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Sommario del 08/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: chi serve la giustizia nella Chiesa non sia burocrate ma buon pastore attento alla pecora smarrita
  • Il Papa prega per i figli dei "devoti della dea tangente", la corruzione toglie la dignità
  • Tutela della vita e dell'ambiente al centro del colloquio tra il Papa e il presidente del Costa Rica
  • Il Papa riceve in udienza il cardinale Ouellet
  • Tweet del Papa: sta per finire l'Anno della Fede, Signore aiutaci a prendere sul serio il Vangelo
  • Presentata in Vaticano la nuova serie della rivista semestrale "Latinitas"
  • L’Unitalsi celebra i 110 anni dalla fondazione, domani l’incontro col Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Rischio anarchia per la Libia: scontri a Tripoli tra milizie rivali
  • Ginevra: si spera in un accordo sul nucleare iraniano, contrario Israele
  • Speranze di Pace in Centrafrica dopo gli accordi raggiunti grazie alla Comunità di Sant'Egidio
  • La sfida del Burundi, tra sviluppo economico e tensioni sociali
  • Dopo il taglio di "rating" della Francia da parte di S&P, borse negative
  • L'Apa declassa la pedofilia a "orientamento". Cantelmi: errore gravissimo frutto di pressioni ideologiche
  • Sevizie e torture contro i profughi eritrei, arrestati i colpevoli. La denuncia della Dda di Palermo
  • Governo: su Imu non si torna indietro. Taglio del cuneo fiscale forse solo per redditi bassi
  • La fraternità come proposta educativa dei Centri sociali dei Focolari in Brasile
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Il vescovo di Aleppo: scontri alla centrale elettrica, città a rischio di catastrofe ambientale
  • Siria: il ministro italiano Bonino smentisce voci sulla morte di padre Dall'Oglio
  • Belgio. Vescovi e leader religiosi uniti contro la legalizzazione dell’eutanasia dei minori
  • Vescovi Usa: legge contro discriminazioni sul posto di lavoro rischia di ledere libertà religiosa
  • Egitto: tra febbraio e marzo elezioni parlamentari, in estate le presidenziali
  • Tifone colpisce le Filippine: 12 milioni di persone a rischio
  • Filippine: leader religiosi cristiani e musulmani impegnati per la pace a Mindanao
  • Gerusalemme: restaurata la Basilica del Getsemani, coinvolti anche i musulmani
  • Al via a Barcellona l'incontro dei vescovi europei sulle comunicazioni sociali
  • Reggio Calabria, mons. Morosini: denunciare i mafiosi è rischioso, ma siamo più liberi
  • Molfetta: Azione cattolica e diocesi promuovono il "Job Day" per l'incontro tra giovani e imprese
  • Anp: "Arafat non è morto per cause naturali, l'indagine va avanti"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: chi serve la giustizia nella Chiesa non sia burocrate ma buon pastore attento alla pecora smarrita

    ◊   L’immagine del Buon Pastore sia il modello per chi serve la giustizia nella Chiesa. È l’auspicio col quale Papa Francesco ha concluso il suo discorso agli oltre 50 membri del supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ricevuti questa mattina in udienza. In particolare, il Papa ha offerto alcune considerazioni in tema di nullità matrimoniale e sul ruolo che al loro interno svolge il cosiddetto “Difensore del vincolo”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Chi amministra la giustizia nella Chiesa non può farlo con l’indifferenza di un passacarte. Soprattutto se l’argomento del confronto giuridico e processuale tocca aspetti delicati come avviene nei casi di nullità del vincolo matrimoniale. Con i membri del Tribunale della Segnatura Apostolica, Papa Francesco si sofferma sul “Difensore del vincolo”, figura cui è attribuita, sottolinea, una “funzione importante” nei processi canonici di nullità. Il servizio svolto dal Difensore del vincolo è anche oggetto di dibattito alla plenaria in corso della Suprema corte vaticana e Papa Francesco ha apprezzato l’attenzione posta al tema:

    “L’attenzione rivolta al ministero del Difensore del vincolo è senz’altro opportuna, perché la sua presenza e il suo intervento sono obbligatori per tutto lo sviluppo del processo. Allo stesso modo è previsto che egli debba proporre ogni genere di prove, di eccezioni, ricorsi ed appelli che, nel rispetto della verità, favoriscano la difesa del vincolo”.

    Di questi aspetti, ricorda il Papa, tratta anche l’Istruzione Dignitas connubii, documento della Segnatura Apostolica che contiene norme processuali e che, nella fattispecie, descrive il ruolo esercitato dal Difensore del vincolo nelle cause di nullità per incapacità psichica, "che in alcuni Tribunali costituiscono il capo unico di nullità". Dunque, afferma Papa Francesco:

    “…il Difensore del vincolo che vuole rendere un buon servizio non può limitarsi ad una frettolosa lettura degli atti, né a risposte burocratiche e generiche. Nel suo delicato compito, egli è chiamato a cercare di armonizzare le prescrizioni del Codice di Diritto Canonico con le concrete situazioni della Chiesa e della società”.

    Inoltre, chiarisce Papa Francesco, tra Difensore del vincolo matrimoniale e il giudice che dovrà risolvere la causa deve correre un rapporto di “rispettoso e attento dialogo”. Il compito del primo, afferma, “non prevarica quello del giudice”, mentre questi anzi può “trovare nell’accurata opera di colui che difende il vincolo matrimoniale un aiuto alla propria attività”. Ciò per il Papa riflette in senso ampio anche la responsabilità e lo stile che deve caratterizzare coloro che amministrano la giustizia ecclesiale, specialmente – nota – quando dei fedeli “fiduciosi richiedono di chiarire autorevolmente il proprio status”:

    “Pertanto, bisogna sempre tenere vivo il raccordo tra l’azione della Chiesa che evangelizza e l’azione della Chiesa che amministra la giustizia. Il servizio alla giustizia è un impegno di vita apostolica: esso richiede di essere esercitato tenendo fisso lo sguardo all’icona del Buon Pastore, che si piega verso la pecorella smarrita e ferita”.

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    Il Papa prega per i figli dei "devoti della dea tangente", la corruzione toglie la dignità

    ◊   Stamani, durante la Messa celebrata nella Cappellina di Santa Marta, il Papa ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori “pane sporco”, guadagni frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La parabola dell’amministratore disonesto dà lo spunto al Papa per parlare “dello spirito del mondo, della mondanità”, di “come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia”. Gesù “pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità”. “E’ il nemico”:

    “Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”.

    Nella parabola, il padrone loda l’amministratore disonesto per la sua furbizia:

    “Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. E’ un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.

    Dunque – afferma il Papa – l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una “furbizia mondana” – prosegue Papa Francesco – c’è anche una “furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo”, ma onestamente. E’ ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni – ha sottolineato - “è una grazia dello Spirito Santo”, un dono che dobbiamo chiedere. Infine, conclude con una preghiera:

    “Forse oggi ci farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto. E poi finirei come quell’altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: ‘Questa notte dovrai morire’, ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!”.

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    Tutela della vita e dell'ambiente al centro del colloquio tra il Papa e il presidente del Costa Rica

    ◊   Stamani, il presidente della Repubblica di Costa Rica, la sig.ra Laura Chinchilla Miranda, è stata ricevuta in udienza da Papa Francesco e, successivamente, ha incontrato mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i colloqui, che si sono svolti in un clima di cordialità – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono state rilevate la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato nell’affrontare alcune problematiche sociali e l’attenzione comune ad alcuni temi quali la tutela della vita e la salvaguardia dell’ambiente. Inoltre ci si è soffermati sull’opportunità di addivenire ad un Accordo tra il Costa Rica e la Santa Sede, in modo da rafforzare le relazioni bilaterali per il bene e lo sviluppo del Paese. Infine, si è fatto cenno alla situazione regionale e ad alcune problematiche internazionali, rilevando la necessità dell’impegno per la costruzione della pace”.

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    Il Papa riceve in udienza il cardinale Ouellet

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel coerso della mattinata il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

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    Tweet del Papa: sta per finire l'Anno della Fede, Signore aiutaci a prendere sul serio il Vangelo

    ◊   Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex. Questo il testo. "Sta per concludersi l’Anno della Fede. Signore, aiutaci in questo tempo di grazia a prendere il Vangelo sul serio!".

