Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 09/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il dolore del Papa per le vittime del Tifone nelle Filippine: almeno 1200 morti
  • Il Papa all'Unitalsi: il mondo scarta i malati, voi siate per loro abbraccio di Gesù
  • "Ecclesia semper reformanda": così il Papa nella Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense
  • Il Papa ai pellegrini liguri: bussate al cuore di Dio per le vostre necessità, Lui sempre ci ascolta
  • Nomine papali per le pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali
  • Messaggio del Papa al Forum di Greenaccord: economia non sia orientata solo al consumo delle risorse naturali
  • Tweet del Papa: essenziale incentrare la vita su Gesù, il resto è secondario
  • Un gruppo di carcerati di Viterbo in pellegrinaggio in Vaticano. Il card. Comastri: "Non disperate mai"
  • Mons. Follo all'Unesco: dare più spazio ai giovani per una nuova cultura della pace e dello sviluppo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Colombia: luci e ombre sugli accordi di pace tra governo e Farc
  • Nucleare Iran. A Ginevra terzo giorno di negoziati, presenti Russia e Cina
  • Congo. Kampala: lunedì la firma dell’accordo di pace con i ribelli M23
  • Il Papa e il "pane sporco". Il politologo Baggio: corruzione si vince con strutture del bene
  • Cile, mons. Ezzati: cattolici partecipino alle elezioni, promuovere famiglia, lavoro e lotta alla povertà
  • Trani. Dai banchi dei forni alla Caritas: successo dell'iniziativa "Pane per tutti"
  • Convegno al Gemelli sugli ospedali universitari nel contesto del Servizio sanitario
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Centrafrica: oltre 1 milione di persone rischiano la fame a causa del conflitto
  • Mozambico: appello di pace dei vescovi dopo la ripresa armata degli ex ribelli della Renamo
  • Giordania. Il direttore della Caritas: il campo profughi di Zaatari diventerà una “città provvisoria”
  • Vescovi europei: da mons. Celli la sfida ad annunciare il Vangelo in Internet
  • Il card. Scola in visita a Mosca nell’anno costantiniano
  • Colombia: la Chiesa propone “una politica di riconciliazione per una pace definitiva”
  • Striscia di Gaza: la Caritas chiede di non dimenticarla
  • India: la Chiesa di Orissa in aiuto delle popolazioni colpite dal ciclone Phailin
  • Iran. Rilasciato un cristiano iraniano, carcere duro per un pastore arrestato ingiustamente
  • Kenya: per i vescovi, insicurezza, corruzione e avidità devastano la nazione
  • Haiti. Alta tensione nella capitale: cresce la protesta contro il presidente Martelly
  • Brasile: le comunità cattoliche in prima linea contro la tratta
  • Francia: incontro dei diaconi impegnati nel mondo operaio e nei quartieri popolari
  • Chiusa ad Abano Terme l'Assemblea Cism sul Vaticano II
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il dolore del Papa per le vittime del Tifone nelle Filippine: almeno 1200 morti

    ◊   Profondo dolore del Papa per quanto sta accadendo nelle Filippine, dove sono almeno 1200 i morti causati dal devastante passaggio del super-tifone Haiyan-Yolanda, secondo quanto affermato dalla Croce Rossa. Il Papa è stato informato della drammatica situazione che sta vivendo il Paese e in un tweet in inglese esprime la sua vicinanza alla popolazione, chiedendo di pregare per le vittime: "Chiedo a tutti voi di unirvi a me nella preghiera per le vittime del tifone Haiyan-Yolanda, specialmente quelli nelle amate isole delle Filippine". La località più colpita è Tacloban, dove vengono segnalati danni catastrofici, con pochi edifici rimasti in piedi. E’ qui che vi è stata la maggior parte delle vittime. Il servizio di Stefano Vecchia:

    Cresce anche il numero dei dispersi, ma il bilancio è destinato a peggiorare con il passare delle ore e con la possibilità per le squadre di soccorso di accedere alle aree più colpite, dove intere comunità sono state rase al suolo. Una situazione forse inevitabile davanti all'imponenza di Haiyan, il più forte evento atmosferico dell'anno a livello planetario. L'evacuazione che ha portato 750mila persone in aree più sicure, ha evitato una perdita disastrosa di vite umane, ma resta forte il ricordo di Bopha che lo scorso anno, in una situazione simile ma con minori interventi preventivi, fece 2000 vittime. Sono almeno 130mila gli abitanti ospitati in centri di soccorso, in condizioni rese più difficili dalle forti piogge che seguono il passaggio del tifone e che hanno aggiunto ulteriori disagi ai 350mila resi senzatetto dal terremoto di ottobre. Il governo ha promesso interventi concreti e rapidi, senza però ignorare l'entità del disastro. È già scattato anche il sostegno locale e internazionale, con Croce Rosa e Unicef che hanno dichiarato l'avvio di iniziative di soccorso, come pure la Caritas filippina. Si stima che 12 milioni di abitanti in quasi un terzo del paese siano stati in qualche modo colpiti dal tifone che oggi è diretto verso le coste vietnamite dove è già allarme rosso, ma che dietro di sé sta scaricando piogge torrenziali su una vasta area che include la capitale Manila.


    Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente nelle Filippine, padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime a Zamboanga:

    R. - La situazione è molto grave. E’ il tifone più devastante di questi ultimi tempi. Si dice che milioni di persone saranno, in qualche modo, colpite da questo evento: migliaia e migliaia di persone stanno cercando un rifugio. Ci sono tantissimi morti e dispersi e si prevede che saranno molti, molti di più, man mano che le notizie arriveranno.

    D. - Come stanno andando i soccorsi?

    R. - C’è un piano di emergenza messo in atto da parte del governo e stanno coordinando la situazione, ma in alcune zone non riescono ad andare. Si sono interrotte tutte le comunicazioni telefoniche: tutto è stato distrutto! Sono veramente notizie molto allarmanti.

    D. - La Caritas delle Filippine, la Chiesa si è già attivata?

    R. - Certamente! C’è tutta la struttura delle parrocchie e tutte le diverse realtà che normalmente ci sono nelle diocesi. Speriamo veramente che le organizzazioni internazionali e locali riescano a fare tutto il possibile, perché c’è bisogno di tutto! Le Filippine stanno attraversando un periodo di grande tribolazione. Il 9 settembre, qui a Zamboanga, abbiamo avuto un terribile attacco da parte del Fronte di Liberazione Nazionale Moro (Mnlf), diecimila case sono state bruciate, centinaia i morti e più di 100 mila persone sono ancora sfollate. Stiamo cercando ancora di fare qualcosa. Poi, dopo alcune settimane, c’è stato un grosso terremoto nella zona di Bohol e Cebu. E adesso questo tifone…

    D. - Lei diceva: “pregate e state vicino alla popolazione”…

    R. - La preghiera è un grande mezzo. Credo che questo, come altri casi di calamità, possa aiutare la gente a portare solidarietà, cercando di aiutarsi l’uno con l’altro.

    inizio pagina

    Il Papa all'Unitalsi: il mondo scarta i malati, voi siate per loro abbraccio di Gesù

    ◊   Siate “sguardo che accoglie” e “abbraccio di tenerezza” per i malati e i disabili, contro il “pietismo” e la “rassegnazione” del mondo che tende a scartare chi soffre. È questo che Papa Francesco ha chiesto ai membri dell’Unitalsi, ricevuti stamattina in udienza in Aula Paolo VI, in occasione dei 110 anni di fondazione dell’ente. Dopo il suo discorso, il Papa si è intrattenuto con gli ammalati per circa due ore, salutandoli e benedicendoli uno a uno. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La malattia ha più spesso un volto anziano e un colore che è un non colore. Ma l’ingresso di Papa Francesco in Aula Paolo VI, in un turbine di abbracci e baci al nugolo di bambini che gli corre incontro e poi gli chiede una firma su un cartellone che è un arcobaleno di allegria, tra acclamazioni e applausi a scroscio dei settemila presenti, moltissimi dei quali infermi, tutto racconta di un incontro e di uno spirito che intende malattia e disabilità un’esperienza che possiede anch’essa dei colori suoi e vividi, quelli della solidarietà e della consolazione. E Papa Francesco, che nutre per i malati un amore particolare, pone subito di fronte il chiaro e lo scuro dell’anima cristiana e dello spirito del mondo, quando la salute che declina mette a nudo i sentimenti umani:

    “Il contesto culturale e sociale di oggi è piuttosto incline a nascondere la fragilità fisica, a ritenerla soltanto come un problema, che richiede rassegnazione e pietismo o alle volte scarto delle persone. L’Unitalsi è chiamata ad essere segno profetico e andare contro questa logica mondana – la logica dello scarto, eh? – aiutando i sofferenti ad essere protagonisti nella società, nella Chiesa e anche nella stessa associazione”.

    L’Unitalsi è accorsa in Vaticano per festeggiare con Papa Francesco i suoi 110 anni di vita, intessuta di infiniti pellegrinaggi a Lourdes e nei Santuari internazionali, al fianco di chi ha il dolore per compagno quotidiano. Anche qui, il Papa distingue per far meglio risaltare i meriti di uno straordinario apostolato:

    “La vostra opera non è assistenzialismo o filantropia, ma genuino annuncio del Vangelo della carità, è ministero della consolazione. E questo è grande, eh? (…) Siete uomini e donne, mamme e papà, tanti giovani che, mossi dall’amore per Cristo e sull’esempio del Buon Samaritano, di fronte alla sofferenza non voltate la faccia dall’altra parte. E questo di non voltare la faccia dall’altra parte è una virtù: andate avanti con questa virtù!”.

    “Sguardo che accoglie, mano che solleva e accompagna, parola di conforto, abbraccio di tenerezza”. Papa Francesco traccia l’identikit di mente e cuore di chi presta servizio nell’Unitalsi. Quindi, si rivolge a chi potrebbe pensare che, per la sua condizione di menomazione, sia destinato a patire nell’ombra:

    “Care sorelle e fratelli ammalati, non consideratevi solo oggetto di solidarietà e di carità, ma sentitevi inseriti a pieno titolo nella vita e nella missione della Chiesa. Voi avete un vostro posto, un ruolo specifico nella parrocchia e in ogni ambito ecclesiale. La vostra presenza, silenziosa ma più eloquente di tante parole, la vostra preghiera, l’offerta quotidiana delle vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù crocifisso per la salvezza del mondo, l’accettazione paziente e anche gioiosa della vostra condizione, sono una risorsa spirituale, un patrimonio per ogni comunità cristiana. Non vergognatevi di essere un tesoro prezioso della Chiesa!”.

