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Sommario del 17/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus prega per i cristiani che soffrono per le persecuzioni religiose e invita a non lasciarsi ingannare dai 'falsi messia'
  • In Piazza San Pietro distribuita la ‘Misericordina’, una medicina spirituale con efficacia garantita da Gesù
  • Il Pontefice ai pellegrini di Guadalupe: non chiudersi in se stessi, la Chiesa sia in stato permanente di missione
  • Oggi in Primo Piano

  • Tifone Haiyan: si aggrava il bilancio in Vietnam; nelle Filippine arrivano gli aiuti umanitari
  • Cile al voto per le presidenziali. Favorita Michelle Bachelet
  • Congo: dietro i ribelli del Nord Kivu, il traffico illecito di minerali
  • Giornata dei neonati prematuri: casi in aumento secondo i neonatologi
  • Algeria, restaurata la Basilica di Sant'Agostino a Ippona. Mons. Desfarges: presenti per servire
  • "La finestra sulla strada": pubblicata autobiografia di don Vinicio Albanesi, presidente di Capodarco
  • Festival del Film di Roma: vince 'Tir' di Alberto Fasulo, ma nessun premio va all'attore protagonista, Zavrsan
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Si chiude oggi a Gerusalemme l’Anno della Fede in Terra Santa
  • Terrorismo in Pakistan: vescovo di Islamabad, uniti per la pace. A Rawalpindi imposto coprifuoco
  • Libia. Ancora scontri a Tripoli. Oggi inizia sciopero dei settori pubblici
  • Siria. Nuovi bombardamenti a Qara, al confine col Libano
  • Nucleare iraniano. Oggi Hollande in Israele, poi sarà la volta di Kerry
  • Sudan. Scontri in Darfur, almeno 100 morti
  • Kosovo. Mitrovica nord al voto per la ripetizione delle municipali
  • Grecia. Gruppo di estrema sinistra rivendica l’assassinio di due militanti di Alba Dorata
  • Elezioni Maldive. A sorpresa, il nuovo presidente è il progressista Yamin
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus prega per i cristiani che soffrono per le persecuzioni religiose e invita a non lasciarsi ingannare dai 'falsi messia'

    ◊   Non lasciarsi ingannare dai “falsi messia”, non lasciarsi paralizzare dalla paura e vivere il tempo dell’attesa come “tempo della testimonianza e della perseveranza”, pensando ai “tanti fratelli e sorelle cristiani” che soffrono ancora oggi per le persecuzioni religiose. È l’invito di Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro, sollecitando i fedeli a riflettere sul presente, affrontandolo “con coraggio e speranza”. Subito dopo la preghiera mariana, il Pontefice ha ricordato l’odierna “Giornata delle vittime della strada” e una simpatica iniziativa per la salute dell’anima. Il servizio di Giada Aquilino:

    Prendendo spunto dal brano del Vangelo di oggi in cui Gesù - rivolgendosi alla gente di Gerusalemme che parlava del tempio e della sua bellezza - invita a porre l’attenzione sulle “vere questioni” e non su aspetti secondari, Papa Francesco ha notato l’attualità delle parole di Cristo, “anche per noi che viviamo nel XXI secolo”. L’invito è al discernimento, proprio sulla scia di quanto disse Gesù: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome”:

    “Anche oggi, infatti, ci sono falsi ‘salvatori’, che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani. Gesù ci mette in guardia: ‘Non andate dietro a loro!’. E il Signore ci aiuta anche a non avere paura: di fronte alle guerre, alle rivoluzioni, ma anche alle calamità naturali, alle epidemie, Gesù ci libera dal fatalismo e da false visioni apocalittiche”.

    Interpellandoci “come cristiani e come Chiesa”, Gesù - ha spiegato il Pontefice - “preannuncia prove dolorose e persecuzioni che i suoi discepoli dovranno patire, a causa sua”. Tuttavia assicura che “siamo totalmente nelle mani di Dio”, perché “le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasioni di testimonianza; non devono - ha detto - allontanarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del suo Spirito e della sua grazia”:

    “Pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro. Anche noi siamo uniti a loro, con la nostra preghiera e il nostro affetto. Abbiamo ammirazione per il loro coraggio e la loro testimonianza. Sono i nostri fratelli e sorelle che in tante parti del mondo soffrono a causa di essere fedeli a Gesù Cristo. Li salutiamo dal cuore e con affetto”.

    Quindi, dal Signore arriva una promessa “che è garanzia di vittoria”: perseverando, dice, “salverete la vostra vita”. Sono, queste parole, “un richiamo alla speranza e alla pazienza, al saper aspettare i frutti sicuri della salvezza, confidando - ha aggiunto il Santo Padre - nel senso profondo della vita e della storia”:

    “Le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande; il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante i disordini e le sciagure che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà. E questa è la nostra speranza: andare così, su questa strada, nel disegno di Dio che si compirà. E’ la nostra speranza".

    Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha salutato - tra gli altri - la comunità eritrea di Roma, che celebra la festa di San Michele, e ha ricordato l’odierna “Giornata delle vittime della strada”:

    “Assicuro la mia preghiera e incoraggio a proseguire nell’impegno della prevenzione, perché la prudenza e il rispetto delle norme sono la prima forma di tutela di sé e degli altri”.

    Quindi un invito a “concretizzare i frutti dell’Anno della Fede, che volge al termine”, con una “medicina spirituale” - il Papa “fa il farmacista adesso?”, ha scherzato - chiamata ‘Misericordina’ e contenuta in una scatoletta distribuita ai pellegrini:

    “C’è una corona del Rosario, con la quale si può pregare anche la ‘coroncina della Divina Misericordia’, aiuto spirituale per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità. Non dimenticatevi di prenderla, perché fa bene. Fa bene al cuore, all’anima e a tutta la vita”.