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    Presentata in Vaticano la nuova serie della rivista semestrale "Latinitas"

    ◊   La rivista semestrale "Latinitas" curata della Pontificia Academia Latinitatis, istituita con un Motu Proprio da Papa Benedetto XVI nel novembre 2012, ha presentato oggi il primo numero di una nuova serie. Un numero unico per quest’anno, arricchito da una dedica a Papa Francesco e da un ricordo del Pontefice emerito. Rinnovati i contenuti e gli obiettivi che tendono a sottolineare la modernità e l’importanza del latino per la cultura odierna, come hanno spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi, coordinatore delle sette Accademie Pontificie e il direttore della rivista, il prof Ivano Dionigi. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    A un anno dalla sua nascita, la più giovane tra le Pontificie Accademie, quella della latinità, ritrova nel primo numero della sua nuova rivista lo scopo della nascita: promuovere e valorizzare la conoscenza e l’uso del latino. Lingua e cultura, niente affatto morte, come si suole dire, ma vive e resistenti, basti pensare che su Twitter sono 182.416 i followers di Papa Francesco in latino. Si tratta, attraverso la rivista, ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi, di mostrare un glorioso patrimonio, di tutelarlo e di rilanciarlo, ma non attraverso un recupero artificioso, bensì evidenziandone la modernità, e così ha citato Gramsci:

    “‘Non si impara il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali: si impara per conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, quindi il passato, ma presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi, consapevolmente’. Era il 1932, 'Quaderni dal Carcere', Antonio Gramsci”.

    Sfogliando il numero, unico solo per quest’anno - cui lavora un comitato scientifico internazionale di otto studiosi, una redazione di quattro giornalisti e due revisori - si trovano una dedica a Papa Francesco, Pastore della Chiesa, vescovo di Roma, evangelizzatore, custode e fautore dell’umanità, e un ringraziamento e un ricordo di Benedetto XVI rigorosamente in latino. Si distinguono nel volume tre sezioni – una più scientifica, una strettamente linguistica per specialisti e una didattica, che permettono di valutare anche lo stato di salute del latino nella Chiesa e all’esterno – e tre nuove dimensioni, che ha illustrato il presidente dell’Accademia e direttore della rivista, il prof. Ivano Dionigi:

    “Tre dimensioni. Una è quella linguistica espressiva: non solo più tutto latino, ma in questo caso francese, italiano e poi avremo inglese e tutte le altre lingue, le lingue nazionali e le lingue parlate. L’altro attraversamento, l’altra dimensione, è quella disciplinare, direi professionale: non solo latinisti, ma filosofi, biblisti, cristianisti, opinionisti, saggisti, letterati, scrittori. La terza caratteristica è proprio improntata alla diacronia: qui si va da Ennio a Pascoli, passando per le problematiche attenenti la Bibbia, la letteratura cristiana, il Medioevo e Dante, l’umanesimo con Erasmo, varie fasi storiche. Qui uno capisce proprio, anche in maniera visiva, scorrendo i titoli e gli ambiti storici, che davvero l’Europa ha ininterrottamente parlato latino, tramite le tre sfere, le tre istituzioni fondamentali: lo studium, la scuola, l’imperium, la politica, e l’ecclesia, la religione.”

    Questo la dice lunga sul ruolo fondamentale che il latino ha nell’alfabetizzazione odierna, nella ricchezza e cura del nostro modo di parlare e di pensare, ha ricordato lo scrittore Valerio Massimo Manfredi. Ma il latino è anche, hanno ribadito tutti, per le sue caratteristiche, l’antagonista salutare alla modernità. Ancora il prof Dionigi:

    “Con questo suo senso del tempo, facendo perno sul verbo, credo sia un grande antidoto oggi a certo videoanalfabetismo, che si ferma a tutta la pagina della sincronia del presente”.

    Dunque, siamo tutti eredi di una lingua che ci rende più ricchi, più attrezzati e più vitali, dobbiamo solo far fruttare bene questa eredità.


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    L’Unitalsi celebra i 110 anni dalla fondazione, domani l’incontro col Papa

    ◊   Sono passati 110 anni da quando Giovanni Battista Tomassi affrontò il suo primo pellegrinaggio a Lourdes, a seguito del quale, invece di togliersi la vita come aveva previsto qualora il Signore non lo avesse guarito dalla malattia di cui soffriva, il ragazzo fondò l’Unitalsi. I volontari dell’Associazione impegnata nel trasporto dei malati a Lourdes e nei Santuari internazionali, conducono ancora oggi ammalati e disabili in pellegrinaggio, ridando loro la stessa speranza che salvò il fondatore Tomassi. Cecilia Sabelli ha chiesto al presidente nazionale Salvatore Pagliuca un bilancio di questi 110 anni dell’Associazione, che domani incontrerà Papa Francesco per celebrare il prestigioso traguardo:

    R. – Chiaramente, nel tempo l’Associazione ha avuto una sua evoluzione, ma il riferimento principale resta comunque il pellegrinaggio e non solo. Nel pellegrinaggio i nostri soci, i volontari e gli ammalati hanno una carica d’amore che poi, tornati a casa, non fa restare indifferenti a ciò che succede. In una società come quella di oggi – ben delineata anche da Papa Francesco con il riferimento alla cultura dello scarto – i nostri ammalati non sono un mondo a parte o da mettere da parte: i nostri amici disabili e ammalati sono parte di questo mondo. E in questo senso l’Unitalsi ha sviluppato una serie di attività, suggerite dalla fantasia della carità, per rendere questo mondo più a misura d’uomo. Sappiamo che la nostra società cerca di puntare sul bello, sul perfetto, sul vincente, ma il nostro mondo non è certamente perfetto: è un mosaico, dove ogni casella deve trovare il suo posto. E l’Unitalsi in questo si è adoperata diventando in questi anni un’Associazione presente capillarmente sul territorio, per fare quello che oggi definiamo “il pellegrinaggio verso l’uomo, vero santuario di Dio”.

    D. – Come si sta preparando l’Associazione all’appuntamento di domani con Papa Francesco?

    R. – Sicuramente, è un momento importante che ci rende felici, anche perché nel programma iniziale aveva previsto di incontrarci a mezzogiorno. Invece, proprio ieri, ci hanno comunicato che ha deciso di scendere alle 10.30 e di restare con noi fino alla fine della giornata. Il che ci rende felici ancor di più, perché vorrà dire che potrà salutare i circa 1.200 malati che porteremo all’incontro quasi uno ad uno e questo è motivo di festa e di gioia.

    D. – Rita Coruzzi, una delle vostre socie in difficoltà, ha scritto, per i 110 anni dell’Associazione, un libro che s’intitola “L’Unitalsi mi ha cambiato la vita”. Che esperienze vivono i malati e i volontari che compiono questi pellegrinaggi?

    R. – L’esperienza è sostanzialmente un’esperienza di condivisione, che nasce nel pellegrinaggio, dove si condivide tutto il viaggio, le difficoltà, la preghiera, il sudore. Quindi, c’è una vicinanza veramente stretta, che porta ad una sorta di simbiosi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo dell’arcivescovo Rino Fisichella dal titolo “Davanti a Pietro la chiusura dell’Anno della fede”: per la prima volta saranno esposte le reliquie attribuite all’apostolo.

    Per la difesa del vincolo matrimoniale: il Papa alla plenaria del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

    Il pane sporco della corruzione: messa del Pontefice a Santa Marta.

    Nell’informazione internazionale, le buone possibilità per un accordo sul programma nucleare iraniano.

    Straniero, chi sei?: in cultura, nel centenario della nascita, un inedito del filosofo francese Paul Ricoeur sulla percezione dell’altro come minaccia dimenticando che tutti siamo stati barbari.

    Un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo “Mille volti per Giuseppe l’ebreo”: nell’ipogeo in via Dino Compagni a Roma.

    Il superfluo è un furto: Felice Accrocca sull’elemosina in san Francesco come restituzione ai poveri di quanto loro tolto.

    Piante che si parlano: Carlo Bellieni sull’intelligenza del mondo vegetale.

    Leggere per imparare a parlare: Silvia Guida illustra la nuova serie della rivista “Latinitas”.

    Vere comunità dietro Facebook e Twitter: il cardinale arcivescovo di Barcellona, Lluis Martinez Sistach, all’incontro dei responsabili delle comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali d’Europa.

