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Sommario del 07/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: la debolezza d'amore di Dio per chi è smarrito è la gioia della misericordia
  • Le Beatitudini al centro dei temi scelti dal Papa per le prossime tre Gmg
  • Tweet del Papa: i Santi appartengono a Dio, non hanno paura di essere derisi o emarginati
  • Il Papa ai vescovi francesi: testimoniate la misericordia di Dio, fondamentale formazione sacerdoti
  • Lavoro e salute a Taranto, la vicinanza del Papa alla popolazione. Mons. Santoro: crisi diventi opportunità
  • Udienze di Papa Francesco
  • Il presidente russo Putin sarà ricevuto dal Papa il 25 novembre
  • Presentazione in Vaticano di un libro del card. Bertone con prefazione di Papa Francesco
  • Accordo Santa Sede-Ciad sullo statuto giuridico della Chiesa cattolica nel Paese africano
  • Sinodo sulla famiglia. Mons. Menichelli: la Chiesa è vicina ai divorziati risposati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L’Olp chiede un’inchiesta internazionale sull’ipotesi di avvelenamento di Arafat
  • Programma nucleare iraniano, spiragli dai colloqui di Ginevra
  • Bambini soldato, il dramma si allarga alla Repubblica Centrafricana
  • Preoccupazione per il testo "Standard sull'educazione sessuale in Europa"
  • Il Censis: in Italia si diffonde l'altruismo nonostante la crisi, ad ispirarlo è Papa Francesco
  • Il carcere va nelle scuole. Il 15 novembre giornata di sensibilizzazione
  • Ecomafie, il vescovo di Aversa: no alla rassegnazione, reagire alle prepotenze della malavita
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Colombia: raggiunto accordo sulla partecipazione politica delle Farc
  • Centrafrica: firmato a Bangui il "Patto Repubblicano" stilato a Sant’Egidio
  • Perù: esclusione e discriminazione per le donne indigene di tutto il mondo
  • Siria: l'arcivescovo Hindo denuncia false notizie degli jihadisti sulle stragi di cristiani
  • Kirghizistan, Tagikistan, Kazakistan: rimpatriare chi combatte in Siria
  • Angola: per i vescovi l'aborto è una minaccia all’esistenza stessa della nazione
  • Filippine: è in arrivo Haiyan, il “peggior tifone dell’anno”
  • Nicaragua: appello dell’arcivescovo di Managua per prevenire la dengue
  • Repubblica Dominicana: appello mons. Gonzalez contro distruzione del patrimonio naturale
  • Chiese in Europa: incontro dei vescovi a Barcellona sui mass media
  • Concilio Vaticano II e filosofia al centro di un convegno al Regina Apostolorum
  • Arrestato il superiore dei Camilliani. L'Ordine esprime "profondo dolore"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: la debolezza d'amore di Dio per chi è smarrito è la gioia della misericordia

    ◊   La gioia di Dio è ritrovare la pecorella smarrita, perché ha una "debolezza d'amore" per quanti si sono perduti: è quanto ha detto stamani Papa Francesco durante la Messa presieduta nella cappellina di Casa Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Commentando le parabole della pecorella smarrita e della moneta perduta, il Papa spiega l’atteggiamento di scribi e farisei che si scandalizzavano delle cose che Gesù faceva e mormoravano contro di Lui: “Quest’uomo è un pericolo”, pranza con i pubblicani e i peccatori, “offende Dio, dissacra il ministero del profeta … per avvicinarsi a questa gente”. Gesù – afferma il Papa – dice che questa “è la musica dell’ipocrisia” e “a questa ipocrisia mormoratrice risponde con una parabola”:

    “Alla mormorazione Lui risponde con una parabola gioiosa. Quattro volte, in questo piccolo brano, viene la parola gioia o allegria: tre volte gioia e una allegria. ‘E voi – come se lui dicesse – voi vi scandalizzate di questo, ma mio Padre gioisce’. Quello è il messaggio più profondo di questo: la gioia di Dio, che è un Dio cui non piace perdere, non è un buon perdente e per questo, per non perdere, esce da sé e va, cerca. E’ un Dio che cerca: cerca tutti quelli che sono lontani da Lui. Come il pastore, che va a cercare la pecora smarrita”.

    Il lavoro di Dio – sottolinea il Papa – è "andare a cercare” per “invitare alla festa tutti, buoni e cattivi”:

    “Lui non tollera perdere uno dei suoi. Ma questa sarà anche la preghiera di Gesù, nel Giovedì Santo: ‘Padre, che non si perda nessuno di quelli che Tu mi hai dato’. E’ un Dio che cammina per cercarci e ha una certa debolezza d’amore per quelli che si sono più allontanati, che si sono perduti ... Va e li cerca. E come cerca? Cerca sino alla fine, come questo pastore che va nel buio, cercando, finché la trova; o come la donna, che quando perde quella moneta accende la lampada, spazza la casa e cerca accuratamente. Così cerca Dio. ‘Ma questo figlio non lo perdo, è mio! E non voglio perderlo’. Ma questo è nostro Padre: sempre ci cerca”.

    Poi, “quando ha trovato la pecorella” e la riporta nell’ovile ponendola accanto alle altre – spiega il Papa – nessuno deve dire: “Tu sei persa”, ma “Tu sei una di noi”, perché le ridà tutta la dignità. “Non c’è differenza” perché Dio “risistema tutti quelli che ha trovato. E quando fa questo è un Dio che gioisce”:

    “La gioia di Dio non è la morte del peccatore, ma la sua vita: è la gioia. Quanto lontano era questa gente che mormorava contro Gesù, quanto lontano dal cuore di Dio! Non lo conoscevano. Credevano che essere religiosi, che essere persone buone fosse andare sempre bene, anche educati e tante volte fare finta di essere educati, no? Questa è l’ipocrisia della mormorazione. Invece, la gioia del Padre, Dio, è quella dell’amore: ci ama. ‘Ma, io sono un peccatore, ho fatto questo, questo, questo!’ …‘Ma io ti amo lo stesso e vado a cercarti e ti porto a casa’. Questo è il nostro Padre. Pensiamo”.

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    Le Beatitudini al centro dei temi scelti dal Papa per le prossime tre Gmg

    ◊   Papa Francesco ha stabilito i temi delle tre prossime edizioni della Giornata Mondiale della Gioventù, scandendo le tappe dell’itinerario di preparazione spirituale che nell’arco di tre anni condurrà alla celebrazione internazionale con il Papa prevista a Cracovia nel luglio 2016. Per la Gmg diocesana del 2014, il tema sarà “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3); per la Gmg del 2015: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8). Infine, per la Gmg di Cracovia del 2016: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7). I tre temi sono tratti dalle Beatitudini evangeliche. A Rio de Janeiro, Papa Francesco aveva chiesto ai giovani, “con tutto il cuore”, di rileggere le Beatitudini per farne un concreto programma di vita. (A.G.)

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    Tweet del Papa: i Santi appartengono a Dio, non hanno paura di essere derisi o emarginati

    ◊   “I santi sono persone che appartengono pienamente a Dio. Non hanno paura di essere derisi, incompresi o emarginati”: è il tweet lanciato da Papa Francesco sul suo account @Pontifex, seguito da oltre 10 milioni di follower.

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    Il Papa ai vescovi francesi: testimoniate la misericordia di Dio, fondamentale formazione sacerdoti

    ◊   Impegnatevi sempre al servizio dell’uomo, specie dei più emarginati. E’ quanto scrive Papa Francesco in un messaggio ai vescovi francesi, in occasione della loro Plenaria in corso a Lourdes. Il Papa incoraggia i presuli a curarsi della formazione dei futuri sacerdoti, affinché siano profondamente radicati in Cristo e vicini alle persone che sono state loro affidate. Il messaggio - indirizzato a mons. George Pontier, arcivescovo di Marsiglia e presidente dell’episcopato francese - non manca di mettere l’accento sulla tradizione missionaria della Chiesa di Francia. Le vostre comunità diocesane, esorta il Papa, siano in uno stato di conversione permanente a Cristo, così da svolgere la missione evangelizzatrice in maniera credibile. Il Pontefice si compiace, infine, per l’apertura della Plenaria a vescovi di altri Paesi. Un segno, scrive, dell’attaccamento all’esercizio collegiale del vostro ministero episcopale, in comunione con il Vescovo di Roma. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Lavoro e salute a Taranto, la vicinanza del Papa alla popolazione. Mons. Santoro: crisi diventi opportunità

    ◊   La vicinanza del Papa alla popolazione di Taranto e la sua preghiera affinché si giunga alla “pronta soluzione della complessa situazione attuale”, “nel pieno riconoscimento dei diritti di ciascuno” è al centro di un messaggio a firma del segretario di Stato, mons. Pietro Parolin, inviato al convegno “Ambiente salute e lavoro, un cammino possibile per il bene comune”, organizzato oggi dall’arcidiocesi del capoluogo pugliese. A scandire i lavori, una riflessione sapienziale sulla custodia del Creato, le proposte scientifiche per una produzione sostenibile, e le risposte dei ministri dell’Ambiente Orlando e della Salute Lorenzin sulla vicenda Ilva. Giunto anche un messaggio della Cei nel quale si denuncia “lo smarrimento del senso umano dell'economia”. Al microfono di Paolo Ondarza l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro:

    R. - Le ragioni si fondano nella drammatica situazione che Taranto sta vivendo: questo ingiusto conflitto tra difesa della salute dell’ambiente e difesa del lavoro e dell’occupazione. Un dramma che ha visto interventi governativi succedersi, un dramma che ci interpella tutti e che ci ha interpellato come Chiesa sin dal primo momento. Ho pensato, insieme, con i miei collaboratori, ad un momento in cui noi potessimo interrogare la scienza in merito alla possibilità di uno sviluppo sostenibile. Perciò ho pensato ad un convegno scientifico ad alto livello con persone che conoscono il mondo produttivo dell’acciaio, della siderurgia e dell’ingegneria ambientale.

