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Sommario del 13/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale, appello per Siria e Filippine. Il Papa: Battesimo è carta d'identità del cristiano
  • Rinuncia episcopale in Australia
  • Domani la prima visita di Papa Francesco al Quirinale. E' il terzo incontro con Napolitano
  • Incontro tra mons. Paglia e il metropolita Hilarion: cattolici e ortodossi uniti nella difesa della famiglia
  • Libro del card. Bertone. Il Papa: dimensione morale nei rapporti internazionali. Sabato mons. Parolin a Roma
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Filippine: rischio epidemie dopo il tifone. Mons. Cantillas: aiutateci, abbiamo bisogno di tutto
  • Israele interrompe progetto di 20 mila nuovi alloggi. L'analista: ma c'è chi soffia sulla crisi
  • Somalia. Emergenza inondazioni nel Puntland, si temono almeno 300 morti
  • Cina: proprietà terriera e figlio unico al centro delle prossime riforme
  • Afghanistan, livelli record di coltivazioni di oppio prima del ritiro di truppe straniere
  • Il card. Scola: il Patriarca Kirill ha grande considerazione dell'azione di Papa Francesco
  • Dossier immigrazione: Italia sempre terra di flussi in entrata, ma crisi rallenta gli arrivi
  • Acli, Cdo e Salesiani: iniziativa contro dispersione scolastica e disoccupazione giovanile

  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Congo. Nord Kivu: si allontana l'accordo con M23. Soldati rwandesi a 3 km da Goma
  • Egitto: cancellato lo stato di emergenza, resta il coprifuoco in alcune aree
  • Usa: rapporto dei vescovi sugli aiuti alla Chiesa in Haiti
  • Cina: si è spento mons. Pietro Liu, testimone della fede nonostante carcere e lavori forzati
  • Crisi politica in Bangladesh: a rischio la popolazione, sempre più povera
  • Myanmar: protesta buddista contro la visita dell’Organizzazione della Conferenza islamica
  • Malaria resistente ai farmaci: allerta sanitaria in Myanmar e lungo il Mekong
  • Il metropolita russo Hilarion presenta i “discorsi romani” di Serguei Averintsev
  • Il card. Vallini alla Lateranense: "Camminare, edificare, confessare"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale, appello per Siria e Filippine. Il Papa: Battesimo è carta d'identità del cristiano

    ◊   Le “vere battaglie da combattere” sono quelle “per la vita, mai per la morte”. È l’affermazione con cui Papa Francesco ha voluto concludere l’udienza generale di questa mattina, riferendosi al tragico attentato di due giorni fa a Damasco – che ha ucciso dei bambini – e alla catastrofe umanitaria che ha investito i filippini dopo il tifone Haiyan. La catechesi dell’udienza è stata dedicata invece al Battesimo e alla Confessione, Sacramenti di nascita e di rinascita nella Chiesa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Per favore”. Di fronte all’artiglieria spianata che falcia bambini che vanno a scuola come fossero pericolosissimi nemici, Papa Francesco si presenta col più disarmato degli appelli. L’udienza generale è quasi conclusa quando le sue parole riportano i circa 50 mila radunati in Piazza San Pietro all’ennesima pagina agghiacciante in arrivo dalla Siria, la strage degli scolari innocenti di Damasco, uccisi l’altro ieri da colpi di mortaio:

    “Per favore, che queste tragedie non accadano mai! Preghiamo fortemente! In questi giorni stiamo pregando e unendo le forze per aiutare i nostri fratelli e sorelle delle Filippine, colpiti dal tifone. Queste sono le vere battaglie da combattere. Per la vita! Mai per la morte!”.

    L’appello per la vita e contro la morte di Papa Francesco era stato sviluppato in altro modo anche al momento della catechesi. Riferendosi all’espressione del Credo in cui si dice “professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati”, il Papa l’ha scissa nei suoi tre pilastri. Il primo, ha sottolineato, è il verbo “professo”. Nel pronunciarlo – ha detto Papa Francesco – “affermiamo la nostra vera identità di figli di Dio”:

    “Il Battesimo è in un certo senso la carta d’identità del cristiano, il suo atto di nascita, e l’atto di nascita alla Chiesa. Tutti voi conoscete il giorno nel quale siete nati ( … ) Il primo compleanno è quello della nascita alla vita e il secondo compleanno è quello della nascita alla Chiesa”.

    Dirà poco dopo il Papa, rivolgendosi ai fedeli di lingua francese, parafrasando una sua fortunata esclamazione:

    “Nel corso di tutta la vostra vita non lasciatevi rubare la vostra identità cristiana”.

    Se dunque nella vita cristiana i giorni della nascita sono due, esiste anche la possibilità di rinnovare questa seconda nascita, attraverso il Sacramento della Riconciliazione:

    “Quando noi andiamo a confessarci delle nostre debolezze, dei nostri peccati, andiamo a chiedere il perdono di Gesù, ma andiamo pure a rinnovare il Battesimo con questo perdono. E questo è bello, è come festeggiare il giorno del Battesimo in ogni Confessione. Pertanto la Confessione non è una seduta in una sala di tortura, ma è una festa. La Confessione è per i battezzati! Per tenere pulita la veste bianca della nostra dignità cristiana!”.

    Ciò che un cristiano professa nel Credo è “un solo Battesimo”, il secondo pilastro approfondito da Papa Francesco. Battesimo, ha ricordato, significa “immersione”, un “lavacro di rigenerazione e illuminazione":

    “Rigenerazione perché attua quella nascita dall’acqua e dallo Spirito senza la quale nessuno può entrare nel regno dei cieli. Illuminazione perché, attraverso il Battesimo, la persona umana viene ricolmata della grazia di Cristo, «luce vera che illumina ogni uomo» e scaccia le tenebre del peccato. Per questo, nella cerimonia del Battesimo, ai genitori si dà una candela accesa, per significare questa illuminazione; il Battesimo ci illumina da dentro con la luce di Gesù”.

    Terzo pilastro è quando il credente professa un solo Battesimo “per la remissione dei peccati” e qui Papa Francesco è tornato al valore della Confessione. Io non mi posso battezzare due, tre, quattro volte – ha osservato – ma confessandomi “è come se io facessi un secondo Battesimo”:

    “Il Signore Gesù è tanto buono e mai si stanca di perdonarci. Anche quando la porta che il Battesimo ci ha aperto per entrare nella Chiesa si chiude un po’, a causa delle nostre debolezze e per i nostri peccati, la Confessione la riapre, proprio perché è come un secondo Battesimo che ci perdona tutto e ci illumina per andare avanti con la luce del Signore”.

    Al termine dell’udienza, Papa Francesco ha salutato “con affetto” i familiari delle vittime della strage di Nassirya di dieci anni fa in Iraq, accompagnati dall’ordinario militare per l’Italia mons. Marcianò, e in particolare anche il Gruppo Malati Rari d’Italia, assieme al presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Mons. Zimowski. Come accaduto alcuni giorni fa, il Papa si è intrattenuto a lungo con gli infermi che lo attendevano.

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    Rinuncia episcopale in Australia

    ◊   In Australia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Broken Bay, presentata per raggiunti limiti di età da mons. David Louis Walker.


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    Domani la prima visita di Papa Francesco al Quirinale. E' il terzo incontro con Napolitano

    ◊   Domani mattina Papa Francesco compirà la sua prima visita al Quirinale. A fornire alcuni particolari sulla visita, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Debora Donnini:

    Domani, per la prima volta, Papa Francesco andrà al Quirinale. Giungerà poco prima delle 11 nel Cortile d'onore del Palazzo presidenziale, dove lo attenderà il seguito, arrivato poco prima. Quindi, ci sarà un colloquio privato fra il Papa e il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano nello studio del capo di Stato. Contemporaneamente si svolgerà l'incontro delle due delegazioni, guidate per la Santa Sede da mons. Angelo Becciu, sostituto alla Segreteria di Stato, e per l'Italia dal premier Enrico Letta. Subito dopo, nella Sala degli Arazzi, ci sarà lo scambio dei doni. Quindi, il Papa incontrerà i presidenti di Senato, Camera e Corte Costituzionale, e successivamente si raccoglierà in preghiera nella Cappella dell'Annunziata. I discorsi ufficiali del Presidente e del Pontefice verranno pronunciati nel Salone delle Feste, presumibilmente attorno alle 12. Dopo, il Papa visiterà la Cappella Paolina e nel Salone dei Corazzieri incontrerà circa duecento persone fra dipendenti e familiari dei dipendenti del Quirinale, a cui rivolgerà un saluto. E' prevista, ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana padre Lombardi, una folta presenza di bambini e giovani. Quindi vi sarà la cerimonia di congedo nel Cortile d'onore e il rientro del Papa in Vaticano. Papa Francesco è il sesto Pontefice a recarsi in visita al Quirinale, il quinto dopo la nascita della Repubblica italiana. Questo, poi, è il terzo incontro tra Papa Francesco e il Presidente Giorgio Napolitano: il primo è avvenuto il 19 marzo, giorno di inizio Pontificato; il secondo, l’8 giugno scorso, quando il Capo di Stato italiano si è recato in visita in Vaticano.

    Sui rapporti tra Italia e Santa Sede, Luca Collodi ha sentito il prof. Stefano Zamagni, docente di economia politica all’Università di Bologna:

    R. – Direi che in questi ultimi tempi il tema dei rapporti tra Santa Sede e Stato più in generale e tra religione e atteggiamenti religiosi e demografia si sta rafforzando e sta tornando di nuovo al centro dell’attenzione. E questo per una pluralità di ragioni. Finalmente si è capita la differenza che c’è tra “principio di laicità” e “principio del laicismo” e cioè l’idea secondo la quale le opzioni religiose devono entrare a far parte della sfera pubblica e non come, invece, le tesi laiciste affermano che devono essere riservate alla sfera privata. Direi che è stato un grande filosofo americano come John Rawls, proprio poco prima di morire, a chiarire definitivamente il punto, quando distinse tra “sfera pubblica” e “sfera politica”.

