con l’obiettivo di arrivare a una soluzione definitiva capace di mettere fine ad un decennio di scontri. Il presidente statunitense, Barack Obama, ha parlato di un primo passo importante per rendere più sicuro il mondo, ma ha chiesto a Teheran di rispettare gli accordi, avvertendo che in caso contrario ci sarà un inasprimento delle sanzioni. Soddisfazione dal leader della Repubblica islamica, Rohani, che sottolinea il rispetto del diritto del suo Paese in tema nucleare, rassicurando che l’Iran non ha alcuna intenzione di dotarsi di armi atomiche. L’accordo ha ricevuto l’avallo della guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ma non piace affatto a Israele, malgrado le rassicurazioni della Casa Bianca. Si tratta di “un errore storico” per il premier Netanyahu: "Oggi – ha precisato – il mondo è più pericoloso”. Più tenue la reazione del presidente ebraico, Shimon Peres, che ha chiesto di giudicare l’intesa a partire dai risultati. Le altre cancellerie internazionali – dalla Russia alla Gran Bretagna, dalla Cina alla Francia – giudicano l'accordo come un successo della diplomazia per la salvaguardia della pace in Medio Oriente e in tutto il mondo.

    inizio pagina

    Honduras al voto. I vescovi: serve risposta a povertà, corruzione e criminalità

    ◊   L’Honduras oggi al voto per eleggere il nuovo presidente, 128 deputati del Consiglio Nazionale, 20 rappresentanti al parlamento centroamericano e rinnovare 298 municipalità. Oltre cinque milioni gli aventi diritto che dovranno scegliere il successore del capo dello Stato, Porfirio Lobo. Nove gli schieramenti, ognuno con un suo candidato, che partecipano alle consultazioni. In occasione di queste consultazioni, i vescovi honduregni, in una lettera pastorale, esortano il Paese a recarsi alle urne per rispondere alla criminalità imperante, alla corruzione e alla povertà. Forti i timori di brogli per un voto che sarà monitorato da quasi 800 osservatori internazionali. Giancarlo La Vella ne ha parlato con il collega, Luis Badilla:

    R. – I vescovi sono molto consapevoli, e lo scrivono, della grave situazione che vive il Paese. Non dimenticano che il Paese si trova davanti ad un bivio: o trova i governanti necessari e adeguati per uscire dalla gravissima situazione in cui si trova o può facilmente incamminarsi verso la disintegrazione. Non va mai dimenticato che, in questo Paese, praticamente il 71% della popolazione si trova al di sotto del livello minimo di povertà. I dati delle Nazioni Unite dicono che il 70% degli honduregni va a letto ogni giorno senza mangiare ciò che è sufficiente. Ecco perché i vescovi sottolineano di andare a votare in modo massiccio. E’ il primo appello. Il secondo appello che fanno i vescovi è non vendere il voto, non regalare la propria decisione sovrana, in cambio di due soldi o di qualche promessa, che poi non si realizza. In terzo luogo, chiamano a ricostruire la nazione dalle fondamenta.

    D. – Un altro dei primati negativi dell’Honduras è quello di essere il Paese al mondo con il più alto tasso di criminalità...

    R. – L’Honduras è la patria delle bande giovanili, che poi sono quelle che, oggi come oggi, imperversano e hanno portato il Paese a tassi di violenza, di criminalità, di omicidi al giorno impressionanti. E questo perché il Paese è attraversato dal narcotraffico, non tanto per il consumo interno che esiste ed è in crescita, ma perché Paese è un passaggio per i narcotrafficanti e per il traffico di armi, che è collegato in modo molto diretto con il narcotraffico.

    D. – In questa situazione così difficile, quali vie d’uscita si intravedono anche con l’apporto della comunità internazionale?

    R. – Molto dipenderà da quello che succede durante le elezioni. Ci sono nove candidati, ma in realtà in lista sono solo due: Hernández e Castro. I sondaggi delle ultime ore dicono che sono in una situazione di parità. Quindi, il Paese deve decidere per una via o un’altra, essendo due modelli molto diversi: modelli economici, politici, culturali e via dicendo. Poi, dipenderà molto – questo è un punto molto delicato – dal fatto che il risultato delle elezioni sia accettato dai candidati che vengono sconfitti e che il Paese non torni alla solita voragine delle contestazioni, che creano una situazione di tale confusione, per cui la comunità internazionale ha paura di intervenire. Se vince uno, in modo abbastanza chiaro, o comunque la sua vittoria viene accettata, è possibile un sostegno della comunità internazionale.