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    Oggi in Primo Piano



    Rischio anarchia per la Libia: scontri a Tripoli tra milizie rivali

    ◊   Nuove tensioni in Libia. E' di almeno un morto e una dozzina di feriti il bilancio delle intense sparatorie in corso da ieri a Tripoli tra gruppi miliziani rivali. Già nei giorni scorsi gruppi di combattenti si erano scontrati per ore nel centro della città. Tali formazioni sono composte da ex ribelli che, considerati come eroi al momento della caduta di Gheddafi, in seguito non hanno voluto abbandonare le armi e sono diventati incontrollabili per il governo centrale, dal quale vengono però pagati per creare forze di sicurezza semi-ufficiali. Ma ieri le autorità libiche hanno annunciato che da gennaio 2014 tali milizie non saranno più pagate. Sulle ragioni delle ultime violenze, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Marcella Emiliani, studiosa di Medio Oriente e Nord Africa:

    R. - Il governo del premier Ali Zeidan non ha assolutamente il controllo del territorio. Quindi è costretto ad assoldare milizie per garantire la sicurezza. Si è così creata una gerarchia tra tali milizie: quelle che agiscono ai limiti del gangsterismo e quelle che invece operano in nome e per conto dello stesso governo e del Ministero dell’Interno e della Difesa. È evidente che chi ha il monopolio della forza, in questo momento, cerca di avere il sopravvento su tutti gli altri.

    D. – Nelle ultime ore il governo libico ha annunciato che dal prossimo anno non pagherà più gli stipendi a questi miliziani. Cosa succederà?

    R. - A me risulta che il governo abbia stretto dei patti innanzitutto con la Gran Bretagna, poi dovrebbero seguire patti con gli altri Paesi europei, per addestrare sia la polizia, sia il nuovo esercito. Il problema è che, come ci hanno ben mostrato Iraq e Afghanistan, per formare eserciti e polizia ci vuole un tempo lunghissimo e la Libia di tempo non ne ha, perché è oggetto di tensioni fortissime. Tripoli ha il problema degli scontri tra militari, senza parlare delle secessioni annunciate fin dall’anno scorso della Cirenaica e del Fezzan. Questo è un Paese che rischia di “saltare”. Consideriamo anche un altro aspetto: il governo non ha la capacità di controllare non solo il territorio, ma neanche le coste e l’entroterra; questo significa che i flussi migratori, quelli che transitano per il Sahara, non sono controllati da nessuno o, peggio, vengono tiranneggiati e organizzati dalle stesse milizie libiche. Il rischio è che questo Paese si spezzi in tre: la Cirenaica con il petrolio, il Fezzan con il suo deserto - perché risorse non ne ha, però è legato a tutti i transiti transahariani verso il Ciad e altri Stati limitrofi - e la Tripolitania, dove è presente un maggiore contesto urbano rispetto alle altre due regioni, ma dove non ci sono risorse autonome, in quanto la zona dipende dal petrolio che arriva dalla Cirenaica. La Libia, dunque, rischia di trasformarsi nella Somalia del Mediterraneo.

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    Ginevra: si spera in un accordo sul nucleare iraniano, contrario Israele

    ◊   A Ginevra, sono ore cruciali per i colloqui sul programma nucleare iraniano, che coinvolgono il governo di Teheran e il cosiddetto gruppo del 5+1, cioè i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu e la Germania. In Svizzera, è arrivato anche il segretario di stato Usa, John Kerry, e da più parti si spera in un accordo imminente. Un’eventuale intesa, però, è già stata bocciata da Israele. Il servizio di Davide Maggiore:

    “Ci sono già stati dei passi in avanti” sul dossier nucleare, ha detto il ministro degli Esteri francese, Fabius, arrivando a Ginevra. Il capo della diplomazia francese ha precisato però che al momento “niente è ancora acquisito”. “La garanzia per l’attuazione di un accordo è la buona volontà delle due parti”, ha dichiarato da parte sua il ministro degli Esteri iraniano, Zarif, mettendo in guardia da possibili “abbagli” sulla realizzazione di un’intesa. E proprio l’agenzia iraniana Irna ha diffuso la notizia che il previsto incontro tra Zarif e Catherine Ashton, alto rappresentante dell’Unione Europea, è stato rinviato. Di resistenze iraniane a sospendere l’arricchimento dell’uranio al 20% parlano poi anonime fonti diplomatiche citate dall’agenzia di stampa russa Interfax. E il ministro degli Esteri russo, Lavrov, è tra gli assenti di oggi a Ginevra. In mattinata, però, lo stesso Lavrov aveva parlato di intesa possibile. Israele invece “respinge completamente” ogni eventuale accordo: lo ha detto il premier Netanyahu, invitando Kerry a non firmare il possibile patto che, a parere del capo del governo israeliano, sarebbe “pessimo e pericoloso per la pace”.

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    Speranze di Pace in Centrafrica dopo gli accordi raggiunti grazie alla Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Dopo la firma a Bangui del cosiddetto “Patto Repubblicano”, il Centrafrica torna a sperare nella fine della guerra civile. L’intesa, stilata a Roma nella sede della Comunità di Sant’Egidio durante i colloqui di pace dello scorso settembre, coinvolge tutte le forze vive del Paese. Ribadisce, tra l’altro, la necessità di dare sicurezza ai cittadini attraverso il disarmo delle milizie ed il ritorno alla normale attività dello Stato; la necessità di garantire il ritorno dei rifugiati interni ed esterni alle loro case e di aiutare il loro reinserimento. Ma qual è stato il ruolo della Comunità di Sant’Egidio? Hélène Destombes lo ha chiesto a don Angelo Romano, membro dell’Ufficio relazioni internazionali della Comunità:

    R. – Quello che noi abbiamo cercato di fare è stato di creare un vero spirito di unità nazionale attorno al quale pensare il futuro del Paese e impedire la disgregazione dello Stato: questo è il pericolo che sta vivendo il Centrafrica, quello di una totale disgregazione delle strutture statali, e questo sarebbe veramente una tragedia. Noi abbiamo creato, attraverso questo “Patto Repubblicano” preparato a San’Egidio il 6 e il 7 settembre scorso, un clima e misure concrete, efficaci affinché si possa vivere una vera e profonda ed efficace collaborazione tra i partiti.

    D. – Avete sentito una volontà reale da tutte e due le parti, di lavorare a favore della pace e della riconciliazione?

    R. – Noi abbiamo sentito, da parte di tutti i rappresentanti del mondo politico, della società civile, delle religioni che sono venuti a Sant’Egidio a settembre – e bisogna ricordare che questa crisi è anche un suo elemento importante di convivenza religiosa, perché è salita molto la tensione tra la comunità cristiana, che è quella maggioritaria nel Paese, e quella musulmana – una grande gratitudine nei nostri confronti perché si sentivano un po’ dimenticati. Sentivano che la crisi nel loro Paese veramente non sembrava interessare nessuno, e questo ha mostrato che c’era un desiderio, nel fondo: il desiderio di trovare una soluzione. Questa, alla fine, l’abbiamo trovata o almeno abbiamo iniziato a trovarla. Il “Patto Repubblicano” è un primo passo che vuole costruire una vera e profonda collaborazione tra le parti.

    D. – Molti osservatori sono piuttosto pessimisti e affermano che i centrafricani e la forza dell’Unione Africana non hanno i mezzi per far sì che la sicurezza torni nel Paese. C’è bisogno comunque dell’aiuto della comunità internazionale?

    R. – Certamente c’è bisogno dell’aiuto della comunità internazionale. E’ chiaro che il Paese non può risollevarsi da solo; ma c’è bisogno anche del contributo dei centrafricani stessi. Noi abbiamo sempre puntato sul fatto che ogni soluzione, ogni proposta della comunità internazionale debba sempre incontrare la volontà, la collaborazione, anche l’immaginazione dei protagonisti del mondo politico centrafricano. E questo credo che sia l’elemento che fa la differenza. Io ho percepito, da parte della gente, da parte delle persone con cui abbiamo parlato, una grande gioia alla notizia di questo “Patto Repubblicano” che, in fondo, è una buona notizia dopo tante cattive notizie. E penso che, da questo punto di vista, ci sia una risposta ai pessimisti: il problema è che chi è pessimista sembra sempre più razionale degli altri; in realtà, non è così. C’è bisogno di dare buone notizie alla popolazione centrafricana, concrete, che possano garantire il fatto che sia possibile pensare un futuro effettivamente diverso per questo Paese che ha troppo sofferto. Credo che questo “Patto Repubblicano” dia alcuni strumenti che possono aiutare il Paese ad uscire da questa crisi.

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    La sfida del Burundi, tra sviluppo economico e tensioni sociali

    ◊   In Burundi, persistono tensioni sociali e politiche e violazioni dei diritti umani. E’ uno dei Paesi più poveri al mondo, ma continua a registrare un’altissima crescita demografica e si distingue in Africa per l’autosufficienza agricola. Può questo piccolo Stato passare da Paese sottosviluppato a Paese emergente? Elvira Ragosta lo ha chiesto ad Angelo Inzoli, specializzato in Teologia e Scienze delle popolazioni e autore del libro “Lo sviluppo economico del Burundi e i suoi attori”, recentemente pubblicato da l’Harmattan:

    R. - Penso di sì in generale, nel senso che l’Africa ha un potenziale economico incredibile e anche questo piccolo Paese. Chiaramente, però, a condizione che possa risolvere i suoi problemi strutturali.