    D. – Che distinzione fece?

    R. - La sfera politica è la sfera della decisione politica e lì è chiaro che le opzioni religiose o culturali non devono poter giocare il ruolo dominante; ma la sfera pubblica è quella dove si formano le idee, dove avviene il dialogo e dove si realizza il confronto libero delle idee. Ebbene nella sfera pubblica le posizioni ispirate in senso religioso, così come può essere di un tipo o dell’altro, devono potersi confrontare.

    D. – In Italia qual è la situazione?

    R. - Purtroppo in Italia, per tutta una serie di ragioni, è passata o sta passando nella vulgata l’idea secondo cui ognuno si tiene per sé, nella propria sfera personale, i propri convincimenti religiosi e le proprie opzioni ideologiche. Questo è un male gravissimo, perché questo va a distruggere la democrazia! E la democrazia ha bisogno del confronto dei valori: ecco perché la distinzione di Rawls tra sfera pubblica e sfera politica io la trovo particolarmente afferente, soprattutto in questo momento.

    D. – Adesso c’è l’incontro tra Papa Francesco con il presidente Napolitano …
    R. - L’incontro di Papa Francesco con il presidente Napolitano sono sicuro servirà a chiarire ulteriormente questa distinzione, che ha generato molti equivoci. E’ chiaro che alla sfera privata poi appartiene la scelta di fede, che è un’altra cosa. Le religioni sono portatrici di matrici culturali e soprattutto di norme sociali di comportamento, senza le quali una democrazia autentica va a collassare, come peraltro la storia ci ha insegnato. Quindi l’incontro del Papa col presidente Napolitano va visto come un’occasione – che io mi auguro possa portare veramente frutto – per dissipare, primo, antichi pregiudizi privi di ogni senso e che sono ispirati solo ad una volontà nichilistica di chi vuol distruggere, anziché costruire; e, secondo, che serva a riavviare, possibilmente su basi più avanzate, quel dialogo fecondo e senza del quale non ci può essere progresso. Questo è il mio augurio.

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    Incontro tra mons. Paglia e il metropolita Hilarion: cattolici e ortodossi uniti nella difesa della famiglia

    ◊   “Ortodossi e cattolici insieme per la famiglia”. Questo il titolo di un convegno svoltosi questa mattina a Roma e organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia insieme al Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani e al Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Al centro dei lavori le relazioni di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e di Hilarion, Metropolita di Volokolamsk. Ha seguito per noi i lavori Salvatore Sabatino:

    Rilanciare l’alleanza tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica, puntando sulla famiglia come nucleo centrale della società. Mons. Vincenzo Paglia lo ribadisce con forza, non mancando di sottolineare quanto la crisi della famiglia sia alla base della crisi dell’intera società. Una realtà, quella in cui viviamo, che esalta il valore dell’individualismo, rendendo il nucleo familiare fragile ed attaccabile e dimenticando il principio su cui la stessa famiglia si basa: “l’amore per sempre”. Di qui la necessità di unire gli sforzi, puntando sull’identità di vedute tra ortodossi e cattolici. Mons. Vincenzio Paglia:

    R. - Io credo che sia decisivo che le Chiese cristiane ritrovino il coraggio di testimoniare al mondo quel mistero d’amore che fin dalla creazione Dio ha posto quasi al culmine dei sette giorni, al punto che quando ha creato il capolavoro - l’uomo, Adamo - si è accorto che aveva bisogno di un completamento e ha trovato Eva. Questo per dire che in un mondo come quello di oggi, dove si esalta l’io a dispetto di qualsiasi noi, la famiglia diventa una buona notizia per ridare speranza a tutti.

    D. - Noi ci troviamo attualmente di fronte ad un paradosso: quello di aver una famiglia che da un certo punto di vista è idealizzata, dall’altra parte però è estremamente fragile. Come valutare questa dicotomia che si sta creando sempre di più?

    R. - Il problema è che bisogna comprendere, vivere e soprattutto testimoniare perché l’amore non è un sentimento passeggero. L’amore è come costruire una casa, e per costruire una casa ci vuole tempo, fatica, pazienza, intelligenza, possibilità di correzione se i mattoni vengono messi male. Ecco, questo è l’amore; l’amore non è un vento passeggero come oggi spesso lo si intende. Quindi quando noi parliamo dell’ideale della famiglia, non parliamo di un’astrazione o di un’idea, parliamo di una realtà, ma quello che appare scontato - come ad esempio nella conquista di un traguardo sportivo, dove tutti sanno che ci vuole allenamento, fatica e rinunce - viene cancellato, quando si parla di costruire la cosa più importante del mondo, quel traguardo che si chiama famiglia che è anche edificazione? Ecco perché credo che sia fondamentale in una società che fa del consumo, della soddisfazione immediata a qualsiasi costo, la legge suprema, si deve capire che l’amore è una cosa seria, e come tutte le cose serie richiedono impegno e anche fatica.

    D. - Papa Francesco ha indetto un Sinodo straordinario dedicato proprio alla famiglia...

    R. - Papa Francesco ancora una volta sta avanti a tutti noi. Papa Francesco ha capito che quando parla di famiglia, parla di una cosa concreta, perché la stragrande maggioranza dei giovani la vogliono, però vede com’è spesso bastonata, anzi, violentata tante volte. Lui che ha capito questo, ha compreso che la Chiesa devo porre al suo centro l’attenzione sulla famiglia. Io mi auguro che lo comprendano i politici, gli studiosi di economia, i cultori del diritto, gli intellettuali, la stessa società. Riportare al centro la famiglia vuol dire cogliere - forse - il nodo più urgente, più drammatico se lo si abbandona, più efficace se lo si affronta, per ridare un futuro alla nostra società.

    Da parte sua Hilarion esamina le criticità della famiglia, che è base per lo sviluppo armonico della vita e della società; evidenzia pure che bisogna ripartire dalle Sacre Scritture, in cui la vita non è limitata al singolo, all’individuo, ma è in connessione con Dio e con il prossimo. E’ necessario, insomma, ricreare insieme quell’equilibrio che la nostra società ha perso, non perdendo mai di vista il principio su cui la famiglia è fondata. Ascoltiamo il metropolita Hilarion:

    R. – (Parole in russo)
    Abbiamo la stessa visione del matrimonio, noi ortodossi e i cattolici. Per noi la famiglia è l’unione tra un uomo e una donna, con il fine di generare i figli. Noi non vogliamo discriminare le unioni – diciamo – delle persone dello stesso sesso, però per noi la famiglia è l’unione tra un uomo e una donna.

    D. – Però è evidente che c’è una moltiplicazione del modello familiare e molto spesso le famiglie sono in crisi: quando è in crisi una famiglia, ovviamente, è in crisi un po’ tutta la società...

    R. – (Parole in russo)
    Il nucleo familiare è alla base della società ed è la base anche della formazione dello Stato. Se noi distruggiamo questo nucleo – cioè la famiglia – distruggiamo anche lo Stato.

    D. – Come si può fare, in questo momento, ad aiutare la famiglia a risalire anche nei valori, perché vediamo quotidianamente che ci troviamo di fronte ad una esaltazione dell’individualismo piuttosto che della famiglia?

    R. – (Parole in russo)
    Adesso noi possiamo vedere la distruzione della famiglia e le conseguenze di questo processo, come i problemi demografici: per esempio in Europa, tra breve, non avremo più le persone che popoleranno questo continente. E questo è collegato proprio alla politica sbagliata nei confronti della famiglia tradizionale.

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    Libro del card. Bertone. Il Papa: dimensione morale nei rapporti internazionali. Sabato mons. Parolin a Roma

    ◊   La diplomazia vaticana contribuisca a far “rinascere quella dimensione morale nei rapporti internazionali, che permetta alla famiglia umana di vivere e svilupparsi insieme”. Sono parole di Papa Francesco contenute nella prefazione al volume del cardinale Tarcisio Bertone, camerlengo di Santa Romana Chiesa, intitolato “La diplomazia pontificia in un mondo globalizzato”. Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stato presentato nell’Aula nuova del Sinodo, con la partecipazione di mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, Hans-Gert Poettering, già presidente del parlamento europeo e presidente della Fondazione Adenauer, e il prof. Vincenzo Buonomo, docente di diritto internazionale e curatore del testo. A guidare l’incontro, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana. Il servizio di Fausta Speranza:

    “La diplomazia è chiamata di fronte alla globalizzazione negativa e paralizzante a intraprendere un compito di ricostruzione riscoprendo la sua dimensione profetica, determinando quella che potremmo chiamare utopia del bene”. Queste parole di Papa Francesco nella prefazione ispirano la riflessione di tutti. Il cardinale Bertone cita altri passi e poi sottolinea che “l’azione diplomatica esercitata da un Segretario di Stato non può che coniugarsi con la pastoralità”. In questo libro, il porporato ripercorre alcuni aspetti di quello che definisce “questo ricco e travagliato settennato”. E all’incontro ringrazia Papa Francesco per aver scritto, tra l’altro, che “la storia, la cui misura è la verità della croce, renderà evidente l’intensa azione del cardinale Bertone”. Del ruolo del segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone dice:

    “Direi che la funzione di segretario di Stato, erede di una antica e peculiare tradizione, diventata dopo il Concilio Vaticano II tanto diversa e lontana dalla cosiddetta 'monarchia papale', è quella di essere collaboratore, consigliere e strumento fedele di una missione che viene dall’alto e che si incarna nella variegata e originale personalità dei distinti Successori di Pietro".