    L’ultimo pensiero è per la Madre di Gesù, ai cui piedi i malati e gli assistenti Unitalsi si recano sovente in preghiera:

    “Maria sa di che cosa abbiamo bisogno! Lei si prende cura di noi (...) Lei intercede sempre e prega per noi, specialmente nell’ora della difficoltà e della debolezza, nell’ora dello sconforto e dello smarrimento, soprattutto nell’ora del peccato. Per questo, nella preghiera dell’Ave Maria, le chiediamo: ‘Prega per noi, peccatori’”.

    inizio pagina

    "Ecclesia semper reformanda": così il Papa nella Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense

    ◊   Breve omelia del Papa stamani a Santa Marta nella Messa celebrata nella Festa liturgica della Dedicazione della Basilica Lateranense. Papa Francesco ha ricordato che la festa odierna è festa della città di Roma, della Chiesa di Roma e della Chiesa universale. La Basilica Lateranense, infatti, è la Cattedrale di Roma e “Madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe”.

    Il Pontefice ha tratto dalle letture “tre icone” che ci parlano della Chiesa. Dalla prima lettura, di Ezechiele, e dal Salmo 45, l’icona del fiume di acqua che sgorga dal Tempio e che rallegra la città di Dio, immagine della grazia che sostiene e alimenta la vita della Chiesa. Dalla seconda lettura, di San Paolo ai Corinzi, l’icona della pietra, che è Gesù Cristo, fondamento su cui è costruita la Chiesa.

    Dal Vangelo della purificazione del Tempio, l’icona della riforma della Chiesa: “Ecclesia semper reformanda”, perché i membri della Chiesa sono sempre peccatori e hanno bisogno di conversione. Il Papa ha concluso invitando i fedeli a pregare perché la Chiesa possa sempre far scorrere l’acqua della grazia, sia sempre fondata su Cristo, gli rimanga fedele e i suoi membri si lascino sempre convertire da Gesù.

    inizio pagina

    Il Papa ai pellegrini liguri: bussate al cuore di Dio per le vostre necessità, Lui sempre ci ascolta

    ◊   Il Papa ha ricevuto oggi nell’Aula delle Benedizioni in Vaticano circa 1000 fedeli liguri, in pellegrinaggio a Roma, guidati dal cardinale arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Un incontro affettuoso e familiare quello del Papa con i fedeli giunti dalla Liguria. Papa Francesco parla a braccio invitando i pellegrini ad affidarsi a Dio:

    “Ognuno di voi ha qualcosa nel cuore: un desiderio, un problema, una difficoltà, qualcosa da dire al Signore … Approfittate di questi giorni, qui, per trovare una soluzione a queste cose e avvicinarvi al Signore. Il Signore vi aspetta sempre. Tutti noi: il Signore non si stanca di aspettarci, sempre ci aspetta. E’ buono: è buono”.

    Ogni pellegrinaggio – ha proseguito – aiuta a “crescere nella fede” e a “incontrare il Signore”. “Un incontro spirituale che ci aiuta ad andare avanti nel cammino della vita” accompagnati anche dalla Madre di Dio, “che è anche la nostra … mamma”. E’ un tempo per bussare al cuore del Signore:

    “…bussare al cuore del Signore per tante necessità, bisogni che noi abbiamo: per questo, per quello, per quello … ma, voi approfittate dell’occasione, il Signore ascolta. Sempre ascolta, eh? Forse troverà un’altra soluzione, non quella che noi chiediamo; ma sempre ascolta, eh? Sempre”.

    Infine, il Papa ringrazia i fedeli per l’affetto, chiede di pregare per lui e aggiunge:

    “Salutate da parte mia i bambini delle vostre terre e gli anziani, gli ammalati: uno speciale saluto a tutti e tre, bambini, anziani e ammalati, con il mio cuore e la mia benedizione per tutti. Un’altra volta lo dico: pregate per me. A presto!”.

    inizio pagina

    Nomine papali per le pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e l’arcivescovo Nikola Eterović, nunzio apostolico nella Repubblica Federale di Germania.

    In Inghilterra, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Plymouth presentata per raggiunti limiti di età da mons. Hugh Christopher Budd. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Mark O'Toole, del clero dell'arcidiocesi di Westminster, finora rettore del seminario di Allen Hall. Mons. Mark O'Toole è nato a Londra, il 22 giugno 1963. Dopo la scuola secondaria ha conseguito un Baccalaureato in Geografia all'Università di Leicester ed uno in Teologia a Heythrop. Successivamente ha ottenuto la Laurea in Filosofia alla Campion Hall, Oxford, e quella in Teologia all'Università Pontificia di Louvain con due ricerche sugli scritti di Hans Urs Von Balthasar. E' stato ordinato sacerdote, per l'arcidiocesi di Westminster, il 9 giugno 1990. Dopo essere stato Viceparroco a Willesden Green, è divenuto Decano degli studi del seminario di Allen Hall (1996-2002). Nel 2002 è stato nominato Segretario Personale del Cardinale Cormac Murphy O'Connor ed infine, nel 2008, è diventato Rettore del Seminario di Allen Hall. E' membro del Comitato etico dell'ospedale St. John and St. Elizabeth a Londra, e Consigliere della Facoltà di Teologia Heythrop College di Londra. Il 6 aprile 2006 è stato nominato Cappellano di Sua Santità.

    Il Pontefice ha nominato membri ordinari della Pontificia Accademia delle Scienze i professori Shinya Yamanaka, docente di biologia cellulare all'Università di Kyoto (Giappone), e Juan Martín Maldacena, docente di fisica teorica all'Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey (U.S.A.).

    Papa Francesco ha inoltre nominato membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali l'Illustrissimo prof. Stefano Zamagni, docente di economia all'Università di Bologna.

    Shinya Yamanaka, nato il 4 settembre 1962 a Higashi_saka, Osaka (Giappone), dopo essersi diplomato alla Tenn_ji High School, ha frequentato l'Università di Kobe, dove si è laureato in Medicina nel 1987; successivamente si è specializzato come chirurgo ortopedico, prima di dedicarsi alla ricerca di base. Ha conseguito il PhD all'Università di Osaka nel 1993, per passare poi al Gladstone Institute di San Francisco (U.S.A.) e al Nara Institute of Science and Technology in Giappone. È attualmente Direttore del Center for iPS Cell Research and Application dell'Università di Kyoto e continua la sua collaborazione con il Gladstone Institute. Le ricerche del Professore Yamanaka vertono sui modi di generare cellule simili alle cellule staminali embrionali tramite la riprogrammazione di cellule somatiche al fine di comprendere i meccanismi molecolari alla base della pluripotenza e della proliferazione rapida delle cellule staminali embrionali e per individuare i fattori che inducono la riprogrammazione. Il Professor Yamanaka ha dato a queste cellule il nome di "cellule staminali pluripotenti indotte (iPS)". Ha ricevuto il Premio Nobel in Fisiologia o Medicina nel 2012.

    Juan Martín Maldacena, nato il 10 settembre 1968 a Buenos Aires (Argentina), ha studiato fisica presso l'Instituto Balseiro di Bariloche e si è laureato nel 1991 all'Università di Buenos Aires. Nel 1996 ha ottenuto il dottorato presso l'Università di Princeton (U.S.A.), sotto la direzione del Professore Curtis Callan. Dopo alcuni impegni postdottorali alla Rutgers University, si è trasferito all'Università di Harvard e poi all'Institute for Advanced Studies di Princeton, dove è attualmente Docente. Il Professore Maldacena studia la gravità quantistica e la teoria delle stringhe, alla ricerca di una descrizione dello spazio-tempo coerente dal punto di vista della meccanica quantistica. Ha esaminato gli aspetti quantistici dei buchi neri sulla base della teoria delle stringhe, proponendo un'equivalenza tra spazio-tempo iperbolico quantistico e le teorie dei campi quantistici che si trovano ai loro confini. Juan Maldacena è membro dell'Accademia Americana delle Arti e delle Scienze ed ha ricevuto la borsa di studio Mac Arthur, il Premio Sackler, il Premio Dannie Heineman, la Medaglia Dirac dell'ICPT e il Premio di Fisica Fondamentale. Nel 2002 la Pontificia Accademia delle Scienze gli ha assegnato la Medaglia Pio XI.

    Stefano Zamagni, nato a Rimini nel 1943, si è laureato nel 1966 in economia e commercio presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, specializzandosi nel 1973 presso il Linacre College dell'Università di Oxford. Dal 1985 al 2007 ha insegnato storia dell'analisi economica all'Università Luigi Bocconi di Milano. Attualmente è Professore Ordinario di politica economica presso l'Università di Bologna e Professore Aggiunto di economia politica internazionale presso la Johns Hopkins University. Fa parte del Comitato scientifico di varie riviste economiche italiane e internazionali, ha partecipato ai Comitati organizzatori di convegni scientifici ed è stato membro del Comitato scientifico delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. E' autore di numerose pubblicazioni, volumi e saggi, così come di contributi al dibattito culturale e scientifico. Nel 1991 è stato nominato Consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e nel 1999 è stato ammesso alla New York Academy of Sciences. In quanto Consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha anche collaborato alla stesura del testo dell'Enciclica Caritas in veritate.

    inizio pagina

    Messaggio del Papa al Forum di Greenaccord: economia non sia orientata solo al consumo delle risorse naturali

    ◊   “Il riciclo dei rifiuti deve diventare subito un realtà quotidiana per tutti, non può essere esclusivamente limitata a pochi esempi virtuosi in Italia o nel mondo, perché solo così si potrà parlare di un futuro sostenibile per le generazioni future.” Con questo obiettivo si è concluso oggi a Napoli il X Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia del creato. All’incontro, promosso da Greenaccord onlus, hanno partecipato oltre 100 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Il Papa ha inviato un messaggio. Il servizio di Marina Tomarro:

    “Contribuire a sensibilizzare le istituzioni politiche e i cittadini, perché si diffondano stili di vita sostenibile e affinché il sistema economico non sia orientato esclusivamente al consumo delle risorse della natura e degli esseri umani, ma ci sia la promozione della persona e dello sviluppo del creato": con questo messaggio, Papa Francesco ha voluto essere presente alla giornata conclusiva del X Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia del creato. Il commento del cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e tra i relatori del meeting:

    R. - I giornalisti hanno una grande missione, non solo quella di informare correttamente, ma anche il compito di sensibilizzare, di creare una cultura, di suscitare dibattiti. Per esempio, su questo campo così importante dell’ecologia, del rispetto del creato, delle cose, senz’altro mi fa piacere che il Papa abbia detto questo e che i giornalisti debbano recepirlo e anche da parte nostra e da parte vostra bisogna far sapere questo: creare una coscienza relativamente a questo problema dell’ecologia.

    D. - Il Papa parla spesso anche di "ecologia umana". Cosa vuol dire?

    R. - Devi avere rispetto del creato e quindi delle cose. Ma questo in definitiva significa rispetto dell’ambiente in cui vivono le persone e quindi rispetto delle persone, amore per le persone. Se io sottraggo un bene di consumo ad un’altra persona, evidentemente non promuovo questa persona, non faccio del bene, non amo questa persona se io distruggo questo bene che invece può essere di utilità ad un’altra persona. Quindi, certamente l’ecologia in questo senso delle cose e delle persone, dell’ambiente in cui vivono le persone.