    D. - Nonostante la guerra civile sia finita nel 2006, dal Burundi arrivano notizie di tensioni sociali. Secondo lei, esiste il pericolo che una nuova guerra possa scoppiare?

    R. - Purtroppo, in tutte queste regioni la stabilità è sempre relativa. In realtà, la cultura dello scontro politico è ancora molto, molto dipendente in parte dal modello precedente - cioè chi va al potere pensa di diventare il padrone del Paese - e dall’altra il metodo della lotta politica rimane un po’ quello che si è sperimentato durante gli anni della guerra e quindi il nemico politico rischia di diventare un avversario e se io ho delle armi, lo posso eliminare anche fisicamente.

    D. - Qual è stato il ruolo delle Chiese cristiane, in particolare di quella cattolica nel periodo coloniale?

    R. - La Chiesa cattolica ha avuto un ruolo che possiamo definire in parte di difesa delle popolazioni contro gli abusi delle politiche coloniali. Un ruolo di assistenza delle popolazioni: ai missionari era affidata sostanzialmente la gestione delle scuole, la gestione dei sistemi sanitari e poi anche un ruolo di collaborazione anche con il sistema coloniale, perché ricordiamoci che - ad esempio - l’introduzione della cultura di caffè avviene proprio anche grazie allo sforzo dei missionari.

    D. - Dopo la colonizzazione - con la presenza di nuovi attori internazionali, quali la Banca Mondiale - il contributo della Chiesa cattolica è cambiato?

    R. - E’ cambiato nel senso che la Chiesa cattolica è diventata anzitutto una Chiesa locale, non più gestita dai missionari. Questo si è realizzato soprattutto in Burundi durante gli anni del regime di Bagaza, che ha praticamente espulso tutti i missionari occidentali. Ciò ha permesso alla Chiesa cattolica burundese di diventare realmente radicata nella cultura e nel territorio. Sicuramente, è una Chiesa che ha dovuto imparare ben presto a funzionare con le proprie risorse.

    D. - Tra il 1993 e il 2006, il Burundi ha vissuto una sanguinosa guerra civile tra hutu e tutsi. Disordini ed episodi di banditismo sono continuati fino al 2003, quando venne ucciso il nunzio apostolico Michael Courteney…

    R. - L’assassinio del nunzio è stato un episodio ancora in parte oscuro. Sicuramente, è una figura straordinaria. Mons. Courteney si era reso conto che il Paese era squassato da gruppi armati - si calcolavano almeno una quindicina di gruppi ribelli - sostanzialmente dei gruppi hutu, legati quindi alle popolazioni locali, e chiaramente mons. Courteney, con altri vescovi, appoggiava soprattutto la linea di questi vescovi, di quei leader che puntavano su una pacificazione, su un abbassare le tensioni, abbassare i toni. Probabilmente, fu ucciso proprio perché considerato un ostacolo, una figura che si opponeva a dei gruppi troppo radicali, che invece avevano tutti gli interessi a mantenere alta la tensione e il conflitto.

    D. - Dopo la guerra civile, il Burundi ha dovuto occuparsi della conta dei morti: sono stati quasi 300 mila e due milioni e mezzo di rifugiati. Qui entrano in azione le ong…

    R. - Esattamente. E’ un fenomeno tipico del periodo della guerra e del dopoguerra. Le ong arrivano come forze umanitarie e diventano anche forze che riescono a modernizzare l’attività sociale.

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    Dopo il taglio di "rating" della Francia da parte di S&P, borse negative

    ◊   Borse europee ancora negative dopo la seduta in ribasso a Wall Street e in Asia. Oltre al taglio del rating sulla Francia, da AA+ a AA, da parte di Standard & Poors, pesano sui listini i timori per una stretta al piano di riacquisto dei bond da parte della statunitense Fed. Negli Stati Uniti, infatti, dopo i dati in crescita di ieri sul Pil c’è attesa per i dati che saranno pubblicati oggi sulla disoccupazione. Se anche questi dovessero essere positivi, è immaginabile proprio una riduzione del supporto della Fed che potrebbe avere effetti negativi sui mercati europei. Del declassamento della Francia e delle prospettive per l’Europa, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Paolo Guerrieri, docente all’Università La Sapienza di Roma:

    R. - L’economia francese va male, i conti francesi vanno male. Quindi, è stata una presa d’atto, forse troppo rimandata. La Francia è in serie difficoltà, perché in realtà non attua quelle politiche che sarebbero necessarie. Si spera in una reazione del governo e del presidente Hollande, affinché vengano messe in campo quelle misure da tempo invocate.

    D. - Misure verso quale direzione?

    R. - Su due fronti: da un lato, ci sono misure di austerità che la Francia ancora non ha preso, ma dall’altro c’è soprattutto il rilancio della competitività. Il sistema produttivo francese, in qualche modo, è in grave difficoltà da anni perché non sono state prese delle misure di liberalizzazione, di ristrutturazione, di rilancio che altri Paesi in realtà hanno varato da tempo. Quindi, si continua a rimandare, a rinviare. Questa è stata, per ora, la politica del governo francese.

    D. - Gli Stati uniti stanno registrando segnali positivi e dunque l’intervento della Fed si riduce. Questo può avere ripercussioni negative per l’Europa dove la Bce taglia il tasso del denaro. Ma questo basta? Che altro si deve fare?

    R. - La riduzione del tasso di interesse era assolutamente necessaria e, se si vuole, scontata. Purtroppo non basterà, perché temo che in realtà il rientro di una politica monetaria ultraespansiva americana e quindi le decisioni della Fed saranno ancora rinviate, nonostante la situazione stia migliorando sensibilmente come abbiamo sentito dai dati. Quindi, in realtà noi stiamo giocando una partita nei confronti degli Stati Uniti e del Giappone, che usano le politiche monetarie in una chiave ultraespansiva, con una Banca centrale europea che ha poteri e strumenti limitati. Ancora una volta, è la mancanza d’Europa che ci penalizza fortemente a livello economico.

    D. - Che altro dire in questo momento di politiche europee?

    R. – Bisogna prima di tutto spingere fortemente perché poi la Banca centrale europea decida di fare quello che può fare, vale a dire mettere in atto, sebbene in stile europeo, delle cosiddette forme di quantitative easing. In altre parole, la Banca centrale compra direttamente dei titoli che vengono in qualche modo emessi e che, a questo punto, potrebbero non essere i titoli sovrani - perché qui in Europa sarebbe un gran problema - ma potrebbero essere i titoli delle imprese. Quindi, la Bce deve fare una politica monetaria che sia in qualche modo in linea e in riposta a quello che stanno facendo ormai da tempo Giappone e Stati Uniti. Secondo, bisogna rilanciare la domanda interna dell’area dell’euro: questa famosa ripresa, di cui tanto ormai parliamo, è un modestissimo rimbalzo congiunturale. In questo modo, con un euro che si rafforza proprio in conseguenza di queste politiche diverse che vengono fatte a livello europeo, questa seppur modesta ripresa rischia in realtà di ridursi ancor di più. Quindi, c’è assolutamente bisogno di misure che sostengano la domanda interna. La Germania deve uscire da questa sorte di continue politiche restrittive, bisogna prendere in qualche modo delle decisioni di investimento a livello europeo. Il Consiglio europeo a fine anno dovrebbe varare misure di questo genere, altrimenti ci troveremo un 2014 di pieno ristagno a livello di area euro. Per l’Italia, sarebbe naturalmente estremamente negativo, per non dire altro.

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    L'Apa declassa la pedofilia a "orientamento". Cantelmi: errore gravissimo frutto di pressioni ideologiche

    ◊   Un errore gravissimo, frutto di pressioni ideologiche: è il commento del prof. Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione Italiana Psichiatri e psicologi cattolici, sulla decisione dell'Apa, l’Associazione degli psichiatri americani che ha declassato, nell’ultima pubblicazione del manuale di riferimento (Statistical Manual of Mental Disorders), la pedofilia da "disordine" a “orientamento”. Dopo le accuse di aver normalizzato tale patologia, i medici americani rettificheranno il testo con la doppia dicitura: “Pedofilia” e “Disordine pedofiliaco”. Massimiliano Menichetti ha fatto il punto con lo stesso Tonino Cantelmi:

    R. – In generale questa quinta edizione del manuale degli psichiatri americani cede purtroppo a moltissime pressioni sociali, che non riguardano solo la pedofilia, ma tanti altri ambiti. Nel complesso siamo in un momento molto difficile. Sulla pedofilia c’è da ribadire una cosa importante, cioè che è necessario mantenerla all’interno delle inaccettabili perversioni: qualunque sfumatura è confusiva e quindi temo moltissimo anche questa precisazione dell’Apa.