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    In Piazza San Pietro distribuita la ‘Misericordina’, una medicina spirituale con efficacia garantita da Gesù

    ◊   In Piazza San Pietro, in occasione dell'Angelus, è stata dunque distribuita ai fedeli la medicina spirituale “Misericordina”. Confezionato come in una vera scatola di farmaci, il ‘medicinale’ è un simpatico composito con efficaci strumenti per la salute dell'anima: un rosario, un’immaginetta della Divina Misericordia, un ‘bugiardino’ con la posologia e le istruzioni d’uso. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La sorpresa e la gratitudine dei fedeli hanno accompagnato, in Piazza San Pietro, la distribuzione di scatole di “Misericordina”. Il ‘medicinale’ - come si legge nel 'bugiardino' - porta misericordia nell’anima, avvertita con una diffusa tranquillità del cuore. La sua efficacia è garantita dalle parole di Gesù. Viene ‘applicato’ quando si desidera la conversione dei peccatori, si sente il bisogno di aiuto, manca la forza per combattere le tentazioni, non si riesce a perdonare qualcuno, si desidera la misericordia per un uomo moribondo e si vuole adorare Dio per tutte le grazie ricevute. Può essere applicato, sia dai bambini sia dagli adulti, tutte le volte che se ne avverte il bisogno. La ‘somministrazione’ - si ricorda nelle istruzioni per l'uso - prevede la recita della Coroncina alla Divina Misericordia, promossa da Santa Faustina Kowalska. Non si riscontrano effetti imprevisti e controindicazioni. I Santi Sacramenti favoriscono l’efficacia del medicinale. Prima di usare il farmaco - si legge infine nel ‘bugiardino’ - si consiglia di rivolgersi ad un sacerdote per ulteriori informazioni e di conservare le avvertenze in caso di riutilizzo. Le scatole di “Misericordina” sono state prodotte in migliaia di esemplari e in quattro lingue: italiano, spagnolo, inglese e polacco. L’iniziativa, che ha già avuto dei precedenti in Polonia, è stata promossa da mons. Konrad Krajevski, elemosiniere pontificio.

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    Il Pontefice ai pellegrini di Guadalupe: non chiudersi in se stessi, la Chiesa sia in stato permanente di missione

    ◊   La Chiesa sia “in stato permanente di missione”. E’ quanto afferma Papa Francesco in un videomessaggio indirizzato ai partecipanti al pellegrinaggio-incontro promosso al Santuario di Guadalupe in Messico, in corso fino al 19 novembre. L’evento è promosso dalla Pontificia Commissione per l’America Latina insieme ai Cavalieri di Colombo e all’Istituto Superiore di Studi di Guadalupe. Il Papa sottolinea che l’attività pastorale deve essere rivolta a tutti, senza imporre obblighi e rimproveri, e mette in guardia dal clericalismo che è un ostacolo allo sviluppo della responsabilità cristiana del laicato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La Chiesa sia “in stato permanente di missione” così che “tutta l’attività abituale delle Chiese particolari abbia un carattere missionario”. E’ l’esortazione di Papa Francesco ai pellegrini riuniti al Santuario di Guadalupe per un incontro sulla nuova evangelizzazione nel Continente latinoamericano. Il Papa sottolinea che “l’uscita missionaria, più che un’attività tra altre è un paradigma” di “tutta l’azione pastorale”. E osserva che “l’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante” che “suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là”:

    “Es vital para la Iglesia no encerrarse…”
    “E’ vitale per la Chiesa non chiudersi – avverte – non sentirsi già soddisfatta e sicura con quel che ha raggiunto”. Se succede questo, rileva, “la Chiesa si ammala” di “abbondanza immaginaria, di abbondanza superflua, in certo modo fa indigestione e si debilita”. E’ necessario, esorta, “uscire dalla propria comunità e avere l’audacia di arrivare alle periferie esistenziali che hanno bisogno di sentire la vicinanza di Dio”. Il Signore, afferma, “non abbandona nessuno e mostra sempre la Sua tenerezza e la Sua misericordia inesauribile, quindi, questo è ciò che bisogna portare a tutta la gente”. L’obiettivo di tutta l’attività pastorale, riafferma, è sempre essere orientato “dall’impulso missionario di arrivare a tutti, senza escludere nessuno e tenendo in gran considerazione le circostanze di ognuno”:

    “No se trata de ir como quién impone una nueva obligacion…”
    “Non si tratta – spiega – di andare come chi impone un nuovo obbligo, come chi si limita al rimprovero o al lamento dinanzi a quel che si considera imperfetto o insufficiente”. Il compito evangelizzatore, ribadisce, “esige molta pazienza”, “cura il grano e non perde la pace per la presenza della zizzania”. E sa anche, soggiunge, “presentare il messaggio cristiano in maniera serena e graduale, con il profumo del Vangelo, come faceva il Signore”. Bisogna “privilegiare, in primo luogo, l’essenziale e più necessario, cioè la bellezza dell’amore di Dio”. D’altra parte, sottolinea il video-messaggio, bisogna sforzarsi di essere creativi nei metodi. “Non possiamo – è il suo monito – rimanere rinchiusi nel luogo comune del si è fatto sempre così”. Il Papa rivolge dunque il pensiero al vescovo che “conduce la pastorale nella Chiesa” e lo fa “come il pastore che conosce per nome le sue pecore, le guida con vicinanza, con tenerezza, con pazienza, manifestando effettivamente la maternità della Chiesa e la misericordia di Dio”.

    “La actitud del verdadero pastor no es la del principe…”
    “L’atteggiamento del vero pastore – afferma – non è quello del principe o del mero funzionario attento principalmente alla disciplina, alle regole, ai meccanismi organizzativi”. Questo, è il richiamo del Papa, “porta sempre ad una pastorale distante dalla gente, incapace di favorire ed ottenere l’incontro con Cristo e l’incontro con i fratelli”. Il popolo di Dio a lui affidato, ribadisce, “ha bisogno che il Vescovo vegli per lui, prendendosi cura soprattutto di quello che lo mantiene unito e promuove la speranza nei cuori”. Ha bisogno che “il vescovo sappia discernere, senza spegnerlo, il soffio dello Spirito Santo che viene da dove vuole, per il bene della Chiesa e la sua missione nel mondo”. Papa Francesco si sofferma dunque sulla “tentazione del clericalismo”, che, osserva, “tanto danno fa alla Chiesa in America Latina” ed “è un ostacolo per lo sviluppo della maturità e della responsabilità cristiana di buona parte del laicato”:

    “El clericalismo entraña una postura auto-referencial…”
    “Il clericalismo – constata – implica un atteggiamento autoreferenziale, un atteggiamento di gruppo, che impoverisce la proiezione verso l’incontro del Signore, che ci fa discepoli, e verso gli uomini che aspettano l’annuncio”. Perciò, aggiunge, “credo che sia importante, urgente, formare ministri capaci di prossimità, di incontro, che sappiano infiammare il cuore della gente, camminare con loro, entrare in dialogo con le sue speranze ed i suoi timori”. Questo, avverte, è un lavoro che i vescovi “non possono delegare”. Inoltre, prosegue, “una formazione di qualità richiede strutture solide e durature che preparino ad affrontare le sfide dei nostri giorni”. Del resto, annota, “la cultura di oggi esige una formazione seria, bene organizzata”. Io mi chiedo, è l’interrogativo che pone il Papa, “se abbiamo la capacità autocritica sufficiente per valutare i risultati di seminari molto piccoli, con carenza di personale formativo sufficiente”. Il Papa dedica la parte finale del video-messaggio alla vita consacrata che, annota, “è un fermento” di quello che “vuole il Signore, un fermento che fa crescere la Chiesa”. Dal Papa l’invito ad andare avanti con “fedeltà creativa al carisma ricevuto per servire la Chiesa”. E conclude, ricordando Benedetto XVI, che “ogni discepolo è a sua volta, missionario”, “sono le due facce della stessa medaglia”.