    Il cardinale Bertone chiude il suo intervento con un sincero augurio al suo successore, mons. Pietro Parolin, che – afferma il cardinale Bertone – sarà a Roma sabato prossimo.

    Da parte sua, Mons. Dominique Mamberti descrive il libro come “una raccolta organica che affronta alcuni dei temi fondamentali dell’azione diplomatica della Santa Sede, ma si sofferma anche sui tratti distintivi di coloro che sono i protagonisti principali di tale azione, dal Papa ai Rappresentanti Pontifici”. E che entra “nelle pieghe del fecondo Magistero di Benedetto XVI e seppure più tangenzialmente, per ovvi motivi temporali in quello di Francesco”. E mons. Mamberti spiega:

    “Accanto ai tratti comuni che accompagnano tutta quanta l’azione diplomatica della Santa Sede nel corso dei secoli, vi sono alcuni accenti che acquistano maggiore importanza anche in funzione del momento storico in cui si situano, come pure della personale formazione e sensibilità del Pontefice regnante. In tale prospettiva, si comprendono bene la specificità e la continuità che contraddistinguono non solo i diversi Pontificati, bensì anche il lavoro dei singoli segretari di Stato, succedutisi nel tempo, che sono i principali collaboratori del Papa”.

    Nella continuità, dunque, mons. Mamberti parla di aspetti specifici del Pontificato di Benedetto XVI, seguito dal cardinale Bertone come segretario di Stato: quello dell’azione per la pace e contro la povertà spirituale. Temi che aprono a tante questioni importanti, come la libertà religiosa, il rapporto tra fede e ragione, una laicità positiva. Senza mai prescindere – spiega mons. Mamberti – da quello che definisce “il patrimonio genetico della Chiesa, cioè l’annuncio del Vangelo”. E dunque, ricorda:

    “Si comprende ancora una volta che l’azione diplomatica della Santa Sede è sempre orientata verso un bene positivo. Essa non è uno sguardo negativo sull’uomo e sulla realtà. Anche quando richiama determinati valori, non è precettivamente negativa, al contrario essa si adopera per infondere fiducia, è animata dalla speranza cristiana che, come ci ricorda il Santo Padre Francesco, non è semplicemente ottimismo".

    A parlare di Europa in particolare c’è il prof. Hans-Gert Poettering, che sottolinea come il cardinale Bertone “si sia preoccupato più di altri nella Curia dell’integrazione europea. Poettering ricorda le parole di Giovanni Paolo II gli scrisse in una lettera a conclusione del suo mandato di presidente dell’Europarlamento: “La mancanza di un'etica forte e condivisa è sempre stata la premessa di una debole democrazia. Se l'Europa vuole essere autenticamente democratica, dovrà dunque integrarsi con questa convinzione e, di conseguenza, riconoscere alla religione, e pertanto alla Chiesa, il ruolo pubblico che ciò comporta e che a essa compete. Soltanto un'Europa con una forte identità religiosa, morale e culturale può aprirsi agli altri in modo costruttivo e pacifico”. E dunque, Poettering afferma:

    “Vorrei che la Chiesa Cattolica, che è anche la mia chiesa, con decisione sostenga l’Unità dell’Europa – questo mi aspetto da lei. La dignità dell’uomo fa parte dei valori più alti della Chiesa Cattolica. Dove, in tutto il mondo, si rispetta la dignità dell’uomo più che nell’Unione Europea?”.

    A proposito di globalizzazione, altro tema del libro, Poettering cita Papa Francesco:

    “Papa Francesco promuove l’etica della solidarietà che dovrebbe guidare il nostro comportamento globale”.

    Poettering dunque sottolinea che “la comprensione per i nostri valori in Europa non può essere integrale, senza che noi ci impegniamo anche in tutto il mondo per promuovere quei valori che vogliamo vivere in Europa”. In tutto il mondo – aggiunge – c’è un punto di riferimento: la dignità della singola persona, che il Cristianesimo da sempre promuove. C’è poi l’intervento del prof. Vincenzo Buonomo, che mette in luce l’evoluzione di un impegno sempre vivo da parte della Chiesa per il bene comune:

    "Nel testo, continuamente, ci sono riferimenti ad un’attività che tende alla maturazione di una coscienza comune: la coscienza comune che è legata alla libertà dei membri della comunità internazionale, ma che poi deve essere capace di convergere intorno ad alcuni obiettivi comuni. Questo è un po’ un leit motive degli interventi che sono stati inseriti nel volume e, allo stesso tempo, qualcosa che rispecchia direttamente l’attività diplomatica della Santa Sede, perché c’è un bisogno di costruzione continua, continuativa. Credo che la diplomazia della Santa Sede conosca bene il fatto che gli obiettivi di giustizia non abbiano mai delle soluzioni definitive. Ma quotidianamente c’è bisogno di costruire. L‘attività diplomatica ha questo tipo di finalità: non in una forma, potremmo dire, di compromesso al ribasso, ma piuttosto in una forma di costruzione di un’attività che sia a servizio della persona".

    Da parte sua, padre Lombardi ricorda che nel volume ci sono solo 43 degli innumerevoli interventi fatti dal cardinale Bertone. Una scelta operata per tematiche. E poi padre Lombardi sottolinea che la presentazione del volume è una nuova occasione per manifestare al cardinale Bertone “stima e gratitudine per il servizio grandissimo e generoso che ha svolto per la Chiesa in molti modi in particolare come segretario di Stato. Ricorda l’espressione di Papa Francesco nella prefazione quando ricorda la “tempra piemontese” con cui il cardinale Bertone ha promosso il bene nella Chiesa”. E poi racconta che Papa Francesco nei giorni scorsi ha pranzato con il cardinale Bertone e sfogliando il libro si è complimentato per l’opera.


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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La vera battaglia è per la vita: all'udienza generale il Papa ricorda i bambini uccisi a Damasco e il disastro nelle Filippine.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la marcia indietro di Israele sugli insediamenti: Netanyahu annulla un piano edilizio in Cisgiordania.

    Un articolo dal titolo "Quando i greci si rifugiavano in Calabria": il codice purpureo di Rossano al Quirinale per la visita del Pontefice.

    A las cuatro de la tarde: nuova edizione del libro "El Jesuita" di Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin su Papa Francesco.

    Quando Benedetto stupì il mondo: Giovanni Chirri sulla cronaca di una notizia che ha fatto storia.

    Un impegno ad andare oltre: l'arcivescovo Joseph Edward Kurtz eletto presidente dei vescovi degli Stati Uniti.

    Un articolo di Brendan Leahy, vescovo di Limerick, dal titolo "Il principio mariano e la dimensione dell'accoglienza": dal disegno di Dio sulla donna all'autorevolezza del genio femminile nella Chiesa.

    Ben più di una scelta: Alfredo Valvo sulla riedizione in italiano (con testo inglese a fronte) del libro "Cristianesimo primitivo e paideia greca" di Werner Jaeger, uno dei maggiori filologi classici del secolo scorso, del quale ricorre il cinquantesimo della morte.

    Whisky per san Paolo: Matteo Crimella ricorda il biblista domenicano Jerome Murphy O'Connor, morto ieri all'età di 78 anni.

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    Oggi in Primo Piano



    Filippine: rischio epidemie dopo il tifone. Mons. Cantillas: aiutateci, abbiamo bisogno di tutto

    ◊   Le Filippine ancora nel caos dopo il catastrofico passaggio del tifone Haiyan nel centro-sud dell’arcipelago. Il presidente Aquino ha ridimensionato l’entità del bilancio delle vittime, ma per i sopravvissuti la situazione si fa sempre più difficile, con il rischio di epidemie, razzie e con ritardi nella consegna di acqua, cibo, medicinali e generi di prima necessità. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Non oltre 2.500 i morti causati dal tifone e non i 10 mila di cui si è parlato in questi giorni. Sono le parole del presidente Benigno Aquino che ha ridefinito le dimensioni, pur sempre gravissime, del disastro, considerando anche che almeno 30 municipalità non sono state ancora raggiunte. Intanto, alla maggioranza dei sopravvissuti continua a mancare di tutto, nonostante la macchina degli aiuti, locali e dall’estero, si sia già messa in moto in soccorso di circa 11 milioni di persone. L’Unicef lancia poi un appello per la raccolta di 34 milioni di dollari da destinare a 4 milioni di bambini. Inoltre sale il rischio di colera, che potrebbe diffondersi a macchia d’olio per le scarsissime condizioni igieniche, e di aggressione delle bande che cominciano a razziare valori e il poco cibo a disposizione. Tantissimi quelli che cercano di lasciare il Paese, ma con scarso successo, con uno dei voli in partenza dall’aeroporto internazionale di Tacloban. Scontro a fuoco ieri tra le forze dell'ordine e uomini armati che tentavano di saccheggiare negozi di alimentari. Sparatoria anche durante l’inumazione di alcune vittime. Sempre ieri otto persone sono morte in seguito al crollo di un muro di cinta, quando migliaia di disperati hanno dato l'assalto a un deposito di riso ad Alangan, una delle città più colpite dal tifone.

    Sulle necessità della popolazione ascoltiamo mons. Precioso Cantillas, vescovo di Maasin, raggiunto telefonicamente da Antonella Palermo nell’isola di Leyte, la più colpita dal tifone:

    R. – They are very much in need...
    Hanno davvero molto bisogno di cibo, di acqua, di comunicazioni. Ma il governo sta facendo tutto quello che può, così come molte organizzazioni private e la Chiesa stanno facendo il possibile.

    D. – In concreto, la Chiesa cosa sta facendo?

    R. – Caritas Philipinas…they are sending...
    La Caritas Filippine sta inviando prodotti alimentari, acqua, beni di conforto attraverso i centri sociali delle diocesi. Ma, purtroppo, ci sono delle zone con cui non abbiamo ancora nessun contatto.