    D. – Che cos’è dunque la pedofilia?

    R. – La pedofilia è un’attrazione sessuale per bambini e bambine prepuberi. Oggi facciamo questa diagnosi anche soltanto se ci sono queste fantasie, anche se non c’è l’atto e se queste fantasie durano più di sei mesi. Credo, quindi, che il tentativo degli psichiatri americani sia quello di distinguere alcune forme, ma questa distinzione, secondo me, è molto confusiva.

    D. – Comunque, la parola “orientamento” è affiancata a pedofilia; prima era identificata come “disordine mentale”, prima ancora – 50 anni fa – come “malattia”...

    R. – Sta succedendo che, da un lato, c’è l’esigenza a diversificare e comprendere e, dall’altro, però, ci sono anche delle subdole pressioni, che in qualche modo hanno a che fare con una terribile deriva dei nostri tempi.

    D. – In che senso professore?

    R. – Stiamo andando verso una forma di anarchia circa la sessualità. In qualche modo, non riusciamo più a fare delle valutazioni con delle priorità, collegate alla sessualità e alla relazione. Dal mio punto di vista, accostare orientamento sessuale e pedofilia è un gravissimo errore in tutti i sensi. La pedofilia appunto è un’attrazione sessuale per bambini e bambine prepuberi, prima ancora che ci sia uno sviluppo dei caratteri sessuali. E’ un qualcosa, dunque, che viene prima, è un qualcosa di sicuramente perverso.

    D. – L’Onu, da anni, ha accettato la teoria del gender, ovvero che non esistono nette distinzioni tra uomo e donna; poi, pedofilia, orientamenti sessuali. Mi riferisco anche alle recenti linee guida dell’Oms, che presentano delle criticità come il fatto che si parli di bambini da 0 a 15 anni, favorendo la masturbazione, i rapporti precoci anche tra lo stesso sesso, ecc...

    R. – Si sta andando verso forme di ideologia e non verso forme di educazione basata su evidenze scientifiche. In più, c’è da dire che al di là della differenza tra il maschile e il femminile, queste fasi di sviluppo della sessualità sono state stabilite in modo ideologico, a tavolino, come se volessimo costruire una generazione di persone che dimentica completamente una dimensione antropologica sana e ricostituiva come quella della sessualità, che si sviluppa all’interno di una relazione sostanzialmente valida.

    D. – Ma, quindi, si sta “passo passo” sovvertendo un ordine o quello a cui stiamo assistendo è il frutto di un caos?

    R. - Qualcuno molti anni fa ha detto che arriverà il momento in cui “negheranno l’evidenza”. Ecco, questo è il momento in cui accade, in cui la ragione si piega ad altro. Sulla sessualità direi che stia avvenendo in maniera formidabile. Di sicuro c’è che le modalità con le quali si sta esplicando la dimensione sessuale oggi, nei vari ambiti educativi, sono modalità generate da ideologie, che non hanno nulla a che vedere né con la scienza né con la natura.

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    Sevizie e torture contro i profughi eritrei, arrestati i colpevoli. La denuncia della Dda di Palermo

    ◊   Sequestrati, percossi, segregati. E’ ciò che hanno subito i sopravvissuti al naufragio al largo di Lampedusa il 3 ottobre scorso, quando morirono 366 persone. Si tratta di eritrei rimasti intrappolati nella rete di un’organizzazione criminale transnazionale, dedita al traffico di esseri umani. Due gli arresti condotti dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo: si tratta di un somalo, figura importante in seno all’organizzazione, e di un palestinese. Alcuni risultati delle indagini sono stati illustrati oggi, a Palermo dagli inquirenti, tra loro il procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. - Dalle nostre indagini è emersa l’esistenza di un’organizzazione transnazionale che si occupava di sequestrare nel deserto tra il Sudan e la Libia i cittadini eritrei che andavano verso la Libia per tentare di arrivare a Lampedusa. Venivano sequestrati e portati in un centro di raccolta, che io oserei dire più un campo di concentramento, perché lì venivano trattenuti non solo in attesa del pagamento di somme di denaro - circa 3.500 dollari a persona - ma venivano sottoposti a un trattamento disumano.

    D. - Dalle vostre indagini risulta che le persone che sono state condotte in questo campo abbiano subito dei trattamenti violentissimi, i profughi hanno raccontato di veri e propri orrori…

    R. - Veniva calpestata la dignità di questi soggetti, perché venivano sottoposti a sevizie e torture di tutti i tipi, con l’uso anche di manganelli. Venivano legati con la testa in giù e in piedi in alto e colpiti con mezzi contundenti, e tutte le donne di questo gruppo sono state violentate, qualcuna anche giovanissima. Successivamente, al momento del pagamento di questo denaro, gli stessi venivano caricati su dei mezzi e portati vicino Tripoli, dove veniva richiesto loro il pagamento di altri 1.500 dollari a persona e quindi caricati sulle imbarcazioni. E questi in particolare facevano parte di quel gruppo di persone che è poi stato oggetto dei tragici fatti del 3 ottobre. Insomma è molto sintetico quello che sto dicendo, a tutto questo ci si è arrivati attraverso l’identificazione da parte degli eritrei di un cittadino somalo che era sbarcato a Lampedusa circa 20 giorni dopo il fatto e abbiamo proceduto a un provvedimento di fermo.

    D. - Questo cittadino somalo è stato arrestato assieme ad un palestinese…

    R. - Sì, che è stato riconosciuto da cittadini siriani con riferimento ad un altro sbarco e ad un’altra organizzazione, che agisce pure in Libia. Secondo valutazioni delle Forze di Polizia sono emigrate diverse centinaia di migliaia di persone dalla Siria e si presume che circa 60 mila si trovino in Libia. Qui c’è un’altra organizzazione sulla quale stiamo lavorando.

    D. - Chi sono queste persone e che tipo di collocazione hanno in questa organizzazione?

    R - Il somalo ha sicuramente funzioni di capo di questa organizzazione e infatti abbiamo contestato l’associazione per delinquere. Si è occupato sia del sequestro del deserto tra il Sudan e la Libia di queste persone, sia della detenzione in questi centri di raccolta in Libia, sia del trasporto successivo a Tripoli. Mentre il soggetto palestinese era un terminale a cui i siriani si rivolgevano a Tripoli per l’organizzazione del viaggio nei barconi.

    D. - Ma voi ritenete che ci siano anche dei collegamenti con la criminalità italiana, per quello che lei mi può dire?

    R. - C’è una parte dell’indagine che è coperta da segreto. Riteniamo, però, che possa esserci un collegamento cioè, sicuramente, hanno dei punti di appoggio, perché per loro l’Italia è un punto di passaggio, perché poi vogliono andare nei Paesi del Nord Europa. Ci sono dei collegamenti sui quali stiamo lavorando. Sono indagini difficilissime! In Italia riusciamo a muoverci abbastanza agevolmente, ma le indagini sugli altri soggetti che abbiamo individuato e che sono attualmente in Libia, con la situazione politica abbastanza fluida che c’è in quel Paese, abbiamo diverse difficoltà a collegamenti attraverso le forze di Polizia o a fare eventualmente rogatorie. Anche le indagini in Italia sono estremamente difficili, perché la legge ci impone di sentire tutti gli eritrei con gli avvocati, perché sono tutti indagati per il reato di immigrazione clandestina, che ha causato tante polemiche. Quindi quando noi li sentiamo come testimoni di questi fatti, non li possiamo più sentire come testimoni, ma come indagati di procedimento connesso e quindi li abbiamo dovuti sentire con l’avvocato. In funzione di un eventuale dibattimento dovremo cristallizzare verosimilmente le dichiarazioni da questi rese in incidenti probatori davanti al Gip e quindi tutto è reso abbastanza complicato.

    D. - Lei ha avuto modo di avvicinare ovviamente le persone superstiti di questo naufragio e che hanno subito queste violenze: come stanno?

