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Sommario del 18/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: Dio ci salvi dallo spirito mondano che negozia tutto e dal pensiero unico
  • Papa Francesco incontra padre Chiera, l’angelo custode dei “meninos de rua”
  • Il premier delle Bahamas incontra il Papa e mons. Parolin: emigrazione al centro dei colloqui
  • Nomina episcopale in Austria
  • Motu Proprio, Papa Francesco approva nuovo Statuto dell'Autorità d'Informazione Finanziaria
  • Tweet del Papa: confessare i peccati costa ma ci porta la pace e il perdono di Dio
  • Anno della Fede: domenica 24, il Papa consegna l'Esortazione "Evangelii gaudium"
  • Istituito dal dicastero dei Migranti un fondo in aiuto dei marittimi delle Filippine
  • Kaiciid. Il card. Tauran: dialogo interreligioso rende il mondo più sicuro e illuminato
  • Mons. Migliore: tutela clima è dovere morale di ogni Stato non solo un fatto di scienza
  • La Congregazione di Propaganda Fide paga regolarmente le imposte in Italia
  • Fondazione "Centesimus Annus" e Lateranense: laici a scuola di Dottrina sociale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Filippine: si mette in moto la macchina degli aiuti. Il presidente Aquino ammette le carenze dopo il passaggio del tifone Haiyan
  • Hollande in Israele: mettere sotto controllo gli impianti nucleri iraniani
  • Seminario Icra. Conso: dalla crisi si esce pensando a servire il bene comune
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: ucciso leader dei ribelli. Bombardamenti al confine con il Libano
  • Nepal. i cristiani rispondono con la preghiera agli attacchi maoisti per le elezioni
  • Centrafrica: a Bangui ucciso un magistrato. Chiesto maggiore impegno all'Onu
  • Centrafrica. I missionari: si rischia un nuovo bagno di sangue
  • Sudan: nel Darfur scontri e decine di vittime al confine con il Ciad
  • Iraq. Il patriarca Sako chiede a governo e leader religiosi il compito di unire il Paese
  • Pakistan: calma apparente a Rawalpindi dopo le violenze fra sunniti e sciiti. Rimosso il coprifuoco
  • Pakistan. Conclusione dell’Anno della Fede: le sfide del sacerdozio nel mondo moderno
  • Camerun. Padre Vandenbeusch: prudenza sulla rivendicazione del sequestro
  • Sud Sudan: posta la prima pietra dell’Università Cattolica
  • Madrid: al via l'Assemblea generale vescovi spagnoli
  • Cei: da oggi è online la nuova versione di www.bibbiaedu.it
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: Dio ci salvi dallo spirito mondano che negozia tutto e dal pensiero unico

    ◊   Il Signore ci salvi dallo “spirito mondano che negozia tutto”, non solo i valori ma anche la fede. E’ quanto affermato stamani da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha quindi avvertito che bisogna stare in guardia da una “globalizzazione dell’uniformità egemonica”, frutto della mondanità. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il Popolo di Dio preferisce allontanarsi dal Signore davanti ad una proposta di mondanità. Papa Francesco ha preso spunto dalla Prima Lettura, un passo del Libro dei Maccabei, per soffermarsi sulla “radice perversa” della mondanità. Le guide del popolo, sottolinea il Papa, non vogliono più che Israele sia isolato dalle altre nazioni e così, abbandonano le proprie tradizioni, per andare a trattare con il re. Vanno a “negoziare” e sono entusiasti per questo. E’ come, annota, se dicessero “siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente”. Si tratta, avverte, dello “spirito del progressismo adolescente” che “si crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà”. Questa gente, dunque, negozia con il re “la fedeltà al Dio sempre fedele”. “Questo – è il monito del Papa – si chiama apostasia”, “adulterio”. Non stanno, infatti, negoziando alcuni valori, evidenzia, “negoziano proprio l’essenziale del suo essere: la fedeltà al Signore”.

    “E questa è una contraddizione: non negoziamo i valori ma negoziamo la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità”.

    E dopo questo, rammenta, “tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re; accettarono anche il suo culto, sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato”. Passo dopo passo, “si va avanti su questa strada”. E alla fine, rammenta il Papa, “il re innalzò sull’altare un abominio di devastazione”:

    “Ma, Padre, questo succede anche oggi? Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico. Se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte: e questo l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo”.

    Il Papa fa riferimento, dunque, al romanzo, di inizio ‘900, “Il padrone del mondo” che si sofferma proprio su “quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia”. Oggi, avverte il Papa, si pensa che “dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente”. E poi, osserva amaramente, “segue la storia”: “le condanne a morte, i sacrifici umani”. “Ma voi – è l’interrogativo del Papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono”:

    “Ma quello che ci consola è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri”.

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    Papa Francesco incontra padre Chiera, l’angelo custode dei “meninos de rua”

    ◊   Alla Messa di stamani, alla Casa Santa Marta, ha preso parte padre Renato Chiera, fondatore della “Casa do Menor” di Rio de Janeiro, da quasi 40 anni al fianco dei meninos de rua brasiliani. Per padre Renato, esempio di “pastore con l’odore delle pecore”, incontrare Papa Francesco è stata un’emozione grandissima e un forte incoraggiamento a proseguire la sua missione nelle periferie esistenziali del Brasile. Subito dopo la Messa, Alessandro Gisotti ha raccolto la sua testimonianza:

    R. – E’ un’emozione grande, che ho ancora adesso, mentre parlo. Il Papa mi sembra la presenza di Gesù in carne viva, che viene tra l’umanità per chinarsi sulle sue piaghe. In questo momento della Messa, ho visto anche la profondità che lui ha e l’incontro con Dio che lui ha in una forma che mi ha toccato totalmente. Poi c’è stata la gioia di presentare al Papa anche il nostro piccolo lavoro, la "Casa do Menor", presentarla alla Chiesa e attraverso la Chiesa presentarla a Gesù. E' la conferma, attraverso questo Papa - che è un grande dono dello Spirito Santo - la conferma di quello che con umiltà e anche con fragilità cerchiamo di fare nella "Baixada Fluminense", nella periferia di Rio, al fianco dei ragazzi non amati. Lui parla sempre di andare in strada, di andare nelle periferie, e io posso dire che sono 36 anni che lo faccio. Sento, quindi, che Dio vuole proprio questo.

    D. – Ci sono delle parole particolari, che Papa Francesco ha detto nell’incontro personale, dopo la Messa, sui meniños de rua, sulla "Casa do Menor"?

    R. – Gli ho dato il mio libro “Presenza” e lui ha detto: “Ah, “Presenza!”. E io: “Lei è una presenza di amore!”. E lui mi dice: “Pregate per me, pregate per me!”. Quando gli ho detto che lavoravo nella periferia con i ragazzi di strada, lui mi ha detto: “Un buon lavoro, un bel lavoro”. Io poi gli ho presentato delle lettere dei ragazzi e gli ho detto anche che volevamo fare una "coppa del mondo" di ragazzi di strada recuperati, una coppa alternativa. E ho aggiunto: “Abbiamo bisogno anche del suo aiuto e abbiamo lasciato qui una lettera”. In forma scherzosa poi ho detto: “Guardi, io sono piemontese come lei, di vicino Asti, e le ho portato una bottiglia di vino di Asti e un torrone di Alba”. E lui ha riso. E poi: “Le posso dare un abbraccio brasiliano?”. E mi ha risposto: “Sì!”. Allora l’ho abbracciato come noi sappiamo abbracciare in Brasile. L’ho ringraziato della sua visita in Brasile, dove lui ha capito che per entrare nel popolo brasiliano, bisognava passare attraverso il cuore.

    D. – Cosa verrà portato adesso di questo incontro ai meniños de rua?

    R. – Porterò l’amore che Dio ha per questi ragazzi, attraverso quello che il Papa ha mostrato con il suo abbraccio, con la sua benedizione. Questi nostri bambini, questi nostri ragazzi, come ho detto tante volte, hanno bisogno di sentirsi figli amati. La Chiesa, attraverso il Papa, in carne ed ossa, è l’amore di Dio per loro. E’ questo quello che io vorrei portare!

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    Il premier delle Bahamas incontra il Papa e mons. Parolin: emigrazione al centro dei colloqui

    ◊   Stamani, il Papa ha ricevuto nel Palazzo Apostolico Vaticano il primo ministro delle Bahamas, Perry Gladstone Christie. Il premier ha poi ha incontrato mons. Pietro Parolin, che proprio oggi ha iniziato la sua attività come nuovo segretario di Stato, e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - ci si è soffermati sul tema dell’emigrazione e sul contributo che la Chiesa cattolica offre alla popolazione, in particolare, nei settori assistenziale ed educativo, auspicando una più stretta collaborazione in questi ambiti”.

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    Nomina episcopale in Austria

    ◊   In Austria, Papa Francesco ha nominato mons. Franz Lackner, dell’ordine dei Frati Minori, Arcivescovo di Salzburg, finora ausiliare della diocesi di Graz-Seckau. Mons. Lackner è nato il 14 luglio 1956 in Feldbach, diocesi di Graz-Seckau. Nel 1984 è entrato nell’Ordine dei Frati Minori Francescani, emettendo la professione perpetua il 2 settembre 1989. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Wien e a Dublin (Irlanda). È stato ordinato sacerdote il 23 giugno 1991. Nello stesso anno ha ripreso gli studi a Roma presso il Pontificio Ateneo Antonianum, conseguendo nel 1997 il dottorato in filosofia. In seguito ha compiuto un semestre di ricerca presso l’Università di Bonn (Germania). Nel 1998 è stato nominato Professore di Metafisica presso il Pontificio Ateneo Antonianum. Nel 1999 è stato eletto Ministro Provinciale della Provincia “S. Bernardi Senensis” di Wien dei Frati Minori Francescani. Dal 1999 svolge anche il compito di Professore di Filosofia a Heiligenkreuz. Il 23 ottobre 2002 è stato nominato Vescovo titolare di Balecio ed Ausiliare di Graz-Seckau. Ha ricevuto la Consacrazione episcopale l’8 dicembre seguente.