    E in questi giorni, oltre a parlare del problema dei rifiuti, sono state presentate anche alcune soluzioni, come la discarica Belvedere nel Comune di Peccioli in Toscana che, acquistata in parte anche dai suoi cittadini, è divenuta luogo di una nuova produzione di risorse. Ascoltiamo il presidente Renzo Macelloni:

    “Noi abbiamo questo impianto e il nostro contributo alla gestione del sistema rifiuti in Toscana sta nel fatto che quei rifiuti che sono costretti ad andare ancora in discarica, vengono organizzati da noi nel miglior modo possibile e all’interno il nostro impianto facciamo convegni e concerti. Noi non facciamo la raccolta differenziata - non è nelle nostre competenze, la fanno altri - ma tutto ciò che resta dalla raccolta differenziata e dal recupero del rifiuto, quello che attualmente non è utilizzabile diversamente, viene trattato da noi. In questo modo, da venti anni recuperiamo energia elettrica, biogas”.

    Ma anche la città di Napoli, che ha ospitato la quattro giorni è pronta a ripartire verso un futuro più ecologico e sostenibile. Luigi De Magistris, sindaco di Napoli:
    “Napoli due anni fa era in piena emergenza, nonostante avesse potere commissariale, soldi, denaro a quantità, forze politiche compatte apparentemente che sostenevano. Adesso invece non abbiamo soldi, però abbiamo grande passione, grande determinazione, abbiamo eliminato l’emergenza rifiuti. Adesso dobbiamo uscire definitivamente dalle criticità quindi completare le bonifiche, completare gli impianti compatibili con l’ambiente, andare avanti con la raccolta differenziata, con le isole ecologiche con gli impianti di compostaggio… Napoli è un modello: in questo momento, è l’unica città europea che ha aderito in modo convincente al 'Protocollo rifiuti zero'”.

    inizio pagina

    Tweet del Papa: essenziale incentrare la vita su Gesù, il resto è secondario

    ◊   Tweet di Papa Francesco, lanciato dal suo account @Pontifex: “La nostra vita dev’essere incentrata sull’essenziale: su Gesù Cristo. Tutto il resto è secondario”.

    inizio pagina

    Un gruppo di carcerati di Viterbo in pellegrinaggio in Vaticano. Il card. Comastri: "Non disperate mai"

    ◊   “Un pellegrinaggio alla ricerca di serenità e conforto". Così la direttrice del carcere Mammagialla di Viterbo, Teresa Mascolo, definisce l’appuntamento speciale di oggi in Vaticano. Insieme al cappellano e a diverse rappresentanze dell’Istituto penitenziario la direttrice ha accompagnato un gruppo di detenuti già autorizzati ad uscire, per una visita prima alle Grotte Vaticane e poi alla Basilica di San Pietro. Al centro della mattinata l’incontro con il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    "Probabilmente per altri istituti di detenzione, specie quelli romani, esperienze simili sono state già organizzate ma per noi è la prima volta". E’ emozionata e felice Teresa Mascolo all’inizio di questa giornata, unica per il carcere che dirige - quello di Viterbo - con i suoi quasi 700 detenuti. Un carcere considerato duro:

    "Un gruppo di 14 detenuti - tra coloro che già andavano in permesso - hanno scelto di recarsi in pellegrinaggio, in occasione dell’Anno della Fede. È la prima volta che - tra poliziotti penitenziari, ma anche educatori, amministrativi ed assistenti volontari - veniamo insieme alla Città del Vaticano. Quindi, è un momento di un cammino che mi auguro proseguirà, alla ricerca dello spirito di solidarietà e soprattutto di comunanza di intenti, in un contesto difficile quale può essere quello del penitenziario".

    Con Viterbo è uno spaccato di Istituti di pena italiani con le loro problematiche e la loro voglia di riscatto a varcare la soglia del Vaticano. È un carcere complesso quello di Viterbo che accoglie anche condanne al 41 bis e condanne definitive:

    "Oggi qui ci sono anche detenuti di alta sicurezza che hanno fatto percorsi abbastanza importanti. Sono tutti molto emozionati per due motivi: perché entrare in Vaticano emoziona sempre e poi perché loro entrano come persone detenute alle quali è stata accordata fiducia".


    Essere in Vaticano - ha affermato il cappellano del carcere di Viterbo padre Antonio Brignuolo - significa "concretizzare quello che il Papa ha detto, cioè fare sentire a ciascuno la misericordia di Dio, la fiducia nella misericordia di Dio". Da parte sua - come riferisce padre Brignuolo - il cardinale Angelo Comastri ha lasciato ai detenuti un messaggio di speranza, come spiega:

    R. – Il cardinale ha ricordato le parole di Giovanni XXIII quando si è recato nel carcere di Regina Coeli, con il suo incoraggiamento a non disperare mai. Anche Giovanni Paolo II è andato a Regina Coeli. L’invito a tutti noi – al di là del passato – è saper veramente costruire qualcosa di positivo ed importante.

    D. – Come hanno reagito i carcerati?

    R. – Stando più attenti al significato dei luoghi in cui passavamo man mano che ci si avvicinava alla Tomba di San Pietro. È stato veramente un momento forte.

    D. – Il cardinale Comastri è in rappresentanza del Papa; quindi, è stato un po’ lo spirito del Papa che vi ha accarezzato...

    R. – Con lo spirito del Papa ci ha accarezzato anche lo spirito di San Pietro. Dal cardinale Comastri abbiamo sentito veramente questa tenerezza, l’invito ad aprire il cuore al calore dell’amore più grande. Mi vien da dire – forse in maniera esagerata – che da questa visita, da questo procedere di passo in passo verso una maturazione della fede il gruppo è stato trasformato.

    D. – Ora tocca a voi portare questo spirito agli altri…

    R. – Sì, però con l’aiuto di tutti i cristiani di buona volontà verso i detenuti.

    inizio pagina

    Mons. Follo all'Unesco: dare più spazio ai giovani per una nuova cultura della pace e dello sviluppo

    ◊   L’educazione alla condivisione, la valorizzazione del contributo dei giovani, la promozione del dialogo - soprattutto quello interculturale - e l’importanza della trascendenza e delle tradizioni religiose nella ricerca del bene comune di tutta l’umanità. Sono i temi toccati oggi a Parigi da mons. Francesco Follo, capo della delegazione della Santa Sede al dibattito di politica generale della 37.ma sessione della Conferenza generale dell’Unesco. Il servizio di Tiziana Campisi:

    L’osservatore permanente della Santa Sede ha anzitutto sottolineato che “educazione alla condivisione, significa arricchirsi e facilitare quindi uno sviluppo sostenibile” ricordando anche a tal proposito quanto detto da Papa Francesco lo scorso agosto: “E’ solamente quando siamo capaci di condividere che ci arricchiamo veramente”. “La trasmissione e la condivisione sono gli obiettivi cardine in materia di educazione al fine di formare i cittadini del mondo di domani” ha aggiunto mons. Follo, che si è poi soffermato sulla necessità di dar spazio ai giovani, di ascoltarli e renderli capaci di far fruttare l’eredità della generazioni di oggi in “una nuova cultura di pace e di vero sviluppo”. E se i giovani sono la speranza del domani, non bisogna dimenticare, nella costruzione del futuro, quanto gli anziani trasmettono con la loro esperienza e saggezza. Circa ciò che può rendere la società contemporanea una comunità di uomini tutti uguali, con la possibilità per ciascuno di condividere il proprio essere, l’osservatore permanente ha affermato che per la Santa Sede vanno curati dialogo interculturale e riconciliazione delle culture. Con l’obiettivo di eliminare la povertà, favorire lo sviluppo sostenibile, edificare la pace. Infine mons. Follo ha precisato che “educazione, vita della città, pace … non possono portare dei frutti” se non ci si preoccupa della dimensione spirituale dell’uomo. “Tutto ciò che tocca le nostre esistenze s’inscrive dentro il movimento più profondo e più ampio di una vita in cerca di senso e in tensione verso il proprio sviluppo e il proprio compimento” ha detto l’osservatore permanente della Santa Sede, rimarcando che “lo spirituale … ha la sua dimensione sociale”. Per questo occorre “tenere conto anche del ruolo pubblico che il cristianesimo (ma anche tutte le religioni) può giocare per la promozione dell’essere umano e per il bene comune di tutta l’umanità, nel pieno rispetto e promozione della libertà religiosa e civile di tutti e di ciascuno, senza confondere in alcun modo la Chiesa Cattolica, come tutte le religioni, e le comunità politiche”. E su quanto l’Unesco può fare per il bene comune, l’auspicio di mons. Follo è che i suoi membri si interroghino “in maniera feconda sulle condizioni di costruzione dello spazio democratico, sul ruolo positivo delle tradizioni religiose a questa costruzione, e sul contributo specifico di queste tradizioni per tessere il progetto umano e politico del vivere-insieme in democrazia”.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Papa Francesco invita a pregare per le persone colpite dal tifone Haiyan nelle Filippine.

    L’incontro del Pontefice con migliaia di volontari e assistiti dell’Unitalsi.

    Nel servizio internazionale, in rilievo il nucleare iraniano: sforzi diplomatici per un’intesa a Ginevra.

    Intervento della Santa Sede all’Onu sulla pace in Vicino Oriente.

    Sfida per il futuro: la prefazione del Papa al libro del cardinale Tarcisio Bertone sulla diplomazia pontificia in un mondo globalizzato.

    Breve storia dell’universo: Gabriele Gionti su un convegno alla Pontificia Università Gregoriana dedicato all’evoluzione del cosmo.

    Tra i segreti di Agatha Christie: Enrico Reggiani sui “Notebooks” della grande scrittrice.

    Quella scelta di Ernesto: Gaetano Vallini su “L’ultima ruota” di Giovanni Veronesi, che ha inaugurato il Festival del cinema di Roma.

    Testimoni con indole secolare: Angelo Scola sulla specifica missione dei laici cristiani.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Colombia: luci e ombre sugli accordi di pace tra governo e Farc

    ◊   I negoziati, in corso a Cuba da circa un anno, tra governo della Colombia e i ribelli delle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, sono a buon punto. Le parti hanno già raggiunto un accordo parziale sulla partecipazione politica del movimento, ma si attende di conoscere i particolari di un’intesa che dovrebbe essere decisamente più ampia. Unico dubbio, i forti legami con il narcotraffico, che la guerriglia ha avuto nel corso del cinquantennale conflitto, costato la vita a oltre 200 mila persone. Sulla svolta in Colombia, Giancarlo La Vella ha parlato con Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università di Milano:

    R. – Io credo sia molto difficile giudicare una situazione che è estremamente complessa. Analoga complessità c’è in altri Paesi latinoamericani: un caso per tutti, è quello peruviano. Credo che qualunque percorso di riconciliazione sia, per certi aspetti, doveroso: non si può continuare a mantenere una ferita, legata alla lacerazione del Paese, aperta permanentemente. Il problema è a quali condizioni si fa una riconciliazione. Allora, c’è da riconoscere un pericolo forte e cioè quello che è realmente avvenuto e la natura delle organizzazioni, che erano nate per una lettura politica delle battaglie per le libertà negate e che poi hanno scelto addirittura la lotta armata.