    inizio pagina

    Sardegna. Oltre 850 gli sfollati, rischio epidemie. Caritas Olbia: servono volontari

    ◊   Cresce il rischio epidemie nelle zone della Sardegna colpite dall’alluvione di questi giorni. Nell’area prosegue l’ondata di freddo e pioggia, mentre è stato prorogato di altre 24-36 ore lo stato di allerta meteo che doveva terminare ieri sera. La protezione civile ha fatto sapere che gli sfollati sono 871: tra questi, oltre 200 hanno trovato ospitalità in strutture comunali. Un’ordinanza, intanto, ha stabilito un contributo mensile alle famiglie in difficoltà e la possibilità per i sindaci di stipulare convenzioni con strutture pubbliche e private per fini di alloggio. Oggi, il sopralluogo del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, che ha garantito il sostegno alle amministrazioni locali per la conversione urbanistica. Molte le parrocchie coinvolte nella distribuzione di vestiario e coperte alla popolazione. Al microfono di Federico Piana, l’appello di suor Luigia Leoni, responsabile della Caritas di Olbia:

    R. - Purtroppo, ancora in alcune zone è necessario togliere il fango, pulire le case e aiutare le persone, perché vogliono tornare a casa loro. Per questo, occorrono persone che diano una mano per aiutare a ripulire, a sistemare, e quindi fare in modo che possano rientrare a casa. Hanno bisogno di tutto. C’è chi ti chiede una bombola, chi ti chiede da mangiare, chi ti chiede soprattutto materassi, perché è tutto bagnato e quindi non si possono usare più.

    D. - Come è possibile aiutarvi, suor Luigia?

    R. - Rendersi disponibili, telefonando ai nostri numeri perché poi noi organizziamo gli aiuti. Secondo le necessità, facciamo venire la gente. Raccomandiamo di non venire mai da soli, senza essere equipaggiati e senza aver preso contatto con noi…

    D. - Perché servono braccia? Servono persone che stiano lì ad aiutare, a togliere l’acqua anche dai posti dove purtroppo ancora c’è…

    R. - Stiamo facendo delle squadre che consentano di compiere il lavoro nel modo più giusto, perché altrimenti si rischia di sovrapporsi e di fare male.

    inizio pagina

    Rotelli (Intersos): l'Italia non più protagonista dell'aiuto umanitario. Pistelli: il mondo cerca nuovi equilibri

    ◊   Dalla Somalia al Sudan, dall’Afghanistan al Libano fino all’Iraq, l’intervento umanitario italiano nelle crisi internazionali è stato al centro del tavolo di lavoro promosso da Intersos, Associazione con ventennale esperienza sul campo e mondo delle istituzioni. Federica Baioni ha intervistato il segretario generale di Intersos, Marco Rotelli, e il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli:

    R. – L’Italia, in questo momento, è uscita dall’aiuto umanitario, non ha approfondito la tematica in maniera sufficiente e soprattutto ha abdicato al fatto di considerarlo un principio da proteggere e da tutelare. Nel momento in cui si riapproprierà di questo, l’Italia, anche con un’aggiunta di risorse evidentemente, riuscirà a dichiararsi e a essere una protagonista dell’aiuto umanitario. In questo momento, non lo è.

    D. – All’interno del suo intervento, viceministro Pistelli, lei ha detto “è stato un ventennio non vissuto in laboratorio, ma sul campo”. Ci spiega meglio?

    R. – Dico che quando vengono rimproverate alla politica carenze, contraddizioni o difficoltà, tutto è vero e io accetto questo complessivo rimprovero, che avviene nella politica internazionale, europea e, dunque, anche italiana. Mi permetto di dire, però, che il mondo del pre ’89 era un mondo che non ci piaceva, ma era un mondo più semplice. Non ho rimpianti, non ho nostalgie: Dio non voglia. Ma era un mondo più semplice. Il mondo del post-’89 è un mondo che cerca un ordine che non ha ancora trovato, dove facciamo i conti con conflitti non più tradizionali e interstatuali, ma con conflitti a matrice etnica e religiosa, dove è cambiato il mestiere di alcune delle organizzazioni che, fino a ieri, avevano un altro mandato – penso a come sia cambiato il ruolo della Nato in questi 20 anni – o penso a come l’Unione Europea stia facendo crescere dentro di sé un nuovo mestiere, che è quello della politica estera e della sicurezza comune. E quindi, chiedere alla politica di fare questo grande salto, non tenendo conto di queste difficoltà, è chiedergli un po’ l’impossibile. Aggiungo che anche questo cammino sta cambiando alcuni concetti, alcuni principi importanti dell’intervento nelle crisi internazionali. Io scommetto molto sul principio della responsabilità di proteggere che, da 15 anni ormai, non ha fatto capolino ma è dentro l’agenda delle Nazioni Unite. Ma anche per mettere d’accordo su cosa questo voglia dire, e su come questo concetto possa essere esercitato senza doppi standard, c’è ancora un cammino lungo da fare. Non dico che chiedo pazienza per assolvere genericamente la politica, ma chiedo a una platea qualificata come questa, e in generale all’opinione pubblica, di capire che l’ordine internazionale non si crea da un giorno all’altro. Abbiamo tutti una responsabilità. Noi ce la stiamo mettendo tutta, perché sia un ordine fondato su basi di rispetto, di giustizia e non di doppi standard nei confronti di alcuni Paesi, trattati in modo diverso da altri.

