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Sommario del 12/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: anche quando ci rimprovera, Dio ci accarezza e mai ci ferisce
  • Il Papa riceve il metropolita Hilarion. Stasera, concerto per la pace promosso da cattolici e ortodossi
  • Card. Tauran: sfatata la leggenda che Benedetto XVI non avesse a cuore il dialogo interreligioso
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tifone nelle Filippine. Il card. Tagle in lacrime: fede e amore più forti della devastazione
  • Siria. Damasco ancora sotto assedio, colpite chiese e scuole cattoliche
  • RD Congo. In Uganda proseguono i colloqui di pace con i ribelli M23
  • 10 anni fa il sanguinoso attentato di Nassiriya, costato la vita a 19 italiani
  • Mons. Zuppi: Papa Francesco ci aiuta a recuperare sobrietà e trasparenza
  • Il caso Salernitana-Nocerina. Macalli di Lega Pro: tifosi criminali, non è fatto isolato
  • L’inizio dell’universo: all'Università Gregoriana dialogo tra filosofi, scienziati e teologi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Mons. Mamberti: Ginevra 2 "primo passo per avviare un processo sofferto"
  • Congo: cattolici e anglicani insieme per la pace nei Grandi Laghi
  • Usa: alla Plenaria dei vescovi, prolusione del card. Dolan sulla libertà religiosa
  • L’arcivescovo di Louisville, Kurtz, è il nuovo presidente dei presuli Usa
  • Mosca: il card. Scola sulla testimonianza integrale dei fedeli laici
  • Cina. Al Plenum: sicurezza nazionale, stabilità economica e politica del figlio unico
  • Vietnam. Presidente dei vescovi: Chiesa sia sempre più cattolica e missionaria
  • Nucleare: l'Iran apre le porte agli ispettori Aiea
  • Pakistan. Lahore: accusato di blasfemia un pastore cristiano. Rischia la vita
  • Nicaragua: la Chiesa cattolica invitata alle consultazioni per la riforma costituzionale
  • Messico: riflessione dei vescovi su “L’evangelizzazione in un contesto di violenza”
  • Sudan: 7 mila abitanti del Sud Darfur privi di acqua potabile e servizi di base
  • Papua Nuova Guinea: la famiglia al centro del Piano pastorale della Chiesa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: anche quando ci rimprovera, Dio ci accarezza e mai ci ferisce

    ◊   Affidiamoci a Dio come una bambino si affida alle mani del suo papà. E’ quanto affermato da Papa Francesco alla Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che il Signore mai ci abbandona e ha sottolineato che anche quando ci rimprovera, Dio non ci dà uno schiaffo ma una carezza. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità”, ma “per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sulla Prima Lettura, un passo del Libro della Sapienza che ricorda la nostra creazione. L’invidia del diavolo, ha affermato il Papa, ha fatto sì che iniziasse questa guerra, “questa strada che finisce con la morte”. Quest’ultima, ha ribadito, “è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”. E’ un esperienza che tutti facciamo:

    “Tutti dobbiamo passare per la morte, ma una cosa è passare per questa esperienza con una appartenenza al diavolo e un’altra cosa è passare per questa esperienza dalla mano di Dio. E a me piace sentire questo: ‘Siamo nelle mani di Dio dall’inizio’. La Bibbia ci spiega la Creazione, usando una immagine bella: Dio che, con le sue mani ci fa dal fango, dalla terra a Sua immagine e somiglianza. Sono state le mani di Dio che ci hanno creato: il Dio artigiano, eh! Come un artigiano ci ha fatto. Queste mani del Signore… Le mani di Dio, che non ci hanno abbandonato”.

    La Bibbia, ha proseguito, narra che il Signore dice al suo popolo: “Io ho camminato con te, come un papà con suo figlio, portandolo per mano”. Sono proprio le mani di Dio, ha soggiunto, “che ci accompagnano nel cammino”:

    “Nostro Padre, come un Padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. E’ nostro Padre che ci carezza! Ci vuole tanto bene. E anche in queste carezze, tante volte, c’è il perdono. Una cosa che a me fa bene pensarla. Gesù, Dio, ha portato con sé le sue piaghe: le fa vedere al Padre. Questo è il prezzo: le mani di Dio sono mani piagate per amore! E questo ci consola tanto”.

    Tante volte, ha proseguito, sentiamo dire da persone che non sanno a chi affidarsi: “Mi affido alle mani di Dio!”. Questo, ha osservato Papa Francesco, “è bello” perché "lì stiamo sicuri: è la massima sicurezza, perché è la sicurezza del nostro Padre che ci vuole bene”. “Le mani di Dio – ha commentato – anche ci guariscono dalle nostre malattie spirituali”:

    “Pensiamo alle mani di Gesù, quando toccava gli ammalati e li guariva… Sono le mani di Dio: ci guariscono! Io non mi immagino Dio dandoci uno schiaffo! Non me lo immagino. Rimproverandoci, sì me lo immagino, perché lo fa. Ma mai, mai, ci ferisce. Mai! Ci accarezza. Anche quando deve rimproverarci lo fa con una carezza, perché è Padre. ‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Pensiamo alle mani di Dio, che ci ha creato come un artigiano, ci ha dato la salute eterna. Sono mani piagate e ci accompagnano nella strada delle vita. Affidiamoci alle mani di Dio, come un bambino si affida alla mano del suo papà. E’ una mano sicura quella!”.

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    Il Papa riceve il metropolita Hilarion. Stasera, concerto per la pace promosso da cattolici e ortodossi

    ◊   Il Papa ha ricevuto, stamani, in udienza a Santa Marta il Metropolita Hilariòn di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca. E sarà proprio Hilarion, stasera, a presiedere un evento emblematico del dialogo tra Chiesa cattolica e ortodossa. Si tratta del Concerto per la pace in programma alle ore 21 all’Auditorium della Conciliazione, patrocinato dal Pontificio Consiglio della Cultura, e offerto da due Fondazioni impegnate sul fronte dell’unità dei cristiani, la statunitense Urbi et orbi e la russa San Gregorio Il Teologo. I proventi della serata andranno alle famiglie sfollate vittime delle guerre. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Due Chiese separate da mille anni, ma accomunate da tanti aspetti e che soprattutto non cessano di voler collaborare, pur senza negare differenze e problemi. E così anche cultura, musica, arte possono essere una strada. Lo si vedrà nel concerto di stasera. Il commento di Robert Moynihan della "Urbi et Orbi Foundation", da anni impegnato nel dialogo tra cattolici e ortodossi:

    “Questo concerto s’inserisce in un lungo itinerario di dialogo fra due Chiese. Abbiamo in comune tante cose: un credo in Cristo, i sacramenti, ma ovviamente abbiamo problemi storici che hanno segnato i nostri rapporti. E per cercare di avvicinarci pensiamo ad ogni possibile contatto, anche culturale, per camminare insieme: cantare insieme, collaborare ad un certo progetto, parlare insieme a favore di qualcosa come la pace e cercare in questa maniera, eventualmente, di affrontare anche gli altri problemi teologici che ci dividono”.

    Emblematici i protagonisti del concerto di questa sera: l’orchestra "Roma Sinfonietta", che rappresenta un’italianità nutrita di cattolicesimo, ad eseguire brani classici della lirica italiana, ma anche del compositore e metropolita ortodosso russo Hilarion:

    “Questo metropolita ha sperimentato la vita sotto l’Unione Sovietica e sotto il comunismo e ha trovato la fede grazie ad un pellegrinaggio in Georgia, quando aveva 15, 16 anni. Lui comunica la sua fede attraverso i discorsi teologici, in tutto il mondo, ma anche attraverso la sua musica”.

    Tra i brani, in particolare, saranno in anteprima mondiale le versioni musicali di alcune poesie di Garcia Lorca e brani tratti dalla "Passione" secondo Matteo, in cui il lamento di Maria sotto la Croce riecheggia il grido di tante mamme straziate dagli effetti delle guerre. Ancora Robert Moynihan:

    “E’ un tentativo di attirare la nostra attenzione sulla sofferenza dei più piccoli, degli innocenti, e ricordare che i bambini devono avere amore, che dobbiamo sostenere la famiglia, che dobbiamo pensare a queste cose, a mettere queste cose in primo piano rispetto al guadagno o al prestigio. Il dolore di Maria è un tentativo di mettere al primo posto il nostro dovere di amare”.

    Ma c’è anche una voce significativa: protagonista questa sera la cantante georgiana Svetlana Kasyan, che ha conosciuto miseria e guerra ed è stata rifugiata. Lei vuole rispondere all’appello del Papa del 7 settembre: “La pace è un dono troppo prezioso che deve essere promosso e tutelato”:

    “E’ un grido dal cuore: gli altri non devono soffrire come lei ha sofferto. Allora lei canta brani classici, ma con un cuore che parla di pace, che parla di cercare un modo per evitare la guerra, evitare che le famiglie si spacchino”.