    D. – Prof. Moro, questo anche nel caso della Colombia?

    R. – Il caso delle Farc è un caso diverso: è un caso in cui questa scelta è continuata in una permanente opposizione allo Stato. Francamente, viene da pensare che la spinta politica fosse venuta meno e che ci fosse, viceversa, solo il rifiuto di dialogare con una istituzione diversa da quella che nel frattempo si era riuscita a creare. Ricordiamo che le Farc hanno creato una sorta di Stato dentro lo Stato, nettamente separato dalle istituzioni ufficiali.

    D. – Dietro tutto questo, secondo lei, rimane un po’ l’ombra del narcotraffico?

    R. – Questa, come dire, autoreferenzialità, assieme alla ricerca del potere per la propria organizzazione, ha portato a cercare l’alleanza con il narcotraffico per poter sopravvivere. Inizialmente è stata un’alleanza tecnica, ma dopo qualche anno questa alleanza si è trasformata in una commistione totale: non si poteva più distinguere tra organizzazione sedicente terrorista e narcotraffico.

    D. – Il narcotraffico è stato solo un modo per autofinanziarsi o è qualcosa che può rimanere pericolosamente ancora nel futuro del Paese colombiano?

    R. – Io credo che questo sia un nodo fondamentale. Secondo me, non è stata solo un’alleanza tecnica per finanziarsi. Dopo anni per molti, forse non per tutti, è diventato un fenomeno in cui non si può più distinguere il gruppo politico dal narcotrafficante. E quando accade questo il gruppo politico scompare. Ma quando si parla di “gruppo narcotrafficante” vuol dire parlare di un gruppo che vuole liberarsi dalle regole, che non vuole stare alle regole delle Stato, che non vuole stare alle regole di solidarietà e di corresponsabilità che in una nazione esistono, per poter continuare al contrario una propria esperienza di potere autonomo. Questo significa che una riconciliazione oggi è doverosa, perché chi vive questa realtà, vive una condizione che è di disperata solitudine, anche se ritiene di avere la sovranità su una parte di territorio dello Stato. Credo sia compito dello Stato trovare la maniera per dialogare e per richiamare i valori la democrazia. Credo però che si debba essere molto attenti al rispetto di alcune condizioni: da un lato lo scrupoloso rispetto della legalità, ma dall’altro lato anche una ricerca di ricostruzione della verità, per capire che cosa è accaduto e perché non avvenga una riconciliazione intesa come un semplicemente dimenticare. Il problema è chiudere la porta su un passato che ha degli miasmi velenosi: però, per farlo ci vuole un comune riconoscimento di quanto è avvenuto e l’intenzione di voler camminare insieme. In ogni caso, e con tutte le premesse critiche, questo processo di pacificazione credo sia un segnale interessante al quale dobbiamo guardare con speranza che, per quanto possibile, non diventi – viceversa – un esercizio di mistificazione.

    inizio pagina

    Nucleare Iran. A Ginevra terzo giorno di negoziati, presenti Russia e Cina

    ◊   Terzo giorno non previsto, oggi, per i colloqui tra i capi delle diplomazie del cosiddetto 5+1 e l’Iran sul programma nucleare del Paese. A Ginevra, in particolare, grande attesa per l’arrivo del ministro degli Esteri russo, Lavrov, e del suo omologo cinese, Wang Yi. Contrastanti le opinioni dei leader occidentali sulla durata dei negoziati: o si chiude oggi o sarà necessario un nuovo vertice. Il servizio di Roberta Barbi:

    Con l’arrivo a Ginevra del ministro degli Esteri russo, Lavrov, e di quello cinese, Wang Yi, appena confermato da Pechino, che vanno ad aggiungersi ai rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania, potrebbe esserci presto una svolta nella trattativa sul programma nucleare iraniano. La giornata di oggi è iniziata con un incontro bilaterale tra il segretario di Stato americano, John Kerry, e il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, che poi hanno avuto una riunione con il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif.

    I colloqui a tre della giornata di ieri sono stati definiti “intensi” e “buoni” dai partecipanti, pur restando la preoccupazione di Israele sulla politica del presidente iraniano Rohani: la possibilità di un accordo con Teheran, infatti, è stata definita “l’affare del secolo per l’Iran”, dal premier israeliano Nethanyahu, che il presidente Usa, Barack Obama, si è subito affrettato a tranquillizzare. Scettico sulla rapidità di raggiungere un accordo anche il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, che fa sapere di aver respinto la bozza presentata, mentre l’Iran ritiene possibile la firma di un’intesa già lunedì, quando a Teheran arriverà il direttore generale dell’Aiea. Se così fosse, il Paese otterrebbe un congelamento di sei mesi delle sanzioni, ma in cambio dovrebbe sospendere l’arricchimento dell’uranio al 20%, disattivare le moderne centrifughe e rinunciare al reattore Arak, mentre i negoziatori sarebbero al lavoro per raggiungere un accordo di più ampio respiro.

    inizio pagina

    Congo. Kampala: lunedì la firma dell’accordo di pace con i ribelli M23

    ◊   Un accordo di pace tra il governo di Kinshasa e i ribelli del gruppo M23 sarà firmato lunedì a Kampala. Ad affermarlo è il governo ugandese, mediatore tra le due parti, che ha confermato la presenza sul proprio territorio di Sultani Makenga, capo militare dei ribelli, che martedì scorso aveva annunciato la fine della lotta armata contro l’esercito congolese. Cecilia Sabelli ha raggiunto telefonicamente in Congo il primo vicesegretario della Conferenza episcopale del Paese, l'abate Donatien Nshole:

    R. – Noi tutti ci auguriamo che questo accordo porti a qualcosa di buono. Però è presto per dirlo, non conosciamo la natura dell’accordo. C’è chi parla di un accordo, c’è chi parla di una semplice dichiarazione, però per il popolo congolese, e per la Chiesa cattolica in particolare, quello che è più importante è che questo accordo, questa intesa – si può chiamarli come si vuole – non tocchi due cose alle quali i congolesi tengono molto: l’integrità del Paese e la sua sovranità. A suo tempo, i vescovi non erano d’accordo con gli ambienti di Kampala, perché secondo loro la pace non era indicata. Ma se con questa evoluzione le pecore perdute ora vogliono tornare al buon senso, questa è una bellissima cosa.

    D. – Le tensioni sono diminuite, dopo questo annuncio?

    R. – Già con la vittoria militare, il popolo si sente un po’ rassicurato, un po’ protetto. C’è chi ha pensato anche che non valesse la pena venire a patti con i ribelli, però noi pensiamo che se questo incontro possa rafforzare la coesione nazionale, sarà una buona cosa. E’ vero che la tensione adesso è scesa.

    D. – La ribellione del M23 è stata rinforzata da reclute provenienti dal Rwanda, mentre l’Uganda è il mediatore principale di questo inizio di pacificazione. Che ruolo hanno questi Paesi?

    R. – C’è un po’ di paura, perché i congolesi sono convinti che questi due Paesi vogliono sfruttare il Congo dal punto di vista economico. Tutti sanno che sono loro a sostenere questa ribellione, ma questa pace che viene dopo una guerra, ci auguriamo che non si trasformi in uno sfruttamento legale. Aspettiamo con impazienza di conoscere il contenuto dell’accordo per potere valutare.

    D. – Si nutre dunque speranza, rispetto a questi accordi?

    R. – C’è speranza perché si pensa che il governo in Congo sia in una posizione di forza dal punto di vista militare e che quindi potrà far valere le sue idee.

    D. – Dall’inizio del conflitto, che è durato oltre 19 mesi, circa 800 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case: questo è quanto è stato riportato dai media. Qual è al momento la situazione di queste persone?

    R. – Alcuni stanno tornando a casa, ma c’è chi ha ancora paura. La tendenza generale è che la gente crede che la pace sia vicina e quindi presto tutti torneranno a casa.

    inizio pagina

    Il Papa e il "pane sporco". Il politologo Baggio: corruzione si vince con strutture del bene

    ◊   E’ un peccato grave dare da mangiare ai propri figli il pane "sporco" frutto della "Dea tangente", idolo che crea dipendenza. Le parole di Papa Francesco, pronunciate ieri nell’omelia della Messa a Santa Marta, risuonano come monito. Il Papa senza sosta lancia i suoi appelli affinché i valori della trasparenza e della legalità si radichino nella società italiana perché ritrovi la sua dignità. Il commento di Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, al microfono di Francesca Sabatinelli:

    R. – Il Papa non fa certo riferimento al demonio per incutere una qualche forma di terrore. Ne parla in riferimento al pane sporco, cioè colui che ha corrotto, o che si è fatto corrompere, dà al suoi figli un pane viziato dalla corruzione stessa. E non dà soltanto il pane materiale, dà anche una mentalità, una visione della vita. In altri termini: la corruzione crea una sorta di struttura, di legame sociale che è basato sul male, e questo richiama l’idea forte che c’è nella dottrina sociale cristiana, delle strutture di peccato. In questo senso c’è il demonio come nemico. Il demonio è reale, ma siamo noi stessi che costruiamo le strutture che fanno riferimento a lui e in questo caso, una struttura sia materiale, sia culturale, del male.

    D. – Il Papa parla anche della corruzione che crea dipendenza, addirittura la paragona alla droga …

    R. – Sì, crea dipendenza anche nel senso che diventa un idolo. Lui parla della “Dea tangente”, come di qualche cosa che poi ci domina. E questa è un’altra idea profonda nel cristianesimo, che risale ad Agostino ed anche a tanti altri Padri, che criticano gli idoli. L’idolo sono anche le cose che noi costruiamo e delle quali ci facciamo schiavi. E quindi in quest’ottica, invece, l’annuncio di Dio che Papa Francesco fa è un annuncio che fa subito vedere le sue conseguenze, cioè: ci libera dai padroni che noi stessi ci siamo costruiti rendendoci schiavi gli uni con gli altri. E’ un messaggio molto dirompente e che invita all’azione.

    D. – E il Papa invita i cristiani a non cadere nell’idolatria …

    R. – Questo è il primo punto. Ma poi a queste strutture del male bisogna rispondere con delle strutture di bene, positive. Quindi, di che cosa dobbiamo nutrire i figli? Con il pane pulito, con una visione – anche – delle cose, della vita, che non sia basata sulla ricerca disonesta di una ricerca materiale, ma nella costruzione di legami di fiducia nel fare cose buone.