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    Motu Proprio, Papa Francesco approva nuovo Statuto dell'Autorità d'Informazione Finanziaria

    ◊   Oggi è stata pubblicata la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio del 15 novembre 2013, con la quale Papa Francesco ha approvato il nuovo Statuto dell’Autorità di Informazione Finanziaria (A.I.F.) ad essa allegato. Tale provvedimento pontificio entrerà in vigore il 21 novembre prossimo. “Come noto – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - con il Motu Proprio dell’8 agosto 2013 e con la Legge N. XVIII dell’8 ottobre 2013, recante norme in materia di trasparenza, vigilanza e informazione finanziaria, Papa Francesco aveva rafforzato ulteriormente il quadro istituzionale della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano (S.C.V.) per prevenire e contrastare le potenziali attività illecite in materia finanziaria, conferendo all’A.I.F., oltre alle funzioni che essa già aveva sulla base del Motu Proprio di Benedetto XVI del 30 Dicembre 2010, la funzione della vigilanza prudenziale degli enti che svolgono professionalmente attività di natura finanziaria. L’attuale Statuto adegua ora la struttura interna dell’A.I.F. alle funzioni che essa è chiamata a svolgere”.

    “In particolare – sottolinea il comunicato - il nuovo Statuto distingue i ruoli e le responsabilità del Presidente, del Consiglio direttivo e della Direzione, per assicurare che l’A.I.F. possa svolgere più efficacemente le proprie funzioni, con piena autonomia ed indipendenza e coerentemente con il quadro istituzionale e giuridico della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. Inoltre, esso istituisce un apposito ufficio per la vigilanza prudenziale e lo dota delle necessarie risorse professionali”.

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    Tweet del Papa: confessare i peccati costa ma ci porta la pace e il perdono di Dio

    ◊   Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Confessare i nostri peccati ci costa un po’, ma ci porta la pace. Noi siamo peccatori, e abbiamo bisogno del perdono di Dio”.

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    Anno della Fede: domenica 24, il Papa consegna l'Esortazione "Evangelii gaudium"

    ◊   Una grande dimostrazione di vitalità e dinamismo dei credenti. E’ stato questo l’Anno della Fede secondo mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione che, questa mattina, ha presentato in Sala Stampa Vaticana gli eventi conclusivi di questi dodici mesi, voluti da Benedetto XVI. Domenica prossima, Papa Francesco consegnerà l'Esortazione apostolica "Evangelii gaudium". Il servizio di Paolo Ondarza:

    8 milioni e mezzo i pellegrini che si sono recati presso la Tomba di Pietro durante l’Anno della Fede, vissuto – spiega mons. Rino Fisichella – con grande intensità dal popolo di Dio in ogni parte del mondo:

    “Spesso, abituati come siamo a evidenziare i fattori di crisi, dimentichiamo di guardare anche ai tanti segni positivi e di speranza che sono realmente presenti nella Chiesa”.

    Tanti i segni che hanno scandito questi dodici mesi. Tra tutti, mons. Fischella ricorda le numerose testimonianze delle minoranze cristiane in contesti di sofferenza e povertà e l’ora di Adorazione eucaristica contemporanea in tutto il mondo:

    “In quel momento Cristo è stato veramente il cuore del mondo. Io questo non lo potrò mai dimenticare”.

    Concluderanno l’Anno della Fede, voluto da Benedetto XVI e proseguito in sintonia spirituale e pastorale da Papa Francesco, tre eventi: il prossimo 21 novembre, la “Giornata pro orantibus” con la visita del Santo Padre al Monastero delle Monache Camaldolesi all’Aventino:

    “Il Papa si fermerà in preghiera con le monache, che in questi anni hanno aperto il loro monastero alla condivisione della lectio divina e della mensa dei poveri”.

    Un esempio quindi di come dalla preghiera sfoci il servizio ai poveri, ai deboli, a quanti sono nelle periferie”. Sabato 23 novembre sarà la volta della Giornata dei catecumeni con testimonianze dei neofiti che in Paesi come Italia e Francia - ha detto mons Fisichella - hanno un’età media tra i 20 e i 40 anni. Il Papa incontrerà 500 adulti che si preparano a ricevere il Battesimo, provenienti da 47 Paesi del mondo:

    “Dalla Russia, dalla Moldavia, dalla Bosnia Erzegovina, dall’Egitto, dal Marocco, dall’Algeria, dalla Cina, dalla Mongolia, da Cuba… sperimenteremo, anche in questa circostanza, l’universalità della Chiesa”.

    Infine domenica prossima, 24 novembre, festa di Cristo Re, la Messa conclusiva dell’Anno della Fede, in Piazza San Pietro. Momenti salienti saranno l’esposizione per la prima volta dell’urna contenente frammenti delle reliquie dell’Apostolo Pietro e la consegna da parte di Papa Francesco dell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, che sarà presentata ufficialmente alla stampa martedì 26 novembre:

    “Nel programma originario doveva essere consegnata la Lettera Enciclica di Papa Benedetto XVI. Poi sappiamo cosa è avvenuto a febbraio, ciò che è avvenuto a marzo, e la decisione anche da parte del Santo Padre, Papa Francesco, di pubblicare la sua Enciclica sulla fede Lumen Fidei nel corso dell’anno. Quindi con l’Esortazione apostolica, l’Anno della Fede si conclude ma l’impegno continua con l’evangelizzazione”.

    A ricevere dalla mani del Papa l’Esortazione saranno rappresentanti di ogni evento che ha scandito questo Anno della Fede, provenienti dai 5 continenti. Presenti anche artisti nella persona di Etsuro Sotoo, scultore giapponese che ha collaborato alla Sagrada Familia e la pittrice polacca Anna Gulak, perché “la bellezza - ha spiegato mons. Fisichella - è forma privilegiata di evangelizzazione”. Ci saranno poi i giornalisti per attestare il grande impegno e promozione che svolgono quanti si dedicano a questo servizio. Infine un terzo momento della celebrazione sarà il gesto di carità a favore della popolazione filippina colpita dal tifone Haiyan:

    “Verrà compiuta una raccolta in denaro, come un segno di partecipazione concreta e solidale con quanti condividono la stessa fede e versano in situazioni di estremo bisogno”.

    Ai giornalisti che gli chiedevano se l’aumento delle confessioni registrato negli ultimi tempi sia da attribuire a Papa Francesco piuttosto che all’Anno della Fede, mons. Fisichella ha risposto:

    “Molte persone hanno esplicitamente detto: 'Sono tornato a confessarmi perché ho sentito la parola di Papa Francesco'. Il Signore si può servire anche di un Anno della Fede… tutti noi siamo solamente mediatori. Chi agisce è la Grazia di Dio. Togliere il primato alla Grazia di Dio significherebbe per noi equivocare tutto”.

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    Istituito dal dicastero dei Migranti un fondo in aiuto dei marittimi delle Filippine

    ◊   Un fondo speciale per finanziare progetti di ricostruzione a lungo termine nelle Filippine, per il post tifone Hayian. A istituirlo è stato il Pontifico Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, responsabile dell’Apostolato del Mare, con una donazione inziale di 10 mila dollari. Il fondo aiuterà la gente di mare delle aree colpite a ritornare a una vita normale. Fabio Colagrande ha chiesto al cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero vaticano, come sia nata questa iniziativa:

    R. – L’Apostolato del Mare non è nuovo a queste iniziative. Nel corso di questi anni, abbiamo promosso una prima colletta internazionale subito dopo lo spaventoso tsunami che colpì una vasta area dell’Asia nel 2004. Successivamente, ci siamo attivati, nel 2011, a seguito del terremoto e del conseguente tsunami che si sono abbattuti sul Giappone. In queste settimane, un altro terremoto e poco dopo un terribile tifone hanno duramente provato le Filippine. Appena ci siamo resi conto dell’immensità della tragedia, ci siamo mobilitati, stimolati anche da diversi Centri dell’Apostolato del Mare nel mondo, che ci hanno chiesto come poter intervenire. Fra tutti i solleciti che abbiamo ricevuto, ci ha commosso soprattutto quello dei pescatori del Giappone, che due anni fa avevano ricevuto i sussidi dell’Apostolato del Mare e ora ci hanno espresso il desiderio di portare a loro volta soccorso ai pescatori Filippini.

    D. – Molti filippini che lavorano come marittimi si trovavano lontani dai loro cari quando il tifone Hayan ha sconvolto l’arcipelago asiatico. Quale assistenza particolare hanno ricevuto?

    R. – Sono state molte le iniziative messe in atto dai diversi Centri dell’Apostolato del Mare. Sono state organizzate veglie di preghiera e celebrate Sante Messe di suffragio per le vittime. Supporto psicologico è stato dato a coloro che venivano dalle zone colpite e sono state distribuite gratuitamente carte telefoniche e dato accesso gratuito ad Internet. Da segnalare la sensibilità dimostrata dalla Compagnia di crociere "Carnival" che ha chiesto all’Apostolato del Mare di inviare cappellani cattolici su alcune delle sue navi per offrire aiuto e sostegno agli equipaggi formati per la maggioranza da marittimi filippini cattolici.

