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Sommario del 10/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • La preghiera silenziosa del Papa in piazza San Pietro per le vittime del tifone nelle Filippine
  • Francesco all’Angelus: la vita eterna è un’altra vita, la morte sta alle nostre spalle
  • La crisi impone di eliminare le barriere dell'ingiustizia: così il Papa nella prefazione a libro del card. Bertone
  • Beatificazione a Paderborn di Madre Maria Teresa Bonzel, una vita spesa per i più deboli
  • Oggi in Primo Piano

  • Africa: economia cresce del 5%, ma gran parte popolazione resta poverissima
  • Giornata del Ringraziamento. La Cei: i giovani in agricoltura non si rassegnino
  • Festival musica e arte sacra: stasera concerto a San Paolo furo la Mura
  • Renoir, pittore della gioia e della felicità. Prestigiosa mostra a Torino
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nucleare iraniano: sfuma l’accordo a Ginevra tra le grandi potenze e Teheran
  • Inghilterra e Galles: Plenaria dei vescovi su unioni gay, carceri ed Anno della fede
  • Brasile: 11 milioni vivono ancora in "favelas"
  • Terra Santa: impegno di Custodia e Patriarcato per le case dei cristiani
  • Luce della pace: lanterna di Betlemme a Papa Francesco passando per l'Austria
  • Egitto: Tawadros rinuncia a celebrare l'anniversario del suo insediamento
  • America Latina: l’Incontro di Guadalupe chiude l’Anno della Fede nel continente
  • Il Papa e la Santa Sede



    La preghiera silenziosa del Papa in piazza San Pietro per le vittime del tifone nelle Filippine

    ◊   Preghiere e aiuti concreti ha chiesto il Papa all’Angelus per la popolazione filippina travolta dal tifone Haiyan, il più violento ad aver mai colpito il Paese asiatico. Una tragedia in atto: 10 mila i morti stimati nella sola isola di Leyte e altri 300 a Samar. Ascoltiamo l’appello accorato di Francesco:

    “Desidero assicurare la mia vicinanza alle popolazioni delle Filippine e di quella regione, che sono state colpite da un tremendo tifone. Purtroppo le vittime sono tante e i danni enormi. Preghiamo un attimo in silenzio, e poi alla Madonna, per questi nostri fratelli e sorelle, e cerchiamo di far giungere ad essi anche il nostro aiuto concreto. Preghiamo in silenzio”. (Recita "Ave Maria")

    Il Papa ha anche espresso il suo cordoglio al presidente filippino Benigno Aquino, in un telegramma a firma del segretario di Stato, mons. Pietro Parolin, dove si dice "profondamente addolorato per la distruzione e la perdita di vite umane", solidale "con tutte le persone colpite dal tifone", vicino a "coloro che piangono la perdita dei loro cari" o "che hanno perso le loro case", incoraggiando le autorità civili e i soccorritori e invocando la benedizione di Dio perchè dia "forza e consolazione alla Nazione."

    Immagini strazianti dei sopravvissuti e sullo sfondo distruzione e desolazione: è ciò che appare nei filmati dopo il passaggio del supertifone Haiyan sulle Filippine, dove la conta delle vittime durerà giorni, man mano che verranno ristabiliti i contatti con le zone più devastate. La cronaca dei fatti nel servizio di Marco Guerra:

    Le Filippine sono sopraffatte dall'entità del disastro provato dal super tifone Haiyan, malgrado da giorni fosse stato annunciato come la più potente tempesta che abbia mai colpito l’arcipelago. Tacloban, capoluogo della provincia di Leyte, è “totalmente distrutta”. Dopo una perlustrazione in elicottero sulla città, il ministro dell'Interno, Manuel Roxas, ha riferito che "nessuna struttura è rimasta in piedi fino a un chilometro all'interno”. In diverse aree mancano elettricità, acqua e viveri, e i sopravvissuti "camminano come zombie in cerca di cibo", riferiscono testimoni che segnalano anche atti di sciacallaggio, in alcuni casi a opera di uomini armati. Situazione gravissima anche nell’isola di Samar, dove alle circa 300 vittime accertate si aggiungono 2000 dispersi. Ora la difficoltà sta nel raggiungere le aree devastate dai venti fortissimi e da onde alte sei metri e ricoperte di detriti di ogni tipo. I corpi di centinaia di persone giacciono sotto cumuli di macerie o nelle case allagate, altre centinaia di cadaveri sono stati allineati e ricoperti in qualche modo. L’Unicef ha stimato che oltre 4 milioni di persone sono state colpite, di queste il 40% sono bambini sotto i 18 anni. Il presidente filippino, Benigno Aquino, sarà in visita oggi nelle zone colpite, dopo l’incontro con la protezione civile in cui ha assicurato che “il governo ha i mezzi per intervenire”. Si stanno mobilitando anche agenzie umanitarie e organizzazioni straniere. A Washington il capo del Pentagono, Chuck Hagel, ha annunciato che gli Stati Uniti invieranno aiuti militari. Mentre l'Ue ha già stanziato 3 milioni di euro per i primi soccorsi. Ma per saperne di più sulla situazione nel Paese e lo stato dei soccorsi abbiamo sentito padre Giovanni Re, missionario del Pime nelle Filippine:

    R. - L’immagine è peggiore di quello che ci si aspettasse, perché era già stato preannunciato che sarebbe stato un super-tifone e quindi, già da due giorni prima che arrivasse il tifone, parecchia gente era stata spostata in luoghi un po’ più sicuri. Più che i danni sono i morti che sorprendono, proprio per questa preparazione che era stata fatta…

    D. - Quindi non era una tragedia evitabile: si è fatto tutto il possibile?

    R. - So che il presidente si è lamentato, perché anche lui non si aspettava un numero così alto di morti. Anche lui adesso vorrebbe chiedere e aprire una inchiesta per capire come mai sia potuto succedere tutto questo. Però purtroppo la violenza di questo super-tifone, probabilmente, è andata al di là anche delle più peggiori aspettative.