    D. – Cosa chiede invece ai media nazionali? Manca una maggiore attenzione sul fronte internazionale?

    R. – Sì, manca in generale un’attenzione. Basti vedere il numero di pagine dedicate alle questioni internazionali sui quotidiani o vedere come sui mezzi televisivi, che si affidano alle immagini, il mondo parla di sé soltanto durante le crisi e durante le guerre. Quello che manca in questo Paese, ma non da oggi, è l’abitudine ad avere una conversazione strutturata sulla politica estera, sulla proiezione internazionale del Paese. Per cui, oggi è una crisi, domani un’altra, ma sono spot, sono bolle, sono fasci di luce che illuminano oggi un pezzo di mondo e poi un altro, con un’enorme difficoltà invece – ripeto – ad avere una conversazione organica e strutturata sulla politica estera del Paese.

    inizio pagina

    Le donne romene in Italia e il fenomeno degli "orfani bianchi"

    ◊   L’ambasciatrice romena in Italia, Dana Manuela Constantinescu, ha nuovamente incontrato ieri, dopo un precedente colloquio in ottobre, Silvia Dumitrache, presidente dell’Associazione “Donne romene in Italia”, per analizzare e ribadire il sostegno alle donne che lasciano Romania in cerca di lavoro nella Penisola e ai loro figli, i cosiddetti “orfani bianchi” lasciati nel Paese d'origine. Elisa Sartarelli ha raccolto la testimonianza di Silvia Dumitrache:

    R. - Parlando con la nostra ambasciatrice, siamo arrivati anche all’argomento della cosiddetta “sindrome della badante” o “sindrome d’Italia”, che è una malattia riconosciuta dal Sistema sanitario nazionale. Si tratta di una depressione molto profonda in cui si ammalano le donne, le mamme. Evidentemente stando loro male, anche i loro bambini a distanza ne sentono la sofferenza e alcuni di loro in Romania non ci sono più…

    D. - Lei è l’ideatrice del Progetto “La mamma ti vuole bene” per prevenire e diminuire il numero di omicidi e suicidi causati dalla lontananza tra genitori e figli. In cosa consiste questo progetto?

    R. - E’ un progetto di comunicazione audiovisiva online. Si tratta di uno strumento pratico per mettere in contatto i familiari a distanza. Abbiamo discusso anche di tanti problemi, della realtà e delle difficoltà che incontrano le donne che vanno all’estero per lavoro. La maggior parte di loro sono in Italia da sole, senza la famiglia. E abbiamo parlato quindi anche dell’importanza vitale per i bambini della comunicazione e come poter sostenere questa nostra attività. Ho trovato molto interesse da parte della nostra ambasciatrice.

    D. - Ora si vorrebbero coinvolgere anche le biblioteche nazionali, che sono coinvolte in Romania, ma poco in Italia…

    R. - E’ vero. Dobbiamo trovare la soluzione a questo, perché è un progetto portato avanti da una Associazione che in questo momento non ha neanche una sede: è molto, molto difficile portarlo avanti. Quindi, abbiamo bisogno di fare rete, di avere un sostegno reale sia istituzionale che economico. Verranno coinvolte tutte quelle biblioteche che hanno la possibilità di offrire spazio con un po’ di privacy, perché non tutte le biblioteche in Italia hanno questa possibilità.

    D. - Cos’è la "piattaforma famiglia online"?

    R. - La piattaforma famiglia online è - chiamiamola così - un nostro nuovissimo prodotto. Si tratta di una piattaforma che offre sempre la comunicazione audiovisiva gratuita online aperta a tutti le comunità. Sulla piattaforma l’utente troverà una applicazione, già istallata, che può utilizzare per mettersi in contatto con i familiari.