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    Oggi in Primo Piano



    Tifone Haiyan: si aggrava il bilancio in Vietnam; nelle Filippine arrivano gli aiuti umanitari

    ◊   Si aggrava il bilancio delle vittime delle inondazioni in Vietnam dopo il passaggio del super-tifone Haiyan: salgono a 34, ma almeno 11 sono i dispersi e 80mila gli sfollati. Nelle Filippine, a oltre una settimana dal disastro, si mette lentamente in moto la macchina degli aiuti internazionali. Intanto piogge torrenziali si stanno abbattendo anche in Arabia Saudita. Il servizio di Roberta Barbi:

    È una corsa contro il tempo, quella che stanno correndo le autorità vietnamite nel tentativo di portare aiuti alle popolazioni delle province del Quang Ngai e del Quang Nam, le più colpite dal tifone Haiyan, dove circa centomila case sono state sommerse dall’acqua e oltre 16mila persone non hanno un riparo per la notte. Fortemente a rischio la coltivazione di caffè – dal Vietnam arriva il 17% della produzione mondiale – che potrebbe mettere l’economia definitivamente in ginocchio. Intanto anche nelle Filippine, dove ieri si è celebrato il Giorno del Pianto e della Speranza per le vittime voluto dall’arcivescovo di Manila, il cardinale Tagle, arrivano i primi aiuti internazionali gestiti dalle ong. Preoccupa in particolare la situazione dei bambini denunciata dall’Unicef: sono quasi 5 milioni quelli colpiti dalla tragedia, ma il bilancio è ancora del tutto provvisorio. Oggi il presidente filippino Aquino, recandosi a Tacloban City, ha rassicurato la popolazione che non sarà lasciata sola dal governo, ma l’ha anche spinta a collaborare alla ricostruzione. Secondo le ultime stime, il passaggio di Haiyan l’8 novembre scorso, avrebbe causato tre milioni di sfollati in tutto l’arcipelago. Infine, in Arabia Saudita, da ieri piogge torrenziali insistono su Riad e dintorni e hanno causato allagamenti e interruzioni dell’elettricità.

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    Cile al voto per le presidenziali. Favorita Michelle Bachelet

    ◊   Domenica di voto in Cile, dove i cittadini sono chiamati a scegliere il nuovo presidente della Repubblica. La grande favorita è Michelle Bachelet, alla guida della coalizione di centro-sinistra e già presidente fra il 2006 e il 2010. Staccata di diversi punti nei sondaggi Evelyn Matthei, candidata del fronte conservatore e ministro del lavoro del governo uscente del presidente Sebastian Pinera. Per il quadro della situazione politica Marco Guerra ha intervistato il collega cileno Luis Badilla:

    R. - È molto probabile che la Bachelet torni alla presidenza della Repubblica, però non lo possiamo dare per scontato del tutto, perché sicuramente occorrerà il secondo turno. È vero che la distanza fra la Bachelet e la candidata più vicina a lei la concorrente più pericolosa, la signora Matthei, è di dieci punti, però è anche vero che la Bachelet si ferma al 32-33 per cento. È chiarissimo, naturalmente, che nel secondo turno la Bachelet – appunto - vincerà le elezioni; però tra una trentina di giorni.

    D. - Chi è Michelle Bachelet? Perché il popolo ripone così tanta fiducia in lei?

    R. – La prima volta le era stata chiesta una modifica alla Carta costituzionale, perché potesse ricandidarsi subito. Inoltre, ha lasciato un bel ricordo per quanto riguarda la sua politica sociale, tanto che nella sua campagna è tornata ad insistere molto sulle diseguaglianze sociali in Cile. Occorre più giustizia sociale, occorre abbattere l’iniquità, che è il dramma del Cile, anche perché il Paese si presenta con le carte in regola: una crescita del 4,9 per cento, un tasso di disoccupazione intorno al 5-6 per cento, e fra i tre Paesi dell’America Latina è quello che cresce di più. È molto stabile dal punto di vista della politica macro economica, i conti fiscali sono in regola … Il secondo punto che lei ha messo al centro è quello di fare una nuova Carta costituzionale per affrontare i problemi gravi che riguardano il funzionamento del Parlamento, il costo della politica, l’elezione dei parlamentari.

    D. - Quali sono le sfide principali che dovrà affrontare la nuova squadra di governo che sarà designata dal presidente?

    R. - Politiche sociali capaci di raddrizzare la deriva dell’ingiustizia sociale che in Cile ha creato molti danni soprattutto tra i giovani, in particolare tra gli studenti. In Cile studia chi ha denaro e chi se lo può permettere può avere accesso all’educazione. D’altra parte dovrà essere migliorato il sistema sanitario e, inoltre, come sfida interna, dovrà affrontare i problemi istituzionali, costituzionali del Paese e rivedere le regole del gioco perché ormai quelle che esistono sono anacronistiche.

    D. - E sullo scacchiere regionale cosa comporterà questa vittoria annunciata della Bachelet? Cambierà qualcosa?

    R. – Dovrebbe essere rinforzato quel polo che si è creato negli ultimi 18 mesi, al quale partecipano il Messico, la Colombia e il Perù che insieme al Cile sono i Paesi che registrano una crescita economica maggiore, dove la crisi internazionale, economica e finanziaria ha colpito in modo più “soft”. All’interno di questo gruppo al Cile spetta una leadership molto rilevante per il prestigio del governo della Bachelet e per la posizione economica - visti gli indici macroeconomici che registra - che il Paese ha in questo momento.

    D. - Qual è la posizione della Chiesa cattolica in questo quadro politico?

    R. - Pochi giorni fa, a conclusione della plenaria, i vescovi hanno redatto un documento nel quale tornano su queste elezioni e dicono sostanzialmente che per prima cosa bisogna andare a votare, perché – come aggiungono - votare è una questione etica. In secondo luogo, parlano della vita e dell’importanza che ricopre nel discernimento che devono fare i cattolici nel votare la difesa integrale della vita, dal concepimento fino al suo termine naturale; in terzo luogo, c’è la famiglia: occorre mettere al centro di tutte le politiche, in particolare quelle che vogliono correggere l’iniquità sociale, la centralità della famiglia. I vescovi cileni dicono: “La nazione è come ogni singolo abitante, ogni singolo abitante è come la famiglia”.