    D. – Quali progetti saranno finanziati da questo fondo?

    R. – Il nostro intento è quello di intervenire non appena sarà terminata la fase iniziale dell’emergenza. Punteremo su progetti di ricostruzione del tessuto sociale, fornendo anche aiuto materiale alla gente del mare. Come per le calamità precedenti, ci siamo messi in contatto con i cappellani dell’Apostolato del Mare nelle Filippine. Insieme con loro, stiamo individuando i luoghi e le situazioni che più di altre necessitano di un aiuto pratico e concreto, come ad esempio la ricostruzione di alloggi, l’acquisto di barche, di motori e di reti da pesca, senza dimenticare le borse di studio per gli orfani. A questo scopo, mi permetta di rivolgermi agli ascoltatori, per informarli che troveranno indicazioni per i versamenti sul nostro sito web: www.pcmigrants.org.

    D. – Non è il primo progetto simile da parte del vostro dicastero. Perché questa attenzione particolare per i marittimi?

    R. – Innanzitutto, c’è da dire che al Pontificio Consiglio spetta l’alta direzione dell’Apostolato del Mare. Considerando poi che i marittimi nel mondo sono un milione e duecentomila – e circa un terzo di loro sono filippini, ai quali regolarmente offriamo il nostro servizio pastorale nei centri Stella Maris del mondo – è naturale che ci attiviamo in loro favore. Inoltre, non bisogna dimenticare che l’Apostolato del Mare si occupa anche dei pescatori e, da alcune stime iniziali fatte, sembra che oltre la metà delle vittime siano poveri pescatori che hanno perso tutto, non soltanto i loro cari, ma anche la casa e i loro strumenti di lavoro: le barche e le reti. Questi poveri pescatori vivevano nelle zone costiere delle province devastate dal super tifone Haiyan. Ci vorrà molto tempo perché si riprendano da tutte queste perdite e noi vogliamo offrire loro un contributo per ricominciare la loro vita ed essere autosufficienti.

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    Kaiciid. Il card. Tauran: dialogo interreligioso rende il mondo più sicuro e illuminato

    ◊   Viviamo in un mondo in continuo cambiamento, e in un mondo sempre più provvisorio. Non si può vivere senza relazionarsi ai propri contemporanei, alle loro gioie e alle loro speranze, alle loro ansie e dolori. Così il cardinale Jean-Louis Tauran si è rivolto all’assemblea della Conferenza della Kaiciid, Centro internazionale per il dialogo interreligioso e culturale “Re Abdullah Bin Abdulaziz”, in corso oggi e domani a Vienna. Il Centro, fondato da Arabia Saudita, Spagna e Austria, vede la Santa Sede nel ruolo di organismo osservatore e fondatore. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    “Il dialogo interreligioso insegna ad essere attenti a non dare delle altre religioni un’immagine negativa in luoghi come le scuole e le università, attraverso i mass media, o soprattutto nei discorsi religiosi. Ci insegna a non sminuire le convinzioni religiose degli altri, soprattutto in loro assenza. Ci insegna a considerare la diversità in tutti i suoi aspetti, che sia etnica, culturale o di vedute, come una ricchezza e non come una minaccia”.

    E’ così che il cardinale Tauran indica all’assemblea una delle possibili letture del tema dato a questi due giorni di workshop “L’immagine dell’altro”.

    Interreligious dialogue impels us: To listen and to better…
    Il dialogo interreligioso, continua il porporato, ci spinge ad ascoltare e a conoscere meglio l’altro, a pensare prima di giudicare e a presentare il contenuto della nostra fede e le nostre ragioni per poter vivere con gentilezza e rispetto. Per tutto questo, il dialogo interreligioso può contribuire a ridare a Dio il luogo che Egli merita, può contribuire a ispirare fraternità, a dare la saggezza e il coraggio di agire.

    Il tema “L’immagine dell’Altro”, prosegue il cardinale Tauran, ci spinge a guardare dentro noi stessi per purificare ciò che ci rende chiusi di fronte alla novità e alla verità. Guardare l’altro significa anche accettare di essere messi in discussione circa il nostro credo ed essere pronti a darne conto. Guardare l’altro significa essere in grado di lavorare con le persone di buona volontà per il bene comune.

    Ecco quindi che il cardinale chiama le religioni “a proporre e non ad imporre le ragioni per vivere”:

    What is at the center of our concern is the human person...
    Al centro della nostra preoccupazione, prosegue, c’è la persona umana, uomini e donne: sono loro l’oggetto dell’attenzione dei leader politici e religiosi. Ciascuno di noi è un cittadino e un credente, e non un cittadino o un credente. Tutti noi apparteniamo alla medesima famiglia umana. E ciò significa che condividiamo la stessa dignità, che ci confrontiamo con gli stessi problemi, che godiamo degli stessi diritti e che siamo chiamati a compiere lo stesso dovere.

    Troppo spesso, aggiunge il porporato, giudichiamo le persone dalla loro apparenza o su quella che è la loro produzione, sebbene ciascuno di noi sia molto più di ciò che sembra o di ciò che abile a produrre. Riduciamo la persona umana a un oggetto, stigmatizza il cardinale, riferendosi a tutte le questioni e problematiche sollevate dalla biotecnologia, in realtà “la persona umana trascende la sua dimensione materiale”.

    In conclusione, il cardinale Tauran ritiene che uno dei compiti della Kaiciid possa essere la promozione di ciò che lui stesso definisce “l’intelligenza del cuore”, ossia ciò che “ci ispira a rispettare tutto ciò che Dio compie in ogni essere umano e allo stesso tempo rispettare il mistero che ogni essere umano rappresenta.” Poi avverte:

    What we have to avoid absolutely is that religions engender fear...
    "Dobbiamo assolutamente evitare che le religioni generino paura e atteggiamenti di superiorità o esclusione”.

    Kaiciid può quindi diventare un luogo in cui potersi guardare gli uni con gli altri, per “conoscersi meglio e per dividere le proprie capacità, per poter poi rendere questo mondo più sicuro e più illuminato, in cui si possa vivere nello spirito di quella fratellanza che spesso ci indica Papa Francesco”.

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    Mons. Migliore: tutela clima è dovere morale di ogni Stato non solo un fatto di scienza

    ◊   Non individuare le colpe, ma soprattutto le capacità migliori per intervenire secondo principi di “equità e responsabilità comune ma differenziata”. È questo che il nunzio apostolico a Varsavia, l’arcivescovo Celestino Migliore, chiede agli Stati riuniti da giorni nella capitale polacca per il 19.mo vertice mondiale sui cambiamenti climatici. Il presule è intervenuto alla Conferenza Cisde-Caritas Internationalis, organizzata per oggi e domani a Varsavia, con il titolo “Gli attori religiosi impegnati per la giustizia climatica”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Verrebbe da dire con un facile gioco di parole che nella comunità internazionale impegnata a proteggere il clima, il clima non sia dei migliori. Ed è quello che in sostanza rileva mons. Migliore quando, a un certo punto del suo intervento, afferma che il recente Rapporto Ipcc sull’effetto serra, “fondato su dati meno catastrofici che nel passato” – e dunque con un approccio “meno allarmistico” e quindi “meno ideologico” – “offre un clima migliore per il dibattito e la decisione”. Tuttavia, se il bisogno di intervenire in materia di inquinamento è indubbio, i modi per farlo sono ancora oggetto di contrasti internazionali.

    Il mondo, ricorda all’inizio il presule, ha preso coscienza degli “effetti devastanti dei gas serra” al Summit della terra di Rio nel 1997. Eppure, una ventina di vertici mondiali sul clima, nel cercare tra mille difficoltà di stilare regole condivise sulle emissioni dei gas inquinanti, hanno ottenuto nel complesso risultati insoddisfacenti. Oggi, riconosce mons. Migliore, il fronte della discussione è attestato sui “principi di equità e responsabilità comune ma differenziata”, che oppone i Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo. La questione, riflette il nunzio apostolico a Varsavia, ruota appunto attorno alla parola “equità”. Tutti la usano, “ma non sempre intendendo la stessa cosa”. Certo, osserva, non potrà significare semplicemente “uguaglianza”. Per esempio, afferma mons. Migliore, “se è vero che ogni individuo, ogni comunità regionale o nazionale ha uguali diritti nell’usufruire delle risorse atmosferiche, avrà anche uguali doveri di proteggerle". Pertanto, gli indici di emissioni dovranno "essere proporzionati alla popolazione e alla quantità di emissione pro capite”. Inoltre, prosegue, “i livelli di emissione dovranno fluttuare in proporzione ai livelli di prodotto interno lordo di un dato Paese”, mentre “l’abbattimento delle emissioni dovrà tener conto anche della quantità di emissioni realizzata da un determinato Paese nel recente passato”. Ed è qui, asserisce il presule, che “entra in gioco” il principio per cui “chi inquina paga proporzionalmente, cosicché nessun Paese rimanga penalizzato”.