    D. - Nelle aree più colpite, qual è la situazione dei soccorsi?

    R. - Questo è il vero problema attuale. In molte zone colpite, quelle più devastate, c’è ancora mancanza di elettricità e anche di comunicazione: quindi telefono e anche con i cellulari è molto, molto difficile… Di conseguenza la priorità, stabilita dal governo, è stata proprio quella di riportare al più presto possibile l’elettricità e soprattutto di ristabilire le comunicazioni. Quindi bisognerà aspettare ancora alcuni giorni per avere un’idea più definitiva di quello che è veramente successo. Ci sono ancora alcune zone isolate: le stanno raggiunge adesso…

    D. - Qual è l’emergenza più urgente da risolvere nelle aree colpite?

    R. - Per la gente comune è certamente cibo, medicine e un posto dove stare a dormire. Da un punto di vista logistico, invece, oltre a ristabilire ovunque l’elettricità e le comunicazioni, serve sgomberare le strade per poter raggiungere al più presto i posti più colpiti. Già tutti si sono mossi e stanno facendo - come sempre - una raccolta di fondi e di materiale da mandare alla gente che ha bisogno. Anche la Chiesa, che è molto radicata nelle varie zone, sicuramente farà la sua parte - come ha sempre fatto anche in passato - usando le diocesi e le varie organizzazioni all’interno delle diocesi.

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    Francesco all’Angelus: la vita eterna è un’altra vita, la morte sta alle nostre spalle

    ◊   “La vita eterna è un’altra vita” e “la morte sta dietro”, “non davanti a noi”, ha detto Francesco, all’Angelus rivolto ai fedeli raccolti in Piazza San Pietro, affrontando il tema della Resurrezione. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “La vita eterna è un’altra vita, in un’altra dimensione”. I risorti “saranno come gli angeli, e vivranno in uno stato diverso, che ora non possiamo sperimentare e nemmeno immaginare”. Così il Papa riprendendo il Vangelo domenicale, dove Gesù in risposta ai Sadducei, che vogliono ridicolizzare la fede nella resurrezione dei morti, afferma “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per Lui”

    "E questo è il legame decisivo, l’alleanza fondamentale, l’alleanza con Gesù: Lui stesso è l’Alleanza, Lui stesso è la Vita e la Risurrezione, perché con il suo amore crocifisso ha vinto la morte".

    E grazie a Gesù, ha spiegato Francesco, tutti “hanno la speranza di una vita ancora più vera di questa.”

    “La vita che Dio ci prepara non è un semplice abbellimento di questa attuale: essa supera la nostra immaginazione, perché Dio ci stupisce continuamente con il suo amore e con la sua misericordia”.

    Dunque “non è questa vita – ha ricordato il Papa - a fare da riferimento all’eternità, ma è l’eternità a illuminare e dare speranza alla vita terrena di ciascuno di noi!

    “Se guardiamo solo con occhio umano, siamo portati a dire che il cammino dell’uomo va dalla vita verso la morte”.

    Ma “Gesù capovolge questa prospettiva”:

    “e afferma che il nostro pellegrinaggio va dalla morte alla vita: la vita piena! Noi siamo in cammino, in pellegrinaggio verso la vita piena e quella vita piena è qualla che ci illumina nel nostro cammino! Quindi la morte sta dietro, alle spalle, non davanti a noi. Davanti a noi sta il Dio dei viventi….”

    Ed ha concluso:

    “sta la definitiva sconfitta del peccato e della morte, l’inizio di un nuovo tempo di gioia e di luce senza fine.”

    Dopo la recita dell’Angelus, il Papa oltre a pregare la Madonna per le vittime del Tifone nelle Filippine, ha voluto ricordare un tragico anniversario, quello della ‘notte dei cristalli’:

    “le violenze della notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 contro gli ebrei, le sinagoghe, le abitazioni, i negozi segnarono un triste passo verso la tragedia della Shoah. Rinnoviamo la nostra vicinanza e solidarietà al popolo ebraico, i nostri fratelli più grandi, maggiori. E preghiamo Dio affinché la memoria del passato, la memoria dei peccati passati ci aiuti ad essere sempre vigilanti contro ogni forma di odio e di intolleranza”.

    Francesco ha quindi reso omaggio alla madre Maria Teresa Bonzel, vissuta nell800, fondatrice delle Povere Suore Francescana dell’Adorazione Perpetua, che sarà beatificata oggi pomeriggio a Paderborn in Germania: una vita la sua di “carità instancabile” verso i più deboli.