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    Congo: dietro i ribelli del Nord Kivu, il traffico illecito di minerali

    ◊   Nonostante lunedì scorso sia di fatto saltata l'intesa che avrebbe dovuto sancire la fine del conflitto nella regione del Nord Kivu, il governo della Repubblica Democratica del Congo spera comunque di poter siglare la pace definitiva con i ribelli sconfitti del gruppo M23. L’accordo era venuto a mancare perché Kinshasa aveva chiesto alcune modifiche al testo, negoziato prima della resa dei ribelli, a seguito di 18 mesi di insurrezione armata. Proprio gruppi armati come l’M23 da anni traggono profitto dal commercio di minerali indispensabili all’industria moderna, come il coltan e la cassiterite, che sono un elemento fondamentale della guerra nella Repubblica Democratica del Congo. Sulle condizioni dei minatori, Davide Maggiore ha intervistato padre Didier de Failly, gesuita belga, da anni impegnato al loro fianco:

    R. – Les mineurs on les appelle chez nous les “creuseurs”. Leurs conditions sont…
    I minatori noi li chiamiamo “scavatori”. Le loro condizioni sono palesemente e fortemente degradate, così come è fortemente degradata l’estrazione mineraria: attualmente non c’è più mercato! Questo ha fatto sì che gli “scavatori” emigrassero da quei luoghi dove si estraevano la cassiterite e il coltan, andando a circa 100 chilometri più a sud per estrarre l’oro. E questa è una cosa molto brutta, perché non hanno le loro famiglie vicine, si trovano in campi in una situazione di grande promiscuità e torneranno a casa, riportando alle loro mogli l’Aids. E questo è veramente deplorevole!

    D. – Finora il commercio dell’oro, del coltan e della cassiterite è stato utilizzato dai miliziani che partecipano al conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo per finanziarsi. Secondo lei, la recente sconfitta dell’M23 renderà possibile, invece, che i profitti di questo commercio vengano utilizzati a favore della popolazione congolese?

    R. – La défaite du M23, à mon avis, ne va rien changer à la chose. …
    La sconfitta del movimento M23, a mio avviso, non cambierà assolutamente niente in questa situazione. E questo perché non vi è alcuna volontà politica di provare a migliorare la gestione delle miniere artigianali. Quello che porterà, sarà soltanto un’enorme miseria per la popolazione. Se anche l’M23 verrà ora eliminato, ci saranno altri gruppi che nasceranno semplicemente perché con un kalashnikov possono avere cibo, donne e denaro gratuitamente.

    D. – Come può intervenire concretamente la Comunità internazionale a favore dei minatori?

    R. – Moi, je travaillais autres fois…
    Io ho lavorato altre volte, nel 1988 e nel ’92, come esperto della cooperazione europea in Kivu. Ci siamo resi conto che la Comunità europea è in grado di mobilitare dei fondi, mobilitare le persone. Il problema è che – secondo me – non conosciamo ancora sufficientemente le condizioni di vita, le condizioni di accesso al lavoro di questi “scavatori”. Per esempio, qualche volta, si trovano tra le mani 2 o 300 dollari, ma non hanno un mezzo, non hanno assolutamente alcun mezzo, per poterli inviare alle loro famiglie.

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    Giornata dei neonati prematuri: casi in aumento secondo i neonatologi

    ◊   Aumenta il numero dei nati prima della 37esima settimana di gestazione. A lanciare l’allarme è la Società italiana di neonatologia in occasione dell’odierna Giornata mondiale del neonato prematuro. Se da una parte la mortalità dei nati prematuri è oggi diminuita quasi del 100%, dall’altra la frequenza dei parti pretermine risulta essere aumentata negli ultimi anni di oltre il 10%. Sulle cause di questo fenomeno Cecilia Sabelli ha intervistato il dott. Andrea Dotta, responsabile della Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Bambino Gesù di Roma:

    R. – Il numero dei parti pretermine è aumentato per varie cause. Innanzitutto, il cambiamento di stile di vita delle donne: è aumentato il numero di donne che lavorano e quindi lo stato di ansia: lo stato generale della conduzione della vita delle donne è mutato. Si fa riferimento anche ad un aumentato tasso di gravidanze medicalmente assistite. Le gravidanze artificiali, quindi, sono correlate con un aumento di incidenza della nascita pretermine. E’ noto anche che lo stile di vita nell’alimentazione e nel fumo può determinare un’alterazione della durata della gravidanza. Questi sono, quindi, tutti fattori su cui bisogna giocare per cercare di prevenire la nascita pretermine, che è la vera sfida per aumentare la sopravvivenza.

    D. – La buona notizia è che la percentuale di sopravvivenza dei bimbi nati prematuri è superiore al 95 per cento. Com’è stato possibile?

    R. – Se ci riferiamo ai nati sotto le 37 settimane, ormai il dato di sopravvivenza è estremamente alto, soprattutto si sono raggiunti valori anche molto alti per neonati prima della 32esima o della 28esima settimana: neonati, quindi, che pesano anche meno di un chilo. Questo grazie ad una profilassi per le madri, sia da un punto di vista infettivo che della maturazione polmonare; alla somministrazione di steroidi, quindi del cortisone, alla mamma in epoche critiche; ma ancora grazie all’assistenza con tecnologie sempre più sofisticate sul neonato, che ha portato a dare la massima attenzione a non essere troppo invasivi nelle nostre manovre. Ridurre al massimo, dunque, l’invasività delle manovre mediche ha portato ad un miglioramento della sopravvivenza.

    D. – Cosa rischia un bimbo che viene al mondo prima del tempo?

    R. – Tanto più precoce è il parto, tanto maggiori sono i rischi. Esiste un rischio immediato, che è più legato all’adattamento respiratorio. Cause polmonari di insufficienza respiratoria possono, dunque, rischiare anche la vita del neonato. Successivamente, l’evoluzione dei vari organi, che devono trovare un ambiente adatto, che simuli maggiormente il grembo materno, e che possono andare incontro ad alterazioni funzionali, soprattutto al livello del sistema nervoso centrale, del sistema motorio e degli organi di senso, quali udito, vista...