    R. - Mi dice il collega che è andato insieme ai funzionari della Squadra Mobile a sentire, che evidentemente c’è una situazione di sovraffollamento dei centri, che sfugge alle nostre competenze, perché noi ci occupiamo delle indagini. Questi sono problemi dell’autorità politica e dell’autorità amministrativa, nei quali noi non possiamo entrare. Credo che si stia tentando di fare il massimo. Sicuramente il bel tempo che abbiamo qui in questo momento favorisce questi sbarchi e quindi ovviamente c’è una situazione di emergenza.

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    Governo: su Imu non si torna indietro. Taglio del cuneo fiscale forse solo per redditi bassi

    ◊   "Non si torna indietro sulla decisione già presa dello stop alla seconda rata Imu". Lo ha detto il premier italiano, Enrico Letta, che ha sottolineato come si stia lavorando sulle coperture. Intanto, emerge la possibilità che il taglio del cuneo fiscale, previsto nella Legge di stabilità, sia limitato ai redditi più bassi. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Concentrare le risorse sulle famiglie più numerose e con un reddito basso, fino ai 28 mila euro. Il relatore della legge di stabilità Giorgio Santini:

    “Concentrare nel primo anno questo intervento sui redditi più bassi, sui carichi familiari, sulle situazioni di maggior disagio e di maggior bisogno. Successivamente, anche auspicando che ci siano, ad esempio, altre entrate e i capitali all’estero, le altre risorse che entreranno andranno poi a rimpolpare le risorse disponibili, per entrare quindi negli anni successivi su tutta la platea dei redditi medi e poi di quelli alti”.

    Un altro nodo cruciale sono le pensioni. I sindacati chiedono che quelle fino ai tremila euro siano rivalutate del tutto, mentre per ora si prevede che la rivalutazione sia parziale. Ancora Santini:

    “Qui, è prevista una indicizzazione completa - rimane così nella Legge di stabilità - fino a tre volte il minimo, cioè fino a circa 1.500 euro. La fascia tra 1.500 e 3.000 euro avrebbe, invece, una indicizzazione parziale decrescente: prima il 90, poi il 75 e poi il 50%. Questo intervento è obiettivamente abbastanza pesante: stiamo cercando di trovare le risorse per attenuarlo. Le risorse pensiamo di trovarle andando ad intervenire con un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, che sono anche molto più alte… Quindi, cercheremo di introdurre, a partire dagli 80 ai 90 mila euro all’anno di pensione, un contributo di solidarietà abbastanza significativo, che possa aiutare una perequazione verso il basso e aiutare così le pensioni più basse”.

    Lunedì prossimo, inizieranno gli incontri tra i capigruppo dei partiti e i leader sindacali. Obiettivo è far sì che la Legge di stabilità faccia ripartire il mercato del lavoro.

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    La fraternità come proposta educativa dei Centri sociali dei Focolari in Brasile

    ◊   Per la prima volta, i responsabili dei progetti sociali nati in diversi Paesi dell’America Latina dal carisma dell’unità del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich, si sono incontrati di recente in Brasile al Centro nazionale dei Focolari, la "Mariapoli Ginetta", nello Stato di San Paolo. Obiettivo dell’incontro, fare il punto del lavoro fin qui svolto e cercare insieme nuove vie per rispondere alle tante necessità delle comunità in cui il Movimento è inserito. Tra i partecipanti anche i promotori di due Centri sociali attivi nelle località brasiliane di Bairro do Carmo e Jardim Margarida. Adriana Masotti ha intervistato la responsabile del Centro di Jardim Margarida, Adriana Valle:

    R. – I ragazzi, da quando sono piccoli fino all’età di 17-18 anni, frequentano la scuola solo per una parte della giornata. Nell’altra parte, rimangono praticamente nelle loro case e sulla strada. Attualmente, questo vuol dire anche un rischio perché la droga sta aumentando, poi c’è la violenza, la prostituzione infantile, e la famiglia, alle volte, neppure esiste. Allora, abbiamo organizzato una struttura dove abbiamo cominciato a organizzare delle attività. Sappiamo che il popolo brasiliano ama tantissimo la danza e la musica, e allora abbiamo visto che queste attività andavano benissimo. Poi il computer e allora diamo una formazione all’informatica, e poi un rinforzo scolastico e delle attività artigianali. Il nostro Municipio, quando ha visto la serietà e il risultato di questi bambini, ha voluto conoscere il nostro progetto. Poi, un altro elemento molto bello è che organizziamo delle attività sportive: abbiamo una scuola di calcetto.

    D. – Attraverso i bambini e i ragazzi, pian piano siete riusciti a prendere contatto con i loro genitori, con le famiglie…

    R. – Sì e abbiamo incontrato problemi molto seri. All’inizio, lo scenario che avevamo davanti era quello di famiglie senza una casa, senza una formazione. Alloral, abbiamo creato un progetto per questo: noi come Movimento abbiamo comprato la materia prima per costruire la casa, loro hanno messo in comune quello che avevano, cioè la manodopera. C’erano 60 famiglie e abbiamo detto: “Chi comincia per primo?”. Loro stessi hanno detto: “Dobbiamo cominciare da quella famiglia che non ha niente. Però tutti aiutiamo”. Quando è terminata la prima casa bisognava passare alla seconda casa. Per chi sarebbe stata la seconda casa? Era di quella famiglia che aveva aiutato di più la prima famiglia. Allora, questo ha fatto sì che si innescasse una sorta di gara tra di loro: tutti aiutavano perché così arrivava anche il loro momento di avere la propria casa. E così abbiamo costruito 65 case nuove e ne abbiamo ristrutturate una quarantina. Poi, abbiamo il Centro sociale, dove i bambini passano con noi almeno cinque ore al giorno. Questa in particolare è stata un’esperienza forte anche per il Municipio, perché all’inizio non avevamo avuto nessun tipo di aiuto da parte dell’amministrazione locale. Ma quando hanno visto quello che noi avevamo fatto, hanno detto: “Vogliamo lavorare insieme a voi! “ E così adesso, da nove anni circa il Municipio di Vargem Grande ci sostiene per il 50%. L’altro 50% viene dal Movimento dei Focolari, da molti volontari, amici e attraverso le attività che facciamo.

    D. - Ma quali sono le linne-guida, i criteri della vostra attività?

    R. - I nostri progetti sono validi se portano alla fraternità, all’unità e al dialogo. Questa è una base fortissima che Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, ci ha dato fin dall’inizio. Da parte di coloro che ricevono tutto questo, la cosa bella è che vediamo che loro stessi vivono questa realtà nelle azioni quotidiane. Tra loro ci sono alcune volte dei litigi fortissimi. Allora capita di vedere ragazzi coinvolti da questa azione di fraternità, di rispettare l’altro, di amare il nemico, di fare del bene a colui che ti fa del male, che loro stessi fanno queste azioni di perdono, di chiedere scusa e questo comportamento è arrivato anche nelle istituzioni civili, le quali adesso ci chiamano di frequente per portare il nostro esempio nelle loro attività come nello sport. Quando sentono che abbiamo organizzato un torneo di 28 squadre che hanno giocato insieme e non è accaduto nulla di violento dopo quattro giorni di torneo, allora ci chiedono: “Ma come riuscite a fare questo? Voi dovete venire anche nei nostri tornei del Municipio, perché il vostro esempio porta la pace!”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Il vescovo di Aleppo: scontri alla centrale elettrica, città a rischio di catastrofe ambientale

    ◊   “Da tre giorni anche al centro di Aleppo manca l'energia elettrica. Ci sono stati combattimenti alla centrale elettrica di al-Harrarieh, e si è creata una situazione molto rischiosa, visto che in quell'area sono dislocati materiali pericolosi”. Così riferisce all'agenzia Fides il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo. Nei giorni scorsi le milizie islamiste dello Stato Islamico di Iraq e Levante (ISIL) hanno assaltato la centrale elettrica di al-Harrarieh, che utilizza l'idrogeno per il raffreddamento dell'acqua. Se gli impianti a idrogeno venissero bombardati, le conseguenze sarebbero catastrofiche per un raggio di almeno 20 chilometri, con un effetto-domino di dimensioni non calcolabili (nei pressi della centrale è situata anche una fabbrica di cloro). Il vescovo Audo descrive Aleppo come una città sfigurata e stremata: “Lo si legge negli sguardi dei suoi abitanti. Sono già quasi tre anni che tutti vivono in questo stato di logoramento continuo. Non c'è lavoro, tutti sono impoveriti. Come Caritas Siria (mons. Audo ne è il presidente, ndr) distribuiamo cibo e medicine, assistiamo gli anziani, paghiamo gli affitti per gli sfollati, portiamo avanti attività scolastiche. Il novanta per cento delle nostre energie pastorali è assorbito da questo lavoro di emergenza sociale. Ma non basta mai”. Riguardo al conflitto, l'elemento nuovo rispetto al passato – riferisce il vescovo caldeo - “è che adesso non si capisce più chi sta combattendo contro chi. C'è l'esercito del governo, e poi ci sono le brigate curde, gli islamisti, le bande di fuorilegge, quelli che si definiscono 'Esercito Libero Siriano', tutte fazioni in lotta tra loro. In città sentiamo i rumori degli scontri e le esplosioni, ma non sappiamo cosa davvero sta accadendo. Anche se tra la popolazione prevale l'impressione che c'è stato un cambiamento della situazione a livello geo-politico. E che l'esercito governativo potrebbe alla fine prevalere sulle fazioni che lo combattevano”. Nelle ultime ore, le forze armate fedeli a Assad hanno riconquistato ampi settori della cosiddetta “base 80”, incaricata della sicurezza dell'aeroporto internazionale di Aleppo, che era in mano alle milizia anti-regime dal febbraio scorso.