    Nel ribadire che la Santa Sede è presente nel consesso internazionale – e quindi partecipa alla redazione di un nuovo Trattato sul clima, proprio perché ritiene che agire di fronte alla crisi ambientale sia un “imperativo etico” – mons. Migliore esprime pure una convinzione: il nuovo accordo, asserisce, “non potrà prendere in considerazione solo le colpe, le responsabilità o le omissioni accumulate nel passato, ma piuttosto la capacità reale di ogni Paese, di ogni economia attuale di passare all’azione per superare la questione”. Ciò potrà avvenire se, al fondo, verrà superata la visione secondo la quale scienza e tecnica siano sufficienti “per risolvere il problema ecologico”. Non è così, ripete mons. Migliore. “Le situazioni di crisi che l'umanità sta ora attraversando – sostiene – sono di carattere economico, alimentare, ambientale e sociale, ma nel fondo sono anche di carattere morale” e “obbligano a un modo di vivere caratterizzato dalla sobrietà e dalla solidarietà, con nuove regole e modalità d'impegno, appoggiandosi con fiducia e coraggio sulle esperienze positive che sono già state realizzate e rifiutando con decisione quelle negative. Solo così la crisi attuale si trasforma in occasione di discernimento e di nuovo sviluppo”.

    L’esempio può venire dai grandi Santi del passato – come Benedetto e Francesco – e insieme dai “Papi di oggi”, specie nel modo in cui si sono riferiti all’ambiente. Tutti costoro, ricorda il nunzio apostolico a Varsavia “non parlano di una natura astratta, ma di creazione: dono di Dio da accogliere, coltivare ed elevare. Non parlano di lotta, né di difesa che sempre suppone un nemico: una volta il nemico era la natura imprevedibile e talora crudele; oggi il nemico sarebbe l’uomo che sfrutta e inquina. Essi parlano di custodire e promuovere”.

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    La Congregazione di Propaganda Fide paga regolarmente le imposte in Italia

    ◊   La Congregazione di Propaganda Fide ha risposto ad alcune notizie pubblicate da un quotidiano italiano (Il Fatto quotidiano - ndr) che, riferisce il comunicato della stessa Congregazione, “ad esempio, ha scritto che sul patrimonio immobiliare amministrato dalla Congregazione non viene pagata l'Imu”. A tale riguardo , si afferma invece “che nel 2012 il Dicastero ha versato 1 milione e 952 mila euro, per Imu solo in Roma. Sul reddito derivante poi dagli immobili vengono regolarmente pagate le imposte in Italia”.

    Quindi, si ricorda che “i beni amministrati dalla Congregazione provengono da donazioni di quanti, generosamente, nel corso di molti anni, hanno voluto contribuire all'opera missionaria nel mondo”. A Roma, poi, la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli “provvede oltre al sostegno della parte istituzionale, alla benemerita attività culturale e formativa della Pontificia Università Urbaniana, del Pontificio Collegio Urbano e di innumerevoli istituzioni missionarie in Africa, Asia, Oceania e America Latina/Caraibi”. Si ricorda, inoltre, che la Pontificia Università Urbaniana nell'Anno accademico 2012-2013 ha accolto 1.484 studenti provenienti da oltre cento Paesi, che il Collegio Urbano ospita 160 alunni dei territori di missione per un lungo periodo di formazione vocazionale e culturale e anche che “i bilanci della Congregazione sono sottoposti annualmente al controllo della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede”.

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    Fondazione "Centesimus Annus" e Lateranense: laici a scuola di Dottrina sociale

    ◊   La dottrina sociale della Chiesa al centro del Corso biennale rivolto ai laici, inaugurato presso l’Istituto di Maria SS. Bambina a Roma, promosso dalla Fondazione "Centesimus Annus", in collaborazione con l’Università Lateranense. Le lezioni - per un totale di 120 ore - sono proposte una volta al mese nella giornata di sabato e domenica mattina. Roberta Gisotti ha intervistato il direttore scientifico del Corso, il prof. Flavio Felice, docente di Dottrine economiche e politiche, presso l’Ateneo Pontificio:

    D. – Prof. Felice, qual è l’idea formativa che sta dietro all’offerta di questo Corso?

    R. – L’idea è di rispondere alla grande scommessa, alla grande sfida che ci lanciò Giovanni Paolo II con la Centesimus Annus: quella di consentire un incontro sempre più fertile, sempre più proficuo tra la comunità degli affari, tra gli imprenditori, i dirigenti, coloro che si occupano di impresa quotidianamente, e la riflessione della Dottrina sociale della Chiesa. Ma a partire da questa scommessa, che noi abbiamo rilevato in Centesimus Annus, la Fondazione omonima ha deciso, ormai 13 anni fa, di iniziare dei corsi i cui destinatari fossero gli uomini dell’impresa, gli uomini delle professioni, anche, non soltanto dell’impresa tradizionale: del no-profit, dei sindacati, anche dei partiti politici, cioè, tutti coloro che operano nelle istituzioni pubbliche, nelle istituzioni civili ed economiche ed hanno chiesto a noi, come Università Lateranense, di curarne la parte scientifica.

    D. – Il corso è alla sua 13.ma edizione, e possiamo dire che la materia sociale-economica è entrata nelle conversazioni quotidiane delle persone comuni. Ci sono stati cambiamenti nella didattica per stare al passo con i tempi?

    R. – Certo: abbiamo cercato sempre di seguire il Magistero. Siamo partiti con la Centesimus Annus però via via abbiamo avuto altri documenti: del Magistero pontificio, dei Pontifici Consigli … e quindi abbiamo sempre cercato di mantenere l’originalità del messaggio della Centesimus Annus aggiornato, però, con gli apporti dei recenti documenti, quindi fino alla Caritas in veritate. Ed oggi anche abbiamo grandi e importanti contributi di Papa Bergoglio, che diventano parte integrante anche del programma di studio del nuovo Anno accademico che abbiamo inaugurato.

    D. – Chi sono i docenti?

    R. – Sono tutti professori universitari, molti dei quali provengono dall’Università Lateranense, in quanto ha la direzione accademica e scientifica; ma ci sono docenti che provengono da tantissime altre università italiane e non solo romane.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Accanto ai cristiani perseguitati: all’Angelus il Papa mette in guardia dai falsi “salvatori” che tentano di sostituirsi a Gesù.

    Approvato da Papa Francesco il nuovo statuto dell’Autorità di informazione finanziaria.

    La fedeltà a Dio non si negozia: messa del Pontefice a Santa Marta.

    Colloqui a Mosca per preparare la conferenza sulla Siria.

    Quando Pepe diede buca a Bergoglio: il Papa raccontato dall’arcivescovo José Rodriguez Carballo.

    Un pontificato che detta il ritmo al mondo: Andrés Fink riguardo a un convegno a Buenos Aires su Santa Sede e relazioni internazionali.

    La riforma della Chiesa secondo Sant’Ignazio: sui gesuiti al Concilio di Trento l’articolo di Enrico Cattaneo nell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”.

    La nostra bisnonna tormentata: Giulia Galeotti ricorda il premio Nobel per la letteratura Doris Lessing.

    Sul festival di Roma, un articolo di Emilio Ranzato dal titolo “Senza una fisionomia precisa”.

    Quel prete che rubava i figli ai mafiosi: Marco Bellizi su don Puglisi e le rivelazioni del pentito.

    Una Chiesa che ha imparato dalla storia: intervista di Rossella Fabiani all’arcivescovo di Riga, Zbignev Stankevics.

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    Oggi in Primo Piano



    Filippine: si mette in moto la macchina degli aiuti. Il presidente Aquino ammette le carenze dopo il passaggio del tifone Haiyan

    ◊   Sembra andare a regime nelle Filippine il funzionamento della macchina dei soccorsi per le popolazioni colpite dal tifone Haiyan. Diverse le aree dove è stato possibile distribuire aiuti di prima necessità, anche se molte sono quelle non ancora raggiunte. Nella zona disastrata si trova il presidente Benigno Aquino III, che ha ammesso le carenze verificatesi nell’immediatezza della catastrofe. Ad oggi il bilancio ufficiale, ancora provvisorio, delle vittime parla di quasi 4 mila morti e oltre 12 mila 500 feriti. "Aiuto alla Chiesa che soffre" ha stanziato la somma di 100 mila euro, affinchè la locale Conferenza Episcopale possa provvedere a inviare aiuti agli sfollati. Sulle difficoltà registratesi nelle operazioni di soccorso, Giancarlo La Vella ha intervistato Marco Rotelli, segretario generale di Intersos, una delle prime organizzazioni a intervenire nelle Filippine:

    R. - Effettivamente il congestionamento dell’arrivo degli aiuti ha creato una serie di problemi ed è una cosa che purtroppo accade. In queste ore si sta comunque snellendo la situazione. I nostri team sono ormai da tempo a Tacloban e nelle aree più colpite. Abbiamo identificato in particolare delle aree a Sud particolarmente devastate dal passaggio del ciclone. Ad oggi il problema è portare aiuto non solo nei grandi centri urbani, ma anche nelle aree più remote ancora non toccate dall’aiuto, dove ci sono milioni di persone sfollate e in assoluto bisogno di immediato aiuto.

    D. - Ci sono esigenze particolari a cui far fronte o si tratta di un intervento simile a tante altre catastrofi naturali in cui siete intervenuti?

    R. - Molte di queste catastrofi si assomigliano. C’è da dire che in questo caso dove è passato il tifone c’è una distruzione che non ha uguali, è maggiore rispetto a tante aree colpite anni fa... Il livello di devastazione è totale: parliamo di oltre un milione di case distrutte, quattro milioni e più di persone che non hanno più casa o che si stanno spostando - si tratta di sfollati interni - e quasi 13 milioni di persone che, in un modo o nell’altro, direttamente, fisicamente o indirettamente, attraverso la famiglia, sono state colpite dalla distruzione. La situazione sta mettendo a dura prova l'azione delle organizzazioni umanitarie, ma stiamo cercando di portare aiuto laddove ha più impatto.