    D. – Oltre all’aspetto scientifico voi proponete anche una visione sapienziale sulla custodia del Creato …

    R. – La visione dell’uomo e della vita, della realtà come dono e non come qualcosa che deve essere manipolata e depredata dall’uomo. Nel pomeriggio ho invitato i ministri dell’Ambiente ed il ministro della Salute.

    D. – Potrebbe essere l’inizio di un nuovo cammino verso la tutela di ambiente, salute e lavoro?

    R. – Certamente, come ci scrive nel suo messaggio il Santo Padre: “affinché si giunga alla pronta soluzione della complessa situazione attuale, auspicando che la riflessione sia accompagnata da scelte concrete verso stili di vita sostenibili sul piano umano ed ecologico”. Quella che è una difficoltà drammatica desideriamo diventi un’opportunità che vede nella concertazione dei soggetti in campo il primo passo.

    D. – Ad oggi, quanto è stato fatto e qual è la situazione dei tanti lavoratori?

    R. – Finora abbiamo avuto due decreti legge trasformati poi in legge; soprattutto il secondo che è stato firmato dal presidente Napolitano agli inizi di agosto. È evidente che le applicazioni di questa legge, l’applicazione della nuova Aia (Autorizzazione integrata ambentale), stenta a partire: ci sono dati che indicano un miglioramento nell’aria e nell’ambiente; però non in una “forma” sensibile. Quindi, il primo aspetto che desideriamo concretizzare è che questa legge, questa autorizzazione sia di fatto realizzata cioè che ci siano iniziative concrete: primo, la copertura dei parchi minerari; secondo, l’adeguamento degli impianti in modo che non siano inquinanti; terzo, la bonifica del territorio e dell’ambiente. Qualche miglioramento c’è, ma c’è ancora moltissimo da fare ed il convegno si pone in questa linea. Sul piano occupazionale abbiamo visto che è stato realizzato, non una cassa integrazione ma un contratto di solidarietà; quindi, per ora le persone legate all’Ilva non sono state licenziate. A Taranto però assistiamo ancora ad altri fenomeni come la Vestas e la Mercegaglia che producono energia non inquinante (elica e fotovoltaica; ndr), ma che sono costrette a chiudere.

    D. – Come i dipendenti Ilva, i lavoratori di Taranto in generale e la popolazione nel suo complesso, hanno accolto la vicinanza espressa nel suo messaggio da Papa Francesco?

    R. – Il messaggio di Papa Francesco è giunto come un dono straordinario. Tutti quanti, di tutti gli orientamenti, di tutte le posizioni culturali ed ideologiche sono colpiti da queste parole straordinarie. Il rilievo sulla stampa locale è notevole. Il Santo Padre con questo messaggio ha detto a tutti – come mi aveva detto all’udienza personale avuta con lui - che porta la città nel cuore insieme con lui, che prega e sostiene il cammino. Perciò, il messaggio è stato una grande gioia ed è stato accolto con straordinario entusiasmo.

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    Udienze di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza: il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; il card. Jozef Tomko, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Congressi Eucaristici Internazionali; mons. Léon Kalenga Badikebele, Arcivescovo tit. di Magneto, nunzio apostolico in El Salvador e in Belize; il dr. Michael Nazir-Ali, già vescovo anglicano di Rochester; il signor Han Thomas Hong-soon, ambasciatore di Corea, in visita di congedo.

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    Il presidente russo Putin sarà ricevuto dal Papa il 25 novembre

    ◊   Il presidente russo Wladimir Putin sarà ricevuto dal Papa il prossimo 25 novembre: lo ha confermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. L’incontro si svolgerà nel pomeriggio intorno alle 17.

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    Presentazione in Vaticano di un libro del card. Bertone con prefazione di Papa Francesco

    ◊   Avrà la prefazione di Papa Francesco il libro del cardinale Tarcisio Bertone intitolato “La diplomazia pontificia in un mondo globalizzato”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, che sarà presentato martedì 12 novembre alle ore 17 nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. Il libro riunisce interventi, discorsi e scritti del porporato nel suo servizio di segretario di Stato. “Il cardinale Tarcisio Bertone – scrive il Papa - consegna a coloro che sono impegnati nel servizio diplomatico della Santa Sede, e non solo, un’abbondante serie di riflessioni sulle principali questioni che riguardano la vita delle Comunità delle Nazioni e toccano da vicino le aspirazioni più profonde della famiglia umana: la pace, lo sviluppo, i diritti umani, la libertà religiosa, l’integrazione sovranazionale”. Il Pontefice parla anche di “utopia del bene”, che “attraverso l’azione diplomatica può esprimere e consolidare quella fraternità presente nelle radici della famiglia umana e da lì chiamata a crescere, a espandersi per dare i suoi frutti”.

    All’incontro, che sarà moderato da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, interverranno: l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, Hans-Gert Pöttering, già presidente del Parlamento Europeo e presidente della Konrad Adenauer Foundation, Vincenzo Buonomo, ordinario di Diritto internazionale presso la Pontificia Università Lateranense e curatore della pubblicazione.Al termine degli interventi, il cardinale Tarcisio Bertone rivolgerà un saluto ai presenti.

    I testi raccolti nel volume coprono un arco temporale che va dal settembre 2006 al giugno 2013: “Si tratta – spiega nella Nota metodologica Vincenzo Buonomo – di contributi che possono favorire una più ampia e articolata lettura di situazioni e di fenomeni presenti nelle relazioni internazionali dalla prospettiva che è propria della Santa Sede ed è presente nell’attività operata dalla diplomazia pontificia”. Sono riportati 43 interventi del cardinale Bertone, suddivisi in 7 Parti (La Santa Sede nella Comunità delle Nazioni; Diplomazia e diplomatici pontifici; Costruire condizioni di pace; La dignità umana fondamento dei diritti; Una garanzia internazionale alla libertà religiosa; Solidale condivisione per lo sviluppo dei popoli; l’Europa in cammino verso l’unità). Seguono due Appendici: una contiene alcuni Messaggi Pontifici inviati a nome del Papa dal cardinale segretario di Stato, per particolari eventi o momenti celebrativi di carattere internazionale. L’altra riporta alcuni scritti redatti dal prof. Bertone nel periodo che precede l’inizio del suo ministero episcopale.

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    Accordo Santa Sede-Ciad sullo statuto giuridico della Chiesa cattolica nel Paese africano

    ◊   Ieri a N’Djaména, capitale del Ciad, è stato firmato l’Accordo tra Santa Sede e Repubblica del Ciad sullo statuto giuridico della Chiesa cattolica nel Paese. Per la Santa Sede ha firmato mons. Jude Thaddeus Okolo, arcivescovo titolare di Novica, nunzio Apostolico in Ciad, e per la Repubblica del Ciad il ministro degli Esteri e dell’Integrazione Africana, Moussa Faki Mahamat.
    L’Accordo, che consta di 18 articoli ed entrerà in vigore con lo scambio degli strumenti di ratifica, stabilisce il riconoscimento della personalità giuridica della Chiesa cattolica e delle istituzioni ecclesiastiche e, fissando il quadro giuridico dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, afferma il valore sociale della loro collaborazione per la promozione della dignità della persona umana e per l’edificazione di una società più giusta e pacifica.

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    Sinodo sulla famiglia. Mons. Menichelli: la Chiesa è vicina ai divorziati risposati

    ◊   Il documento preparatorio del Sinodo straordinario sulla famiglia, pubblicato martedi, parte dalla costatazione che la crisi sociale e spirituale che viviamo rappresenta una sfida pastorale per l’evengelizzazione della famiglia. Per approfondire questo e altri aspetti del testo Fabio Colagrande ha intervistato mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo e delegato per la famiglia della Conferenza episcopale marchigiana:

    R. - L’evangelizzazione è l’annuncio della Parola di Dio e l’annuncio di una storia di salvezza. Questa evangelizzazione si contestualizza nel tempo e si storicizza secondo dei tempi, attraverso i quali la Parola non cambia, cambia la modalità con la quale questa Parola viene annunciata, testimoniata, celebrata e vissuta. Nel tempo attuale, rispetto al tema della famiglia, credo che ci troviamo in presenza di due crisi fondamentali: la prima è la crisi del matrimonio, la seconda quella del matrimonio come Sacramento che, secondo me, è derivante dalla prima. Viviamo in un’epoca in cui il progetto originario, - quello posto nella Genesi, che era per l’uomo e per la donna - è in crisi, perché tutti vogliono tutto del matrimonio, ma non vogliono il matrimonio: si è indebolito il senso del dono, dell’appartenenza, di una scelta per la vita. Questa crisi è inscritta all’interno di una crisi di fede; in questo modo allora entra in crisi anche il matrimonio sacramento perché non sempre c’è la consapevolezza di quello che il matrimonio sacramento è, di quello che chiede, e di che tipo di preparazione, di disponibilità interiore siano necessarie. Allora il nostro compito è proprio questo: riprendere il Vangelo del matrimonio, sul quale poi poggia per noi il Vangelo della famiglia.

    D. - Quanto è importante, proprio per affrontare questa sfida pastorale, che la Chiesa oggi si metta in ascolto dei problemi e delle attese che vivono tante famiglie?