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    Siria: il ministro italiano Bonino smentisce voci sulla morte di padre Dall'Oglio

    ◊   Non ci sono prove che padre Paolo Dall’Oglio sia stato ucciso: lo ha detto il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, in risposta a una domanda sulle nuove voci riguardanti la morte del gesuita italiano, di cui si sono perse le tracce in Siria dallo scorso luglio. “Spesso - ha aggiunto Bonino – le informazioni che arrivano sono depistaggi”. I servizi italiani, ha confermato il ministro, “sono in contatto” con il territorio siriano, “ma è tutto molto complicato”. Nel Paese, intanto, continuano i combattimenti tra i ribelli e l’esercito. Dal punto di vista sanitario, due epidemiologi tedeschi hanno lanciato l’allarme dalle colonne della rivista specializzata “Lancet”: il riapparire della poliomielite in Siria, confermato nei scorsi giorni, rappresenta un rischio anche per le nazioni europee. (D.M.)

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    Belgio. Vescovi e leader religiosi uniti contro la legalizzazione dell’eutanasia dei minori

    ◊   L’eutanasia delle persone più fragili è disumana e distrugge i fondamenti della nostra società. E’ quanto ribadiscono in una nota congiunta i leader cristiani, musulmani ed ebrei belgi in merito al controverso progetto di legge che vuole estendere l’eutanasia, legale in Belgio, ai minori e alle persone con demenza. Presentato prima dell‘estate, il provvedimento è attualmente in discussione al Senato ed è oggetto di un vivace dibatto nel Paese. “Mentre il Parlamento si accinge a discutere la possibile estensione della legge del 2002 che depenalizza l’eutanasia, vogliamo ancora una volta fare intendere la nostra voce in questo dibattito che riguarda tutta la società, sia come cittadini che si basano su argomenti filosofici, sia come credenti eredi delle nostre rispettive tradizioni”, si legge nel comunicato ripreso dall’agenzia dei vescovi Cathobel , che denuncia la “crescente banalizzazione di un fatto così grave”. La sofferenza indigna tutti, affermano i leader religiosi, ma attribuire a un minore la facoltà di decidere sulla propria morte, significa manipolare la sua capacità di giudizio e dunque la sua libertà. Analogamente, proporre l’estensione dell’eutanasia alle persone con demenza è una negazione della loro dignità e significa consegnarle all’arbitrio di chi prende questa decisione. “Invece di sostenere la persona sofferente, unendo tutte le persone e le forze che la circondano, si rischia di dividere queste stesse forze e quindi di isolarla, colpevolizzarla e di condannarla a morte”. L’eutanasia delle persone più fragili, conclude quindi la nota “è in contraddizione radicale con la loro condizione di esseri umani”. Di qui il netto rifiuto di una logica che “distrugge i fondamenti della società”. Tra i firmatari del comunicato, il presidente dei vescovi belgi, l’arcivescovo di Malines-Bruxelles, mons. André-Joseph Léonard. (L.Z.)

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    Vescovi Usa: legge contro discriminazioni sul posto di lavoro rischia di ledere libertà religiosa

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti esprimono forti perplessità sulla nuova legge contro le discriminazioni sul posto di lavoro (’Employment Non-Discrimination Act - Enda), in discussione al Congresso. In sostanza, il testo proposto vuole vietare ai datori di lavoro di decidere assunzioni, licenziamenti e retribuzioni sulla base degli orientamenti sessuali o l’identità di genere delle persone. In una lettera indirizzata ai senatori dei Congresso, la Conferenza episcopale (Usccb) sottolinea che la legge non rappresenta un “autentico progresso” contro le discriminazioni nei posti di lavoro, ma, al contrario, crea altri problemi. Secondo i vescovi, l’Enda non offre ad esempio una chiara distinzione tra inclinazione sessuale e condotta sessuale, che per la Chiesa hanno una valenza diversa. La legge proposta, inoltre rifiuta l’idea che le differenze sessuali abbiano un fondamento biologico, sposando così la controversa ideologia di genere, ed equipara le differenze di orientamento sessuale a quelle di razza. Inoltre, incoraggia la ridefinizione del matrimonio tradizionale quale unione un uomo e una donna. La legge, infine, è giudicata lesiva della libertà religiosa, perché punisce come discriminatorio il rifiuto di condotte sessuali sulla base delle convinzioni morali e religiose di ciascuno. I vescovi americani affermano, da parte loro di essere “pronti a collaborare con le persone di buona volontà per porre fine a tutte le forme di discriminazione ingiusta”, ricordando che la Chiesa si è sempre battuta per la parità e la dignità di tutti i lavoratori e lavoratrici. I firmatari della lettera sono l’arcivescovo di Baltimora William Edward Lori, presidente della Commissione per la libertà religiosa; l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Joseph Cordileone, presidente della sotto commissione per la promozione e la difesa del matrimonio, e il vescovo di Stockton, Stephen Edward Blaire, presidente della Commissione per la giustizia domestica e lo sviluppo umano. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Egitto: tra febbraio e marzo elezioni parlamentari, in estate le presidenziali

    ◊   Si terranno “tra febbraio e marzo” le elezioni parlamentari in Egitto, che saranno seguite, all’inizio dell’estate, dal voto per le presidenziali. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri del Cairo, Nabil Fahmy, secondo cui il Partito “Libertà e Giustizia”, braccio poitico dei Fratelli Musulmani, a cui apparteneva il deposto presidente Morsi, “è ancora legale in Egitto” e potrà partecipare alle elezioni. Il voto si terrà dopo un referendum sulla nuova Costituzione, alla cui riforma sta lavorando un comitato di 50 persone: per lo svolgimento della consultazione popolare, Fahmy ha indicato la data del prossimo dicembre. (D.M.)

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    Tifone colpisce le Filippine: 12 milioni di persone a rischio

    ◊   Almeno 3 morti e decine di feriti, anche se il bilancio appare destinato ad aumentare: sono le prime stime fornite dal governo di Manila dopo che stamane un potentissimo tifone ha colpito il centro delle Filippine, portando con sé piogge torrenziali e venti fino a 300 chilometri all'ora. L'area colpita è la stessa dove si verificò il terribile terremoto dell'ottobre scorso, costato la vita a 200 persone: sono 12 milioni le persone a rischio. In queste ore le autorità hanno evacuato oltre 120 mila persone e la tempesta ha già causato allagamenti e distrutto diversi edifici e imbarcazioni. Cancellati tutti i servizi di trasporto nella regione e black out si stanno verificando in numerosi distretti del Paese. Il tifone, chiamato ''Haiyan'', e' stato valutato di categoria 5 e si estende su un fronte di 600 chilometri. Gli esperti lo hanno definito la tempesta più potente mai registrata nell'arcipelago.