    D. – Dove il bambino non soffre di problemi polmonari si sente spesso parlare di “marsupio terapia”, tra gli interventi più efficaci...

    R. – E’ assolutamente consigliata. In realtà, non è corretto utilizzare il termine terapia, ma è più corretto usare il termine inglese “kangaroo mother care”. E’ una coccola che la madre deve fare, simulando quello che fa il canguro nel suo marsupio. Consiste nel tenere un contatto pelle a pelle con il bambino, pure quando non si sta allattando al seno. E’ dimostrato che il bambino, durante la “marsupio terapia”, sta meglio, respira meglio, ossigena meglio. Inoltre, la madre che può fare questa “marsupio terapia”, porta a casa prima il bambino. La durata della degenza in ospedale, infatti, si riduce proprio grazie alla “marsupio terapia”.

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    Algeria, restaurata la Basilica di Sant'Agostino a Ippona. Mons. Desfarges: presenti per servire

    ◊   E’ stata restaurata grazie al contributo di istituzioni di diverse nazionalità, di organismi religiosi e di gente comune. La Basilica di Sant’Agostino di Annaba, l’antica Ippona, in Algeria, ha una luce nuova ora che i lavori, iniziati circa tre anni fa, sono terminati. All’inaugurazione, il mese scorso, c’erano autorità politiche, algerine e di altri Paesi, imam, benefattori, cristiani e musulmani, concordi nel riconoscere nel monumento dedicato a Sant’Agostino un patrimonio storico, religioso e architettonico dove si incontrano Oriente ed Occidente. Tiziana Campisi ne ha parlato con mons. Paul Desfarges, vescovo della diocesi di Costantina che oggi ingloba quella di Ippona, un tempo sede vescovile di Agostino:

    R. – Je crois que maintenant de plus en plus les algériens sont fièrs de …
    Credo che oggi gli algerini siano più fieri di annoverare Sant’Agostino tra i loro antenati. Sant’Agostino ormai fa parte della genealogia degli algerini …

    D. – Un monumento cristiano che ha beneficiato di contributi provenienti da diverse istituzioni e da benefattori anche musulmani, come leggere tutto questo?

    R. – Pour moi, le montage financier complexe est vraiment un signe …
    Per me, questo finanziamento un po’ complesso è veramente un segno: è un bell’esempio di solidarietà, di questi rapporti di convivenza cristiano-musulmana che si estende da Nord a Sud, che si è manifestato perfino nell’aspetto finanziario.

    D. – Per gli algerini, la Basilica di Sant’Agostino, sulla collina della città di Annaba, è “Lala Bouna”, la madre buona: qual è il senso di questa espressione?

    R. – La basilique est sur une colline, elle domine un peux Annaba. …
    La Basilica si trova su una collina e domina un po’ Annaba. Penso che in quel luogo si celebrassero dei culti già prima del cristianesimo. Ma come si sa, per molti cristiani e anche per molti musulmani, nel momento stesso in cui esiste da qualche parte un santuario, è “Lala”, quindi la si è chiamata “Lala Bouna” che sta per “la buona madre”, ma anche “Maria”, senza farsi troppe domande, soltanto nella consapevolezza che si tratta di un santuario. Inoltre, bisogna aggiungere che a fianco alla Basilica – da prima ancora che la basilica fosse edificata – c’è la Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri che accoglie persone di famiglie molto modeste o persone senza famiglia o che veramente non hanno nulla di cui vivere. Le Piccole Sorelle accolgono queste persone disagiate - anche musulmani - e gli algerini sono molto generosi, fanno molte donazioni. Quindi, questa collina è contraddistinta dalla presenza del santuario, dalla Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri e anche dal presbiterio dei Padri Agostiniani: è questo “Lala Bouna”. E’ veramente un luogo santo, un luogo di benedizione. Ed è vero che molte delle persone che vengono nella Basilica fanno veramente un’esperienza di silenzio, di grazia … Le persone vengono, sanno di venire in un luogo santo, un luogo benedetto. In questo luogo sono state concesse delle grazie. Ecco, è tutto questo insieme “Lala Bouna”. Spero che ora i pellegrini trovino il coraggio di tornare, più numerosi, per fare un pellegrinaggio sui passi di Sant’Agostino.

    D. – L’inaugurazione della basilica di Sant’Agostino apre una nuova stagione nella diocesi di Costantina, dove si trova la città di Annaba?

    R. – Disons que ça permet de continuer sur des bonnes bases. …
    Diciamo che questo permette di continuare su buone fondamenta. Per la nostra Chiesa abbiamo istituito un Anno Agostiniano prendendo spunto dalla giornata del 19 ottobre; poi, il 2 maggio 2014 ci sarà un’altra grande giornata, perché celebreremo il quinto anniversario dell’elevazione del Santuario di Sant’Agostino a Basilica: quindi, sarà un anno agostiniano. E’ un po’ un “soffio” agostiniano per tutta la nostra Chiesa. Credo che sia ancora una volta un segno per gli algerini: la nostra Chiesa è sempre là, continua ad essere presente ed a servire.

    D. – Quale sguardo hanno gli algerini verso Papa Francesco e i primi mesi del suo pontificato?

    R. – Un très bon regard. Voyez, notre peuple algérien est vraiment à …
    Ne hanno un’ottima impressione. Vede, il nostro popolo algerino è veramente in sintonia con quello che accade nel mondo. Papa Francesco ha avuto un’accoglienza molto benevola, colmo di simpatia. Quando cammino per la strada, la gente mi dice: “Ah, questo Papa, è bravo”! Sento molte espressioni di questo tipo. Le sue parole, i suoi gesti toccano, toccano tutti, toccano i cuori; perché semplicemente sono gesti umani, fraterni. Papa Francesco è accolto molto, molto bene; la sua testimonianza contribuisce alla convivialità.

    D. – Cosa direbbe Sant’Agostino oggi della partecipazione fraterna per il restauro della “sua” basilica?

    R. – Ah, je lui a posé la question et je crois qu’il nous dirait ce qu’il disait …
    Ah, qualche volta gliel’ho chiesto! Credo che ci direbbe quanto diceva ai suoi fedeli, a suo tempo: “Per noi, vivere è amare. La nostra vita è gioia, è moto del cuore per tutti”. Penso che ci ripeterebbe: “Continuate ad amare. Il rapporto fraterno non è solamente un rapporto uomo-uomo, è un rapporto con Dio e in Dio”. E ci direbbe anche: “L’amore, quando arriva fino in fondo, non è solamente l’amore tra le persone che si accettano, ma arriva fino ad amare il nemico”. Sant’Agostino diceva: “Impara ad amare il tuo nemico: nella misura in cui l’amore cresce in te, riportandoti, riconducendoti alla somiglianza con Dio, esso si diffonderà sul tuo nemico, affinché tu sia somigliante a Colui che fa splendere il sole sui buoni e sui cattivi”. Questo diceva Sant’Agostino. E ciò tocca anche gli algerini.