    Ma l’appello, l’impegno e i gesti di Papa Francesco hanno colpito e segnato profondamente tutto il mondo ortodosso. Ancora Robert Moynihan:

    “Loro apprezzano il gesto semplice e autentico e apprezzano altri gesti di questo Papa. Io ho speranza che questo apra nuove possibilità alla collaborazione e al dialogo”.

    Nell’ambito delle numerose iniziative di questi giorni tra la Chiesa cattolica e ortodossa, il Centro Russo di Scienza e Cultura ospita oggi pomeriggio la presentazione a cura del Metropolita Hilarion Alfeyev del volume “Verbo di Dio e Parola dell’uomo”. Vi sono riunite, spiega Hilarion nella prefazione, i “discorsi romani” di un grande studioso e amico, Serguei Averintsev, che nell’autunno del 1969 “quando vigeva ancora il monopolio ideologico del “regime comunista riuscì a fare un’aperta apologia del Cristianesimo”. Domani poi nella stessa sede del Centro Russo di Roma, una sessione dell’Accademia Sapientia et Scientia, presieduta da mons Fortunato Frezza, biblista e sottosegretario del Sinodo dei vescovi, accoglierà studiosi italiani e russi che presenteranno relazioni su Rosmini, Dante, Florenskij e Dionigi l’Areopagita.

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    Card. Tauran: sfatata la leggenda che Benedetto XVI non avesse a cuore il dialogo interreligioso

    ◊   “Il Dialogo Interreligioso nell’insegnamento ufficiale della Chiesa Cattolica”. Il titolo del libro presentato stamani, nella sala stampa vaticana, dal cardinale Jean-Louis Tauran e da padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente e segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il volume, curato da mons. Francesco Gioia e giunto alla terza edizione, aggiornata dal 1963 al 2013, comprende testi e documenti del Magistero pontificio dal Concilio Vaticano II a Benedetto XVI. Il servizio di Roberta Gisotti:

    In 2.100 pagine, 909 fra testi conciliari, Encicliche, Esortazioni apostoliche e discorsi di cinque Papi, oltre che documenti di Dicasteri e della Curia romana sul dialogo interreligioso. Un’opera poderosa - in formato cartaceo ma non si esclude una futura versione digitale - rivolta ai cattolici e soprattutto ai seguaci di altre fedi. Dell’opera aggiornata, il cardinale Jean-Louis Tauran ha voluto rimarcare la novità del testi di Benedetto XVI, sfatando “la leggenda” che "non fosse interessato al dialogo interreligioso”:

    “In sette anni di Pontificato, si possono contare ben 188 interventi di Benedetto XVI sul dialogo interreligioso, rispetto ai 591 di Giovanni Paolo II in più di un quarto di secolo. L’attenzione a questo tema è stata costante, anzi crescente, in un Pontificato come nell’altro. Benedetto XVI ha proposto il ‘dialogo della carità nella verità’”.

    Inoltre, un anno dopo “lo scossone” della Conferenza di Ratisbona, ha aggiunto il porporato, si sono fatti importanti passi avanti con il mondo islamico:

    “Trentotto saggi musulmani, divenuti poi 138, scrissero al Papa, in un documento noto come ‘A common word between us and you’, esponendo i principi dell’islam e auspicando una mutua comprensione e un rapporto tra islam e cristianesimo fondato sull'amore di Dio e del prossimo, secondo l’insegnamento di Gesù. Frutto di questa lodevole iniziativa fu la creazione di un Forum islamo-cristiano, che dura ancora oggi”.

    E ancora, in tema di libertà religiosa Benedetto XVI non ha perso occasione per sostenerla quale “diritto sacro e inalienabile”:

    “Benedetto XVI ha individuato nel processo di globalizzazione mondiale, tuttora in corso, un’occasione propizia per promuovere relazioni di universale fraternità tra gli uomini”.

    Ma a che punto siamo nel cammino del dialogo tra le fedi? La risposta di padre Miguel Ayuso:

    “Il cammino è ancora lungo, ma con papa Francesco esso continua con il ‘dialogo dell’amicizia’”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nelle mani sicure di Dio: messa del Papa a Santa Marta.

    La via giusta: in prima pagina, Zouhir Louassini su Papa Francesco e il mondo musulmano.

    Hayan uccide ancora: dopo aver devastato le Filippine, il tifone si abbatte sulle coste delle Vietnam e della Cina.

    Servizio della coscienza: anticipazione dell’intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, e di Hans-Gert-Pottering, già presidente del Parlamento europeo, in occasione della presentazione - oggi in Vaticano - del libro “Diplomazia pontificia in un mondo globalizzato” che raccoglie scritti e discorsi del cardinale Tarcisio Bertone, del quale viene pubblicato un estratto del saluto che rivolgerà ai presenti.

    Cabriniane alla frontiera: Maria Barbagallo sulle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù nella missione di Altar in Messico, con una recensione di Giulia Galeotti dello spettacolo “America. Il musical”, in cui domina la figura di Madre Cabrini, patrona degli emigranti.

    Anzitutto la difesa dei cristiani: intervento del cardinale Timothy Michael Dolan, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti.

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    Oggi in Primo Piano



    Tifone nelle Filippine. Il card. Tagle in lacrime: fede e amore più forti della devastazione

    ◊   L’attenzione del mondo concentrata sulle Filippine duramente colpite dal supertifone Hayan. Dopo il disastro, il cui bilancio delle vittime potrebbe superare i 10 mila morti, è partita la macchina degli aiuti locali e internazionali a favore degli oltre 10 milioni di sfollati e senza casa, 4 milioni dei quali – secondo l’Unicef – sarebbero bambini. Intanto il tifone, lasciate le Filippine, ha portato distruzione anche in Vietnam e Cina, causando almeno 9 vittime. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Le immagini che giungono dal centro sud delle Filippine sono quelle della disperazione di chi ha perso tutto: i propri cari, una casa e qualsiasi altra concreta certezza. Già le organizzazioni locali, come la Caritas, si sono messe in moto per portare acqua, cibo, medicinali e generi di prima necessità ai sopravvissuti. Sono stati allestiti campi di raccolta e ospedali da campo per i sopravvissuti, mentre appare ancora caotica l’operazione di conta e di recupero dei morti. Il timore è che il bilancio alla fine possa essere ancora più spaventoso delle cifre che si fanno ora. Dall’estero, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno inviato navi militari con uomini e aiuti, mentre ovunque sono state stanziate somme di denaro e avviate raccolte di soldi. Tra i primi a rispondere alle esigenze delle popolazioni colpite – lo ricordiamo – Papa Francesco, che, attraverso il Pontificio Consiglio “Cor Unum”, ha destinato la cifra di 150 mila euro. Le comunità filippine in tutto il mondo sono mobilitate per soccorrere i fratelli in patria attraverso la preghiera e concrete iniziative di solidarietà. La Conferenza Episcopale delle Filippine ha chiamato a raccolta tutti i fedeli per una novena di preghiera per invocare dal Signore protezione e sostegno alle popolazioni colpite. Sulla catastrofe avvenuta nell’arcipelago asiatico, Susy Hodges ha intervistato il card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila:

    R. – I think I’m not alone in saying…
    Penso di non essere il solo nel dire che ogni volta che vediamo le immagini della distruzione rimaniamo senza parole. Ancora dobbiamo riprenderci dallo shock emotivo e psicologico. Noi che siamo qui a Manila e in quelle parti che non sono state colpite così gravemente come altre, solo per guardare le immagini rimaniamo senza parole e non posso immaginare quello che sta attraversando le menti e i cuori di coloro che si trovano lì. Mi sento profondamente consolato, quando vedo e sento testimonianze di fede, specialmente da parte delle stesse vittime. Quelli che hanno i propri cari, le loro proprietà, si rivolgono a Dio e dicono: “Confidiamo in Dio; sappiamo che con l’aiuto di Dio possiamo sopravvivere”.

    D. – Immagino che Lei abbia parlato con i membri delle chiese nelle aree che sono state colpite più duramente. Cosa hanno detto riguardo all’aiuto che la Chiesa sta cercando di dare in questa corsa disperata per portare cibo ed acqua ai sopravvissuti?

    R. – The local churches in those areas...
    Anche le chiese locali in quelle aree hanno sofferto molte perdite. Quindi la maggior parte dell’aiuto dato dalla Chiesa non viene da quelle diocesi, ma dall’esterno. Al momento con l’arcidiocesi di Manila e le nostre diocesi vicine, le diocesi suffraganee, la Commissione episcopale e l’azione sociale della Caritas Filippine, stiamo coordinando la maggior parte dello sforzo per raggiungere quelle persone che sono state colpite e non sono state ancora raggiunte dai loro stessi pastori.