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    Filippine: leader religiosi cristiani e musulmani impegnati per la pace a Mindanao

    ◊   Esplorare tulle le possibili vie e soluzioni per giungere alla pace; promuovere un accordo il più possibile “inclusivo”, che tenga conto di tutte le componenti religiose, etniche e culturali della società delle Filippine Sud: sono i punti-chiave emersi in un recente incontro fra i leader religiosi islamici e cristiani di Mindanao - riuniti nell’ “Interfaith Council of Leders” (IFCL) - e i rappresentanti dell’Ufficio governativo responsabile dei negoziati nel Sud delle Filippine. Come riporta l’agenzia Fides, l’incontro è stata una “sessione informale di dialogo” in cui la delegazione del governo filippino era guidata da Miriam Coronel Ferrer, presidente dell’Ufficio incaricato dal presidente Benigno Aquino di sovrintendere ai negoziati. I leader religiosi hanno espresso il desiderio di un “accordo inclusivo” che non tralasci le esigenze dei diversi gruppi etnici e religiosi presenti a Mindanao. Hanno poi ribadito l’importanza del dialogo interreligioso fra comunità diverse, come strumento che può rafforzare qualsiasi patto sociale e politico, esprimendo preoccupazione perché, dopo il raid dei ribelli del Moro National Liberation Front a Zamboanga, città sull’isola di Mindanao, circa un mese fa, sembra che tali rapporti si siano deteriorati. Sul tema di “come raggiungere un accordo realmente inclusivo” e sull’importanza del dialogo interculturale e interreligioso, si è soffermato di recente anche il movimento per il dialogo “Silsilah”, animato a Zamboanga dal missionario del PIME p. Sebastiano D’Ambra. “Silsilah” si sta impegnando in particolare nella sensibilizzazione per una migliore comprensione dell’accordo quadro che istituisce la regione “Bangsamoro”. Convinzione del movimento, infatti, è che il dialogo risulti più efficace e costruttivo se preceduto e sostenuto da una informazione capillare sulle diverse implicazioni, significato e impatto dell’accordo di pace sulla vita concreta delle popolazioni locali. (D.M.)

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    Gerusalemme: restaurata la Basilica del Getsemani, coinvolti anche i musulmani

    ◊   Torna al suo antico splendore la Basilica del Getsemani a Gerusalemme, grazie a 18 mesi di lavoro e un budget complessivo di 600.000 euro. “La Custodia di Terra Santa ha restituito l’aspetto originario alla Basilica dalle 12 volte, progettata dall’architetto Antonio Barluzzi nel 1924 e, da allora, mai restaurata. L’obiettivo – afferma padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa – era rimettere a nuovo uno dei luoghi più importanti di tutta la cristianità, a pochi passi da quell’orto santo dove si ritirò Gesù nel giovedì di Pasqua”. Tra le maestranze cui è stato affidato il progetto, ci sono sei ragazzi provenienti dal Mosaic Centre di Gerico: di questi, cinque sono musulmani. “Affidare il restauro della Basilica vicino all’orto degli ulivi a dei ragazzi musulmani è stata una bella sfida” ha spiegato Carla Benelli, responsabile dei progetti culturali di ATS pro Terra Sancta, ong laica della Custodia. I giovani, ha aggiunto “si sentono grati e orgogliosi di aver partecipato a quest’opera di conservazione”. I frati francescani hanno inoltre intenzione di promuovere visite scolastiche nella Basilica, così dar far conoscere ai piccoli eredi di questo patrimonio una chiesa che appartiene anche a loro, bambini musulmani e cristiani. “Il più delle volte rimangono sbalorditi nel vedere un posto così bello e così vicino a casa loro, nel cuore della Gerusalemme Est” evidenzia padre Pizzaballa, sottolineando il valore educativo del progetto. All’iniziativa è arrivato il sostegno del Palestinian Municipality Support Program, del Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme, del Comune di Rovereto, della Fondazione italiana Opera Campana dei Caduti e della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. (D.M.)

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    Al via a Barcellona l'incontro dei vescovi europei sulle comunicazioni sociali

    ◊   “Evangelizzare l’anima dell’Europa. Il contributo delle comunicazioni sociali”: è questo il tema dell’incontro dei vescovi responsabili delle Comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), che si svolgerà da oggi al 10 novembre. L'incontro è aperto da una relazione, intitolata “La comunicazione innovativa dell’arcidiocesi di Barcellona”, del cardinale Lluís Martinez Sistach, arcivescovo della città spagnola. Ad introdurre l'appuntamento sono mons. José Ignacio Munilla Aguirre, presidente della Commissione Ccee delle comunicazioni sociali e da don Michel Remery, vicesegretario generale della Ccee. Come riferisce il Sir, i partecipanti “si confronteranno sull’attuale comunicazione della Chiesa in Europa” anche “alla luce del decreto conciliare Inter Mirifica, di cui ricorre quest’anno il 50.mo anniversario” della promulgazione. “I cinquant’anni dell’Inter mirifica. Storia e cambiamenti” è appunto il titolo dell’intervento che mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, pronuncerà nel Seminario Conciliar de Barcelona, che ospita l’incontro dei vescovi europei. L’azione missionaria della Chiesa sarà messa in relazione, inoltre, con il contesto culturale continentale e con gli sviluppi della comunicazione e delle tecnologie a cominciare dal web. In serata, è prevista la proiezione di un video realizzato dal Pontificio Consiglio sulla storia del Concilio Vaticano II. (D.M.)


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    Reggio Calabria, mons. Morosini: denunciare i mafiosi è rischioso, ma siamo più liberi

    ◊   “Vorrei dire a chi alza la mano violenta: cerca di immedesimarti nelle persone che stai colpendo, cerca di capire la paura che stai infondendo, mettiti al loro posto”. Questo l’appello rivolto ai mafiosi e a chi compie atti violenti da mons. Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo di Reggio Calabria, durante la veglia di preghiera in cattedrale tenuta ieri sera per “le vittime della ‘ndrangheta e il risveglio delle coscienze”. “Lo vorrei gridare - ha detto il presule, citato dal Sir - alle persone che ancora pensano di poter risolvere i problemi con la violenza, compiendo gesti ignobili”. Il riferimento è soprattutto ad alcuni episodi degli ultimi giorni come il gesto intimidatorio alla Procura della Repubblica o al Museo della musica, “gesti ignobili e vigliacchi” ai quali “dobbiamo reagire”, li ha definiti mons. Morosini. E la prima reazione è la denuncia: per il presule “dobbiamo abituarci a denunciare. La paura è la catena drammatica della nostra libertà. Dobbiamo denunciare il male. Rischiamo, lo so - ha aggiunto - ma dobbiamo denunciare. E più denunciamo e più siamo liberi”. Durante la riflessione mons. Morosini ha rivolto anche un appello ai cittadini in vista del rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria sciolto per condizionamenti esterni da parte della criminalità organizzata: “Non facciamoci condizionare da promesse”, “non accettiamole da nessuno”, è stato l’appello del vescovo, che ha concluso: “È la prima azione che dobbiamo fare come comunità cristiana”. (D.M.)

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    Molfetta: Azione cattolica e diocesi promuovono il "Job Day" per l'incontro tra giovani e imprese

    ◊   I giovani e il lavoro sono al centro dell’attenzione della Chiesa a Molfetta. L’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro e l’Azione Cattolica locale hanno organizzato presso la Fabbrica di San Domenico la seconda edizione del “Job Day: giovani e imprese per un lavoro dignitoso”. L’obiettivo dell’appuntamento, riferisce il Sir, è “uno scambio di informazioni e di conoscenze con esperti ed aziende del territorio con i quali avviare un confronto ed un dibattito costruttivo su alcune possibilità concrete di creazione di lavoro non solo nel terzo settore ma cogliendo anche le opportunità che scaturiscono dal settore dell’innovazione e della ricerca”. Interverranno, tra gli altri, il vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, mons. Luigi Martella, don Nicola Macculi, direttore regionale della pastorale sociale e del lavoro, don Lucio Ciardo, responsabile regionale del Progetto Policoro, Giulio Colecchia, segretario regionale Cisl, e rappresentanti del mondo imprenditoriale. “I giovani di oggi – è l’appello contenuto in una nota della diocesi - nonostante la precarietà che sta segnando la loro esperienza di vita siano in grado di dare una spinta decisiva al cambio di passo del nostro Paese. Ad essi in particolare è doveroso cercare di dare dei suggerimenti indicando possibili percorsi”. (D.M.)

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    Anp: "Arafat non è morto per cause naturali, l'indagine va avanti"

    ◊   Le autorità palestinesi si sono dette certe che Yasser Arafat non sia morto “per cause naturali”: in una conferenza stampa tenuta a Ramallah, la Commissione d’inchiesta voluta dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha preso atto degli esiti contrastanti dei due rapporti arrivati dagli esperti svizzeri e russi ed ha annunciato che l’indagine in materia “non si ferma qui”, chiedendo anche la cooperazione delle autorità della Francia, Paese dove Arafat era ricoverato al momento della morte. Quanto alle responsabilità, l’Anp ha dichiarato di avere sopspetti solo su Israele. Intanto, il movimento Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, ha annunciato che in quel territorio non saranno permesse celebrazioni per l’anniversario della morte del leader palestinese, l’11 novembre. Una decisione fortemente criticata da un portavoce di al-Fatah, movimento fondato da Arafat: secondo Fatah, Hamas in questo modo ha "carpito la volontà del popolo". (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 312

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.