    D. - Sono previsti dei corsi rivolti alle mamme romene per insegnare loro ad usare il computer e Skype per vedere i loro bambini?

    R. - Certo, sarebbe utile poter fare dei corsi per l’utilizzo del computer, perché - al di là della possibilità di utilizzare il computer per la comunicazione a distanza - questi corsi sarebbero veramente utili anche per poter usare un conto bancario. E’ molto importante! La maggior parte delle donne questo non lo sa fare… L’anno scorso, nel Nord Italia c’erano 140 mila donne, tra i 25 e i 40 anni. Un dato recente dice che un romeno su sei lavora all’estero e che il 56%sono donne. Io sono comunque fiduciosa e spero tanto di poter offrire - tutti insieme - un vero sostegno ai genitori e alla famiglia a distanza.

    inizio pagina

    Il card. Maradiaga nel libro "Senza etica niente sviluppo": mettere fine allo scandalo dell'ingiustizia

    ◊   “E’ tempo di mettere fine allo scandalo della fame e dell’ingiustizia, per intraprendere passi verso un modello sostenibile, umanizzando la globalizzazione e trasformandola in un progetto che sia davvero universale”. L’invito accorato è del cardinale Oscar Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas internationalis, che arriva da un libro fresco di stampa per l’Editrice missionaria italiana (Emi) nelle librerie in questi giorni. “Senza etica niente sviluppo” è il titolo dell’agile volume che raccoglie alcuni sui interventi che entrano a piè pari nella riflessione sulla crisi economica e sulla fame nel mondo. Stefano Zamagni, intervistato da Luca Tentori, ha firmato la prefazione del libro:

    “La Chiesa cattolica da sempre, da 2000 anni, si pone il problema di come organizzare la sfera delle relazioni economiche per garantire il benessere delle persone che vivono nelle diverse comunità. Con un avvertimento che il benessere di cui parla il pensiero sociale cristiano non è solo il benessere nella sua dimensione quantitativa, quella che si chiama la crescita, ma è anche il benessere nella dimensione socio-relazionale e spirituale. Ecco perché l’idea che nel saggio viene portata avanti è quella dello sviluppo inteso come combinazione virtuosa tra le tre dimensioni”.

    Un tuffo nel sistema economico mondiale, proposte chiare ma soprattutto concrete, un viaggio tra le miserie e le ricchezze di una crisi globale che può essere occasione di crescita. E’ questo il nuovo libro del cardinale Maradiaga, che indica chiaramente una direzione: “La nostra sfida è la costruzione di un mondo fraterno e la globalizzazione non è niente di nuovo per la chiesa cattolica. Le nostre comunità sono fatte di un’umanità globale in sacramento e solidarietà”. Il discernimento etico non può mancare in nessuna scelta economica. Quale allora il ruolo del cristiano, il contributo del suo pensiero e della sua azione?:

    “E’ evidente che interventi in chiave solo redistributiva non bastano più. Si rischia di ridistribuire le briciole e con le briciole non si vive. Ecco che allora bisogna intaccare il modo di produzione, cioè il modo con cui si produce la ricchezza. Intervenire post-factum, dopo che un certo reddito è stato ottenuto è troppo tardi e comunque non è sufficiente. Questa direi è l’idea guida che attraversa questo saggio. Il richiamo che il cardinale rivolge a tutti e in particolare ai cattolici è un richiamo molto forte e per certi aspetti innovativo. La forma nuova della Caritas e di altre associazioni non può essere solo quella di essere un distributore di pacchi. Deve diventare una voce profetica nel senso di chi anticipa quello che successivamente dovrà avvenire. E’ sempre stato così nella storia della civiltà cristiana. La capacità profetica di questo cardinale è legata alla sua fede profonda. Il cristiano spera non perché fa dei progetti ma perché si ricorda di una promessa, e di una promessa piuttosto antica”.