    D. – Data l’entità della devastazione, in molti lì hanno paura che alcune persone possano morire non per conseguenza diretta del tifone, ma perché non riceveranno cibo o acqua o medicine necessari in questo periodo successivo alla tragedia …

    R. – Yes, that is a real possibility...
    Sì, quella è una possibilità reale. Ecco perché la gente di Chiesa, le organizzazioni non governative, le agenzie di governo ed anche l’esercito, tutti noi stiamo cercando di fare del nostro meglio per raggiungere ogni luogo e cercare di dare assistenza. Non è sempre facile, ma tutti stanno cercando di fare la loro parte. E’, infatti, davvero un’emergenza, potemmo dire addirittura che per molti è un momento di panico.

    D. – Ha potuto rilevare una grande solidarietà da parte dei laici cattolici di Manila e di altre aree che non sono state colpite così gravemente, per cercare di aiutare?

    R. – That is a source of great consolation...
    Questa è una fonte di grande consolazione e forza. Prima di questo tifone abbiamo avuto un terremoto, che ha colpito la parte centrale del Paese, molto vicino a Leyte e Samar, le isole colpite dal tifone. La nostra riflessione continua su questa linea: vediamo distruzione, rovine ovunque, ma vediamo anche fede e amore sorgere da quelle rovine [qui si commuove] e questo ci fa diventare persone più forti. Voglio ringraziare tutti: tutti, il Santo Padre, le madri e le sorelle fuori del Paese, perché si sono ricordati di noi e perché cercano di fare il possibile per raggiungerci. In nome delle vittime e dei poveri, vi ringraziamo, vi ringraziamo davvero!

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    Siria. Damasco ancora sotto assedio, colpite chiese e scuole cattoliche

    ◊   La coalizione nazionale siriana dopo l’annuncio di voler partecipare alla Conferenza di pace "Ginevra 2" oggi ha nominato un governo provvisorio per le aree del Paese liberate dalle forze del regime, mentre sul terreno si segnalano forti scontri tra ribelli e le truppe di Assad nella zona a sud di Damasco dove continuano a cadere colpi di mortaio. Ieri, in particolare, sono state raggiunte dalle bombe due chiese ,tra cui quella cattolico-melchita di San Cirillo e quella di Santa Croce, gravemente danneggiate. Ma l’attacco più grave riguarda due scuole cattoliche con un bilancio di 4 bambini e 5 adulti rimasti uccisi e 11 feriti, attacco che però secondo fonti governative sarebbe stato condotto contro un autobus e non contro edifici pubblici. Di oggi, anche l’appello del patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill per i due vescovi ortodossi rapiti ad Aleppo lo scorso aprile. Sulla natura di questi attacchi, e le notizie controverse, che arrivano Cecilia Seppia ha raccolto il commento di Lorenzo Trombetta inviato a Beirut per l’Ansa.

    R. – Il fatto che il regime preferisca collocare la morte di quattro minori su uno scuolabus piuttosto che su una scuola, potrebbe essere un po’ per sminuire la gravità dell’incidente. Nel senso che uno scuolabus può essere colpito perché in movimento. Il fatto che venga colpito un edificio, in particolare una scuola, rende il regime – agli occhi di molti siriani – più responsabile. E perché questo? Perché fino adesso non è stato in grado, nonostante la retorica, le promesse, di proteggere il centro moderno di Damasco. Inoltre, c'è un dato tecnico: il colpo di mortaio non viene lanciato con precisione. E’ molto difficile che un mortaio sia così preciso da raggiungere quell'obiettivo. Di certo, si è puntato in questo caso su una zona fortemente controllata dalle forze lealiste.

    D. – Il capo di Stato maggiore dell’esercito siriano ha dichiarato oggi: “La vittoria è vicina per la Siria, e la cospirazione contro il governo è arrivata all’ultimo capitolo. C’è da dire che i ribelli stanno perdendo postazioni, soprattutto nel Nord. Ma a che punto è, questa guerra?

    R. – Quello che dice lo Stato maggiore dell’esercito di Bashar al Assad è una loro visione. Negli ultimi giorni, c’è stata un’unica vittoria locale nella zona a sud di Aleppo, dove i lealisti sono riusciti a prendere – anche con l’aiuto di Hezbollah – una base militare che controlla lo scalo internazionale di Aleppo. Ma è una vittoria che va tutta contestualizzata in una battaglia molto più ampia. Su scala nazionale ci sono ampi teatri di guerra, tanto fronti. Più o meno siamo in una situazione di stallo. Ci sono momenti in cui un fronte sembra avere la meglio su un altro, ma poi o in altre zone o sullo stesso fronte, questo equilibrio viene ribaltato.

    D. – Veniamo alla questione politica: ieri c’è stata questa apertura, salutata con favore dall’Occidente e in particolare dagli Stati Uniti, della Coalizione nazionale siriana che ha accettato di partecipare alla Conferenza di pace "Ginevra 2". Oggi, l'opposizione ha annunciato la creazione di un governo-ombra per le zone liberate... A questo punto, le speranze di riconciliazione e di pace sono più concrete, o cosa dobbiamo aspettarci?

    R. – La Coalizione nazionale non ha aggiunto nulla di nuovo a quello che sapevamo. Le loro condizioni, le tre condizioni – Assad non deve partecipare alla transizione politica, liberi oltre 250 mila prigionieri politici e creazione di corridoi umanitari per rompere gli assedi che il regime pone alle località in rivolta – sono tre condizioni che vengono espresse ed esposte già da tempo. Tre condizioni che sono, dall’altra parte, respinte in modo netto dal regime. Il regime, la settimana scorsa ha detto: “Noi, se andiamo a Ginevra, non andiamo certo per lasciare il potere”, quindi questo significa che Assad non intende farsi da parte nella transizione politica. Ma quello che a mio avviso mina la credibilità di chi organizza questa Conferenza di pace è che non portano al tavolo dei veri rappresentanti di chi in Siria ha il potere dimettere a tacere le armi. In particolare, dal fronte dei ribelli, delle opposizioni chi partecipa nella Coalizione siriana è sempre più sfiduciato da una base sia dei ribelli, sia di jihadisti, sia di attivisti del movimento non violento, che a vario titolo e per varie ragioni non credono più che la Coalizione li rappresenti.

    D. – In Siria, è arrivata anche la poliomielite. Ci sono già vittime tra i bambini e questo ha provocato un’ulteriore stretta sulle frontiere, in particolare con il Libano…

    R. – Sì, appunto, si parla di Siria quando la questione diventa relativa alla sicurezza, in questo caso sanitaria. Qualche giorno fa, alcuni medici hanno messo in guardia dal pericolo di contagio da poliomielite non solo nei Paesi vicini alla Siria, ma addirittura in Europa. In realtà, il rischio poliomielite in alcune regioni siriane, dove la situazione sanitaria è drammatica, ormai è in corso da un mese e mezzo. Le organizzazioni siriane locali hanno già lanciato l’allarme. Qui, in Libano, stanno andando avanti processi di vaccinazione forzata non soltanto per i siriani che giungono profughi, ma anche per tutta la popolazione infantile libanese.

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    RD Congo. In Uganda proseguono i colloqui di pace con i ribelli M23

    ◊   “I colloqui di pace tra il governo di Kinshasa e i ribelli del movimento M23 continueranno; le delegazioni di entrambi le parti sono, infatti, ancora presenti in Uganda”. Lo ha assicurato il portavoce del governo ugandese, mediatore tra le due parti, all’indomani del mancato accordo di pace previsto per ieri a Kampala. All’ultimo momento le parti non sono riuscite a mettersi d’accordo sul titolo da dare al documento dell’intesa che avrebbe dovuto porre fine a oltre 18 mesi di scontri sanguinosi nel Nord Kivu. Cecilia Sabelli ha intervistato sull’argomento Jean-Leonard Touadi, politico e accademico italiano, originario del Congo Brazzaville:

    R. - Intanto, che si sia arrivati in pochissimo tempo a mettere intorno a un tavolo un po’ tutti gli attori di questo conflitto, è un grande successo. La sconfitta dei ribelli è di soli pochi giorni e già siamo intorno a un tavolo per negoziare. Ovviamente, un conflitto che dura da così tanto tempo non può terminare con un accordo frettoloso, cominciando già da come chiamarlo: “accordo” oppure “conclusione”? Perché è chiaro che per il governo congolese “accordo” vuol dire dare una riconoscibilità, un titolo ufficiale e quindi anche una credibilità politica al movimento. La “conclusione”, invece, è tra ribellione e governo. Sostanzialmente, un accordo si conclude tra due pari e per il governo congolese dare questa parità, questa riconoscibilità di interlocuzione politica all’M23 nel momento in cui è più debole militarmente e quindi con la possibilità che possa uscire di scena, rappresenterebbe una specie di aiuto che viene dato a questo movimento.