    R. - Questa credo che sia una grande novità e una grande ricchezza. Credo che questo sia nato dall’intuizione di Papa Francesco che vuole percepire ancora di più la realtà non per condannarla, ma per aiutarla, per sostenerla, per – come direbbe con le sue parole – evangelizzare nello stesso tempo la misericordia e la verità. Noi sappiamo che ci sono tante situazioni particolari, tante ferite sulla realtà sponsale e su quella familiare. Il compito della Chiesa è di usare misericordia e dire la parola di verità. E questo naturalmente va fatto nella prospettiva dell’impegno pastorale. Non siamo chiamati a condannare, siamo chiamati ad accompagnare per riprendere saggezza e sapienza che derivano dalla Parola di Dio.

    D. – Un atteggiamento misericordioso e la tenerezza nei confronti delle persone ferite, invitano anche a esaminare questioni delicate come quella dei divorziati risposati. Questo è un tema pastorale che resta problematico …

    R. - Sì, resta problematico, resta attuale, ma porto anche qui la mia esperienza. In diocesi, ormai da due anni, abbiamo cominciato un itinerario di accompagnamento di questi fratelli e di queste sorelle. Seguiamo più di 80 persone che con regolarità partecipano agli incontri, vivono insieme delle giornate; tutto questo per far percepire che la Chiesa è vicina a loro, che non siamo lì per condannare. Ma qui bisogna essere molto attenti: il discorso dell’accompagnamento della misericordia non è “condono della verità e della Parola di Dio”, vuole essere un accompagnamento che educa, che porta alla rilettura della propria vita, che porta ad accogliere, anche con pazienza, qualche volta la durezza della Parola di Dio, perché la Parola di Dio, come dicono gli Atti degli Apostoli, qualche volta è amara. Ma se tutto questo viene fatto sul versante di una tenerezza umana e di una paternità spirituale le persone capiscono bene. Poi a questo riguardo, è necessario fare un po’ di chiarezza, perché non sempre chi è divorziato è escluso dalla Comunione, non sempre chi è separato è escluso da un servizio nella vita della Chiesa. Bisogna parlarci, bisogna ragionarci, bisogna vedere il tutto, e bisogna essere sempre molto, ma molto pazienti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   A Dio non piace perdere: Messa del Papa a Santa Marta.

    Il Papa risponde al grido di dolore dell'Africa: sull'attività del Trinity Mission Hospital, in Kenya, inaugurato a fine ottobre, intervista di Mario Ponzi a monsignor Segundo Tejado Munoz, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum.

    Nostri umili compagni: in prima pagina, Manuel Nin sulla festa dei santi angeli nella tradizione bizantina.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Nigeria in cerca di dialogo per la crisi nel nord-est": si valuta un'amnistia per le milizie di Boko Haram.

    Antisemitismo come ideologia: in cultura, Giovanni Cerro sulle teorie "rivoluzionarie" all'origine della Shoah.

    Un articolo di Claudia Di Giovanni dal titolo "Un povero diavolo": "Blade of Satans Bog" di Carl Theodor Dreyer nella Filmoteca Vaticana.

    Là dove poesia e liturgia parlano la stessa lingua: Alberto Camplani sul soffio dell'oriente siriano.

    Oltre le certezze dottrinali: Marcella Serafini sulla memoria liturgica, domani, di Giovanni Duns Scoto.

    Se Giobbe lavora in ferrovia: Claudio Toscani recensisce il romanzo di Denis Johnson "Train Dreams".

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    Oggi in Primo Piano



    L’Olp chiede un’inchiesta internazionale sull’ipotesi di avvelenamento di Arafat

    ◊   Un membro della direzione dell'Olp lancia un appello per una "commissione d'inchiesta internazionale sulla morte del presidente Yasser Arafat", dopo l’ipotesi di avvelenamento. A parlare di omicidio è stata Al-Jazeera, che sostiene di aver visionato il rapporto di esperti dell'Università svizzera di Losanna che proverebbe che la morte dell’ex leader storico dell’Olp, avvenuta in Francia l'11 novembre 2004, è stata causata da polonio 210, sostanza di cui i periti hanno riscontrato quantità superiori al normale sul corpo. Gli esperti stessi hanno annunciato una conferenza stampa in giornata. Fausta Speranza ha intervistato il corrispondente per il Medio Oriente dell’Ansa, Lorenzo Trombetta:

    R. – Giornalisticamente, ancora non possiamo parlare di una notizia confermata al cento per cento. Certo, se dovesse essere confermata si tratterebbe di un omicidio politico. Chi potrebbe essere stato? Questo sarebbe molto difficile da scoprire: ci possono essere, ovviamente, le ipotesi più evidenti, anche quelle più disparate. Il primo sospettato potrebbe essere senza dubbio Israele che, comunque, dal 2004 continua a negare qualunque coinvolgimento in questa ipotesi. Ma non soltanto Israele. Anche in campo interarabo, addirittura in campo palestinese potrebbero esserci stati eventuali mandanti o persone interessate, in quel momento storico, nel 2004, ad eliminare una figura di riferimento come lo era Yasser Arafat.

    D. – Però, oltre a scatenare un’inchiesta forse anche a livello internazionale, tutto questo in un momento di stallo del negoziato israelo-palestinese cosa può provocare?

    R. – No, non credo che possa avere alcun tipo di ripercussione politica immediata sullo stallo che continua ad esserci ormai da molto tempo. La questione israelo-palestinese è ormai derubricata da tutte le cancellerie occidentali, al di là della retorica, ovviamente, ma nei fatti. Il braccio di ferro prosegue, lontano dai tavoli, con un registro assai meno serrato e con impegni anche massimalisti. Sostanzialmente si parla di questioni relative alla gestione del territorio, con la costruzione di nuovi insediamenti israeliani, con la limitazione degli affari palestinesi sia di Gaza sia di Cisgiordania; ma, ormai, la questione israelo-palestinese è stata sempre più relegata ad una questione di polizia, una questione di sicurezza relativa allo Stato di Israele, quasi come se non stesse più assumendo una dimensione internazionale regionale, come lo era qualche tempo fa.

    D. – Ricordiamo che cosa ha significato Arafat per il mondo palestinese, in poche parole? E che cosa può significare ancora, forse, a livello simbolico?

    R. – Arafat, sin dalla fine degli anni Sessanta, ha impersonificato una rinascita non soltanto militare ma sostanzialmente politica e ideologica della lotta per la liberazione di una popolazione. Nel corso dei decenni, poi, il “personaggio Arafat”, ovviamente, è andato oltre il suo valore politico in quanto persona, che negli anni – in particolare, negli ultimi anni – piano piano ha perso la presa nei confronti di una realtà in profondo cambiamento. Così Arafat è stato gradualmente isolato, messo a nudo da una serie di consiglieri, di personaggi che invece gli avevano dato, negli anni precedenti, grande forza, anche politica. Pensiamo dunque ad un Arafat quindi sempre più solo, anche fisicamente, intellettualmente, culturalmente. La leadership si è trovata con questo grande leader carismatico ammalato e anziano, non più capace di essere guida, e con una situazione attorno a lui di deserto, intellettuale e culturale. Quindi, ancora oggi la società palestinese soffre di questa assenza, non soltanto di un leader, ma di una serie di personaggi politicamente e culturalmente capaci di dare un’idea, una soluzione alternativa a quella di Hamas, dei salafiti di Gaza o di un’Anp in mano ad una cricca di personaggi che tutti, nel mondo palestinese, definiscono corrotti e, in certi casi, comunque asserviti agli Stati Uniti e a Israele.

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    Programma nucleare iraniano, spiragli dai colloqui di Ginevra

    ◊   L'intesa sul programma nucleare iraniano è possibile entro una settimana. Così il ministro degli esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, che si trova a Ginevra per i colloqui con i Paesi del gruppo 5+1, ovvero Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna più la Germania. Stati Uniti ed Europa chiedono il congelamento del programma nucleare in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Il round di negoziati chiuderà domani. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Isabella Abbate di archivio Disarmo:

    R. - Bisogna tener conto del fatto che sono anni che si tentano negoziati con l’Iran per cercare di limitare l’arricchimento di uranio e la costruzione di nuove centrali nucleari. Il problema principale è che ufficialmente le dichiarazioni sono: arricchimento per scopi civili, quindi per mandare avanti i reattori di ricerca e per il fabbisogno interno della nazione.

    D. – La situazione nucleare iraniana è stata controllata anche dagli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, l’Aiea. Cosa hanno trovato questi scienziati?

    R. – Effettivamente non hanno trovato nulla di più di quello che ufficialmente l’Iran aveva decretato di avere - ovvero uranio arricchito – e confermato che non si stanno producendo armi. Tuttavia bisogna tener presente che non tutti i reattori sono stati ispezionati dall’Aiea, perché l’Iran non ha dato l’ok alla loro apertura; in particolare nello stabilimento situato a Parkin, vicino Teheran - conosciuto per la produzione di energia nucleare per scopi civili – non si sa se si stia procedendo anche alla fabbricazione di armi nucleari.

    D. – Ci sono prospettive secondo lei?

    R. – Sicuramente sì, soprattutto perché il nuovo presidente Rohani ha dimostrato ampiamente di voler portare avanti il dialogo non soltanto bilaterale, in particolare con Russia e Stati Uniti. Tuttavia la situazione si complica dal momento in cui sono negate le ispezioni dell’Aiea in alcuni siti e benché le buone intenzioni di Rohani siano state espresse di recente anche nei confronti del presidente Obama, la situazione internazionale non aiuta a trovare un accordo definitivo, pensiamo in particolare anche alla questione della Siria. Però, data la nuova posizione di Rohani mai dire mai.

    D. – Gli stabilimenti di produzione di energia nucleare a scopo civile possono essere riconvertiti anche a scopo militare?