    Il nostro tempo richiede una riflessione urgente sui temi della giustizia e della solidarietà. Il cardinale Mariadaga sostiene che siamo ancora in tempo per invertire la rotta di una economia ingiusta:

    “La fame di ieri era dovuta a una carenza oggettiva di risorse. La fame di oggi è legata a delle istituzioni economiche e finanziarie che, anziché operare per il bene comune, operano per massimizzare il bene totale. Oggi, occorre agire sugli assetti istituzionali. Le istituzione economiche, al pari di quelle politiche non sono mai, mai, mai neutrali. Perché a seconda di come si scrivono le regole del gioco, si sfavoriscono alcuni e si favoriscono altri”.

    inizio pagina

    Danza e magia dei Momix in scena a Roma fino al primo dicembre

    ◊   Si chiama "Alchemy" ed è l’ultima affascinante creazione del geniale coreografo americano, Moses Pendleton, per la sua compagnia dei Momix. In scena al teatro Olimpico di Roma fino al primo dicembre, lo spettacolo è dedicato al pubblico di ogni età che vuole vivere nella danza anche l’emozione della magia, del sogno e del trasformismo, perchè è questo che Pendleton porta in scena ogni volta. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – I think… you mentioned the words magic, mystery, illusion…
    Penso… lei ha menzionato le parole magico, mistero, illusione: tutte rappresentano tratti positivi quando si esplora la natura. Credo che ogni volta che si voglia richiamare l’attenzione del pubblico, bisogna creare qualcosa – secondo me – tra suono e luce, una sorta di immagine che stimoli, appunto, l’immaginazione. Infatti, questo accade quando inizi a diventare più attivo. E se sei stimolato in questo modo, anche l’immaginazione è stimolata: l’occhio, nel vedere qualcosa che non ha mai visto prima, vive un’esperienza nuova. Cresci. E questo è quello che io spero di ottenere. Spero di ottenere questa sorta di stato sognante, questa sorta di trance magica e che sia piuttosto sogno che incubo. E credo che questo lasci la gente con il desiderio di riflettere su quello che ha appena sperimentato. E credo che questa sia una cosa buona.

    D. – I suoi ballerini in scena hanno la grande capacità di trasformarsi assumendo diverse sembianze, oggetti, animali, forme geometriche... Qual è per lei il ruolo, la funzione del corpo di un ballerino?

    R. – Well, the body is extended into other forces in nature…
    Il corpo, in natura, si identifica con altre forze: piante, animali, minerali… Il corpo è un veicolo che consente di inserirsi in altri corpi che sono più che umani. Il mio senso dell’estetica si è sempre interessato nell’osservare come il corpo umano prenda contatto con quanto è non umano, la luce pura, e come il corpo possa essere visto in modi diversi… I Momix hanno un grande allenamento atletico alle spalle: il loro corpo è il loro strumento per esprimere un intero corpo di nuove immagini. Si tratta di un teatro fortemente visuale e fisico, che ci aiuta a metterci in contatto. Vede, noi tutti abbiamo un corpo e per questo la danza è affascinante. Noi ci identifichiamo con il corpo umano, perché tutti noi abbiamo un corpo. E questa è una forza, quella che viene dal corpo, che è necessaria ai danzatori di Momix per essere, in un certo senso, super-umani. Fanno ogni sorta di cose strabilianti, ma in tutte c’è un’identificazione.

    D. – Perché ha scelto per il suo spettacolo il nome “Alchemy”?

    R. – “Alchemy” is a very interesting study. These are the ancient chemists…
    “Alchemy” è uno studio molto interessante. Gli alchimisti erano gli antichi farmacisti e l’idea di fondo degli alchimisti era quella di cercare di creare, attraverso la chimica – in quei tempi antichi – cioè attraverso il fuoco, il mistero e la magia, qualcosa che assomigliasse all’elisir della vita, una sostanza che consentisse di vivere più a lungo. Ecco, questi erano i primi ‘farmacisti’. Oggi, i farmacisti gestiscono compagnie farmaceutiche, frequentano Google e tutti cercano di cambiare la specie umana, attraverso la chimica. “Alchemy” segue il cliché classico, quello di trasformare piombo in oro, laddove trasformare piombo in oro non ha un significato soltanto realistico o letterale: ma parliamo di quel piombo che c’è nella nostra anima che deve essere messo sotto controllo e perfezionato per diventare oro, per portare frutti e diventare più leggero. “Alchemy” per me è come Momix: potrebbe essere sinonimo di “Alchemy”, perché l’idea portante è quella del “mix”. L’alchimia tratta con acqua e fuoco – come faccio io nello spettacolo – con l’immaginario dell’aria e della terra e alla fine, con qualcosa che assomiglia all’oro. Ma è il modo in cui l’alchimia mescola il fuoco con l’acqua, come il femminile si mescola con il maschile… Mi è piaciuta la ricerca e vedo che il principio fondante di Momix, con la sua idea di illusione e di trasformazione, con i cambiamenti di forma e con questo tipo di velocità, l’ho sempre vista come una sorta di processo di alchimia.