    Poi ancora Francesco, nell’odierna Giornata del Ringraziamento, celebrata in Italia, ha espresso la sua “vicinanza al mondo agricolo, specialmente ai giovani che hanno scelto di lavorare la terra”

    “Incoraggio quanti si impegnano perché a nessuno manchi un’alimentazione sana e adeguata”.

    Tra i fedeli presenti in piazza San Pietro, il Papa ha rivolto un indirizzo particolare ai fedeli liguri accompagnati dal cardinale Angelo Bagnasco.

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    La crisi impone di eliminare le barriere dell'ingiustizia: così il Papa nella prefazione a libro del card. Bertone

    ◊   La vera sfida per il futuro dell’umanità è quella di costruire una pace e uno sviluppo che non escludano nessuno: è quanto afferma Papa Francesco nella sua prefazione al libro del cardinale Tarcisio Bertone intitolato “La diplomazia pontificia in un mondo globalizzato” (edito dalla Libreria Editrice Vaticana), che sarà presentato martedì 12 novembre, alle ore 17.00, nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La crisi globale che stiamo vivendo – scrive Papa Francesco – ci impone di “eliminare le tante barriere che hanno sostituito i confini: disuguaglianze, corsa agli armamenti, sottosviluppo, violazione dei diritti fondamentali, discriminazioni, impedimenti alla vita sociale, culturale, religiosa”. Il nostro futuro, infatti, non dovrà parlare solo “il linguaggio della pace e dello sviluppo” ma essere capace “nei fatti di includere tutti, evitando che qualcuno resti ai margini”.

    In questo contesto – afferma il Papa - la diplomazia è “un servizio, non un'attività ostaggio di interessi particolari dei quali guerre, conflitti interni e forme diverse di violenza sono la logica, ma amara, conseguenza; né strumento delle esigenze di pochi che escludono le maggioranze, generano povertà ed emarginazione, tollerano ogni genere di corruzione, producono privilegi e ingiustizie”.

    “La crisi profonda di convinzioni, di valori, di idee – osserva ancora il Pontefice - offre all'attività diplomatica una nuova opportunità, che è allo stesso tempo una sfida. La sfida di concorrere a realizzare tra i diversi popoli delle nuove relazioni veramente giuste e solidali per cui ogni Nazione e tutte le persone siano rispettate nella loro identità e dignità, e promosse nella loro libertà”.

    “Di fronte a questa globalizzazione negativa che è paralizzante – sottolinea - la diplomazia è chiamata a intraprendere un compito di ricostruzione riscoprendo la sua dimensione profetica, determinando quella che potremo chiamare utopia del bene, e se necessario rivendicandola”. “La vera utopia del bene, che non è un'ideologia né sola filantropia, attraverso l'azione diplomatica può esprimere e consolidare quella fraternità presente nelle radici della famiglia umana e da lì chiamata a crescere, a espandersi per dare i suoi frutti”.
    Occorre rompere “la logica dell'individualismo”. In questo senso – prosegue il Papa - “la prospettiva cristiana sa valutare sia ciò che è autenticamente umano sia quanto scaturisce dalla libertà della persona, dalla sua apertura al nuovo, in definitiva dal suo spirito che unisce la dimensione umana alla dimensione trascendente. Questo è uno dei contributi che la diplomazia pontificia offre all'umanità intera, operando per far rinascere la dimensione morale nei rapporti internazionali, quella che permette alla famiglia umana di vivere e svilupparsi assieme, senza diventare nemici gli uni degli altri”. “È il rifiuto dell'indifferenza o di una cooperazione internazionale frutto dell'egoismo utilitaristico, per fare invece attraverso organi comuni qualcosa per gli altri”.

    Infatti – scrive Papa Francesco – “non sarà facendo prevalere la ragion di Stato o l'individualismo che elimineremo i conflitti o daremo ai diritti della persona la giusta collocazione. Il diritto più importante di un popolo e di una persona non sta nel non essere impedito di realizzare le proprie aspirazioni, bensì nel realizzarle effettivamente e integralmente. Non basta evitare l'ingiustizia, se non si promuove la giustizia”.

    Il Papa ricorda il servizio del cardinale Bertone come segretario di Stato “a sostegno generoso e fedele” del pontificato di Benedetto XVI: “la sua pacata e matura esperienza di servitore della Chiesa – scrive - ha aiutato anche me, chiamato alla sede di Pietro da un Paese lontano, nell'avvio di un insieme di relazioni istituzionali doverose per un Pontefice”.

    Quindi conclude: “la storia, la cui misura è la verità della croce, renderà evidente l'intensa azione del cardinale Bertone, che ha dimostrato anche di avere la tempra piemontese del gran lavoratore che non lesina nelle fatiche nel promuovere il bene della Chiesa, preparato culturalmente e intellettualmente e animato da una serena forza interiore che ricorda la parola dell'apostolo delle genti: ‘Di null'altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati’ (Galati, 6, 14)”.