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    "La finestra sulla strada": pubblicata autobiografia di don Vinicio Albanesi, presidente di Capodarco

    ◊   Un “prete di strada”, che vive la vita con curiosità e che, lungo il suo percorso, ha conosciuto e condiviso tante storie di disagio e di sofferenza. E’ così che si descrive don Vinicio Albanesi, marchigiano, 70 anni compiuti da poco, nell’autobiografia “La finestra sulla strada”. Edito da Ancora, il volume è stato presentato di recente al Salone dell’editoria sociale a Roma. “Ho fatto fatica ad incontrare Dio, ci ho messo trent’anni, ma poi l’ho scoperto” scrive don Vinicio, parroco, presidente della Comunità di Capodarco, insegnante di diritto canonico e giudice del Tribunale ecclesiastico regionale delle Marche. Adriana Masotti lo ha intervistato, chiedendogli di raccontarci qualcosa di più di questo speciale incontro:

    R. – E’ stato un lungo, lungo e anche doloroso cammino, perché fatto di paure, di sensi di colpa, per poi andare verso su, nell’alto dei Cieli e incontrare il Volto, perché è un Volto particolare, personale: è il risultato della tua storia e delle domande che tu ti poni.

    D. – E qual è il Volto del Dio di don Vinicio?

    R. – È un Dio misericordioso, un Dio amante della vita che ha creato le cose e quindi ha cura delle cose e che per questo perdona, per questo aiuta, perché dopo la creazione che ha fatto per gratuità continua a seguire il mondo che Lui ha creato. Quindi, se Lui ha fatto così, e se voglio dialogare con Lui, mi devo mettere sulla sua stessa lunghezza d’onda.

    D. – L’incontro con Dio e l’incontro con l’uomo, e con l’uomo più in difficoltà …

    R. – C’è un’espressione di San Tommaso che dice: ama Dio e ama il prossimo. Sono due comandamenti o uno solo? La risposta che San Tommaso dà nella Summa Teologica dice: è un solo comandamento, ma amando Dio non puoi non amare ciò che Lui ha amato. Allora, amando Dio amo la sua creazione e amando la creazione, al contrario, non posso che amare Dio. Quindi, quella distinzione tra “ama Dio” e “ama il prossimo” in realtà è pedagogica, non è reale. Perché l’unica realtà è “ama Dio”, ma naturalmente, per amare Dio attraversi la vita, attraversi il prossimo, attraversi le vicende umane senza le quali non ha senso amare Dio.

    D. – La vita condivisa con i disabili, con i tossicodipendenti, con le persone con problemi, che vita è stata e continua ad essere?

    R. – È una vita fatta di prospettive e quindi di grande speranza e anche di grande fiducia. Attraverso questa vita tu vedi il miracolo, perché a volte assisti ad un vero miracolo; però, assisti anche alla sconfitta, e allora ti rendi conto di non essere onnipotente ma nemmeno impotente. Metti a disposizione ciò che hai per liberare l’altro dai limiti che ha, perché ritrovi la sua vita, il suo futuro, i suoi sogni …

    D. – Queste storie incontrate, queste persone incontrate sono stati i punti di riferimento per la sua vita?

    R. – No. Il punto di riferimento è sempre stato il progetto … questo potrebbe sembrare un orgoglio, ma io l’ho sempre vissuto come il progetto di Dio. Due frasi di Gesù: “Sono venuto per i malati e non per i sani”; “sono venuto per i peccatori e non per coloro che stanno nella giustizia”. Quindi tutto il cristianesimo l’ho interpretato come risposta ai mali del mondo, sia ai mali fisici sia ai mali spirituali, per riportare ad armonia quel Creato che Dio aveva nella sua mente. Quindi, quasi una via obbligata che Dio ci indicava.

    D. – Il suo impegno nel sociale, nel politico e l’attenzione all’informazione, attraverso ad esempio la promozione di Seminari per giornalisti e dell’Agenzia Redattore Sociale: aspetti di una stessa medaglia, cioè combattere in nome dei più deboli?

    R. – Sì, perché c’è una dignità da difendere e quando c’è da difendere occorrono due elementi: uno, comunicare idee, e l’altro, cercare di attuarle. Queste due cose vanno di pari passo.

    D. – “La finestra sulla strada”: è il titolo della sua autobiografia. Una breve spiegazione …

    R. – Semplicemente “La finestra sulla strada” è l’inizio del libro, perché il libro dice proprio: “Dalla finestra della casa delle mie zie, leggevo, vedevo …”, eccetera. Ma è anche emblematico di uno sguardo che va oltre sé; sulla strada poi si incontrano le creature, ma si incontra Dio stesso.

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    Festival del Film di Roma: vince 'Tir' di Alberto Fasulo, ma nessun premio va all'attore protagonista, Zavrsan

    ◊   Si chiude oggi l’edizione 2013 del Festival del Film di Roma, con la proiezione delle pellicole che si sono aggiudicate i premi assegnati ieri sera dalla giuria, nella cerimonia di premiazione tenutasi nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica. Il servizio di Rosario Tronnolone:

    Fanno discutere alcuni dei premi assegnati dalla giuria a conclusione del Festival internazionale del Film di Roma: a vincere è un film documentario italiano, “Tir” di Alberto Fasulo. Un film che parte da una premessa interessante: il lavoro che, invece di nobilitare l’uomo, gli toglie dignità e affetti, costringendolo a ritmi faticosi e stressanti, col paradosso di alienargli proprio le persone care per cui lui sta compiendo tutti questi sacrifici. Il film è interpretato da un ottimo attore sloveno, Branko Zavrsan, di cui tutti fanno notare che ha preso la patente da camionista e ha effettivamente guidato un tir per sei mesi, la durata delle riprese, dimenticando che dà una prova d’attore veramente notevole, sul confine labilissimo tra recitazione e verità. Allora, ci si chiede, perché non premiare l’attore e premiare invece un film che prevedibilmente sarà distribuito pochissimo e visto ancor meno? Il film non farà discutere. Fa discutere la decisione di giudicarlo il migliore dei film presentati. Il premio alla migliore attrice va a Scarlett Johansson, che presta solo la voce al sistema operativo del computer di cui si innamora il protagonista di “Her”, di Spike Jonze, interpretato da Joachim Phoenix. Un film applauditissimo, originale, convincente, commovente. Anche questo premio fa discutere, perché dell’attrice, sullo schermo, non si vede mai il volto. Ma negli occhi del protagonista e nella mente dello spettatore non solo appare il volto notissimo dell’attrice, ma si arricchisce delle connotazioni che ciascuno attribuisce alla donna ideale. Un riconoscimento meritatissimo, che premia un’assenza per coinvolgere simbolicamente tutti coloro che hanno lavorato al film.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Si chiude oggi a Gerusalemme l’Anno della Fede in Terra Santa