    D. – Considerando anche il forte ascendente che le parole del Papa hanno continuamente sugli italiani, quale potrebbe essere la reazione di fronte a queste?

    R. – Una reazione nel senso positivo c’è già stata, perché da più parti si segnala il fatto che in corrispondenza di questi discorsi di Papa Francesco, che non sono soltanto parole, perché egli con la sua stessa persona avvalora quello che dice, c’è stato come un pullulare di iniziative, un risvegliarsi da parte di molte persone che hanno incominciato forme nuove di impegno. Papa Francesco sta costruendo una cultura che ci dice: guardate, è possibile superare questi gravi problemi. Per cui, tutti coloro che hanno una disposizione al bene, anche se non sono cattolici o cristiani o credenti in qualche religione, si sentono chiamati, si sentono interpellati nel profondo dell’uomo, perché ogni uomo vuole il bene, non soltanto il credente. Allora, le varie associazioni che lottano contro la corruzione, contro la mafia – sono moltissime! – tutte queste persone si uniscono, indipendentemente dall’appartenenza visibile alla Chiesa, ma sulla base della volontà di bene. E’ un Papa molto universale, che riesce a dire il cristianesimo nei suoi contenuti umani. E questo porta ad agire senza dividere. Cioè, è un Papa che unisce nella diversità anziché dividere in base ad una dottrina che spesso, in passato, da parte di qualcuno, veniva presentata come un’autodifesa, come un’armatura. Invece, la dottrina diventa uno strumento per gli altri che non condividono la fede ma possono condividerne i contenuti.

    D. – Le letture di ciò che il Papa ha detto ieri a Santa Marta, ovviamente, non hanno tralasciato l’opera di pulizia che lo stesso Papa sta rivolgendo alla Chiesa. Quanto c’è, nelle parole del Papa, di riconducibile anche a questa sua azione?

    R. – E’ un Papa che presenta le sue parole con la forza dei fatti. E uno dei punti di riferimento fondamentali sono i fatti che il Papa ha cominciato a fare all’interno della Chiesa. Siamo di fronte, qui, non ad una predicazione che dice agli altri quello che devono fare, ma siamo di fronte all’annuncio di una vita che già è incominciata dentro alla Chiesa. Il Papa ha attuato delle riforme importanti all’interno della Chiesa, ad esempio sotto il segno della legalità, dell’essere tutti uguali davanti al diritto, di trasparenza nello Ior, nelle operazioni bancarie. Ha dato segnali concreti che sono più che simboli, sono nuovi modi di fare. Allora, se il Papa fa sul serio dentro alla Chiesa, diventa molto più credibile fuori. A questo punto, è la politica, è la società che deve rispondere. L’Italia è il Paese che il Papa ha più vicino, nel quale è immerso. Io credo che la politica italiana sia prima di tutte le altre chiamata a fare a sua volta dei fatti concreti. Quindi, è anche un’esortazione importante all’impegno politico dei credenti, nella forma e nel modo che ciascuno pensa più opportuno, e sempre un impegno che costruisca i fondamentali della società, non un impegno che divida.

    inizio pagina

    Cile, mons. Ezzati: cattolici partecipino alle elezioni, promuovere famiglia, lavoro e lotta alla povertà

    ◊   Si è conclusa la 106.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale cilena, tenutasi a Punta de Tralca. L'arcivescovo di Santiago del Cile, mons. Ricardo Ezzati, è stato rieletto per altri tre anni presidente dell’organismo. Su quanto emerso dalla plenaria, Monica Zorita ha sentito lo stesso mons. Riccardo Ezzati:

    R. - Nosotros acabamos de presentar a la prensa una declaración de la Asamblea…
    Abbiamo presentato alla stampa una dichiarazione dell’Assemblea dei vescovi. Abbiamo messo in evidenza qual è la nostra missione di pastori: insieme alla nostra comunità vogliamo essere una Chiesa missionaria al servizio della vita e al servizio del nostro Paese, nel nome del Vangelo del Signore.

    D. - Quali le sfide evidenziate dalla plenaria?

    R. - Hemos destacados tres núcleos de desafías muy grande: …
    Abbiamo evidenziato alcune sfide molto importanti: la prima è la libertà di guardare a quello che il Signore ci chiede ed aver chiara anche la consapevolezza di annunciare quello che il Signore ci chiede in merito alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Nel clima di preparazione del prossimo Sinodo abbiamo evidenziato fortemente quello che significa la famiglia nel contesto d’oggi e nella missione evangelizzatrice della Chiesa.

    D. – Come avete affrontato il tema delle prossime elezioni?

    R. - Hemos destacados fuertemente lo que significa la libertad de consciencia…
    Abbiamo sottolineato fortemente quello che significa la libertà di coscienza per quanto riguarda le prossime elezioni, ma una libertà di coscienza che sia illuminata dal Vangelo del Signore e dal magistero della Chiesa. Abbiamo fatto un appello affinché i cittadini, in particolar modo i cattolici, partecipino al voto, avendo ben chiari i programmi dei diversi candidati e tenendo ben presente quali siano i programmi che sono in linea con lo sviluppo della famiglia e con il matrimonio tra un uomo ed una donna, ma tenendo anche ben presenti tutti gli altri ambiti valoriali, partendo da una casa degna per tutti, un lavoro degno e retribuito in maniera opportuna, la libertà di educazione, la lotta contro la miseria e la ricerca di una società più equa.

    D. – Un appello fondato sulle esigenze evangeliche …

    R. – Sí, por que entendemos muy bien que el Evangelio del Señor…
    Sì, perché comprendiamo molto bene che il Vangelo del Signore ci chiede, giustamente, di rispettare e promuovere la dignità di tutte le persone, specialmente dei più poveri e la dignità di tutte le persone in una società che abbia molto rispetto per i più deboli e che segua un programma che promuova veramente il bene comune di tutta la nazione.

    inizio pagina

    Trani. Dai banchi dei forni alla Caritas: successo dell'iniziativa "Pane per tutti"

    ◊   Si chiama “Un pane per tutti” ed è un’iniziativa di solidarietà nata in una parrocchia della diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, in Puglia. E’ frutto della carità di panificatori e ristoratori, che spontaneamente hanno cominciato a donare il pane invenduto e il cibo avanzato. La parrocchia – che ora aiuta una cinquantina di famiglie, grazie al volontariato di tante persone – è quella di Santa Chiara, a Trani, dove ogni giorno viene distribuito quanto gratuitamente offerto dagli esercenti commerciali e raccolto tutte le mattine dai parrocchiani del Centro Caritas. Al microfono di Tiziana Campisi, il parroco, don Alessandro Farano, racconta com’è cresciuta l’iniziativa:

    R. – E’ una catena di solidarietà che si è sviluppata grazie alla testimonianza tra panifici. Il cerchio si è allargato non tanto perché noi siamo andati a chiedere di darci il pane o quello che avanzava, ma sono stati i panifici stessi che ci hanno chiesto di potere entrare in questo giro. Quindi, una catena di testimonianza.

    D. – Oggi, a che punto è “Un pane per tutti”?

    R. – Oggi, è una grande risorsa per una cinquantina-sessantina di famiglie, che ogni mattina attendono il proprio turno dietro alla porta della nostra Caritas per poter avere un po’ di pane o delle focacce o altri alimenti che ci donano. Ritiriamo il pane da 14 panifici, più due o tre bar che ci donano anche i cornetti o le brioche che avanzano.

    D. – Che cosa hanno pensato i fedeli della sua parrocchia, man mano che questa iniziativa è andata avanti?

    R. – Come parroco, ribadisco sempre che una parrocchia debba pensare alle strutture, agli oratori, ma guai se la parrocchia non pensasse ad allestire un centro Caritas. Io, d’altronde, da seminarista sono stato abituato a questo e quindi cerco sempre di inculcare nei miei parrocchiani che si diventa cristiani anche attraverso la solidarietà e la carità fraterna.

    D. – Dalle parole ai gesti: la carità che diventa concreta. Quale insegnamento grande da trarre?

    R. – Dalle parole ai gesti: questo non è stato altro che l’insegnamento di Nostro Signore, il quale, ovviamente, attraverso i suoi miracoli, ha provveduto anche ai bisognosi. Il nostro miracolo è quello di gareggiare nella solidarietà, e sono contento, perché anche Papa Francesco con i suoi discorsi – ma non solo nei suoi discorsi, anche nel suo operare – ci dà molto esempio e anche una carica, uno sprone. Volevo dire che i nostri volontari, quando vanno a ritirare quanto offrono i panifici, lo fanno a proprie spese e quindi questa iniziativa è a costo zero, perché ognuno ci mette del suo: chi ci mette la macchina, chi ci mette la benzina, chi ci mette la forza fisica, chi ci mette il tempo per preparare le buste e distribuire il pane ai bisognosi. Quindi, è una grande gara di solidarietà.

    inizio pagina

    Convegno al Gemelli sugli ospedali universitari nel contesto del Servizio sanitario

    ◊   Il Servizio sanitario nazionale sta cambiando in Italia e gli ospedali universitari vogliono comprendere quali siano le sfide che li attendano in questo nuovo scenario. Con questo obiettivo, il Policlinico Gemelli e l’Università Cattolica hanno promosso ieri e oggi un Convegno, nel 50.mo di fondazione della struttura creata da padre Agostino Gemelli. Eliana Astorri ha chiesto il parere del prof. Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma:

    R. – Nell’ambito delle manifestazioni che noi stiamo attuando per ricordare e per festeggiare i 50 anni di attività del Policlinico Gemelli, abbiamo inserito un momento culturale, nel quale abbiamo inteso affrontare il problema della mission degli ospedali universitari, e direi più in generale di tutta la problematica che spesso rende difficoltosa l’efficienza della sanità, che è il fatto che le varie componenti della sanità spesso non dialogano bene fra di loro. Avremo, direi, i maggiori esperti italiani in questo settore, che dibatteranno su come integrare meglio gli ospedali universitari con gli ospedali assistenziali e che discuteranno molto bene sul problema enorme del far sì che ci sia una rete sanitaria, per cui tutta la medicina del territorio sia assolutamente integrata con quella ospedaliera. Ci sarà un accenno anche all’annoso problema della medicina difensiva, che da stime fatte costa al nostra Paese cifre enormi: si parla di dieci miliardi di euro. Ovviamente, in tutto ciò la vocazione cattolica del nostro Ospedale, della nostra Università, verrà sottolineata nel tentativo – secondo me proficuo – di far sì che se non altro la sanità romana, la sanità laziale, ma direi più in genere la sanità nazionale, trovi finalmente quei raccordi e quei rapporti che facciano sì che si evitino queste affermazioni di principio e che in altri Paesi del mondo verrebbero tacciate di ridicolo: in un territorio in cui ci sono troppe università, troppe facoltà di medicina, questo territorio venga a essere danneggiato dal punto di vista economico.