    D. - Ma esiste una volontà comune e una speranza che questi colloqui si concludano con la firma di una pace?

    R. – La guerra alla fine ha colpito le 4-5 milioni di persone che sono morte, gli sfollati e le migliaia di donne stuprate, ma ha danneggiato anche lo sviluppo regionale di Paesi come Uganda, Rwanda, che aspirano velocemente a una crescita economica. Quindi la pace - e questa è la consapevolezza tardiva - alla fine conviene, conviene a tutti. Conviene al Congo, ma conviene anche ai vicini del Congo. Dopodiché, le “scorie” di questa durissima e tragica guerra saranno molto lunghe da cancellare. Ma questa consapevolezza penso che ormai cominci a emergere e questo promette bene, nel senso che tradurre i motivi del contenzioso nella regione in motivi di cooperazione non può che giovare.

    D. - Si può sperare che questo accordo scoraggi nuove azioni dei gruppi ribelli, che continuano a minacciare la stabilità della regione?

    R. - Tutto dipende dalla solidità dell’accordo regionale e soprattutto dal fatto che nessuno dei Paesi della regione possa avere interesse ad aizzare una ribellione: se la consapevolezza che io intravedo della pace, che è conveniente rispetto alla guerra, dovesse crescere e rafforzarsi, i piccoli movimenti finiranno per essere, anche lì, assorbiti in questo accordo regionale solido.

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    10 anni fa il sanguinoso attentato di Nassiriya, costato la vita a 19 italiani

    ◊   Sono trascorsi 10 anni dall’attentato di Nassiriya, in Iraq. Era il 12 novembre 2003: un camion sfondò la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri, aprendo un varco ad un'autobomba che esplose subito dopo. Morirono 12 militari dell'Arma, cinque militari dell'Esercito, due civili italiani e 7 iracheni. E’ stato l'attacco più sanguinoso nella lunga catena di lutti che caratterizzò l'operazione “Antica Babilonia”, in Iraq. Per un ricordo su quell’atto barbaro, Salvatore Sabatino ha intervistato padre Mariano Asunis, cappellano militare della Brigata Sassari:

    R. - Ricordo molto bene l’accaduto. Ricordo anche il suono particolare di questa esplosione che era diverso dalle altre esplosioni, perché eravamo lì e spesso e volentieri si facevano esplodere le armi che venivano prese dalle case dei vari ribelli. Questa esplosione aveva un rumore particolare, poi quel fumo rivelava che era successo qualcosa di straordinario, di grave. Ma nonostante tutto credo che bisogna ricordare questo avvenimento particolare, che nessuno mai avrebbe sospettato potesse accadere, soprattutto agli italiani che sono stati accolti con il cuore grande, con le braccia aperte per il bene che compivano come il buon samaritano. E lì c’è stato un gruppetto composto di persone che veniva da fuori che ha causato questo dramma. Allora lì devi dare una risposta; e la risposta è quella della fede.

    D. - Lei dice: “Noi siamo andati in Iraq per dare una speranza alla popolazione civile -che stava attraversando un momento difficilissimo ovviamente - per dare la vita, invece c’è piombato addosso la morte”. Che tipo di risposte ha dato poi ai militari che si sono trovati in questa situazione?

    R. - Credo che la risposta l’abbiamo presa soprattutto dalla Bibbia. Non abbiamo usato i classici libri liturgici, ma abbiamo dato risposte per quello che ci hanno insegnato; “Abramo, vai ed esci dalla tua terra, e va' dove io ti indicherò”. Nassiriya è Ur dei Caldei, è la terra di Abramo e perciò noi siamo andati nella terra di Abramo con lui che poi ci unisce nelle tre religioni. Noi siamo stati mandati - via Ur dei Caldei - a Nassiriya per portare la pace. Poi naturalmente, con le bandiere, abbiamo dovuto riportare i nostri cari in Italia. Ma è stato un abbraccio forte da parte dell’Italia e lasciatemelo dire - visto che siamo a Radio Vaticana - anche della Chiesa, la Chiesa Ordinariato militare, questa Chiesa particolare nelle Chiesa universale è stata una luce di speranza! Voglio ricordare a tutti che sono stati offerti 50 mila rosari da parte dell’Ordinariato militare quando sono arrivate le salme, e che in quella notte non si faceva altro che pregare a Maria, la Madre per eccellenza.

    D. - La Vergine Maria, cui lei si è rivolto durante la benedizione di quelle bare in partenza per l’Italia, lo ricordiamo tutti. Lei chiese che fosse la voce di una mamma a rispondere a quell’appello. La figura della mamma è ovviamente anche la figura della Madonna …

    R. - Penso che sia comune a tutti conoscere quel passo del Vangelo, quando Gesù, al termine della sua vita, dalla Croce vede la mamma e la chiama “Donna”, e presenta Giovanni come suo figlio. tutti noi siamo Giovanni. Ed è per questo che ho voluto fosse una donna a rispondere al proprio nome, così come ognuno ha lasciato la propria mamma, la propria sposa, la propria figlia, così fosse Maria donna per eccellenza, madre di tutti. Abbiamo la certezza che quello che è stato distrutto dagli uomini è accolto da Dio.

    R. - Le tante mamme i tanti figli, le mogli di quei caduti le avranno sicuramente chiesto un aiuto di fede per poter comprendere e gestire un dolore così forte. Lei cosa ha risposto a chi le ha chiesto: ” Perché è accaduto, Dio dov’era in quel momento?”.

    R. - Io ho risposto, perché anche io vivo nella fede, dicendo: “Anche io sono un uomo prima di essere un religioso, un frate, un sacerdote. Anche io ho avuto dei momenti di dubbio, così come li ha avuti Gesù: “Padre se possibile allontana da me questo calice!”. Ma ho insegnato quello che io ho dentro; per me l’insegnamento più bello è quello delle due sorelle: le due donne che incontrano Gesù dove è morto Lazzaro e dicono: ”Io so che mio fratello risorgerà nell’ultimo giorno”. Ecco allora cosa insegni? Che la vita non termina, la vita viene donata. Il sangue irrorato dei martiri, porta altra vita. E allora voglio concludere con questo esempio. Non sono stato io forse a portare fede in queste famiglie, ma sono stati loro, con il loro esempio e con la donazione dei loro cari che hanno aumentato la fede in me.

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    Mons. Zuppi: Papa Francesco ci aiuta a recuperare sobrietà e trasparenza

    ◊   “Dove c’è l’inganno non c’è lo Spirito di Dio (…) La doppia vita di un cristiano fa tanto male, tanto male!”: sono alcune delle parole dell’omelia pronunciata ieri da Papa Francesco alla Casa Santa Marta. “Tutti siamo peccatori, ma non tutti siamo corrotti”, ha detto ancora, invitando ciascuno alla coerenza tra parole e vita, tra azioni quotidiane ed esigenze del Vangelo. Un appello a non fare dunque come coloro che da una parte rubano allo Stato e dall’altra si fanno benefattori della Chiesa. Adriana Masotti ha chiesto a mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma e assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, quale impressione abbiano fatto su di lui queste parole:

    R. – Un’ impressione di parole molto opportune e molto vere, che ci aiutano a comprendere qualcosa che spesso resta nel grigio e nell’ambiguità, come sempre è tutta l’ipocrisia, che ci portiamo dietro tutti quanti, ed è l’ipocrisia per cui io regalo qualcosa alla Chiesa, ma rubo allo Stato. E, invece questo, dice, è inaccettabile! Molte volte, al contrario, sembra il modo con cui pensiamo o di metterci a posto la coscienza o di poter fare qualunque cosa…

    D. – Una ambiguità che non è soltanto il rubare allo Stato e poi magari dare un’offerta alla Chiesa, ma si presenta spesso anche nella vita familiare, nel lavoro…

    R. – Mi sembra che la predicazione di questi mesi, cui ci ha abituato Papa Bergoglio, ci parla di una grandissima misericordia: il Signore che aspetta, che è paziente… Ma dice anche di un Signore che rivela quello che sei e, per certi versi, proprio perché misericordioso, è ancora più diretto contro coloro che pensano di portarsi via la misericordia senza volere il bene e senza aprirsi a Lui. L’incoerenza è ciò che poi non permette la misericordia e per questo mi sembrano delle parole - se vogliamo - anche molto severe, che danno un grandissimo senso alla stessa misericordia.

    D. – E’ un discorso che tocca tutti noi, ciascuno nella sua vita, ma certo chiama in causa anche ciò che spesso succede all’interno della stessa Chiesa – il Papa ha parlato di preti corrotti – per non dire poi della politica, ecc…

    R. – Io credo che lo vediamo in tutti gli aspetti quanto ci sia bisogno di uomini veri, trasparenti, capaci di dire parole che siano unite alla vita, parole che non siano vuote. C’è una corruzione diffusa, che è quella poi che sappiamo colpire molto bene negli altri e che sappiamo vedere così poco in noi, e che mi sembra richieda da parte di tutti una grande attenzione, perché effettivamente la corruzione toglie delle possibilità. Lo scandalo: a un certo punto tutto diventa sporco, non credo che ci sia più niente di bello, di vero, di buono. Ed è una delle conseguenze più terribili per chi dà scandalo in tanti modi. E’ qualcosa che ci deve interrogare tutti nella Chiesa. Credo che le parole di Papa Francesco ci aiutino a recuperare un senso di serietà, di sobrietà, di trasparenza, di cui abbiamo un grandissimo bisogno nella Chiesa, ma di cui c’è anche un grandissimo bisogno in tutto il mondo.