    ◊   Con una settimana d’anticipo rispetto alle celebrazioni solenni che avranno luogo in Vaticano domenica 24 novembre, si è chiuso ufficialmente oggi a Gerusalemme l’Anno della Fede, con una cerimonia in più lingue al Monte del Precipizio, presieduta dal Patriarca dei Latini, mons. Fouad Twal. L’evento è stato fatto coincidere con la Giornata internazionale della Fede e per l’occasione saranno visitabili tutti i Luoghi Santi di Nazareth e sarà possibile partecipare a una fiaccolata diretta verso la Basilica dell’Annunciazione. La giornata è stata organizzata dalle Chiese cattoliche di Terra Santa in collaborazione con la Custodia francescana, ma anche il governo – come riferiva tempo fa alla Fides il vicario patriarcale del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, mons. William Shomali – si è molto adoperato affinché il luogo fosse in grado di accogliere 60mila fedeli appartenenti a varie comunità internazionali. Così, dunque, si sta chiudendo in Terra Santa l’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI e vissuto come “un tempo di particolare riflessione per favorire una sempre più piena conversione a Dio” nella città in cui l’Incarnazione di Cristo ha avuto inizio. Infine a Nazareth, sempre nella giornata di oggi, è previsto l’evento “In Terra Santa da Maria Sua Madre” a cura dell’Ufficio nazionale israeliano del Turismo. (R.B.)

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    Terrorismo in Pakistan: vescovo di Islamabad, uniti per la pace. A Rawalpindi imposto coprifuoco

    ◊   Terrorismo, violenze, scontri tra forze regolari e talebani, attacchi contro singole persone e comunità, come avvenuto a settembre scorso contro i cristiani di Peshawar. È il quadro del Pakistan, tracciato all’agenzia AsiaNews da mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad – Rawalpindi. "Dobbiamo restare uniti e continuare a pregare per la pace in Pakistan”, afferma, denunciando che il Paese è “vittima del terrorismo”, terreno fertile per nuove azioni violente. Nelle scorse settimane si era ipotizzato un timido tentativo di colloqui di pace fra Islamabad e il fronte islamista, interrotto dalla morte improvvisa del leader del Tehrik e Taliban Pakistan, Hakim Ullah Mashud, ucciso in un raid dei droni Usa all’inizio del mese. Proprio in vista di possibili tentativi di dialogo coi talebani, Islamabad ha condannato con forza l'attacco degli aerei senza pilota statunitensi, che in diverse occasioni hanno colpito anche la popolazione civile e hanno mietuto vittime innocenti. La morte del leader talebano è avvenuta a pochi giorni di distanza dal viaggio negli Usa del premier pakistano Nawaz Sharif, che ha messo proprio i raid dei droni al centro dei colloqui con Washington. Intanto a Rawalpindi le autorità hanno imposto il coprifuoco dopo i violenti scontri tra sunniti e sciiti che hanno provocato 14 morti. Bloccati anche i servizi di telefonia mobile. (G.A.)

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    Libia. Ancora scontri a Tripoli. Oggi inizia sciopero dei settori pubblici

    ◊   Continua a essere instabile la situazione in Libia dove alle 43 vittime di venerdì, ieri – giornata in cui si sono registrati disordini a Tajura ad opera dei miliziani di Misurata - se ne è aggiunta un’altra a Tripoli, nell’ambito degli scontri tra fazioni diverse che hanno causato anche decine di feriti sia tra i miliziani, sia tra i civili inermi. E se oggi nella capitale si concludono i tre giorni di lutto indetti dal sindaco Al Badri per le vittime, il Consiglio locale della città ha annunciato uno sciopero di tre giorni in tutti i settori pubblici: una sorta di protesta contro il rinfocolarsi delle violenze. In merito ha parlato anche il primo ministro Ali Zeidan, che nel suo appello pubblico a “porre fine ai combattimenti” ha anche chiesto ai gruppi armati di lasciare Tripoli. Appelli alla pacificazione vengono pure dall’estero: sia l’Unione Europea, sia la missione delle Nazioni Unite in supporto al Paese (Unsmil) hanno condannato i fatti, chiesto la fine degli scontri e difeso il diritto dei cittadini libici a manifestare pacificamente, ribadendo la necessità di “concentrarsi sulla transizione democratica” della Libia. All’unanime condanna si è aggiunta anche la voce del segretario di Stato americano Kerry, che ha invitato tutte le parti alla moderazione, ricordando che non era questo lo spirito della rivoluzione iniziata nel 2011 che portò a un rapido rovesciamento del regime di Gheddafi. (R.B.)

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    Siria. Nuovi bombardamenti a Qara, al confine col Libano

    ◊   Nuova offensiva da parte dell’aviazione siriana che ha bombardato in mattinata la città di Qara, al confine con il Libano, zona estremamente calda in questi ultimi giorni, come confermato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. Le truppe impegnate nell’attacco, che mira a cacciare i ribelli, sono coadiuvate dalle milizie libanesi di Hezbollah, alleate di Assad, mentre sul fronte opposto accanto ai ribelli ci sarebbero anche miliziani di al Qaeda: Qalamoun e la città di Qara, infatti, sono punti strategici sia per la loro vicinanza al confine libanese, sia perché vi passa la strada che collega la capitale alla regione di Homs, al centro del Paese. Continuano anche gli scontri proprio a Damasco, dove ieri è rimasto ucciso un alto ufficiale di una milizia sciita irachena che combatteva accanto ai lealisti e una donna è morta negli attacchi di mortaio contro il quartiere a maggioranza cristiana di Al-Qasaa. Scontri pure ad Aleppo, dove il municipio è stato preso di mira da lanciarazzi, e a Latakia, dove sarebbero stati giustiziati sei ribelli del gruppo Al Hijra lla Allah catturati nell’area di Rabia. Infine, secondo indiscrezioni, la conferenza di pace sulla Siria denominata 'Ginevra 2' dovrebbe svolgersi il 12 dicembre prossimo, ma la data sarà resa nota solo il 25 novembre; Damasco continua a dichiararsi pronta a partecipare senza condizioni. (R.B.)