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    Beatificazione a Paderborn di Madre Maria Teresa Bonzel, una vita spesa per i più deboli

    ◊   In Germania, la diocesi di Paderborn è in festa, questa domenica, per la beatificazione di Madre Maria Teresa Bonzel, fondatrice delle Povere Suore Francescane dell’Adorazione Perpetua. Una vita, la sua, spesa a servizio dei più deboli: dei poveri, degli ammalati e soprattutto degli orfani. A rappresentare il Santo Padre a Padeborn, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Roberta Barbi:

    Al secolo si chiamava Regina Cristina Guglielmina, ma per tutti, affettuosamente, era “Aline”. Il suo nome cambiò di nuovo in Maria Teresa quando a 20 anni e con il parere contrario dei genitori decise di entrare nel Terz’Ordine francescano: come il Poverello d’Assisi, anche lei veniva da una famiglia ricca, ma era attraverso l’assistenza ai poveri che il Signore la chiamava a sé. Una vocazione, la sua, nata presto, ma che poté realizzarsi solo in età adulta e per questo, a Paderborn, la sua Beatificazione è ancora più festeggiata, come sottolinea il cardinale Angelo Amato:

    “La beatificazione di Madre Maria Teresa Bonzel è un dono della Divina Provvidenza alla diocesi, ma anche alle Suore e alla stessa città di Paderborn. La nuova Beata mostra che la parola di Gesù ha trovato in lei un cuore atto a far fruttificare l'eroismo della carità e della santità”.

    A 33 anni il vescovo della città le consentì di dar vita a un Istituto religioso che adottasse la Regola francescana e così nacquero le Povere Suore francescane dell’Adorazione, congregazione della quale Madre Maria Teresa fu superiora generale fino alla morte, avvenuta nel 1905. Il primo “monastero” delle religiose era una camera in affitto, poi, grazie al coraggio e al carisma della nuova Beata, si unirono molte altre donne che iniziarono a ospitare orfani, nel segno della carità, come ricorda ancora il cardinale Amato:

    “Lo spirito di preghiera era proprio caratteristico della nostra Beata, così come, ovviamente, la sua carità. In modo particolare la sua spiritualità era caratterizzata dall'abbandono alla Divina Provvidenza, soprattutto nelle prove e nelle malattie. La sua devozione eucaristica era esemplare e spesso la si vedeva in ginocchio nel coretto della cappella in adorazione. La sua carità materna si estendeva ai bambini in collegio e anche fuori; inoltre, si preoccupava che dopo il collegio ciascuno dei ragazzi trovasse un buon posto e fosse alloggiato presso una buona famiglia”.

    Madre Maria Teresa era una luce di speranza per gli orfani e i malati di cui si occupava; giorno dopo giorno accoglieva in modo così naturale la Grazia Divina che come una manna benefica sostenta i nostri propositi di bene, mostrando che la santità può essere di tutti, come spiega il cardinale Amato:

    “La Beata Maria Teresa Bonzel ci ricorda che la santità non è un privilegio per pochi, ma il traguardo di tutti i battezzati, dal momento che il Battesimo infonde in tutti le virtù soprannaturali della fede, della speranza e della carità, che consentono di crescere e maturare nella perfezione cristiana”.

    Al momento della sua morte in Germania erano attive 870 suore in 71 case, ma la congregazione si era già spinta oltreoceano: in America lavoravano 700 religiose in 42 strutture. Oggi, nel mondo, le Povere Suore Francescane dell’Adorazione Perpetua sono presenti anche in Brasile e nelle Filippine. Su di loro veglia la nuova Beata, sepolta nell’antico mausoleo di Olpe e a loro, ma anche a tutti noi, va il suo insegnamento speciale di donazione totale di sé e di risposta all’odio con l’amore e con il bene che diffonde gioia e pace, come ci illustra il cardinale Amato:

    “Alle Suore ella ricorda che il fine della consacrazione religiosa è la santificazione attraverso i consigli evangelici. Anche a noi rivolge un invito alla santità. Papa Francesco, nella scorsa solennità di Tutti i Santi, ci ha detto: «I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi. E allora che cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l'amore di Dio, i Santi lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e senza ipocrisia»”.

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    Oggi in Primo Piano



    Africa: economia cresce del 5%, ma gran parte popolazione resta poverissima

    ◊   Come ormai da qualche anno, anche nel 2013 l’Africa avrà, complessivamente, un tasso di crescita economica vicino al 5%, secondo il rapporto African Economic Outlook. Ma la povertà colpisce ancora molti abitanti del continente, e le risorse naturali africane spesso prendono la strada di Paesi in altri Continenti. Su queste due realtà contrastanti, Davide Maggiore ha sentito l’opinione dell’ambasciatore Emanuele Pignatelli, a lungo rappresentante diplomatico italiano in Eritrea:

    R. – Le due Afriche convivono. Quello che è importante è che l’Africa sta cercando di darsi linee politiche proprie da seguire, possibilmente su base continentale. In questo è importante il ruolo sia dell’Unione Africana sia delle organizzazioni regionali. Certo, l’Ecowas (Economic Community of West African States) in Occidente è più forte dell’Igad (Intergovernamental Authority on Development) ad Oriente; ci sono Paesi ricchi, più omogenei in risorse minerarie e petrolifere, altri più aperti al commercio, come l’Africa orientale. La storia insegna che l’Africa ha sofferto per la politica commerciale sbilanciata imposta dalle potenze. Lo conferma anche – purtroppo – la fine del mondo bipolare.

    D. – Quanto pesa per lo sviluppo economico dell’Africa la stabilità interna e la democrazia interna dei vari Paesi?

    R. – La stabilità non è la chiave risolutiva, perché stabilità può essere anche ‘addormentarsi’ e non fare politica, perpetuarsi al potere. Ma quando c’è vera democrazia, c’è un dibattito, un’apertura. Può essere doloroso – come succede ora nei Paesi del Nordafrica – ma è fondamentale che la gente si senta convinta di poter partecipare.