    D. – Già Gesù diceva: “Per chi scandalizza è meglio che si metta al collo una macina e si butti nel mare”… Non è una novità questa radicalità della coerenza di vita, eppure risentirlo oggi ci suona quasi nuovo, inaspettato, forte. Perché?

    R. – Perché mi sembra che le parole di Papa Francesco siano assolutamente dirette alla condizione che viviamo ed è il suo senso pastorale che glielo suggerisce: come sempre i pastori riescono a farci capire la profondità del messaggio evangelico e insieme la sua l’attualità. Per cui, ci illuminano sui nostri atteggiamenti: capiamo di più il Vangelo e capiamo anche di più quello che siamo noi e quello che vivono gli altri intorno a noi.

    D. – Lei, nella sua giornata, si trova qualche volta a interrogarsi sulla coerenza o meno di certe sue scelte e certi comportamenti?

    R. – Molto spesso! Il problema è, a mio parere, soprattutto quello della trasparenza: la conseguenza cioè tra i nostri gesti e le parole che ascoltiamo e che vogliamo vivere. Molte volte ci troviamo tutti nella condizione che non facciamo il bene che vogliamo e ci troviamo a fare il male che, invece, non vogliamo. Ma tutto sta a comprenderlo, a cambiare, a farsi aiutare e soprattutto a non percorrere la via che spesso sembra quella più facile, quella cioè dell’ipocrisia. Il contrario dell’ipocrisia, però, non è una verità astratta o giuridica: il contrario dell’ ipocrisia è l’amore da dare e da chiedere.

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    Il caso Salernitana-Nocerina. Macalli di Lega Pro: tifosi criminali, non è fatto isolato

    ◊   Non si affievoliscono le tensioni della vicenda di domenica scorsa, quando durante la partita di calcio di Lega Pro Salernitana-Nocerina uno stratagemma a base di finti infortuni dei giocatori della squadra ospite ha costretto l’arbitro a decretare dopo soli 20 minuti la fine dell’incontro. Oggi, il giudice sportivo ha decretato la sconfitta a tavolino per 0-3 alla nocerina, i cui giocatori intimiditi e minacciati dai tifosi ultra della squadra, hanno ceduto lasciandosi andare a un comportamento antisportivo. Al microfono di Luca Collodi, il presidente della Lega Pro, Mario Macalli, rigetta accuse di disattenzione e anzi chiede l’intervento di organi superiori contro il fenomeno delle infiltrazioni criminali tra le frange della tifoseria calcistica:

    R. – Pensiamo di muoverci come ci siamo sempre mossi, con la testa alta senza abbassarla di fronte alla delinquenza comune. Non cediamo di fronte a nessuno. Giochiamo al calcio. In un anno e mezzo, abbiamo fatto mille tentativi – coinvolgendo scuole, cercando di parlare con i sindaci – ma ci hanno boicottato addirittura le riunioni.

    D. – Il tifo della Nocerina è un caso isolato nel calcio italiano, parlo di tutte le categorie, o c’è il rischio che questa minoranza possa diventare maggioranza se la politica non fa un passo indietro dallo sport e dal calcio?

    R. – Non è sicuramente una minoranza, non è sicuramente un caso isolato. Questo è un caso eclatante e che qualcuno ha voluto rendere eclatante. L’aereo che ha sorvolato con lo striscione, chi l’ha pagato? Lo sanno chi è quello che fornisce i mezzi finanziari per fare queste cose? Sanno chi sta dietro a queste situazioni, se c’è la malavita, se non c’è e come mai? Quello che si cerca di fare in ogni partita, come offendere, denigrare e usare termini che fanno rabbrividire, è un caso isolato, o è un caso normale? Non mi risulta che sia stato fatto qualcosa per cercare di debellare seriamente queste cose, come hanno fatto in altri Paesi. Si cerca sempre si trovare una scorciatoia, una via di mezzo e fare solo mezzo passo. Ma noi lo facciamo interno il passo: vogliamo portare le famiglie e i ragazzi allo stadio e questa gente va allontanata dai nostri stadi. Non è un caso isolato e basta vedere le partite la domenica: un presidente di Lega viene insultato ogni domenica da gente che non ha mai visto né conosciuto. Quindi, non è isolato ma un fatto ormai normale.

    D. – E’ l’occasione per aprire una riflessione più generale tra sport e società civile. Ma a livello sportivo cosa farà ora la Lega, perché lo sconcerto è che un’intera società come la Nocerina abbia ceduto ad una minoranza violenta di tifosi…

    R. – Lì ci sono le dimissioni in massa di tutto un organo amministrativo. La Lega a tutela del suo buon nome, sotto il profilo civilistico e penale, farà quello che deve fare. Io vengo da una cultura – e non ho nessun timore di portarla avanti – che è quella dell’oratorio. Sono molto felice di venire da quelle zone: mi hanno insegnato cose diverse, ho imparato cose diverse. Noi, comunque, finché stiamo lì andiamo avanti con la nostra testa alta ed eticamente pulita.


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    L’inizio dell’universo: all'Università Gregoriana dialogo tra filosofi, scienziati e teologi

    ◊   Un dialogo tra filosofi, teologi e scienziati è possibile, anche quando si affrontano le questioni fondamentali, come l’origine e la fine di tutte le cose. E proprio all’inizio dell’Universo, ieri, la Pontificia Università Gregoriana ha dedicato un colloquio che ha visto intervenire specialisti delle tre discipline. Lo ha seguito per noi Davide Maggiore:

    Da dove vengono le cose? Come e perché tutto ha avuto inizio? Non esistono, probabilmente, domande più antiche di queste, punto di partenza di una ricerca continua, che coinvolge anche le dettagliate teorie degli scienziati. A riassumere lo stato attuale di queste è padre Gabriele Gionti, fisico teorico della Specola Vaticana:

    “Sicuramente noi sappiamo che la teoria attuale del 'Big Bang' è quella che spiega meglio i dati sperimentali che abbiamo a disposizione fino ad oggi. Noi sappiamo di sicuro che c’è stata una 'fase calda' dell’Universo cui è seguita una fase di raffreddamento. C’è, però, un problema concettuale: non abbiamo attualmente nessuna teoria che spieghi la fisica dei primi istanti dell’Universo. Ci sono varie proposte, ma nessuna di queste teorie è considerata ‘la teoria’”.

    Naturalmente, l’indagine scientifica non chiude la porta allo sguardo - e alle risposte - dell’uomo di fede, prosegue padre Gionti:

    “Il livello scientifico, il livello filosofico e il livello teologico corrono paralleli. Si può essere sicuramente una persona di scienza, fare scienza ad altissimo livello senza che questo, necessariamente, metta in crisi le sue convinzioni religiose. Anzi, molte volte, è facile che una persona di fede trovi delle conferme a posteriori della sua fede. Il fatto che esista un mondo che è razionale, che è spiegabile con le leggi della matematica non è in contrasto con l’idea che esista un Dio benevolente, un Dio di amore che ha creato questo Universo. Anzi, il fatto che è razionale dimostra ulteriormente che questo amore si concretizza in un Universo che è armonioso e perfetto”.

    A sottolineare un concetto analogo è anche la prof.ssa Michelina Tenace, direttore del Dipartimento di Teologia Fondamentale dell’Università Gregoriana:

    “Sia la scienza che la teologia cercano di dare una spiegazione, un’interpretazione e cercano di raggiungere una verità. E allora l’affermazione importante qual è? Che nessuna verità, se è verità, esclude l’altra. L’interesse comune, quindi, è scoprire come questo mondo possa rispondere alla vita, permettere la vita, migliorare la vita: ricerca comune al teologo, al filosofo e allo scienziato”.