    D. - Come si sta organizzando la vita dei sopravvissuti?

    R. - Attraverso un ottimo coordinamento e anche grazie alle istituzioni italiane. In particolare, grazie al ministero degli Affari Esteri, siamo riusciti immediatamente a riempire dei cargo aerei e arrivare con alcuni materiali necessari nel dopo-disastro: tende e lunghi rotoli di teloni di plastica, che servono per costruire ripari di emergenza, ma anche piccole attrezzature per ridurre l’impatto di eventuali epidemie; pensiamo, ad esempio, alle latrine. Sono stati mandati kit medici in particolare per le dissenterie e le diarree acute, che in questi casi sono estremamente pericolose proprio per la proliferazione di agenti patogeni. Verranno inviati nei cargo successivi, altri materiali di prima necessità per permettere alle persone che ricevono un riparo di avere anche qualcosa per sopravvivere; mi riferisco a stoviglie, kit igienici, ecc.

    R. - Nonostante la tragedia, arrivano numerose notizie sul fatto che la popolazione filippina sta reagendo comunque in maniera positiva a questo disastro…

    D. - Sì, lo confermiamo. Abbiamo visto che la rete della società civile, governativa e in particolare della Chiesa. Abbiamo rapporti con alcune realtà religiose dell’area: sono estremamente rapide e molto collaborative nel permettere alle organizzazioni più “tecniche” di mettere in campo la propria competenza, strumenti e beni inviati. La popolazione, nonostante sia stata colpita in maniera così pesante, è molto reattiva. Questo è il terreno sul quale far partire in futuro la ricostruzione del Paese.

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    Hollande in Israele: mettere sotto controllo gli impianti nucleri iraniani

    ◊   Il presidente Hollande, in visita ufficiale in Israele ha annunciato che la Francia “non cederà mai sul programma nucleare iraniano”, dettando poi le quattro condizioni indispensabili per arrivare ad un accordo intermedio: mettere sotto controllo internazionale tutti gli impianti nucleari iraniani, sospendere l’arricchimento dell’uranio, ridurre gli stock esistenti e infine interrompere la costruzione della centrale di Arak. Dichiarazioni che rinsaldano l’alleanza con lo Stato ebraico e mettono in discussione i già complessi rapporti tra Parigi e Teheran. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Antonello Sacchetti, esperto di politica iraniana e autore di un blog completamente dedicato all’Iran:

    R. – Una presa di posizione in coerenza con quanto fatto la scorsa settimana a Ginevra, perché c’è stata una posizione veramente “last minute”, quando il Ministro degli esteri Fabius ha fatto saltare un accordo che era già scritto e stava per essere praticamente presentato alla stampa. È sicuramente una mossa strategica, una mossa tattica, che però rischia veramente di far tornare indietro una trattativa che era ben avviata.

    D. – Una mossa strategica, una mossa tattica, da che punto di vista?

    R. – La Francia si sta posizionando come interlocutrice privilegiata delle monarchie sunnite, questo mi pare evidente anche a fronte di alcuni interessi economici molto forti. Parigi ha avviato un accordo con l’Arabia Saudita per lo sviluppo nucleare e ha delle commesse militari molto forti, molto importanti, con Riyad e con gli Emirati Arabi. Quindi, in questo senso un accordo di pace che stabilizzerebbe i rapporti tra Occidente e Iran, non rientra negli interessi nella Francia in questo momento.

    D. – Però, Parigi ha sempre ospitato la dissidenza iraniana, così come ha avuto sempre un rapporto molto stretto con la popolazione iraniana. Cosa accadrà ora in seno a questi rapporti?

    R. – Storicamente, la Francia ha un rapporto complesso con l’Iran proprio dal punto di vista culturale. Ricordo, che in passato è stata alleata – fu firmato un trattato storico agli inizi dell’800 con la Persia – ma la Francia si è sempre mossa con molta autonomia nel campo mediorientale. Ricordo anche che nel 2003 Parigi fu espressamente contraria all’intervento contro Saddam Hussein, e in questo momento va contro gli Stati Uniti in un’altra direzione: non ha accettato il dietrofront americano riguardo la Siria. In Francia, la Siria sostiene e sosteneva apertamente il campo sunnita. I rapporti con l’Iran sono complessi, anche perché in passato ai tempi dello Scià, per esempio, la Francia ha fornito tecnologia al Paese. Tutto questo è piuttosto strano, nel senso che la Francia pur facendo parte del gruppo 5+1, sulla trattativa del nucleare è stata sempre piuttosto latitante. E' sembrato quasi che non gliene importasse più di tanto di tutto questo.

    D. – Sul fronte interno, il presidente Rohani che ha proposto di fatto una politica della mano tesa non può certo accettare uno stop totale del programma nucleare. Quale potrebbe essere il giusto compromesso per accontentare anche le correnti interne iraniane?

    R. – Si era arrivati al giusto compromesso – perché il punto del contendere, che è quello della centrale ad "acqua pesante" di Arak, è veramente un pretesto – nel senso che tutte le altre condizioni, compreso lo stop all’arricchimento dell’uranio del 20%, che mi sembra sia la cosa più importante, erano state accettate dall’Iran in cambio di un alleggerimento delle sanzioni nei primi sei mesi e di un riconoscimento più o meno esplicito del proprio diritto di arricchire il nucleare. La marcia indietro su una questione come questa negli ultimissimi minuti del negoziato, la spada di Damocle americana relativa al nuovo pacchetto di sanzioni che in Senato la maggioranza repubblicana potrebbe approvare, sono elementi che mettono sicuramente fuori gioco o comunque in grave difficoltà il fronte di Rohani. Non dimentichiamoci che lo stesso presidente ha sempre detto fin dall’inizio: “La finestra è aperta, ma non è aperta per sempre”. Ma questa più che una minaccia è un ammonimento che riguarda anche la propria posizione interna. C'è un candidato che si è presentato dicendo “abbiamo la necessità, apriamoci e parliamo” e poi, dopo che di fatto l’accordo era ad un passo, a un centimetro, si torna indietro e si ricomincia da capo. Non è un buon segno, non è un atto di forza anche per lo stesso presidente. Tra l’altro questa mattina è uscito un tweet della Guida suprema, che fa un elenco di tutti coloro che si sono fidati degli Stati Uniti e che hanno fatto una brutta fine. Tra l'altro, sono inseriti anche lo Scià, Gheddafi... Una sorta di avvertimento, come a dire: “Ecco che cosa accade a fidarsi di Washington”.

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    Seminario Icra. Conso: dalla crisi si esce pensando a servire il bene comune

    ◊   Il mondo agricolo a confronto con la crisi economica. È stato il tema di fondo che ha coinvolto in tre giorni di incontri e dibattiti i partecipanti al Seminario europeo organizzato nei giorni scorsi a Roma dall’Icra (International Catholic Rural Association). Proprio sulle ricadute che l’attuale periodo di ristrettezze economiche sta avendo sul settore rurale Stefano Leszczynski ha chiesto una riflessione al segretario generale dell’Icra, Vincenzo Conso:

    R. – E’ stato colpito abbastanza, direi, anche se mettendolo a confronto con quello che succede nei Paesi in via di sviluppo, la situazione è senz’altro migliore. Il problema è che rispetto alla crisi c’è bisogno di una forte azione culturale, una forte reazione che non sempre si è vista. Cioè, l’idea che abbiamo noi è quella che ognuno ha cercato di salvare se stesso non immergendosi in una logica di bene comune.

    D. – Una logica di bene comune e di solidarietà che emerge soprattutto dalla riflessione che si può fare su un Occidente opulento, e spesso anche fautore di grandi sprechi, e una parte del mondo invece che si trova in una condizione di fame e di miseria...

    R. – Esatto. E’ un Occidente che non guarda al di là del proprio naso e nello stesso tempo, per esempio, non c’è una politica seria contro gli sprechi alimentari che, se combattuti, potrebbero dar da mangiare a milioni di persone. E’ una questione soprattutto di carattere culturale, cioè di cambiamento di mentalità: incominciare a guardare al bene comune di tutti e quindi ad iscrivere il proprio bene personale, di comunità, di Paese, di nazione, nel bene più generale di tutti.

    D. – Tra l’altro, il mondo sociale non è al di fuori di quelli che poi sono i contrasti e le problematiche relative al lavoro e al conflitto sociale: è così?

    R. – No, infatti: non sono fuori. Però, il mondo sociale, e direi la società civile in genere, deve anche ripensarsi, cioè deve adeguare la sua azione. Noi abbiamo posto durante il convegno anche la questione delle rappresentanze: le rappresentanze, a tutti i livelli, devono essere riviste, devono essere ripensate, perché così come sono non sempre fanno il bene dei propri associati e non sempre lavorano e collaborano per il bene comune. E in questa logica di solidarietà bisogna anche riscoprire questo concetto della sussidiarietà, che mi pare sia a pezzi, nel mondo…

    D. – Quindi, insomma: la strada di uscita dalla crisi che colpisce un po’ tutti gli ambienti e tra questi ovviamente anche quello rurale, non c’è soltanto la via economica ma soprattutto – sembra di capire – una via etica e morale da seguire?

    R. – Esatto. E soprattutto se l’economia continua ad andare avanti con le sue leggi, secondo me è la fine. L’economia deve recuperare alcune linee di carattere etico e, nello stesso tempo, la politica deve tornare ad essere regolatrice della stessa economia. L’economia non può regolarsi per conto suo, magari sottostando più che alle leggi, ai dettati della finanza.