    D. – Non bisogna però nascondere che rimangono degli ostacoli allo sviluppo economico dell’Africa: ad esempio, i trasporti…

    R. – I trasporti incidono, in Africa, per la cifra mostruosa del 77 per cento sul costo del prodotto finito. Questo spiega anche la volontà della Cina, che forse prima o poi anche altri Paesi seguiranno, di de-localizzare in Africa alcune produzioni, anche se questo è inevitabile che crei attriti con i produttori locali che si vedono inondati da un know-how superiore, da un finanziamento più abbondante.

    D. – Esiste un modello di cooperazione che possa permettere una partnership positiva, in cui anche le Nazioni africane conservino un loro ruolo?

    R. – Il G8 aveva l’abitudine di invitare Paesi africani alle sue riunioni annuali per informarli delle decisioni prese. Si è chiesto che questi Paesi inviino i loro rappresentanti, a livello di capo di Stato, per partecipare al processo decisionale, in modo da poterlo seguire. E questa è una chiave perché quei Paesi esercitino fin dall’inizio la loro partnership e indichino loro stessi come superare strettoie universitarie, informatiche, di trasporti …

    D. – Parlando di economia non si può non parlare anche di risorse umane. Per l’Africa, in questo momento, sono ancora un ostacolo o incominciano ad essere un’opportunità?

    R. – Il discorso è delicato, perché ho l’impressione che la demografia proceda più in fretta della creazione di posti di lavoro. Gli africani sono oggi un miliardo; diventeranno due miliardi nel 2040: questo crea dei problemi di formazione. C’è anche un problema nel problema: se lei manda troppi giovani a studiare fuori, non è detto che tutti ritornino. Molti rimangono, perché trovano più conveniente esercitare la professione di medico, di docente nei Paesi dove hanno studiato. Quindi, se la demografia riuscirà a tenere il passo dello sviluppo, non tanto della produzione, quanto della creazione di impiego, allora è senz’altro una risorsa.

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    Giornata del Ringraziamento. La Cei: i giovani in agricoltura non si rassegnino

    ◊   E’ dedicato ai giovani in agricoltura il messaggio per la Giornata del Ringraziamento, indetta dalla Cei per oggi. Riprendendo le parole del Papa, il documento invita i giovani a non rassegnarsi “trasformando la necessità in scelta” e si appella agli imprenditori agricoli affinché valorizzino la passione lavorativa di chi arriva in Italia “creando le condizioni per un’integrazione graduale”. Alessandro Guarasci ha sentito Stefano Masini responsabile ambiente e consumi di Coldiretti:

    R. - Decisamente i giovani si affacciano al comando, alla dirigenza delle imprese agricole e trasformano le modalità di organizzazione, le direzioni di mercato delle produzioni. Sempre di più con creatività, fantasia e anche possibilità di successo e profitto, i giovani testimoniano il cambiamento profondo che l’agricoltura in questi anni ha conosciuto, guardando più da vicino al mercato, agli interessi dei cittadini consumatori e, in un ambito di multifunzionalità, mettendo a disposizione beni e servizi di grande qualità, legati al territorio e capaci di trasformare la campagna in luogo di turismo, accoglienza, benessere e salute.

    D. - Ma questa che cos’è semplicemente una risposta alla crisi oppure una voglia anche di tornare alle origini?

    R. - Quest’anno le Facoltà di Agraria sono state prese d’assalto: risultano gli studi più selezionati dagli studenti, pensando al loro futuro. C’è un passaggio generazionale in corso. Lavorare in campagna non è più come in passato una scelta di secondo livello, ma è proprio una decisione che guarda con ottimismo ad un futuro legato anche alla qualità della vita, a modelli di soddisfazione economica e sociale.

    D. - Nel messaggio si mette anche in luce l’importanza del credito: vanno fatti passi in avanti su questo fronte, anche per quanto riguarda il settore agricolo?

    R. - Per i giovani occorre attivare dei flussi che privilegino questo investimento con larghezza di provviste. D’altra parte il prezzo dei terreni agricoli è insidiato da rendite di usi alternativi: ricordiamo che la campagna è spesso aggredita da intenti speculativi e questo innalza il prezzo dei terreni, mentre bisognerebbe privilegiare con misure fiscali di sostegno, appunto, i giovani che scelgono di risiedere in campagna e di presidiare un territorio a beneficio anche degli interessi collettivi, per tutte le esternalità e le funzioni positivi che - a partire dalla difesa e dalla stabilità idrogeologica - gli agricoltori svolgono sul territorio.