    D. – Il tifone ha causato davvero una devastazione immane …

    R. – Damage is really beyond...
    La distruzione è davvero al di là di ogni immaginazione. E’ un disastro troppo grande. Eravamo preparati in un certo modo, perché eravamo stati informati della forza del supertifone, ma nonostante questo, quello che è successo è andato al di là di quello che potevamo pensare. Per esempio a Tacloban la tempesta ha fatto alzare il livello del mare spazzando via tutto ciò che incontrava. Ci sono ancora molte persone disperse.

    D. – Come procede la celebrazione dei funerali delle vittime...

    R. – Here some already did...
    Alcuni qui hanno già celebrato Messe funebri. Ma molti corpi sono stati seppelliti in fosse comuni. Del resto il tifone non ha risparmiato neanche le chiese. La cattedrale dell’arcidiocesi di Palo è stata distrutta. Il tetto è crollato. Le persone prima del tifone sono andate lì per cercare riparo e alcuni dicevano: “Siamo venuti qui, perché sappiamo che questa è la casa di Dio”. Anche la casa di Dio non è stata risparmiata dalla distruzione. Molte persone trovate vicino alla cattedrale, sono state seppellite proprio lì.

    D. – Vuole fare un appello attraverso la Radio Vaticana?

    R. – Certainly... Pray that we may be able…
    Certamente. Pregate perché si possa avere la forza di sopportare le difficoltà, la sofferenza e la perdita di parenti e amici e allo stesso tempo chiediamo che possiate aiutarci ed estendere il vostro aiuto alle persone e alle famiglie vittime di questo grande disastro.

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    Israele interrompe progetto di 20 mila nuovi alloggi. L'analista: ma c'è chi soffia sulla crisi

    ◊   Un soldato israeliano è stato ucciso da un palestinese oggi ad Afula, nelle vicinanze di Nazareth. Secondo la polizia, l'assalitore è un ragazzo di circa 17 anni di Jenin, in Cisgiordania, che intendeva vendicare l'arresto di suoi congiunti da parte dell'esercito israeliano. Nell'area, intanto, dopo la minaccia del leader palestinese, Abu Mazen, di interrompere qualunque negoziato a causa dei continui insediamenti israeliani sui Territori, il premier israeliano Netanyahu ha fatto sapere di voler interrompere il già annunciato progetto di 20 mila nuovi alloggi per coloni. Per valutare se si possa considerare un’inversione di tendenza rispetto alla politica israeliana, Fausta Speranza ha chiesto l'opinione di Claudio Lo Jacono, direttore della rivista Oriente moderno:

    R. – Spero sia un impegno sincero. Cosa penso? Che questo fa parte del solito gioco del tira e molla, per cui gli insediamenti costruiti sul territorio occupato palestinese diventano un argomento per trattative e per premere sul governo di Abu Mazen in un senso o nell’altro. Nel momento dello scontro si dà il via alle costruzioni, mentre nel momento in cui si vuole – per qualsiasi motivo – arrivare invece a un dialogo più aperto, rispetto alla chiusura e addirittura alla rottura paventata, allora si fa un passo di buona volontà. Che questo si realizzi, non si può sapere, perché non è dato credere alle promesse dell’una e dell’altra parte in queste trattative, che non hanno fine dagli accordi di Oslo in poi.

    D. – Dunque, non si riesce a uscire dallo stallo di ormai tre anni, nonostante tutti i tentativi del segretario di Stato Usa, Kerry nella regione...

    R. – Certamente no. Con un governo, diciamo, oltranzista come quello guidato da Netanyahu, per quanto possa essere stato ammorbidito dalle recenti elezioni e dal recupero di formazioni non sicuramente di estrema destra, è difficile arrivare a fare un dialogo con una parte che è schiacciata in un angolo, perché – per intenderci chiaramente – i piani sono ben diversi: Israele è uno Stato autorevole, forte, con una credibilità anche internazionale di lunga data. l’Autorità nazionale palestinese è un abbozzo di Stato, sottoposto al placet delle grandi potenze e di Israele e ha, tra l’altro, uno scarso controllo di tutte le sue componenti ideologiche e politiche. Per cui, il tutto è da vedere, passo dopo passo. Ci vuole buona volontà, in questo caso secondo me la deve dimostrare Israele.

    D. – Vogliamo dire a chi interessa rimanere nello status quo?

    R. – Io credo che interessi ad altre potenze fuori di questa regione. Non interessa neppure all’Iran in questo momento, con la nuova presidenza che vorrebbe arrivare a un accordo con gli Stati Uniti e dunque placare, in qualche modo, anche le giustificate paure di Israele su una possibile arma atomica, alla quale io non credo molto, ma che è comunque nelle possibilità. Può servire, naturalmente, a chi vuole soffiare sul fuoco delle guerre nell’area vicino orientale. Sappiamo quello che sta succedendo da anni e non parlo del Nord Africa, dell’Egitto e della Siria, dell’Iraq di pochi anni fa o di oggi, che è ancora in una situazione assolutamente drammatica. E in questi contesti non sono solo i protagonisti ad agire, ci sono cause di instabilità e impossibilità di arrivare a una soluzione equa. Dunque, chi ha questo interesse – e sono anche Stati arabi, naturalmente, e non si parla chissà di quali potenze o superpotenza – a mantenere instabile questa area, naturalmente non favorisce e non vede con piacere un accordo tra degli accomodanti israeliani e degli accomodanti palestinesi. Si soffia sul fuoco degli estremismi, perché si ha da guadagnare dalla instabilità dell’intera regione vicino orientale.

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    Somalia. Emergenza inondazioni nel Puntland, si temono almeno 300 morti

    ◊   Potrebbe salire ad almeno 300 morti il bilancio della violenta tempesta abbattutasi nei giorni scorsi sul Puntland, regione semi-autonoma nel nord-est della Somalia. "Le piogge torrenziali, i forti venti e gli allagamenti hanno creato uno stato d'emergenza", hanno fatto sapere le autorità locali, che parlano anche di centinaia di dispersi. I distretti più colpiti dalla tempesta, in un'area già poverissima, sono stati quelli di Eyl, Beyla, Dongorayo e Hafun, lungo la costa orientale, e quello di Alula, sulla punta del Corno d'Africa. Si stima che siano andati perduti 100 mila capi di bestiame, mettendo a rischio la sussistenza per decine di migliaia di persone. Sulla situazione nel Puntland, Giada Aquilino ha intervistato Fulvia Boniardi, del Gruppo per le relazioni transculturali (Grt), ong impegnata nella regione dal ’92 con progetti psicosociali e a favore dell’infanzia e delle donne:

    R. – Le zone più colpite sono quelle della costa, delle regioni di Bari e Nugal. Comunque, le inondazioni hanno colpito tutta l’area del Puntland sia le zone delle città, sia le zone più rurali, della costa ed anche le aree dove noi, come Grt, lavoriamo più insistentemente: cioè nei campi per rifugiati e sfollati interni.

    D. – Cosa serve nelle zone colpite dalle tempeste in questo momento?

    R. – Un po’ tutto. Il governo del Puntland ha approntato missioni specifiche per verificare la situazione e per programmare i supporti e gli aiuti. Sono iniziate le distribuzioni di materiali di prima necessità – come coperte e cibo – ma ci sono zone colpite ancora non accessibili e questo rende più critico l’intervento. Inoltre, ci sono strade impraticabili, gli aeroporti chiusi sono stati riaperti questa mattina. Peraltro, sono aeroporti molto piccoli quindi con difficoltà di comunicazione e di accesso alle varie zone.

    D. – Si tratta, tra l’altro, di zone poverissime…

    R. – Sì. La Somalia in generale non è un Paese che attraversa momenti felicissimi, ormai da anni. Purtroppo, ancora oggi ci sono condizioni di vita molto povere, specialmente per tutta la popolazione di rifugiati e sfollati interni arrivati nel Puntland e in altre zone dal Sud della Somalia, che è stata colpita da carestia e dalla guerra. Il Puntland era ed è tutt’ora una zona di rifugio per molti: ma queste persone, quando arrivano, vivono in condizioni davvero precarie nei campi, con soluzioni abitative che spesso sono fatte di cartone e stoffe, con accesso ai servizi estremamente limitato. Ci sono grosse difficoltà a livello di acque stagnanti – che quindi possono portare anche a problemi e rischi di epidemie – e di accesso all’acqua potabile.

    D. – La vostra ong, il Gruppo per le relazioni transculturali, è impegnata in Puntland dai primi anni Novanta. Di cosa vi occupate?

    R. – Grt nasce come una ong specializzata in interventi di salute mentale e supporto psicosociale. Nel corso degli anni, poi, abbiamo espanso l’intervento all’area di protezione dell’infanzia e della violenza di genere. Al momento, in Puntland lavoriamo in tre diverse località: Garowe, sede del governo semi-autonomo, Bosaso – che si trova sulla costa nord davanti allo Yemen – e Galkayo, che è invece al confine con la parte meridionale. Lavoriamo soprattutto all’interno dei campi di rifugiati e sfollati interni, con interventi a favore delle donne vittime di violenze di genere e dei bambini vittime di violenza, a cui forniamo supporto psicosociale e poi un aiuto completo. Ci occupiamo anche di una parte dell’educazione per i rifugiati che si trovano in Puntland e di un servizio di salute primaria tramite un progetto finanziato da Unhcr.

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    Cina: proprietà terriera e figlio unico al centro delle prossime riforme

    ◊   "Approfondire in modo completo le riforme": con questo obiettivo si è conclusa ieri la riunione del Comitato centrale del Partito comunista cinese. Ne è emerso un documento che indica la via da percorrere nei prossimi anni, toccando questioni importanti come quella del ruolo politico del presidente del partito, dell’economia e delle norme sul figlio unico. Fausta Speranza ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente del Sole 24 Ore da Pechino:

    R. – La questione del figlio unico è una questione dibattuta da anni. La politica del figlio unico è già di fatto abolita: c’è ancora un controllo delle nascite, cioè ci sono ancora dei controlli delle nascite soprattutto in città, per chi non è figlio unico, ma è una politica che si sta diluendo nel corso degli anni e, come dire, è destinata a finire. Certo, però, non è finita oggi, né finirà domani.