    R. – Sicuramente possono essere riconvertiti. Di uranio arricchito l’Iran ne ha in quantità e dall’uranio arricchito alla costruzione di armi il passaggio è breve. È sempre stato questo il punto di incertezza della situazione nucleare iraniana; ad esempio, anche il fatto che l’ambasciatore della Repubblica dell’Iran in Italia ha più volte affermato che, storicamente parlando, l’Iran non potrebbe mai costruire armi di distruzione di massa, proprio perché l’Ayatollah Khomeini in svariate occasioni aveva già affermato che costruire armi di distruzione di massa era contrario ad ogni principio iraniano. Però un così pesante arricchimento di uranio ed una così netta volontà di voler incrementare le proprie risorse e la propria capacità produttiva lascia pensare che probabilmente il passaggio sia breve. Tutto dipende dai fattori politici, di politica internazionale soprattutto.

    D. – Al di là di quello che uscirà da questa tornata di colloqui, mi sembra di capire che è fondamentale, o comunque lo diventa, consentire agli ispettori dell’Aiea in maniera totale l’ispezione di ogni sito che produce chiaramente energia nucleare…

    R. – Sicuramente. Infatti, uno dei punti contestati dagli esperti dell’Aiea è appunto questo. Tuttavia il presidente Rohani credo – da quello che si evince dalle sue dichiarazioni – che ce la stia mettendo tutta per venir incontro alle diverse istanze.

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    Bambini soldato, il dramma si allarga alla Repubblica Centrafricana

    ◊   Dopo il golpe della Seleka - i ribelli che a marzo hanno rovesciato il presidente François Bozizé in Repubblica Centrafricana - per i bambini soldato tenuti in ostaggio, molti dei quali ugandesi, “è divenuto ancora più difficile tornare a casa”. È la denuncia di padre Cosmas Alule, rettore del seminario maggiore ‘Uganda Martyrs’ di Alokolum, alla periferia di Gulu, nel Nord dell’Uganda, raccolta nei giorni scorsi da Aiuto alla Chiesa che Soffre, la fondazione pontificia da tempo impegnata nella zona. A rapire negli anni i ragazzi e a condurli forzatamente in Centrafrica, i ribelli ugandesi del Lord's Resistance Army (Lra, Esercito di Resistenza del Signore capeggiato da Joseph Kony). Ce ne parla padre Alule, raggiunto telefonicamente a Gulu da Giada Aquilino:

    R. – The Lra rebels take mostly children and take them to the Central African Republic …
    I ribelli del Lord’s Resistance Army prendono soprattutto bambini e li portano nella Repubblica Centrafricana, perché è più facile indottrinare questi piccoli, manipolare la loro mente e introdurli nella ribellione. Trovano che sia più facile trattare con i bambini: questo è il motivo per cui la maggior parte dei rapimenti riguarda i minori. Possono “giocare” con la mente dei bambini, piegarla secondo il loro volere. I ribelli iniziano ad insegnare loro come combattere, come uccidere senza pietà; lo scopo è quello di portare i bambini ad essere a loro volta ribelli. La seconda ragione è che si servono dei più piccoli per proteggere i Signori della guerra quando ci sono azioni e saccheggi: li usano come scudi. La terza ragione, veramente terribile, è che usano i bambini anche come schiavi del sesso, soprattutto le bambine. Molte di loro sono “date in moglie” agli alti ufficiali dell’esercito ribelle o anche ai ribelli stessi, poi le scambiano tra loro, a loro piacimento. È un aspetto molto triste.

    D. – Qual è la situazione ora, con le nuove tensioni nella Repubblica Centrafricana?

    R. – The Lord’s Resistance Army, since the year 2006-2007, when the government …
    Dal 2006-2007, quando il governo ugandese lo espulse dall’Uganda del Nord e quando si svolsero poi i colloqui di pace, l’Esercito di Resistenza del Signore ha lasciato il Paese, ritirandosi in Sudan e nella Repubblica Centrafricana e in quella parte del Congo vicina alla Repubblica Centrafricana. In Centrafrica, questi ribelli continuano ad esercitare lo stesso orrore, a rapire bambini, a distruggere villaggi, a saccheggiare le proprietà: tutto quello che facevano nell’Uganda del Nord ora lo fanno nella Repubblica Centrafricana e in quelle aree del Sudan e del Congo adiacenti. Ciò è quello che, purtroppo, sta accadendo ed è il motivo per cui il governo dell’Uganda, di concerto con l’Unione Africana, ha inviato dei soldati nel tentativo di catturare i ribelli, per vedere se, con l’aiuto dell’esercito, sia possibile catturare Joseph Kony ed i suoi ribelli, in qualche modo fermarli. Ma finora non sono riusciti in questo compito.

    D. – Negli anni, qual è stato il ruolo della Chiesa e com’è impegnata oggi?

    R. – The Church, for long, throughout the period of the rebellion, has been a …
    La Chiesa è stata per lungo tempo, per tutto il periodo della ribellione, una luce speciale in Uganda; ha sempre rappresentato un rifugio per la gente. Molte persone hanno trovato rifugio nelle missioni, nelle chiese, nelle parrocchie dove ci sono i sacerdoti, nelle istituzioni della Chiesa, fino nel seminario dove mi trovo io: anche qui le persone si sono rifugiate. Questo è uno dei modi in cui la Chiesa ha aiutato la popolazione nel periodo della ribellione. Poi, si è anche impegnata a trovare una soluzione pacifica a questi conflitti: l’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptist Odama, è spesso chiamato in causa, insieme con i leader dell’iniziativa religiosa per la pace di Acholi, per il raggiungimento di una soluzione pacifica di questo conflitto mediante colloqui di pace. Questo è il motivo per cui le trattative di pacificazione, iniziate nel 2006-2007, proseguono, pure se non si sono concluse ancora con successo. Ecco, questo è il modo in cui la Chiesa cerca di portare il suo aiuto.

    D. – Come appare ora il futuro dell’Uganda agli occhi della Chiesa locale?

    R. – The future of the hope in Uganda, I think can be summarized …
    Penso che la speranza per il futuro in Uganda possa essere riassunta alla luce del recente Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che si è svolto a Roma, da cui è uscita l’Esortazione Apostolica “Africae Munus”. Con tale documento, la Chiesa in Africa è incoraggiata ad impegnarsi per la giustizia, la pace e la riconciliazione. Solo attraverso la giustizia, la pace e la riconciliazione la Chiesa può avere un futuro: infatti, in ogni parte dell’Africa ci sono conflitti e questo è il contributo che la Chiesa può dare affinché ci sia un domani certo. Se la Chiesa può essere testimone di riconciliazione in questa epoca di conflitti, in particolare in quello portato avanti dall’Esercito di Resistenza del Signore, potrà testimoniare pace in tutto il Continente, partendo proprio dall’esempio ugandese. E questo aiuterà più persone a credere nella Chiesa e ad avere fiducia in essa. E’ già accaduto in Uganda: molte persone sono convinte che la pace tornata nel Paese negli anni passati sia stata raggiunta grazie al grande contributo della Chiesa nel campo dei negoziati di pace e di riconciliazione. E questa è la via per il futuro della Chiesa in Uganda.

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    Preoccupazione per il testo "Standard sull'educazione sessuale in Europa"

    ◊   Sta facendo discutere il documento “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, avviato dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Oms, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, e realizzato dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute (BZgA) di Colonia, da diffondere presso i ministeri dell’Istruzione e della Salute in Europa. Dopo un’impostazione generale, nel testo si illustra come l’educazione sessuale vada insegnata ai bambini a seconda delle diverse fasce d’età: da 0 a 4 anni, da 4 a 6, da 6 a 9, da 9 a 12, da 12 a 15 e dai 15 in su. Preoccupazione è stata espressa da diverse associazioni fra cui la Fondazione Novae Terrae che si occupa di diritti umani. Debora Donnini ha intervistato il direttore generale di Novae Terrae, Luca Volonté:

    R. – Quello che ci ha colpito è che, appunto, un’idea ispiratrice di questo documento era già ricompresa in molti scritti dei grandi maestri dell’ideologia di gender ed anche nei Principi di Yogyakarta. E la cosa più sconvolgente è che questi Principi siano diventati la base di un documento, che riporta dettagliatamente come, a loro avviso, l’educazione sessuale dovrebbe rispondere a standard equilibrati, sempre secondo la loro opinione. Questi standard sono molti preoccupanti, perché prevedono un’ipersessualizzazione, e cioè l’introduzione del bambino ad un ‘abuso’ della sessualità del proprio corpo fin dalla giovanissima età, cioè da 0 a 4 anni.

    D. – Emerge praticamente che, per esempio, ai bambini da 0 a 4 anni è consigliata la “masturbazione infantile precoce” e che i bambini da 4 a 6 anni dovranno essere istruiti sull’amore e sulle relazioni con persone dello stesso sesso. E’ così?

    R. – E’ esattamente così. Purtroppo queste sono due delle previsioni di questo documento. Dobbiamo renderci conto di cosa voglia dire una precoce masturbazione da 0 a 4 anni. Questa esplorazione della sessualità per un bambino di quattro anni, come per qualsiasi ragazzo non completamente formato, può significare anche quello che sta accadendo per esempio in Olanda, e cioè che i propri genitori, quando un bambino rientra nella propria abitazione con problemi creati da lezioni scolastiche di questo tipo, possano chiedere – come fanno appunto molti nei Paesi Bassi – una terapia ormonale per bloccare la sessualità del maschio o della femmina, del bambino o della bambina, grazie a questi medicinali chimici. Poi c’è l’informazione ai bambini dai 4 ai 6 anni sulle relazioni con persone dello stesso sesso e anche informazioni, sempre dai 4 ai 6 anni, sulle forme nuove di relazione e le differenti idee sul concetto di famiglia.