    D. – L’iniziativa che ha avuto luogo adesso, a metà novembre, a Roma, avrà un seguito? Avete già pensato ad un ulteriore sviluppo dei lavori?

    R. – Sicuramente, il prossimo anno continuerà questa riflessione, però continuerà anche in altre sedi perché durante i lavori abbiamo anche discusso di un progetto più ampio, mondiale, anche di un incontro con la presidenza del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che è quello di individuare linee precise di impegno e di definizione della vocazione del leader in agricoltura.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: ucciso leader dei ribelli. Bombardamenti al confine con il Libano

    ◊   Uno dei leader della ribellione contro il governo di Bashar al Assad, Abdul Qadir al Saleh, è morto in seguito alle ferite riportate nel bombardamento dell’aviazione siriana su una base aerea nelle mani degli insorti. Il comandante della Liwa al Tawhid (Brigata dell’unità) - riferisce l'agenzia Misna - è deceduto nella notte, stando a quanto riferito da un portavoce del gruppo secondo cui la guida del comando è stata già assunta dal capo ‘politico’ della compagine Abdul Aziz al Salama. Creata nel luglio 2012, la brigata aveva riunito gruppi sparsi di combattenti attivi nell’area di Aleppo su cui, pochi mesi dopo, aveva condotto una massiccia offensiva arrivando a controllare diversi quartieri della seconda città del Paese. A gennaio 2013, il gruppo è entrato a far parte del Fronte islamico di liberazione siriano (Silf) un’alleanza di movimenti islamisti che riconoscono il Consiglio militare supremo dell’Esercito siriano libero (Esl) ma non la Coalizione nazionale. Sul terreno intanto, proseguono da ieri i bombardamenti dell’aviazione sulla cittadina di Qara, al confine con il Libano, ritenuta strategica nell’offensiva contro il fronte dei ribelli non solo per la prossimità al confine ma anche perché da lì passa la strada che collega Damasco con la regione di Homs, al centro del Paese. Secondo Al Watan, giornale filogovernativo, sulle montagne di Qalamoun sono impegnati da un lato Hezbollah, alleato di Damasco, e dall’altro elementi jihadisti di al Qaeda. Infine, non è ancora confermato il bilancio di 31 morti tra i militari provocato da un’esplosione in una base militare di Harasta, vicino a Damasco. Ne ha dato notizia l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh). (R.P.)

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    Nepal. i cristiani rispondono con la preghiera agli attacchi maoisti per le elezioni

    ◊   Cattolici e protestanti nepalesi rispondono agli attacchi degli estremisti maoisti pregando in tutto il Paese per un clima pacifico durante le elezioni dell'Assemblea costituente in programma per domani. L'iniziativa lanciata dai cristiani - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha spinto migliaia di persone, cristiani e non, a recarsi in chiesa nonostante le distanze e la totale assenza di mezzi pubblici a causa degli attacchi e dello sciopero generale indetto dagli estremisti. Nabin Tamang, 21 anni di Chabahil (Kathmandu) ha percorso a piedi quasi 10 chilometri pur di partecipare alla preghiera organizzata nella cattedrale dell'Assunzione. "Di solito - racconta - frequento la messa domenicale. Nei giorni scorsi alcuni partiti anti-elezioni hanno bloccato I trasporti, bersagliando autobus pubblici con molotov e sassi, ferendo decine di persone. Così, ho deciso di fare il percorso a piedi". Rajan Rai, cristiano protestante di Jorparti (sobborgo di Kathmandu), ha camminato con tutti i suoi familiari per oltre due ore per poter pregare nella chiesa di Gyaneshwor. "Tutta la mia famiglia - afferma - è partita da Jorparti incurante delle ore di cammino". Per impedire le elezioni di domani, i gruppi radicali maoisti hanno messo a ferro e fuoco il Nepal. Guidati dall'ex quadro Mohan Baidhya, i militanti hanno scatenato violenze in tutto il Paese, compiendo agguati, atti di vandalismo, appiccando incendi dolosi e piazzando bombe. Lo scorso 13 novembre i maoisti hanno attaccato mezzi pubblici e privati, facendo anche esplodere un ordigno a bordo di un autobus a Kathmandu. Leader cattolici e protestanti hanno chiesto ai cristiani di offrire una testimonianza diversa dall'odio e dalle violenze perpetrate dai partiti estremisti. Mons. Anthony Sharma, vescovo di Kathmandu, ha lanciato un appello alle migliaia di fedeli che ieri hanno partecipato alla Messa: "Preghiamo per l'elezione pacifica e la nuova costituzione del Paese. Lanciamo un appello al dialogo fra i vari partiti politici affinché limitino le loro controversie". Narayan Sharma, vescovo protestante di Kathmandu ha invitato i fedeli "a pregare per una democrazia laica e per l'Assemblea costituente che sarà impegnata nella scrittura della nuova costituzione". (R.P.)

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    Centrafrica: a Bangui ucciso un magistrato. Chiesto maggiore impegno all'Onu

    ◊   E’ stato un nuovo fine settimana di violenza a Bangui: l’uccisione di un magistrato e del suo più stretto collaboratore da parte di ex ribelli della Seleka è stata all’origine di proteste dei residenti, represse con la forza. I disordini sono cominciati dopo che il magistrato Modeste Martineau Bria e il suo assistente sono stati assassinati da ex miliziani nel quartiere di Sica, al centro della capitale, nella notte tra sabato e domenica. La popolazione ha eretto barricate per le strade, incendiando copertoni per denunciare il perdurare dell’insicurezza e delle violazioni dei diritti umani a quasi otto mesi dal colpo di stato che ha portato al potere l’ex capo ribelle Michel Djotodia. Agenti di polizia, gendarmi ma anche Seleka integrati nelle forze armate regolari - riferisce l'agenzia Misna - hanno pattugliato per le strade, ma i cortei non si sono dispersi. Nei tafferugli con le forze di sicurezza due civili hanno perso la vita. Dall’inizio di novembre, dopo settimane di lento miglioramento della situazione, a Bangui sono ripresi con frequenza quotidiana atti di banditismo, violazioni dei diritti umani, uccisioni sommarie e sequestri. La procura ha aperto un’inchiesta per fare luce su questi recenti episodi di violenza mentre le autorità di transizioni hanno avviato operazioni di disarmo e accantonamento delle truppe, ma finora senza grandi risultati. La situazione è altrettanto instabile nelle zone interne del Paese, in particolare nel nord-ovest, nelle località di Bouar e Bossangoa, di recente teatro di pesanti scontri tra ex ribelli e gruppi di autodifesa locale noti come milizie anti-balakas (anti-machete). Le tensioni stanno avendo sempre più una connotazione intercomunitaria e interreligiosa che preoccupa la comunità regionale ed internazionale. Anche le autorità di Bangui hanno riconosciuto che “la situazione è tornata a deteriorarsi sul piano della sicurezza” ha dichiarato il presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Alexandre Ferdinand N’guendet, chiedendo al governo di “assumersi le proprie responsabilità per porre fine a esazioni e identificare gli autori dei crimini commessi, che vanno puniti”. Rivolgendosi alla comunità internazionale. N’guendet ha auspicato che “venga accelerato il processo per rendere operativa la Missione internazionale di sostegno al Centrafrica (Misca)”, sotto comando africano. In una lettera aperta al Consiglio di sicurezza dell’Onu, anche l’International Crisis Group (Icg) ha sollecitato “un’azione internazionale urgente e concertata per fermare il caos e prevenire i conflitti”, avvertendo che un mancato sostegno alla missione africana “destabilizzerà ulteriormente il Paese ma anche l’intera regione”. Secondo l’analisi di Icg, si sta manifestando una quadrupla crisi, cominciata ancora prima del colpo di stato dello scorso 24 marzo: una crisi di sicurezza, una crisi umanitaria, una crisi della transizione politica e una crisi dello Stato. (R.P.)

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    Centrafrica. I missionari: si rischia un nuovo bagno di sangue

    ◊   “La situazione nella Repubblica Centrafricana è ovunque molto tesa” scrive all’agenzia Fides padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano che è appena rientrato da Bangui a Bozoum, dove vive ed opera. Nella capitale padre Aurelio ha partecipato ad una sessione della Caritas, alla quale erano presenti i responsabili di tutte le 9 diocesi del Paese. Il missionario ha così potuto raccogliere informazioni di prima mano su diverse aree del Centrafrica. “A Bossangoa (dove a fine settembre gli scontri tra i membri di Seleka e gruppi armati legati all’ex Presidente Bozizé hanno costretto alla fuga la popolazione, ci sono ancora 41 mila rifugiati (di cui 34 mila nella concessione della cattedrale). A Bangui, la capitale, da oltre una settimana ogni giorno ci sono scontri, sempre in quartieri diversi, con morti (uccisi dai ribelli della Seleka) e reazioni da parte della gente” riferisce padre Aurelio. “A Bangui ho potuto incontrare alcuni quadri importanti di certe istituzioni e tutti sono molto preoccupati perché si aspettano qualcosa da un giorno all'altro. Alcuni segnalano segni chiari di preparazione di partenza di ministri del governo” continua padre Aurelio. Il missionario avanza alcune ipotesi per spiegare innalzamento della tensione. “In primo luogo - osserva - il 27 novembre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dovrà pronunciarsi sull'eventualità di un intervento in Centrafrica. Questo intervento potrebbe essere più di una semplice Forza di interposizione, perché tutti hanno fatto appello al capitolo 7 della Carta dell’Onu, che apre la strada ad un intervento armato con facoltà di usare la forza (come nella Rdc)”. Ad agire saranno chiamati i 3.600 militari dei Paesi dell'Africa Centrale che a dicembre dovrebbero iniziare ad operare nell’ambito della Misca. A questo si aggiungono “le reazioni sempre più numerose ai crimini dei ribelli della Seleka: la costituzione di formazioni (dette “anti balaka”) costituite da civili esasperati dai comportamenti dei ribelli. Gli anti balaka hanno già operato a Bossangoa, a Bouar e altrove”. “Infine - dice padre Aurelio - la dissoluzione della Seleka, annunciata dal Presidente Djotodjia, non ha avuto nessuna ripercussione ma ha comunque accentuato, nei ribelli, il nervosismo”. “La conseguenza di questi fattori è il fatto che molti ribelli sembrano darsi da fare per rubare il più possibile, e partire al momento giusto. Si teme anche (ed è più che possibile) un bagno di sangue, con l'eliminazione di eventuali testimoni, e di personalità che in un modo o nell'altro hanno reagito o denunciato i crimini di questi 8 mesi” conclude il missionario. (R.P.)