    D. – Quando lei scrive una coreografia, qual è la prima cosa a cui pensa? Il movimento da creare, gli oggetti da usare, il messaggio da lanciare…

    R. – Yes, the first thing I think with Momix, we think about the picture…
    La prima cosa a cui penso, con i Momix, è il quadro, come un pittore o uno scultore. Prima facciamo un quadro, e poi ci mettiamo la musica, la luce… Certo, la luce serve per identificare l’idea finale. Ma la maggior parte di tutto questo non avviene con passi di danza: la danza, la coreografia viene dopo. Prima creiamo l’immagine visiva e poi la facciamo muovere nello spazio-tempo e da lì nasce la coreografia.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: almeno 160 morti per violenti scontri tra esercito e ribelli nelle ultime 48 ore

    ◊   Sempre più pesante il bilancio degli gli scontri tra ribelli ed esercito in Siria. L’Osservatorio per i diritti umani riferisce di almeno 160 vittime nelle ultime 48 ore per violenti combattimenti avvenuti nella regione della Ghuta orientale, a est di Damasco, considerata "la roccaforte" degli insorti. E sono più di 11 mila i bambini uccisi dall’inizio del conflitto, secondo un rapporto dell'Oxford Research di Londra, anticipato da alcuni media, che cita anche "esecuzioni sommarie" e torture ai danni dei minori. La situazione nel Paese sarà al centro di un incontro tra il mediatore internazionale, Brahimi, ed i viceministri degli Esteri di Russia e Stati Uniti che si terrà domani a Ginevra. Ieri, nella città elvetica, è slittato l’incontro tra Brahimi e il segretario di Stato americano Kerry. (E. B.)

    inizio pagina

    Scontro tra Egitto e Turchia: entrambi decretano l’espulsione degli ambasciatori

    ◊   Ormai è scontro diplomatico tra Egitto e Turchia. Le autorità turche hanno dichiarato l’ambasciatore egiziano nel Paese persona non grata. Il premier Erdogan ha ribadito che non rispetterà “mai” dirigenti nominati dai militari egiziani che – ha precisato – sono arrivati al potere con un colpo di Stato. In precedenza, invece, le autorità del Cairo hanno espulso l’ambasciatore turco nella capitale egiziana. All’origine dell’escalation l’accusa dell’Egitto verso la Turchia di appoggiare i Fratelli musulmani. Intanto, ieri in Turchia ci sono stati scontri durante una manifestazione indetta dagli insegnati ad Ankara contro le politiche del governo. La polizia è intervenuta con gas lacrimogeni e idranti. Il bilancio, secondo la stampa, è di almeno sette persone ferite. (E. B.)

    inizio pagina

    Nigeria: una dozzina di morti per un attacco attribuito agli estremisti di Boko Haram

    ◊   In Nigeria, almeno 12 persone sono state uccise in un villaggio nel nordest del Paese a causa di un attacco condotto presumibilmente dai fondamentalisti islamici di Boko Haram. Un testimone ha riferito di un commando armato, composto da una trentina di membri, che prima di aprire il fuoco contro gli abitanti del villaggio ha inneggiato lo slogan “Dio è grande”. Solo ieri è stata diffusa la notizia dell’episodio avvenuto giovedì scorso nel villaggio di Sandiya, nello stato di Borno, ad una ottantina di chilometri dalla capitale Maiduguri. La città è considerata una roccaforte del gruppo estremista, che accusa la popolazione dell’entroterra di collaborare con le forze di sicurezza. Negli ultimi mesi, il governo nigeriano ha lanciato una massiccia offensiva contro il gruppo Boko Haram, prorogando di altri sei mesi lo stato d’emergenza nel Paese.

    inizio pagina

    Clima: accordo in extremis a Varsavia. Delusi gli ambientalisti, si guarda a Parigi 2015