    In quest’ambito l’interesse della teologia, aggiunge la prof.ssa Tenace, è rivolto particolarmente alla relazione, in senso ampio, tra Dio, l’uomo e il mondo:

    “Da questa storia della relazione tra l’uomo e Dio, tra Dio e il mondo, tra Dio e la storia del mondo e dell’uomo, è venuta la contemplazione del Dio Creatore. Se Dio è capace di aprire il mare e di farmi attraversare la morte, questo Dio ha creato tutto con bontà, con intelligenza, con sapienza. Dio è amore e in questo amore il teologo si può avvicinare anche alla teologia della creazione”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Mons. Mamberti: Ginevra 2 "primo passo per avviare un processo sofferto"

    ◊   La Conferenza Ginevra 2 “può e deve essere un primo passo fondamentale, almeno per avviare un processo che sarà prevedibilmente sofferto. Non sappiamo ancora che forma prenderà detta Conferenza né se la Santa Sede sarà invitata a parteciparvi come Osservatore. In caso affermativo, la Santa Sede invierebbe una Delegazione per mostrare la sua sollecitudine per il bene della cara nazione siriana e per offrire discretamente ogni possibile collaborazione”. Ad affermarlo in un’intervista all'agenzia Sir, dedicata alla situazione in Siria, è il Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, mons. Dominique Mamberti. Proprio ieri, da Istanbul, è rimbalzata la notizia che la Coalizione nazionale siriana potrebbe essere presente a Ginevra, un’apertura che fa crescere le possibilità di una conferenza di pace entro fine anno. “La Santa Sede - dichiara il Segretario per i Rapporti con gli Stati - auspica e incoraggia la realizzazione della Conferenza di Ginevra 2 con la maggiore partecipazione possibile. Realisticamente non si può pretendere che la Conferenza risolva di colpo un conflitto che è particolarmente complesso e dove sono implicati tanti interessi divergenti da diversi attori non solo locali ma regionali. Tuttavia non c’è un’altra via se non quella della ricerca di un accordo con l’aiuto di tutti”. Nell'ampia intervista mons. Mamberti ribadisce che “non c’è una soluzione militare al conflitto. In tale senso continuare a fornire armi ai contendenti non fa che contribuire ad aumentare le vittime e le sofferenze del popolo siriano. Se la violenza continua non si avranno vincitori ma solo sconfitti”. Tra i principi generali che dovrebbero orientare la ricerca di “una giusta soluzione al conflitto” il rappresentante pontificio ne elenca tre: “è innanzitutto indispensabile adoperarsi per il ripristino del dialogo fra le parti e per la riconciliazione del popolo siriano; occorre poi preservare l’unità del Paese, evitando la costituzione di zone diverse per le varie componenti della società; occorre garantire, accanto all’unità del Paese, anche la sua integrità territoriale. Inoltre sarà importante chiedere a tutti i gruppi - in particolare a quelli che mirano a ricoprire posti di responsabilità nel Paese - di offrire garanzie che nella Siria di domani ci sarà posto per tutti, anche e in particolare per le minoranze, inclusi ovviamente i cristiani”. Per mons. Mamberti restano importanti anche “il rispetto dei diritti umani e di quello della libertà religiosa” come anche il concetto di “cittadinanza, in base al quale tutti, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, sono alla stessa stregua cittadini di pari dignità con eguali diritti e doveri”. (R.P.)

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    Congo: cattolici e anglicani insieme per la pace nei Grandi Laghi

    ◊   Si intitola “Pace nei Grandi Laghi” la campagna congiunta dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale (Aceac, che riunisce i vescovi cattolici di Repubblica Democratica del Congo, Burundi e Rwanda) e dell’Associazione dei vescovi anglicani degli stessi Paesi coperti dall’Aceac. L’iniziativa, aperta al contributo di ogni altra confessione religiosa - riferisce l'agenzia Fides - è stata presentata a Kinshasa da mons. Fridolin Ambongo, vescovo di Bokungu-Ikela, presidente della Commissione “Giustizia e Pace” dell’Aceac e coordinatore della campagna “Pace nei Grandi Laghi”. Facendo riferimento alla recente disfatta dell’M23, il principale gruppo armato che minacciava la sicurezza e l’integrità territoriale del Nord Kivu (nell’est della Rdc), mons. Ambongo ha affermato che “i pastori della Chiesa anglicana e della Chiesa cattolica dei Grandi Laghi gioiscono per i recenti sviluppi della situazione nella regione, in particolare nella parte est della Rdc. Ringraziamo coloro che hanno reso possibile questa evoluzione”. Il vescovo ha aggiunto che per consolidare la pace occorrono non solo gli aiuti della comunità internazionale e ulteriori sforzi diplomatici ma soprattutto “un processo di guarigione e di pacificazione dei cuori feriti per far emergere una vera cultura di pace che favorisca il rispetto dei diritti umani e dei doveri di ogni membro della comunità”. E per raggiungere questo obiettivo la Chiesa cattolica e quella anglicana intendono “apportare il loro contributo, nei limiti delle loro rispettive missioni, coinvolgendo i loro fedeli, i poteri pubblici e tutti gli uomini di buona volontà”. La campagna, che verrà lanciata ufficialmente il 1° dicembre a Goma, capoluogo del Nord Kivu, prevede: testimoniare la fede in Gesù Cristo Principe della Pace; aiutare la popolazione a ricostruire la coesione sociale, “frantumata dalle manipolazioni delle coscienze che hanno coltivato l’odio”; fare emergere alternative di pace che trascendano la pace dei belligeranti; operare per la promozione nella vita pubblica di una solida cultura di giustizia. La Chiesa cattolica e quella anglicana daranno vita ad un’associazione in collaborazione con Cafod (l’agenzia cattolica caritativa di Inghilterra e Galles) e Crs (Catholic Relief Service degli Stati Uniti). Tra le iniziative previste nell’ambito della campagna vi è l’azione di lobbying presso le istanze nazionali e internazionali coinvolte nella regione e la pubblicazione di un Libro Bianco per la pace nei Grandi Laghi che verrà redatto da apposite equipe inviate sul posto dagli istituti universitari cattolici e anglicani. (R.P.)

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    Usa: alla Plenaria dei vescovi, prolusione del card. Dolan sulla libertà religiosa

    ◊   La difesa della causa della libertà religiosa nel mondo e in patria: è questa oggi la priorità della Chiesa negli Stati Uniti. E’ quanto ha detto il card. Timothy Dolan, presidente uscente della Conferenza episcopale (Usccb), aprendo ieri a Baltimora la sessione autunnale dei vescovi. Nel suo ultimo discorso alla guida della Usccb, l’arcivescovo di New York ha parlato delle iniziative che l’episcopato americano potrebbe prendere per difendere questo principio fondamentale diventato una “questione sociale e politica centrale del nostro tempo”. “Come pastori di una delle comunità di fede più fortunate del nostro pianeta, che hanno parlato con convinta unità in difesa della nostra libertà religiosa, dobbiamo diventare la voce dei cristiani la cui vita è oggi a in pericolo, perché non possiamo permettere che le nostre battaglie in patria per la libertà religiosa oscurino la violenza inflitta ai cristiani altrove”. Una violenza - ha evidenziato il card. Dolan, citando l’esempio "'guerra in Siria' e le violenze anti-cristiane in Egitto, India, Nigeria e nell’isola di Zanzibar, in Tanzania - che ci fa dire, come il Beato Giovanni Paolo II, che la nostra è diventata “una nuova era di martiri”. Di qui la necessità di agire. Il presidente della Usccb ha citato in proposito le parole pronunciate il 25 settembre da Papa Francesco che, ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro per all’Udienza generale, aveva chiesto quanti pregassero per i cristiani perseguitati. “Sono convinto – ha detto - che dobbiamo rispondere a questa domanda non solo come singoli vescovi, ma anche collettivamente come organismo”. Tra i suggerimenti proposti ai confratelli una campagna di sensibilizzazione dei fedeli e dell’opinione pubblica attraverso documenti pastorali e i media, ma anche un’azione capillare nelle parrocchie. Soprattutto, ha sottolineato in conclusione il card. Dolan, occorre intervenire presso i leader politici perché facciano della protezione dei cristiani perseguitati nel mondo una priorità della politica estera degli Stati Uniti. All’assemblea ha portato il suo saluto anche il nunzio apostolico negli Stati Uniti mons. Carlo Maria Viganò. Al centro del suo intervento i richiami di Papa Francesco per una Chiesa povera, costruita sull’amore di Cristo e improntata a uno stile di vita coerente con la fede. “Questo - ha sottolineato il presule - è la strada maestra per sensibilizzare la nostra gente sulla verità del nostro messaggio”. I lavori della Plenaria si concludono giovedì. All’ordine del giorno, oltre al tema della tutela della libertà religiosa e dei valori fondamentali, tra cui il matrimonio tradizionale, l’adattamento e la revisione di alcuni testi liturgici; la presentazione di una proposta per la pubblicazione di un documento sulla pornografia; l’individuazione di nuove strategie pastorali e il rinnovamento di diverse cariche direttive e l’approvazione del bilancio preventivo del 2014. (A cura di Lisa Zengarini)

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    L’arcivescovo di Louisville, Kurtz, è il nuovo presidente dei presuli Usa

    ◊   L’arcivescovo di Louisville, Jospeh E. Kurtz, è stato eletto oggi nuovo presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, riunita in questi giorni in plenaria a Baltimora. Mons. Kurtz, 67 anni, che finora era stato vicepresidente dell’episcopato statunitense, succede nella carica all’arcivescovo di New York, Timothy Dolan. (A.G.)