    inizio pagina

    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella 32.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù risponde ai sadducèi che non credono nella risurrezione dei morti:

    “Che i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: ‘Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe’. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    I sadducei – un gruppo religioso ebraico che appellandosi alla tradizione vetero-testamentaria affermava di non trovarvi nessuna parola sulla risurrezione della carne – vogliono da Gesù la sua opinione in proposito. Hanno imbastito una prova che ai loro occhi non dà via d’uscita: per la legge del levirato, 7 fratelli hanno avuto la stessa donna in moglie, è dunque evidente, secondo loro, che non c’è nessuna “risurrezione fisica”, perché non potranno riaverla di nuovo tutti e sette. Dietro tutto questo c’è l’attesa e la realizzazione di un Regno di Dio tutto terreno, in un orizzonte molto limitato. La risposta di Gesù è definitiva e capovolge questa immagine: Coloro che sono giudicati degni della vita futura, sono uguali agli angeli, perché sono “figli della risurrezione”, e non prendono né moglie né marito: “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”. Dio è vita. Ricco datore di vita. I “figli della risurrezione” partecipano di questa vita divina. “Se non vi è resurrezione dei morti, esclama S. Paolo, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (1 Cor 15,13-14). L’Eucaristia ci dà già qui la caparra della risurrezione: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54). Questo essere “figli della risurrezione” deve mostrarsi in ciò che crediamo: “La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani, esclama Tertulliano: credendo in essa siamo tali” (De resurrectione carnis, 1,1). La morte, la paura della morte è vinta. Siamo chiamati a vivere da risorti.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Centrafrica: oltre 1 milione di persone rischiano la fame a causa del conflitto

    ◊   Sono oltre un milione le persone che, nella Repubblica Centrafricana, rischiano la fame a causa delle violenze nel Paese. E la situazione potrebbe peggiorare a causa dei raccolti ridotti e di una drastica riduzione delle attività economiche. Lo denunciano le Nazioni Unite, le Organizzazioni non-governative e il governo della Repubblica Centrafricana, che hanno condotto congiuntamente una missione di verifica della sicurezza alimentare d’emergenza. Secondo questa indagine, 1,1 milioni di persone - circa il 30% della popolazione che vive fuori dalla capitale Bangui - sono impossibilitate a sfamarsi in maniera regolare o necessitano di assistenza alimentare. Almeno la metà degli stimati 395.000 sfollati nella Repubblica Centrafricana non ha accesso a una quantità sufficiente di cibo sano e nutriente, necessario per condurre una vita attiva e in salute. Da quando è scoppiato il conflitto, nel dicembre 2012, molti agricoltori hanno lasciato le proprie fattorie, abbandonando i raccolti; la maggior parte delle famiglie dice che il loro bestiame è stato rubato mentre altre, per paura di dover lasciare le case o per evitare saccheggi, hanno venduto gli animali e le sementi. Le zone dove la popolazione ha più difficoltà a reperire il cibo sono Ouham, Ouham-Pende e Nana Gribizi nel Nord, Vakaga e Bamingui-Bangoran nel Nord-Ovest. Tuttavia, sacche di insicurezza alimentare esistono in tutto il Paese. “Serve un’azione urgente affinchè cessino immediatamente le violenze nel Paese consentendo a centinaia di migliaia di persone di fare ritorno alle proprie case e fattorie”, ha dichiarato Housainou Taal, rappresentante nella Repubblica Centrafricana del World Food Program (WTO), l’organizzazione delle Nazioni Unite che combatte la fame nel mondo. “Facciamo appello alle parti in conflitto - ha aggiunto - affinché rispettino i diritti dei civili e consentano l’accesso umanitario al nostro staff per raggiungere quanti hanno più bisogno”. La preoccupazione del Wfp è che la prossima stagione “del non raccolto” - che in genere comincia a maggio e contraddistingue il periodo in cui le scorte alimentari sono esaurite - possa cominciare già all’inizio del prossimo anno. Nel Paese, il cibo disponibile potrebbe essere non sufficiente a coprire i bisogni della popolazione a gennaio, febbraio 2014. La disorganizzazione del commercio del cotone, la scarsità di forza lavoro disponibile e il minor raccolto di arachidi - fonte primaria di reddito delle famiglie contadine - hanno ridotto il potere di acquisto e le attività economiche con maggiori rischi per le condizioni nutrizionali. Condizioni che potrebbero peggiorare drasticamente anche a causa delle limitate possibilità di avere accesso alle cure sanitarie di base. L’agenzia umanitaria dell’Onu - che dal gennaio di quest’anno ha fornito un’assistenza alimentare vitale a circa 250mila persone nella Repubblica Centrafricana - per continuare nella sua missione ha bisogno di ulteriori 20 milioni di dollari sino ad aprile 2014. “Grazie al continuo e generoso sostegno dei nostri donatori - ha concluso Taal -, intendiamo ampliare l’operazione di assistenza per rispondere rapidamente ai bisogni di oltre 600.000 persone vulnerabili, inclusi i bambini malnutriti, le donne incinte, quelle che allattano e i bambini in età scolare”. (A.P.)

    inizio pagina

    Mozambico: appello di pace dei vescovi dopo la ripresa armata degli ex ribelli della Renamo

    ◊   “L’immediata cessazione delle ostilità e la riapertura del dialogo”. E’ l’accorato appello lanciato dai vescovi del Mozambico, preoccupati dal riaccendersi delle ostilità nel Paese dopo il ritorno alle armi degli ex ribelli della Renamo, che a ottobre hanno denunciato gli Accordi di Pace del 1992. Anche se finora le azioni militari sono rimaste confinate nella provincia centrale di Sofala, cresce nel Paese e in quelli vicini il timore di una estensione del conflitto. In un comunicato diffuso da Matola, dove sono riuniti per la loro Assemblea plenaria, i vescovi esprimono la loro solidarietà con il popolo mozambicano che, affermano “chiede la pace e il rispetto della vita”. “Gli eventi delle ultime settimane mostrano che si è scelto di risolvere le divergenze con la forza delle armi”, ma, sottolinea con forza il comunicato, “nessuno può sentirsi legittimato dal popolo a difendere con le armi gli interessi di gruppi o persone”. Di qui l’appello a tutti i cittadini a non farsi trascinare dal clima di crescente violenza nel Paese: “Cerchiamo di essere tutti operatori di pace che lavorano per istituzioni rispettabili e rispettate”. I presuli si rivolgono poi, ai leader del partito al potere e degli ex ribelli della Renamo, al Presidente della Repubblica e al Comandante delle Forze Armate perché facciano il possibile per fermare gli scontri e per “creare le condizioni per un dialogo coraggioso e concludente”. Un appello, infine, alla comunità internazionale, segnatamente ai rappresentanti diplomatici e alle aziende straniere presenti nel Paese, perché contribuiscano alla pacificazione, senza la quale – affermano - non può esserci sviluppo. Da parte loro, i vescovi si dicono pronti a fare la loro parte per trovare una soluzione al conflitto. La fragile stabilità politica raggiunta con gli accordi di pace siglati a Roma nel 1992, dopo 16 anni di guerra civile, ha permesso in questi due decenni un modesto miglioramento degli standard socio-economici del Mozambico, grazie agli investimenti stranieri nel settore minerario e petrolifero. Tuttavia, di tali progressi ha beneficiato solo una piccola parte della popolazione. Sui 187 Paesi nella classifica dell’Indice di sviluppo umano, nel 2011 il Mozambico risultava ancora al terz’ultimo posto. (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    Giordania. Il direttore della Caritas: il campo profughi di Zaatari diventerà una “città provvisoria”

    ◊   Il più grande campo profughi che ospita rifugiati siriani, dislocato nel deserto giordano, si appresta a diventare una “città temporanea”. Lo conferma all'agenzia Fides Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania. “Con 130mila persone presenti nel campo, per un tempo che potrebbe durare ancora anni, i responsabili dell'Onu e il governo giordano hanno ritenuto che la sua trasformazione in centro abitato fosse l'unica scelta possibile. Quindi avremo nel deserto una al-Zaatari new city. I lavori per portare l'acqua, l'elettricità e i servizi sono già iniziati”. Il sovraffollamento a Zaatari è uno dei fattori che continua a rendere piena di tormenti la vita quotidiana degli ospiti del campo. Soprusi e violenze, soprattutto verso le donne, sono all'ordine del giorno. I ragazzi crescono senza nessun tipo di attività scolastica e formativa. E la prospettiva di passare un altro inverno nelle tende appare insostenibile a quelli che vivono ancora accampati. Le cifre fornite dall'Onu parlano di un milione 300mila siriani che hanno trovato rifugio nel Regno Hascemita. (R.P.)

    inizio pagina

    Vescovi europei: da mons. Celli la sfida ad annunciare il Vangelo in Internet

    ◊   “Dio parla attraverso gli avvenimenti quotidiani”, indicandoci una “mistica dell’attualità”. Così Papa Francesco “ci spinge verso una mistica che dà spessore all’attualità, imparando a sentire e a vedere Dio che non si stanca mai di operare in ogni momento della nostra vita e della storia”. Mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, ha svolto un’ampia relazione sui 50 anni del documento “Inter mirifica” in apertura dell’incontro dei vescovi responsabili delle Comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali d’Europa, riuniti fino a domani a Barcellona. Mons. Celli ha dapprima percorso la “storia” del decreto conciliare, per poi segnalare l’evoluzione del magistero ecclesiale sull’argomento; infine, il relatore ha delineato le sfide da affrontare in relazione alla missione evangelizzatrice in un’epoca sempre più segnata dalle nuove tecnologie e dai più moderni linguaggi comunicativi. “Giovanni XXIII con lungimiranza volle l’inserimento della comunicazione nell’agenda del Concilio”, ha fra l’altro spiegato Celli: ma l’attenzione dei pontefici non è mai venuta meno su questo versante, misurandosi con gli sviluppi intervenuti nei media e nel settore comunicativo nell’ultimo mezzo secolo, con la brusca accelerazione impressa soprattutto da internet e dalla telefonia mobile. La Chiesa è “chiamata non a evangelizzare internet, ma ad evangelizzare 'in' internet”, ha ricordato ancora mons. Celli nel corso del suo intervento. Anche perché - ha proseguito - “oggi un miliardo e 200 milioni di persone abitano in una rete sociale, Facebook”, ed è perciò “un nostro dovere”, “oltre che un loro diritto”, “annunciare loro il Vangelo” con le modalità comunicative più moderne, rispettose ed efficaci. Lo stesso presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali ha peraltro messo in luce i “limiti” e i “rischi” cui ciascuno (“e in particolare i più giovani”) è esposto nell’era digitale. Quindi alcune riflessioni sulle modalità di trasmettere e testimoniare il Vangelo e la fede nell’era contemporanea, con una “comunicazione che non può però essere solo fatta di parola”, perché anche la carità e la vicinanza alle persone è comunicazione del messaggio evangelico. “La comunicazione di oggi è camminare col pellegrino esistenziale - ha puntualizzato mons. Celli - come Gesù ha fatto con i pellegrini di Emmaus”. Nel corso dell'incontro di Barcellona, è stato presentato ai partecipanti il nuovo sito del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa da ieri online all’indirizzo www.ccee.eu. Nella sua nuova versione bilingue (italiano – inglese), il sito si propone di presentare all’utente, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) e le sue attività. A latere di sezioni che illustrano la dirigenza dell’organismo episcopale europeo e i suoi membri, sono presenti diverse sezioni che permettono di approfondire i vari ambiti tematici affrontati dal Consiglio, attraverso le sue commissioni, gruppi di lavoro o incontri istituzionali. (R.P.)