    D. – Dai 6 ai 9 anni, invece, i maestri sono esortati ad istruire sui cambiamenti del corpo - come mestruazioni, eiaculazione, variabilità individuali nel corso dello sviluppo - offrendo tra l’altro nozioni sui diversi metodi contraccettivi. Poi, dai 9 ai 12 anni, i bambini dovranno essere istruiti sui rischi e le conseguenze delle esperienze sessuali non protette, ovvero sulle malattie sessualmente trasmissibili e le ‘gravidanze indesiderate’...

    R. – Dai 9 ai 12 anni si tratta di dare informazioni sull’orientamento sessuale, ma anche capire la differenza che esiste tra l’orientamento di genere e sesso biologico; produrre informazioni sui diritti sessuali definiti dall’IPPF, che è notoriamente una delle più grandi fondazioni internazionali, che appunto definisce tra i diritti sessuali anche il diritto all’aborto.

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    Il Censis: in Italia si diffonde l'altruismo nonostante la crisi, ad ispirarlo è Papa Francesco

    ◊   In Italia aumenta la voglia di altruismo. Gli italiani ritrovano l’interesse per la spiritualità, vogliono pensare positivo, ma soprattutto cercano di essere più di sostegno per gli altri. La ricerca condotta dal Censis: “I valori degli italiani 2013. Il ritorno del pendolo”, presentata a Roma, sottolinea che nella penisola si sta diffondendo quello che viene definito una sorta di “papafrancescanesimo”, ossia il desiderio di aiutare chi è in difficoltà, nonostante la crisi economica che, spiega la ricerca, preoccupa, ma non fa disperare le persone. Francesca Sabatinelli ha intervistato Patrizia Catellani, professore ordinario di Psicologia Sociale presso l'Università Cattolica di Milano:

    R. – Di fronte ad una grossa crisi, come quella che mi sembra gli italiani stiano attraversando, di fiducia nelle istituzioni, e non solo, di grande insicurezza economica, e insicurezza in senso lato, di fronte a tutto questo, una figura come quella di Papa Francesco, che indubbiamente suscita un’immediata affinità, ispira sicuramente grande fiducia. Credo che questo contribuisca al fatto che venga seguito quello che da lui viene detto. Rispetto a questo atteggiamento degli italiani che si dichiarano disponibili ad aiutare gli altri, che trovano e dicono di trovare più piacere nell’aiutare gli altri piuttosto che fare attività volte al loro benessere individuale, mi sembra di vedere in questo un po’ l’espressione di un modello che in generale è in crisi. Pensavo ad alcuni modelli economici che ipotizzano che se tutti seguono il loro interesse individuale, possa essere risolto anche il problema del benessere di tutti. Questi modelli sembrano ora contrarre un po’ la corda, perché sembra che non sia così: evidentemente, il perseguire solamente il proprio interesse, anche dal punto di vista economico, non sembra portare ad un benessere di tutti. Credo che ci sia una grande delusione, da questo punto di vista, e anche molta sfiducia rispetto a questi modelli in una situazione e, in un quadro in cui le figure di leader italiani sono state messe molto in discussione, quella del Papa è una figura che si è stagliata immediatamente vicino alle persone.

    D. – Ciò che ad una prima lettura può sembrare abbastanza singolare, è che questo altruismo si riveli in un momento di grave crisi economica per il Paese, di grave crisi degli italiani …

    R. – Sicuramente c’è un aspetto di desiderio, forse, di stare meglio tutti. Da un alto c’è anche il consumismo che evidentemente ha portato ad accorgersi che c’è una delusione nell’acquisto continuo; dall’altro è indubbio che l’italiano è in crisi, e che dovendo ridurre i suoi consumi forse ritrova il gusto di alcune cose, di alcune attività, di valori più immateriali ma anche più facili da perseguire. Io penso che in questo le persone ritrovino il gusto anche dello stare insieme, di un ritorno a valori essenziali …

    D. – Vuol dire che questo altruismo è un valore ritrovato, che faceva parte della cultura della società italiana …

    R. – Sì. Certo, occorre fare attenzione alle risposte date dagli intervistati, perché sicuramente è meglio dire che si è altruisti piuttosto che no, quindi teniamo conto di questo. Però, quello che lei diceva è importante, e cioè: il valore che sicuramente è tipico e caratteristico della società italiana, è quello dell’aiutarsi tra vicini, intesi come famiglia, ma anche come nucleo un po’ più allargato. Però, studiando i valori, i valori degli italiani, e confrontandoli con i valori di altri Paesi, sia europei che non, forse in Italia c’è molto quello che viene denominato in genere “della benevolenza”, ossia del voler bene ai vicini, e andrebbe più sviluppato il valore che in genere chiamiamo “dell’universalismo”, e cioè del voler bene anche ai lontani. Penso che se gli italiani ritroveranno anche un po’ più di tranquillità e di sicurezza economica e il senso del poter ricominciare, allora anche questo desiderio di essere aperti agli altri dovrebbe allargarsi un po’ di più anche a coloro che non sono famigliari ma che ugualmente sono il nostro prossimo.

    D. – Quindi, l’italiano in questo momento riscopre il valore dell’altruismo anche per un proprio bisogno, cioè avvicinarsi agli affetti più prossimi, perché comunque fanno rete. Tutto questo dovrebbe portare l’italiano anche oltre, verso chi è più lontano, penso ad esempio al rapporto con gli immigrati …

    R. – Esatto: io penso proprio questo. In realtà, per poter guardare più lontano, ci devono però essere più sicurezza e tranquillità. Nella cerchia dei valori dei vari Paesi, effettivamente noi siamo alti nel valore della benevolenza per i vicini e meno nel valore della benevolenza per i lontani. Ecco: io credo che quella sia una delle direzioni da sviluppare.

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    Il carcere va nelle scuole. Il 15 novembre giornata di sensibilizzazione

    ◊   Dopo il caso Fonsai, l’attenzione sul mondo carcerario rischia di calare. Ma i numeri parlano di un’emergenza che non viene meno. Nei 206 istituti penitenziari nel primo semestre del 2013 si sono registrati quasi 3.300 atti di autolesionismo e 18 sono stati i suicidi. Per far conoscere questa realtà, il 15 novembre i volontari che si occupano di carceri saranno in 125 scuole. Alessandro Guarasci:

    La telefonata del ministro Cancellieri su Giulia Ligresti in carcere è diventato un caso politico. Ma archiviata la questione della fiducia, l’emergenza nei penitenziari italiani rimane. Il 15 novembre mille volontari che ogni giorno sono nelle prigioni saranno in 125 scuole da nord a sud, e racconteranno a 10mila studenti delle medie e delle superiori quella realtà. Perché ognuno potrebbe finire in quel girone dantesco che è il carcere. Ornella Favero, direttore del giornale specializzato Ristretti Orizzonti:

    “Tutti hanno questa idea: 'No, io mi controllo, so le mie piccole trasgressioni, mi fermo in tempo'. Vogliamo far capire che siamo tutti interessati e quindi la discussione sulle pene e sul senso che deve avere la pena riguarda tutto il Paese, non riguarda soltanto i cattivi”.

    Sono tante le storie di comuni ragazzi, che per reati come la guida in stato di ebbrezza sono finti, seppur per qualche giorno, dietro le sbarre. Elisabetta Laganà, presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia:

    “Quello che noi vogliamo far capire è che il carcere è lì tutti i giorni e che se è giusto e doveroso che la scuola faccia un lavoro di educazione alla Costituzione, e quindi a tutti gli articoli, non vogliamo dimenticare che esiste anche l’art. 27. Non vogliamo farlo dimenticare”.

    Quell’articolo che dice che le pene devono rieducare il condannato.

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    Ecomafie, il vescovo di Aversa: no alla rassegnazione, reagire alle prepotenze della malavita

    ◊   Sono 20 anni che si parla di ecomafia e, a Napoli, la seconda giornata dei lavori del Forum internazionale dell’informazione per la Salvaguardia del creato di Greenaccord è dedicata a questo tema. Cosa sono le ecomafie e sopratutto quali sono i disastri enormi che stanno causando, non solo al territorio campano ma a livello internazionale. E una particolare attenzione è stata dedicata alla così detta “terra dei fuochi”, cioè quel territorio tra Napoli e Caserta dove la camorra brucia rifiuti tossici con gravi conseguenze per la popolazione. Marina Tomarro ha intervistato il vescovo di Aversa mons. Angelo Spinillo:

    R. - Credo che il contributo che si possa dare in una situazione così complessa è quello di continuare e certamente sviluppare, amplificare ciò che la Chiesa ha sempre annunciato e predicato: quell’onestà di vita che significa sapiente attenzione al rapporto con la realtà, con la natura, perché ovunque ci sia stato quell’egoismo prepotente che ha trasformato in affare ogni situazione della vita dell’umanità, ci sono sempre state delle conseguenze drammatiche come quelle che stiamo vivendo. In passato, forse, la gente si è un po’ chiusa in una sorta di rassegnazione; oggi dobbiamo dire che non ci sentiamo assolutamente rassegnati, ma che invece siamo desiderosi di ribadire la verità della vita cristiana che condanna ogni forma di organizzazione malavitosa, ogni forma di prepotenza, ogni forma di affarismo per il vantaggio di pochi e che causa terribili danni a tutta la comunità.