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    Festival musica e arte sacra: stasera concerto a San Paolo furo la Mura

    ◊   Tutelare i beni della Chiesa è importante, ma lo è ancor più aiutare le persone. È su questa precisa volontà di Papa Francesco che il Festival di Musica e Arte Sacra – che stasera alle 21 chiude la 12.ma edizione con la Nona di Beethoven nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura – ha deciso di sostenere un progetto di solidarietà a Caracas, promosso dai Padri Salvatoriani. Al microfono di Patricia Ynestroza, ne parla Annita Di Donato, responsabile delle comunicazioni della Fondazione SOFIA, onlus dei religiosi Salvatoriani impegnata nel progetto:

    R. – Questo concerto che c’è stato in qualche modo regalato dal Festival, ci permetterà di raccogliere fondi per i progetti dei nostri Padri Salvatoriani. In particolare, è un progetto, che si svolge nelle baraccopoli, negli slum di Catia, una grande zona di Caracas in Venezuela. In questa baraccopoli, abitano circa un milione di persone senza servizi, dove i bambini sono completamente abbandonati a loro stessi, alla violenza e alla sopraffazione. I Padri, dunque, hanno realizzato un progetto incredibile in questa baraccopoli, composto da tutta una serie di attività per i bambini e per i ragazzi: case famiglia per bambini abbandonati, strutture per mandare a scuola i bambini, scuole particolari per recuperare i bambini, che hanno abbandonato la scuola. I Padri Salvatoriani da diversi anni lavorano in questo barrio, in questa baraccopoli, e fanno cose assolutamente straordinarie. Con questo concerto noi chiederemo alle persone che verranno, ma anche a chi ci ascolta, di poterci aiutare a raccogliere fondi per la Fondazione Sofia. Intanto, chiederemo al pubblico che si presenterà al concerto di fare una donazione libera, in base assolutamente alle proprie possibilità. Poi chiediamo, se vorranno aiutarci, di andare su www.fondazionesofia.org, il nostro sito, per fare una donazione a favore di questo progetto.

    D. – La Fondazione Pro Musica ed Arte Sacra poi ha deciso di dedicare questa edizione del Festival a Papa Francesco...

    R. – Sì, il Papa è stato eccezionale come sempre. Lui ha chiesto esplicitamente che quest’anno il Festival, oltre a raccogliere fondi per quelle che sono le tematiche del restauro dei monumenti per l’arte sacra, potesse avere anche un momento di sostegno alle persone. Ha chiesto, dunque, che uno dei concerti fosse dedicato a una causa. Questi bambini, quindi, che poi saranno aiutati, lo saranno stati direttamente dalla volontà di Papa Francesco.

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    Renoir, pittore della gioia e della felicità. Prestigiosa mostra a Torino

    ◊   La Galleria civica d’Arte Contemporanea di Torino ospita fino al prossimo 23 febbraio una prestigiosa mostra dedicata a Pierre Auguste Renoir, protagonista di spicco, tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento, della grande stagione dell’Impressionismo francese. Sessanta i capolavori, alcuni dei quali per la prima volta in Italia, provenienti dal Musée d’Orsay e dal Musée de l’Orangerie. Paolo Ondarza:

    Pittore della sensazione e della magia del colore, Renoir è in mostra a Torino: dagli anni della bohéme all’universo femminile reso da pennellate pastose capaci di introspezione psicologica; dalla rappresentazione della vita parigina di fine Ottocento con “l’altalena”, la “danza in campagna” o “in città”, “le ragazze al piano”, ai paesaggi per arrivare allo studio dei fiori e concludere con i grandi nudi della stagione finale. Opere non solo legate all’esperienza impressionista, ma tutte accomunate dalla stessa tensione alla gioia e alla felicità. Il curatore Riccardo Passoni:

    Renoir voleva riprendere una dimensione positiva delle cose. È una pittura ricca di colore, di atmosfere, di sensazioni; non ha mai momenti cupi.

    Una pittura d’affetti quella di Renoir: i soggetti ritratti sono le fidanzate, la moglie, i figli, gli amici. Di sentimenti sono pervasi anche i paesaggi. Per la prima volta dal 1939 è possibile ammirare la sinfonia di verde ne “Il pero d’Inghilterra”:

    C’è questo paesaggio verde, viali sfocati, una natura rigogliosa che percepisci proprio fisicamente.

    A chiudere la mostra le “Grandi bagnanti”, idillio del nudo en plen air, elegia del bello negli anni della fine della prima guerra mondiale, ultimo canto alla gioia nonostante i dolori della malattia, omaggio a Tiziano e Rubens, trampolino per le ricerche artistiche future. Ancora Passoni:

    Questo gruppo di donne quasi “sfaldate”, integrate in un paesaggio dai colori sfolgoranti, da l’idea del Renoir “ultimo” sul fine dell’esistenza che però non cessa di godere del colore, godere della pittura e fare ricerca anche dal punto di vista formale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nucleare iraniano: sfuma l’accordo a Ginevra tra le grandi potenze e Teheran

    ◊   Accordo sfumato sul programma nucleare iraniano dopo il nuovo round di negoziati a Ginevra fra la delegazione di Teheran e il gruppo di Paesi del 5+1 (Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania). L’intesa sembra comunque vicina, ma nonostante i progressi concreti riconosciuti da tutte le parti le trattative si sono concluse in nottata con un nulla di fatto. I colloqui riprenderanno “il 20 novembre”, ha annunciato l'Alto rappresentante della politica estera Ue, Catherine Ashton. Soddisfazione viene espressa dal premier israeliano, Benyamin Netanyahu, che ha definito “pericoloso” un accordo con l’Iran. Parole che anticipano l’arrivo a Gerusalemme del sottosegretario Usa, Wendy Sherman, che aggiornerà il governo ebraico sulla trattativa sul nucleare.