    ◊   L'Accordo in seno alla Conferenza sui cambiamenti climatici, che ha riunito fino a ieri a Varsavia i delegati di 190 Paesi, è arrivato quando i giochi stavano per chiudere. L’intesa ha deluso quanti speravano in una svolta, in primis le associazioni ambientaliste. Tuttavia, ha lasciato aperta la possibilità di negoziare un'intesa globale sul clima a Parigi nel 2015. ''Non abbiamo raggiunto un risultato significativo'', ha ammesso Nederev Sano, il delegato filippino che nel giorno dell'apertura della Conferenza, coincisa con la tragedia del passaggio del tifone Haiyan sul suo paese, aveva cominciato un sciopero della fame proprio per attirare l'attenzione sui drammatici rischi dei cambiamenti climatici. I negoziati sono stati bloccati per tutto il giorno sulla posizione intransigente della Cina e dell'India, che hanno ingaggiato un braccio di ferro con Ue e Usa. Il negoziatore cinese, Su Wei, si era detto molto preoccupato perchè l'accordo proposto prevedeva ''impegni'' di riduzioni di gas a effetto serra per tutti, Paesi industrializzati e non, e l'ipotesi che non si trovasse un accordo era diventato molto concreto. In extremis, i negoziatori dei principali Paesi si sono riuniti in un angolo della grande sala delle conferenze e hanno raggiunto una formula accettabile per tutti. Il testo approvato afferma che all'accordo di Parigi si arriverà ''con i contributi determinati su base nazionale'' di tutti i Paesi. E' stato anche creato il "meccanismo internazionale di Varsavia" per aiutare i Paesi più poveri a far fronte alle emergenze create dai cambiamenti climatici - l'altro grande tema al centro dei lavori - ma i Paesi più ricchi non hanno voluto prendere nuovi impegni economici. Giovedì scorso, gli ambientalisti avevano lasciato la Conferenza esasperati dalla mancanza di progressi. La commissaria europea al clima, Connie Hedegaard, ha detto che ''ci sono voluti molti sforzi e ci sono stati molti drammi e interessi diversi, ma alla fine, tutti si sono resi conto che ci sono rischi reali se non faremo i progressi di cui abbiamo così bisogno''. L'ambizioso accordo che si cerca di raggiungere nel 2015 è di ridurre i gas a effetto serra in modo da limitare il riscaldamento globale del pianeta di 2 gradi. Questo accordo dovrà coinvolgere tutti i Paesi ed essere vincolante. (E. B.)

    inizio pagina

    Malawi. Chiesa chiede processi rapidi contro i corrotti per riguadagnare la fiducia dei donatori

    ◊   Fate presto a fare pulizia nella politica e nell’amministrazione per potere riguadagnare la fiducia dei donatori esteri il cui aiuto è indispensabile per alleviare la sofferenza della popolazione. È questo il senso del messaggio lanciato da Chris Chisoni, segretario generale della Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Malawi, in una conferenza stampa al termine della riunione delle Commissioni “Giustizia e Pace” delle otto diocesi cattoliche del Paese. “La Chiesa non può sedere e guardare alle sfide alle quali devono far fronte i malawiani senza far nulla. Per questo sentiamo la necessità di parlare con una sola voce su questi problemi”, ha detto Chisoni. I donatori internazionali (Unione Europea, Gran Bretagna, Norvegia e Banca africana di sviluppo) hanno sospeso l’elargizione di aiuti al Malawi a seguito della scoperta di gravissime frodi sull’utilizzo dei fondi ricevuti. Si stima siano stati stornati almeno 185 milioni di dollari dalle casse statali. Finora, una cinquantina di funzionari sono stati arrestati, tra i quali il ministro della Giustizia, Ralph Kasambara. In relazione al cosiddetto “cash-gate”, Chisoni ha affermato che “vogliamo l’arresto di tutti coloro che sono coinvolti senza risparmiare nessuno. Vogliamo pure un processo rapido nei confronti di queste persone”. I rappresentati di Giustizia e Pace chiedono infine ai donatori di riconsiderare la sospensione degli aiuti che sta avendo gravissime conseguenze sociali: penuria alimentare in diverse aree del Paese, con rischi acuti per le persone. Drastico calo delle frequenze scolastiche e rischio di saltare il prossimo raccolto. (R.P.)

    inizio pagina

    Congresso Missionario Americano: l'annuncio del Vangelo in un mondo multiculturale