    D. – Quali altri punti salienti di questa riunione del Partito comunista cinese?

    R. – I punti salienti veri, fondamentali, sono una concentrazione del potere nelle mani del presidente. Questo avverrà, sta avvenendo, attraverso la costituzione di due nuovi organismi, che prima non esistevano in Cina. Uno è un gruppo di lavoro per la pianificazione e l’applicazione delle riforme. E’ finito, quindi, il periodo di Deng Xiaoping in cui le riforme si facevano tradizionalmente sentendo la pietra sotto i piedi, attraversando il fiume e sentendo le pietre sotto i piedi. Le riforme si faranno pianificandole, pensandole e in qualche modo – qualcuno ha detto – fabbricando una barca, perché ci sono riforme molto profonde, molto grandi, che hanno bisogno di grande pianificazione e non possono essere fatte così, improvvisando. La seconda istituzione molto importante è l’istituzione di un Comitato di sicurezza nazionale. Questo Comitato dovrà, innanzitutto, coordinare la politica estera, attraverso i vari dipartimenti, che sono interessati a questioni di politica estera e che sono i militari, gli apparati di sicurezza, il Ministero degli esteri, ma anche il Ministero del commercio, gli economisti, la Finanza. E questi due apparati sono nelle mani del presidente. Accanto a questa concentrazione del potere, poi, d’altra parte c’è un rilassamento del potere nel campo dell’economia: il presidente prende potere politico, lascia potere economico. L’economia avrà una maggiore libertà, le imprese private avranno più spazio, le imprese statali saranno riformate. Un ultimo elemento, la questione della giustizia. Il comunicato ufficiale ha parlato di una maggiore autorevolezza per l’apparato giudiziario. Probabilmente significa, in pratica, che la questione giudiziaria rimarrà nelle mani di Pechino. Prima cosa succedeva? A livello locale il capo della Provincia, il capo del Distretto era anche il capo del Tribunale o nominava il capo del Tribunale. Quindi, naturalmente, c’era una complicità nell’applicazione della giustizia. Oggi, in qualche modo, ci sarà una separazione di poteri a livello locale: cioè ci sarà un capo dei Tribunali, della Giustizia, un procuratore generale nominato da Pechino, che potrebbe essere in contraddizione e quindi comunque non essere sotto il controllo del potere locale. Questo, per evitare una concentrazione di poteri a livello locale e far funzionare meglio la lotta contro la corruzione.

    D. – Una valutazione: in definitiva, è stato fatto un passo avanti significativo?

    R. – Secondo me sì, perché sono stati organizzati, messi in piedi degli strumenti molto importanti, per cui le riforme dovranno e potranno procedere nei prossimi dieci anni. Non ci sono state riforme gigantesche, però sono stati istituiti degli strumenti che consentiranno delle riforme gigantesche nei prossimi anni.

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    Afghanistan, livelli record di coltivazioni di oppio prima del ritiro di truppe straniere

    ◊   In Afghanistan la coltivazione dell’oppio ha raggiunto livelli record. E’ quanto rende noto l’agenzia antidroga dell’Onu precisando che la produzione, rispetto al 2012, è aumentata di quasi il 50%. Secondo diversi esperti, molti agricoltori hanno intensificato le coltivazioni per garantirsi una riserva finanziaria in vista del prossimo ritiro delle forze della coalizione internazionale e delle elezioni presidenziali del 2014. Sugli scenari legati alla produzione di oppio, Amedeo Lomonaco ha intervistato l’inviato speciale del Sole 24 Ore, Alberto Negri:

    R. - Questo significa che gli afghani stanno riconquistando quella posizione di primato nella coltivazione del papavero e anche nella produzione di oppio che hanno sempre tenuto per tanti anni, tranne un breve periodo, quello finale del regime dei talebani tra il 2000 e il 2001. In quel periodo, il regime del mullah Omar vietò la produzione e sequestrò gran parte dei quantitativi coltivati di papavero per poi tenerli nei magazzini. Ed ecco, che mentre le forze internazionali si preparano a ritirarsi, l’Afghanistan ritorna al suo vecchio metodo di finanziamento.

    D. – Quindi, sembrano vanificati oltre dieci anni di sforzi per incentivare gli agricoltori a coltivare altro e a recidere il legame tra il mercato della droga e l’insurrezione…

    R. - È molto più facile recidere i fiori di papavero che non il legame tra il papavero e i signori della guerra, perché questo è il vero problema dell’Afghanistan: non solo si ritireranno le forze multinazionali, non solo si rifaranno avanti ovviamente i talebani, ma soprattutto ritorneranno in scena quei signori della guerra che, in tutti questi anni, comunque hanno continuato a basarsi su quell’economia illegale che conosciamo.

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    Il card. Scola: il Patriarca Kirill ha grande considerazione dell'azione di Papa Francesco

    ◊   “Oggi più che mai la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica hanno delle occasioni importanti per lavorare insieme”. Lo ha detto il patriarca di Mosca e di tutte le Russe, Kirill, durante il suo incontro ieri mattina con l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola. Secondo il capo della Chiesa ortodossa russa, uno di questi compiti comuni “è la difesa dell’Europa cristiana e la tutela dei diritti delle minoranze cristiane nel Medio Oriente e in Siria”. Durante l’incontro il patriarca russo ha inoltre condannato “la persecuzione nascosta nei confronti dei cristiani sotto la bandiera della tolleranza e del multiculturalismo”. Secondo Kirill, questa persecuzione avviene “con la sostituzione dei simboli cristiani, quando si vieta di pronunciare la parola 'Natale’, quando portare una croce al collo sul posto di lavoro diventa offensivo per i non cristiani”. Durante l’incontro si è parlato anche di Papa Francesco. Sul clima in cui si è svolto il colloquio, ascoltiamo lo stesso cardinale Angelo Scola, al microfono di Luca Collodi:

    R. - Il clima è stato molto cordiale. La sua considerazione dell’azione di Papa Francesco è stata molto, molto elevata. Nel dialogo durato più di un’ora, è emersa con forza soprattutto l’urgenza dell’unificazione in vista della proposta cristiana nel mondo di oggi; un mondo che è in travaglio e che proprio per questo domanda “senso di vita”. Credo che per comprendere tempi e modi di un incontro tra il Santo Padre ed il Patriarca Kirill bisogna essere meno preoccupati alle strategie politico-pragmatiche ed andare invece più a fondo a questa urgenza missionaria che la Chiesa di oggi scopre sempre più dentro di sé, e che certamente è un potente fattore di unificazione tra noi ed i nostri fratelli ortodossi.

    D. – La svolta può essere facilitata da commissioni – parlando di dottrina e di teologia – oppure dall’incontro dei fedeli?

    R. – Penso veramente che le commissioni dottrinali e la riflessione teologica siano imprescindibili. Però, esiste un dato di fatto che mi ha colpito molto, del quale ho parlato con il Patriarca: sulla base del mescolamento di popoli e di etnie, moltissimi fedeli ortodossi – russi, ma non solo – sono tra noi in Europa occidentale, e moltissimi cattolici sono in questo momento in Russia provenienti da Paesi asiatici. Quindi, sta nascendo di fatto un “ecumenismo di popolo” che - soprattutto nelle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica latina, che ho visto a Mosca - mi hanno impressionato. C’è uno scambio continuo tra i fedeli a diversi livelli, sulle diverse questioni che in questo momento occupano le due Chiese che a me sembra qualcosa di veramente nuovo e carico di speranza. Del resto, questo avviene anche qui da noi: pensiamo a Milano dove i nostri fratelli russi hanno quattro parrocchie ed una quinta in via di formazione. Ci sono molti scambi e molti rapporti di base. Si può dire quindi che sta nascendo un “ecumenismo di popolo”.

    D. – Nel suo viaggio a Mosca, lei ha incontrato anche la comunità cattolica. Come vivono i cattolici in Russia?

    R. – Sono una realtà piccola. La diocesi di Mosca è sterminata, almeno quasi una decina di volte più grande rispetto all’Italia; ci sono piccole comunità che arrivano fino al Polo Nord. Ma sono rimasto molto colpito per il migliaio di persone che hanno partecipato domenica scorsa alla Santa Messa nella Cattedrale della Madre di Dio con un’intensità nei canti, nella modalità di essere coinvolti… Poi, ho visto che c’è tutta una vita che si snoda: ho avuto un incontro molto interessante, all’interno della loro formazione permanente, con i sacerdoti e le religiose sulla figura del laico. Ho visto l’urgenza che loro sentono, ovvero la necessità che anche da loro il laico non venga concepito più come cliente ma come soggetto della Chiesa. Io ho ricevuto dalla realtà della Chiesa cattolica un’impressione veramente molto significativa.

    D. – Guardiamo al Medio Oriente che è una regione importante per i cristiani: secondo lei qual è il ruolo degli ortodossi per la pace in Medio Oriente; penso anche alla Siria…

    R. – Direi che è un ruolo molto deciso e di questo si è parlato con il Patriarca Kirill: loro si sono rivelati molto sensibili, credo anche per la loro drammatica esperienza sotto il comunismo. Sono molto più attenti di noi, hanno una forte sensibilità nei confronti dei cristiani in sofferenza. Direi che è veramente un po’ superiore alla nostra.