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    Inghilterra e Galles: Plenaria dei vescovi su unioni gay, carceri ed Anno della fede

    ◊   L’impatto della nuova legislazione che dà il via ai matrimoni gay, un appello affinché i cappellani cattolici nelle prigioni e negli ospedali non finiscano vittime dei tagli introdotti dal Governo Cameron e la fine dell’Anno della fede, che coincide con l’estensione del programma di evangelizzazione “Oltre la soglia” dalla diocesi di Nottingham al resto del Regno Unito. Sono i temi più importanti che verranno discussi dai vescovi cattolici di Inghilterra e Galles da lunedì al 14 novembre, alla Hinsley Hall di Leeds. In agenda - riferisce l'agenzia Sir - anche un rapporto della commissione che vigila sugli abusi sui minori e il discorso del nunzio apostolico mons. Antonio Mennini. In Gran Bretagna, come in Italia, i sacerdoti agiscono come pubblici ufficiali quando sposano le coppie in chiesa. Con l’introduzione dei matrimoni gay, che sono stati approvati dal Parlamento lo scorso luglio e cominceranno ad essere celebrati da metà 2014, molti di loro potrebbero sentirsi a disagio ad operare in un ruolo pubblico benché il Governo abbia garantito che saranno protetti da azioni civili nel caso si rifiutassero di sposare coppie gay. Per questo motivo i vescovi discuteranno a Leeds di quali consigli dare, su questo argomento, ai loro sacerdoti. Altro tema importante in agenda è il ruolo dei cappellani nelle prigioni, negli ospedali e nell’esercito: “Dobbiamo ricordare all’esercito e al Governo che un cappellano ha un ruolo specifico, che cambia a seconda delle religioni che rappresenta, e che va protetto anche in un momento in cui vengono fatti dei tagli al personale”, spiega al Sir Alexander des Forges, portavoce della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. (R.P.)

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    Brasile: 11 milioni vivono ancora in "favelas"

    ◊   Sono oltre 11 milioni i brasiliani che vivono nelle baraccopoli, meglio conosciute come ‘favelas’, secondo l’ultimo studio dell’Istituto di geografia e statistica (Ibge) “Agglomerati subnormali-Informazioni territoriali” basato su un’inchiesta condotta a livello nazionale. Per standardizzare la ricerca sono state considerate ‘favelas’ “tutti i nuclei urbani occupati irregolarmente da un certo numero di abitazioni, caratterizzati, in diversi gradi, dall’offerta limitata di servizi basici essenziali e dall’irregolarità della registrazione”. Più in dettaglio, si tratta di agglomerati “di minimo 51 unità abitative…disposte in generale in modo disordinato e denso” connotate da “occupazioni illegali della terra, urbanizzazione fuori dai canoni, precarietà”. San Paolo e Rio de Janeiro, nel ricco sud, sono le metropoli che concentrano il più alto numero di ‘favelas’. La capitale Brasilia - riferisce l'agenzia Misna - è fra le città in cui se ne contano meno. Le baraccopoli sorgono dunque principalmente nelle regioni metropolitane e nelle regioni integrate di sviluppo: “Un agglomerato subnormale non compare in un luogo non favorevole per quella popolazione. Ci sono processi interni che richiedono manodopera o un accesso più rapido al lavoro o a costo minore e portano questa popolazione ad adottare strategie per occupare spazi” ha spiegato il tecnico dell’Ibge Maurício Gonçalves. Lo studio rivela, tra l’altro, che nel 2012 per il 77% le ‘favelas’ sorgono in zone metropolitane con più di due milioni di abitanti. D’altro lato, il documento smonta l’immagine tipica della ‘favela’ brasiliana arroccata su un’altura, come in larga parte quelle di Rio, dette anche ‘morros’ (colline); oltre il 50% sorgono infatti in pianura e appena il 20% in luoghi di difficile accesso. (R.P.)

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    Terra Santa: impegno di Custodia e Patriarcato per le case dei cristiani

    ◊   Settantadue alloggi a Beit Safafa, da poco consegnati, altri 114 tra Beit Hanina e Beit Faji già abitati. E poi ancora un progetto per ulteriori 24 alloggi sempre a Beit Hanina e il restauro graduale di 400 case nella Città Vecchia di Gerusalemme Est. Sono i numeri dell’impegno, costato svariati milioni di euro, messo in campo dal Patriarcato latino di Gerusalemme e dalla Custodia di Terra Santa - riferisce l'agenzia Sir - per dare una casa ai cristiani di Gerusalemme Est e per evitare che lascino la Terra Santa. Secondo dati del Patriarcato latino, riferiti alla fine del 2010, gli abitanti palestinesi di Gerusalemme Est avrebbero bisogno di circa 1500 permessi di costruzione di nuovi alloggi ogni anno, ma Israele ne concede circa 200. “Forse anche meno” annota il direttore generale della Caritas Gerusalemme, padre Raed Abusahlia che al Sir sottolinea la carenza di abitazioni per i palestinesi a Gerusalemme Est. “La difficoltà di ottenere permessi dalla municipalità, ci vogliono anni e migliaia di dollari per averli, spinge molte persone a costruire illegalmente andando incontro poi a provvedimenti di demolizione da parte delle autorità israeliane”. La mancanza di abitazioni in Terra Santa, ha denunciato in più occasioni il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, è la prima causa di emigrazione dei giovani cristiani. Si calcola che siano dalle 400 alle 600 le famiglie che hanno bisogno di alloggio. Sul fronte dell’emergenza abitativa è impegnata anche la Custodia di Terra Santa che sta provvedendo alla graduale ristrutturazione di oltre 400 case situate nella Città Vecchia di Gerusalemme Est con un esborso annuo di circa due milioni di dollari. “Una volta restaurate - spiega al Sir l’economo della Custodia di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas - le case vengono date in uso gratuito alle famiglie più bisognose. Ora - denuncia il frate - stiamo aspettando da cinque anni il permesso per edificare 24 nuovi alloggi a Beit Hanina, periferia di Gerusalemme, che andranno ad aggiungersi ai 42 già esistenti. Speriamo di ottenerlo entro la fine dell’anno”. (R.P.)