    ◊   Come annunciare il Vangelo e testimoniarlo oggi, in un mondo che cambia, un mondo multiculturale e secolarizzato ? A questa domanda sono chiamati a rispondere gli oltre 4.000 partecipanti al IV Congresso Missionario Americano (Cam 4) e IX Congresso Missionario Latinoamericano (Comla 9), che si apre a Maracaibo (Venezuela), il 26 novembre e si concluderà il primo dicembre. Molti gruppi e delegazioni di missionari e di operatori pastorali di tutto il continente - riferisce l'agenzia Fides - sono già in viaggio. "Dobbiamo prepararci a vivere in uno stato permanente di missione, lasciare le preoccupazioni immediate e alzare lo sguardo oltre le frontiere, vivere pienamente la nostra chiamata alla missione, dobbiamo essere profeti per la missione in questo mondo che cambia”, afferma all’agenzia Fides padre Andrea Bignotti, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Venezuela, nella nota che accompagna il programma dei lavori. Il Cam 4 inizierà il pomeriggio di martedì 26 novembre, con la solenne apertura presieduta dall’Inviato speciale del Santo Padre, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, presso la Basilica de Nostra Signora di Chinquinquirà. Il giorno 27, la prima conferenza: "L'annuncio di Gesù Cristo nel mondo di oggi, un mondo multiculturale e secolarizzato", a cura del teologo argentino, Lucas Cerviño, esperto nel campo interculturale e nel dialogo religione-cultura, docente all'Istituto Latinoamericano di Missionología dell'Universidad Católica Boliviana (Ucb). La seconda conferenza sarà tenuta da mons. Silvio Baéz, ausiliare di Managua, segretario generale della Conferenza episcopale del Nicaragua, sul tema "La Parola di Dio, fonte di significato per il mondo attuale". Nel pomeriggio, ci saranno i forum tematici e a uno di essi interverrà padre Vito del Prete, segretario generale della Pontificia Unione Missionaria, sul tema "La Missione evangelizzatrice in Asia - Le grandi religioni, le masse dei poveri". Il 28 novembre, la terza Conferenza dal titolo "L'urgenza della missione nel contesto della Nuova Evangelizzazione e della Missione Ad Gentes" sarà proposta da padre Raul Biord Castillo, vicario provinciale dei Salesiani in Venezuela. Quindi, la quarta Conferenza "Verso una Chiesa americana in stato permanente di missione" vedrà impegnata la teologa colombiana e docente della Pontificia Universidad, Javeriana Consuelo Vélez, assieme a fratel Israel Neri (Brasile). Il 29 novembre sarà dedicato alle testimonianze e allo scambio di esperienze, quindi verranno stilate le conclusioni e ci si preparerà alla celebrazione finale. Sabato 30, infine, si celebrerà la Giornata missionaria in ogni parrocchia della città, con la presenza dei partecipanti al CAM 4. Nel tardo pomeriggio, la chiusura solenne nella Basilica de Nostra Signora di Chinquinquirà con l'invio missionario. (R.P.)

    inizio pagina

    Assisi. Convegno Cei a fine novembre su secolarizzazione e nuovo umanesimo

    ◊   Sarà tenuta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale Italiana (Cei), la relazione introduttiva del Convegno dal titolo "Custodire l'umanità. Verso le periferie esistenziali", in programma il 29 e il 30 novembre prossimo al Teatro Lyrick di Assisi. L’iniziativa è promossa dal Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, dalla Conferenza episcopale umbra e dalle dall’Università italiana e per Stranieri di Perugia. Il vicepresidente della Cei, mons. Gualtiero Bassetti, ha annunciato che saranno oltre 700 i partecipanti, inclusi gli studenti delle scuole e delle università. Sarà una due giorni di respiro internazionale – ha spiegato il presule – per discutere e riflettere su due tematiche di grande attualità come "la secolarizzazione" e il "nuovo umanesimo", puntando quindi a favorire un dialogo tra laici e cattolici. Al centro della due giorni – ha aggiunto mons. Bassetti – "c'è la proposta di un nuovo umanesimo in grado di rivendicare che l'uomo ritorni al centro della riflessione e della convivenza sociale". Il Convegno, ha concluso, si propone anche come "contributo culturale" alla preparazione del quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana, dedicato al tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo", che si terrà a Firenze nel novembre del 2015. (E. B.)

    inizio pagina

    Caritas Roma: con il freddo intensificate le iniziative per i senza fissa dimora

    ◊   La Caritas di Roma intensifica le iniziative di solidarietà a favore dei senza dimora. Come di consueto, con l‘inizio dei mesi più freddi dell'anno e con l‘approssimarsi del tempo liturgico di Avvento, i volontari della Caritas intensificheranno i presidi notturni nei punti di ritrovo dei senza dimora. Per questo, riporta l’agenzia Sir, da domenica primo dicembre, e fino a Natale, nelle parrocchie romane sarà anche attivata una raccolta straordinaria di coperte. Per coloro che desiderano contribuire, si legge in una nota della Caritas, le coperte possono essere portate presso l'Ostello Don Luigi Di Liegro in via Casilina 144. Già dallo scorso mercoledì, in occasione di un incontro su questo tema, la Caritas di Roma è inoltre in contatto con il Comune capitolino, che sta lavorando a un piano di iniziative straordinarie di accoglienza in favore dei senza dimora più esposti alle rigide condizioni climatiche che - complice anche la pioggia di questi giorni e l'improvviso calo della temperatura - stano interessando la città. (E. B.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 328

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.