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    Dossier immigrazione: Italia sempre terra di flussi in entrata, ma crisi rallenta gli arrivi

    ◊   La crisi ha frenato l'arrivo di immigrati in Italia. Erano 5 milioni e 186 mila gli stranieri regolarmente presenti in Italia nel 2012, secondo le stime del Dossier statistico immigrazione 2013, circa 700 mila in più di quelli stimati dall'Istat che tiene conto solo di chi è iscritto all'anagrafe. Il Dossier, presentato oggi a Roma, è stato messo a punto dal Centro ricerche Idos e dall'Ufficio antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio (Unar). Il servizio di Alessandro Guarasci:

    L'Italia è sempre terra di immigrazione e chi è arrivato da anni si sente stabile. Ma la crisi che ha colpito in Italia si fa sentire. Se in termini assoluti, infatti, i lavoratori immigrati sono aumentati, a crescere è anche la disoccupazione, soprattutto quella di lungo periodo, che si colloca al di sopra di quella italiana di ben 4 punti percentuali. Dal 2007 a fine 2012, si è passati da quasi 4 milioni immigrati ai 5,2 milioni attuali, non solo per l'ingresso di nuovi lavoratori, ma anche per via dei nati in Italia e dei ricongiungimenti familiari. L'aumento nel 2012, però, è stato particolarmente contenuto: +8,2% tra i residenti e +3,5% tra gli stranieri non comunitari. E gli stranieri chiedono più diritti, perché spesso anche l'amministrazione pubblica discrimina. Franco Pittau, curatore dl dossier:

    “Gli immigrati sono stati discriminati per quanto riguarda gli aiuti alla casa, il bonus bebè, gli aiuti per le famiglie numerose… E’ intervenuta anche la Corte Costituzionale, che ha detto che queste cose non si possono fare”.

    La comunità più rilevante è quella romena. Consistente anche il numero dei bambini stranieri nati in Italia nel 2012, quasi 80 mila, ai quali si affiancano i quasi 27 mila figli di coppie miste. Secondo il ministro per l'Integrazione, Cecilie Kyenge, ci sono tanti segnali che dicono come sia necessario aumentare le garanzie:

    “Il fatto già di notare che il 54% delle persone che abitano in Italia abbiano un permesso di lungo soggiorno vuol dire che sono di fatto persone che hanno già fatto un percorso di integrazione. Quindi, devono essere applicati anche altri strumenti per rafforzare la loro cittadinanza”.

    E' il caso dello ius soli. Sono una ventina i disegni di legge che sono all'esame del parlamento. Da contare che l'immigrazione porta nelle casse dello Stato un beneficio che si può quantificare in un miliardo e 400 milioni di euro.

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    Acli, Cdo e Salesiani: iniziativa contro dispersione scolastica e disoccupazione giovanile

    ◊   Istruzione e formazione professionale “perché nessuno si perda”. E’ lo slogan scelto da Acli, Compagnia delle Opere e Salesiani Don Bosco, in occasione del lancio di una petizione in dieci punti per affrontare i temi del disagio giovanile, della dispersione scolastica e dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Proprio su quest’ultimo punto, Cecilia Sabelli ha intervistato la presidente dell'Enaip (Ente Nazionale Acli Istruzione Professione), Paola Vacchina, che questo pomeriggio presenta a Roma, presso l’Istituto Luigi Sturzo, l’appello sottoscritto già da oltre 15 mila persone, alcune delle quali del mondo ecclesiale, imprenditoriale e sindacale:

    R. – Dobbiamo cominciare a guardare ai giovani ed evitare che intere generazioni in questo Paese si perdano, con un deperimento delle loro competenze e l’impossibilità di conoscere il mondo del lavoro in età ancora giovane. Dobbiamo soprattutto evitare che passino troppi anni in una situazione d’inattività e di difficoltà forte. Rispetto a questo, l’istruzione e la formazione professionale, cioè quel canale formativo che ai giovani fino ai 16 anni d’età, cioè in obbligo scolastico, e ai giovani fino ai 18 anni, quindi in età di diritto e dovere, permette di ottenere le qualifiche e i diplomi professionali, è una straordinaria risorsa. Si tratta infatti di una straordinaria risposta a questi problemi dei giovani, proprio per l’efficacia dei risultati, che ottiene nel territorio laddove è presente.

    D. – Come la formazione professionale può per esempio coinvolgere e aiutare sempre più giovani a trovare un lavoro?

    R. – Le nostre proposte sono articolate in dieci punti proprio per sostenere questo canale dell’istruzione e della formazione professionale, che appunto permette ai ragazzi di raggiungere le qualifiche professionali in settori d’impiego, che sono molto richiesti. I mestieri, quindi, e le professioni pratiche, che vanno dal carrozziere all’idraulico, al panettiere, tutti mestieri di cui c’è bisogno in Italia e per i quali c’è anche un’offerta di lavoro che rimane inevasa.

    D. – Quanto è importante il coinvolgimento e l’impiego di giovani nei cosiddetti mestieri orfani?

    R. – Sono proprio i mestieri per cui da sempre il mondo dei Salesiani, il mondo degli Istituti religiosi, le Acli, la Compagnia delle Opere hanno esperienza nel formare i ragazzi. Hanno anche una metodologia che è molto pratica, che si basa su tirocini, sul laboratorio e quindi sull’apprendere un mestiere. Nonostante ciò, questo metodo non rinuncia al progetto educativo della persona in senso più complessivo. Anzi, lo raggiunge non in modo intellettualistico con l’approccio tipico della scuola classica, ma proprio partendo dall’esperienza dello sviluppo delle competenze pratiche. Si tratta di esperienze che nel resto d’Europa sono molto diffuse e anche legittimate. Si parla spesso di “secondo canale” e della formazione come una parte integrante e assolutamente degna di far parte dei sistemi formativi e scolastici dei Paesi europei. In Italia, forse, si ha meno questa consapevolezza. Noi vorremmo che si riscoprisse questa cosa, che si dessero "gambe" a questo mondo, proprio per fare meglio il proprio mestiere, per portare il proprio contributo per i ragazzi, per le famiglie e anche per l’economia del nostro Paese.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Congo. Nord Kivu: si allontana l'accordo con M23. Soldati rwandesi a 3 km da Goma

    ◊   Anche se la mediazione ugandese ha assicurato che le trattative “non sono state ufficialmente interrotte” tra il governo congolese e i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23), nei fatti la firma di un accordo sembra allontanarsi. A poche ore dalla mancata firma, prevista inizialmente per lunedì scorso in Uganda, guadagnano sempre più spazio sospetti e critiche tra le parti. Il ministro degli Esteri congolese, Raymond Tshibanda - riferisce l'agenzia Misna - è già tornato a Kinshasa e nelle prossime ore dovrebbe rientrare anche il resto della delegazione governativa. Sono dure le dichiarazioni rilasciate finora da fonti dell’esecutivo congolese. “Ci sembra che l’Uganda stia agendo come parte del conflitto. Ha interessi diretti nell’M23” ha detto il portavoce del governo, Lambert Mende; parole che rispecchiano il clima di sfiducia che vige al livello regionale. Per François Muamba, coordinatore congolese dell’attuazione dell’accordo di Addis Abeba – siglato lo scorso febbraio da 11 Paesi africani per riportare la pace in Nord Kivu – “la mediazione ugandese doveva semplicemente fare la parte del medico legale per costatare la morte dell’M23 e la fine della guerra, non grazie alla firma di un accordo ma perché il movimento è stato sconfitto, cacciato e deve scomparire”. E’ con questa motivazione che Kinshasa ha ribadito che non può trattarsi di un “accordo” ma di una “dichiarazione d’intenti”, aggiungendo che “il documento non può dare una lettura sbagliata o di parte di quanto è accaduto sul terreno, sarebbe un rischio per il futuro” si legge sul sito dell’emittente Radio Okapi. Intanto gli inviati speciali dell’Onu, dell’Unione Africana, dell’Unione Europea e di Washington, che si trovavano ad Entebbe per assistere alla cerimonia di firma dell’accordo, hanno invitato le parti a “risolvere le divergenze sul fondo e la forma dell’accordo”, ribadendo il loro attaccamento a “una soluzione pacifica e politica del conflitto”. Per ora non ci sono state reazioni ufficiali da parte del capo politico dell’M23 Bertrand Bisimwa, né dal capo militare Sultani Makenga, che si trovano entrambi in territorio ugandese. Dal Nord Kivu è invece giunta la conferma della presenza di un centinaio di militari ruandesi nella zona di Murambi, a pochi chilometri dall’aeroporto di Goma, il capoluogo provinciale, a di “importanti concentrazioni di armi ed equipaggiamenti”. Secondo alcuni osservatori e giornalisti la fine dell’M23 significa “la fine di una battaglia piuttosto che la fine della guerra”. Inoltre si temono vendette incrociate e regolamenti di conti tra le varie comunità locali dopo l’arresto di diversi civili accusati di “complicità con l’M23″ nelle località riconquistate dall’esercito congolese all’inizio del mese, in particolare a Kiwanja, Bunagana e Rutshuru. (R.P.)