    inizio pagina

    Il card. Scola in visita a Mosca nell’anno costantiniano

    ◊   Sarà all’insegna dell’apertura e del confronto la visita a Mosca dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola. Inizierà domani alle 10 con la Messa presieduta nella cattedrale russa della Grande Madre di Dio. Nel pomeriggio, alle 17, il porporato interverrà all’Università ortodossa San Giovanni Crisostomo, al convegno internazionale “Identità, alterità, universalità” proponendo una relazione sul tema “Cristiani in una società plurale”. Al convegno - promosso dal Centro culturale moscovita «Biblioteca dello Spirito», in collaborazione con l’Università ortodossa e l’Istituto russo di architettura e dalla Fondazione Russa Cristiana con gli atenei milanesi, Università degli Studi e Cattolica, e con la Scuola d’arte Beato Angelico - metterà a confronto esponenti della cultura europea sul rapporto tra filosofia, arte, dottrina politica, diritto e il cristianesimo cattolico e ortodosso. La visita del card. Scola proseguirà lunedì 11: alle 11 introdurrà, con un breve intervento, un incontro pastorale sul laico nella Chiesa per poi presiedere la Santa Messa con l’arcivescovo cattolico di Mosca, mons. Paolo Pezzi. La visita nella capitale russa, nata proprio da un suo invito, si concluderà martedì 12 dopo il colloquio, previsto per le 11, con il patriarca ortodosso Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il viaggio si colloca nell’ambito delle iniziative promosse dalla Diocesi di Milano per celebrare il 17° centenario dell’Editto di Milano, primo riconoscimento della libertà religiosa in Occidente, e rinnova la tradizione ecumenica della Chiesa ambrosiana arricchita dal confronto con una Chiesa sorella ricca di storia come quella russa. (A.P.)

    inizio pagina

    Colombia: la Chiesa propone “una politica di riconciliazione per una pace definitiva”

    ◊   La Chiesa cattolica ritiene che per raggiungere una vera riconciliazione e una pace autentica in Colombia "si deve andare avanti su questioni come l'equa distribuzione delle terre e raggiungere un autentico sviluppo economico" (primo accordo fra governo e Farc, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e "predisporre possibili scenari per il perdono in tutti i settori della società". Tali principi sono espressi nel libro intitolato "Proposte minimali per la riconciliazione e la pace in Colombia", realizzato dalla Conferenza episcopale colombiana, che riassume gli otto punti minimali per un accordo nazionale. La nota inviata all’agenzia Fides riporta che è stato il card. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà, a presentare il libro di 92 pagine, frutto di una vasta consultazione iniziata nel 2009, che ha coinvolto tutti i protagonisti della vita sociale, economica, politica del paese. Gli otto punti riguardano: una politica di riconciliazione e di pace; diritti per una vita dignitosa e per costruire una politica di parità; riforma agraria integrale; diritto fondamentale all’istruzione; democrazia e trasparenza nell'uso delle risorse pubbliche; decentramento e sviluppo territoriale; alternative produttive sostenibili; partecipazione dei cittadini. Giovedì scorso è stato pubblicato a L’Avana il testo della seconda parte degli accordi raggiunti nei dialoghi fra governo e Farc: la guerriglia accetta il disarmo in cambio di uno “Statuto di garanzie” per esercitare l’opposizione politica in generale e, in particolare, “per i nuovi movimenti che sorgeranno dopo la firma dell’accordo finale”. Questo prevede che siano assicurati spazi nei mezzi di comunicazione, riforme istituzionali per facilitare la costituzione di partiti politici, garanzie di trasparenza dei processi elettorali. Tra qualche giorno, sempre a L'Avana, inizierà la discussione sul terzo punto dei 5 proposti in una prima agenda, sulle droghe illecite, quindi si parlerà di come indennizzare le vittime del conflitto e infine dei meccanismi per sottoporre a referendum il testo dell'accordo finale. (R.P.)

    inizio pagina

    Striscia di Gaza: la Caritas chiede di non dimenticarla

    ◊   “Gaza non deve essere dimenticata! La situazione sta peggiorando sempre di più. Dopo la seconda rivoluzione egiziana, quella che ha deposto il presidente Morsi, tutte le gallerie che collegavano Gaza all’Egitto sono state distrutte e la popolazione non ha più possibilità di far entrare prodotti e merci necessari alla vita quotidiana”. Padre Raed Abusahlia è il direttore di Caritas Gerusalemme e all'agenzia Sir fa il punto delle condizioni di vita nella Striscia, all’indomani della creazione, a Gerusalemme, di una task force formata da una dozzina organizzazioni umanitarie cattoliche che dovrà stilare un quadro preciso delle emergenze e dei bisogni della popolazione, cristiana (solo 1700 fedeli di cui meno di 300 cattolici) e non, della Striscia. “Lunga 45 chilometri e larga da sei a dodici, con il suo milione mezzo di abitanti, ma c’è chi dice che sono due, Gaza - ribadisce il direttore - è la più grande prigione del mondo a cielo aperto. Qui mancano carburanti e combustibili, l’energia elettrica viene erogata solo per poche ore al giorno, il lavoro resta un miraggio e muoversi è molto difficile, dal momento che non si può né entrare né uscire”. Ad aggravare le condizioni di vita della popolazione è l’inquinamento: “tutto il sistema fognario di Gaza e degli insediamenti vicini si riversa direttamente in mare inquinandolo, con conseguenze anche sulla pesca”. Drammatiche le condizioni igieniche e sanitarie con l’acqua potabile imbevibile: le falde sono contaminate da acqua salmastra e da infiltrazioni dei liquami di fogna e spazzatura, ma anche l‘acqua desalinizzata, venduta a caro prezzo, non è in realtà potabile. Secondo alcune notizie di agenzia, che riportano le dichiarazioni di Ateya al-Bursh, direttore dei laboratori ambientali di Gaza, “l‘acqua è chimicamente e fisicamente inquinata”. Nel frattempo la Caritas continua a operare a Gaza in molti modi e in particolare con un Centro medico insediato nelle aree dei campi profughi e la clinica mobile, dove sono impiegati 18 operatori. “Purtroppo - conclude padre Abusahlia - pensiamo che questa opera umanitaria sia solo una goccia nell’oceano di questo conflitto. Oggi gli occhi del mondo sono rivolti alla Siria, ma a Gaza l’emergenza continua ed i bisogni aumentano giorno dopo giorno. Gaza è un problema anche della comunità internazionale che però ha la memoria corta”. Il viaggio di Kerry in Terra Santa per i negoziati di pace? “Non ci sarà per il momento nessuna pace, nessun negoziato. Non è pessimismo il mio ma realismo!”. (R.P.)

    inizio pagina

    India: la Chiesa di Orissa in aiuto delle popolazioni colpite dal ciclone Phailin

    ◊   Di fronte alle sferzate del ciclone Phailin, che nelle scorse settimane “ha causato indicibili tragedie e miseria in Orissa, la Chiesa prega per le vittime ed è pienamente impegnata per alleviare le sofferenze del popolo”. Lo scrive in una nota inviata all’agenzia Fides mons. Thomas Thiruthalil, vescovo di Balasore, una delle diocesi più colpite dal ciclone, con quella di Berhampur. Secondo fonti ufficiali, sono morti annegati alcuni bambini e adulti, che alloggiavano in case di fango travolte dalle acque. Oltre 930 villaggi sono stati inondati, migliaia di abitazioni distrutte, e gli sfollati senzatetto sono oltre 100.000. Gli aiuti umanitari sono tuttora molto difficili a causa dei problemi di trasporto e di impraticabilità delle strade. Le diocesi hanno organizzato una raccolta speciale di fondi, che durerà per tutto il mese di novembre, che sarà destinata alle vittime del ciclone. “Stiamo lavorando in stretta collaborazione con l’amministrazione statale”, racconta il Vescovo. “Abbiamo fornito sostegno diretto alle persone che soffrono. Da due settimane i nostri volontari hanno organizzato cucine da campo e assicurato il vitto a comunità di profughi in due distretti. La Caritas diocesana ha distribuito alimenti alle famiglie di sfollati in zone isolate e ha preparato tende per l’accoglienza temporanea, distribuendo anche articoli per l'igiene. Ci siamo attrezzati per potabilizzare 1.200 litri di acqua, mentre le nostre cliniche mobili con medici e infermieri lavorano da due settimane instancabilmente”. Il vescovo spiega a Fides: “C’è un enorme danno per l’economia locale, per una popolazioni prevalentemente composta da contadini e allevatori di bestiame. Ampie zone costiere sono tuttora vulnerabili alle inondazioni, e decine di villaggi sono a rischio elevato”. Il vescovo lancia un appello alle istituzioni. “Occorre cercare e soluzioni preventive alla nostra vulnerabilità, introducendo nella mentalità della popolazione concetti come il rischio e la sicurezza. Lo Stato deve mettere a punto una pianificazione territoriale che risulti sostenibile e resistente, di fronte a possibili calamità naturali”. Piogge torrenziali e alluvioni hanno colpito l’Orissa nelle scorse settimane, sommergendo soprattutto i due distretti di Balasore e di Mayurbhanj. Secondo i meteorologi, il ciclone Phailin è durato solo 24 ore, ma lo straripamento dei fiumi, ingrossati dalle piogge, causerà danni per settimane, soprattutto alle zone agricole. (R.P.)

    inizio pagina

    Iran. Rilasciato un cristiano iraniano, carcere duro per un pastore arrestato ingiustamente