    D. - Ieri il cardiale Sepe ha fatto un’affermazione forte: non dare la Comunione a coloro che inquinano...

    R. - Chi maltratta ciò che è vita di tutti non può dire di essere in comunione con le stesse persone a cui fa del male. Il fatto di farlo, a volte come accecati dalla possibilità di un guadagno, sembra quasi giustificare, nella logica di certi modi di pensare, certe azioni. Questo, invece, aggrava sicuramente la realtà. E quindi ovviamente non si può dire di essere in comunione con chi fa tutto questo.
    Ma la Campania è una terra fertile e forte che ha voglia di rinascere e mostrare a tutti il suo lato migliore e non essere ricordata solo per i suoi problemi. Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera:

    “Si sa che i clan, non solo i Casalesi, ma anche i Nuvoletta, i Bidognetti … C’è un lungo elenco di clan che hanno ricavato lauti profitti avvelenando l’ambiente, aggredendo la salute dei cittadini e che vanno contrastati. Bisogna, per esempio, a livello parlamentare, istituire di nuovo la Commissione bicamerale d’inchiesta sulle ecomafie ed introdurre altri tipi di reati contro l’ambiente e, infine, cominciare a mettere mano sui danni fatti nel passato non con allarmi generici, perché dire che tutta la Campania è avvelenata, che tutto il Sud del Lazio è avvelenato, che tutto il Molise è avvelenato, paradossalmente è un regalo ai clan, perché significa cacciare via l’economia pulita, un’economia legata a prodotti di qualità, di straordinario livello. Un conto è che ci sia certezza e trasparenza nei controlli, un conto è dire che i prodotti della Campania non vanno bene. Combattiamo le ecomafie, affrontiamo il tema delle bonifiche, ma salvaguardiamo l’economia che può guardare al futuro”.

    E in questa battaglia un ruolo molto importante è quello della magistratura. Franco Roberti procuratore nazionale Antimafia:

    “La magistratura, come sempre, fa la sua parte. È una parte - naturalmente - che comporta una certa organizzazione. La Procura nazionale antimafia sta organizzando modelli investigativi per quanto riguarda il traffico illecito organizzato di rifiuti che, come sapete, dal 2010 è di competenza della procura distrettuale e quindi della Procura nazionale Antimafia. Quindi stiamo studiando, anzi stiamo già attuando con il concorso delle forze di polizia competenti nella materia - a cominciare dalla Guardia di Finanza, al Corpo forestale dello Stato, l’Agenzia delle dogane - dei modelli investigativi per poter incidere in modo sempre più efficace sulle organizzazioni criminali che trafficano rifiuti anche a livello transnazionale”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Colombia: raggiunto accordo sulla partecipazione politica delle Farc

    ◊   Il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno raggiunto un accorso sulla partecipazione politica della guerriglia, dopo un accordi di pace generale, che ponga fine al conflitto nel Paese. Lo ha annunciato dall’Avana, dove sono in corso da circa un anno i negoziati, un diplomatico cubano, leggendo un comunicato congiunto delle due parti impegnate nel dialogo. “Abbiamo raggiunto un accordo sul secondo punto all’ordine del giorno” ha riferito inoltre Humberto de la Calle, portavoce del governo di Bogotà, secondo l’emittente Radio Caracol, per cui l’intesa prevede “garanzie per l’esercizio dell’opposizione politica” e misure “per la partecipazione civile” alla vita pubblica. Il governo e la guerriglia si sarebbero accordati inoltre per procedere – dopo il raggiungimento di un accordo di pace – ad una revisione del sistema elettorale. Nel maggio scorso - riferisce l'agenzia Misna - le due parti in colloqui avevano raggiunto un’intesa preliminare sulla riforma agraria, vero nodo del conflitto armato che da oltre mezzo secolo ha causato oltre 600.000 vittime e tre milioni e 700.000 sfollati. Tuttavia sono in molti a rilevare contraddizioni profonde nei punti fondamentali del negoziato e di conseguenza a dubitare sulla effettiva portata degli accordi raggiunti. Altri argomenti principali da affrontare nell’ambito del negoziato sono il narcotraffico, l’indennizzo alle vittime, la smobilitazione e la fine effettiva delle ostilità sul terreno. Parlando al Paese attraverso radio e tv il presidente Juan Manuel Santos ha insistito sulla necessità di portare avanti il processo di pace, perché non farlo – ha detto – equivarrebbe a “tradire la speranza di milioni di colombiani e delle future generazioni”. Santos si è così rivolto ai critici, in particolare dirigendosi al fronte politico che fa capo al suo predecessore e oggi acceso rivale Alvaro Uribe, da sempre contrario al negoziato. “Quando avanziamo, non è il momento di fermarsi” ha insistito Santos. Anche il Congresso si è congratulato per l’intesa dell’Avana, così come l’ufficio dell’Onu in Colombia. In una recente conversazione con l'agenzia Misna, padre Javier Giraldo Moreno, gesuita colombiano distintosi negli ultimi decenni per l’impegno al fianco delle vittime della guerra, ha messo in risalto le difficoltà del processo di pace, soffermandosi, fra l’altro, proprio sulle contraddizioni del secondo punto dell’agenda, quello su cui verte l’accordo annunciato ieri. “Il governo – ha osservato padre Giraldo – punta a garantire una partecipazione alla controparte nella misura in cui una manciata di guerriglieri siano eletti in parlamento, una piccola rappresentanza di fronte a centinaia di parlamentari, senza alcun potere decisionale”. La partecipazione come era contemplata inizialmente nell’agenda – ha sottolineato il religioso – “non era però quella della guerriglia alla politica ma quella della popolazione alle decisioni, e includeva fa l’altro la democratizzazione dell’accesso all’informazione. Ciò di cui si discute ora è molto diverso… Ma il governo questo lo ha dimenticato e chiede che la guerriglia si iscriva come candidata alle elezioni, senza parlare della partecipazione popolare. In questo modo vuole che la guerriglia sia integrata nel sistema elettorale, il più corrotto che abbiamo in Colombia. La stessa Corte suprema alcuni anni fa indagando sulla para-politica (lo scandalo delle collusioni fra politici e paramilitari, ndr) arrivò alla conclusione che il sistema elettorale colombiano è in mano al narco-paramilitarismo che ha i soldi per comprare i voti. E i movimenti sociali non hanno alcuna possibilità di cambiare le cose e vedersi rappresentati perché è una competizione tra gente senza nulla contro gente con denaro per comprare le elezioni”. (R.P.)

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    Centrafrica: firmato a Bangui il "Patto Repubblicano" stilato a Sant’Egidio

    ◊   Un importante passo verso la pace e la stabilizzazione del Centrafrica è stato compiuto oggi a Bangui. Alla presenza del corpo diplomatico e dei rappresentanti delle organizzazioni internazionali, nonché dell’intero governo della Repubblica Centrafricana, il Presidente della Repubblica, Michel Djotodia, il Primo Ministro, Nicolas Ntiangaye, e il presidente del Consiglio Nazionale di Transizione, Alexandre-Ferdinand Nguendet , hanno firmato il “Patto Repubblicano”. Il documento era stato stilato a Roma, nella sede della Comunità di Sant’Egidio durante i colloqui di pace per il Centrafrica avvenuti il 6 e 7 settembre, che hanno coinvolto rappresentanti del governo di Bangui, del Consiglio nazionale di transizione, della società civile e delle confessioni religiose. Della firma dà notizia un comunicato della Comunità. Il “Patto Repubblicano” mira ad impegnare le forze vive della nazione nella difesa del quadro democratico e dei diritti umani e nella promozione dei valori della Repubblica per una governance di pace e di progresso per tutto il Paese, predisponendo altresì una serie di meccanismi permanenti per la prevenzione e la gestione dei conflitti. Il "Patto Repubblicano" indica alcune linee guida per l’azione di tutti all’interno dello Stato e della società. Ribadisce i seguenti punti: la necessità di dare sicurezza ai cittadini attraverso il disarmo delle milizie ed il ritorno alla normale attività dello Stato; la necessità di garantire il ritorno dei rifugiati interni ed esterni alle loro case e di aiutare il loro reinserimento; il rifiuto della violenza come mezzo per accedere al potere; la scelta per una collaborazione e un dialogo costruttivo tra le parti politiche e il rifiuto dello scontro; la necessità di rafforzare le istituzioni e di lavorare durante l’attuale fase di transizione politica (che è prevista della durata di poco meno di due anni) per preparare il Paese e le sue strutture alla democrazia rappresentativa, per garantire la piena libertà di tutti i cittadini; la lotta alla corruzione e la difesa dei beni pubblici e privati; la necessità di agire per il bene comune a favore del popolo centrafricano, che è la principale risorsa nazionale; la richiesta alla Comunità di Sant’Egidio di continuare la sua azione di promozione della pace e del dialogo in Centrafrica. (R.P.)