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    Egitto: cancellato lo stato di emergenza, resta il coprifuoco in alcune aree

    ◊   L'Egitto cancella lo "stato di emergenza" entrato in vigore il 14 agosto dopo gli scontri con i sostenitori dell'ex Presidente islamista Mohamed Morsi e gli attacchi degli estremisti islamici contro i cristiani. Un tribunale egiziano ha infatti ordinato lo stop alle leggi speciali, che impongono il coprifuoco dall'una del mattino fino alle sette. Le autorità avevano fissato per domani lo scadere del provvedimento. Secondo gli osservatori internazionali - riporta l'agenzia AsiaNews - la fine dello stato di emergenza è "un passo positivo verso il ritorno alla normalità del Paese". Il governo egiziano aveva deciso a metà settembre di prorogare lo stato di emergenza di altri due mesi, a causa dei continui attacchi islamisti contro i cristiani e le postazioni militari nella regione del Sinai. Il provvedimento dovrebbe entrare in vigore oggi alle 16.00 (ora locale). Sherif Shawky, portavoce del gabinetto di governo egiziano, ha dichiarato che le autorità accettano la decisione della corte e che la legge speciale verrà revocata in conformità con la sentenza del tribunale. Tuttavia Ahmed Ali, portavoce dell'esercito, ha sottolineato che in attesa di una notifica ufficiale i militari "continueranno a far rispettare il coprifuoco notturno". Il provvedimento è già entrato in vigore a Sharm el-Sheikh e in tutto il governatorato del Mar Rosso. Secondo la costituzione ad interim varata dal presidente Adli Mansour, l'estensione dello stato di emergenza avrebbe richiesto un referendum. In questi mesi la legge speciale ha concesso ai militari il potere di arrestare le persone che violavano le ore del coprifuoco. Ciò ha permesso il fermo di oltre 2mila islamisti, fra cui la maggior parte dei vertici dei Fratelli Musulmani, al momento in carcere insieme all'ex Presidente Morsi. La legge che prevede lo stato di emergenza è stata applicata in diverse occasioni dal 1967 al 1981. Dopo la morte del presidente Anwar al-Sadat nel 1981, il suo successore Hosni Mubarak ha esteso il provvedimento a tempo illimitato. Esso è stato cancellato solo nel febbraio 2011, anno della caduta del leader in seguito alle proteste della Primavera araba. (R.P.)

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    Usa: rapporto dei vescovi sugli aiuti alla Chiesa in Haiti

    ◊   I vescovi statunitensi hanno assistito alla proiezione di un reportage video sul lavoro della ricostruzione effettuato ad Haiti durante l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d'America (Usccb) che si svolge a Baltimora. Secondo una nota inviata all’agenzia Fides, il video è stato presentato da mons. Dennis Schnurr della diocesi di Cincinnati e presidente della commissione per la raccolta d'aiuti a livello nazionale. Il video presenta alcune delle opere realizzate da parte della Usccb ad Haiti dopo il terremoto del 2010. "La Chiesa in Haiti e le altre Chiese sorelle, unite nell’associazione Proche, hanno terminato il lavoro di pianificazione mentre è stata avviata la fase di esecuzione del programma di ricostruzione della Chiesa in un modo sicuro e trasparente” ha detto l'arcivescovo Schnurr. Tra gli altri partner di Proche, oltre alla Usccb, vi sono Adveniat, la Fondazione Koch, e la Conferenza episcopale spagnola. Haiti risente fortemente le conseguenze dell'instabilità politica e delle catastrofi naturali che hanno colpito l’isola negli ultimi anni, in particolare il terremoto del gennaio 2010 che distrusse una parte significativa della capitale Port-au-Prince e che si stima abbia causato oltre 200.000 morti. Il sisma ha distrutto tra l’altro gran parte delle infrastrutture della Chiesa nell'arcidiocesi di Port-au-Prince e nella diocesi di Jacmel. Si stima che i costi di ricostruzione degli edifici cattolici siano di oltre 150 milioni di dollari. (R.P.)

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    Cina: si è spento mons. Pietro Liu, testimone della fede nonostante carcere e lavori forzati

    ◊   La Chiesa in Cina è in lutto per la scomparsa di mons. Pietro Liu Guandong, vescovo emerito della Prefettura Apostolica di Yixian (Yihsien), nella provincia di Hebei (Cina Continentale): si è spento il 28 ottobre scorso all’età di 94 anni. Il presule era nato il 19 giugno 1919 nella contea di Qingyuan, nella provincia di Hebei. Nel 1935 entra in seminario e il 29 giugno 1945 riceve l’ordinazione sacerdotale. Nel 1955 è imprigionato per la prima volta a causa della sua opposizione alla nascita della Chiesa indipendente cinese. Nel 1958 viene nuovamente arrestato per il suo dissenso nei confronti dell’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi. Dopo 23 anni di detenzione, viene liberato nel 1981. Appena uscito di prigione, nonostante che gli fosse esplicitamente richiesto di non occuparsi della Chiesa, si dedica con tutte le sue forze all’evangelizzazione e alla rinascita della Chiesa in Cina. Il 25 luglio 1982 viene consacrato segretamente vescovo coadiutore della Prefettura Apostolica di Yixian da mons. Francesco Saverio Zhou Shanfu, al quale succede nel 1986, divenendo il terzo Ordinario della medesima Prefettura Apostolica. Dal 1989 al 1992 è sottoposto alla rieducazione tramite il lavoro. Nel luglio 1993, colpito da infarto e da paralisi, perde le sue capacità di movimento e di parola. Nonostante il precario stato di salute, è ugualmente tenuto agli arresti domiciliari, curato con affetto dai fedeli, dalle suore e dai suoi sacerdoti, i quali nel 1997 lo sottraggono alla sorveglianza della polizia nascondendolo. Ha passato, perciò, il resto dei suoi giorni immobilizzato per l’età e per la lunga malattia. Secondo il ricordo di quanti lo hanno avuto come pastore, e ne piangono la scomparsa, il vescovo Pietro Liu è sempre vissuto in mezzo ai suoi fedeli con grande umiltà e con fede solida. Per salvaguardare la fede cattolica dalle manipolazioni del regime o dai controlli ingiusti, ha mantenuto una posizione netta, senza alcun compromesso. Era considerato uomo di Dio, uomo di fede, buon pastore che dà la vita per le sue pecore e, soprattutto, esemplare interprete della comunione con il Papa, per la quale ha molto sofferto. Degno successore degli Apostoli, è stato uomo di profonda spiritualità: le persone che sono vissute accanto a lui ricordano che diverse volte durante la giornata si dedicava alla preghiera ed in particolare alla recita del Rosario. Alcuni osservatori ritengono che con la sua morte si è chiusa un’era storica della Chiesa in Cina, ma le nuove generazioni camminano oggi sulle orme della sua valorosa testimonianza di fede.

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    Crisi politica in Bangladesh: a rischio la popolazione, sempre più povera

    ◊   L'instabilità politica che sta attraversando il Bangladesh è pericolosa per la sopravvivenza della popolazione. I continui hartal (scioperi) - lanciati dai principali partiti come forma di protesta - sfociano sempre in scontri e violenze, e con il passare del tempo stanno paralizzando l'economia di base. Ne è un esempio - riporta l'agenzia AsiaNews - l'ennesima serrata voluta dal Bangladesh Nationalist Party (Bnp, nazionalista e leader dell'opposizione): giunta oggi al quarto e ultimo giorno, essa ha già causato 20 morti e 30 ustionati gravi. Intanto, i contadini non hanno potuto vendere i loro prodotti, per timore di subire attacchi e perché le strade principali sono bloccate. Oltre all'incolumità fisica, la popolazione teme ormai quella economica. Secondo stime della Bangladesh Milk Producers' Cooperative Union, in un solo giorno di hartal circa 400.900 litri di latte vanno a male o sono venduti a prezzi stracciati per evitare che inacidiscano. Per questo motivo, negli ultimi mesi almeno 100.500 caseifici non hanno potuto vendere in modo regolare i propri prodotti, e circa 5mila trasportatori non sono stati pagati. Con il calo delle consegne, i mercati ricevono sempre meno verdure, e le poche che arrivano hanno prezzi eccessivi per la gente comune. La situazione è grave, eppure i principali partiti politici continuano con il loro braccio di ferro. Ieri durante un comizio a Gopalganj, il primo ministro e presidente dell'Awami League Sheikh Haina ha dichiarato che "un giorno" Khaleda Zia - leader del Bnp - dovrà assumersi la responsabilità delle vittime degli ultimi scioperi. Le motivazioni di questo ennesimo hartal sono sempre le stesse: Zia esige la creazione di un caretaker government - un governo provvisorio i cui membri non fanno parte di alcun partito, né sono candidabili - che organizzi le nuove elezioni generali, previste a gennaio 2014. Hasina ha abolito questo organismo nel 2011 e continua a ignorare la richiesta della sua rivale. Al contrario, la premier prosegue nel suo progetto di creare un governo ad interim composto da rappresentanti di ogni fazione politica, da lei presieduto, che prepari le elezioni. Due giorni fa, Hasina ha così chiesto ai suoi ministri di rassegnare le dimissioni: una richiesta subito soddisfatta. (R.P.)

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    Myanmar: protesta buddista contro la visita dell’Organizzazione della Conferenza islamica

    ◊   Centinaia di cittadini birmani di religione buddista stanno protestato contro l’arrivo oggi in Myanmar di una delegazione della Organizzazione della Conferenza Islamica (Oic), l’organismo rappresentativo di 57 Paesi islamici del mondo. Come informano fonti dell'agenzia Fides, la protesta si va diffondendo a macchia d’olio, al grido di “no a interferenze esterne”. La delegazione dell’Oic, guidata da Segretario generale Ekmeleddin Ihsanoglu arriva oggi in Myanmar per parlare con il governo della questione della violenza settaria perpetrata dalla popolazione buddista sulla minoranze islamica. Secondo stime ufficiali, nell’ultimo anno oltre 240 cittadini (in maggioranza musulmani) sono morti e altri 240.000 sono stati costretti a fuggire dalle loro case e sono ammassati in campi profughi, soprattutto nello Stato di Rakhine. Secondo il programma, il team dell’Oic – che include rappresentanti di Indonesia, Malesia, Turchia, Arabia Saudita, Egitto, Gibuti e Bangladesh – si recherà nello Stato di Rakhine, incontrando i leader della comunità musulmane locali, e gli sfollati nei campi profughi. Le autorità temono nuove esplosioni di protesta, soprattutto da parte di movimenti di buddisti radicali: per questo nello Stato di Rakhine sono vietate manifestazioni e la polizia ha rafforzato le misure di scurezza, negando l’ingresso a giornalisti stranieri. Una recrudescenza della violenza religiosa si è registrata anche nelle scorse settimane nel Myanmar occidentale, nei dintorni di Thandwe, poche ore prima della visita del presidente Thein Sein, che intendeva raffreddare le tensioni. Secondo la polizia, una folla di buddisti ha attaccato il quartiere musulmano, incendiando decine di case, uccidendo sei persone. Intanto gruppi nazionalisti buddisti invitano al boicottaggio dei negozi musulmani e monaci buddisti radicali alimentano sentimenti anti-musulmani in tutto il Paese. Un recente rapporto dell’International Crisis Group (Icg), conferma “profondi sentimenti anti-musulmani in Myanmar” e nota “la risposta inadeguata delle forze di sicurezza”. I musulmani rappresentano circa il 4% dei circa 60 milioni di abitanti del Myanmar. (R.P.)