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    Luce della pace: lanterna di Betlemme a Papa Francesco passando per l'Austria

    ◊   Anche Papa Francesco, come i suoi due predecessori, il beato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, riceverà la Luce della pace di Betlemme. Il 18 dicembre prossimo, durante l’udienza generale e nell’ambito di un pellegrinaggio di molte diocesi austriache, un bambino proveniente dal Land dell’Austria Superiore consegnerà al Pontefice la lanterna con la luce accesa nella Grotta della Natività a Betlemme. La Luce della Pace - riferisce l'agenzia Sir - è divenuta in pochi anni (dal 1986) un simbolo del Natale e prevede che una lanterna venga accesa da un bambino nella Grotta di Betlemme: il 26 novembre prossimo la lanterna speciale verrà portata a Vienna in aereo. Dalla capitale austriaca, al termine di una funzione ecumenica, la luce verrà diffusa nelle parrocchie, nelle comunità e nelle case austriache con l’accensione di altre lampade, per poi essere portata in oltre trenta Paesi europei, in Russia e sino nel Nordamerica. La Luce della Pace di Betlemme sarà consegnata anche a rappresentanti del mondo politico, sociale ed ecclesiastico austriaco e dei Paesi ove giungerà. L’iniziativa è promossa dall’emittente radio-televisiva statale Orf del Land Austria Superiore. (R.P.)


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    Egitto: Tawadros rinuncia a celebrare l'anniversario del suo insediamento

    ◊   Il patriarca Tawadros II ha annullato le celebrazioni previste in occasione del primo anniversario del suo insediamento come patriarca della Chiesa copta ortodossa. La ricorrenza cade il prossimo 18 novembre. La rinuncia ai festeggiamenti è stata motivata facendo riferimento alla condizione di difficoltà vissuta dalla Chiesa copta e dall'intero Egitto, in questa fase travagliata della loro storia. Secondo fonti egiziane consultate dall'agenzia Fides, Tawadros ha fatto sapere che reciterà le preghiere liturgiche di quel giorno chiedendo a Dio di concedere tempi di pace e prosperità all'Egitto e al suo popolo. Nel primo anno del Patriarcato di Tawadros, circa 100 chiese egiziane – compresa la cattedrale copta ortodossa del Cairo - hanno subito attacchi e devastazioni. (R.P.)

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    America Latina: l’Incontro di Guadalupe chiude l’Anno della Fede nel continente

    ◊   Si aprirà il 16 novembre presso i locali della basilica di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico, con un video messaggio del Santo Padre Francesco, l’incontro "Nostra Signora di Guadalupe, Stella della nuova evangelizzazione nelle Americhe". All'evento continentale a chiusura dell’Anno della Fede hanno confermato la loro partecipazione più di 350 persone, di cui un’ottantina tra cardinali e vescovi provenienti da tutta l'America, molti dei quali invitati come relatori nei vari gruppi di lavoro. Nella nota inviata all’agenzia Fides dagli organizzatori (Pontificia Commissione per l'America Latina, Basilica di Guadalupe, Cavalieri di Colombo, Istituto Superiore di Studi Guadalupani) si menzionano alcuni temi che saranno trattati durante i tre giorni di lavori (fino al 19 novembre), tra i quali "Il significato del pontificato di Papa Francesco per il continente", "La Nuova Evangelizzazione e la Missione Continentale in America Latina", "Il ruolo della Vergine di Guadalupe nel compito dell’evangelizzazione". Altre questioni importanti toccate saranno quelle relative alla cooperazione e alla comunione tra le Chiese locali in tutta l'America, alla cultura e alla società, come il tema di Maria “Madre della Chiesa” nel contesto del cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II. I temi che stanno generando particolari aspettative sono quelli legati alla religiosità popolare, alla cosiddetta "emergenza educativa", al matrimonio e alla famiglia, insieme alle questioni che toccano i politici e le autorità del continente, la formazione del clero, le missioni, l'ecumenismo, i catechisti e le attività sociali e caritative della Chiesa. È prevista la partecipazione di altre 500 persone oltre a quelle iscritte, per le quattro conferenze principali, le celebrazioni liturgiche, il "Rosario Guadalupano" e il "Rosario continentale" secondo le intenzioni di Papa Francesco. Le Celebrazioni eucaristiche accoglieranno anche le migliaia di pellegrini che giungono quotidianamente al Santuario e che saranno specialmente invitati ad accompagnare l'evento e pregare per i suoi frutti. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 314

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