    ◊   Il cristiano iraniano Mostafa Bordbar è stato rilasciato dal carcere, dopo aver vinto il ricorso contro la condanna a 10 anni di prigione, che gli era stata comminata a luglio 2013. Come appreso da Fides, il rilascio è avvenuto il 3 novembre scorso, grazie al verdetto di una Corte di appello che lo ha scagionato, ritenendo nulle le accuse a suo carico, come quella di essere “membro di una organizzazione operante contro la sicurezza nazionale”. Come ricorda una nota inviata all'agenzia Fides dall’Ong “Christian Solidariety Worldwide” (Csw), Bordbar era stato arrestato il 27 dicembre 2012, insieme ad altri 50 cristiani, riunitisi per celebrare il Natale in una casa nel nord di Teheran. Dopo un lungo interrogatorio, i fedeli erano stati rilasciati, tranne Bordbar e il Pastore cristiano armeno Vruir Avanessian. Quest’utimo era poi uscito dal carcere su cauzione nel gennaio scorso. In un altro caso, il Pastore Saeed Abedini, che ha la doppia cittadinanza americana/iraniana, condannato a otto anni di detenzione, è stato trasferito il 3 novembre scorso nel famigerato carcere di “Shahr Raja”, nella città di Karaj. Il Pastore è ospite del braccio n. 3 della prigione, noto per ospitare i prigionieri più violenti del Paese. Secondo quanto riferisce a Fides da Csw, il Pastore è stato trasferito perché nel carcere di Evin a Teheran, dove si trovava in precedenza, aveva organizzato una protesta pacifica con altri prigionieri contro il maltrattamento dei detenuti, che egli stesso subiva. Nella nota inviata a Fides, Mervyn Thomas, direttore di Csw “elogia la magistratura iraniana per aver accertato la verità sul cristiano Bordbar” e “deplora il maltrattamento di Saeed Albedini”, arrestato, come avviene anche ad altri cristiani, “sulla base di accuse politiche del tutto illegittime”. (R.P.)

    inizio pagina

    Kenya: per i vescovi, insicurezza, corruzione e avidità devastano la nazione

    ◊   Il Kenya è attanagliato da una serie di gravi problemi come insicurezza, corruzione e brama di potere. Condividendo le proprie riflessioni e preoccupazioni, i vescovi del Kenya, a conclusione dell’assemblea svoltasi nell'arcidiocesi di Kisumu, esprimono vicinanza “ai fratelli e sorelle della nostra nazione”, invitando ogni cittadino “a sperare” e fare quanto è nelle proprie possibilità. In un comunicato dell’8 novembre, firmato dal card. John Njue, presidente della Conferenza episcopale, e inviato all’agenzia Fides, i vescovi analizzano la situazione citando come primo motivo di preoccupazione, lo “stato di insicurezza”, soprattutto nel Nord, dove si sono verificati anche episodi di incendio di chiese e uccisioni di leader religiosi. In particolare i vescovi deplorano che “alcune persone continuano ad usare il nome di Dio e della religione per uccidere e mutilare persone innocenti”. L'estremismo religioso – affermano – “sarà solo benzina per i conflitti e per creare ulteriori divisioni e conflitti tra le comunità”. Altro problema serio è la corruzione che è “come un drago che va a caccia del presente e del futuro del nostro Paese”. I Pastori esortano tutti i keniani “a esercitare i più alti livelli di integrità, nei loro lavoro e doveri quotidiani”. Sradicare la corruzione è una necessità “per salvare le nostre vite, la nostra nazione e per le generazioni future”. Accanto alla corruzione vi sono nepotismo, brama di potere e di ricchezza, discriminazione su base etnica e religiosa, “che ancora dilagano nelle amministrazioni centrali e regionali”. I vescovi si soffermano anche sulla proposta di legge per regolamentare i mass-media, chiedendo che “si incoraggi la partecipazione pubblica nel settore delle Telecomunicazioni”, ricordando che il ruolo dei mass media è “mettere in luce le questioni di interesse nazionale e da sottoporre al dibattito pubblico”, ispirandosi ai principi di trasparenza e verità. In conclusione il testo, con le parole di San Paolo, invita la popolazione a “camminare in maniera degna della vocazione di tutti”, esercitando valori come umiltà , mansuetudine, pazienza, carità e pace, auspicando che siano i valori ispiratori della nazione. (R.P.)

    inizio pagina

    Haiti. Alta tensione nella capitale: cresce la protesta contro il presidente Martelly

    ◊   Una parte della popolazione haitiana reclama a gran voce le dimissioni del presidente Michel Martelly: è quanto affermano i manifestanti che nei giorni scorsi sono scesi in strada a Delmas e nella capitale haitiana Port au Prince. La protesta contro il governo è partita dai sobborghi ed è giunta a Petionville, zona della élite economica e commerciale del Paese, quasi mai teatro di azioni di protesta sociale. Secondo una nota pervenuta all'agenzia Fides, il malcontento era palpabile da giorni ed è esploso giovedì scorso: oltre 3mila dimostranti hanno lanciato pietre e ostacolato il traffico, mentre gli agenti di polizia hanno sparato gas lacrimogeni. La manifestazione, notano fonti di Fides, non è un episodio isolato. Il governo haitiano deve affrontare da settembre scorso, le proteste contro le politiche amministrative, l'insicurezza pubblica e l'alto costo della vita. Haiti deve fare conti anche con un ritardo significativo nell’elezione di parte del Senato (dieci legislatori), 142 consiglieri e 570 rappresentanti dell'Assemblea nazionale. Le elezioni, che dovevano svolgersi all'inizio dello scorso anno, sono state di continuo rinviate. Secondo fonti di Fides, “la violenza nei quartieri poveri del Paese cova da tempo, organizzata da settori non identificati. Il governo intende affrontarla con durezza”. (R.P.)

    inizio pagina

    Brasile: le comunità cattoliche in prima linea contro la tratta

    ◊   Operatori pastorali, animatori sociali, insegnanti e ricercatori sono chiamati a essere “in prima linea” per contrastare il grave fenomeno della tratta di esserei umani: con questo obiettivo la Commissione episcopale per “Carità, Giustizia e Pace”, della Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb), ha avviato un gruppo di lavoro specificamente dedicato a questo problema, che ha forti implicazioni anche a livello pastorale. In un cammino di discernimento e di elaborazione di adeguate strategie, la Commissione ha organizzato un seminario intitolato “Il ruolo della società e della Chiesa nella lotta alla tratta di esseri umani” che si conclude oggi, a Brasilia. Come informa una nota inviata all'agenzia Fides, l'obiettivo del Seminario è stato quello di formare “agenti moltiplicatori” ed educatori che dovranno lavorare durante la “Campagna di Fraternità” del prossimo anno, che sarà dedicata interamente alla questione. Il tema sarà, infatti, “Fraternità e la tratta di esseri umani”, attraverso lo slogan: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” ( Gal 5,1). La Campagna è composta da attività di mobilitazione, sensibilizzazione, formazione e preghiera, organizzate a tutti i livelli nella Chiesa brasiliana, per far comprendere meglio il fenomeno del traffico di esseri umani, le sue cause e radici, e per preparare “agenti pastorali”, che siano antenne nelle comunità impegnate in questa lotta. (R.P.)

    inizio pagina

    Francia: incontro dei diaconi impegnati nel mondo operaio e nei quartieri popolari

    ◊   Da oggi all’11 novembre, la città di Strasburgo ospiterà il terzo incontro dei diaconi francesi che operano nel mondo operaio e nei quartieri popolari. Intitolato “Al crocevia, il diacono al servizio” l’incontro sarà un’occasione per condividere le esperienze e la ricchezza di questo particolare ministero. Un ministero in forte espansione in Francia: basti pensare che dai 1.593 del 2001 i diaconi permanenti nel Paese sono saliti a 2.061 nel 2006 e a 2.450 nel 2011 presenti nei luoghi di lavoro e nei quartieri difficili accanto a movimenti quali Action catholique des enfants, Jeunesse ouvrière chrétienne, Action catholique ouvrière, o nell’ambito associativo e caritativo. Questa attività è oggi coordinata dal Segretariato nazionale della missione operaia, organismo creato dalla Conferenza episcopale francese nel 1957. Composto da sacerdoti, religiosi e laici, con il passare del tempo la pastorale operaia si è aperta a tutto il mondo del lavoro e, parallelamente, ai quartieri popolari toccando le fasce più disagiate della popolazione (Mission ouvrière è in costante contatto con altre istanze ecclesiali come la pastorale dei migranti e il Servizio per le relazioni con l’islam). Con la riorganizzazione degli organismi della Conferenza episcopale francese, avvenuta tra il 2002 e il 2006, la Missione operaia è stata posta sotto la responsabilità del Consiglio per i movimenti e le associazioni dei fedeli, attualmente guidata dal vescovo di Chartres, Michel Pansard. All’incontro di Strasburgo si verificheranno i frutti del precedente incontro del 2006 intitolato “Al servizio della speranza”. A questo scopo nei mesi scorsi è stato distribuito ai diaconi un questionario. L’ultimo giorno dell’incontro è prevista una tavola rotonda alla quale parteciperà mons. Christian Kratz, vescovo ausiliare di Strasburgo. (L.Z.)

    inizio pagina

    Chiusa ad Abano Terme l'Assemblea Cism sul Vaticano II

    ◊   Con una solenne concelebrazione, presieduta da mons. Josè Rodriguez Carballo, Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, i 110 Superiori maggiori degli Istituti che fanno capo alla Cism hanno chiuso la 53.ma Assemblea Generale che si è tenuta ad Abano Terme (Padova), sul tema “Il Concilio Vaticano II e la Vita religiosa: Fedeltà e Rinnovamento. ”Nelle ultime relazioni si è parlato delle “ermeneutiche a confronto nel Concilio” e della Polis dei Religiosi e la crisi economica”. Padre Bruno Secondin, relatore della prima conferenza, ha detto che l’ermeneutica dei testi conciliari si è fatta più vivace e interessante intorno alla metà degli anni ’80, cioè nel 20mo anniversario della fine del Concilio. Dopo aver dimostrato che le più grandi diatribe sulla più appropriata ermeneutica dei testi hanno influenzato solo marginalmente la Vita consacrata perché essi “non hanno una storia molto complicata, egli ha fatto un rapido raffronto tra la lettura che dei Documenti hanno fatto i nostalgici del pre-concilio e quelli del post-concilio. Padre Volpi si è soffermato, invece, su un aspetto drammatico della crisi: la disumanizzazione. “Individui, comunità, popoli sono colpiti nella loro umanità, tirando fuori dall’uomo il peggio che ha dentro e sopprimendone lo splendore. Lo si nota nei drammatici e quotidiani fatti di cronaca (leggi violenze sulle donne e sui bambini). Come rimedio bisogna intensificare iniziative culturali ed educative a tutti i livelli, riscoprendo, nello stesso tempo, i luoghi che favoriscono la vita, l’amore, la libertà. “Attenzione - ha ammonito padre Volpi - perché anche questi luoghi possono essere cancellati dall’individualismo”. Ha concluso i lavori il presidente padre Luigi Gaetani elencando sette proposte, la prima delle quali si rifà al tema dell’assemblea: Fedeltà e Rinnovamento. La Fedeltà - ha egli detto - “rappresenta l’attenzione all’insegnamento conciliare, mentre il rinnovamento è la ri-narrazione delle ragioni carismatiche e spirituali che motivano l’esistenza degli Istituti religiosi”. (Da Abano Terme, padre Egidio Picucci)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 313

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.