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    Mosca: il card. Scola sulla testimonianza integrale dei fedeli laici

    ◊   “L’indole secolare non può essere pensata a tavolino, ma essendo sempre storicamente determinata, deve essere guadagnata in ogni tempo”. Lo ha detto ieri il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, nel suo secondo giorno di visita in Russia, partecipando - riporta l'agenzia Sir - ad un incontro pastorale a Mosca, sulla figura del laico nella Chiesa. “Parlare di indole secolare - ha spiegato il porporato - significa parlare della missione della Chiesa e, quindi, dei fedeli laici, come intrinsecamente segnata dalla storia. La domanda circa l’identità del fedele laico diventa pertanto essenzialmente pratica”. Si tratta “di individuare come oggi l’indole secolare della Chiesa e, quindi, dei laici debba venir declinata”. Ciò equivale a “identificare i tratti essenziali della missione ecclesiale dei fedeli laici all’inizio del terzo millennio cristiano. Qui diventa decisiva la questione della vocazione-missione dei fedeli laici in Russia”. “I laici - ha precisato il cardinale - sono chiamati a testimoniare nel mondo la bellezza della loro fede. Questa testimonianza integrale, sempre storicamente situata, che valorizza carismi e ministeri, è anche, in forza dell’indole secolare, il dono più grande che possiamo fare ai nostri fratelli, in vista dell’edificazione della vita buona personale e sociale e del buon governo”. Il card. Scola oggi a Mosca incontrerà il patriarca ortodosso russo Kirill. Al centro del colloqui - ha detto nell'incontro con i giornalisti lo stesso porporato - ci saranno "la vita degli ortodossi nella diocesi di Milano, il lavoro comune nel dialogo con l'islam" e la tutela delle comunità cristiane in Medio Oriente. (R.P.)

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    Cina. Al Plenum: sicurezza nazionale, stabilità economica e politica del figlio unico

    ◊   Il terzo Plenum del Partito comunista cinese dell'era di Xi Jinping ha approvato tre documenti-chiave che dovrebbero cambiare l'approccio statale alla legge del figlio unico, alla sicurezza nazionale e alla stabilità economica. La riunione, iniziata il 9 novembre - riporta l'agenzia AsiaNews - si è conclusa oggi a Pechino con un comunicato rilanciato dall'agenzia ufficiale Xinhua: nel testo si parla di due nuove "super-Commissioni" che avranno il compito di coordinare la sicurezza nazionale e le riforme economiche. Secondo il giornale Caixin, che cita fonti interne, la leadership comunista avrebbe inoltre approvato una significativa modifica alla legge sul figlio unico: secondo il nuovo testo, che deve però essere ancora confermato, alle coppie cinesi sarà permesso avere un secondo bambino se entrambi i genitori sono figli unici. La questione demografica è molto sentita in Cina, dove oramai l'invecchiamento della popolazione e il crollo delle nascite - imposto dallo Stato - stanno facendo collassare il sistema pensionistico, sanitario e di welfare. Il documento conclusivo ufficiale conferma che i "circa 400 membri di alto livello del Partito" hanno approvato la nascita di una Commissione per la sicurezza statale che dovrebbe funzionare come una Agenzia per la sicurezza nazionale. I membri della Commissione dovrebbero essere tutti quadri di alto livello del Partito, con il compito di gestire politiche estere e militari. La nuova Commissione per la riforma profonda dell'economia, invece, avrà i suoi vertici nel Politburo. (R.P.)

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    Vietnam. Presidente dei vescovi: Chiesa sia sempre più cattolica e missionaria

    ◊   Una Chiesa "dei poveri, per i poveri", che sia "di tutti e per tutti" realizzando appieno il senso della parola "cattolica", impegnata "nell'annuncio del Vangelo" e nella "costruzione della società", che aiuti nel compito di "rinnovamento delle nostre vite". Sono queste le linee guida e i punti fondanti in tema di pastorale della Chiesa vietnamita, tracciati dal presidente dei vescovi mons. Paul Bui Van Doc - neo coadiutore dell'arcidiocesi di Ho Chi Minh City - nel corso dell'assemblea che ha coinvolto i vertici delle principali congregazioni religiose presenti nel Paese. La riunione - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è tenuta il 5 novembre scorso in un monastero salesiano a Duc Trong, nella diocesi di Dalat, nella parte meridionale degli Altipiani centrali, e vi hanno preso parte diversi prelati. Il documento finale, rilanciato da Eglise d'Asie (EdA) , è stato pubblicato sul sito della Conferenza episcopale vietnamita e costituisce "l'orientamento pastorale della Chiesa di Cristo" nel prossimo futuro. Il messaggio lanciato dal presidente dei vescovi alle congregazioni e alle comunità religiose riprende quanto già indicato - in tema di pastorale - dalla Conferenza episcopale il mese scorso al termine dell'Assemblea generale. E orientata al compito di "Nuova evangelizzazione" che mette al centro la famiglia, le parrocchie e i movimenti religiosi, senza per questo trascurare la società nel suo complesso. Mons. Bui Van Doc aggiunge altri punti sui quali insiste con particolare forza: l'universalità della Chiesa e il suo radicamento in terra vietnamita, sui valori della povertà e della semplicità, con un richiamo al Concilio Vaticano II e alle direttive post-conciliari, "in particolare quelle di Papa Francesco". "La Chiesa di Gesù è nata fra i poveri" sottolinea il coadiutore di Saigon, per questo "deve far sentire la loro voce". Il prelato ricorda i malati, gli oppressi, i perseguitati dei quali è necessario "condividere" la vita, le sofferenze e "assicurare loro aiuto" quando ne hanno bisogno. Per questo è necessario che "la Chiesa stessa" e i suoi uomini siano prima di tutto "poveri". Mons. Paul ricorda anche il bisogno di universalità in base alla quale "è di tutti e per tutti". "Non appartiene a persone o gerarchie" aggiunge, ma "al popolo di Dio". Essa guarda tutti, "anche quelli che ancora non credono", per questo è "assolutamente necessario" il dialogo con tutti. "È quanto - aggiunge - Cristo stesso ha indicato". Il presidente dei vescovi chiede poi un rinnovato impegno "nell'annuncio del Vangelo", oggi più che mai compito dei vietnamiti stessi dopo i secoli di presenza missionaria straniera. Infine, il presidente dei vescovi vietnamiti ricorda il contributo "della Chiesa nella costruzione della società", non come associazione caritativa e filantropica, ma per via della "dimensione sociale del Vangelo". (R.P.)

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    Nucleare: l'Iran apre le porte agli ispettori Aiea

    ◊   Una ‘road map’ per la verifica delle attività nucleari iraniane è stata firmata in occasione della visita a Teheran del capo dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), Yukiya Amano. Secondo alcuni osservatori internazionali si tratta di un semplice accordo tecnico che pur non avendo nulla a che vedere con i negoziati di Ginevra con i Paesi occidentali rappresenta un “buon inizio” oltre che “un gesto di buona volontà” da parte delle nuove autorità iraniane. Il documento in sei punti apre la porta agli ispettori dell’Aiea, che avranno tre mesi di tempo per recarsi nella miniera di uranio di Gachin (sud) e nell’impianto di Arak, i due siti considerati i più strategici e che potrebbero consentire di ottenere elementi di prova in merito al presunto tentativo di Teheran di sviluppare l’arma atomica prima del 2003. Per Amano, l’accordo raggiunto è “una road map per una miglior cooperazione e trasparenza che potrebbe sbloccare i negoziati”, sottolineando che si tratta di un “passo avanti importante che tuttavia non significa la fine del processo c’è ancora molto su cui lavorare per risolvere tutte le questioni in sospeso”. In effetti nemmeno questa volta le autorità iraniane hanno dato il proprio consenso ad un’ispezione dell’Aiea sul sito militare di Parchin, quello dove Teheran avrebbe effettuato diversi test di esplosione convenzionali applicati al nucleare. La ‘road map’ è stata firmata all’indomani di tre giorni di serrati negoziati a Ginevra tra l’Iran e le potenze del gruppo 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu) che si sono conclusi con un nulla di fatto. I colloqui riprenderanno il 20 novembre. Ieri sono state rilasciate dichiarazioni contrastanti sull’esito dell’ultimo round di negoziati a Ginevra. Il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, ha riferito di “progressi considerevoli”, precisando tuttavia che “il più delle ore è servito a Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania per cercare di superare le divergenze tra di loro”. Zarif si è poi detto convinto che “un accordo possa essere raggiunto, a patto che includa la rimozione di tutte le sanzioni occidentali”. Non sono nemmeno mancate le critiche alle parole del segretario di Stato statunitense John Kerry che ha imputato all’Iran “il non raggiungimento di un accordo”. Per il capo della diplomazia iraniana si tratta di “valutazioni contraddittorie che minano la fiducia nel processo avviato proprio per abbattere la mancanza di fiducia reciproca”. Per alcune fonti diplomatiche occidentali “serve solo altro tempo” prima di poter arrivare a un accordo che metta fine a una crisi trentennale sul nucleare iraniano. (R.P.)