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    Nucleare iraniano. Oggi Hollande in Israele, poi sarà la volta di Kerry

    ◊   È arrivato oggi a Tel Aviv, il presidente francese Francois Hollande che, accompagnato dal ministro degli Esteri Fabius, compirà in Israele una visita di tre giorni, una delle più lunghe che abbia mai fatto all’estero dall’inizio del suo mandato. In programma, incontri con il suo omologo Shimon Peres e con il primo ministro Benjamin Netanyahu; all’ordine del giorno il processo di pace israelo-palestinese – sul quale nei giorni scorsi Hollande ha avuto un colloquio a Ramallah con il presidente palestinese Abbas – l’incremento delle relazioni economiche con Parigi, ma soprattutto la questione del nucleare in Iran. La Francia, infatti, nella trattativa con Teheran, ha tenuto una linea particolarmente dura; appena arrivato in Israele Hollande ha confermato che non cederà sul nucleare. Sul tema, oggi, il quotidiano francese Le Journal du Dimanche pubblica un’intervista al presidente israeliano Peres che dichiara: “Se l’Iran è riuscito a costruire una bomba atomica, allora tutti i Paesi del Medio Oriente ne seguiranno l’esempio” e ha auspicato, da parte dei Paesi occidentali, un proseguimento della pressione sull’Iran affinché rinunci “almeno a lungo termine” al suo programma nucleare. Infine, Netanyahu ha annunciato che il prossimo venerdì il segretario di Stato americano John Kerry volerà in Israele per discutere i colloqui di Ginevra sul nucleare iraniano e i negoziati in corso con le cosiddette potenze del 5+1. (R.B.)

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    Sudan. Scontri in Darfur, almeno 100 morti

    ◊   Un centinaio di persone sono rimaste uccise negli scontri tribali che si sono riaccesi nei giorni scorsi nella regione sudanese del Darfour, da anni teatro di una guerra sanguinosa. Secondo quanto riferito da un’emittente locale, Radio Omdurman, le violenze si sono verificate intorno alla città di Umm Dukhun e le vittime sarebbero perlopiù soldati ciadiani appartenenti a una pattuglia mista schierata lungo il confine tra i due Paesi, che si è scontrata con la tribù locale Salamat. L’accesso alla zona in questione, comunque, resta molto difficile, come è difficile, quindi, avere notizie più precise su quanto avvenuto, ma sembra che sia l’esercito sudanese sia quello ciadiano abbiano già inviato rinforzi nell’area. Secondo i dati delle Nazioni Unite, gli scontri tribali nel Darfour - dal 2003 ad oggi - avrebbero causato oltre 300 mila morti e due milioni di sfollati e il trend, anche quest’anno, non accenna a diminuire. (R.B.)

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    Kosovo. Mitrovica nord al voto per la ripetizione delle municipali

    ◊   Si sono aperte, finora senza scontri ma con un eccezionale schieramento delle forze di sicurezza locali accompagnate da quelle Nato e dalla missione europea nell’area, le urne a Kosovoska Mitrovica, la città divisa del nord Kosovo, dove devono ripetersi le elezioni amministrative dopo l’annullamento di quelle del 3 novembre scorso, quando estremisti serbi ostili al voto e al dialogo con Pristina fecero irruzione in molti seggi. Oggi sono chiamati in 23mila, fino alle 19, a scegliere il nuovo sindaco e i nuovi consiglieri dell’Assemblea municipale della parte serba della città, quella a nord, che il fiume Ibar divide dal settore albanese a sud. Alle ore 12, però, l’affluenza si attestava intorno al 10%: se dovesse mantenersi così bassa, gli albanesi potrebbero aggiudicarsi il potere anche del nord di Mitrovica, dove la Serbia – che spera di aprire presto i negoziati per l’adesione all’Ue – vuole far nascere una comunità autonoma, in conformità all’accordo raggiunto tra Belgrado e Pristina nell’aprile scorso. Un appello a votare senza paura era stato fatto nei giorni scorsi anche dal premier serbo Ivica Dacic, che ha incitato i serbi del Kosovo dicendo: “Il futuro dipende da voi”. I risultati sono attesi in nottata. (R.B.)

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    Grecia. Gruppo di estrema sinistra rivendica l’assassinio di due militanti di Alba Dorata

    ◊   Sarebbe delle “Squadre rivoluzionarie combattenti” la responsabilità del duplice omicidio in cui il primo novembre scorso persero la vita due giovani militanti del partito greco di estrema destra Alba Dorata, almeno stando al documento di rivendicazione – ritenuto autentico – fatto trovare ieri nei pressi del poligono di tiro nel quartiere Kesarianni di Atene. Nel documento, 18 pagine contenute in una chiavetta usb, si legge che il delitto sarebbe stato una “rappresaglia” per l’uccisione del rapper Pavlos Fyssas da parte di un militante del partito, avvenuto il 18 settembre. La sigla “Squadre rivoluzionarie combattenti” era finora sconosciuta nel panorama del terrorismo di estrema sinistra in Grecia: secondo gli esperti potrebbe essere il prodotto di una fusione tra varie organizzazioni attive da tempo, come la “Setta dei rivoluzionari”, gruppo armato d’ispirazione marxista apparso nel 2008 dopo l’uccisione del 15enne Grigoropoulos da parte di un agente di polizia. (R.B.)

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    Elezioni Maldive. A sorpresa, il nuovo presidente è il progressista Yamin

    ◊   Con il 51.6% delle preferenze e appena seimila voti di vantaggio, Abdullah Yamin è il nuovo presidente delle Maldive. I risultati ufficiali sono stati diffusi nella notte dalla Commissione elettorale dell’arcipelago che ha confermato i dati del ballottaggio – che ha visto un’affluenza alle urne superiore al 91% - chiudendo di fatto un capitolo elettorale piuttosto sofferto iniziato i primi di settembre. Il leader del Partito progressista ha quindi sbaragliato il principale concorrente Nasheed, ex presidente e gran favorito, il quale ha accettato la sconfitta dicendosi fiducioso nel futuro democratico del Paese. Il neopresidente, fratellastro dell’ex dittatore Gayoom che ha governato le Maldive per 30 anni, è già apparso in pubblico, auspicando un futuro di stabilità: le agitazioni derivanti dal complesso percorso elettorale delle presidenziali, infatti, hanno fatto temere molto per il settore del turismo, principale introito dello Stato. (R.B.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 321

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.