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    Perù: esclusione e discriminazione per le donne indigene di tutto il mondo

    ◊   Povertà, ignoranza, indifferenza, sono parole spesso associate ai gruppi indigeni sparsi per il mondo, i più colpiti dalle discriminiazioni per opportunità, redditi e accesso ai servizi basilari. Il fenomeno si aggrava quando si tratta di donne. L’argomento è stato ampiamente affrontato nel corso della Conferenza Mondiale delle Donne Indigene, appena concluso a Lima, dove le leader di varie etnie, provenienti da diversi Paesi del mondo, hanno lanciato il loro appello ai governi e alla società in generale per porre fine alla discriminazione e alla violenza che subiscono sia dentro che fuori dai loro territori. Le 200 rappresentanti hanno chiesto ai governi una maggiore presenza nell’agenda sociale. Nonostante le differenze etniche, linguistiche e culturali, hanno condiviso in piena sintonia storie e esperienze simili di esclusione e discriminazione, ma anche di lotta e di resistenza. Secondo la Commissione Economica per America Latina e Caraibi (Cepal), solamente in America Latina ci sono più 23 milioni di donne indigene che affrontano profonde disuguaglianze sociali, etniche e di genere. In Africa e in Asia sono il triplo. Nel 2004, il Foro Permanente per le Popolazioni Indigene ha riconosciuto che le donne originarie sono tra i gruppi più emarginati e subiscono discriminazioni non solo per questioni di genere, ma anche di etnia, cultura e classe sociale. L’Onu, dal canto suo, segnala che la violenza contro le indigene ha forme diverse, tra stupri, prostituzione forzata, violenza nei conflitti armati, schiavitù sessuale, mutilazione genitale, più altre pratiche e tradizioni nocive. La violenza sessuale è la più diffusa. In Perù, ad esempio, circa il 37,6% delle donne indigene hanno subito violenza fisica o sessuale da parte dei congiunti. Inoltre, secondo il Fondo dell’ONU per la Popolazione, milioni di queste donne e bambine, la maggior parte in Africa, Medio Oriente e Asia, sono state sottoposte alla mutilazione genitale. Secondo le Nazioni Unite, in tutto il mondo ci sono circa 370 milioni di indigene, e rappresentano il 5% della popolazione mondiale e il 15% dei poveri del pianeta. (R.P.)

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    Siria: l'arcivescovo Hindo denuncia false notizie degli jihadisti sulle stragi di cristiani

    ◊   Nelle città siriane di Hassakè e Qamishli non c'è stato nessun massacro di cristiani e l'esercito governativo “dà l'impressione di poter sconfiggere i ribelli”. Lo riferisce all'agenzia Fides l'arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi. False notizie su una strage di 70 cristiani – compresi tre preti – che sarebbe stata compiuta a Qamishli dai ribelli anti-Assad erano state lanciate su alcuni siti arabi già noti per precedenti operazioni di disinformazione. “Proprio nelle ore in cui si diffondevano le voci sul loro assassinio” racconta l'arcivescovo siro cattolico “io mi trovavo a pranzo con loro a Qamishli”. Mons. Hindo aggiunge che nelle ultime settimane la morsa delle milizie anti- Assad intorno ai due centri urbani della Mesopotamia siriana si è molto allentata: “Anche le milizie curde operanti nell'area” dice l'arcivescovo “operano in collegamento con l'esercito governativo”. Sul piano militare, pesano sempre di più le contrapposizioni interne tra le formazioni dell'opposizione degenerate in conflitto aperto. "C'è l'impressione diffusa di una tacita tregua intercorsa in alcune situazioni tra l'esercito governativo e le milizie ribelli non islamiste, che adesso hanno i gruppi jihadisti come nemico comune”. Nonostante le maggiori possibilità di approvvigionamento delle merci di prima necessità – lamenta l'arcivescovo - “i prezzi degli alimenti rimangono alti, perchè la situazione in cui viviamo da più di un anno e mezzo ha generalizzato e reso capillari anche i fenomeni di speculazione”. (R.P.)

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    Kirghizistan, Tagikistan, Kazakistan: rimpatriare chi combatte in Siria

    ◊   Rimpatriare i connazionali che combattono in Siria al fianco degli insorti e bloccare il flusso di guerriglieri islamisti e jihadisti che continua a prendere parte al conflitto civile in atto. E’ quanto le autorità civili e militari di Kirghizistan, Tagikistan e Kazakistan, stanno studiando di realizzare dopo la crescente preoccupazione espressa per la presenza nella zona di conflitto siriana di connazionali membri di gruppi jihadisti e terroristi, banditi negli stati dell’Asia centrale. Secondo quanto riferisce l’agenzia di notizie Fides, anche le autorità religiose dei tre principali Paesi dell’Asia centrale si sono attivate per lo stesso fine, studiando misure urgenti per bloccare il flusso e agendo anche sul piano religioso. “E’ illegittimo che dei musulmani siano coinvolti in una guerra contro altri musulmani”, hanno ad esempio affermato alcuni leader religiosi islamici del Kazakistan. Secondo i dati raccolti dalle autorità del Kirghizistan, sono oltre 100 i giovani della regione impiegati nella guerra in Siria, dove giungono attraverso la Turchia. Gli estremisti adescano giovani impoveriti offrendo loro assistenza materiale, inducendoli a frequentare campi di addestramento militari, indottrinandoli e poi inviandoli al fronte. Ancor più allarmante è poi la denuncia del Tagikistan, dove si stima che siano almeno 190 i giovani tagiki che al momento combattono in Siria. Per cercare di riportarli a casa, dove li attende un percorso di riabilitazione, le autorità hanno coinvolto parenti, attivisti, agenzie di sicurezza e leader religiosi. Anche in Kazakistan i dirigenti statali hanno preso atto della presenza di connazionali in Siria, presumibilmente oltre 150 e hanno chiesto aiuto alle moschee e alle organizzazioni non governative, per comunicare con la popolazione e scoraggiare la pratica di andare a combattere la “jihad” in Siria. Il Comitato per sicurezza nazionale kazako (Knb) ha inoltre rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui riporta il lavoro alacre per riportare i kazaki in patria. (C.S.)

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    Angola: per i vescovi l'aborto è una minaccia all’esistenza stessa della nazione

    ◊   L’aborto non va solo contro la legge divina, ma anche contro l’identità culturale angolana ed è quindi una minaccia all’esistenza stessa della nazione. È quanto affermano i vescovi angolani nel messaggio pastorale pubblicato al termine dell’Assemblea plenaria della Ceast (Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé). Ricordando che la vita è sacra “fin dal concepimento” perché “siamo di fronte a una vita indipendente con un proprio unico Dna”, il messaggio - riferisce l'agenzia Fides - sottolinea che “nessun essere umano può arrogarsi il diritto di sopprimerla sotto qualsiasi pretesto. Così, i genitori, gli amici, gli educatori e gli operatori sanitari non dovrebbero consigliare o facilitare l'aborto. Piuttosto, dovrebbero incoraggiare l'accettazione di una nuova vita, a prescindere dalle circostanze in cui è stata concepita”. I vescovi affermano inoltre che dal punto di vista della cultura angolana l’’aborto “costituisce un disprezzo per i valori fondamentali della società angolana. Per qualsiasi angolano, a prescindere dalla religione, con o senza la conoscenza del Vangelo, la vita è sempre sacra ed è il primo bene di questo mondo. Pertanto, qualsiasi minaccia contro la vita, destabilizza radicalmente la nostra società”. “Per questo motivo - continuano i vescovi – riteniamo che la possibile depenalizzazione dell'aborto sarebbe un vero e proprio attentato alla sicurezza nazionale e alla nostra sopravvivenza come popolo. In realtà, come dicono gli esperti di politica demografica, "la procreazione determina il futuro delle nazioni." “Ricordiamo a tutti che l'Angola è un Paese cristiano da secoli. Pertanto, si prevede che il Parlamento eletto a larga maggioranza da cristiani e composto principalmente da credenti, adempierà al dovere di rispettare la volontà dei loro elettori” conclude il messaggio. Nel comunicato finale della Ceast i vescovi esprimono solidarietà al vescovo di Viana e di tutti i cristiani di Angola per la profanazione del Santuario di Muxima. Si ricorda inoltre il dramma delle popolazione del sud che sono in emergenza alimentare, mentre viene annunciato uno studio multidisciplinare (con il coinvolgimento di antropologi, psicologi, sociologi e teologi) per determinare la base culturale del fenomeno dei bambini accusati di stregoneria, diffuso soprattutto nel nord del Paese. (R.P.)

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    Filippine: è in arrivo Haiyan, il “peggior tifone dell’anno”

    ◊   Le autorità filippine si preparano all'arrivo del tifone Haiyan, di categoria 5, che nella giornata di domani dovrebbe colpire le zone centrali dell'arcipelago con venti fino a 278 km/h. Alcune scuole sono già state chiuse in via precauzionale e in molte aree sono in corso le operazioni di evacuazione che riguardano migliaia di cittadini, in particolare delle zone costiere orientali. Sospesi i collegamenti via mare: i pescherecci hanno ricevuto l'ordine di rientrare in porto, per quello che si prospetta essere "il peggior tifone dell'anno". Il tifone Haiyan - riferisce l'agenzia AsiaNews - dovrebbe toccare terra entro il mezzogiorno di domani, tra le isole di Samar e Leyte. Si tratta di aree già martoriate dal terremoto di magnitudo 7,3 che ha colpito la zona il mese scorso, compresa la stessa isola di Bohol, la più devastata dal sisma. Sono ancora 5mila le persone che vivono nelle tende montate nei centri di accoglienza a Bohol, dopo aver perso la loro casa per le forti scosse. I meteorologi avvertono che Haiyan, il 25mo tifone in arrivo quest'anno, potrebbe essere devastante come (o più del) tifone Botha, che ha colpito il sud del Paese nel 2012 causando almeno mille morti e oltre un miliardo di dollari di danni. Ad oggi l'allerta riguarda 30 province, fra cui le Samar orientali. Intanto i cattolici filippini confidano nella preghiera perché l'intensità del tifone possa calare nelle prossime ore, mitigando i suoi effetti una volta giunto sulla terraferma. Nella diocesi di Borongan tutte le parrocchie hanno celebrato una messa e offerto preghiere speciali per le aree che saranno interessate da Haiyan. Momenti di raccoglimenti si sono svolti anche in tutte le chiese della diocesi di Legazpi, nella provincia di Albay, perché il Paese possa essere risparmiato da un'altra calamità dopo il sisma, le alluvioni e gli smottamenti del recente passato. Ad agosto due persone sono morte e migliaia sono rimaste senza casa nel nord delle Filippine per il passaggio del tifone Utor, che ha colpito il nord del Paese. Chiesa ed enti cattolici si sono subito attivati per portare soccorso alla popolazione, in una nazione in cui si abbattono almeno 20 tifoni ogni anno (Utor è stato il 13mo). Del resto tifoni, tempeste tropicali, uragani sono assai frequenti durante la stagione estiva in molte zone dell'Asia dell'est e del sud-est, dove l'aria calda e umida, unita alla bassa pressione determinano le condizioni ideali per la formazioni di questi fenomeni atmosferici. (R.P.)