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    Pakistan. Lahore: accusato di blasfemia un pastore cristiano. Rischia la vita

    ◊   Accusato di aver insultato il profeta Maometto, denunciato per blasfemia e minacciato di morte da un gruppo estremista islamico: la vittima è Adnan Masih, un pastore cristiano di Lahore. Ieri il procuratore ha ordinato alla polizia di avviare indagini approfondite, e di tenere l'uomo e la sua famiglia sotto protezione fino a quando non sarà chiarita la situazione. Il Jamat-ul-Dawa, l'organizzazione radicale, ha dichiarato però di poterlo uccidere "anche se in custodia delle forze dell'ordine". La vicenda - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha avuto inizio il 7 ottobre scorso per un equivoco. Adnan Masih stava sostituendo il fratello al negozio di occhiali in cui è impiegato, il Diamond Glass. Mentre era lì, il pastore cristiano ha notato su uno scaffale un libro scritto da un leader musulmano che guida l'organizzazione estremista Jamat-ul-Dawa, considerata fuorilegge. Masih ha notato che alcune frasi relative alla Bibbia erano sbagliate, e le ha corrette a penna lasciando poi il libro nel negozio. Il giorno successivo Abid Mehmood, un collega del fratello, ha denunciato Masih alla polizia accusandolo di blasfemia (art. 295A, 295B e 295C del Codice penale pakistano). Venuto a sapere della denuncia a suo carico, il cristiano ha negato ogni responsabilità. Da quel momento però sono iniziate le minacce di morte da parte del Jamat-ul-Dawa, culminate con l'emissione di una fatwa contro Masih. Spaventato per sé e i suoi cari, l'8 novembre scorso l'uomo si è consegnato alla polizia locale, chiedendo protezione. "Siamo spaventati - raccontano i familiari - Adnan non ha scritto nulla contro l'islam. Ha solo corretto alcune cose riguardo Gesù Cristo". Ad AsiaNews padre Arshed John, della diocesi di Lahore, spiega: "Questo è il terzo caso di persecuzione contro i cristiani sfruttando le leggi sulla blasfemia avvenuto in soli due mesi. Spero che la polizia sarà in grado di proteggerlo. Chiedo a tutti, senza distinzione di religione, di pregare per quest'uomo e per la sua famiglia". (R.P.)

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    Nicaragua: la Chiesa cattolica invitata alle consultazioni per la riforma costituzionale

    ◊   La Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen), parteciperà alle consultazioni per la riforma costituzionale, ha annunciato ieri, 11 novembre, il Segretario generale della Cen, il vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Managua, mons. Silvio José Baez. Come riferito all'agenzia Fides, mons. Baez lo ha reso noto pubblicamente, spiegando che la deputata e prima segretaria della presidenza del Parlamento, Alba Palacios, ha invitato formalmente i vescovi a partecipare alla Commissione costituzionale. Questo organismo è incaricato di riformare 39 articoli della Costituzione. I vescovi sono stati invitati all’udienza della Commissione di giovedì prossimo. Mons. Baez ha però chiesto, in una lettera ufficiale inviata al Parlamento, di rinviare l’audizione dei vescovi al 21 o al 22 novembre. Mons. Baez ha spiegato che il motivo del rinvio deriva da impegni pastorali presi da tempo da parte dei vescovi. Inoltre, ha aggiunto il presule, non è facile per alcuni vescovi arrivare dai luoghi più lontani e riflettere su un tema così delicato in poco tempo. "Si tratta del presente e del futuro del Paese", ha sottolineato mon. Baez. Infine i vescovi desiderano elaborare la loro posizione ufficiale sulla riforma costituzione nell’Assemblea annuale della Conferenza episcopale, che si terrà dal 18 al 20 novembre. (R.P.)

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    Messico: riflessione dei vescovi su “L’evangelizzazione in un contesto di violenza”

    ◊   "Stiamo facendo la nostra opera di evangelizzare in un contesto più violento rispetto agli altri Stati e mons. Miguel Patiño Velazquez, vescovo di Apatzingán, forse si trova nella zona più difficile e controversa del Paese" ha affermato il vescovo della diocesi di Zamora, mons. Javier Navarro in una nota inviata all'agenzia Fides, commentando la situazione del Messico all’apertura della 96.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale messicana (Cem). Una realtà che è stata riportata all’apertura dei lavori nel messaggio del presidente della Cem, il card. José Francisco Robles Ortega , arcivescovo di Guadalajara, che ha raccolto i sentimenti dei pastori: "Molti fratelli e sorelle soffrono condizioni drammatiche a causa dell'ingiustizia, della disuguaglianza, dell'emarginazione, della povertà, della migrazione, della confusione, dell'aumento della violenza e dell'insicurezza causata dalla criminalità organizzata, dalla corruzione e dall'impunità, come coraggiosamente hanno denunciato alcuni fratelli nell'episcopato". Non è la prima volta infatti che le autorità della Chiesa alzano la voce contro l'aumento della violenza. Sono diversi mesi che Michoacan viene assediata dalla criminalità organizzata. Finora però la risposta delle autorità è stata inefficace, ha sottolineato mons. Javier Navarro. La drammatica situazione della regione è stata denunciata inoltre da mons. Patiño Velazquez, vescovo di Apatzingán in un messaggio dove si parla apertamente di "uno Stato fallito" cosa che ha indotto alle autorità a rafforzare la sicurezza con elementi della polizia federale e dell'esercito. Il vescovo di Zamora ha sottolineato che i vescovi non sono minacciati, e quindi non devono tacere né accettare accordi con la criminalità organizzata. Egli ha annunciato che il 14 novembre, durante la 96.ma Assemblea plenaria della Cem, i vescovi di Michoacan e Guerrero guideranno un forum su come evangelizzare in un contesto di violenza. (R.P.)

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    Sudan: 7 mila abitanti del Sud Darfur privi di acqua potabile e servizi di base

    ◊   Gli oltre 7 mila abitanti di Mazroub, a nord di Adila, nel Sud Darfur, sono a corto di servizi basilari. Secondo informazioni diffuse dalla locale Radio Dabanga non c’è un medico in tutta l’area. I malati - riporta l'agenzia Fides - hanno come unica opportunità il soccorso di un operatore sanitario della Military Petrol Guard Unit. E’ carente anche l’acqua potabile e, attualmente, la popolazione beve quella piovana raccolta durante la stagione delle piogge. Solo la scorsa settimana un’organizzazione umanitaria è riuscita a portare un po’ di acqua con le autobotti. Le scuole della zona sono chiuse perchè mancano una programmazione fissa e gli insegnanti. Nell’area limitrofa di Dereiga, sono circa 700/800 studenti privi di regolare scolarizzazione. Gli insegnanti, molti dei quali vivono lontani dalle scuole, vanno e vengono anche perchè i loro stipendi non sono retribuiti. Radio Dabanga ha voluto diffondere un messaggio al Governo centrale e alle organizzazioni della società civile dicendo che la situazione si sta aggravando e la gente di Mazroub ha urgente bisogno di aiuti umanitari. (R.P.)

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    Papua Nuova Guinea: la famiglia al centro del Piano pastorale della Chiesa

    ◊   In ascolto delle istanze e delle prospettive che saranno sollevate durante il prossimo Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia, indetto da Papa Francesco, la Chiesa in Papua nuova Guinea intende mettere la famiglia al centro del nuovo Piano pastore che occuperà il prossimo quinquennio. E’ quanto emerge dalla Assemblea generale della Chiesa cattolica in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, in corso a Madang. Come riferito all'agenzia Fides dall’Ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale locale, l’Assemblea, a cui partecipano oltre 130 delegati da 22 diocesi, ha riflettuto sull’importanza di pianificare anche per portare avanti l’opera di evangelizzazione. “Un piano pastorale che abbraccia un arco di tempo di diversi anni – ha sottolineato padre John Willio, vicario dell’arcidiocesi di Port Moresby – deve avere obiettivi realistici e flessibili e includere ogni aspetto della vita umana e cristiana”, prevedendo “un'azione che sia radicata nella preghiera e nella contemplazione”. “L’opera è del Signore, non nostra”, ha rimarcato il nuovo nunzio Apostolico in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, mons. Michael Banach, portando all’Assemblea i saluti di Papa Francesco e un messaggio della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Nel piano che è in via di elaborazione, un posto rilevante sarà assegnato alla vita in famiglia, che abbracci anche temi come la gioventù, l'istruzione e la sessualità. Fra le questioni emerse nel dibattito assembleare, i presenti hanno notato “l’emergenza educativa”, per i giovani che non frequentano le scuole; la pratica della convivenza di coppia, fuori dal matrimonio; il declino del matrimonio religioso tradizionale; la poligamia; le adozioni. Come riferito a Fides, sulla base di tali sfide sociali, che interpellano fortemente la Chiesa cattolica, l’Assemblea si sta orientando a dare centralità alla cura pastorale della famiglia. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 316

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