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    Sudan: nel Darfur scontri e decine di vittime al confine con il Ciad

    ◊   Sono più di 100 le vittime causate da combattimenti che, da alcuni giorni, contrappongono due comunità in un’area occidentale della regione del Darfur: lo ha riferito Radio Omdurman, un’emittente pubblica che trasmette in tutto il territorio del Sudan. In un breve servizio, Radio Omdurman ha sostenuto che a scontrarsi sono esponenti delle comunità Salamat e Misseriya. I combattimenti sono in corso nei pressi della località di Umm Kukhun, non lontano dal confine con il Ciad. Stando a informazioni per ora prive di conferme e riportate dall'agenzia Misna, tra le vittime figurerebbero anche militari di N’Djamena, parte di un’unità composta anche di reparti sudanesi che ha il compito di garantire la sicurezza nelle aree di confine. Secondo l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha), quest’anno in Darfur scontri tra comunità rivali o tra formazioni ribelli e forze governative hanno costretto almeno 460.000 persone a lasciare le loro case. Una cifra, questa, superiore alla somma di quelle relative al 2011 e al 2012. Oltre alla tradizionale rivalità per il controllo delle poche risorse naturali disponibili le tensioni sono alimentate dalla crisi economica e finanziaria del governo del Sudan. La mancanza di liquidità impedirebbe a Khartoum di controllare le milizie arabe sue alleate nella fase più acuta del conflitto con i ribelli cominciato nel 2003 e mai davvero concluso. (R.P.)

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    Iraq. Il patriarca Sako chiede a governo e leader religiosi il compito di unire il Paese

    ◊   La realtà irakena è ancora fonte di "preoccupazione" e negli ultimi mesi la situazione in tema di sicurezza è "peggiorata"; le divisioni di natura confessionale sono sempre più marcate, mentre forze "regionali e internazionali" alimentano le crescenti fratture interne al Paese. È quanto ha affermato il patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, nel discorso pronunciato ieri al Parlamento irakeno in occasione della Giornata per i diritti umani. L'intervento del patriarca è stata occasione di incontro e confronto fra le diverse anime della nazione, per scambiare idee e progetti partendo dal tema "Le minoranze in Iraq: realtà e ambizioni". Il patriarca caldeo - riporta l'agenzia AsiaNews - non ha mancato di sottolineare la crescita esponenziale "dell'estremismo a sfondo confessionale" che colpisce soprattutto cristiani, Yazidi e Sabi (minoranza concentrata nel sud dell'Iraq). Attacchi che hanno spinto all'emigrazione, tanto osteggiata a lungo da Mar Sako - fin dai tempi in cui era arcivescovo a Kirkuk - quanto "favorita" da alcune ambasciate straniere. "Un fenomeno - chiosa - che finisce per impoverire la nazione". Descrivendo la "realtà" attuale, il patriarca caldeo punta il dito contro "la cultura della Maggioranza e della Minoranza" che egli bolla come "fallimentare", in quanto si riferisce a un ambito politico che comporta aspetti "di esclusione e di emarginazione". Impegnato a Roma nei prossimi giorni per l'assemblea plenaria delle Chiese orientali, mons. Sako traccia alcuni punti essenziali per la ricostruzione del Paese. Partendo, prima di tutto, dal ruolo "unico e insostituibile" delle autorità religione "nell'unire il popolo". I vari gruppi, ammonisce il patriarca, devono "lavorare insieme per promuovere una cultura del dialogo e della pace in modo tangibile", puntando anche sul "riconoscimento reciproco". Mar Sako guarda anche al governo, ai dipartimenti e agli uffici amministrativi che devono essere uniti e collaborare "per fornire sicurezza, protezione e libertà ai cittadini e alle varie etnie". Essi devono essere inoltre garanti di "riconciliazione e coesione sociale" fra tutte le anime. Perché la "cultura della pace", avverte il patriarca, è anche frutto della "cura reciproca" fra persone, del "dialogo e della fiducia". Egli invita ciascuno ad assumersi "le proprie responsabilità nel costruire ponti piuttosto che muri" e adottare un "dialogo bilanciato, aperto a tutti e pronto a risolvere i problemi", perché tutte le anime dell'Iraq possano sentirsi "parte di un'unica famiglia". (R.P.)

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    Pakistan: calma apparente a Rawalpindi dopo le violenze fra sunniti e sciiti. Rimosso il coprifuoco

    ◊   A Rawalpindi hanno riaperto scuole ed edifici commerciali, all'indomani delle violenze confessionali fra sunniti e sciiti che hanno causato almeno 80 morti e circa 125 feriti, tra cui 50 bambini di una scuola coranica. Le stime ufficiali finora fornite - riporta l'agenzia AsiaNews - parlano di una decina di vittime, ma il numero - secondo fonti ospedaliere - sarebbe di molto superiore; le autorità temono una spirale di violenze e per questo ridimensionano il bilancio. Le forze dell'ordine hanno tolto i container a protezione delle strade principali e hanno rimosso il coprifuoco; tuttavia, resta ancora in vigore il divieto di riunione e assembramento in pubblico, in base all'art. 144 del Codice penale pakistano. Secondo quanto riferisce il coordinatore distrettuale (Dco) Sajid Zafar Dall, le forze dell'ordine rimangono in stato di massima allerta e sono pronte a intervenire in qualsiasi momento. Per prevenire ulteriori tensioni, ieri non si sono celebrate Messe né funzioni domenicali nelle chiese situate nelle aree "sensibili", in cui sono avvenuti scontri fra sunniti e sciiti. È una situazione di calma apparente quella che si respira in queste ore a Rawalpindi, nel Punjab, teatro il 15 novembre scorso di scontri settari divampati durante una processione. In questi giorni infatti, la comunità sciita festeggia il Muharram, il mese sacro, in ricordo del martirio di Ali, il genero di Maometto, alla base della propria tradizione. Anche in passato il primo mese del calendario islamico è stato teatro di attacchi in Pakistan. Dalla morte del leader talebano Meshud il governo di Islamabad ha rafforzato i dispositivi di sicurezza in tutto il Paese, anche se i provvedimenti messi in campo sinora non sono bastati a impedire focolai di violenza. Il più grave è avvenuto il 15 novembre, quando un gruppo di pellegrini sciiti in processione ha innescato uno scontro frontale con i fedeli sunniti intenti ad ascoltare il sermone dell'imam nella moschea. Le parole della guida religiosa sunnita avrebbero offeso i pellegrini sciiti, che hanno risposto a parole (in un primo momento), poi la lite è degenerata trasformandosi in un bagno di sangue. Agli scontri hanno partecipato anche alcuni studenti di una vicina scuola islamica. Le due parti si sono scambiate colpi di arma da fuoco ed è stato incendiato l'intero mercato di Raja Bazar, in centro città. Alle fiamme anche una moschea/madrassa sunnita, assieme ad un centinaio di negozi. La voce secondo cui un gruppo di sciiti aveva incendiato una moschea sunnita si è presto diffusa per la zona, scatenando la reazione della maggioranza (in Pakistan l'80% circa è musulmano sunnita), che ha iniziato ad attaccare gli sciiti in preghiera per il Muharram. Solo grazie all'intervento dell'esercito - unito all'interruzione delle comunicazioni telefoniche e l'imposizione del coprifuoco - la situazione è tornata sotto controllo e si è impedita una vera e propria carneficina. Interpellato da AsiaNews mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi, chiede preghiere per la pace. "È una vicenda terribile - afferma - e poco conta chi è stato il primo a iniziare. Chiediamo a tutti di sedersi e pregare per la pace nel Paese. Con la violenza non si è mai risolto nulla; anzi, ha sempre lasciato ferite difficili da curare". L'intervento dei militari ha permesso di ripristinare calma e legalità tanto che è stato rimosso il coprifuoco. (R.P.)