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    Malaria resistente ai farmaci: allerta sanitaria in Myanmar e lungo il Mekong

    ◊   Un gruppo di ricercatori statunitensi ha lanciato l'allarme, in merito a una possibile diffusione di un ceppo di malaria resistente ai farmaci in Myanmar e in altri Paesi del Sud-est Asiatico. Se confermata, la proliferazione della malattia rappresenterebbe una seria battuta di arresto nella lotta globale contro il morbo trasmesso dalle zanzare che, ogni anno, uccide oltre 600mila persone in tutto il mondo. E se il triste primato del maggior numero di vittime resta ancora appannaggio dell'Africa - riferisce l'agenzia AsiaNews - secondo gli scienziati è proprio lungo il corso del fiume Mekong, in Asia, dove si nasconde oggi "la minaccia più grave". La distribuzione di farmaci a base di artemisinina ha contribuito a ridurre di un quarto il numero delle vittime di malaria nell'ultimo decennio. Tuttavia, un primo ceppo resistente è apparso al confine fra Thailandia e Cambogia nel 2003, per poi espandersi in Vietnam e Myanmar. Casi sospetti sono emersi pure nel sud-ovest della Cina, oltre che in Guyana e Suriname. Per gli scienziati questa nuova evoluzione della malattia potrebbe rappresentare una "catastrofe", perché ad oggi non vi sono alternative alla cura in uso e "non se ne vedono all'orizzonte". E l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) avverte che ciò che può sembrare "una minaccia localizzata", può ben presto allargarsi e sfuggire al controllo e avere "serie implicazioni per la salute mondiale". Del resto anche in passato le zanzare hanno saputo neutralizzare l'effetto della clorochina, il precedente farmaco utilizzato per la profilassi e che ha saputo sradicare la malattia dall'Europa, dal Nord America e in molte zone del Sud America negli anni '50. Ora il rischio concreto che nemmeno la artemisinina sia più sufficiente. E il Myanmar costituisce una zona di particolare pericolo, perché il 70% degli oltre 55 milioni di abitanti vive in zone in cui la malaria è endemica. Inoltre, come nazione nel suo complesso registra circa il 75% dei casi di tutta la regione del Mekong. Il tutto, mentre il sistema sanitario birmano presenta ancora profonde carenze e appare inadeguato a contenere una rapida diffusione della malattia. (R.P.)

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    Il metropolita russo Hilarion presenta i “discorsi romani” di Serguei Averintsev

    ◊   Grande evento ecumenico al Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma con due momenti: ieri sera la presentazione del volume che raccoglie i “discorsi romani” del grande pensatore russo Serguei Arintsev, che ha visto riuniti attorno al metropolita Hilarion Alfeyev, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, e al card. Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, personalità della Chiesa cattolica e ortodosse nonché del mondo culturale italiano e russo, in particolare la promotrice, la presidente dell’Accademia Sapientia et Scientia prof. Giuseppina Cardillo Azzaro, con indirizzi di saluto, riflessioni e testimonianze, coordinati dal nunzio apostolico arcivescovo Jean-Claude Périsset; ed oggi una sessione accademica sul tema “Raccogliere la sapienza e saperla proiettare” presieduta da mons. Fortunato Frezza, biblista, sottosegretario del Sinodo dei vescovi con relazioni di eminenti studiosi russi e italiani. Di Arintsev il metropolita Hilarion, che fu suo amico e al suo capezzale quando morì a Vienna il 21 febbraio 2004, ha detto “E’ stata una luce di Cristo”; fin dal 1969 quando, docente all’Università statale “Lomonozov” di Mosca, le sue lezioni sull’estetica bizantina erano una così aperta apologia del Cristianesimo, e un così forte attrazione per tutti gli intellettuali, da dover essere interrotte dal regime comunista. Evocando quindi i numerosi suoi lavori scientifici ha detto che “svolsero la stessa specialissima funzione di guide per arrivare a Cristo”,; ha ricordato in particolare l’opera in tre volumi “Il cristianesimo” e “lo straordinario contributo alla Enciclopedia ortodossa”. Il volume dal titolo “Verbo di Dio e parola dell’Uomo”, edito congiuntamente dal Patriarcato di Mosca e dall’Accademia Sapientia et Scientia, (i testi a fronte sono in italiano e russo) riunisce i discorsi di Arintsev nelle manifestazioni promosse nel decennio 1993-2003 dalla prof. Cardillo Azzaro, presidente dell’associazione “Sofia: idea russa, idea d’Europa”, all’Università Lumsa, al Consiglio Nazionale delle Ricerche, in Vaticano, alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. Più ancora dei singoli temi, filosofici, teologici , biblici , filologici, ha detto il metropolita Hilarion, autore della prefazione, il libro ci fa percepire quanto “la società secolarizzata di oggi sta rapidamente perdendo i valori spirituali e morali, sostituendoli con i surrogati della cultura di massa” per cui alle Chiese d’Oriente e di Occidente, soprattutto attraverso “la testimonianza comune di ortodossi e cattolici”, spetta la “specialissima missione” di riaffermarli insieme in Europa e in tutto il mondo cristiano. Il card. Poupard ha ricordato il “privilegio” di aver conosciuto Arintsev e il suo grande contributo per “l’affermazione della identità cristiana e la visione del futuro cristiano in Europa” che emerge dal suo libro. Ed evocando la strada dell’ecumenismo percorsa dalle Chiese cattolica e ortodossa, ha auspicato che l’Occidente “recuperi il senso ortodosso del mistero e del timor di Dio” e l’Oriente scopra di “non poter fare a meno dell’esperienza occidentale” nelle sfide che ha affrontato nei campi della morale e del diritto. La sessione odierna dell’Accademia Sapientia et Scientia che ha riunito numerosi suoi membri e invitati, fra i quali il prof. Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma, e padre François-Marie Léthel, mariologo e membro della Pontificia Accademia di Teologia, è stata segnata dalle relazioni sui temi della Sapienza e della Scienza nelle opere di Antonio Rosmini, Pavel Florenskij, Dionigi l’Areopagita e Dante svolte rispettivamente da Pier Paolo Ottonello, Natalino Valentini, Gelian Prohorov e Olga Sedakova. (A cura di Graziano Motta)

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    Il card. Vallini alla Lateranense: "Camminare, edificare, confessare"

    ◊   “Essere fortemente stimolati dalla testimonianza di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco”, e “fare vostro il loro coraggio di camminare alla presenza del Signore, di edificare la comunità ecclesiale e di confessare profeticamente l‘unica fede nel Signore vivente”. È il duplice augurio che il cardinale vicario di Roma e Gran cancelliere della Pontificia Università Laterananse (Pul), Agostino Vallini, ha formulato questa mattina nel suo saluto alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2013-1014. Prendendo lo spunto dai “singolari avvenimenti ecclesiali, di portata storica”, vissuti lo scorso marzo “e che hanno segnato la vita della Chiesa” - la rinuncia al pontificato di Papa Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco - il card. Vallini li definisce “un forte momento di grazia”. Quali le loro ricadute sull’attività universitaria di ricerca e di studio? Papa Benedetto, la sottolineatura del cardinale vicario, “lascia a noi, tra gli altri, un grande insegnamento, quello di essere cercatori di verità”, e il lavoro educativo proprio di un centro accademico è “mostrare fino all‘evidenza l‘impegno per la verità nei diversi saperi e accompagnare gli studenti a coltivare le virtù necessarie alla ricerca della verità: la libertà interiore, la mente sgombra da preconcetti, l‘acribia della ricerca. Purtroppo - prosegue il card. Vallini - oggi la teologia soffre del pensiero debole che regna nell‘ambiente filosofico, mentre è necessario un buon fondamento filosofico per poter sviluppare il dogma con un‘ermeneutica valida che parli un linguaggio intelligibile dal mondo contemporaneo”. Di Papa Francesco, il porporato richiama i tre verbi commentati nell‘omelia della Messa celebrata con i cardinali, il giorno dopo la sua elezione, nella Cappella Sistina: "camminare, edificare, confessare", “tre piste importanti anche per il lavoro di una comunità universitaria”. L’università è, secondo il Gran cancelliere, “una palestra dove ci si allena alla vita” e alla quale “le sfide alla fede e alla sua ragionevolezza offrono stimolanti opportunità per elaborare nuove categorie del sapere teologico”. Il card. Vallini si sofferma quindi sulla reciprocità fra il credere e l‘intelligenza della fede: “Fra queste due dimensioni esiste una profonda e inscindibile unità”. Infine “confessare” con coraggio e gioia l’appartenenza a Cristo e saperne dare ragione. Questa, la conclusione del cardinale, “la finalità ultima anche dell‘università: preparare, accompagnare, motivare persone che, attraverso l‘intelligenza della fede vissuta, sappiano dare ragione della loro speranza, uscendo da se stessi verso il mondo con fervore apostolico”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 317

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.