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    Nicaragua: appello dell’arcivescovo di Managua per prevenire la dengue

    ◊   “E’ davvero triste venire a conoscenza attraverso la stampa del fatto che ogni giorno una persona, in particolare un giovane, un bambino, muoia a causa della febbre emorragica dengue”, ha dichiarato l’arcivescovo di Managua, mons. Leopoldo Brenes, in un comunicato inviato dalla diocesi di Managua all’agenzia Fides. Anche lui contagiato 10 anni fa da una delle tipologie del virus, ha esortato l’intera popolazione ad unirsi alle Giornate per l’Igiene promosse dalle autorità governative insieme ad altre istituzioni. Mons. Brenes ha anche aggiunto che ogni famiglia deve prestare la massima attenzione all’igiene delle proprie case, tenerle pulite e osservare tutte le raccomandazioni fatte dalle autorità sanitarie locali, per evitare che i mosquitos vettori della dengue possano contagiare chiunque. “Non si tratta di una lotta portata avanti esclusivamente dal Ministero della Sanità, ma di una sfida che riguarda tutti noi nicaraguensi. La dengue non rispetta nessuno, bambini, giovani, adulti, anziani, si legge nel comunicato, io stesso sono stato contagiato dal virus e grazie a Dio sono stato curato in tempo. Per questo come pastore invito le famiglie ad osservare le massime norme igieniche”, ha concluso l’arcivescovo. (R.P.)

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    Repubblica Dominicana: appello mons. Gonzalez contro distruzione del patrimonio naturale

    ◊   Impieghiamoci per difendere e preservare il patrimonio naturale nazionale rappresentato dalla stupenda zona di Loma Miranda, nella Repubblica Dominicana. E’ l’accorato appello del vescovo di La Vega, mons. Antonio Camilo Gonzalez, che in un comunicato reso noto dall’agenzia Fides, ha chiesto ai sacerdoti, ai diaconi e ai rappresentanti dei vari settori della pastorale, di intervenire affinché quest’area, fonte di vita creata da Dio per l’umanità, venga dichiarata parco nazionale dal Senato e così salvata dall’imminente distruzione. Sempre allo stesso proposito, la nota invita inoltre il popolo dominicano a partecipare alla grande veglia, organizzata il prossimo 16 novembre sul sagrato della cattedrale di La Vega, per continuare a chiedere l’interruzione dell’attività estrattiva mineraria della Falcondo Xstrata Niquel. La Compagnia, con sede a Toronto, in Canada, è infatti una delle più grandi tra quelle dedite alla produzione di ferro-nichel nella zona di Loma Miranda. Sempre contro i piani di sfruttamento minerario di questa Società, centinaia di persone hanno marciato ieri per 20 km lungo l'autostrada Duarte, portando delle croci e bloccando il traffico stradale dalla città di La Vega fino a Loma Miranda. Nel corso della manifestazione i partecipanti hanno inoltre realizzato crocifissioni simboliche e acceso grandi falò per richiamare l'attenzione delle autorità. Come riferito nella nota, la protesta è stata guidata da padre Rogelio Cruz, convinto che quanti si oppongono allo sfruttamento minerario non saranno scoraggiati nella loro lotta fino a quando il potere esecutivo non deciderà di fermare il progetto, dichiarando la zona parco nazionale protetto. Secondo padre Cruz, infatti, la “distruzione di questa preziosa risorsa naturale deve essere evitata, al fine di garantire la sopravvivenza alle generazioni presenti e future della Repubblica Dominicana". (C.S.)

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    Chiese in Europa: incontro dei vescovi a Barcellona sui mass media

    ◊   Una opportunità per “discutere sulle sfide che interpellano oggi l’azione missionaria della Chiesa in Europa, la comunicazione di Papa Francesco, l’uso delle nuove tecnologie da parte della Santa Sede”: è quanto si prefigge l’incontro dei vescovi responsabili delle Comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali d’Europa a 50 anni del decreto conciliare “Inter Mirifica”, in programma a Barcellona da domani al 10 novembre. Il tema sarà: “Evangelizzare l’anima dell’Europa. Il contributo delle comunicazioni sociali”. I vescovi “si confronteranno - come spiega una nota del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, Ccee, che organizza l’evento - sulle sfide e gli strumenti a disposizione per comunicare il Vangelo nell’attuale contesto culturale europeo in continuo mutamento”. L’appuntamento - riporta l'agenzia Sir - è promosso in particolare dalla Commissione Ccee delle Comunicazioni sociali e si terrà nella città spagnola su invito dell’arcivescovo locale, il card. Lluís Martinez Sistach. L’incontro “è da intendersi anche come un’occasione di scambio sulle buone pratiche e le sfide che le nuove tecnologie rappresentano per la Chiesa”. Nella patria dell’artista-architetto Antonio Gaudí, “i vescovi europei avranno l’opportunità di approfondire come anche l’architettura possa diventare strumento di comunicazione e di nuova evangelizzazione”. Ai lavori sarà presente mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Mons. José Ignacio Munilla Aguirre, che presiede la commissione Ccee per le Comunicazioni sociali, afferma alla vigilia dell’incontro: “Insieme allo sviluppo nel mondo delle comunicazioni sociali, nel continente europeo, profondamente cristiano, si vede anche una tendenza ad agire come se Dio non esistesse. Dato questo contesto, la Chiesa ha il compito di evangelizzare l’anima del nostro continente, bisognoso più che mai della verità del Vangelo”. (R.P.)

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    Concilio Vaticano II e filosofia al centro di un convegno al Regina Apostolorum

    ◊   La storia e l’attualità del Concilio Vaticano II in rapporto a questioni filosofiche, morali e sociali. Questi gli argomenti al centro della giornata di studio organizzata oggi a Roma dalla Facoltà di Filosofia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Un appuntamento programmato in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura dell’assise ecumenica. Il Concilio Vaticano II ha mostrato un particolare interesse per il rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno, e dunque si è occupato anche dell’aspetto della filosofia. I documenti del Concilio, infatti, parlano positivamente della tradizione filosofica che ha contribuito a plasmare il Cristianesimo, ma invitano anche insegnanti, studiosi e studenti a prestare attenzione alle risposte che la filosofia contemporanea può dare alle domande perenni dell’uomo su Dio, sull’essere e sul significato della vita umana. “Ci è sembrato che il rapporto del Concilio alla filosofia fosse assai importante e meno studiato di altre tematiche”, spiega padre Alain Contact, professore ordinario di filosofia al Regina Apostolorum, che chiuderà i lavori del convegno. In che modo, dunque, la filosofia si rapporta al mondo moderno? La strada, secondo lo studioso, passa per un “necessario aggiornamento, secondo l’espressione del beato Giovanni XXIII. Il Vaticano II cercò, infatti, di varare un nuovo rapporto della cattolicità con il mondo uscito dalle rivoluzioni politiche e culturali che si sono succedute nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, senza rinunciare a nulla di ciò che c’è di veramente definitivo e sovra storico nella vita e nella dottrina della Chiesa”. Del Concilio, il prof. Contact, citando il Papa emerito Benedetto XVI, mette in luce una duplice dimensione di “riforma” e “discontinuità”. Quella stessa dualità è presente nella disciplina filosofica: da una parte “aperta a tutte le istanze delle più recenti scienze umane e dei loro progressi”, dall’altra “protesa verso i valori trascendentali del vero e del bene”. Ad aprire la giornata di studio è stato padre Jesús Villagrasa, rettore del Regina Apostolorum dallo scorso 15 agosto, con un intervento su “La filosofia di San Tommaso d’Aquino e il Concilio Vaticano II”. Tra gli altri relatori, il prof. Vittorio Possenti, dell’Università di Venezia, padre Leopoldo Prieto, dell’Università San Damaso di Madrid, e padre Rafael Pascual, decano della Facoltà di Filosofia del Regina Apostolorum. (A.P.)

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    Arrestato il superiore dei Camilliani. L'Ordine esprime "profondo dolore"

    ◊   "Con grande sorpresa e profondo dolore apprendiamo la notizia che il nostro Superiore generale”, padre Renato Salvatore, “è stato prelevato dalla Guarda di Finanza per rispondere a fatti a lui attribuiti”. Lo afferma in un comunicato stampa l'Ordine dei Camilliani dopo la notizia dell'arresto del loro superiore generale. “Viviamo questo momento nella preghiera e con la fiducia che si possa fare luce piena su questa vicenda" e "invitiamo i confratelli e tutta la grande famiglia di San Camillo a unirsi a noi nella preghiera per il nostro Padre generale". Padre Salvatore e altre 5 persone sono state raggiunte da un ordine di custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver impedito a due sacerdoti di partecipare all'elezione del Superiore generale dell'Ordine, avvenuta nel maggio scorso, facendo inscenare un finto controllo di polizia giudiziaria. L’assenza dei due sacerdoti avrebbe permesso a padre Salvatore di essere nominato Superiore generale.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 311

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