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    Pakistan. Conclusione dell’Anno della Fede: le sfide del sacerdozio nel mondo moderno

    ◊   A conclusione dell’Anno della Fede, la Chiesa pakistana riflette sul ruolo e sul carisma del sacerdozio. Dopo diverse iniziative ecumeniche dedicate al tema della pace e dell’unità, la comunità cattolica in Pakistan ha voluto concludere l’Anno della Fede focalizzando l’attenzione su tutti i giovani in formazione, che si preparano al sacerdozio, organizzando un seminario tenutosi nei giorni scorsi all’Istituto filosofico pontificio San Francesco Saverio a Lahore. Al seminario, incentrato sul tema “Le sfide di sacerdozio nel mondo moderno” - riferisce l'agenzia Fides - hanno preso parte seminaristi dalle diocesi di Lahore , Karachi, Islamabad- Rawalpindi, Faisalabad e Multan. “Ogni uomo ha bisogno di una guida spirituale per compiere un cammino spirituale nella fede e per avvicinarsi a Dio”, ha detto padre Nadeem John Shakir, Segretario della Commissione per le Comunicazioni Sociali nella Conferenza episcopale del Pakistan e direttore del Centro multimediale “Rabita Manzil”. Padre Shakir, relatore principale del seminario, ha rimarcato le sfide principali che ogni sacerdote oggi affronta nel mondo moderno, riferendosi soprattutto al contesto pakistano: il fondamentalismo; l’individualismo; il nepotismo; il settarismo comunitario. Esercitando il ministero sacerdotale in un mondo attraversato da tali fenomeni, può accadere che un prete “vada in crisi di fede e stenti a ritrovarsi”. Per affrontare tali sfide, il sacerdote deve ripartire da tre pilastri: “Sacra Scrittura; sacra tradizione; autentico insegnamento della Chiesa”. Se un sacerdote “non dimora in Cristo e Cristo non dimora in lui, non può dare Cristo agli altri”, ha detto il relatore. Per questo “un prete non finisce mai di imparare a conoscere, a essere, a fare, a vivere insieme”. Padre Shakir ha citato Giovanni Paolo II, ricordando che ogni sacerdote, chiamato a essere “radicato in Cristo Signore, è un dono di Dio alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito Santo”. (R.P.)

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    Camerun. Padre Vandenbeusch: prudenza sulla rivendicazione del sequestro

    ◊   Chi sono i sequestratori di padre Georges Vandenbeusch, il sacerdote francese rapito la sera del 13 novembre nella parrocchia di Nguetchewe, in Camerun? La domanda è legittima alla luce della rivendicazione del sequestro del sacerdote giunta all’Agence France Press: “Il prete francese è nelle mani dei moujahidines di Jamaat Ahl al-Sunna Li Da'wat al-Jihad (il nome arabo della setta islamista nigeriana Boko Haram) che ha condotto l’operazione in coordinamento con Ansaru”. Ansaru è un gruppo che si è staccato da Boko Haram in dissidenza con gli attacchi portati contro i musulmani. Questa formazione - riferisce l'agenzia Fides - si è resa responsabile in passato del rapimento in Nigeria di cittadini stranieri. Il riavvicinamento dei due gruppi è ritenuto possibile dagli esperti alla luce dell’offensiva condotta dall’esercito nigeriano nel nord del Paese dal maggio di quest’anno. Di fronte alle perdite subite Boko Haram e Ansaru avrebbero deciso di riunire le forze. È pur vero che queste sigle in realtà mascherano una realtà complessa e sfaccettata fatta di integralismo religioso, terrorismo e semplice banditismo. Anche la dinamica del sequestro ricostruita dalle autorità del Camerun fa pensare ad un atto di banditismo. “I banditi cercavano del denaro e non avendolo trovato hanno rapito il sacerdote, probabilmente per chiedere un riscatto”, ha affermato il Ministro delle Comunicazioni del Camerun, Tchiroma Bakary. Il Presidente francese, François Hollande, ha comunque dichiarato che, alla luce delle informazioni raccolte, padre Vandenbeusch è stato condotto in Nigeria. (R.P.)

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    Sud Sudan: posta la prima pietra dell’Università Cattolica

    ◊   “Posare la prima pietra dell’Università Cattolica del Sud Sudan significa iscrivere nella pietra la forte speranza per il futuro dell’istituzione ed una visione del Sud Sudan” ha affermato mons. Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo di Tambura-Yambio e presidente della Commissione educazione della Conferenza episcopale sudanese, alla cerimonia della posa della prima pietra dell’Università Cattolica del Sud Sudan, che sorgerà a Juba. Mons. Kussala - riporta l'agenzia Fides - ha sottolineato che il nuovo istituto contribuirà allo sviluppo accademico del Paese, mentre mons. Paolino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, che ha posto la pietra, ha affermato che per la Chiesa cattolica l’educazione è una componente della sua vocazione all’evangelizzazione e alla promozione umana. Il vice ministro dell’Educazione, Bol Makueng, ha ringraziato la Chiesa per aver aperto le prime scuole del Sud Sudan, che sono state le fondamenta per la liberazione del Paese, ed ha promesso l’aiuto del governo all’Università. Il Sud Sudan è diventato indipendente dal luglio 2011 e si trova ad affrontare gravi problemi, tra i quali vi sono le carenze di infrastrutture e di istituti educativi. (R.P.)

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    Madrid: al via l'Assemblea generale vescovi spagnoli

    ◊   E’ iniziata oggi a Madrid la 102.ma assemblea autunnale della Conferenza episcopale spagnola. All’ordine del giorno, tra le questioni più importanti, l’elezione – mercoledì prossimo – del nuovo segretario generale in sostituzione di mons. Juan Antonio Martínez Camino, l’esame del bilancio 2013 e di quello preventivo per il prossimo anno. L’Anno della fede é stato il tema centrale del discorso inaugurale del card. Antonio M. Rouco Varela. In una società che soffre una profonda crisi di fede è necessaria la riscoperta del camino di fede. "In questo lungo cammino, nella convinzione che Dio stesso possa farci il dono della fede - ha affermato il porporato - sono necessari da parte nostra la preghiera ed i sacramenti. Un sussidio particolarmente efficace è il Catechismo universale della Chiesa cattolica del quale celebriamo il ventesimo anniversario della sua pubblicazione". In questo Anno della fede ha avuto una particolare importanza la beatificazione di 522 martiri spagnoli del XX secolo, con il loro esempio eroico di fedeltà alla fede a costo della vita. La fede coinvolge anche la vita sociale ed in questo senso il card. Rouco ha fatto una breve riflessione sui rapporti tra lo Stato e la Chiesa affermando che "sono regolati abbastanza bene grazie agli accordi firmati in passato". Sulla attuale crisi economica ha chiesto uno sforzo particolare per la riduzione della disoccupazione tra i giovani; ha chiesto anche un miglioramento delle leggi riguardanti il matrimonio e la famiglia ponendo in risalto l’importanza dell’educazione matrimoniale e familiare. Infine, dando uno sguardo all’attualità internazionale, ha chiesto una generosa solidarietà con il popolo filippino, ed ha ricordato la situazione di emergenza del popolo siriano e dei cattolici nei Paesi del Medio Oriente. Nel suo intervento, il nunzio apostolico in Spagna, mons. Renzo Fratini, ha messo in risalto la necessità, in questo Anno della fede, della conversione in particolare dei vescovi in quanto pastori del popolo cristiano, ed ha ricordato che nel prossimo mese di febbraio si svolgerà la visita “ad limina” dei vescovi spagnoli alla Santa Sede. L’assemblea dei vescovi spagnoli si concluderà il 22 novembre con una conferenza stampa. (Dalla Spagna, padre Ignazio Arregui)

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    Cei: da oggi è online la nuova versione di www.bibbiaedu.it

    ◊   Da oggi è online la nuova versione di www.bibbiaedu.it. Il portale offre un ampio apparato di introduzioni e note per la consultazione dei testi biblici, nonché i più importanti documenti del Magistero. Nell’anniversario della costituzione conciliare “Dei Verbum”, la Cei agevola anche in questo modo l’accesso al tesoro delle Scritture, centrale nella comunicazione della fede. “Nell’era di Internet - scrive mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei -, la Chiesa italiana è consapevole che l’accelerata innovazione tecnologica non è solo questione tecnica, ma coinvolge più profondamente l’uomo”. Per tali ragioni, prosegue il presule, “grazie all’impegno dell’Ufficio catechistico nazionale, dell’Ufficio liturgico nazionale, dell‘Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Servizio informatico della Cei, il sito internet della Bibbia Cei, Bibbia Edu, è stato completamente riprogettato, arricchito di nuove possibilità, tra le quali - a partire dalla traduzione italiana della Cei 2008 - il confronto dei testi biblici con la versione in lingua originale ebraica e greca, un rinnovato apparato di introduzioni e note per la consultazione dei testi biblici, il testo dei più importanti documenti del magistero pontificio ed episcopale”.o leggere, studiare, approfondire la Parola attraverso quanto viene offerto dalle nuove tecnologie informatiche. Per i Pastori, i diaconi, i catechisti vi saranno maggiori possibilità di attingere a piene mani (anche per le correlazioni con il sito gemello Edu Cat) al tesoro delle Scritture e alla loro importanza nella comunicazione della Fede”. In ogni tempo, sottolinea il segretario generale della Cei, “la Chiesa non è mai venuta meno alla sua missione: annunciare agli uomini la 'notizia’ che Gesù ha redento l‘umanità. Con la riprogettazione di Bibbia Edu si intende proseguire lungo questo percorso che deriva dal mandato di comunicare il Vangelo all’umanità intera, oggi anche nel nuovo mondo mediatico che caratterizza il nostro tempo”. Con il nuovo sito la segreteria generale della Cei “intende mettersi ancora di più al servizio delle 226 diocesi, delle 26mila parrocchie e di tutte le persone-utenti della Rete, ampliando un canale di trasmissione che può condurre all’incontro con la Bibbia”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 322

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